RACCONTI IN CUCINA · Il progetto “Racconti di cucina” è stato, fin dall’inizio ... Prendete...

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RACCONTI IN CUCINA A cura di Delia Altavilla Fotografia di Sebastiano Bellomo Design di Emanuele Pistola ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO SEDE DI PALERMO ISTITUTO DON CALABRIA PROGETTO LA FAMIGLIA

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RACCONTI IN CUCINAA cura di Delia Altavilla

Fotografia di Sebastiano BellomoDesign di Emanuele Pistola

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONECONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO

SEDE DI PALERMO

ISTITUTO DON CALABRIAPROGETTO LA FAMIGLIA

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PREFAZIONE

Ilprogetto“Raccontidicucina”èstato,findall’inizio,unagrandesfidaraccolta dagli operatori e dagli utenti, appartenenti ad enti e “mondi lontani”, che sisonoritrovaticontantavogliadirealizzarequalcosainsieme,superandoconfiniapparentemente invalicabili. Affinchétuttoquestosipotesserealizzare,qualemigliorepostosenonilcuorediunacasa,lacucina?Qualemiglioreoccasionesenonlapreparazionediunpastoelacondivisionediunpranzo,mentreleparolesiintreccianoagliodori,lestorie di vita ai ricordi, le mani ai pensieri? E’natocosìquestoprogetto,promossodallasedeINAILdiPalermoin-siemeall’OperaDonCalabria,unacooperazionericcaedintensacapacediabbat-terequellebarricatechespessoseparanoilpubblicodalprivato.L’INAIL,infatti,nell’ambitodelsistemaditutelaglobaleedintegratadeilavoratoriinfortunatioaf-fettidamalattiaprofessionali,fornisceprestazioninonsoloeconomicheesanitarie,ma anche promuove progetti riabilitativi, volti a favorire il reinserimento familiare, lavorativoesocialedell’assicurato. L’iniziativahaprevistol’attivazionedilaboratorioccupazionalidicucinaedinarrazione,guidatirispettivamentedaunochefedaunpasticciere,FilippoeNicola,entrambicondisabilitàsullavoro,edaunaconduttriceesperta,Delia,chehaseguitol’attivitàdiscrittura.Attraversoilaboratorièstatopossibileattivareunodiqueirariepreziosimomentiincuisirealizzaunincontroprofondodivarieumanità. Ragazzistranierinonaccompagnati,africaniebengalesi,involontariprotagonisti di un esodo epocale, lontani dai loro affetti, portatori di viaggi e dolori inenarrabili. Uominiprivatidellalorolibertàedellalorostessavita,perchéresischiavidalla droga. Uomini che lottano per ridare un senso alla propria vita ed al proprio corpo dopoquelterribilegiornoincui,perunincidentesullavoro,lalorovitaèstatasegnata da un prima e da un dopo tutto da costruire.Giovanieuominiallepreseconsfidedurissime,checihannoinsegnato,congrandedignità,checosasignificaperderetuttoetrovarelaforzadiricominciaredazero. Il contesto della comunità e la tipologia delle attività hanno dato una forte spintaaggreganteeoffertoun’opportunitàdiapprendimentocreativo:èemerso,findall’inizio,unsensodiempatiatraipartecipanti,chehaorientatoleenergieelemo-tivazionidiciascunoversounapossibilitàdiincontro“allapari”conaltri“compagnidi viaggio”.Mentre si lavorava ai fornelli o attorno al lungo tavolo, dove si consumava il pran-zopreparatoinsiemeosicondividevanoibrevitestiscritti,carichidiricordiedemozioni,ipercorsidiciascunosisonoincrociati,creandounatrama“saporita”direlazione,diincontroediaiutoreciproco,scambiatocosì,semplicemente,traunaportataeun’altra...

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TanteleemozionichehannoattraversatolacucinadellacomunitàdiSant’Onofrio,divenutaspaziodiincontri,diraccontidivita,dovelatristezzamanmanosistempe-ravaconlozafferanooilcurry,doveintornoaltavolodelrefettorio,mentresitaglia-vanogliortaggi,siritrovava,attraversoilfare,ladimensionedell’essereinsieme,dellacondivisione,dell’esserepersoneinsiemeadaltre,dimensionechepermotividiversi,èspessoandataperdutaneltempo.Cosìqualcuno,ancheseperunattimo,ritornava a sentire il sapore di casa, altri il piacere della propria dignità di uomo.Questal’atmosferachetuttinoi,operatorienon,abbiamorespiratoneigiornidellaboratorio,“assaporando”piattiprelibatie“gustando”lagioiadell’incontro,condi-videndoapienemanicheipregiudiziedifalsiconfinièpossibilesuperarlisolosenon si smette mai di sognare e di andare al “cuore” delle cose.

IlDirettoredellaComunitàTerapeuticaOperaDonCalabriaDr.EttoreCutrona

LaDirettricedell’AreaPrevenzioneCasadiTerminiImereseDr.ssaTeclaScandura

Perl’EquipemultidisciplinarediIlivellodellaSedeINAILdiPalermo.IlFunzionariosocio-educativoD.ssaStefaniaDeLuca

LE R ICETTE

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Alua Bora • 270grdipatate • 1cipollatritata • 2peperoniverdi • 1uovo • 1cucchiaiodicoriandolotritato • Oliod’oliva

Procedimento

Lessate le patate intere, quindi, passatele allo schiacciapatate. Unite alle patate la cipolla tritata, il coriandolo, i peperoni verdi tritati, il sale e l’uovo; impastate bene gli ingredienti facendoli amalgamare e formate delle palline con l’impasto. Scaldate abbondante olio per frittura e, quando sarà ben caldo, friggetele fino a doratura.Quindi servitelo immediatamente con una marmellata di pomodori verdi,peperoncini, miele e cipolle.

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Barchette di indivia ai formaggiPer4persone • 12fogliediindivia • 30grdispeck • 250grdicaprino • 180grdiphiladelphia • 2cucchiaiditritatodierbacipollina • 150grdigorgonzola • 30grdigheriglidinoci • 1cucchiaiodipannafresca • 1pizzicodipepemacinato

Preparazione

Separate 12 foglie di indivia belga facendo attenzione a non romperle: lavatele e asciugatele bene. Preparare ora i tre ripieni.Primo ripieno: tritare finemente le fette di speck e unitele in una ciotola con il capri-no amalgamando il tutto. Secondo ripieno: in una ciotola mettete la philadelphia, 2 cucchiai di erba cipollina tritata, il pepe macinato e amalgamate bene.Terzo ripieno: in una ciotola amalgamate il gorgonzola con la panna (potete servirvi di un mixer) e unite, quindi, le noci tritate grossolanamente. Prendete ora le 12 foglie di indivia belga e, con l’aiuto di un cucchiaino, riempitele con i vari ripieni. Disponete sopra ognuno dei piatti da portata tre barchette con ripieni diversi. Quindi servite.

Briami vegetale • 300grdirisobasmati • 100grdicarote • 100grdicavolfiore • 100grdifagiolini • 100grdipiselli • ½tazzadicipollatritata • 1cucchiaiodizenzerotritato • 25grdipomodorotritato • ½cucchiaiodipeperoncinoverdetritato • 1cucchiaiodimarsala • 2fogliedialloro • ½tazzadiyogurt • 1cucchiaiodipolveredicoriandolo • 1cucchiaiodipeperoncinorosso • 1cucchiaiodizenzerotagliatoallajulienne • 1pizzicodizafferano • ¼ditazzadilatte • 90grdiburro • 2cucchiaidiolio • 2cucchiaidifogliedimentatritata • Sale

Procedimento

Lavare e lasciare il riso in immersione per circa 20 minuti. Far bollire in abbondante acqua salata con le foglie di alloro e metà del marsala e portare a ¾ di cottura; scolare l’acqua in eccesso e far riposare. Sbucciare e tagliare le carote a dadini. Tagliare il cavolfiore a pezzetti. Togliere i filamenti ai fagiolini e tagliare a dadini. Mischiare tutte le verdure e far bollire in acqua salata. Rinfrescare e far riposare, immergere lo zafferano nel latte caldo. Scaldare l’olio in una casseruola dal fondo spesso. Aggiun-gere i semi di cumino e il marsala restante. Quando inizia a scoppiettare, aggiungere i peperoncini verdi tritati, la polvere di curcuma, la polvere di peperoncino rosso, lo yogurt e miscelare bene. Aggiungere i pomodori tritati e cuocere a fuoco medio fino a che il grasso scompaia facendo evaporare il marsala. Aggiungere le verdure bollite e miscelare bene. Ora disporre in piani alternati il riso e le verdure.Spargere lo zafferano e il latte, lo zenzero a julienne, le foglie di menta, le fettine di cipolla e mettere il burro fra i piani e alla fine sopra. State attenti a finire con il riso decorato con zafferano e spezie, coprire e sigillare con un foglio di alluminio, mettere in forno per 10-12 minuti fino che sentirete un aroma gradevole.

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Bucatini alla siciliana rivisitati

6persone • 5grdibasilico • 10grdioriganofresco • 100grdimelenzane • 40grdiconcassédipomodoro • 480grdibucatini • 60grdiparmigiano • 130grdimozzarella • 30grdigamberirossi • 5digrcapperi • 100grdibrododicrostacei • 60grdiasparagibianchi • Oliod’olivaq.b • 15grdiagliofresco • Salepepeq.b

Procedimento

Fate saltare un po’ d’olio, basilico, origano fresco, aglio fresco melenzane a cubetti e la concassé di pomodoro. Aggiungete i bucatini cotti al dente, condite con pepe nero e parmigiano grattugiato e mantecate. Foderate il fondo degli stampini con pepe nero e le pareti con fettine di melenzane spadellate con olio e origano e riempite con i bucatini. Preparate la salsa facendo andare con un po’ d’olio le teste dei gamberoni rossi, origano, lauro, aglio e capperi. Schiacciate le teste dei gamberi per far uscire il succo. Fate insaporire bene. Aggiungete del brodo e passate al setaccio. Aggiustate di sapore e densità. Estraete i tortini dagli stampi. Mettete su ciascuno un dischetto di mozzarella e fateli gratinare. Versate la salsa a specchio sul piatto, adagiatevi il tortino di bucatini e disponete a corona le code dei gamberoni spadellate. Completate con una brunoise di asparagi bianchi crudi e un filo d’olio.

Caponata di melenzane • 4melenzaneturche • 500grdisedano • 100grdiolivebianche • 50grdicapperisottosale • 1cipolla • 4cucchiaidioliod’oliva • 300grdipomodoroapezzi • 1tazzinad’aceto • 1cucchiaiodizucchero • 250grdioliodisemi • 5fogliedibasilico • Saleepepeq.b

Procedimento

Tagliare le melenzane a dadini ed immergerle in acqua e sale per 10 min circa, sco-larle bene e friggerle nell’olio di semi. Tagliare il sedano a cubetti e farlo bollire per 10 min. circa. In un largo tegame far soffriggere la cipolla nell’olio d’oliva; quando sarà ben rosolata aggiungere il pomodoro a pezzi e il basilico, il sedano, privato della sua acqua di cottura, i capperi ben lavati e sgocciolati e le olive tagliate a pezzetti. Far cuocere il tutto per 5 min. aggiustare di sale, aggiungere un pizzico di pepe, l’aceto, lo zucchero ed, in ultimo, aggiungere le melenzane precedentemente fritte. Rimescolare il tutto per un minuto. Servire freddo.

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Coniglio alle olive verdi in salsa di aceto balsamico • 8coscediconiglio • 150grdioliveverdi • 100grdilardo • 300grdiguanciale • 60grdifinocchioselvatico • 100grdicipolla • Oliod’oliva • Sale • Pepe

Procedimento

Picchettate le cosce di coniglio con una crema di lardo, finocchio selvatico, sale e pepe e fatelo rosolare in casseruola. Quando sono quasi cotte aggiungete le olive verdi e il guanciale. Togliete le cosce di coniglio, spruzzate il fondo con aceto balsa-mico, fatelo evaporare quindi frullate fino ad ottenere una salsa. Scaloppate le cosce, disponetele a ventaglio sul piatto e irrorate con la salsa.

Cosciotto di agnello profumato alla mentacon gateaux di patate • 1kgdicosciotto • 200grdilardo • Olioextravergineq.b. • 80gr.discalogno • 80gr.dimenta • 250gr.dipatate • Aglioq.b. • Saleq.b. • Pepeq.b. • 2uova • 100gr.dipanna • 70gr.diformaggiograttugiato

Preparazione

Preparare una crema con lardo, scalogno fresco, aglio e menta tritata. Condite il co-sciotto con questa crema e mettetelo allo spiedo, avendo cura di raccogliere i succhi di cottura che verranno poi cosparsi sul cosciotto insieme ad un rametto di menta. La temperatura di cottura è di 170° per 45 min. Il cosciotto va irrorato ogni tanto con il suo succo. Per il gateaux preparate un fondo con olio, scalogno fresco, menta, lardo, aglio e un po’ di succo di cottura dell’arrosto. Incorporatevi le patate bollite, passate al setaccio, e poi mantecate con uova, panna e formaggio semi stagionato. Con il com-posto riempite degli stampini che farete cuocere in forno a bagnomaria a 120° per 15-18 min. circa, evitando di far prendere bollore. Affettare il cosciotto di agnello, disporlo sul piatto a ventaglio e accompagnate con il gateaux di patate, bagnando il tutto con il fondo di cottura.

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Crepes al salmonePer12crepes • 200grdisalmoneaffumicatoo12fette • 1carota • 1cipollotto • Gambodisedano • 2cucchiaidibesciamella • 100mldipanna • Parmigianograttugiatoq.b. • 1nocediburro • Oliod’oliva • Sale

Procedimento

Fate soffriggere in 2 cucchiaiate di olio il sedano, la carota e il cipollotto tagliati sotti-li. A fine cottura aggiungete la panna e per ultimo il parmigiano. Unite la besciamella e fate raffreddare il tutto. Su ogni crepes sistemate una fetta di salmone affumicato e spalmategli sopra un cucchiaio di ripieno di verdura. Arrotolate la crepes, sistematela in una pirofila imburrata, cospargete con il parmigiano i fiocchetti di burro e fate gratinare in forno a 230 ° per 7-8 min.

Falsomagro alla catanesePer4persone • 400grdifesadimanzoappiattita • 100grditritatodimanzo • 3uova • 1carotasbollentata • Saleepepeq.b. • Oliod’olivaq.b.Condimento • 300grpureadipomodoro • 100grpisellisbollentati • 1dlvinorosso • Saleq.b. • 1patata • Olioextravergined’oliva • Pecorinostagionatoq.b.

Procedimento

Appiattire la fetta di fesa, salare e spalmare con il tritato di manzo ben condito con pecorino stagionato sale e uova. Al centro adagiare le uova sode e la carota tagliata in quattro. Arrotolare la fesa, legare e passare in padella con olio d’oliva extravergine. Rosolare. Sfumare con il vino bianco. Dopo l’evaporazione aggiungere il pomodoro e lasciare cuocere per 15 min. e affettare il falsomagro. Glassare il piatto con la purea di pomodoro. Mettere un cucchiaio di piselli. Sistemare la carne con mezza patata al sale, un filo d’olio d’oliva e qualche foglia di basilico.

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Filetto di maiale arrosto con cestino di fagioli • 500grfilettodimaiale • 60grcarote • 90grcipollagialla • 80grsedano • 1pezzodicotica • 200grparmigiano • 300grfagiolicannellini • Oliosalepepeq.b.

Procedimento

Mettete il filetto in una teglia da forno con carota, cipolla gialla, sedano e cotica, condite con olio, sale e pepe e fate cuocere in forno a 120 gradi, per 15 min. Togliete il filetto dalla teglia, lasciatelo raffreddare e affettatelo. Passate il fondo di cottura al setaccio cosi da ottenere una salsa fluida. In una padella di ferro fate sciogliere il par-migiano grattugiato. Otterrete una cialda che potrete modellare a forma di cestino. Disponete le fette di arrosto a ventaglio sopra la salsa versata a specchio. Accom-pagnate con la cialda di parmigiano riempita di fagioli cannellini lessati e saltati in padella con olio e sale. Servite in tavola.

Filetto di spigola e melenzanecon salsa di fiori di zucca• 600grdispigola• 300grdimelenzane• 60grdioriganofresco• 60grdiscalogno• 3spicchidiaglio• 1filettodiacciugadi300gr• 90grdifioridizucca• 220cldibrododispigola• 90grdicipollotto• 2fogliedilauro• Olio,saleepepeq.b.

Procedimento

Sfilettate la spigola, togliete la pelle e date ai filetti una forma cilindrica. Avvolgete ogni filetto in fettine sottilissime di melanzane condite con sale, origano fresco e lega-teli con steli di erba cipollina, spadellate gli involtini con olio e sale. Preparate la salsa facendo andare nell’olio lo scalogno tritato, l’aglio, il lauro, l’origano fresco e il filetto di acciuga e all’ultimo momento aggiungete i fiori di zucca; fate insaporire bene e togliete il lauro. Frullate e passate allo chinois, aggiustate di sapore e densità aggiun-gendo il brodo di spigola. Versate la salsa a specchio sul piatto, adagiatevi i filetti di spigola e rifinite con una julien di cipollotto.

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Garganelli alle erbe • 45mldioliod’oliva • 1½prezzemolotritatofine • 1ramettoditimofresco • 1cucchiaioscarsodioriganofresco • 1cucchiaioscarsodirosmarinofrescotritatofine • 1cucchiaioscarsodifogliedibasilicofrescotritatofine • 2cucchiaidipomodorisbucciatisenzasemitagliatiapezzetti • Saleepepeq.b. • 250grdigarganelli

Procedimento

Mettere a bollire almeno 3 litri d’acqua in una pentola grande. Nel frattempo prepara-te gli altri ingredienti tritando le erbe e tagliando i pomodori. Riscaldare l’olio in una padella larga e porre su fiamma abbastanza vivace. Aggiungere gli aromi, i pomodo-ri, sale e pepe e lasciare cuocere per un min circa. Salare l’acqua, buttarvi la pasta e scolarla al dente. Versare nella padella la pasta, l’olio ed il parmigiano. Mescolate bene assieme alle erbe e guarnire con prezzemolo e parmigiano grattugiato.

Gratin di verdure • 500grdipatateafettinespesse3mm • 500grdipomodoritagliatiarondellespesse3mm • 250grmelenzanetagliatearondellespesse3mm • 80grdimargarinavegetale • 4fettedipancarrè • Timoq.b. • Saleepepeq.b.

Procedimento

Imburrare una pirofila e sistemare le fettine di verdure disponendole a spirale e alter-nando i colori. Passate al mixer il pancarrè in modo da ottenere del pangrattato non troppo fine che mescolerete con il timo, il pepe, il sale e impasterete con la margarina che avrete fuso. Sbriciolate sulle verdure questo impasto di pane e infornate a 200 gradi per circa mezz’ora.

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Grigliate miste con salsa di capperi • 250grdipeperonerosso • 250grdizucchine • 250grdimelenzane • 200grdicipollebianche • 200grdiradicchiorossodichioggia • Oliod’olivaq.b. • Saleepepeingraniq.b.

Percondimento

• 80grdiolioextravergined’oliva • 50grcapperisottosale • Peperoncinofrescopiccante • Basilico • Acetorosso • Sale

Procedimento

Senza pelarle tagliate le melenzane a rondelle spesse circa mezzo centimetro, salatele, mettetele in un colapasta e lasciatele spurgare. Intanto, riducete le zucchine a rondelle oblique di mezzo centimetro di spessore, affettate la cipolla dello stesso spessore, mentre la testa di radicchio, ben lavata, va divisa a spicchi e le falde di peperoni a listarelle piuttosto larghe. Strizzate le fette di melenzane dall’acqua di vegetazione, mettetele in un piatto insieme con le altre verdure preparate, condite con abbon-dante olio, sale, una manciata di pepe, quindi grigliate pochi pezzi per volta. Man mano che saranno pronte mettete le verdure nel piatto di portata. Preparate la salsina per condirle frullando l’olio, i capperi sciacquati dal sale, un cucchiaio d’aceto, un peperoncino privato dei semi e alcune foglie di basilico. Servire le verdure fredde con salsa a parte.

Insalata di pesce spada con rucola Per4persone • 200grpescespadaaffumicato • 2mazzettidirucola • 2meleverdi • Ilsuccodi½limone • 100mldiyogurtgrecocremoso • 1cucchiainodisenape • 3stelidierbacipollina • Saleq.b. • Oliod’olivaq.b. • 1spicchiod’aglio

Preparazione

Spremete il limone e tenete da parte il succo; tagliate le mele e eliminate il torsolo in-terno e la buccia; tagliatele a fettine molto sottili e irroratele con una parte del succo di limone così da evitare l’annerimento. Tagliate grossolanamente anche la rucola e tenetela da parte; tritate l’aglio e preparate la salsa, unendo in una ciotola l’aglio smi-nuzzato, la senape con il succo di limone e lo yogurt, mescolate con un cucchiaino e regolate con un pizzico di sale e un cucchiaio d’olio.Prendete le fette di carpaccio ed eventualmente tagliatele a piccoli sfilucci, unite an-che l’erba cipollina finemente tritata alla salsa e riunite in una ciotola le fette di mela e la rucola e conditele con un paio di cucchiai di salsa; unite anche lo spada e mescola-te bene il tutto; infine, cospargete con la salsa e gustate l’insalata fredda.

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Insalata di polipo e carciofi4Persone • 300gr.dipolipo • 2scalogni • 3carciofi • 1bicchieredivinobianco • 1spicchiod’aglio • 1cucchiaiodicapperi • Succodilimone • Maggioranaq.b • Olioextravergined’oliva • Saleepepeq.b

Procedimento

Fate bollire in una pentola capiente 3 bicchieri d’acqua e il vino, quindi, aggiungete il polipo con uno spicchio d’aglio. Lasciate cuocere coprendo con un coperchio, per circa 45 min. Pulite e fate a pezzetti i carciofi e fateli ammollare con acqua e succo di limone per circa 15 min. Sgocciolateli e versateli in una padella in cui avete preceden-temente fatto soffriggere gli scalogni affettati con due cucchiai d’olio. Ora riprendete il polipo e sgocciolatelo, ripulitelo dalle ventose, fatelo a pezzetti e aggiungete sale e pepe e servite.

Mousse di prosciutto e kiwiIngredientiper6persone • 400grdiprosciuttocotto • 120grdiformaggiotiporobiola • 30grdiburro • 3kiwi • Saleepepeq.b.

Procedimento

Tagliate il prosciutto a quadretti, metteteli nel mixer con il formaggio e il burro ammorbidito, sale e pepe, centrifugate fino ad ottenere un composto liscio e omo-geneo. Foderate uno stampo con la pellicola trasparente riempitelo con la mousse di prosciutto, richiudete il recipiente con altra pellicola. Tenetelo in frigo per 3 ore, sformate su un piatto e guarnite con kiwi a fettine.

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Pasta alla barcaiola • 2fetteditonnoda200gr. • 2spicchidiaglio • 2melanzanetondeda700gr. • prezzemolo • 200gr.dipomodorinidipachino • Unamanciatadimenta • Oliod’olivaq.b • Pepeopeperoncinoapiacere • 400gr.dipastacasereccia Procedimento

Lavate bene le melanzane; eliminate con un taglio netto la punta superiore, quindi, tagliatele a fette di circa un dito di spessore e riducetele in cubetti. Ponetele in uno scolapasta con sotto una ciotola per togliere l’acqua. Ricopritele di sale grosso e lasciatele così per circa un’ora per eliminare l’acqua in eccesso. Passare alla prepara-zione del tonno; eliminate la pelle laterale poi tagliate le fette di pesce a strisce larghe circa un centimetro e riducetele in cubetti. Trascorso il tempo necessario riprendete le melanzane che avranno rilasciato il liquido, risciacquatele, scolatele e mettetele ad asciugare in un canovaccio pulito. Fate scaldare abbondante olio in una padella antiaderente e, quando sarà ben caldo, mettete a friggere le melanzane. Fate dorare bene i cubetti di melanzane, quindi, toglieteli dall’olio e fateli asciugare su un foglio di carta assorbente. Tagliate in quarti i pomodorini precedentemente lavati.- in una capiente pentola preparate il condimento della pasta. Fateli soffriggere in olio caldo l’aglio schiacciato e il prezzemolo per un paio di minuti e poi unite i pomodori tagliati. fateli cuocere per un paio di minuti, poi, unite le melanzane e i cubetti di tonno e continuate la cottura per altri cinque min. Cuocete, intanto, le caserecce in abbondante acqua salata per i tempi previsti dalle istruzioni. Terminate la cottura del condimento, aggiustate di sale e pepe e unite le foglie di menta. Date un’altra mesco-lata, scolate la pasta e unitela direttamente in padella e, quindi, servite.

Risotto di pesce spadaIngredientiper6persone • 600grdipescespada • 360grdiriso • 50grdipomodorini • 40grdiaglio • 30grdiscalogno • 40grdibuccedimelenzane • Saleq.b. • Olioexstravergineeacetoq.b. • Brododipesceq.b. • 1dldivinorosso • 1patata • Parmigianograttugiatoq.b.

Procedimento

Tagliate delle fettine sottili di pesce spada per foderare gli stampini, preparate delle nocette da un cm di spessore una per ogni stampino e tagliate a dadini tutto il resto. Preparate un fondo di olio, aglio fresco e pomodoro per il risotto. Fatelo dorare e aggiungete un po’ di pesce spada a tocchetti, aggiungete il riso e fatelo tostare e ba-gnate di tanto in tanto con brodo di pesce spada. Un minuto prima di completare la cottura mettete altri dadini di pesce spada mantecate con olio e parmigiano grattu-giato. Battete le fettine di spada tra due fogli di carta trasparenti, ricoprite le pareti degli stampini individuali con fettine di pesce spada, riempiteli con il risotto, mettete, quindi, in forno a 360° per 3 min. Preparate una salsa con scalogno, aceto di vino, brodo di pesce, aglio e bucce di melenzane. Frullate e passate allo scinoix e aggiustate di densità. Girate gli stampini e metteteci sopra le nocette di spada che avrete cotto in padella con olio e lauro nappate con la salsa e guarnite con pomodoro ciliegino.

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Rotolini di Sorrento con crema di gamberial pesto di noci e rucola Per4persone • 250grdipastafrescainunsolorettangolo • 500grdiricotta • 4cuoridicarciofi • 500grdigamberetti • 200grdipannaliquida • 80grolioextravergined’oliva • 1cipollanovella • 4gheriglidinoce • 30grdirucola • Vinobiancoq.b. • Saleepepeq.b.

Preparazione

Lavorare la ricotta con il parmigiano e la maggiorana. Regolare di sale e pepe. Af-fettare sottilmente i cuori di carciofi e cuocere in padella con 40 gr d’olio d’oliva, sale e pepe. Adagiare il rettangolo di pasta sopra un panno di tela. Spalmare la ricotta, distribuire i carciofi, arrotolare e avvolgere nel panno di tela, chiudendo bene le estre-mità. Cuocere in acqua bollente salata per 25 min circa.Rosolare la cipolla tritata, aggiungere i gamberetti sgusciati e tagliati a pezzetti, ba-gnare con il vino e fare evaporare. Aggiungere la panna, sale, pepe e cuocere a calore moderato per 10 min. Passare il tutto al mixer. Aggiungere la rucola, pestare con un cucchiaio di panna, tenere in caldo. Tagliare a fette il rotolino. Sistemare nel piatto e irrorare con la crema di gamberi. Guarnire con alcuni gamberetti tenuti in disparte e qualche foglia di rucola.

Rotolini di zucchinePer4persone • 2zucchine • 100grdifiocchidilatte • 20grdipinoli • menta • sale • 1pizzicopepemacinato • Erbacipollina

Preparazione

Montate le zucchine e tagliatele a fette longitudinali dello spessore di circa 2 mm. Grigliate le zucchine su una piastra rovente, poi mettetele in un piatto a raffreddare. Dopo prendete le fette di zucchine e spalmatele con i fiocchi di latte, poi ricoprite con un pizzico di sale, pepe, dei pinoli tostati e qualche fogliolina di menta. Arrotolate le fette con fili di erba cipollina e disponetele in piedi, uno a fianco all’altro in un piatto e servite.

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Salmone con salsa di mandorle

Ingredienti

• Salmone • Cipolla • Carote • Costedisedano • Prezzemolo • Alloro • Vinobianco • Chiodidigarofano

Perlasalsa

• 100grdimandorlepelate • 2spicchidiaglio • Succodimezzolimone • 2cucchiaidiolioextravergine

Preparazione

Tagliare la cipolla, le carote e il sedano. In una pesciera mettete il prezzemolo e versate dell’acqua e unitevi l’alloro e le verdure precedentemente tagliate, portate ad ebollizione e abbassate il fuoco coprite e fate sobbollire per 15 minuti. Unite il vino bianco e i chiodi di garofano e fate sobbollire per altri 15 minuti. Sistemare il pesce sulla grata e cuocetelo nel curt boullion per 15 minuti.

Per la salsa

Frullate le mandorle con l’aglio fino ad ottenere un impasto grossolano, mescolando unite il succo del limone, l’olio, il sale e servite il pesce con la salsa si sopra.

Seppioline con carciofi4persone • 8carciofi • 400grdiseppioline • Olioextravergineq.b • 30grdiburro • 30grdipinoli • Timoq.b • 2spicchid’aglio • Saleq.b • Pepeq.b • 1bicchieredivinobianco • 250mldibrodo • Prezzemoloq.b • 1scalogno

Preparazione

Per preparare le seppioline coi carciofi, cominciate con la pulizia dei carciofi, elimi-nate le foglie esterne più dure, quindi, eliminate anche la parte esterna del gambo e tagliatelo qualche centimetro al di sotto della base del carciofo, togliete anche le punte ottenendo così solo il cuore.Appena terminate la pulizia di un carciofo, per evitare che annerisca, strofinatelo con la metà di un limone e poi mettetelo in una bacinella con acqua acidulata; in questo modo potete procedere con la pulizia di tutti i carciofi senza che questi anneriscano. Una volta terminata la pulizia dei carciofi, scolateli per bene, tagliateli a metà, elimi-nate la barba interna e riduceteli in spicchi sottili.In un tegame sciogliete il burro e aggiungete lo scalogno finemente tritato e lasciate appassire per 10 min; quando sarà appassito aggiungete i carciofi, fate rosolare per bene, salate e pepate a piacere. Unite un mestolo di brodo e lasciate cuocere finché diventeranno morbidi, quindi spegnete il fuoco e tenete i carciofi da parte. Nel frat-tempo lavate le seppioline sotto l’acqua corrente e scolatele bene. Quindi, in un altro tegame capiente, mettete l’olio e l’aglio schiacciato. Unite le seppioline, fatele scottare per 10 min. e poi unite il bicchiere di vino che lascerete sfumare. Lasciate cuocere a fuoco molto basso per 10 min., poi unite i carciofi e amalgamate bene il tutto.Lasciate cuocere a fuoco basso, coprendo con un coperchio, fino a quando le seppio-line diventeranno tenere, se necessario aggiungete un mestolo di brodo per fare in modo che il tutto non risulti asciutto. 5 min. prima di spegnere il fuoco, aggiungete il timo e il prezzemolo tritati, amalgamate bene, poi unite anche i pinoli e aggiustate di sale e pepe. Le vostre seppioline con carciofi sono pronte per essere gustate. Servitele calde!

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Tartara di pesce spada aromatizzata alla menta5porzioni • 1cucchiaiocolmodicapperidiPantelleria • 1scalognoocipollarossaditropea • 2limoni • Olioextravergined’olivaq.b. • Saleepepeq.b. • 500grdipescespada • 200grdipomodoriniciliegini • Mentapiperita • Basilicofresco • Qualchemazzodiprezzemolo

Preparazione

Lavate i capperi di Pantelleria dal sale o dall’aceto e sminuzzateli finemente. Smi-nuzzate lo scalogno o la cipolla rossa di tropea. Grattugiare la scorza dei 2 limoni e spremerne il succo. Versare il succo in una brocca con olio extravergine d’oliva. Con l’aiuto di una frusta emulsionare il mix di ingredienti insieme all’aggiunta di sale e pepe q.b. prendere il pesce spada e tagliarlo a tocchetti piccoli. Togliere i semi dai pomodorini e tagliarli finemente conservandone il succo. In una terrina unire tutti gli ingredienti compresa la scorza di limone grattugiata e il trito di capperi. Senza esagerare aggiungere qualche foglia di menta, al massimo 2, il basilico e un trito fi-nissimo di prezzemolo. Lasciare riposare un’ora in frigo mescolando di tanto in tanto in modo che il pesce spada si insaporisca. decorare il piatto da portata con scorza di limone e qualche ciuffo di prezzemolo, irrorando per bene il pesce con il sugo della marinatura. Servire freddo.

Tehari • 700grdicarnedimanzo • 3bastoncinidicannella • 1/3ditazzadicipollatritata • 4cardamoni • 1cucchiaiodicuminoinpolvere • 1cucchiaiodipeperoncinorossoinpolvere • 4chiodidigarofano • 1cucchiaiodicoriandoloinpolvere • 2fogliedialloro • 1tazzadiolioperlacottura • ½cucchiaiodipepeneroinpolvere • 70grdirisobasmati • 6peperoniverdi • 2cucchiaidizenzeroinpolvere • 1tazzadipisellisgusciati • 1cucchiainod’aglioinpolvere • Saleq.b.

Procedimento

Tagliare la carne in piccoli cubetti, mettere tutti gli ingredienti tranne il riso, i pe-peroni verdi e i piselli in una casseruola, miscelare con 2 tazze d’acqua e cuocere a fuoco lento fin che la carne non è tenera.Friggere la carne mescolando per 10 minuti a fuoco lento, aggiungere riso, 6 tazze d’acqua calda, peperoni e piselli, mescolando, coprendo e cuocendo a fuoco modera-to per 18-20 minuti.Rimuovere dal fuoco, tenere coperto per 15 minuti e servite in in tavola.

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Tonno alla griglia • 4tranciditonnodelpesodi150grciascuno • 4cucchiaidierbearomatichefreschetritate (maggiorana,timo,rosmarino,prezzemolo,basilico,origanofrescoeaglio) • 1limonenontrattato • Olioextraverginedioliva • Saleq.b. • Pepeq.b.

Procedimento

Lavate il limone, asciugatelo con carta assorbente da cucina tagliatene metà a fettine e spremete l’altra metà. In una ciotola preparate una marinatura emulsionando otto cucchiai d’olio con il succo di limone filtrato; regolate di sale e pepe, aggiungete il trito di erbe aromatiche e mescolate bene per insaporire, disponete i tranci di tonno in una terrina e irroratele con la marinatura. Coprite con pellicola per alimenti e fate riposare il pesce in frigorifero per almeno un’ora, girandolo un paio di volte affinché si insaporisca bene. Trascorso il tempo di marinatura scolate i tranci di tonno conser-vando la marinatura, adagiateli sulla griglia molto calda e cuoceteli per sette-otto minuti rigirandole delicatamente a metà cottura con l’aiuto di una paletta. Quando il tonno risulterà cotto, ma ancora morbido, togliete la griglia dal fuoco, irrorate i tranci con la marinatura e decorate con fettine di limone e portate in tavola.

Tonno in agrodolce alla siciliana Ingredientiper6persone • 900grditonno • 750grdicipollerosse • 3cucchiainidizucchero • 6cucchiaidiacetodivinobianco • Saleq.b. • Olioextravergined’olivaq.b. • menta

Procedimento

Tagliate le cipolle a fettine e mettetele in una padella con poco olio e un po’ di sale. Cuocete a fiamma bassissima per 15 min. rigirando di tanto in tanto, le cipolle non devono dorarsi. Aggiungere lo zucchero e l’aceto. Appena l’aceto sarà sfumato ag-giungere il tonno. Cuocetelo 4-5 minuti per lato e servire il vostro tonno in agrodolce con una manciata di foglie di menta.

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Tortelli di carciofiPer8persone • 300grdifarina • 3uova • 2pizzichidisale • 8carciofi • 160grdiricotta • 60grdiparmigiano • 1ramettodimaggiorana • 1ramettoditimo • Oliod’oliva • Mezzacipolla • 1spicchiod’aglio • ½bicchieredivinobianco Condirecon:150grdiburro,4ramettiditimo,80grdiparmigiano

Procedimento

Per prima cosa preparate la pasta fresca che vi servirà per realizzare i ravioli. Mentre la pasta fresca all’uovo riposa, occupatevi del ripieno. Montate e tagliate i carciofi, tri-tate finemente la cipolla e fatela appassire a fuoco bassissimo per circa 15 min. insie-me ai 4 cucchiai d’olio e allo spicchio d’aglio schiacciato o tritato finemente; quando la cipolla sarà diventata trasparente, unite i carciofi e fateli dorare, verso metà cottura aggiungete il vino bianco e salate. Una volta cotti, trasferite i carciofi nella tazza di un robot e frullateli grossolanamente. Una volta ottenuta la crema trasferitela in una ciotola e unite la ricotta, le foglie fresche di maggiorana e di timo tritate e, infine, il formaggio grattugiato. Amalgamate bene il tutto.Ora occupatevi della pasta fresca. Tirate una sfoglia piuttosto sottile, tagliatela in stri-sce di 10 cm circa di larghezza, posizionate al centro il ripieno, e richiudete le foglie su loro stesse.Fate una leggera pressione sulla sfoglia con un dito intorno al ripieno in modo da far uscire l’aria all’interno. A questo punto con un coppa pasta tagliate i ravioli. Man mano che preparate i ravioli ai carciofi disponeteli su un canovaccio infarinato. Una volta pronti, fateli lessare in abbondante acqua salata.Mentre i ravioli cuociono, fate sciogliere il burro in una padella e aggiungete il timo fresco. Quando i ravioli saranno cotti, scolateli e fateli saltare nel burro aromatizza-to: fateli insaporire per qualche minuto. Impiattate decorando il piatto con qualche fogliolina di timo e, come tocco finale, date una spolverizzata di parmigiano.

RACCONT I I N CUC INAA cura di Delia Altavilla

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Poesiadi Rahman Mamunur

Ti trovo nella natura autunnale.Ti trovo nella mattina d’inverno.Ti vedo alla luce del sole d’estate.Ti sento nell’acqua della pioggia.Ti trovo nel fiore di primavera.Tu sei il verde della naturanel mio mondo.Tu sei il flusso potente nel mio mare.Tu sei la stella più luminosanel mio cielo.Tu sei la mia luce splendentenel chiaro di luna.

La prima volta che ti baciaidi Giuseppe Ciresi

Quel giorno al belvedere, il cielo era purificato dalla luce del giorno, il suo colore ce-leste riempiva di pace la mia interezza di essere, il sole splendeva in alto verso ovest, le palme sembravano salutare mosse da una brezza leggera.Quel pomeriggio c’era poca gente a godere di quello spettacolo, per noi era il primo appuntamento, dopo il sì di qualche giorno prima.Seduti nel sedile che costeggiava la strada, eravamo uno di fronte all’altra, il mio sangue scorreva velocemente e il tuo corpo vibrava al pari del mio.In quel momento, guardando il tuo viso, sentivo tutta la dolcezza del mondo, in quell’attimo la tua bellezza mi riempì di tenerezza.Ogni cosa, ormai, non aveva alcun valore, tu, mia bella ragazza, coprivi tutti i miei desideri.Qualunque cosa del mondo potessi desiderare era lì di fronte a me. Mi guardai intorno e osservai gli spazi infiniti, il mare, l’orizzonte, le valli, le colline, le piante, gli alberi, i fiori, tutto era in perfetta armonia con quell’istante di vita.Il monte Euraco era splendente come al solito, la sua forma e il suo vigore mi infon-devano coraggio. Colmi di Eros eravamo amanti avvinghiati per sempre nel nostro tenero abbraccio. Voltandomi ti guardai teneramente, i tuoi occhi, le tue guance, il tuo mento: il mio attento sguardo si fermò sulle tue labbra. Osservai il loro magnifico colore e mi apparvero come due petali di rosa appena sbocciati. Lucide, invitanti non aspettavano altro che l’incontro con le mie, rosse e carnose.Mi chinai lentamente e toccai i tuoi petali vellutati, poi li assaggiai come un gustoso frutto.Dolcemente feci attenzione nel baciarti, come se sapessi che oggi, dopo venticinque anni, mi sarei ricordato di quell’attimo di attenta passione. In quel momento, capì che saresti stata mia, mi sentii travolto da un’onda alta del mare che avvolgendomi mi trasportava sulla spiaggia. Tramortito mi alzai lentamente e mi accorsi che tu eri ancora lì, seduta di fronte a me. Se il tempo potesse tornare indietro: proprio lì vorrei stare, in quel tempo in cui ti baciai per la prima volta.

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RICORDARE, ASSOCIARE, RACCONTARE

Il maiale “sacro”di Andrea Fantaci

Una domenica mi ritrovai insieme a degli amici per organizzare un pranzo all’aperto. Decidemmo di arrostire alla brace della carne, principalmente puntine di maiale e salsiccia, mentre come primo piatto, per iniziare nel migliore dei modi, preparammo un gustoso brodo seguendo le istruzioni di un’antica ricetta di una nonna esperta di cucina.Il brodo della nonna aveva un sapore magico, venne servito e gustato da tutti, ma, soprattutto, da chi di noi ne aveva più bisogno, quelli che avevano problemi motori. Dopo il brodo proseguimmo il pranzo con la preparazione del secondo, arrostendo carne di tutti i tipi, vitello, agnello, pollo, ma, soprattutto, puntine e salsiccia fatta da un maiale da poco scannato e soprannominato “sacro”. La carne di questo maiale la gustammo tutti con incredibile piacere. Fu a causa di un’abbondante porzione mangiata da uno di noi, con problemi motori, che avvenne l’impensabile. Alla fine del fantastico pranzo il nostro amico, come se non avesse avuto mai problemi, decise di alzarsi dalla sedia per andare a guardare la televisione. Così avvenne una sorta di miracolo. Dopo un po’ anche tutti noi, afflitti da problemi e sofferenze, ci accorgem-mo di non soffrire più. La splendida giornata, infine, si concluse con il gusto di alcuni dolci incantevoli che si scioglievano in bocca. Tutti eravamo finalmente sereni, ci eravamo lasciati alle spalle la maggior parte dei nostri problemi, avevamo assistito e partecipato a un lieto evento. Infine, alcuni di noi, un po’ stanchi, decisero di andare a fare un riposino: tutti, ormai, eravamo soddisfatti e felici per sempre.

Lettera ai ragazzi di Antonio Tomasello

Ciao a tutti ragazzi, e a voi dell’equipe del gruppo di sostegno della Dottoressa Le-one, mi scuso se ancora non vi ho scritto, ma ora come prima cosa, partecipando a questo laboratorio di scrittura, vi voglio dire che sono contento e felice di trovarmi in Comunità. Vi ho pensato molto nei momenti belli e in quelli meno belli e vi devo dire che proprio nei momenti meno belli il pensiero di voi tutti mi è stato d’aiuto. Voglio dire a voi ragazzi che qui si viene per cambiare e che questa comunità non è un rifugio, ma una vera famiglia. Siamo noi che dobbiamo cambiare e per fare ciò ci vuole tanta, tanta pazienza, ma i risultati vi assicuro si vedono e io ne ho le prove credetemi. Credetemi, ora, mi rendo conto che in fondo io sono un buon ragazzo e sono sicuro che anche voi tutti lo siete, capire questo ci costerà fatica, ma sono fiducioso che ce la possiamo fare, e questo è il nostro motto: in questo mondo nulla ci è dovuto, la vita è fatta per essere vissuta e noi l’abbiamo calpestata. Dobbiamo riscoprire il valore della vita, avere l’umiltà di buttare quella maschera che indossiamo per nasconderci, se

non avremo questo coraggio non andremo mai da nessuna parte.Ora vi abbraccio tutti, vi auguro che presto possiate essere liberi e ricordatevi che per essere veramente liberi si deve vivere la vita liberi nel cuore e nella mente.

Un ricordo di Ballaròdi Francesco Ammirata

Da ragazzo abitavo in un attico di un palazzo nel cuore del mercato di Ballarò. Al mattino, quando scendevo da casa, percorrendo le strade del mercato, guardavo con stupore tutte le diverse sfumature dei colori della frutta esposta con maestria dai vari fruttivendoli del mercato. Respiravo gli odori che arrivavano, il più intenso era il profumo dei mandarini e quello del pane cotto a legna, appena sfornato. All’angolo della strada, non posso dimenticarlo, c’era un uomo che vendeva origano, finocchietto di montagna e tante altre erbe aromatiche. A una certa ora del mattino, dopo tanti colori e odori, era necessario per il mio stomaco fare una fermata al bar per un’abbondante colazione (se così si può dire) e per comprare delle caramelle, più per abitudine che per fame. Nel primo pomeriggio mangiavo quasi sempre un panino con la mortadella.Il tripudio, però, era la domenica quando mia madre, per contratto, cucinava delle meravigliose lasagne al pomodoro fresco condite con salsiccia e “pittinicchi”: una cosa semplicemente paradisiaca. Un’altra cosa che non dimenticherò mai è l’odore di quel favoloso brodo che cucinava mia nonna.

Adesso possodi Gianluca Santangelo

Adesso che mi ritornano in mente tutti gli odori possibili e immaginabili che ho sen-tito nell’arco della mia vita posso cominciare a scrivere, ora che con tanta sofferenza ho ricevuto indietro un po’ della mia vita. Ho vissuto momenti belli e momenti in cui avrei voluto anche morire, ho trascorso quasi vent’anni senza sentire più niente, ricordo appena la mia infanzia, di quando ero piccolo, ma grazie alla scrittrice, che con tanta dignità ha aperto le porte del mio passato e della mia infanzia, ora posso scrivere. Durante il laboratorio abbiamo parlato, raccontato di noi e le mie emozioni sono riaffiorate talmente tanto che ho deciso di scrivere sia degli odori, ma, soprat-tutto, delle mie emozioni. In questo laboratorio ho incontrato persone dignitose e cordiali. Condividendo le nostre esperienze, le diverse disgrazie da noi vissute, abbia-mo cercato insieme una strada che ci possa aprire le porte alla speranza di una vita più serena. Certo, io sto facendo ancora un percorso riabilitativo per guarire dalla mia malattia, ho fatto dei passi avanti, la strada è lunga, ma grazie alla Comunità, che è un posto stupendo e a tutti voi, ho cominciato a respirare, pur con tutta la mia sofferenza. Ho fatto la pasta fresca con Salvo e ho sentito tanti odori e questi mi hanno aiutato a ricordare, a scavare nella mia parte interiore. Ho sentito il calore umano e ho capito che in ogni momento di questa esperienza c’era la speranza di poter riprendere la

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mia vita tra le mani e così non mi sembrava l’ora che venisse il mercoledì successivo per condividere altri momenti belli e sereni. Mi stupivo nel vedervi, malgrado la vostra disgrazia, avere tanta voglia di vivere ed ho capito…Poi come non parlare del pasticciere, Nicola, che preparando torte da spettacolo, mi ha fatto ricordare l’odore che fanno i dolci. Così gli ho chiesto di insegnarmi a preparare una torta esattamente come lui sa fare. Anche sua moglie è una brava donna, come tutti quelli che hanno fatto il corso con me. Franco mi fa morire dalle risate mentre parla, è un personaggio, e poi c’è Andrea che ripetendo a memoria “l’abbanniata dello “sfincionello” e ricor-dando il profumo della cipolla, ci ha dimostrato che anche lui è un mito; siete tutti delle persone stupende! Infine, devo scrivere di Filippo, lo chef, che per me è come un padre. Abbiamo cominciato insieme questo percorso, nel mese di settembre del 2012, quando ancora non ci conoscevamo. Lui mi ha visto lavorare in cucina e ha intuito subito che avevo le capacità giuste. Allora, ci siamo raccontati le nostre storie, la disgrazia e ci siamo fatti in quattro l’uno per l’altro. Se oggi sono arrivato fino a questo punto è anche merito suo, mi ha dato tanti consigli preziosi, proprio come un padre. Mi ha anche aiutato a partecipare al corso di cucina, infatti, la prima volta che è andato a parlare con la dottoressa De Luca per l’organizzazione del corso, mi ha portato con lui perché già aveva in mente di scegliere proprio me. Sono contento e mi rende più sereno avere partecipato a questa esperienza di vita. Ti voglio bene Filippo!

Il profumo dei ricordidi Giuseppe Ciresi

Questa mattina mentre aiutavo Nicola a preparare una torta alla frutta il profumo delle fragole mi ha fatto riaffiorare alla mente dei bellissimi ricordi di quando ero bambino e adesso proverò a raccontarli.Erano gli anni settanta quando con i miei genitori emigrammo in Piemonte, esatta-mente a Cavallermaggiore, in provincia di Cuneo. La casa che andammo ad abitare si trovava in un grande cortile, un enorme caseggiato dove c’era anche l’orto. Io, allo-ra, avevo solo sei anni, ma ricordo che tutte le mattine andavo nell’orto per control-lare se le fragole fossero mature. Quello che mi spingeva non era il pensiero del loro sapore, ma piuttosto l’odore che emanavano. Quel magnifico profumo mi avrebbe accompagnato per tutta la vita e così ogni volta che sento odore di fragole ritorno a quel ricordo della mia infanzia.A proposito di odori, ricordo che quando ero adolescente riuscivo a distinguere il diverso odore di ogni essere umano, avevo la bizzarra abitudine di annusare ogni amichetto, ogni adulto e lo facevo in modo discreto, era una specie di gioco che mi avrebbe permesso poi a occhi chiusi di ripassare tutti i loro odori. L’esercizio di solito cominciava quando noi bambini andavamo a giocare. Sceglieva-mo un posto non lontano dalla strada in cui abitavamo, preferibilmente un giardino abbandonato per non disturbare gli adulti che io allora chiamavo “rompicoglioni”, proprio perché, non sopportavano le urla dei bambini che, invece, ieri come oggi, sono gioia, spensieratezza e fantasia. Mentre gli altri giocavano io rimanevo seduto

dando loro le spalle. In questa posizione mi sforzavo di riconoscerli solo annusando il loro odore personale, ma anche quello dei loro vestiti che sapevano del detersivo con cui erano stati lavati. Ma la cosa che mi stupisce di più era la capacità che avevo d’indovinare il mestiere dei loro padri soltanto odorando i vestiti.Così facendo, nel tempo, ho capito che ogni famiglia possiede un suo intrinseco odore, una specie di timbro olfattivo di riconoscimento, proprio come le impronte digitali.Il profumo dei ricordi mi spinge oltre.. a raccontare anche della vecchia casa di via Speciale numero sedici a Termini Imerese, in provincia di Palermo. Ho trascorso la mia infanzia a cavallo tra due mondi, il Nord e il Sud, perchè quando la nebbia in Piemonte diventava troppo fitta e a papà gli prendeva la nostalgia della sua bellissima Isola, in meno che non si dica, facevamo bagagli e si ritornava nella terra di origine. Mi rivedo, allora, nella mia vecchia casa la mattina presto quando fermo davanti l’uscio della porta guardavo la strada ancora addormentata. Osservavo attentamente ogni cosa, ma, soprattutto, respiravo il profumo della legna bruciata che proveniva dai forni. Ed ecco che ritornano; l’odore del pane appena sfornato, dei rami d’ulivo che bruciano per aumentare la temperatura del forno, il fumo che esce dai camini e si espande nell’aria circondando il quartiere. Sento distintamente la fragranza del pane caldo che mi scotta le mani e che mi fa venire voglia di mangiare una pagnotta appe-na sfornata, condita con olio d’oliva, acciughe salate, origano, sale spezie, formaggio: “ Mmm… che buono! Giuseppe, fai attenzione che ti bruci!” Infine, vi voglio raccontare di quando durante il Natale anche nella nostra famiglia avevamo la buona abitudine di giocare a tombola; tra parenti e amici. Spesso man-cavano le caselle di plastica per coprire i numeri delle cartelle e allora si ricorreva in sostituzione ai mandarini. Li sbucciavamo e con la buccia facevamo dei quadratini adatti a coprire i numeri che venivano chiamati dal banditore; “i lasti ru inzalataru… e che numero è? Undici! Ah...”.. Così il profumo dei mandarini sbucciati impre-gnava le miei mani per lungo tempo e io le annusavo perché l’odore mi ricordava le campagne, gli alberi fioriti, il profumo di zagara. Un profumo che mi riportava a mia madre, a quando da piccolo mi faceva il bagno e poi mi rinfrescava con una colonia per bambini all’essenza di zagara. Ricordo anche il borotalco Roberts, che ha lasciato un segno nella mia fanciullezza, soprattutto, quando mamma faceva il bagnetto a mia sorella appena nata. L’asciugava con cura e con delicatezza le metteva il borotalco e la colonia; io guardavo con ammirazione quei semplici gesti d’amore. Aspettavo ogni giorno l’ora del bagnetto, potevo respirare quei fantastici profumi e ne approfittavo per profumarmi anch’io con un po’ di borotalco e colonia.Il ricordo dei profumi è stato per me un bel viaggio iniziato durante il laboratorio di cucina. La nostra amica Delia, scrittrice di narrativa, ponendoci alcune domande semplici ci ha in qualche modo fatto rivivere dei momenti del nostro passato ricchi di entusiasmo. Con le sue dritte, Delia, ci ha aiutato a rispolverare il nostro passato. Ab-biamo ritrovato colori, odori, sensazioni che pensavo fossero ormai sbiaditi. Credo che ognuno di noi ha rivissuto i suoi ricordi attraverso una luce nuova, anzi con una luce, direi, molto vicina a quella di un tempo.Così il nostro amico Franco ci ha parlato della sua frutta, di quando lui lavorava con i trasporti e dal tono della voce credo che abbia rivissuto quel momento come

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allora. Gianluca ci ha raccontato delle caramelle e nei suoi occhi ho visto un luccichio uguale a quello di un bambino felice e soddisfatto di se stesso. Filippo ha ricordato il gustoso brodo che gli preparava la nonna e da questo racconto abbiamo capito perché ha scelto di fare il cuoco. Nicola ci ha parlato del profumo che fanno i man-darini quando prepara i suoi dolci squisiti, Salvo dell’odore dell’origano che andava a raccogliere con suo zio, Andrea del profumo della salsiccia alla brace che da bambi-no cucinava con suo padre. Antonio dei “pittinicchi” al sugo che gli preparava la zia, Davide del profumo e del sapore della mortadella. Ognuno di noi, a suo modo, ha rivissuto ricordi della propria vita in modo fantastico.

I cibi della mia infanziadi Nicola Cinà

Io ero un bambino come tutti quelli della mia età. Mi piaceva uscire, stare fuori fino a tarda sera a giocare con i miei i cugini, andare in bici insieme ai miei fratelli, ma ero anche un bambino molto goloso. Ricordo che impazzivo per le caramelle che la mamma ci dava per premiarci quando ci comportavamo bene. Andavo pazzo, soprat-tutto, per quelle alla fragola: erano buonissime!Quando stavo male la mamma mi preparava il brodo, ma la cosa più bella in assoluto era vedere papà che impastava il pane. Ricordo ancora l’odore della legna bruciata che usciva dal camino del forno. Ma il momento più bello era poter mangiare il pane appena sfornato, condito con pepe, olio, sale, pomodoro e origano. Alla fine dei pasti d’inverno mangiavamo mandarini profumati, ma certamente non potrò mai dimenticare quelle domeniche in campagna quando gustavamo le puntine di maiale al sugo e la salsiccia arrostiti alla brace. Infine mi ricordo di quando andavo a scuola e durante la ricreazione scartavo il pane con la mortadella che la mamma mi aveva preparato nel cestino.

Guardando la mamma di Rahman Mamunur

Fin da bambino ho avuto molto interesse per la cucina. Guardavo mia madre cucina-re qualcosa di buono e qualche volta la aiutavo. Ho imparato a cucinare grazie a lei, perciò mi sento già preparato per partecipare a questo corso di cucina che si svolge nella Comunità di Sant’Onofrio e, così, potrò mostrare il mio talento.Ogni mercoledì sotto la guida dello chef Filippo cuciniamo per circa trentacinque persone, poi tutti insieme mangiamo e noi addetti alla cucina e lo chef aspettiamo di sentire il parere di tutti. Quando i commenti sono positivi lo chef è molto contento.Ogni settimana cuciniamo diversi tipi di cibo gustosi e colorati. Iniziamo a cucinare alle nove del mattino, lo chef ci dice cosa fare e io lo aiuto volentieri.La settimana scorsa abbiamo preparato la pasta con le melanzane e il pomodoro, l’odore era buonissimo e a tutti è piaciuto questo piatto.Purtroppo io e i miei amici Moussa e Misbha, il primo del Mali e l’altro del Bangla-desh, non abbiamo potuto mangiare questa pasta perché c’era anche il prosciutto e

noi siamo musulmani. Il secondo piatto di quel giorno è stato il pollo ed era buonis-simo. Infine, abbiamo chiuso il pranzo con una buonissima torta al gusto di limone. Mi sono divertito molto.

La Famiglia di mamma Miriam e papà Giuseppedi Salvo Campanella

Mamma Miriam è una mamma molto premurosa e attenta nell’educazione e nella cura dei suoi nove figli. Subito dopo la seconda guerra mondiale Miriam conobbe Giuseppe che lavorava come garzone nella bottega di Mastro Castagna, burbero e tirchio falegname del paese. Giuseppe era un ragazzo molto sveglio e attento; apprendeva velocemente il lavoro nonostante Mastro Castagna gli nascondesse le tecniche e i trucchi del mestiere non spiegandoglieli affatto. Addirittura gelosissimo del suo mestiere gli ordinava di fare tutto il contrario di quello che in realtà un vero mastro d’ascia dovesse fare.Tuttavia, Giuseppe, furbo e intelligente, capì subito che il Castagna cercava di non farsi rubare il mestiere e malgrado tutto riusciva, comunque, ad apprendere il mestie-re. Costruiva dei mobiletti che facevano sbalordire il Castagna, il quale lo rimpro-verava sempre e di certo non lo incoraggiava, nè tantomeno lo elogiava per il lavoro svolto.Giuseppe, comunque, era fiero del suo lavoro. Imperterrito continuava a lavorare, trasformando in oro tutte le critiche del Castagna tanto che i suoi mobili venivano subito comprati perché erano più belli di quelli del padrone.Giuseppe, umile ed educato garzone, così continuava a lavorare tirando dritto per la sua strada e rispettoso di Mastro Castagna non si permetteva mai di contraddirlo.Un giorno Miriam, mandata dalla madre alla bottega del paese per comprare con pochissimi soldi l’olio e il pane, incontrò Giuseppe. I due incrociarono gli sguardi e subito arrossirono, tanto che imbarazzati subito li abbassarono. Ma, ormai, era trop-po tardi; Cupido li aveva colpiti con le sue frecce avvelenate d’amore.Passarono alcuni giorni e i due non si videro più, ma nelle loro teste frullava sempre quell’incrocio di sguardi avvenuto in bottega. Dopo un paio di settimane, però, si rincontrarono per caso di nuovo nella bottega del paese. Allora Giuseppe, sicuro e intelligente garzone, guidato da Cupido si avvicinò alla donna dicendo: “Ciao come ti chiami?”, lei imbarazzata arrossì e abbassò lo sguardo, ma non potendo frenare il veleno di Cupido rispose pronunciando il suo nome.Giuseppe capì, subito, che Miriam era proprio come una di quelle tavole molto tenere da lavorare e intraprendente le chiese: “Miriam che fai qui??”. Lei rispose molto imbarazzata: “Sto comprando quello che mi ha ordinato mia madre con queste cin-que lire, ma devo subito tornare a casa e tu piuttosto non devi tornare a lavorare da mastro Castagna che ti aspetta? E poi neanche so come ti chiami… torna a lavorare!”, gli gridò: “Vattene garzone!”.In realtà, Miriam non lo cacciò anzi andò via con lui. I due avvelenati d’amore scap-parono con quelle poche lire che avevano in tasca e fecero la classica “fuitina”.Castagna brontolone e la mamma di Miriam dopo qualche ora non vedendoli tornare

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andarono a cercarli in bottega, ma non li trovarono, ben presto capirono e si resero conto che i due avevano già fatto tutto.Giuseppe coraggioso decise di lasciare il lavoro da Mastro Castagna e mise su una falegnameria tutta sua. Prima iniziando con piccoli lavoretti, poi, pian pianino, cominciò a costruire mobili robusti. Riuscì a guadagnare tanto da poter mettere su famiglia .Miriam, mamma premurosa, ebbe subito il primo bambino e poi velocemente la famiglia diventò numerosa. Entrambi svolgevano con amore il ruolo di genitori per i loro nove figli: Franco, Gianluca, Filippo, Nicola, Salvo, Giuseppe, Andrea, Antonio e Davide.Mamma Miriam aveva ogni giorno un gran da fare con tutta quella prole e Giusep-pe, ormai affermato mastro d’ascia del paese, non faceva mancare nulla alla famiglia lavorando anche la notte. Miriam, quando usciva per la spesa, comprava sempre le cose che piacevano ai suoi figli. A Filippo comprava sempre dei ritagli di carne per fare il brodo che però cuci-nava la nonna, a Franco e a Nicola, che andavano pazzi per la frutta, portava ciliegie, pesche e mandarini profumati. Non dimenticava mai le caramelle per Gianluca, lui ne era ghiotto e sapeva che la mamma gliele dava in abbondanza, sopratutto quando lui si comportava bene. Miriam nel fare la spesa comprava anche della farina, qualche fetta mortadella e la carne di maiale. Così la domenica era sempre una grande festa. Mamma Miriam preparava il pane fatto in casa con l’aiuto di Giuseppe che andava pazzo per l’odore della legna che bru-ciava nel forno. Salvo e papà Giuseppe uscivano a caccia, portavano sempre qualche lepre e il profumato origano che Salvo non dimenticava mai di raccogliere. Il pranzo della domenica veniva arricchito, inoltre, con della pasta al sugo di maiale che pia-ceva tanto ad Antonio. Ad Andrea toccava accendere il fuoco e cucinare la salsiccia, lui ne andava matto, stava sempre lì davanti alla brace ad arrostire e a mangiare. Poi, quando mamma Miriam sfornava il pane profumato di finocchietto selvatico, Davi-de, golosone di mortadella, ne mangiava tantissimo. Ognuno svolgeva il suo compito, tutta la famiglia cresceva in armonia guidata da mamma Miriam e papà Giuseppe.

ARRIVA NATALE Il Pranzo di Nataledi Andrea Fantaci

- Ciao Dario, come ti va la vita? Spero bene! Sai, oggi sono venuto a trovarti perché voglio organizzare il pranzo di Natale da me. Un bel pranzo, con tutta tipica cucina palermitana.- Bene fratello! Io verrò sicuramente… nella speranza che il pranzo sia degno della mia presenza… arrostite abbondanti e palermitanate varie non devono mancare…- Ma certo! Mangeremo cose speciali. Figurati che ho invitato, per speciali arrosti-te, il vecchio e buon zio Nenè. Allora, Roberto apri le orecchie. Antipasto a base di

“stigliole”, lo sai con lo zio Nenè non si scappa… poi un primo che sarà musica per il palato, faccio la pasta con le sarde secondo la vecchia ricetta di mia nonna Ange-la: sarà speciale! Vera e propria musica fratello! A seguire, grazie allo zio Nenè, ci distruggeremo con una sasizzata e per concludere in bellezza un’altra “stigliolata” superba. Poi passiamo al dolce, con le magnifiche “sfinci” preparate da Marco, my brother, che squagliano in bocca: musica Dario, musica per il palato, credo che alla fine molti di noi, per il piacere, perderanno la vita.- E vai… fratello. Lo sento, organizzeremo qualcosa di mostruoso, ma visto che è Natale dove lo mettiamo Babbo Natale? Non facciamo che arrivi alla fine del pranzo mangiato dai cani?- Nooo… fratello, stai sereno, lui arriverà in salute, con la sua pancia mangerà di gusto, anzi dovremo stare attenti, lui è troppo pericoloso… e si futti puru a tia…

Il Natale e suoi ricordi alimentaridi Filippo Di Leonardo

“È Natale: ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano. È Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l’altro. È Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza”. Certamente per tutti noi il Natale è anche legato alla tradizione alimentare e non è difficile per ciascuno indicare fra tanti menù di Natale quale possa essere il preferito. Capire, però, se questa scelta dipenda dal reale sapore dei piatti o piuttosto dalle emozioni e dai ricordi che suscitano in noi, è assai più difficile. Una cosa è certa, che quando si tratta dei piatti dei giorni di festa, la scelta dei cibi rimane legata alle tradizioni e ai rituali che si ripetono di anno in anno. Il ricordo ha, comunque, un ruolo anche nelle semplici scelte alimentari di tutti i giorni, la prova sta nel fatto che, quando preferiamo un cibo a un altro, lo facciamo quasi sempre senza prima averlo assaggiato, basandoci sul ricordo che abbiamo di esso. Sono molte le ragioni che concorrono alla scelta di un cibo e non di certo solo le sensazioni che percepiamo attraverso le papille gustative. Infatti, per contribuire a rendere più o meno gradito un cibo ricorriamo alla vista, per ricordarne il colore o l’aspetto, all’udito, per esempio ripensando al rumore che fa il pane croccante quando è spezzato, e naturalmente all’olfatto. Tuttavia, saranno le emozioni che proviamo davanti una determinata pietanza ad avere la meglio nella scelta.La scelta del menù di Natale, proprio perché legata a momenti vissuti in famiglia, riattiverà bei ricordi come la condivisione dei doni e il piacere davanti alla tavola imbandita. Non per tutti, però, i ricordi saranno così belli, a volte il Natale suscita memorie faticose, proprio perché legate a rituali e a tradizioni non amate. In questo caso cambiare le consuetudini del passato, anche quelle legate alla tavola, potrebbe essere un modo per costruire progressivamente nuove e più piacevoli memorie.

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Un Natale pieno d’emozionedi Gianluca Santangelo

Il giorno di Natale è un giorno molto significativo per tutti quelli che appartengono alla famiglia. Io voglio raccontare di quel Natale che ho vissuto molti anni fa quando ero piccolo. Non ricordo se avessi nove o dieci anni. Certo un po’ di anni fa, circa venticinque. La prima cosa di cui sono sicuro è che prima io sentivo il Natale nell’a-ria. Era molto emozionante vedere tutta la famiglia unita e mi è rimasta impressa nella mente un’immagine: io che gioco con i miei cugini. Era bella la spensieratezza che avevo mentre giocavo. Guardandomi dentro rivedo un Natale pieno di emozioni insieme a tutta la mia famiglia, unita e senza problemi ed è come se io avessi vissuto quel Natale in un’altra vita. I ricordi mi fanno sentire, ancora, pieno di amore proprio come quel bambino spensierato e adorato da tutti. Ripenso a quando c’erano i miei nonni vivi e anche tanti miei zii che adesso non ci sono più ed è triste scrivere tutto questo. La mia nonna per Natale cucinava sempre il cavolfiore in pastella, io adoravo quel piatto, lo sapeva e lo cucinava per me. Una mia zia mi faceva, pure, la pasta al forno ed io oggi posso sentire di nuovo tutti quegli odori che già ho conosciuto. Nel periodo di Natale si preparavano tutti i tipi di pietanze, si apparecchiava e si mangiava tutti insieme. Vorrei tanto ritornare in quegli anni. La vita trascorre, gli anni passano ed io, ora posso dire che i miei anni non li ho vissuti tanto bene. C’è stata tanta sofferenza, ma se potessi tornare indietro darei anche la vita per trascorre-re un solo minuto di quei momenti belli e puri. Scrivo e mi viene da piangere nel pensare quanti anni ho perso prima di entrare in questa Comunità che mi ha dato la speranza di poter ritornare a vivere come tanti anni fa. Qui, ogni tanto, mi succede di tornare ad essere bambino come una volta. Voglio continuare a vivere anche per i due miei figli, Centoni e Mattias, perché anche loro possano trascorrere un Natale come quelli che ho vissuto io quando ero piccolo, pieno di emozioni e di tanta spensieratezza. Se io oggi mi trovo in questo posto è, soprattutto, per i miei figli, perché anche loro possano avere tanta voglia di vivere.

Un Natale di fratellanzaDi Giuseppe Ciresi

Quel giorno mi trovavo nella mia camera da letto, mi ero appena svegliato quando ricevetti una telefonata inaspettata. Pronto, ciao Giuseppe, sono StefaniaCiao carissima, che sorpresa, come stai? Bene grazie! E tu? Che fai di bello? Niente, sono ancora a letto, mi sono appena svegliato E tu che fai? Io sto cercando di organizzare un evento per il pranzo di Natale.Un evento? In che senso?Come saprai faccio parte dell’Associazione “Speranza” che si occupa di diritti umani e insieme ad altre organizzazioni avremmo deciso di fare un pranzo di Natale specia-le. Vorremmo invitare persone di diversa nazionalità e provenienza, persone in grado

di aiutarci concretamente … ma per spiegarmi meglio ti vorrei raccontare una storia. Dimmi, sono curioso …Conosci la storia dell’antica Grecia e dei Romani?In questo momento mi trovi sprovvisto … Allora, ascolta. La storia di queste due grandi civiltà è fatta di rivalità, di guerre, ma anche di fusione tra etnie diverse, di pace e speranza. Interessante … Così con questo pranzo vogliamo fare incontrare, conoscere tra loro persone di varie nazionalità e di diversa provenienza, come se, in un certo senso, volessimo fare nascere una nuova civiltà! Una nuova fratellanza direi … Ora ricordo un po’ di storia e, ieri come oggi, alla base di tutto ci deve essere il rispetto, dobbiamo farci annaffiare dall’acqua del corag-gio e dal rispetto e dal coraggio di questi popoli da cui sono nate numerose invenzio-ni … il teatro, le olimpiadi, la moneta, la scrittura, la democrazia, la matematica, la geometria, la filosofia, l’astrologia, la medicina, la poesia, l’arte in genere, la Grande Bellezza... Sono d’accordo! Allora ci vieni a questo pranzo? Non vedo l’ora... sono impaziente di conoscere nuovi amici. Sarà una festa da spac-care le pietre, altro che film… Dove ci vediamo? Ti faccio sapere tramite messaggio, ancora non siamo certi del posto, ma dovrà essere veramente speciale. La Grecia?Nooo… sarebbe bello però... Allora, aspetto tue, Stefania. Ok, ciao. Ciao cara e grazie.

Natale significa stare insiemedi Nicola Cinà

Il Natale una volta era diverso. Lo sentivo arrivare, percepivo nell’aria il piacere, la vo-glia di stare tutti insieme in famiglia per festeggiare. Ora, invece, l’arrivo del Natale è quasi una sofferenza, discorsi e tensioni per stabilire in quale casa organizzarlo. Nes-suno pare disposto a offrire la sua casa per paura della confusione, e poi discussioni interminabili su cosa cucinare. Lo scorso Natale io e la mia famiglia abbiamo deciso di festeggiarlo a casa nostra. Sono stati tre giorni in cui siamo stati tutti insieme, una fusione di culture, quella siciliana e quella mauriziana, alla quale appartiene mia mo-glie. Una miscela di colori e sapori tra due isole così lontane. Abbiamo preparato sia pietanze palermitane che mauriziane, non ci siamo fatti mancare proprio nulla.Il prossimo anno, però, vorrei trascorrere il Natale diversamente. Mi piacerebbe non solo condividerlo con la mia famiglia, ma anche poter aiutare qualcuno stando insieme agli amici con cui ho condiviso questa esperienza laboratoriale. Insegnare qualcosa agli altri, nel mio caso a preparare dolci, lo stare insieme, mi ha fatto cresce-re e mi ha arricchito.

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Nutrire lo spiritodi Salvo Campanella

Il Natale è sempre una gran festa e noi siciliani non facciamo altro che pensare a quello che dobbiamo cucinare e mangiare a dispetto di regole, diete e di quello che il buon senso ci insegna. E così, quasi sempre, mettiamo da parte l’aspetto religioso della festa, che è il più importante. Ciechi, non ci accorgiamo che tante persone non hanno un pezzo di pane da mangiare o una famiglia con cui trascorrere il Natale.Quest’anno, dopo tanto tempo, ho deciso di dedicarmi più al lato sociale e religioso del Natale. Credo che questa scelta dipenda molto dal fatto che la mia vita è cam-biata dopo l’incidente. Senza nulla togliere alla mia vita da bipide, oggi mi sento interiormente più ricco. Prima ero un uomo molto distratto e non mi rendevo conto di quante persone vivono in carrozzina, mentre ora, quando esco da casa, ne incon-tro tantissime. Mi fermo a parlare con loro, ad ascoltarli. Le loro storie intense ed emozionanti mi insegnano sempre qualcosa di più. Così ho capito che il mio pranzo di Natale consiste nel nutrirmi delle persone che mi stanno accanto. La vita va presa per quello che è, non sappiamo cosa ci riserva il futu-ro, è una tavola apparecchiata in cui dobbiamo umilmente sedere e gustare quello che lei ha deciso di preparare per noi.

Lite in famigliadi Vincenzo Dominici Mancavano pochi giorni al Natale, la festa più bella dell’anno per noi bambini e io con tutta la famiglia al completo mi ritrovavo attorno a un tavolo per decidere il menù da preparare. Ogni anno si cucinavano, come tradizione, tortellini in brodo di carne e vitello al forno con patate. Quell’anno, però, le cose sembravano andare diversamente, la mamma stava litigando con mia sorella che proponeva un nuovo menù a base di pesce. Noi bambini assistevamo divertiti all’acceso diverbio tra le due donne di casa, mamma insisteva: “Non possiamo cambiare…”, e mia sorella ribatteva: “Mamma! Sempre la stessa cosa… Dai facciamo del pesce”. Le due donne proprio non la smettevano, rimanevano ferme nella loro posizione. Così, per risolvere il pro-blema, noi bambini decidemmo di prendere le redini della situazione: “Quest’anno mangiamo di più... cuciniamo pesce e carne, così saremo tutti felici e contenti”.

CUCINARE PER L’ALTROBravo sangu mio!di Andrea Fantaci

Quando avevo circa diciotto, vent’anni, mi piaceva, due volte alla settimana, aspettan-do i miei genitori per pranzo, cucinare qualcosa di gradito al loro palato.

Come primo piatto preparavo spaghetti al pomodoro e melanzane a cui aggiungevo della mozzarella e una piccola quantità di caciotta affumicata. Per finire, prima di ser-virla in tavola, spolveravo gli spaghetti con una nevicata di cacio cavallo. Dopo la pa-sta, giusto per gradire, saltato in padella, “super vastaso”, con un pizzico di vino rosso e severamente panato, cucinavo fegato e vitello fritto e tutte le volte che era possibile ci mettevo anche qualche nodino di salsiccia condita con abbondante pepe nero, così come voleva una vecchia ricetta della nonna paterna, nonna Angela. Appena tutto era pronto ci sedevamo a tavola e buon appetito... Durante il pranzo erano ben accetti i diversi complimenti. Quelli di mamma e papà: “Mmm… veramente gustosa questa carne con l’aggiunta di vino rosso, musica per il palato… eh vai! Bravo figlio mio!”. E poi sentivo i commenti dei miei nonni. Anche loro erano entusiasti del gusto preliba-to delle mie pietanze. “Bravo il mascalzone”, diceva mio nonno e a seguire la nonna: “bravo u’ sangu mio! Bravo è!”. “Troppo bello”, rispondevo io. Ringrazio molto i miei nonni per questo splendido ricordo, anche se, purtroppo, ho cucinato per loro solo per poco tempo, ma l’ho fatto con tutto l’amore che provavo e che provo, loro erano e saranno sempre la mia vita.

Cucina, che passione!di Giuseppe Ciresi.

La prima volta che ho cucinato è stato circa dieci anni fa per merito di mio cognato. Ricordo, infatti, che una domenica d’inverno, mio cognato Enzo mi aveva invitato a pranzo a casa sua. Voleva farmi assaggiare un piatto pugliese che aveva imparato guardando la tv. Devo ammettere che quel giorno il gusto di quel primo piatto mi colpì particolarmente, così gli chiesi:- Enzo, come si chiama questo piatto?”- Orecchiette alla pugliese.- E come si fanno?- Sono molto semplici...Con molta attenzione mi spiegò la ricetta. Dovevo procurarmi una padella grande dove farvi rosolare, con olio d’oliva e a fiamma bassa, tre spicchi di aglio e tre pepe-roncini piccoli sminuzzati. Dopo dovevo aggiungere un vasetto di acciughe sott’olio, di ottanta grammi, rosolare anche loro, stando attento ad amalgamarli fino quasi a scioglierli. Spento il tutto dovevo metterlo da parte. Poi, presa una pentola, riempita d’acqua, con l’aggiunta di un cucchiaio di sale, buttarci dentro un chilo di brocco-letti, e quando questi sarebbero stati ben cotti, quasi come una crema, aggiungere cinquecento grammi di orecchiette fresche e far cuocere tutto insiemeTre minuti prima della cottura delle orecchiette, dovevo scolare tutto per bene. Intan-to, durante la cottura della pasta avrei rimesso sul fuoco il condimento già preparato prima. A quel punto, versata nella padella la pasta, mantenendo la fiamma bassa, dovevo mescolare bene finché tutto si fosse amalgamato perfettamente. Quindi, spen-to il fuoco, servire in tavola. Si poteva a scelta, anche se non consigliato dallo chef, aggiungere del formaggio pecorino.- Tutto qua Enzo? dissi

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- Sì, tutto qua. - Bene, sicuramente ci proverò… mi piace davvero troppo il sapore di questa pasta.Una settimana dopo, andando a fare la spesa in un centro commerciale, mentre giravo nel reparto alimentare, mi ricordai della ricetta e comprai tutto l’occorrente. Arrivato a casa, sistemai tutti gli ingredienti sul tavolo della cucina e con molta calma e precisione cominciai a cucinare quel primo che mi era piaciuto tanto. In verità, non conoscendo le dosi per una sola persona, decisi di usare quelle consigliate da mio cognato che erano per quattro. Quando, però, mi servii la pasta a tavola e cominciai a mangiare, rimasi tanto sorpreso dal gusto squisito che decisi di mangiarne due porzioni a pranzo e due a cena.Devo confessare, che dopo quel primo esperimento, cominciai a preparare le orec-chiette alla pugliese tutte le domeniche. Così, dopo un po’ di pratica in cucina, mi resi conto che la buona cucina è davvero un’opera d’arte, mi appassionai tanto, che pian piano cominciai a cucinare altri primi piatti. A quel punto potevo invitare gli amici a pranzo e cucinare per loro e anche in occasione delle feste natalizie mi cimentavo, ormai la passione mi divorava. Sì, la passione, questa magica sensazione che quan-do ti prende può farti fare delle cose inimmaginabili, cose su cui prima non avresti scommesso neanche un centesimo.

Un pranzo per tutti voidi Nicola Cinà

Questa esperienza che stiamo vivendo, scambiarci e condividere gioie e ricordi del passato e del presente, sta facendo bene un po’ a tutti noi. Per questo vorrei preparare un pranzo per tutti noi lasciandoci dietro le spalle, il nostro passato doloroso. Sento che questo laboratorio, questo giorno che dedichiamo a noi, ci fa dimenticare le difficoltà e, soprattutto, grazie a tutti voi sono rientrato nel mondo che mi appartiene: la cucina. Non dimenticherò mai quest’esperienza.

Un dolce grasso d’amoredi Salvo Campanella

Il mio piatto forte non sono i dolci. Io preferisco il salato, ma i miei due figli, purtrop-po per me, sono l’opposto, loro amano i dolci, specialmente quelli al cioccolato.Non avendo nessuna ricetta da seguire, né tantomeno un’idea precisa del dolce che potevo preparare per loro, un giorno, navigando su internet mi sono imbattuto in una marea di ricette tutte a base di cioccolata. “Bene”, pensai, ma quale scegliere tra tutte? Ero nel pallone più completo: l’immenso mondo di internet aveva confuso le mie poche idee.Allora, mi dissi: “Vediamo cosa c’è in dispensa? E poi vediamo cosa ne uscirà fuori…”. Una delle cose che in dispensa non mancava mai era il cioccolato, di qualsiasi forma e tipo, poi vidi che c’erano anche dei biscotti savoiardi al cacao amaro. Subito pensai al tiramisù. Era inteso che il dolce doveva anche piacere a me e non solo ai miei figli… “Porca miseria”, mi dissi: “Il tiramisù è un concentrato di grassi contenuti nel

mascarpone e poi tutto lo zucchero che occorre per prepararlo… e in frigo non c’è un grammo di mascarpone.”. Allora che fare? Era semplice: bastava, sostituire il mascar-pone con una crema pasticcera al cioccolato. Ovviamente, si sarebbe trattato di un esperimento, ma il dolce sarebbe stato un po’ più magro e, forse, altrettanto buono. “Presto”, pensai, “non perdiamo ancora tempo, passiamo ai fatti e vediamo cosa ne uscirà fuori”. Preparai prima il caffè per farlo raffreddare un pochino e, nel frattempo, misi dentro una pentola antiaderente: latte, zucchero, amido, l’immancabile cacao e anche un po’ di cioccolato fondente, residuo delle uova pasquali ricevute in dono dai miei figli. “Accipicchia le uova! Un tiramisù senza uova che tiramisù è?”. Per fortuna trovai le uova in frigo, avevo davvero tutto, bastava solo farsi guidare dalla fantasia e quella, per fortuna, era un ingrediente che non mi mancava.Pronto il caffè, misi sul fornello, a fuoco lento, la pentola con gli ingredienti per la crema e, girando girando, con un cucchiaio il tutto, senza mai fermarmi, portai in ebollizione la crema per farla addensare ed anche questa era fatta. Poi, inzuppai i savoiardi nel caffè e li misi in una teglia di quelle usa e getta, così mia moglie non avrebbe dovuto lavare la teglia. Completato il primo strato di biscotti li ricoprii di crema pasticcera per poi passare subito al secondo strato. Quindi ricoprii il tutto con la crema al cioccolato e per finire una bella spolverata di cacao amaro. Mancava, però, qualcosa per rendere quel dolce davvero speciale. Così ritagliai un foglio di carta forno a forma di cuore e usandolo come forma lo stesi sulla teglia e lo riempii di zucchero a velo, che sul cacao nero risaltava veramente bene.La teglia, così pronta, andava messa in frigo per almeno due ore: “Speriamo bene…”, mi dissi. Certo il dolce era bellissimo d’aspetto, ma soltanto al momento della prova assaggio, avremmo saputo se si fosse trattato di un nuovo tiramisù magro e poco dolce, oppure, se non fosse piaciuto ai miei figli, sarebbe stato un dolce almeno grasso d’amore... l’amore che nutro verso le due persone più importanti della mia vita: Nicolò e Danilo.

Un sugo particolaredi Vincenzo Dominci

Tanto tempo fa, una sera d’inverno, in cui faceva molto freddo, ero rientrato a casa molto tardi dopo una lunga partita di calcetto. Ero molto stanco e affamato. Allora abitavamo ancora tutti insieme in una piccola casa calda e accogliente. Siccome era già molto tardi e tutti dormivano, in punta di piedi, per non svegliare nessuno, entrai in cucina, la stanza preferita da tutti noi e cominciai a preparare un sugo particolare, in cui misi: wurstel, tonno, origano, cipolle, olive e qualche altro ingrediente che non ricordo. Ma ricordo benissimo il forte profumo che usciva dalla cucina. Un profumo, così forte, che una delle mie sorelle si svegliò e mi raggiunse. Pur essendo le due del mattino ci mettemmo a mangiare. La pasta era talmente buona che ci leccammo i piatti e ancora oggi non ci possiamo dimenticare di quella favolosa mangiata.

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RICORDARE I NONNINonna Angeladi Andrea Fantaci

Io, ragazzo palermitano di ventinove anni, ho vissuto un lieto e stupendo periodo della mia vita in compagnia, quando erano ancora vivi, dei miei carissimi nonni paterni, nonno Nino e nonna Angela. Nonna Angela era una donna eccezionale, buona, professoressa di lettere in pensio-ne, era molto intelligente. Era, anche e soprattutto, una fantastica cuoca, io ricordo che come cucinava lei per me, mai nessuno l’avrebbe più fatto. Davvero lei e le sue pietanze erano e sono tutt’oggi musica per il mio palato e per i miei ricordi. Per esempio, mi è rimasta scolpita nella mente una delle pietanze da me preferita, la pasta con le sarde che come la cucinava lei era uno spettacolo e non solo… Come primi preparava anche la pasta aglio, olio e peperoncino. Che dire, poi, di uno dei suoi piatti forti, l’uovo “arriminato”, veramente eccezionale. Era fortemente condito con abbondante formaggio di svariati tipi, in particolare cacio cavallo e per terminare nel migliore dei modi una pioggia di delizioso e profumato olio piccante. Ricordo un giorno che, tornato da scuola, andai a casa dei miei nonni e per poco non rischiai di svenire per il profumo che si liberava nell’aria. Dopo aver salutato sentii una voce dolcissima che diceva euforica: “Sangu mio! Amunì a tavola, dai che è tutto pronto e caldo”. Io, però, a causa degli odori, mi ero già dovuto sedere perché altri-menti avrei rischiato di svenire, tanta era la fame. Mi ricordo che quel giorno tutto cominciò con un super piatto di pasta con i fagioli e a seguire un secondo spettacola-re, tanto che mi alzai da tavola con un sorriso mai visto.Finito di pranzare, dopo un eccezionale caffè, io, felice e soddisfatto, cominciai a stu-diare, aiutato e seguito, con eccezionale attenzione, da mia nonna che era ancora una preparata e attenta professoressa di lettere in pensione. Era fenomenale e mi ricordo che quando mi rispiegava un argomento di storia, io lo imparavo subito. L’indomani, era vera e propria musica per la professoressa e per chi mi ascoltava ripetere la lezio-ne. Volavano complimenti e voti eccellenti, insomma a fine anno i dieci in pagella erano difficili da quantificare. Con tutti questi bei ricordi è piacevole ripensare a nonna Angela che grazie a Dio è ancora viva nella mia mente e lo sarà per sempre.

Nonna Annadi Filippo Di Leonardo

Tra nonni e nipoti, c’è un rapporto particolare che va oltre il legame affettivo. Si com-penetrano attraverso la nota dominante della tenerezza, una virtù che si può definire teologica, perché misteriosamente sfiora la sfera metafisica, pur mantenendo il suo fondamento nelle viscere. Questo pensiero viene esortato dalle parole di tenerezza di Francesco d’Assisi: “Nonni e nipoti, albe e tramonti che si guardano stupiti, l’inizio e la fine che chiudono un cerchio d’amore”.

Dei miei nonni ho intensi, anche se pochi ricordi. Mia nonna Rosa, mi raccontava del suo viaggio in America dove aveva conosciuto mio nonno Diego che la sposò. Mio nonno si guadagnava da vivere vendendo frutta e verdura. Mia nonna in Ame-rica ebbe due figlie: Jenny e Cosima. Dopo un po’ decisero di ritornare in Italia, dove ebbero un’altra figlia che chiamarono Anna, mia madre. Mia nonna mi raccontava che grazie al loro lavoro in America riuscirono a comprare una fattoria nella splen-dida piana di Campofelice di Roccella e, per questo, avevano goduto di una sobria agiatezza. Avevano polli, galline e impastavano la pasta “furnu, furnu”. Ricordo con nostalgia i vecchi tempi in cui mi parlava anche di quando scoppiò la guerra, della loro fuga nelle campagne per sfuggire ai tedeschi e di come raccoglieva la verdura per sfamare tutta la famiglia. Mi raccontava, anche, dello sbarco in Sicilia degli “Alleati”. Mio nonno faceva da interprete. Di nonno Diego ricordo solo questo episodio per-ché, purtroppo, ero troppo piccolo quando una notte morì di colpo. Invece, di nonna Rosa ricordo ancora i racconti e, se chiudo gli occhi, mi sembra ancora di sentire la sua voce e di rivedere il suo viso mentre mi parlava delle marachelle di mia madre e delle mie zie. Ricordo che era un’abile matematica, la sera quando sgranava il suo Rosario.I racconti dei nonni sono pezzi di storia familiare importante che però, a volte, sono difficili da ricostruire quando, per qualche motivo, il filo si interrompe. Io, infatti, non ho conosciuto i nonni paterni, scomparsi prima che io nascessi, quindi, so ben poco della storia di quel ramo della famiglia.

Mio Nonnodi Francesco Ammirata

Purtroppo, ho perso mio padre che avevo appena nove anni ed essendo il figlio mag-giore ho avuto sulle spalle la responsabilità della mia famiglia. Mio nonno, allora, diventò il mio punto di riferimento. Quando avevo un problema o avevo bisogno di qualcosa, oltre che a mia madre, mi rivolgevo a mio nonno paterno. Lui, dopo la morte di papà, si prese cura di noi e cercò di non farci mancare niente. Tra di noi c’era un rapporto speciale, intanto, perché io portavo il suo nome ed ero il nipote più grande e, poi, perché in me vedeva il figlio che aveva perso. Anche quando diventai adulto i nostri rapporti rimasero quelli di sempre, nonno aveva una grande stima per me e tanta fiducia. Quando partii per il servizio di leva, ricordo che venne alla stazione a salutarmi e mentre il treno si allontanava lo vidi piangere. Ebbi un colpo al cuore quando un giorno il comandante della compagnia mi chiamò e mi disse che dovevo tornare a casa perchè era successo qualcosa di grave. Quando giunsi a casa e vidi mio nonno morto, fu come rivedere mio padre morto per la seconda volta. Mio nonno mi è rimasto sempre nel cuore e lì rimarrà per sempre.

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Le mie NonneDi Vincenzo Dominici

Ricordo poco dei miei nonni. Due non li ho conosciuti e mi ricordo, solo della nonna paterna e di quella materna.Della nonna paterna ricordo che andavo sempre io a trovarla e, quando andavo via, mi dava tante caramelle e tante carezze, cosi ritornavo a casa molto contento. Invece, la nonna materna veniva lei da noi ed era una festa. Portava tanti regali e anche il profumo di Palermo a noi che vivevamo a Trabia.

IN PASTICCERIACannoli con ricotta e cioccolatodi Andrea Fantaci

Appena entrato in pasticceria vado dritto al banco dei dolci. Guardando con di-screta attenzione, il mio sguardo è attratto dai colori vivaci di cassate siciliane e da vassoi colmi di vari dolci: cassatine, sfinci e cannoli. Guardo, poi, il pasticcere e lui subito: “Bello, bello, bello! Uora, uora i sfuinnavu! Su troppu belle… prego”. Ordino, subito, una fetta di cassata con la ricotta ancora calda e, non ancora soddisfatto, ben due cannoli ricchi di zucchero a velo e conditi di crema ricca di cioccolato al latte e fondente. Mi vado ad accomodare in un tavolo e comincio a gustare i dolci a piccoli morsi, ma con infinito piacere. Prima divoro la cassata e poi per terminare i cannoli che sono croccanti, gustosi e ricchi di crema, al cioccolato di prima scelta. Mi lascia-no esterrefatto, deliziato e, soprattutto, mi ricordano quando a prepararli ci pensava la mia carissima nonna paterna Angela, sempre viva nei miei ricordi.

Il tripudio della pasticceria sicilianadi Filippo Di Leonardo

Avevo voglia di qualcosa di dolce da mangiare, ma ai mie occhi si presentavano i soliti bar eleganti: tutto fumo e niente arrosto. A un tratto, però, mi sentii rapito dal profumo che proveniva da un piccolo locale meno appariscente. Decisi di entrare e vi posso assicurare che anche per me, non particolarmente goloso di dolci, c’era da perdere la testa. Un tripudio. C’erano cannoli (dolci simbolo della Sicilia), cassate (tipica torta palermitana), cassatelle (ravioli ripieni di ricotta tipici del trapanese), buccellati (biscotto natalizio), frutta di martorana (marzapane modellato e colorato a forma di frutta e ortaggi), granite (dolce freddo al gusto sopratutto di limone) e gelo di melone (budino a base di anguria). Tutti questi dolci coloratissimi riempivano le vetrine del piccolo negozio e lo invade-vano di profumi e aromi che appartengono solo alla pasticceria siciliana. Infatti, la tradizione dei dolci siciliani, frutto di secoli di dominazione, mostra le trac-

ce delle diverse culture che si sono stabilite in Sicilia nel corso dei secoli. Si possono riconoscere segni delle abitudini alimentari della cultura greco-romana, spagnola e araba, tutte hanno lasciato qualcosa nello spirito del popolo siciliano. La tradizione dolciaria ha, però, origine soprattutto dagli Arabi, i quali introdussero l’uso della ricotta zuccherata, delle spezie, della cannella, dei chiodi di garofano e dei canditi. Questo popolo usava preparare dolci durante le feste religiose e presto imparammo da loro l’arte di fare dolci nei conventi. Qui quest’arte fu perfezionata e adattata e, ancora oggi, praticata. La classica pasta di mandorle a forma di frutta o ortaggi, ad esempio, porta il nome del convento di “Martorana” di Palermo, dove fu prodotta per la prima volta. Alcuni dolci, poi, vengono preparati esclusivamente in alcuni periodi dell’anno, in occasione delle festività. Per la festa dei morti si fanno i “pupi di zucchero”, per quella di Santa Lucia la “cuccìa”, mentre per Natale, il dolce più diffuso è il buccellato. Per la festa di San Giuseppe si preparano le “sfince” e a Pasqua la tra-dizionale cassata siciliana. Ormai, però, come successe a me quella sera, entrando in un negozio di pasticceria siciliana, è facile trovare una vastissima varietà di prodotti tipici in ogni periodo dell’anno.

Effetto globalizzazionedi Giuseppe Ciresi

Negli ultimi tempi ho notato che alcuni negozi mi attraggono più di altri. Forse perché sono nuovi o perché mettono insieme colori e luci in modo tale da attirare chi li osserva. Ho notato pure, che quando entro in un centro commerciale, magari solo per curiosare e deciso a non comprare niente, alla fine, mi ritrovo sempre con un pacchetto fra le mani. Così, ritorno a casa con qualcosa che sicuramente non mi servirà. Allora mi chiedo: perché ho comprato qualcosa che non mi serve?Nella vita ho imparato che dietro ogni domanda c’è quasi sempre una risposta, soprattutto, se si decide di fare una ricerca in merito. Così, nel caso di acquisti nei centri commerciali, ho scoperto alcune cose interessanti.L’essere umano è attratto dalla bellezza, tutto quello che gli appare misterioso, in realtà attira la sua attenzione. Sono venuto a conoscenza, anche, di un’antica arte geometrica cinese: il Feng Shui. Questa serve per costruire, arredare, posizionare mobili, colori, piante, luci etc. Ho scoperto, inoltre, che questa tecnica è oggi usata in tutto il mondo non solo per arredare, ma, soprattutto, nel mondo degli affari. I colossi occidentali hanno studiato e copiato il piano di marketing orientale. Questo si basa su alcuni livelli. Stabilire, intanto, l’importanza del luogo dove sorgerà l’attivi-tà, in quanto la posizione deve favorire il flusso di energia del pianeta. Bisogna fare molta attenzione all’arredamento come, ad esempio, la posizione delle piante e degli arredi che devono trovarsi nel posto giusto. Inoltre, seguendo gli esperti del Fang Shui, la scelta dei colori risulta fondamentale perché essi agiscono direttamente sul nostro inconscio. Massima attenzione, infine, per l’effetto delle luci e la posizione della merce che vanno studiati secondo regole ben precise. Nei centri commerciali devi trovare tutto a portata di mano; banche, poste, abbigliamento, elettrodomestici, telefonia, bar, pizzerie, ristoranti, parco giochi per i bambini, parrucchiere, estetista,

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oculista, mobili, alimentari, pasticcerie. A proposito di pasticcerie, sono rimasto molto sorpreso nel vedere che nella zona della “Valtellina”, in un grande centro commerciale, ho trovato alcune specialità sici-liane, per non dire tutte.In un primo momento, mi son detto che nell’aspetto i dolci esposti erano uguali a quelli della mia Sicilia, ma dovevo assaggiarli per poter fare un reale confronto. A questo punto, per incoraggiarmi ho fatto delle ipotesi. Sicuramente il pasticcere doveva essere siciliano e i prodotti usati dovevano per forza provenire dal Sud, anche perché le varie specialità cassate, cannoli, cartocci, iris e altre, erano troppo perfetti. Così, entrando in una pasticceria del Nord, in realtà, mi sembrava di aver messo piede nella mia bella Sicilia.

La mia pasticceriadi Nicola Cinà

Nel lontano aprile del 1991 aprii una pasticceria. Questa scelta fu molto sofferta, ave-vo delle paure sulla mia capacità di gestire un’attività tutta mia; fino ad allora, infatti, avevo lavorato da semplice impiegato, dividendo le responsabilità con altre persone.Il giorno dell’inaugurazione preparai torte, dolci, gelati, rosticceria, pasticceria e tante altre cose… Il locale si cominciò a riempire di odori e colori ed io stesso mi meravigliai delle mie capacità. Amici, parenti, estranei, tutti gli invitati, entrando nel negozio, si stupirono delle tante cose che avevo fatto, rimanendo a bocca aperta. Tut-to andò bene. Il giorno dopo l’inaugurazione cominciò per me una nuova vita e man mano che i giorni passavano mi sentivo sempre più appagato dal mio lavoro. Tutti i clienti che venivano nel mio locale mi facevano i complimenti, non solo per il cibo, ma anche per i colori delle vetrine e per i buoni odori che si percepivano nell’aria.

DALL’IMMAGINE ALLA PAROLAPizza servita da Cupidodi Andrea Fantaci

Una sera Paolo, un giovane ragazzo, essendo in ferie dal lavoro decise di andare a cenare in una pizzeria in compagnia della sua ragazza Laura. Appena giunsero nel locale, presero subito posto. Dando un’occhiata veloce al menù, ordinarono le loro pizze preferite. Paolo, una pizza alla diavola e Laura, una romana con wurstel. Per antipasto si fecero servire delle patatine fritte e dopo averle mangiate, il cameriere portò subito in tavola, anche, le pizze fumanti. Era un piacere sentire il profumo delle pizze appena sfornate, per non parlare del sapore inebriante del primo boccone. Era una vera e propria favola per entrambi e sopratutto per Paolo, il gusto del salame piccante della sua diavola. Più il tempo trascorreva, più cresceva il piacere nel gustare quelle fantastiche pizze e si facevano più intensi anche i loro sguardi di innamorati.

Si scambiavano carezze e così la cena proseguiva con tutta calma. Stavano entrambi vivendo un momento intenso e felice, fatto di sguardi e carezze, scoprivano di essere sempre più innamorati l’uno dell’altra.Alla fine della cena Paolo, sentendosi incoraggiato dai sorrisi sempre più innamorati di Laura, decise di farle una proposta importantissima. “Cara”, disse: “sei stupenda! E questa sera ho capito che fra noi sta succedendo qualcosa di magico, vita mia! Ormai stiamo insieme da tanto tempo e, ne sono sicuro, possiamo stare insieme per tutta la vita… vuoi sposarmi?”. Laura, felicemente sorpresa e innamorata, rispose subito: “Gioia mia! Ho sempre desiderato questo momento e poi questa serata… sì, amore mio! Sì… sei un uomo speciale, sarà stupendo vivere con te per tutta la vita, ho sem-pre saputo che prima o poi sarebbe successo, ti amo.”

La festa dei mortidi Filippo Di Leonardo

Guardando l’immagine della frutta di martorana, riaffiorano in me ricordi di quando ero bambino e della festa dei Morti. Quello era un giorno molto importante per noi perché finalmente arrivavano i tanto attesi doni. Allora, infatti, nella maggior parte delle famiglie non si usava scambiarsi regali né per il Natale, né per i compleanni. Le famiglie erano molto numerose e le occasioni per accontentare i piccoli di casa erano veramente rare. A Palermo, però, si usava, e si usa ancora, regalare un dono per la festa dei Morti ai bambini. Il regalo veniva fatto trovare a casa la mattina del due novembre al risveglio e ci raccontavano che a portarli erano stati i familiari defunti. La tradizione, infatti, vuole che in quella notte i defunti ritornino tra i vivi lasciando, durante il loro passaggio, un dono ai bambini e un “cannistro” colmo di dolcetti; tetù, ossa di morti, frutta di martorana e i pupi di zucchero. Questa usanza, imparai da grande, è il retaggio di una tradizione antichissima pre-cristiana che serviva a in-graziare le anime dei defunti, un’offerta e una richiesta di benevolenza. Era un modo per sentire più vicini e sempre presenti i propri cari scomparsi, sdrammatizzando ed esorcizzando così la morte. All’epoca, però, noi bambini eravamo molto più ingenui, credevamo alla storia dei Morti e i regali spesso venivano riciclati oppure si trattava di cose utili. Io, spesso, ricevevo maglie di lana, pantofole e pigiamini. Oggi rispettare la tradizione dei doni dei Morti è difficile, i bambini sono davvero esigenti. Essi non possono più credere realmente che siano i defunti a consegnare i regali. I negozi sono pieni di caramelle e giocattoli e, tutt’al più, possono immaginare che le anime dei morti vaghino con delle carte di credito in mano… così i bambini assai più furbi degli adulti fingono soltanto di credere alla storia dei Morti.

Non importa che pesce siadi Nicola Cinà

Il pesce è uno dei miei cibi preferiti. Entrando in una pescheria è bello poter guarda-re tutti quei pesci esposti sul banco, così diversi tra loro. A me i pesci sono sem-

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pre piaciuti, ma ancora di più ho cominciato ad apprezzarli, quando ho iniziato a praticare la pesca subacquea. Mi ricordo, quando, alle sei del mattino ero già pronto per tuffarmi in acqua. Mentre ero in immersione potevo scoprire ed entrare nel loro mondo. Non mi interessava così tanto prendere i pesci, ma, piuttosto, ammirare la loro bellezza, mi rilassavo nel vedere tutti quei pesci intorno a me. Stare tra loro era bello, erano colorati, di diversa dimensione e con tantissime sfumature. Mi appariva-no come un arcobaleno dove ciascun pesce aveva la sua posizione proprio come ogni colore nel suo arcobaleno. Mi appagava osservare il loro movimento. A volte ricordo che andavo a pescare anche con la canna da pesca e, spesso, dovevo stare ore e ore ad aspettare prima che un pesce, anche piccolo, abboccasse all’amo.Anche cucinare il pesce è una cosa meravigliosa, a me piace così tanto farlo. Per esempio, preparare il tonno, il risotto ai frutti di mare, il pesce arrosto e i gamberetti. Dicono che il pesce fa molto bene alla salute, ma sicuramente è anche buonissimo da mangiare.Non importa di che pesce si tratti, piccolo o grosso, pescato o comprato, rimane sempre buonissimo, sia sul piatto, che in acqua.

La “vucciuria “il mercato più bello che ci siadi Salvo Campanella

La Vucciria è il mercato più bello di Palermo, colmo di gente e di commercianti che mettono in bellavista le loro mercanzie. È un mercato molto allegro, pieno di gente che urla, la confusione regna incontrastata e la gente si ammassa nel poco spazio che resta nelle stradine colme di bancarelle. In questo mercato si trova tutto, anche i prez-zi sono molto convenienti, anche se qualche fruttivendolo continua a fare il furbetto con il trucco del peso.Da quando vivo la mia seconda vita, non sono più tornato in questo mercato, ormai, mi raccontano, completamente diverso. Quando, però, da bipede ci andavo con mia moglie a fare la spesa, ricordo i fortissimi odori che riempivano il mio naso e la mia testa. Odori gradevoli come quelli del pesce e dei frutti di mare davanti ai pesciven-doli, della frutta e dei formaggi, oppure sgradevoli come quelli dei cassonetti della spazzatura riscaldati dal sole che ti facevano venire il vomito. Si passava dal gradevole allo sgradevole, la legge degli opposti regnava in questo mercato, così come l’onestà e la disonestà, la ricchezza e la povertà delle persone che vi abitavano e che vi lavorava-no.Oggi non avrei il coraggio di recarmi in questo mercato con la carrozzina, sarebbe impossibile fare la spesa, ma non è un rimpianto, per ora preferisco accontentarmi dei freschi e ben radicati ricordi della mia mente. Tra tutti questi ci sono non solo gli odori, ma anche le “abbanniate” dei venditori. Alcune erano molto belle, simili a canzoni colme di rime, altre classici elenchi dei prodotti esposti. Tra tutte la più bella era quella dello “sfincionello” palermitano: “Chi ciavuru…”. Un altro dei ricordi e de-gli odori impressi nella mia mente è il profumo delle “panelle” appena fritte nell’olio nero dei venditori ambulanti e come dimenticare, infine, l’odore della milza messa in

mezzo alla focaccia “schietta o maritata”. La Vucciuria, il mercato più bello che ci sia .

Gli ortaggi di Vincenzo Dominici

Sulla strada statale tra Trabia e Ventimiglia possiedo un piccolo appezzamento di ter-reno. Lì si trova tutto il mio mondo, tra gli alberi d’ulivo e la tranquillità. Ci trascor-ro il mio tempo libero in compagnia dei miei cari e degli amici più stretti. Avere un pezzo di terra tutto mio era un desiderio che custodivo fin da bambino, così quando ho avuto la possibilità di farlo, ne ho comprato uno. Il terreno era incolto e abbandonato perciò mi sono armato di buona volontà e forza di braccia per render-lo fertile. Ho riservato una parte del terreno per piantarvi alberi da frutta: limoni, ciliegie, cedri, arance e pesche. Però, la mia passione è l’orto nel quale ho piantato pomodori, zucche rosse, carote, melanzane, peperoni, fagiolini, cetrioli… In fondo, la terra è tutto per l’uomo, ci dona quello di cui abbiamo bisogno nutren-doci con i suoi frutti. A volte penso che se questi ortaggi potessero parlare tra loro chissà cosa direbbero di noi umani. Nel ciclo perfetto della natura da un piccolo seme nasce una piccola pianta che giorno dopo giorno, grazie a un po’ d’acqua, cresce e fa i fiori che poi si trasformeranno in frutti. Ogni ortaggio ha, quindi, la sua funzione, la sua particolarità e il suo gusto ed è la loro unione a rendere il cibo gustoso. Per esempio, da una buona insalata di lattuga con aggiunta di carote, sedano, pomodori nasce un piatto estivo buonissimo e, soprattutto, sano. I peperoni rossi, gialli e verdi con l’aggiunta di cipolle e pomodorini rossi passati possono essere, saltati in padella, un contorno perfetto per i nostri piatti. È davvero una bella sensazione vedere gli or-taggi, arricchiti di aromi vari, rendere i nostri piatti belli alla vista e buoni nel gusto.

IL VIAGGIONostalgia palermitanadi Andrea Fantaci

Era l’anno 1999 ed io, con my twin brother, partimmo per una breve vacanza estiva in Inghilterra, nel paese di Bath, a nice country near London. Un piccolo e grazioso paese dove la maggior parte degli abitanti era molto schiva e taciturna. Era piacevole stare tra noi studenti, il college era una bellissima residenza. Mi piaceva svegliarmi la mattina sapendo che la giornata sarebbe stata all’insegna di numerosi giochi, tra cui gavettoni estivi seguiti da abbondanti mangiate ad ora di pranzo. Ed era proprio du-rante i pasti che mi capitava di provare nostalgia palermitana. Mi mancavano sopra-tutto i pranzi che mi preparava la mia carissima nonna Angela e le speciali “arrostute” che faceva mio padre, che era veramente un famosissimo e superconosciuto big size. Malgrado la nostalgia del cibo palermitano era, comunque, stupendo ed emozionan-

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te stare in compagnia di tutti i ragazzi e le ragazzi ospiti del college, andare insieme in giro per il paese. Era magnifico trascorrere quelle giornate, non solo insieme ai miei coetanei, ma anche con gli animatori, con i quali instaurai un bellissimo rapporto. Era interessante poter uscire, visitare la città, in particolare mi ricordo quel giorno in cui conobbi una simpaticissima ragazza, Nancy. Feci subito amicizia con lei e suc-cessivamente ci fu un rapporto più stretto tra noi, insomma ci mettemmo insieme. Anche se devo confessare che mi davo da fare, anche dentro il College, con un’altra ragazza, Manuela. Però solo quando uscivo con Nancy imparavo davvero la lingua inglese. Quando tornai a casa, finita l’esperienza estera, pur sentendomi molto triste perché sapevo di aver vissuto qualcosa di importante con Nancy, ero felice di riabbracciare i miei genitori, mio fratello e anche il mio cane, detto “maiale” perché grugnisce e ulula quando vede passare un’ambulanza in autostrada.

In viaggio con Margheritadi Giuseppe Ciresi La mia mamma mi ha sempre raccontato che il mio primo viaggio lo feci che avevo appena nove giorni. In quel lontano 1966, infatti, molti siciliani partivano per il Nord in cerca di lavoro e la mia famiglia non fece eccezione. Dopo quel primo viaggio ne seguirono tanti altri, pare che mio padre, non sopportasse il clima rigido del Piemon-te. Così durante gli inverni duri si tornava in Sicilia, per poi risalire in primavera, fin-ché un bel giorno decidemmo di rimanere definitivamente nella nostra amata Isola. Anche da adulto ho continuato a viaggiare su e giù per l’Italia, prima per il servizio militare nella marina e poi, dopo sposato, in trasferta come carpentiere. In certe occasioni sono stato anche all’estero, in Francia nel 1992, in Germania nel 1993 dopo la caduta del muro di Berlino e a Londra nel 2000, ma solo per tre giorni. Posso dire, quindi che nella mia vita ho quasi sempre viaggiato, ma il viaggio più bello è stato quello che feci nell’estate del 2006. Ricordo vivevo in una casa in affitto a Campo Vico, in provincia di Sondrio. In quel periodo, lavoravo nel centro di Milano, esattamente in piazza Vetra. Stavamo smantellando un vecchio teatro per costruire una struttura adatta a una sfilata di moda di Antonella Versace. Quell’estate la mia famiglia, visto che avevo una casa tutta mia, mi venne a trovare e dopo la chiusura del cantiere decidemmo di tornare tutti insieme con la macchina in Sicilia, da Campo Vico fino a Termini Imerese. Qualche giorno prima della partenza feci controllare olio, freni, gomme e liquido del radiatore. Così l’undici agosto nel pomeriggio caricammo l’auto con i nostri bagagli e verso le diciotto partimmo. Io ero alla guida. Dopo aver superato Milano, proseguimmo per Bologna, Firenze. Le strade non erano affollate, si scorreva bene. A un tratto, mentre l’asfalto scivolava sotto le ruote, da lontano vidi una vettura rossa, era una Ferrari che viaggiava sui 120 kilometri orari. Guardai mia moglie, i miei tre figli e dissi: “Guardate come supero una Ferrari…”, e i ragazzi dietro mi incitarono: “Dai, forza papà!”. Incoraggiato, diedi dentro con l’acceleratore. Il conducente della Ferrari stava parlando tranquillamente al telefono e io ne approfittai e mi tolsi lo sfizio di superare quel bolide. Dopo una

ventina di minuti, però, sentii provenire da dietro un rumore strano, come il suono di uno sciame di api inferocite e, qualche secondo dopo, percepii uno spostamento d’aria. Era la Ferrari che sorpassava la mia Seat Cordoba 1600, sedici valvole. Tutti noi in macchina ci guardammo e ci mettemmo a ridere.Superata Firenze, ci fermammo in un autogrill per cenare. Entrando ricordo che mio figlio Manolo, che allora aveva sei anni, voleva ogni cosa che vedeva nel reparto giocattoli. Alla fine, lo calmai dicendogli che gli avrei comprato un “happy meal”, con il regalo. Dopo la cena e la visita in bagno, feci il pieno e ripartimmo. Durante il tragitto dissi a mia moglie di riposarsi un po’, così, dopo, sarebbe stata in grado di darmi il cambio alla guida della macchina, ma lei non mi diede retta. Passammo Roma, Napoli, Salerno, Cosenza, mi fermai di nuovo in un autogrill per fare il pieno, lavarmi il viso e prendere un caffè. Continuai per altri 150 km, poi mi fermai perché ero davvero stanco. Allora chiesi a mia moglie di guidare. Dopo il cambio alla guida, chiusi gli occhi per riposare, ma dopo due ore mi svegliai di soprassalto. Mia moglie stava cantando la canzone “Margherita” di Cocciante a squarcia gola. La guardai stupito e anche lei guardandomi continuò a cantare più forte. Capii che non ce la fa-ceva più, era stanca e con gli occhi gonfi e allora dissi: “Margherita… appena trovi un parcheggio fermati!”. Ci accostammo negli appositi spazi lungo l’autostrada e, spento il motore, ci mettemmo a dormire. All’alba mi svegliai, guardai l’orologio, erano le sei. Chiamai mia moglie per fare cambio di posto, accesi la macchina e ripartii. Quella fu l’unica volta che non ebbi premura di arrivare a casa, anche perché la mia famiglia era tutta con me.

Il mio viaggiodi Misbha Uodion

Ho organizzato il mio viaggio in Italia da solo partendo dal Bangladesh, in parte aggregandomi a gruppi organizzati e in parte anche da solo e perfino a piedi. In tutto ho speso circa 3.000 euro e ho impiegato circa cinque mesi attraversando India, Pakistan, Iran e Grecia. Gli unici mezzi che ho usato sono stati la macchina, il treno e i miei piedi. Giunto in Grecia mi sono imbarcato clandestinamente in un container con altre venti persone. Sbarcando in una località del Lazio ho raggiunto Roma e, in treno, sono arrivato a Palermo. Qui sono stato ospitato per circa un mese da un lontano cugino che poi mi ha accompagnato presso l’ufficio nomadi-immigrati af-finché potessi ricevere maggiore aiuto. In seguito sono stato inserito nella Comunità alloggio dove vivo ancora oggi.

Un viaggio che non ho fattodi Nicola Cinà

Un viaggio che avrebbe potuto cambiare la mia vita doveva essere nel mese di agosto di due anni fa. Volevo andare alle Isole Mauritius per vedere di aprire una gelateria su consiglio della mia compagna, originaria del posto, che mi aveva detto che lì non c’erano gelaterie artigianali. Invece, il destino ha voluto che quattro mesi prima rima-

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nessi vittima di un grave incidente stradale. Così la mia vita è pur sempre cambiata, ma in modo decisamente diverso… A causa dell’incidente stradale non sono più partito per le Isole Mauritius, né per lavoro, né per una semplice vacanza. Tuttavia, non ho perso la speranza che, al più presto, ci possa andare per una semplice vacanza o, chissà, magari per un ipotetico progetto di lavoro.

Il mio viaggiodi Mousa Demble

Sono partito dal Mali nel settembre del 2009 e dalla mia città, che si trova al centro del Mali, dovevo raggiungere il confine con l’Algeria. Ho attraversato il deserto con un piccolo furgone tutto aperto e sotto il sole cocente. Un viaggio lungo, infatti, a causa del forte caldo si é bucata una ruota e perciò siamo rimasti più giorni di quello che ci aspettavamo, in tutto sei giorni, senza avere riserve alimentari, previste solo per due giorni. Quei giorni nel deserto sono stati orribili, tanta gente soffriva per il forte caldo, la sete e la fame. Anch’io soffrivo molto e ho pensato di non farcela, per-ché nella mia vita non avevo mai sofferto così. Dopo questi sei lunghi giorni siamo riusciti a raggiungere il primo villaggio dell’Algeria che si chiama “Borj”. Qui abbiamo incontrato altri nostri connazionali che ci hanno dato un piccolo aiuto, acqua e cibo. Quando sono arrivato in questo villaggio non avevo più denaro in quanto ero stato costretto a consegnarlo alla dogana tra il Mali e l’Algeria. Perciò mi sono fermato a “Borj” per circa un mese per racimolare dei soldi che mi permettessero di proseguire il mio viaggio, ma non è stato facile, non c’era lavoro e, quel  poco che c’era, era molto sotto pagato. Piano piano ho raccolto quel gruzzolo che mi ha permesso di andare avanti. In quel momento, il mio obiettivo era quello di arrivare in Libia. Quindi, attraversai tutta l’Algeria fino ad arrivare in un villaggio confinante con la Libia viag-giando legalmente poiché il mio passaporto era valido. Da questo villaggio, però, fino ad arrivare al primo villaggio in Libia ho dovuto viaggiare clandestinamente, facendo quattordici chilometri a piedi per sfuggire ai controlli doganali. Grazie a Dio arrivai in Libia alla fine di ottobre del 2009, felice di aver raggiunto il mio obiettivo, in quan-to credevo che in Libia avrei trovato lavoro e sistemazione. Invece, non è stato così; sono rimasto in quel villaggio per circa un mese senza trovare nessun tipo di lavoro e così ho deciso di spostarmi in un’altra città della Libia. Lì, dopo circa una settimana, ho trovato un lavoro in cui facevo le pulizie, ma il datore non era una brava persona, non mi pagava e, quindi, fui  costretto a cercarmi un altro impiego. Grazie a un si-gnore conosciuto ho iniziato a lavorare per lui come muratore per circa un anno. Ho imparato questo mestiere grazie a lui perciò poi ho cominciato a farlo in proprio. Da quel momento ho cominciato a sperare di nuovo, le cose andavano bene. Nel marzo del 2011, però, in Libia è scoppiata la guerra civile per me e per tutti gli altri conna-zionali, le cose si sono messe male. Tutto si è fermato, tanti hanno scelto di ritornare in Mali, ma io ho scelto di rimanere sperando che le cose si aggiustassero, invece non fu è stato così. Nel giugno del 2011, a un certo punto, non potevo né tornare indietro in Mali, né rimanere in Libia, perché mi avrebbero ucciso. L’unica scelta possibile che avevo era quella di scappare prendendo il gommone e raggiungere l’Italia. Era il

venti giugno del 2011, siamo stati due giorni sul gommone senza bere e mangiare. Dopo due giorni di difficoltà e pericolo siamo arrivati a Lampedusa e sono stato lì circa venti giorni. Poi la polizia mi ha portato qui a Termini Imerese in casa famiglia, adesso vivo qui e mi trovo bene.

Il mio viaggiodi Rahman Mamunur

Ho lasciato il Bangladesh nell’agosto del 2013 e ho attraversato India, Pakistan, Iran e Grecia. Ho viaggiato prevalentemente con una jeep. Arrivato in Grecia, ho raggiunto con un barcone l’Italia dove sono sbarcato clandestinamente in un porto vicino al co-mune di Palma Campana. Sono rimasto lì ospite di connazionali per circa due mesi. Non potevo lavorare in quanto ero minorenne e senza documenti e perciò mi hanno consigliato di raggiungere Palermo.Una volta giunto a Palermo sono stato trasferito in questa Comunità, dove abito ancora oggi insieme ad altri ragazzi bengalesi.

Il mio nuovo viaggiodi Salvo Campanella

Il mio viaggio è iniziato esattamente il due luglio di due anni fa. La mia vita da allora è cambiata e guardando il bicchiere mezzo pieno, oggi, con consapevolezza, posso dire che in realtà mi sono arricchito. Ho perso l’uso delle gambe, ma ho imparato a fare quasi tutto con le braccia. Ho imparato, proprio come un bambino, a soddisfare i bisogni più elementari e ancora oggi provo delle sensazioni incomprensibili che non avevo mai provato prima. Dal punto di vista familiare sto finalmente assistendo alla crescita fisica e mentale dei miei due figli, un’esperienza meravigliosa che, nella mia cosiddetta prima vita, mi ero perso; giorno e notte sono sempre insieme alle tre persone più importanti della mia vita.Tutto questo mi appaga tantissimo, anche se devo confessare che trovare un equili-brio familiare non è stato facile. Questo lungo viaggio iniziato due anni fa mi ha an-che fatto conoscere tante persone insuperabili e grazie a loro ho imparato tantissime cose. Oggi posso dire a tutti quelli che prendono l’ascensore e le scale mobili di usare le gambe e la testa…Una cosa che non mi sono mai fatto mancare è lo sport, anzi, ora lo pratico un po’meno per dedicarmi di più alla famiglia. Correvo con le gambe ed ora “volo” con le braccia e vi assicuro che vado più veloce oggi che prima. Grazie allo sport e ai suoi sani valori ho tenuto duro fissandomi degli obiettivi raggiungibili. Affronto la vita come un maratoneta che corre i suoi quarantadue chilometri e centonovantacinque metri della sua corsa. In questo viaggio ho avuto la fortuna di avere accanto una don-

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na straordinaria che dapprima è stata colpita in pieno dal mio infortunio, ma subito, ha saputo reagire, dandomi sempre la forza necessaria. Mi è rimasta sempre accanto nella buona e nella cattiva sorte e oggi so perché si dice che dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna.Devo dire grazie ai miei fratelli maratoneti anche loro, mi sono sempre stati accanto e insieme a tantissimi altri amici si sono presentati in ospedale per darmi forza incitan-domi a continuare a correre con loro.Grazie anche a tutti voi compagni di avventura di questo corso, perché da voi sto ap-prendendo tante cose che prima ignoravo e, dulcis in fundo, vi dico fatemi gli auguri, oggi è il due luglio del 2014 e compio due anni dall’inizio del mio nuovo viaggio.

Il mio viaggio di nozzedi Vincenzo Dominici

Scegliere una località nella quale trascorrere dei giorni in piena libertà e vacanza assoluta a volte non è facile. Nella mia vita ho viaggiato un po’, soprattutto per lavoro, conosco alcuni stati europei, in particolare, la Germania. Quando nel mese di giugno del 2011 mi dovevo sposare, dovevo anche decidere, insieme alla mia futura moglie, dove andare in viaggio di nozze e non è stata cosa facile. Non volevamo scegliere una destinazione tradizionale, entrambi avevamo viaggiato abbastanza, perciò cercava-mo un posto nuovo e tranquillo. Dopo i vari preparativi matrimoniali su una cosa eravamo d’accordo, la meta del viaggio di nozze doveva essere una località in Europa e naturalistica. Tra le varie ipotesi di viaggio vagliate, alla fine la nostra scelta cadde su una regione poco frequentata del nord Europa, dove in inverno la temperatura tocca i trenta gradi sotto zero. Saremmo andati in Norvegia, la terra dei Vichinghi. Optammo per un viaggio in pullman che ci permettesse di ammirare la diversità dei paesaggi norvegesi e la bellezza dei suoi famosi fiordi. Questo è stato sicuramente il viaggio più interessante che abbia mai fatto fino a oggi. Sono rimasto colpito dalla bellezza delle città norvegesi così pulite, ordinate, civili, immerse nel verde e piene di fiori che adornavano le case. Però, la particolarità di questo Paese sono senz’altro i fiordi che si attraversano a bordo di battelli. Questa esperienza è davvero uno spettacolo della natura. I fiordi, infatti, si estendono per un lungo tratto della costa norvegese, circondata da montagne più o meno alte, dalle quali scendono fiumi di acqua purissima. Non dimenticherò mai questa immagine di una natura ancora incontaminata. Ricordo, ancora il colore verde smeraldo delle casette in legno costruite sui bordi dei fiumi. Questo paesaggio, unico al mondo, mi ha trasmesso tanta serenità e pace. Ci sarebbe ancora tantissimo da raccontare sulla Norvegia, un paese tutto da scoprire, ma un’altra meraviglia di cui voglio raccontare è del famoso sole di Mezzanotte. Tra metà del mese di giugno e quello di agosto, infatti, il sole non tramonta mai. Così in albergo per poter riposare qualche ora dovevamo chiudere le imposte con pesanti drappi. Consiglio a tutti voi un viaggio in questa terra ricca di fascino e mistero.

LE IMPRESSIONI

Andrea FantaciOgni mercoledì, io e Davide, lo psicologo che mi segue, andiamo nel paese di Trabia per frequentare il laboratorio proposto dall’INAIL, un corso di cucina/narrazione. Appena arrivati ci salutiamo con tutti i partecipanti e dopo un poco di tempo comin-ciamo a lavorare su ciò che mangeremo per pranzo. Per esempio, io l’altra volta ho sbattuto le uova ed ho tagliato i pomodori, tutto questo insieme alla piacevole com-pagnia di tutti i partecipanti, ma, soprattutto, del fantastico e super simpatico Filippo. Un tipo lì incontrato che sento potrebbe diventare per me un grande e fedele amico. Devo dirlo, sono rimasto colpito dalla simpatia di tutti i partecipanti, ma, soprattutto, da quella di Filippo, un tipo che ti sa veramente ascoltare e capire, in una sola parola unico. E che dire poi dell’ambiente meraviglioso che ci ha ospitato, frequentato da gente speciale, che avuto, seppur in maniera diversa, problemi simili ai miei. Mi fa piacere sapere che nonostante le nostre difficoltà non ci siamo arresi e grazie alla nostra simpatia, vivendo questa esperienza in modo felice e piacevole, ci siamo fatti forza e ci siamo aiutati. Raccontandoci e condividendo le nostre esperienze io non mi sono sentito più solo, ma compreso e ho capito che la vita è davvero importante e che ci si può dare forza in tutte le situazioni. Mi sono reso conto che nella vita è importante imparare a fare qualcosa di utile per sé e per gli altri. È stato davvero mol-to significativo conoscere persone che come me hanno avuto un problema, ma che continuano a vivere con quel sorriso che permette loro, pur nelle difficoltà, di poter vivere con speranza e gioia la vita che Dio ci ha donato.

Antonio TomaselloIl mio viaggio ancora non è finito, le cose che mi sono rimaste nel cuore sono tante, belle e brutte, ma nella vita ho imparato che per stare bene si deve anche soffrire: se non conosci il bisogno non conoscerai mai la vita. Vi posso dire che oggi ho tante cose in più nell’animo, aver conosciuto questa realtà mi dà la forza di camminare per una vita migliore.Ringrazio voi tutti: Rita, Nicola, Giuseppe, Franco, Vincenzo, Stefanì, Salvo e zio Filippo, Rahmal, Misbha, Moussa, Sebastiano, Andrea, Davide e Delia.Dimenticavo di dirvi, ho capito che il tempo è la cosa più preziosa che c’è, ma se non lo si vive con pace e umiltà diventa insopportabile, Grazie a voi tutti.

Franco AmmirataUn giorno mi recai alla sede dell’’INAIL per risolvere un mio problema e in quell’oc-casione la dottoressa De Luca mi propose di partecipare a un corso di cucina/scrittura che si sarebbe tenuto in una Comunità terapeutica a Trabia. Accettai, ma non ero affatto convinto, mi sembrava solo una perdita di tempo. Giunto il giorno in cui iniziava il corso, lungo la strada, mi chiedevo perché ci stessi andando, visto che la cosa non mi entusiasmava. Arrivato sul posto, vedendo il luogo e le persone, ho subito cambiato idea. Tutto quello che mi circondava mi dava fiducia. Le persone

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della Comunità erano gentilissime nei nostri confronti, mettendoci subito a nostro agio, alla fine della giornata ero contento di essermi deciso a partecipare. Infatti, an-che se il primo giorno c’era stato qualche contrattempo, era andato tutto bene e nello stesso tempo parlando fra noi, raccontandoci le nostre storie, avevamo cominciato a conoscerci. Ora aspetto con piacere che venga il mercoledì per continuare questa esperienza, con i miei compagni che sono delle persone simpaticissime. Tra loro ho conosciuto: uno chef molto professionale, uno sportivo che ti propone di fare tutti gli sport, un ragazzo con il chiodo fisso della salsiccia cucinata alla griglia e un altro ragazzo che l’accompagna anche lui molto socievole. Ho conosciuto Nicola, il pasticcere, che ci delizia con le sue torte e sua moglie Stephanie, che lo accompagna. Lei ci dà, anche, una grossa mano a preparare in cucina e, di tanto in tanto, mentre meno ce lo aspet-tiamo, scatta delle foto. Poi ancora ci sono: Giuseppe al quale piace tanto scrivere e che ci ipnotizza con le sue letture, Luca un simpaticone che aiuta lo chef e che fa del buon caffè, Antonio che prepara tutto quello che serve in cucina e due ragazzi del Bangladesh che cercano di dare il massimo insieme ad altri ragazzi della Comunità che collaborano. Infine, un’altra componente molto importante di questo corso è Delia, una scrittrice che cerca di tirare fuori da ognuno di noi qualcosa d’interessante da usare per quello che dovremo pubblicare dopo il corso.Sono contento di far parte di questo gruppo e spero ci siano altre occasioni per ritro-varci ancora tutti insieme. Giuseppe CiresiHo sempre saputo che le Olimpiadi uniscono tutti i popoli della terra, anche le nazio-ni che sono in conflitto tra loro, nel periodo dei giochi cessano ogni ostilità per dare sfogo alla competizione agonistica.Un’altra cosa che unisce i cittadini del mondo è la buona musica e di recente ho costatato che anche l’arte della cucina mette d’accordo buona parte delle persone. Adesso che ci penso, noi viaggiatori e ospiti di questo meraviglioso pianeta blu do-vremmo cercare e trovare tutte le cose che ci uniscono come le Olimpiadi, la musica, l’arte, la moda, la cucina. Sensazioni, emozioni e, perfino, il sangue che scorre nelle nostre vene è dello stesso colore, basterebbe capire questo per cambiare in meglio la nostra vita. Qualche tempo fa ho visto un film americano ambientato nel mondo sportivo. La vicenda si svolgeva all’interno di un college durante il periodo razzista in America. I protagonisti erano una squadra di basket e il suo allenatore di colore. Il rettore del college, volendo quell’anno vincere a tutti i costi il campionato, decise di dare carta bianca al coach. Questo, per rendere la squadra più competitiva, fece dei provini di selezione a dei ragazzi di colore. I migliori li inserì nella squadra ufficiale, fino ad allora composta solo da giocatori bianchi. Le polemiche e le difficoltà non mancaro-no, il malumore all’interno della squadra si fece sentire sempre più forte, le minacce per il coach diventarono continue. Per superare i pregiudizi, il coach decise di fare un esperimento nel tentativo di instaurare fiducia e rispetto tra i giocatori. Così, durante il ritiro fece in modo che nelle stanze doppie del dormitorio stessero insieme un ragazzo di colore e un ragazzo bianco. Inoltre, li spinse, nel silenzio della stanza,

a raccontarsi le loro storie. All’inizio le cose sembravano peggiorare, ma poi, pian piano, i giocatori di colore e quelli bianchi diventarono amici al punto che se qualcu-no al di fuori della squadra insultava un compagno di colore l’altro lo difendeva con tutto se stesso. La squadra diventò imbattibile e vinse il campionato. Ho voluto raccontare questa breve storia perché l’altro giorno durante il laborato-rio di narrazione un ragazzo del Mali, Moussa, che noi simpaticamente chiamiamo “Balotelli”, ci ha raccontato la sua storia. Io mi sono emozionato e mentre lui parlava di ciò che gli era successo, ho visto nei suoi occhi tutte le difficoltà e ingiustizie che ha dovuto affrontare per venire in Italia. Ammiro il suo coraggio e la sua forza di andare avanti e quasi come nel film di cui vi ho parlato, mi sono ricordato che anch’io ho lavorato all’estero e, in certe occasioni, mi sono sentito un pesce fuor d’acqua. Grazie a “Balotelli” ho capito che ciascuno di noi prima di farsi un pregiudizio verso un altro uomo dovrebbe ascoltare la sua storia.In questi dieci incontri di laboratorio non ho apprezzato solo l’arte del cibo, ma ogni singolo compagno di questa avventura. Il mio pensiero va a Gianluca, che con la sua determinazione, sta ottenendo una vittoria su l’altra: bravo! Continua così! Poi va ad Antonio, che con tutto se stesso cerca di fare le cose precise così come gli operatori gli chiedono di fare e che sostiene che una volta fuori dovrà fare le cose per bene: bravo Antonio! Io ti ammiro. Ammiro anche gli altri ragazzi della Comunità, sono sicuro che stanno facendo del loro meglio: sarà dura ragazzi, ma voi ce la farete! Questo dovrà essere il vostro motto e anche il mio augurio. Infine, il mio pensiero va anche a tutti noi incidentati dell’INAIL e voglio ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questo progetto d’incontro, grazie a loro, oggi, ho conosciuto delle persone vere. Uno dei benefici che ho avuto da questa esperienza sta nel fatto che, dopo otto lunghi anni, ho ricominciato a cucinare ed ho fatto perfino una torta assieme a mia moglie. Quindi, un grazie va a Filippo, il nostro maestro chef e a Nicola, maestro pasticcere. Ringrazio anche Delia, che con le sue dritte mi ha fatto rispolverare dei ricordi fantastici. Credo che questo laboratorio di cucina/narrazione può diventare uno dei programmi più efficienti ed eccellenti che ci sono in circolazione. La sua forza sta nella creatività della cucina e nel modo naturale, senza imbarazzo, con cui abbiamo raccontato le nostre storie. Così il muro dei pregiudizi è crollato e ci siamo accorti che non c’è differenza fra noi: tutti stiamo cercando di sopravvivere. Ogni giorno ognuno di noi deve fare i conti con le proprie barriere personali, ma la buona notizia sta nel capire che queste barriere sono fatte soprattutto di pensieri e che questi si possono modificare qui ed ora. Come dice Louise Hay “il punto di potere è nel momento presente”. Ora possiamo modificare la nostra vita, ora possiamo scegliere il meglio: il passato non può essere modificato, ma il presente sì. Finisco questa breve riflessione dicendo ancora grazie a tutti voi per quello che mi avete dato.

Nicola CinàQuesta nuova opportunità che mi ha dato l’INAIL, inserendomi come docente in questo progetto mi ha permesso, pur essendo una persona diversamente abile, di rimettermi in gioco. Ho potuto insegnare il mio mestiere di pasticcere, interrotto a causa del grave incidente, e di trasmettere, soprattutto, la mia passione a tutti i par-tecipanti. Una sfida importante che mi ha fatto capire che mettendo grande impegno

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posso continuare a coltivare le mie passioni. Voglio, intanto, sottolineare che tutti noi partecipanti ci siamo molto affiatati fin dal primo giorno. Stare insieme, scambiarci le nostre esperienze, belle e brutte ci ha fatto molto bene. Uno di noi, durante il laboratorio, ha donato alla Comunità un quadro fatto da suo figlio. L’immagine del quadro, un angelo che abbraccia delle persone, mi ha molto colpito, mi è sembrata come una mano che ci guidava verso la luce.Questa esperienza penso sia l’inizio di un cammino di speranza verso una nuova vita per tutti noi e mi auguro tanto di poter continuare quest’avventura, insegnando la mia passione e conoscendo altre persone. È stato importante confrontarsi perché ha trasmesso una grande forza a tutti noi e la convinzione di potere cambiare e di potercela fare.

Salvo Campanella Più che impressioni sul corso, dico espressioni di volti, confronto con persone che hanno subito un drastico cambiamento del loro “normale” percorso di vita.Ognuno di voi, compagni di corso, mi ha insegnato e trasmesso qualcosa di positivo. Penso e mi riferisco sia alle “caramelle“ di Gianluca, che al passato di Antonio che ora apprezza la libertà ed è completamente un’altra persona buona come il pane e anche ai ragazzi extracomunitari dei quali non ricordo i difficili nomi.Ascoltare i racconti del loro viaggio per arrivare fin da noi, partendo senza sapere cosa li attendesse, ancora adesso mi fa venire la pelle d’oca. Guardare i loro occhi mentre raccontavano il loro viaggio mi ha trasmesso paura, stupore, incredulità, ma anche tanto coraggio. Grazie alle loro dolorose storie, ora apprezzo cose che sembra-no banali, come bere un bicchiere d’acqua o mangiare un piatto di pasta. Dal nostro pasticciere Nicola ho imparato a fare qualche dolce, in lui mi ha colpito la dolcezza d’animo e di carattere. Filippo, il nostro cuoco, mi ha insegnato l’amore nei confronti del proprio lavoro e questo si vede da come prepara i suoi piatti.Da Francesco e Vincenzo, che sono i due personaggi di questo corso, ho appreso che la vita va affrontata con un sorriso, sono stati sempre lì a scherzare, a fare battute e nei loro occhi e nelle loro espressioni c’è sempre un sorriso: il loro motto è riso fa buon sangue. Davide mi ha fatto ricordare e stupire quando ci ha parlato della bontà e del profumo della mortadella, cibo che a me non piace tanto perché contiene molti grassi. Il mitico Andrea, che sta riemergendo come un sommergibile dalle profonde acque, mi ha fatto capire che si può ricominciare una nuova vita.Da Giuseppe ho imparato il self control, lui non perde mai la pazienza è un tipo mol-to pacato e i suoi racconti mi sono piaciuti molto. Da Delia ho imparato che ognuno di noi con la scrittura può esprimere e tirare fuori tutto quello che ha nascosto dentro e sono rimasto stupito dalla sua professionalità. Mettere su un laboratorio di scrittura con persone che di narrativa ne sanno davvero poco, non è certo cosa facile, ma lei ci ha messo a confronto, facendoci semplicemente scrivere delle storie, anche inventate, ed in ognuna di queste è venuto fuori un piccolo capolavoro. Grazie, infine, a tutti i ragazzi della Comunità, grazie al direttore che come un padre autoritario e premuroso tiene tutti i suoi figli dentro a una grande casa famiglia.Mi auguro che questa bellissima esperienza possa ripetersi con un altro corso più specifico e professionale magari condiviso ancora con tutti voi.

Vincenzo Dominici. Un paio di mesi fa un’assistente sociale dell’INAIL di Palermo mi prospettò un pro-getto che si sarebbe svolto presso una Comunità terapeutica a Sant’Onofrio, vicino Trabia. L’idea mi ha subito allettato anche perchè io sono nativo di Trabia ed era da tempo che volevo visitare questo posto. Il progetto è stato approvato e così abbiamo iniziato questo percorso. L’impegno per tutti noi era di partecipare, ogni mercoledì, per dieci incontri, a un laboratorio di cucina/narrazione.Questa esperienza è stata senza dubbio molto interessante, sia perché ho imparato alcuni trucchi per cucinare meglio, ma soprattutto perchè ho conosciuto persone speciali con le quali ho condiviso gioie e dolori. Ho, anche, ritrovato, dopo tanti anni, un ex collega con il quale avevo lavorato in Germania e poi abbiamo conosciuto me-glio i ragazzi della Comunità. Anche loro sono diventati dei nostri amici e ci aspetta-vano ogni mercoledì per confrontarsi con noi e raccontare le loro vicende personali. Sicuramente questo scambio è l’aspetto più importante del progetto perché ci ha permesso di unire le nostre forze per andare avanti e cercare di superare i momenti bui da attraversare. Bisogna dare e avere fiducia, rispetto gli uni degli altri e cammi-nare sempre a testa alta.. Forza ragazzi! Siamo con voi.

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“Le fotografie mostrano, non dimostrano” (Ferdinando Scianna)

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BIOGRAFIE

Francesco AmmirataNel corso della mia vita ho avuto dei momenti molto difficili, a soli nove anni ho perso mio padre ed ho iniziato, oltre che andare a scuola, a lavorare. A trent’anni mi sono sposato e con mia moglie abbiamo avuto tre splendidi figli. Purtroppo, però, nel 2002 ho avuto un incidente sul lavoro per il quale mi è stata amputata una gamba. Nonostante questo grave infortunio sono una persona molto solare, mi piace scherzare e stare in compagnia delle persone, sono ottimista al massimo e penso sempre in positivo.

Salvo CampanellaHo quaranta anni e da due sono in carrozzina, la famiglia, lo sport e il mangiar sano sono le prime tre cose che metto nel mio piatto quotidiano. Vengo da un passato di sport a livello amatoriale: correvo con le gambe e ora corro con le braccia. Mi piace molto viaggiare, conoscere nuovi posti e persone dalle quali imparo sempre tante cose, da quando sono in carrozzina cerco di coinvolgere altre persone, che come me hanno subito un cambiamento di vita ad avvicinarsi al mondo dello sport.  

Nicola CinàMi reputo una persona semplice e senza tante pretese, anche se negli ultimi anni non è andata molto bene, ma si deve tirare avanti. Grazie alle persone che mi sono state accanto, non mi sono mai perso d’animo, ma bisogna avere molta pazienza.

Giuseppe CiresiHo 47 anni, di cui quasi otto passati in carrozzina per via di un incidente avvenuto il 2 ottobre del 2006, mentre lavoravo a Milano come capo carpentiere.Durante i primi venti giorni in ospedale piangevo sempre pensando che non avrei più camminato, ma poi decisi che non volevo pensare al futuro tutto insieme, ma volevo viverlo ora per ora. Così ho cominciato a programmare la mia vita un giorno alla volta. Mi alzavo la mattina e mi chiedevo: “Cosa c’è da fare adesso?”. Grazie a questo sono uscito fuori dal tunnel della depressione, ma sopratutto devo ringraziare i numerosi corsi sul miglioramento personale che ho fatto in questi anni (Scien-tology) e che mi hanno permesso di incoraggiare me stesso e anche i pazienti che erano ricoverati con me all’ospedale Niguarda di Milano.Moussa DembeleSono nato in Mali il 23 marzo 1994, appartengo a una famiglia composta da mia ma-dre, mio padre una sorella di 23 anni già sposata, una sorella di 9 anni e un fratellino piccolo di 5 che non conosco.Mio padre compra il pesce e lo rivende, mentre mia madre, una volta a settimana, cucina e vende il cibo al mercato. Io in cerca della mia fortuna ho deciso di emigrare.

Filippo Di LeonardoSono nato a Campofelice di Roccella (Pa) il 23/10/1958, la mia è la storia di un uomo qualunque,amico di tutti, amante della vita e delle cose belle. Sposato con Grazia, padre di una splendida figlia Jennife ho a lungo lavorato come chef, una passione da sempre coltivata. Dopo un gravissimo incidente per il quale mi è stata amputata una gamba sono approdato come volontario in una comunità di giovani con alle spalle un passato difficile: L’OPERA DON CALABRIA. Sapevo solo cucinare e poterlo fare aiutando i ragazzi mi riempiva di soddisfazioni. Presto sono entrato in simbiosi con loro: i loro problemi diventavano anche i miei e la cucina diventava un mezzo per cercare di superarli. Quella divenne la mia seconda famiglia, mi sono speso e mi spendo molto per contribuire a rendere migliore quella realtà. Non so se lo so fare bene, ma fin quando uno solo di quei giovani continuerà a sorridermi per me sarà una vittoria. Di recente io ed alcuni amici abbiamo avviato un progetto di cucina, col patrocinio dell’ INAIL di Palermo, con la collaborazione dell’OPERA DON CALA-BRIA, un progetto entusiasmante, impegnativo. Ed è proprio da questa esperienza che nasce l’idea di questo libro, a coronamento di un percorso che mi ha insegnato tanto.

Vincenzo DominiciSono nato a Trabia (Pa) l’1/11/1965 e sono attualmente residente a Palermo. Lavoro in proprio e mi dedico principalmente al lavoro in campagna, occupandomi con amore del mio orto e dei miei tre cani.

Andrea FantaciSono nato a Palermo il 02/11/1984. Ho effettuato il mio percorso scolastico sino alla maturità tecnica commerciale (ragioniere) senza particolari problemi ed ho iniziato a lavorare subito dopo. Nel mese di giugno del 2010 un gravissimo incidente stra-dale mi ha costretto a modificare il percorso della mia vita. Grazie ai miei genitori ho svolto dei percorsi di riabilitazione neuromotoria in svariati posti del mondo, America, Austria, Italia, Svizzera. Oggi sono un ragazzo disabile che necessita di con-tinua riabilitazione e purtroppo con grandi limiti per inserirsi in una vita di relazione normale. Comunque mi ritengo fortunato di essere rimasto vivo e non essere per la mia famiglia un peso enorme. Tutti mi vogliono bene e mi dimostrano il loro affetto. Ho conosciuto in questo percorso tante persone belle e meno belle ma questo mi è servito molto. Il mio obbiettivo è quello di potere anche un po’riprendere a lavorare, per quello che sarà possibile ed essere il più possibile indipendente, sperando di potere trovare una compagna per la vita e farmi una famiglia.

Rahdam MamunurSono nato in Bangladesh il 21/12/1996 e appartengo ad una famiglia così composta: mio padre 45 anni, impiegato statale, mia madre 40 anni casalinga, una sorella di 16 anni e un fratello di 15 entrambi studenti. Una volta terminati i miei studi in Ban-gladesh, dove ho imparato a scrivere e parlare correttamente l’inglese, ho deciso di trasferirmi in Europa per studiare e trovare un lavoro.

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Gianluca SantangeloSono nato a Palermo. Ho vissuto per molti anni della mia vita in un quartiere popo-lare di Palermo, ho intrapreso sin da giovane una vita dedita alla dipendenza, che mi ha portato grande sofferenza non solo a me, ma anche alle persone che mi vogliono bene. Sono in comunità e la strada sicuramente non è facile, ma è proprio passando anche da questi momenti burrascosi che si può riemergere e andare avanti in libertà verso “una nuova vita”.

Antonio TomaselloHo 47 anni e dopo aver vissuto molto tempo in una situazione di dipendenza, ho deciso di intraprendere un percorso terapeutico in comunità.Qui sto cercando di lavorare su me stesso e sul mio vissuto, cercando di riallacciare i rapporti con i miei familiari e poter ritrovare, anche attraverso l’apprendimento di nuove attività come l’agricoltura, un nuovo senso per la mia esistenza.

Misbha UddinSono nato in Bangladesh il 24/10/1995, appartengo ad una famiglia composta da mia madre, un fratello di 15 anni e una sorella di 11. Mio padre era un insegnante, andò in pensione per gravi problemi cardiaci ed è morto nel 2012.Dal quel momento ho lasciato gli studi e mi sono dedicato alla coltivazione del riso, lavoro poco redditizio, così ho deciso di emigrare nonostante il disaccordo di mia madre.