Raccomandazioni per favorire la partecipazione politica dei cittadini di Paesi terzi

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Progetto cofinanziato da UNIONE EUROPEA RACCOMANDAZIONI PER FAVORIRE LA PARTECIPAZIONE POLITICA DEI CITTADINI DI PAESI TERZI IPPI (Immigrati, partecipazione politica e integrazione) FEI-2012-Azione 8, PROG-104467 Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi

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Progetto cofinanziato da

UNIONEEUROPEA

RACCOMANDAZIONI PER FAVORIRE LA PARTECIPAZIONE POLITICA DEI

CITTADINI DI PAESI TERZI

IPPI (Immigrati, partecipazione politica e integrazione)

FEI-2012-Azione 8, PROG-104467

INDICE

1. Introduzione pag. 3

2. Le restrizioni legislative alla partecipazione politica

Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi

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per i cittadini dei paesi terzi pag. 3

3. Accesso / Iscrizione ai partiti e alla attività politica dei partiti pag. 4

4. Carriera e ruolo dei politici con “background migratorio” pag. 5

5. Il tema della diversità e la diversità all’interno dei partiti politicipag. 6

6. Networks tra i partiti politici, le comunità d’immigrati e le loro associazioni pag. 8

7. Raccomandazioni per i partiti politici pag. 8

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Le Raccomandazioni per favorire le forme di partecipazione politica dei cittadini di paesi terzi sono state redatte dall’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali come prodotto finale del progetto IPPI – Immigrati, Partecipazione Politica e Integrazione, finanziato dal Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili – Direzione Centrale per le Politiche dell’Immigrazione e dell’Asilo – Fondo Europeo per l’Integrazione dei Cittadini di Paesi Terzi 2007-2013 (FEI 2012 - Azione 8, PROG-104467).

Le Raccomandazioni sono il frutto dei focus-group, dei rapporti nazionali e dei meeting transnazionali realizzati in Irlanda (Dublino), Germania (Kiel e Amburgo), Spagna (Barcellona) e Svezia (Stoccolma), nel corso dei quali una delegazione italiana composta da rappresentanti di alcuni partiti politici e delle associazioni di immigrati ha avuto modo di confrontarsi con un’analoga delegazione del paese ospite sulle forme di partecipazione politica dei cittadini di paesi terzi.

Il progetto IPPI è stato realizzato dall’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali con la collaborazione di quattro soggetti esteri aderenti: The Integration Centre di Dublino, CJD-Eutin di Amburgo, l’Universitat Pompeu Fabra di Barcellona e la Stockholms Universitet di Stoccolma.

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1. Introduzione

Al di là delle differenze rispetto alla partecipazione politica e all’accesso all’elettorato attivo e passivo riscontrato nei paesi interessati dal progetto IPPI, due elementi sembrano essere trasversali alle diverse esperienze registrate, il primo legato alla scarsa o ridotta presenza dei cittadini di paesi terzi nelle assemblee municipali e di quelli di origine immigrata nei parlamenti nazionali; il secondo legato alla mancanza di dati numerici riguardo la loro affiliazione e integrazione politica. Nessun partito adotta infatti un sistema di registrazione o catalogazione degli iscritti sulla base della cittadinanza, con il risultato che molto poco si sa sull’effettiva partecipazione degli immigrati e su quanto il loro numero sia proporzionale al numero degli immigrati presenti sul territorio.

2. Le restrizioni legislative alla partecipazione politica per i cittadini dei paesi terzi

In quasi tutti i paesi europei coinvolti nel progetto, solo i cittadini nazionali godono del diritto di elettorato attivo e passivo a livello nazionale.

A livello municipale la situazione per i cittadini dei paesi terzi è invece più varia: le legislazioni più restrittive si trovano in Italia e in Germania dove cittadini provenienti da paesi terzi, pur potendo militare all’interno dei partiti politici1, sono invece esclusi dal voto a livello municipale (sia attivo che passivo).

In Spagna, godono del diritto di elettorato attivo e passivo a livello municipale e regionale solo quei cittadini di paesi terzi il cui paese ha firmato un accordo di reciprocità in merito alla partecipazione politica con lo Stato spagnolo (la maggior parte di essi sono rappresentanti di paesi latinoamericani).

In Irlanda, i cittadini di paesi terzi regolarmente residenti possono prendere parte alle elezioni, dal 1963, come elettori passivi, e dal 1974 anche come elettori attivi, mentre in Svezia (dal 1975) un cittadino proveniente da paesi terzi che risieda legalmente da almeno tre anni, può partecipare sia come elettore che candidarsi alle elezioni municipali.

Considerando questo quadro alla luce delle normative riguardanti la naturalizzazione e la doppia cittadinanza, che in alcuni paesi pongono poco vincoli (in Irlanda e in Svezia i cittadini idi paesi terzi possono acquisire la doppia cittadinanza dopo 5 anni) e in altri sono parzialmente o molto restrittive (in Italia e, per molte cittadinanze anche in Spagna, i cittadini di paesi terzi hanno diritto alla cittadinanza solo dopo 10 anni; in Germania dopo otto anni e la doppia cittadinanza non è in molti casi consentita), sembra che per i cittadini di paesi terzi le possibilità di partecipazione alla politica nei paesi analizzati non siano solo non ampiamente permesse ma anche non distribuite in modo equo. Del resto, basti pensare al fatto che anche in quei paesi dove gli immigrati hanno maggiori diritti politici, come in Irlanda e in Svezia, sono comunque sotto rappresentati nei parlamenti locali.

Non a caso, molti politici e rappresentanti delle organizzazioni di migranti nei paesi membri, vedono in questa situazione di ineguaglianza politica un nodo critico. In particolare, essi sottolineano il ruolo che i partiti politici possono avere nella promozione del diritto di voto dei cittadini stranieri, anche se il diritto al voto a livello municipale viene visto ormai come una parziale conquista, anche per la limitata rappresentatività e rappresentazione che esso offre (e che si traduce anche in un ridotto interesse a partecipare da parte dei cittadini di paesi terzi a tali competizioni elettorali). Certo è che persiste una difficoltà da parte dei partiti politici

1 L’art.49 della Costituzione Italiana, pur garantendo il diritto di associazione, colloca il diritto a concorrere all’associazionismo partitico tra quelli propri del solo status di cittadino. Tuttavia, in contrasto con le interpretazioni correnti della dottrina, e in virtù dell’assenza di meccanismi sanzionatori, i partiti, sulla base di quello che è stato definito il ‘diritto dei partiti’, ossia secondo le indicazioni statutarie e i regolamenti interni, hanno, seppur in maniera limitata, aperto agli iscritti stranieri, senza specificare in alcun modo le differenze tra cittadini comunitari e dei Paesi terzi, disponendo con specifiche modalità il coinvolgimento dei cittadini dei Paesi terzi al proprio interno, creando alcune sezioni e dipartimenti immigrazione o permettendo, in alcuni casi, l’esercizio di voto nelle elezioni primarie per la scelta dei leader per le principali cariche istituzionali.

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a diffondere interesse per la politica e ad attirare un numero proporzionale di persone di origine immigrata, e non poco peso giocano a questo riguardo, oltre alle barriere di tipo formale, anche delle barriere di tipo informale.

3. Accesso / Iscrizione ai partiti e alla attività politica dei partiti

Nella maggior parte dei paesi aderenti al progetto IPPI non esistono ostacoli per i cittadini di paesi terzi nel diventare membri di un partito politico: essi possono infatti aderire a tutti i principali partiti politici, anche se in alcuni casi devono soddisfare alcuni requisiti minimi di residenza. In Italia, sono generalmente i partiti di “sinistra” a permettere la loro adesione mentre lo stesso non vale per i partiti di destra.

Per facilitare l’affiliazione, alcuni partiti hanno istituito forum speciali, gruppi e campagne mirate specificamente a persone di origine straniera – indipendentemente dalla loro cittadinanza – al fine di favorire la partecipazione e il coinvolgimento con i partiti, che si traduce in materiale informativo, siti web in diverse lingue e gruppi delegati ad avvicinare in modo specifico gli stranieri sul territorio.

Divulgazione: Oggi i partiti politici scontano, in termini di adesioni, il disincanto della popolazione – e con essi della componente immigrata – nei confronti della politica in generale. Attrarre nuovi elettori/membri è il compito che i partiti sono sempre più chiamati ad assolvere e, talvolta, nuove forme sperimentali vengono poste in essere per sollecitare interesse ma anche per avvicinare gli immigrati e i nuovi cittadini alla politica. In Irlanda, ad esempio, a partire dal 2011, è stato istituito un programma mirato (“Opening Power to Diversity”) che vede immigrati (cittadini non-UE) lavorare come stagisti a fianco dei politici nazionali (due giorni la settimana per sei mesi). Ciò ha permesso di trasmettere conoscenze ed empatia verso il sistema politico fra i cittadini immigrati o con background migratorio ed allo stesso tempo rendere famigliare l’establishment politico con la diversità.

Accesso: È soprattutto attraverso il contatto diretto ed interpersonale che molti politici con un background migratorio si sono avvicinati e poi affiliati a un partito, molte volte incoraggiati anche dalla funzione di stimolo che per il ruolo ricoperto potevano dare in termini di motivazioni ad altri immigrati. Vale la pena notare che in Italia e in Spagna, a differenza di altri paesi, sono state le associazioni e i sindacati a rappresentare un’arena per la formazione politica e un trampolino di lancio verso i partiti per i cittadini di paesi terzi.

Network e Introduzione alla vita del Partito: La socializzazione alla politica attraverso le organizzazioni giovanili dei partiti rappresenta una forma importante di mediazione per l’accesso all’arena politica, in particolare grazie a specifici programmi di mentoring, accoglienza e formazione che aiutano i nuovi membri a comprendere la struttura del partito e le sue politiche. Chi, al contrario, non ha seguito questo percorso rischia di trovare maggiori ostacoli alla costruzione di una pratica e di un linguaggio politico, in particolare se privo di precedente cultura politica.

La cultura di partito: In generale sembra essere diffusa una certa resistenza da parte dei membri del partito più fortemente radicati e da tempo presenti nei confronti dell’inclusione dei nuovi componenti di origine immigrata. Il partito fa fatica ad adattare la sua organizzazione alla diversità dei vari iscritti, e le stessi abitudini locali, anche in termini di orario per la programmazione degli incontri, rischiano di legittimare indirettamente pratiche di esclusione.

4. Carriera e ruolo dei politici con “background migratorio”

Carriere politiche ed etnicizzazione: La maggior parte dei politici di origine straniera che sono stati intervistati nel corso del progetto sostiene di aver

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avuto a che fare con il tema dell’immigrazione e dell’integrazione almeno una volta durante la propria carriera politica. Molti di loro hanno avuto un reale interesse per questo tema, facendone un punto centrale della loro attività all’interno del partito mentre altri hanno dovuto accettare il ruolo di “ambasciatori” della causa dell’immigrazione loro malgrado. In Italia e in Spagna, ad esempio, la maggioranza dei politici immigrati o di origine immigrata è arrivata a occupare questi ruoli grazie al proprio coinvolgimento nelle associazioni “etniche” e di conseguenza il lavoro che questi politici svolgono s’incentra quasi esclusivamente sul tema dell’immigrazione.

L’Irlanda d’altro canto rappresenta un’eccezione. Qui le organizzazioni partitiche a livello locale (i cosiddetti “rami” dei partiti) giocano un ruolo molto importante e i candidati devono dimostrare di essere dei veri e propri rappresentanti della comunità dove risiedono per essere eletti. Infatti quasi tutti i candidati di origine straniera dal 2009 ad oggi hanno concentrato la loro campagna politica sul miglioramento della comunità in generale, mettendo in evidenza più la loro identità “locale” che non quella “etnica”.

Certo è che l’immigrazione e l’integrazione sono temi che i cittadini di paesi terzi aspiranti politici possono adottare più facilmente per trovare spazio all’interno del partito rispetto a temi più comuni ma dove la concorrenza è più elevata. Detto ciò, è anche vero che all’interno del mondo politico si pensa che chi si occupa del tema dell’immigrazione non raggiungerà mai le cariche più alte del potere proprio perché non è un tema con abbastanza sostenitori nel (potenziale) bacino elettorale.

Non è poi inusuale che ai politici cittadini di paesi terzi o con background migratorio venga affidato un ruolo di mediazione tra il partito e le comunità migranti, ruolo che però rischia di “intrappolarli” tra le aspettative della comunità migrante e quelle dei partiti.

L’ambivalenza del ruolo di mediatore in generale e l’etnicizzazione dei rappresentanti politici in particolare è visto con una certa ambiguità da alcuni membri dei partiti e dai rappresentanti delle comunità d’immigrati: da un lato, la mobilitazione di elettori tra gli immigrati è sicuramente un elemento di successo per un partito, ma dall’altro rischia di determinare una lettura del successo politico dell’immigrato come eccessivamente dipendente dal favore concesso dai propri connazionali o dagli altri immigrati e non da tutto l’elettorato.

Certo è che dal punto di vista delle persone delle comunità migranti, i politici di origine straniera svolgono un ruolo importante in quanto inseriscono temi di rilevanza per le comunità di immigrati nei partiti. D’altra parte, le comunità di immigrati stesse spesso sospettano che i politici di origine straniera siano ammessi nei partiti solo per guadagnare elettori. I rappresentanti delle comunità immigrate accusano i partiti di concessioni meramente “simboliche” verso gli stranieri e di strumentalizzare i funzionari politici di origine straniera usandoli come “rappresentanti etnici” senza realmente curarsi di sfruttare il loro particolare know-how né di dare loro la possibilità di mettersi in evidenza all’interno del partito.

La procedura di candidatura ed il ruolo del proprio background migratorio: Durante la procedura di candidatura, diversi fattori contribuiscono ad accrescere le proprie possibilità di essere candidato. Il criterio più importante è il “networking” sia fuori che all’interno del partito. Tali network sono spesso di tipo informale, consolidatisi durante un lungo arco di tempo. Per gli immigrati che spesso sono entrati a far parte dei partiti non più da giovani e a differenza dei loro colleghi autoctoni che hanno già stabilito una fitta rete di conoscenze, questo può essere un fattore sfavorevole. Altri criteri che possono influenzare favorevolmente le chance di essere candidati sono, per esempio, una determinata competenza che può “aiutare” il partito, l’esperienza, l’appartenenza ad un’organizzazione locale oppure criteri legati all’identità (età, sesso, provenienza).

Ovunque ci siano elettori stranieri da conquistare, questi criteri diventano sempre più importanti così come dimostrano quelle zone con una popolazione ad alta densità di immigrati in cui i partiti hanno più candidati di origine straniera nelle liste. In molti partiti, ad esempio in Italia, Germania e Spagna, i funzionari e i leader di partito detengono molto potere sul processo decisionale delle liste. Degli intervistati di origine immigrata, la stragrande maggioranza è stata messa sulla lista direttamente dai leader di partito e la maggior parte di essi sono personalità

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consolidate e ben note al di fuori dai partiti. Ciò dimostra sicuramente la volontà dei leader nel voler incrementare la rappresentanza delle comunità straniere ma, allo stesso tempo, esprime mancanza di trasparenza nella formazione delle liste e il fatto che ci siano in gioco degli interessi nella scelta delle nomine. Questa mancanza di trasparenza può inoltre ostacolare l’accettazione di nuove figure di origine straniera all’interno dei partiti e spingere a leggere questo come un tentativo di ampliare la rappresentanza attraverso le “quote” a danno di un legittimo riconoscimento delle competenze.

In Svezia i politici di origine straniera sembrano non avere l’impressione di essere stati scelti semplicemente per attirare i voti delle comunità di immigrati. Ciò è in parte dovuto al metodo di selezione adottato dal comitato elettivo che sceglie i candidati all’interno dei partiti stessi.

Attitudine del partito alla diversità: C'è stata una certa riluttanza tra i politici di origine immigrata nel denunciare casi di evidente discriminazione. Alcuni intervistati hanno invece riferito di aver subito una sorta di “etnicizzazione” da parte dei colleghi di partito con frasi tipo “siete stati votati solo dai turchi”. In altri casi, è stata riportata una tendenza a far occupare ai cittadini di paesi terzi o con background migratorio gli ultimi posti delle liste elettorali e laddove vengono eletti, è difficile che il loro incarico vada oltre una legislatura (il verificarsi di tale situazione è attribuita alla mancata appartenenza a un network di conoscenze ben consolidate, ragione che li rende particolarmente soggetti alla concorrenza interna al partito).

Quote trasparenti: Le quote trasparenti sono richieste da organizzazioni di immigrati e rappresentanti politici di diversi paesi a tutela delle persone di origine straniera. Essi richiedono che tali disposizioni siano sancite nello statuto del partito e che si crei una situazione simile alle quote di garanzia per le donne (quote rosa). A tutt’oggi la Svezia è l’unico paese che di recente ha introdotto le quote per candidati di origine immigrata (in particolare con una quota specifica per immigrati non provenienti dai paesi nordici) ma solo in alcune aree e a livello locale. L’esempio più noto è quello delle liste di Stoccolma, dove una quota di garanzia è stata fissata in proporzione alla popolazione immigrata del distretto. Nella sua formulazione è previsto anche che tale quota debba essere ben rappresentata in quella parte della lista in cui la probabilità di essere eletti è più alta. Le quote trasparenti possono essere considerate come uno strumento per garantire l’impegno delle parti ad aumentare il numero di politici di origine straniera, al fine di garantire il loro ruolo nella società, e inoltre come misure strutturali attuate per contrastare la discriminazione.

5. Il tema della diversità e la diversità all’interno dei partiti politici

L’atteggiamento dei partiti verso la diversità: Alla luce dei cambiamenti demografici, i partiti oggi percepiscono le persone di origine immigrata come un gruppo all’interno della società che non può essere ignorato. In Italia il tema della diversità viene affrontato, a volte in modo demagogico, da tutti i partiti politici, soprattutto considerando l’attenzione che le si dà durante le campagne elettorali, quando una forte polarizzazione emerge intorno alla questione dell’immigrazione, uno dei principali argomenti in grado di attirare e spostare voti tra coalizioni di sinistra e di destra e all’interno delle alleanze stesse.

In Svezia e in Germania tutti i partiti concordano sull’importanza che ha il concetto di diversità nel dibattito relativo alla partecipazione e alla rappresentatività e sul fatto che i partiti dovrebbero riflettere tale diversità sia nei numeri dei propri affiliati sia nelle cariche. In questi paesi emerge come il concetto di diversità all’interno dei partiti sia un fatto assodato, ma soprattutto come esso rappresenti anche un punto di forza.

Il razzismo e la discriminazione: Fare affermazioni discriminatorie o razziste in pubblico può allontanare le persone dai partiti, in particolar modo gli stranieri, specialmente se (come già è avvenuto in Germania) i capi di partito non prendono le dovute distanze nei confronti di tali atteggiamenti. In generale viene riconosciuto che non viene fatto abbastanza per stigmatizzare gli episodi di

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razzismo che avvengono quotidianamente. Ragione per cui, complice anche la crisi finanziaria che ha aperto scenari di intolleranza e di razzismo, alcuni partiti stanno cercando di elaborare nuove strategie di contrasto a tali fenomeni, attivando sul territorio momenti di riflessione e di sensibilizzazione volti a rendere più “comprensibili” alla popolazione i processi di transizione e di integrazione.

I network della diversità: In Spagna e in Germania a tenere vivo il dibattito è la contrapposizione tra chi spinge per integrare gli immigrati all’interno dei partiti già esistenti e chi invece suggerisce la creazione di spazi appositi per incentivarne l’inclusione. I cosiddetti “spazi sicuri” possono offrire un ambiente all’interno del quale agli immigrati viene dato il giusto riconoscimento per il loro impegno e al tempo stesso una maggiore possibilità di fare carriera politica. Questi network possono funzionare come dei veri e propri trampolini di lancio verso il mondo della politica, rendendo i membri stranieri più visibili e facendo sì che i partiti si rendano conto di quanto sia importante la diversità. Purtroppo però, alcuni membri vedono in questi network per immigrati degli “spazi privi di potere”, che possono persino portare alla totale segregazione nei partiti. Inoltre essi temono di essere percepiti meramente per la loro identità di membri/politici con background straniero e non per le loro reali capacità, talenti o interessi personali.

Ad ogni modo, avere dei network che incoraggiano, sostengono e selezionano candidati di origine straniera (proprio come avviene per le donne) è comunque un modo per combattere la mancanza di lobby pro immigrati e in alcuni casi promuovere la diversità e combattere il razzismo.

Un esempio di questo tipo di network è il comitato di immigrati dei Socialdemocratici di Stoccolma. La sua forza organizzativa sta nella capacità di influenzare il sistema politico e il numero di rappresentanti di origine straniera all’interno dei partiti. In attesa delle prossime elezioni questo comitato ha collaborato con le organizzazioni giovanili, incrementando le quote, non solo per le donne (percentuale imposta a livello nazionale), ma anche per i giovani e le persone di origine straniera (un aumento del 25% per le persone sotto i 35 anni, e del 25% per gli immigrati).

In Germania, tutti i partiti intervistati avevano creato organizzazioni affiliate, ossia gruppi di lavoro o comitati che funzionano come “punti di aggancio” per l’apertura interculturale dei partiti medesimi. La creazione di questi network è un ottimo esempio, soprattutto al fine di evidenziare il tema della “diversità” rendendola parte integrante dei partiti.

In Spagna il Partito Socialista ha fondato un’organizzazione collegata al partito stesso, in cui le persone partecipano suddivise in base alla loro area geografica di provenienza. Questo partito nella propria sede ospita anche diverse associazioni di immigrati ai quali non è richiesto di essere affiliati al partito per partecipare alle attività dell’organizzazione. Analogamente, il Partito Convergenza Democratica per la Catalogna ha sviluppato una specifica piattaforma per favorire la partecipazione degli immigrati nel partito sulla base dell’area geografica di origine, attraverso una Fondazione ad esso connessa (“Nous Catalan”), coordinata dalla segreteria per l’immigrazione del partito. Collaborando con i partiti, questi gruppi hanno la possibilità di coordinare dibattiti sulla questione della diversità all’interno del partito stesso.

In Irlanda, il Labour Party e Fianna Fail hanno istituito la figura di “ufficiale per le pari opportunità” il cui compito, tra le altre cose, è quello di sostenere il coinvolgimento delle comunità di immigrati all’interno del partito. L’ufficiale, inoltre, coordina gli sforzi di sensibilizzazione in collaborazione con uno speciale sottocomitato del partito che offre soprattutto uno spazio per la formulazione di proposte politiche.

6. Networks tra i partiti politici, le comunità d’immigrati e le loro associazioni

Le associazioni di immigrati in molti paesi si stanno attivando per sensibilizzare la società civile sull’importanza che esse ricoprono. Molti sono i partiti dei paesi coinvolti nel progetto IPPI che hanno cercato in questi anni di creare un

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filo diretto con tali associazioni, di stabilire rapporti e forme consolidate di collaborazione, anche se di intensità e stabilità variabile. In Spagna, ad esempio, per tradizione esistono stretti rapporti tra partiti socialisti e di sinistra con le associazioni di immigrati; tuttavia, quando avviene un cambio di governo, questi rapporti diventano più difficili perché non c’è continuità tra chi è al potere e le organizzazioni stesse. Ciò purtroppo può portare a un grave peggioramento del supporto che ricevono (sia nei tagli di bilancio che nell’esclusione dagli organismi consultivi).

In Italia e in Germania, molte associazioni di immigrati affermano che i partiti politici si ricordano di loro solo durante le campagne elettorali, e alcuni loro rappresentanti in Italia dichiarano di sentirsi sfruttati dai partiti. In diversi paesi esse svolgono un ruolo importante nella formazione politica e nella mediazione tra i partiti e le comunità straniere, anche se sono coscienti del fatto che i partiti a volte non le considerano come partner di pari livello, senza sapere, inoltre, come collaborare con esse per ottenerne il massimo beneficio. In Svezia, ad esempio, alcune associazioni ritengono che nonostante il loro forte impegno nell’educazione politica dei propri membri, i partiti siano pigri nell’accettare inviti di cooperazione, rimanendo in gran parte disinteressati nel sostenere una collaborazione.

7. Raccomandazioni per i partiti politici

Le restrizioni legislative riguardo i cittadini dei paesi terzi nei partiti politici

I partiti politici dovrebbero permettere ai cittadini dei paesi terzi di diventare, senza alcuna restrizione, propri membri e offrire ad essi specifici ruoli a proprio interno.

Si dovrebbe aumentare e facilitare la possibilità di partecipazione dei cittadini di paesi terzi alle organizzazioni connesse ai partiti e a quelle non direttamente legate a questi ultimi.

Accesso / Iscrizione ai partiti e alle attività politiche dei partiti

Nel complesso, si consiglia l’adozione di un doppio approccio – top-down e bottom-up – che sostenga la diversità e ne faciliti il consolidamento all’interno del partito. Questo richiederà, da un lato, di avere un chiaro concetto di leadership che andrebbe insegnato in specifici corsi (come tra l’altro avviene in Germania) e, dall’altro, un radicale cambiamento dell’organizzazione dei ruoli all’interno dei partiti.

La competenza interculturale e la consapevolezza della diversità devono essere promosse a tutti i livelli all’interno dei partiti, in particolare nelle associazioni (organizzazioni giovanili, gruppi locali) e attraverso attività di sensibilizzazione (stand informativi, ecc.) Questo dovrebbe garantire, ad esempio, che le persone interessate che differiscono dalla maggioranza dei membri del partito, sia per etnia, religione, livello socio-economico e/o educativo, siano apprezzati e benvenuti nel partito. Questo significa anche che gli orari delle riunioni dovrebbero essere adattati ai specifici bisogni di cui la diversità dei membri è espressione.

L’attivazione di una nuova mentalità di accoglienza è essenziale per un’apertura sostenibile del partito. Dovrebbe essere creato un clima in cui tutti, indipendentemente dall’età, dal sesso, dal background professionale e/o dall’etnia, possano essere accolti e riconosciuti per le proprie competenze ed esperienze specifiche (cultura del riconoscimento). Ciò impone ai partiti di promuovere la partecipazione libera alle iniziative e che queste siano soprattutto su misura per i “target group”. Inoltre, i partiti potrebbero anche dare il loro sostegno alle iniziative delle strutture locali per diffondere interesse per i partiti tra gli immigrati, come per esempio avviene nei forum di integrazione locale in Irlanda.

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Programmi di mentoring e forme di benvenuto e accompagnamento potrebbero garantire ai nuovi membri di trovare rapidamente il loro posto all’interno del partito. Momenti in cui dare il benvenuto ai nuovi membri collegati a una riunione di partito potrebbero contribuire a rendere tali riunioni più “friendly”. Inoltre, in ogni sede, uno dei funzionari (ad esempio l’ufficiale per le pari opportunità) potrebbe essere responsabile del momento dell’affiliazione e dell’accoglienza dei nuovi membri migranti (come accade in alcuni partiti irlandesi e tedeschi).

Carriera e ruolo dei politici con “background migratorio”

I leader dei partiti devono essere consapevoli del proprio ruolo e della propria responsabilità nella scelta delle nomine. Essi dovrebbero assicurarsi che le loro decisioni siano chiare e comprensibili a tutti e che non si utilizzino gli immigrati come elemento simbolico, al solo scopo di guadagnare voti o di costruirsi una specifica competenza. A tal proposito, devono essere messi a punto programmi a lungo termine e altre “misure specifiche” (come le quote rosa per le donne, che in Svezia sono già una pratica diffusa e accettata da oltre 15 anni).

L’inclusione di candidati di origine immigrata deve andare oltre l’etnicizzazione dei ruoli e puntare molto di più sulla valorizzazione delle competenze.

Dove esistono organizzazioni per la diversità all’interno dei partiti volte a favorire la partecipazione delle persone di origine immigrata – esse dovrebbero essere in grado di fare raccomandazioni di natura vincolante al comitato elettorale. La direzione del partito dovrebbe aumentare la trasparenza anche sulla composizione delle liste.

Il partito dovrebbe organizzare seminari e workshop per i nuovi candidati (compresi gli immigrati). Inoltre, i partiti potrebbero anche utilizzare modalità per aiutare e sostenere i candidati cittadini di paesi terzi nella raccolta fondi (consulenza, piccoli eventi di raccolta fondi). I partiti dovrebbero esplorare, anche attraverso la collaborazione con forum di immigrati o gruppi comunitari, modalità di sostegno all’individuazione e alla formazione di cittadini di paesi terzi che mostrino particolare sensibilità e capacità nella vita politica (in tal senso le scuole di formazione sullo sviluppo della leadership costituiscono una buona pratica).

Il tema della diversità e la diversità all’interno dei partiti politici

Per contrastare la discriminazione razziale ci dovrebbe essere un settore all’interno del partito addetto alla gestione dei reclami, ma per evitare il problema a monte ci sarebbe bisogno di una leadership forte, che sappia incoraggiare il dialogo e la diversità tra i membri.

Per quanto riguarda il riconoscimento del proprio valore e delle proprie capacità come politici, i politici di origine straniera dovrebbero avere più possibilità di occupare ruoli pubblici, in questo modo la popolazione saprà chi sono e le comunità straniere saranno incoraggiate e più stimolate alla partecipazione politica.

È fondamentale che le organizzazioni e le associazioni che promuovono la diversità lavorino a stretto contatto con i partiti e le sue differenti leadership.

L’istituzione di una “figura per le pari opportunità” può fare sì che all’interno dei partiti si abbia una maggiore consapevolezza del tema della diversità.

Networks tra i partiti politici, le comunità d’immigrati e le loro associazioni

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I partiti dovrebbero mantenere i rapporti con le organizzazioni dei cittadini stranieri e non ricordarsi di loro solo durante il periodo elettorale. Dovrebbero impegnarsi nell’organizzare eventi in comune e lavorare sul reciproco scambio per incoraggiare un clima di collaborazione e rispetto. Inoltre, i partiti dovrebbero collaborare con i gruppi d’immigrati per quanto riguarda la formulazione di proposte di legge e i temi da affrontare. L’inclusione degli immigrati, dando loro potere decisionale, farà sì che si combatta la visione distorta che ha la maggior parte della popolazione autoctona del paese ospitante.

Le organizzazioni di cittadini stranieri a loro volta possono rafforzare la loro posizione sostenendo e promuovendo la partecipazione politica e votando all’interno delle proprie comunità.

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