Raccomandazioni all’uso della ventilazione oscillatoria...

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1 Raccomandazioni sulla ventilazione ad alta frequenza oscillatoria (HFOV) nel neonato M. Somaschini, M.L. Ventura, G. Vento, A. Dotta, P. Tagliabue, C. Dani, G. Lista Principi di base Definizione La ventilazione ad alta frequenza oscillatoria (HFOV) è una modalità di ventilazione non convenzionale a ritmi soprafisiologici e bassi volumi correnti. Attorno a una pressione, che viene mantenuta costante (Continuous Distending Pressure –CDP- o Mean Airway Pressure- MAP), si sviluppano oscillazioni pressorie (pressure amplitude o P/P) a una frequenza tra 180 e 1200 cicli al minuto (3-20 Hz) che erogano volumi correnti (TV) inferiori allo spazio morto anatomico. La possibilità di ventilare con volumi correnti inferiori allo spazio morto anatomico risiede in particolari meccanismi di trasporto dei gas lungo l’albero respiratorio il cui contributo aumenta con l’aumentare delle frequenze (diffusione aumentata, dispersione di Taylor, profili di velocità asimmetrici, effetto Pendelluft, mixing cardiogenico) (1,2) Il tempo inspiratorio varia da 20 a 150 msec in relazione alla frequenza e al rapporto I:E. L’espirazione è attiva (Fig. 1). Fig. 1. Onde di oscillazione pressoria attorno alla pressione di distensione continua in HFOV Per effetto dell’alta frequenza le oscillazioni pressorie si attenuano progressivamente lungo l’albero respiratorio cosicché le variazioni pressorie applicate agli alveoli sono molto basse (Fig.2) (3), mentre i volumi correnti sono 1/5-1/10 di quelli applicati in ventilazione convenzionale. Ciò contribuisce a ridurre sia il barotrauma che il volutrauma. Fig. 2. Oscillazioni pressorie (P/P) durante i cicli oscillatori nelle vie aeree principali e negli alveoli La CDP, in quanto segnale continuo, viene invece trasmessa completamente agli alveoli. Il rapporto I:E può però condizionare l’entità della trasmissione. Nel modello in vitro e in vivo se il rapporto tempo inspiratorio/tempo espiratorio (I:E) è di 1:2, si osserva una caduta della pressione alveolare rispetto a quella misurata all’apertura delle vie aeree (raccordo) in funzione dell’aumento del volume corrente (ovvero l’ampiezza del picco). L’effetto è amplificato dalla riduzione del calibro del tubo tracheale e dalle alte frequenze (Fig 3) e, sul piano teorico, è CDP Amplitude P/P Pressure swing

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Raccomandazioni sulla ventilazione ad alta frequenza oscillatoria (HFOV) nel neonato

M. Somaschini, M.L. Ventura, G. Vento, A. Dotta, P. Tagliabue, C. Dani, G. Lista

Principi di base Definizione La ventilazione ad alta frequenza oscillatoria (HFOV) è una modalità di ventilazione non convenzionale a ritmi soprafisiologici e bassi volumi correnti. Attorno a una pressione, che viene mantenuta costante (Continuous Distending Pressure –CDP- o Mean Airway Pressure- MAP), si sviluppano oscillazioni pressorie (pressure amplitude o P/P) a una frequenza tra 180 e 1200 cicli al minuto (3-20 Hz) che erogano volumi correnti (TV) inferiori allo spazio morto anatomico. La possibilità di ventilare con volumi correnti inferiori allo spazio morto anatomico risiede in particolari meccanismi di trasporto dei gas lungo l’albero respiratorio il cui contributo aumenta con l’aumentare delle frequenze (diffusione aumentata, dispersione di Taylor, profili di velocità asimmetrici, effetto Pendelluft, mixing cardiogenico) (1,2) Il tempo inspiratorio varia da 20 a 150 msec in relazione alla frequenza e al rapporto I:E. L’espirazione è attiva (Fig. 1).

Fig. 1. Onde di oscillazione pressoria attorno alla pressione di distensione continua in HFOV

Per effetto dell’alta frequenza le oscillazioni pressorie si attenuano progressivamente lungo l’albero respiratorio cosicché le variazioni pressorie applicate agli alveoli sono molto basse (Fig.2) (3), mentre i volumi correnti sono 1/5-1/10 di quelli applicati in ventilazione convenzionale. Ciò contribuisce a ridurre sia il barotrauma che il volutrauma.

Fig. 2. Oscillazioni pressorie (P/P) durante i cicli oscillatori nelle vie aeree principali e negli alveoli

La CDP, in quanto segnale continuo, viene invece trasmessa completamente agli alveoli. Il rapporto I:E può però condizionare l’entità della trasmissione. Nel modello in vitro e in vivo se il rapporto tempo inspiratorio/tempo espiratorio (I:E) è di 1:2, si osserva una caduta della pressione alveolare rispetto a quella misurata all’apertura delle vie aeree (raccordo) in funzione dell’aumento del volume corrente (ovvero l’ampiezza del picco). L’effetto è amplificato dalla riduzione del calibro del tubo tracheale e dalle alte frequenze (Fig 3) e, sul piano teorico, è

CDP

Amplitude

P/P

Pressure swing

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maggiore se il rapporto scende al di sotto di 1:2 (4). Questi aspetti devono essere tenuti in conto nel management del tubo tracheale, nell’interpretazione dei gas ematici e nella scelta del setting respiratorio.

Fig. 3 Effetto dell’aumento del volume corrente sulla pressione alveolare in relazione al calibro del tubo e alle frequenze quando il rapporto I:E è di 1:2

Ossigenazione e ventilazione: il fenomeno del disaccoppiamento Lo scambio dell’ossigeno è correlato, oltre che alla frazione inspirata di ossigeno (FiO2), al volume polmonare che in HFOV dipende esclusivamente dalla pressione di distensione (CDP o MAP). Le variazioni dell’ossigenazione osservate come conseguenza di modifiche del TV sono minime e nulle quando il volume polmonare è seriamente compromesso (5). La CDP inoltre è in HFOV un parametro direttamente manipolabile, contrariamente a quanto avviene in ventilazione convenzionale, in cui la MAP è funzione di molteplici variabili (pressione di picco, tempo inspiratorio, pressione di fine espirazione e tempo espiratorio). Questo importante attributo consente all’operatore un elevato controllo sul volume polmonare e quindi sull’ossigenazione. Per frequenze comprese tra 3 e 20 Hz la quota di CO2 eliminata dal polmone (ventilazione) è funzione della frequenza (rate) e del quadrato del volume corrente (TV2) (6). Ciò significa che la rimozione della CO2 è funzione quasi esclusiva del TV generato dall’ampiezza del picco (P/P). La correlazione quasi univoca e separata tra CDP e ossigenazione e P/P e rimozione della CO2, fenomeno noto come disaccoppiamento, rende relativamente semplici le modificazioni del setting ventilatorio, in funzione del target dei gas respiratori. Si aumenta o si riduce la CDP rispettivamente per aumentare o ridurre l’ossigenazione. Si aumenta o si riduce il P/P rispettivamente per aumentare o ridurre il TV e quindi l’eliminazione della CO2. La riduzione della frequenza respiratoria produce in realtà un aumento dello scambio della CO2 perché, con l’incremento della durata del tempo inspiratorio conseguente alla riduzione della frequenza, il volume erogato è maggiore. Nel modello sperimentale, in assenza di alterazioni del rapporto ventilazione/perfusione, per valori di TV pari a 1.3-2 ml/kg la PaCO2 si mantiene in condizioni di eucapnia in un ampio range di frequenze (7). Pertanto la ritenzione della CO2, se il TV viene mantenuto vicino al valore dello spazio morto anatomico (circa 2 ml/kg), può essere generata da una alterazione del rapporto ventilazione/perfusione, non diversamente da quanto avviene in ventilazione convenzionale. La correzione dell’ipercapnia necessita in questo caso di una verifica di eventuali condizioni di iper/ipoespansione polmonare (con conseguente aumento dello spazio morto o degli shunt intrapolmonari, rispettivamente) che potrebbero beneficiare di modifiche della CDP (8). La strategia di base nella HFOV: ottimizzazione della CDP, delle frequenze e del volume corrente L’efficacia della ventilazione oscillatoria si osserva nelle patologie polmonari caratterizzate da scarsa espansione polmonare. Quando utilizzata con una CDP diretta a reclutare volume seguita da un’attenta riduzione della pressione una volta che il volume polmonare è migliorato, la HFOV riduce il danno e migliora l’ossigenazione (8-16). Questo approccio si basa sull’isteresi della curva pressione/volume del polmone e presuppone l’esistenza di aree ancora reclutabili. Quando utilizzata con CDP superiori alla pressione di apertura del polmone (di solito maggiori rispetto a quelle generalmente accettate in ventilazione convenzionale), la HFOV recluta unità polmonari collassate. Una volta aperte, queste unità possono essere mantenute aperte a pressioni più basse di quelle usate per reclutare (Fig.4).

CD

P a

lv –

CD

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o

CD

P a

lv –

CD

P a

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Fig. 4. Andamento dei volumi polmonari in relazione alla pressione di distensione durante inflazione e deflazione del polmone. La frequenza ottimale in HFOV è quella che produce la miglior ventilazione (miglior scambio della CO2) con il più basso P/P, il più basso TV senza gas trapping. Non sono disponibili al momento studi sperimentali o clinici che indichino come procedere per individuare la frequenza ottimale. L’analisi teorica di Venegas e Fredberg (Fig. 5) (17) indica che, a volume costante, con l’aumentare della frequenza l’ampiezza della pressione (P/P) misurata alla carena scende rapidamente fino a raggiungere una caduta massima a una frequenza definita “corner frequency” (fc) oltre la quale la pressione si appiattisce o aumenta nuovamente. A questa frequenza è richiesta la più bassa escursione pressoria per la ventilazione senza gas trapping. Se la compliance diminuisce o la resistenza diminuisce la frequenza ottimale aumenta. Dato che la compliance è funzione delle dimensioni del polmone, la frequenza ottimale dipende dalla taglia e più il polmone è piccolo, minore è la compliance, maggiore è la fc.

Fig. 5. La frequenza ottimale (fc), ovvero la frequenza che consente l’erogazione di un volume corrente adeguato allo scambio della CO2 con la più bassa pressione di picco, dipende dalla compliance e dalla resistenza (Da Venegas e Fredberg, modificato).

Da qui le indicazioni a usare frequenze minori con l’aumentare del peso o in caso di patologie caratterizzate da aumento delle resistenze. Evidenze sperimentali sono invece riportate sul maggior danno causato dall’utilizzo di basse frequenze nella RDS sperimentale (18). Inoltre è dimostrato sperimentalmente che la distribuzione dei gas con l’aumentare delle frequenze diviene funzione più delle resistenze, della geometria delle biforcazioni bronchiali e della meccanica della gabbia toracica che della compliance, quindi alle alte frequenze il gas tende a distribuirsi in maniera più uniforme, quasi indipendentemente dalle differenze di compliance regionale (19). Alla luce di queste evidenze teoriche e sperimentali, l’impostazione delle più alte frequenze possibili, compatibili con un’ampiezza di picco che non superi 3 volte la CDP per ottenere TV di 1.5-2,5 ml/kg, potrebbero portare ad una omogenea distribuzione dei gas riducendo il rischio di esposizione delle vie aeree a pressioni dannose.

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Particolare attenzione va prestata alle patologie caratterizzate da un aumento delle resistenze come la MAS, la BPD, e l’enfisema interstiziale in cui l’utilizzo contemporaneo di frequenze e di ampiezze di picco molto elevate in rapporto a una bassa CDP potrebbe causare a livello delle vie aeree superiori pressioni negative nella fase espiratoria attiva con conseguente sviluppo di “choke points” e “air trapping” (19). Dato che in ventilazione ad alta frequenza la rimozione della CO2 è funzione più del volume corrente (e quindi del P/P) che della frequenza, tutte le condizioni che alterano il volume corrente hanno un impatto maggiore sullo scambio della CO2 rispetto alla ventilazione meccanica convenzionale. Da qui l’importanza del monitoraggio del TV o, in assenza di sensori di flusso, dell’osservazione periodica delle vibrazioni toraciche. Le condizioni che possono alterare il volume corrente sono tutte quelle che alterano la meccanica respiratoria, ovvero modificazioni della resistenza e della compliance (20). L’analisi in vitro delle variazioni del volume corrente e delle oscillazioni pressorie effettuata dalla Pillow in diverse condizioni di resistenza e compliance (Fig.6) evidenzia come siano soprattutto le resistenze prossimali a modificare il volume corrente (4,21-22)

Fig.6. Variazioni dei volumi (quadrati pieni) e percentuale di trasmissione delle ampiezze di picco a livello tracheale (circoli) e alveolare (triangoli) in un modello in vitro di polmone omogeneo al variare delle resistenze inspiratorie (RTT,I) corrispondenti a tubi di differente calibro o differente lunghezza (A), delle resistenze periferiche Rp (E) e della compliance alveolare (F). Da Pillow et al (modificato)

Nella pratica clinica si osserva molto frequentemente una caduta del volume corrente correlata a ostruzione del tubo endotracheale o all’utilizzo di un tubo tracheale di calibro troppo piccolo. La riduzione della compliance nel modello in vitro produce invece una riduzione significativa del volume corrente solo a valori estremamente bassi, che si evidenziano maggiormente quanto più le frequenze sono basse e il tubo è di calibro maggiore (fig 7).

Fig 7. Effetto in vitro della variazione della compliance sul volume corrente (VT) a diverse frequenze (A) e con tubi di diverso calibro (C). Da Pillow et al, modificato

Compliance (ml/cmH2O)

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Evidenze sperimentali ed evidenze cliniche sull’uso dell’HFOV Dopo più di 30 anni dall’avvio dei primi studi, i benefici della ventilazione oscillatoria sull’ossigenazione, sulla compliance polmonare, sulla stabilità alveolare, sull’attenuazione dei fenomeni infiammatori, del danno istologico e dello stress ossidativo continuano a essere confermati nel modello animale, anche quando l’HFOV viene confrontata con ventilazioni convenzionali (CMV) specificamente orientate alla protezione polmonare (23-31). Nonostante la ricchezza della ricerca sperimentale non vi sono evidenze cliniche che sanciscano la superiorità dell’oscillatoria sulla convenzionale nel trattamento dell’insufficienza respiratoria neonatale. Le revisioni sistematiche degli studi clinici fino a ora pubblicati (32-36) cercano di rispondere ai seguenti quesiti: 1. “L’utilizzo dell’HFOV come prima modalità di ventilazione produce maggiori benefici rispetto all’uso della CMV nel trattamento dell’RDS neonatale?” I dati di 17 studi randomizzati danno risultati controversi. Sei di questi studi evidenziano che l’uso elettivo dell’HFV migliora l’outcome polmonare, riducendo la comparsa di CLD rispetto alla CMV (37-42). I restanti 11 studi non mostrano differenze tra le due tecniche (43-53). Bisogna tuttavia osservare che esistono diversità significative tra i vari studi, come l’uso di diversi tipi di ventilatori ad alta frequenza, diversità di strategie di ventilazione, di definizione di CLD, di popolazione studiata, di esperienza dei centri nel corso del tempo riguardo all’utilizzo dell’HFOV, che possono spiegare la discordanza di risultati. 2. “In presenza di grave RDS, l’utilizzo di HFOV (come modalità rescue) offre maggiori benefici rispetto al proseguimento della CMV?” Anche qui la letteratura non fornisce una risposta chiara, ma gli studi randomizzati disponibili (54-55) risalgono a un periodo antecedente l’utilizzo routinario del surfattante esogeno. 3. “L’uso dell’ HFOV è superiore alla CMV nel trattamento di neonati a termine o vicino al termine (E.G. > 35 sett.) con grave insufficienza respiratoria?”. I dati dei 2 studi randomizzati disponibili (53,56) non dimostrano la superiorità dell’HFOV rispetto alla CMV. Uno di questi studi (56) è stato tuttavia interrotto prematuramente per la difficoltà di reclutare pazienti a causa dell’utilizzo sempre più frequente di HFOV, non raggiungendo quindi una potenza statistica sufficiente per conferire significatività alle differenze di outcome. 4.“Vi sono specifiche indicazioni cliniche in cui l’HFOV si è dimostrata superiore alla CMV?” L’HFOV è indicata in diverse forme di insufficienza respiratoria neonatale oltre all’RDS, tuttavia la bassa incidenza di queste malattie (come l’ernia diaframmatica, la fistola bronco pleurica o tracheoesofagea) non ha consentito finora la realizzazione di studi randomizzati controllati che valutino il confronto del trattamento con CMV o con HFOV. Sulla base della letteratura corrente non vi è quindi evidenza che l’uso elettivo dell’HFOF sia di maggior beneficio per il trattamento dell’RDS nel neonato pretermine rispetto alla CMV, né si è dimostrata la superiorità dell’HFOV rispetto alla CMV nel trattamento dell’insufficienza respiratoria del neonato a termine. Si devono tuttavia considerare numerosi limiti di questi studi: oltre a quelli menzionati, diversi studi risalgono ad oltre 20 anni fa, quando le conoscenze e le competenze riguardanti l’utilizzo dell’HFOV erano in fase iniziale e non sempre consentivano un utilizzo appropriato della tecnica. Inoltre il contesto assistenziale di allora era molto diverso dall’attuale, soprattutto per l’utilizzo non routinario del surfattante esogeno. Indicazioni -Sindrome da distress respiratorio (RDS) -Polmonite -Sindrome da aspirazione di meconio (MAS) -Ernia diaframmatica congenita -Idrope fetale -Ipoplasia polmonare -Air Leak Syndrome (Pneumotorace, Fistola broncopleurica, Enfisema interstiziale) -Fistola tracheoesofagea in attesa di correzione chirurgica -Ipertensione polmonare primitiva

Impostazione dell’HFOV nelle principali indicazioni

Sindrome da Distress Respiratorio (RDS)

La sindrome da distress respiratorio neonatale è una condizione di insufficienza respiratoria che inizia alla nascita o poco dopo ed aumenta di gravità nei 2 giorni seguenti. Clinicamente l’RDS si presenta con cianosi, gemito, rientramenti respiratori e tachipnea. Si puo’ avere un’insufficienza respiratoria con alterazione dell’emogasanalisi, e la diagnosi puo’ essere confermata radiologicamente con il classico aspetto del parenchima

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polmonare a vetro smerigliato e broncogramma aereo. L’RDS è dovuta a un deficit di surfattante alveolare e ad una immaturità strutturale del polmone ed è soprattutto ma non esclusivamente una malattia dei neonati pretermine. La definizione di RDS puo’ essere difficoltosa quando vengono utilizzate precocemente la somministrazione di surfattante e l’applicazione della CPAP. Nella definizione indicata dal Vermont Oxford Neonatal Network si ha una PaO2 < 50 mmHg in aria ambiente, cianosi centrale in aria ambiente o necessità di ossigeno per mantenere una PaO2 > 50 mmHg, oltre al classico aspetto radiologico (57). Tubo tracheale: di calibro adeguato per la taglia del neonato. Tubi di calibro troppo piccolo (evitare tubi di calibro 2 mm) in relazione ai volumi correnti da erogare possono spegnere l’ampiezza del P/P rendendo inefficace la ventilazione e creare una caduta della CDP a livello alveolare generando ipossigenazione (23, 58). Accertarsi che non vi siano perdite. I fenomeni di “leakage” portano all’impostazione di pressioni misurate al raccordo molto diverse da quelle applicate alle vie aeree e agli alveoli (59). (livello di evidenza 4, grado di raccomandazione D). Sistema per aspirazione tracheale: in studi clinici, in neonati trattati con HFOV non sono state rilevate significative e durevoli modificazioni del volume polmonare dopo aspirazione con sistema chiuso o aperto. L’utilizzo del sistema chiuso non previene la perdita di volume polmonare durante la manovra di aspirazione, fenomeno correlato ai calibri del tubo tracheale e del catetere e dalla pressione di aspirazione. (60-62). (livello di evidenza 3, grado di raccomandazione C). Impostazione iniziale dell’HFOV

Flusso: 7-20 l/min, in relazione al ventilatore utilizzato. Considerare che flussi a bassi regimi possono associarsi a instabilità della CDP, soprattutto se le ampiezze delle oscillazioni sono elevate.

Pressione di distensione continua (CDP o MAP o Paw): 8-10 cm H2O se la HFOV è utilizzata di prima intenzione o 2 cm H2O al di sopra della MAP utilizzata in convenzionale se la HFOV è “rescue”.

FiO2: valore minimo per mantenere una target di SpO2 tra 88% e 94%. Frequenza (FR): 15 Hz per neonati di peso<1500g, 10 Hz per neonati di peso >1500g. Ampiezza delle oscillazioni (ΔP o P/P): tale da rendere visibili le vibrazioni toraciche o tale da

garantire volumi correnti (TV) pari a 1.5-2.5 ml/kg se disponibile in linea un sistema di misura di flusso. Tempo inspiratorio (TI): 33%-50% se disponibile la funzione. Considerare che con un TI del 50%

(I:E=1:1) la CDP a livello alveolare è più vicina a quella misurata al raccordo e risente meno di altre variabili quali ampiezza di picco, frequenza e calibro del tubo (4).

(livello di evidenza 4, Grado di raccomandazione D) Ottimizzazione della CDP e ossigenazione La CDP ottimale è la più bassa CDP che consente di mantenere il polmone reclutato, non atelettasico, non sovradisteso, in quella che viene comunemente chiamata finestra sicura (Fig.3). Per ottenere questo obiettivo si sfrutta l’isteresi polmonare e, dopo aver completamente aperto il polmone con una manovra di reclutamento, si imposta la CDP al di sopra della pressione di chiusura sulla branca deflattiva della curva pressione volume del polmone. Nella pratica clinica, data l’attuale indisponibilità di sistemi di misura dei volumi polmonari o della meccanica polmonare al letto del paziente, si utilizza quale indicatore di volume polmonare l’ossigenazione, ovvero la saturazione pulsatile e la frazione inspirata di ossigeno. La procedura, che prende il nome di “incremental decremental CDP trial” (63) (livello di evidenza 3, Grado di raccomandazione C), si attua attraverso le seguenti fasi:

- Aumentare la CDP a step di 1-2 cm H2O ogni 2-3 minuti osservando la saturazione pulsatile preduttale (SpO2)

- Ridurre la FiO2 se la SpO2 si mantiene tra 88% e 94% - Proseguire con l’aumento della CDP e la riduzione della FiO2 fino a che l’ossigenazione non migliora più o

la FiO2 è ≤0.25. Il valore della CDP a questo step viene definito pressione di piena apertura del polmone in cui tutte le unità alveolari sono reclutate (CDPopening).

- Ridurre la pressione sempre a step di 1-2 cmH2O ogni 2-3’ fino a che la saturazione peggiora. Questo valore di CDP viene definito pressione di chiusura (CDPclosing) e corrisponde al valore di pressione in cui le unità alveolari sono collassate. Per peggioramento dell’ossigenazione si intende una valore di SpO2 inferiore al 5% della saturazione alla CDPopening o un valore assoluto inferiore a 86%.

- Reclutare nuovamente il polmone impostando la CDP al valore corrispondente alla CDPopening per 2-3’ - Impostare la CDP 2 cmH2O al di sopra della CDPclosing (CDPoptimal)

E’ consigliabile durante la manovra mantenere costante il P/P (o il TV per i ventilatori che consentono il volume garantito) senza maneggiarli nel tentativo di mantenere a tutti i costi una condizione di normocapnia. Sul piano teorico alti volumi correnti sovraimposti a un polmone non ancora adeguatamente espanso possono portare a sovradistensione ciclica (64) (livello di evidenza 4, Grado di raccomandazione D). D’altro canto il progressivo reclutamento, riducendo lo spazio morto alveolare, costituisce il presupposto per il miglioramento della CO2

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osservato in studi clinici (65) (livello di evidenza 3, Grado di raccomandazione C). Una volta eseguita la procedura di ottimizzazione si può effettuare una radiografia del torace in anteroposteriore per valutare l’espansione polmonare attraverso la posizione della cupola dell’emidiaframma destro la cui posizione ottimale, secondo quanto indicato nei principali trial clinici, è tra l’ottava e la nona costa. In presenza di questo o altri segni radiologici di sovradistensione (profilo cardiaco assottigliato, presenza di tessuto polmonare al di sotto dell’ombra cardiaca) considerare di ridurre la CDP (livello di evidenza 4, Grado di raccomandazione D). Poiché non è più raccomandato che il surfattante sia somministrato profilatticamente (66) (livello di evidenza 1, Grado di raccomandazione A), esso può essere somministrato dopo aver eseguito l’“incremental decremental CDP trial” allo scopo di favorirne una migliore distribuzione ed il miglioramento della meccanica polmonare (63,67) (livello di evidenza 3, Grado di raccomandazione C). Dati gli effetti della variazione della compliance sul volume polmonare la procedura andrebbe ripetuta dopo somministrazione di surfattante (63, 67) (livello di evidenza 3, Grado di raccomandazione C). Dati gli effetti del calibro del tubo, del rapporto I:E e della frequenza sulla pressione alveolare si consiglia di ripetere la procedura in caso di reintubazione, quando si modifica il rapporto I:E o la frequenza di almeno 5 Hz e infine quando si assiste a un significativo aumento del fabbisogno di ossigeno non legato a ostruzione del tubo (livello di evidenza 4, Grado di raccomandazione D). La breve durata delle modificazioni del volume polmonare di fine espirazione in caso di aspirazione dal tubo endotracheale si accompagnano a desaturazioni transitorie, ma se la desaturazione postaspirazione persiste si può effettuare una inflazione sostenuta, impostando la CDP per 15’’-20’’ alla CDPopening (livello di evidenza 4, Grado di raccomandazione D). L’utilizzo del monitoraggio del volume corrente durante la manovra di ottimizzazione della CDP, allo scopo di individuare le modificazioni di compliance che si associano al raggiungimento della pressione di apertura, di sovradistensione o di chiusura, può essere effettuato, ma con cautela e sempre in associazione all’andamento dell’ossigenazione, dato che l’effetto della compliance sul TV diminuisce con l’aumentare delle frequenze e con la riduzione del calibro del tubo (64,65,68) (livello di evidenza 3, Grado di raccomandazione D). Studi clinici sul pretermine evidenziano che la manovra di ottimizzazione effettuata con la tecnica appena descritta non si associa a modificazioni clinicamente rilevanti del flusso polmonare, sistemico e del dotto di Botallo (69) (livello di evidenza 3, Grado di raccomandazione C). Svezzamento dalla HFOV.

- Ridurre la CDP (1-2 cm H2O per volta) non appena la FiO2 è ≤0.25 (livello di evidenza 4, Grado di raccomandazione D)

- Si può estubare direttamente in CPAP, in presenza di attività respiratoria spontanea, quando la CDP è ≤ 8 cmH2O (70) (livello di evidenza 3, Grado di raccomandazione C)

Ernia diaframmatica congenita (CDH) L’ernia diaframmatica congenita (CDH) è una grave anomalia congenita associata ad alta mortalità e morbilità. Nei pazienti con ernia diaframmatica congenita i principali problemi da considerare sono l’ipoplasia polmonare con alta suscettibilità al barotrauma, la riduzione del letto vascolare polmonare con elevata suscettibilità della arteriole polmonari all’ipossia e la carenza di surfattante (71,72). Ad oggi non esistono evidenze scientifiche forti per il management ventilatorio di tali pazienti. Tuttavia nel 2010 la Task force Europea per la CDH (CDH EURO Consortium) (73), basandosi sulla revisione della più recente letteratura e sull’opinione di esperti (livello di evidenza 4, grado di raccomandazione D), ha stilato un protocollo di management postnatale al fine di rendere più omogenea e razionale la gestione dei neonati con ernia diaframmatica congenita. Tale protocollo è inoltre alla base di un importante studio prospettico multicentrico randomizzato controllato tutt’ora in corso, il VICI trial (high frequency oscillation versus conventional mechanical ventilation in newborns with congenital diaphragmatic hernia: an international multicentre randomized controlled trial). Questo trial si propone di confrontare gli outcomes a breve e lungo termine dell’HFOV rispetto alla ventilazione convenzionale (CMV) come modalità ventilatoria iniziale in neonati con CDH (74). Outcome primario di questo studio consiste nella valutazione dell’incidenza di broncodispladia (BPD) e/o mortalità nei primi 28 giorni di vita nei due gruppi di neonati trattati. Gli outcomes secondari considerati sono: mortalità totale, grado di BPD, giorni di ventilazione, fallimento della terapia, danno polmonare da ventilazione, ipertensione polmonare e necessità di ECMO. Per garantire una maggiore omogeneità dei risultati lo studio prevede l’utilizzo del ventilatore Sensormedics 3100 A/B (Carefusion respiratory, USA) per l’HFOV e del Babylog (Dräger Medical System AG, Germania) per la ventilazione convenzionale

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Impostazione iniziale della HFOV MAP 13 – 17 cmH2O (o 1-2 cmH2O superiore a quella impostata in ventilazione convenzionale), rapporto I:E = 1:2; frequenza 10 Hz, ampiezza 30 – 50 cmH2O da regolare in base alle vibrazioni del torace . Modificare i parametri (MAP e FiO2) in modo da ottenere una saturazione preduttale tra 85 e 95% e postduttale > 70%. Il range della PaCO2 dovrebbe essere compreso tra 45 – 60 mmHg. Eseguire un controllo radiografico appena possibile dopo la nascita e ripeterlo entro un’ora dall’inizio della HFOV . Eseguire un controllo ecocardiografico entro le prime 24 ore dalla nascita e rivalutare in presenza di segni di ipoperfusione e/o ipotensione e saturazione preduttale < 80 % . (livello di evidenza 4, grado di raccomandazione D) Sindrome da aspirazione di meconio (MAS) La MAS è la più frequente causa di distress respiratorio neonatale tra le sindromi da aspirazione. La sua incidenza è di circa 1 – 2 su 1000 nati vivi (75) . Alla fisiopatogenesi della MAS contribuiscono diversi meccanismi (meccanici, infiammatori, vascolari, metabolici e tossici) che possono determinare quadri di distress respiratorio di gravità variabile (76). Tali meccanismi sono spesso responsabili dell’instaurarsi di un circolo vizioso caratterizzato da alterazione del rapporto ventilazione – perfusione, shunt destro – sinistro, ipossiemia, acidosi e ipertensione polmonare che possono risultare difficili o impossibili da trattare. Approssimativamente il 30% dei neonati con MAS richiede ventilazione meccanica, spesso associata alla somministrazione di surfattante esogeno che sembra ridurre la necessità di ECMO senza però chiari effetti sulla mortalità(75). A oggi esistono solo due trials prospettici randomizzati controllati che paragonano l’efficacia della HFOV e della ventilazione convenzionale (CV) in neonati a termine con insufficienza respiratoria. Una Chocrane del 2009 analizza i risultati di questi trials concludendo che, in assenza di differenze significative negli outcomes primari (sopravvivenza, necessità di ECMO, CLD, durata della ventilazione meccanica e dell’ospedalizzazione), non esistono al momento evidenze scientifiche che supportino l’utilizzo dell’HFOV piuttosto che la CV in tali pazienti (34) . Alcuni studi hanno tuttavia dimostrato che la HFOV, specie se associata alla somministrazione di ossido nitrico inalatorio, è particolarmente efficace nei neonati con MAS che sviluppano ipertensione polmonare persistente (PPHN)(34,77). Impostazione iniziale dell’HFOV MAP compresa tra 12 e 17 cmH2O (o 1 – 2 cmH2O superiore a quella impostata in ventilazione convenzionale); rapporto I:E = 1:2. Frequenza 10 – 12 Hz; per minimizzare l’air trapping si puo’ utilizzare una frequenza piu’ bassa (6 – 10 Hz) Ampiezza tra 30 e 50 cmH2O, da aumentare fino ad ottenere adeguate e non eccessive oscillazioni toraciche. FiO2 adeguata a ottenere valori di SatO2 preduttale > 85% e postduttale >70%. Una radiografia del torace deve essere eseguita per valutare le condizioni basali e deve essere ripetuta entro circa 1 ora dall’inizio della HFOV per valutare l’espansione polmonare ed evitare l’iperdistensione (espansione del polmone non oltre l’ 8a costa). Le variazioni dei parametri ventilatori devono essere eseguite sotto monitoraggio emogasanalitico (PaO2 e PaCO2) e/o transcutaneo (tcPO2 e tcPCO2) e della SatO2. Il range della PaCO2 dovrebbe essere compreso tra 40 – 50 mmHg. Modificare i parametri (MAP e FiO2) in modo da ottenere una saturazione preduttale tra 85 e 95% e postduttale > 70%. Utile la valutazione almeno quotidiana dell’Indice di Ossigenazione (IO= (MAP x FiO2 x 100)/PaO2). È inoltre indispensabile eseguire un controllo ecocardiografico entro le prime 24 ore di vita per valutare la funzione cardiaca con particolare attenzione alla funzione del ventricolo destro e all’eventuale presenza di ipertensione polmonare. Rivalutare ecocardiograficamente in caso di segni di ipoperfusione e/o ipotensione e saturazione preduttale < 80 %. (livello di evidenza 4; grado di raccomandazione D).

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Sindrome da spandimento gassoso extra-alveolare (air leak syndrome): pneumotorace, fistola broncopleurica, enfisema interstiziale Il trattamento delle sindromi da air-leak, come l’enfisema interstiziale polmonare (PIE), la fistola broncopleurica e la fistola tracheo-esofagea è una delle indicazioni maggiormente documentate per la ventilazione ad alta frequenza (HFV) (78). Numerosi reports infatti hanno mostrato risultati positivi con l’uso della HFV nella gestione di adulti con lesioni delle vie aeree o con fistola broncopleurica e di neonati con air leak persistenti secondari a pneumotorace e fistola tracheo-esofagea (79, 80). Per esempio, Gonzalez et al. (81) hanno dimostrato una riduzione del flusso di aria attraverso il tubo di drenaggio toracico in neonati affetti da pneumotorace che ricevevano high frequency jet ventilation (HFJV), rispetto a quelli che ricevevano ventilazione meccanica convenzionale. Il trial randomizzato multicentrico condotto da Keszler et al. (54) nel 1991 rimane, a tutt’oggi, la miglior evidenza disponibile per l’uso dell’HFV (HFJV) nel trattamento dell’enfisema interstiziale polmonare nel neonato. Non ci sono studi sull’uso dell’HFOV confrontabili con il trial di Keszler, sebbene dati non controllati ne suggeriscano l’efficacia in corso di PIE. Il motivo principale che fa preferire l’uso della ventilazione ad alta frequenza rispetto alla ventilazione convenzionale nella gestione delle sindromi da air leak polmonare è rappresentato dal fatto che il passaggio di un fluido attraverso un “leak” è proporzionale alla sezione dell’area del “leak” stesso, al gradiente pressorio tra i due lati del “leak” e alla durata del tempo che il “leak” è mantenuto aperto (82). E’ necessario quindi utilizzare la pressione picco più bassa possibile per il minor tempo possibile. La modalità ventilatoria che meglio soddisfa questi requisiti è la ventilazione ad alta frequenza, che utilizza tempi inspiratori brevissimi, compresi tra 20 e 150 msec, bassi volumi tidal e bassi picchi pressori (per l’attenuazione progressiva lungo l’albero respiratorio), favorendo così la rapida risoluzione dell’air leak, come recentemente dimostrato da Ellsbury et al. in un modello animale di pneumotorace (83). Diversamente da quanto attuato nella fase acuta dell’insufficienza respiratoria del neonato, in caso di spandimento gassoso extra alveolare si dovrà adottare una low lung volume strategy, utilizzata per minimizzare il barotrauma polmonare, tollerando un’ossigenazione sufficiente ma non ottimale e tollerando elevati valori di PaCO2, mantenendo però valori di pH > 7.25. Impostazione iniziale dell’HFOV MAP uguale a quella in ventilazione convenzionale, ampiezza sufficiente per ottenere minime vibrazioni della cassa toracica, rapporto I:E = 1:2, Fr 10 Hz. I pazienti con air leak dovrebbero essere trattati con HFV fino a 24 ore dopo la risoluzione dell’air leak stesso. (livello di evidenza 4, grado di raccomandazione D) Monitoraggio clinico durante HFOV Volume corrente mediante sensori di flusso (se non disponibile effettuare osservazioni cliniche periodiche della vibrazione toracica) Frequenza cardiaca Pressione arteriosa Saturazione pulsatile pre-duttale (anche post-duttale in caso di sospetto di ipertensione polmonare persistente) PO2 e PCO2 transcutanee Emogasanalisi estemporanea secondo necessità Indice di ossigenazione I.O. (MAP x FiO2 x 100)/PaO2 Esami strumentali Radiografia del torace Ecocardiografia Effetti collaterali I principali effetti collaterali dell’HFOV sono: - Ipotensione arteriosa. L’utilizzo di una MAP eccessiva può provocare iperespansione polmonare con riduzione del ritorno venoso e della gittata cardiaca, con conseguente ipotensione arteriosa. Quindi sono fondamentali il controllo frequente della pressione arteriosa, il controllo radiografico dell’espansione polmonare e della funzione miocardica con ecocardiografia. - Ipocapnia e danno ischemico cerebrale. L’efficacia dell’HFOV nella rimozione della CO2 può causare ipocapnia con conseguente vasocostrizione arteriosa cerebrale. La PCO2 deve essere frequentemente monitorata, soprattutto nelle fasi iniziali della ventilazione con HFOV.

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Controindicazioni Le principali controindicazioni sono: -Shock non corretto -Patologie delle vie aeree (superiori e medie) con gas trapping

Utilizzo della HFOV in Italia In base ai dati del Network Neonatale Italiano (INN) per l’anno 2011 i neonati di peso inferiore ai 1500 g che vengono trattati In HFOV costituiscono il 14% di tutta la popolazione, pari a più del 25% circa di tutti i ventilati, con sensibili variazioni tra i centri e con diverse indicazioni al suo utilizzo, come “first intention” o come “rescue”.

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