Quotidian o 195

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIII n. 195 (46.439) Città del Vaticano mercoledì 28 agosto 2013 . Preoccupazione per le voci insistenti di un attacco anche senza mandato del Consiglio di sicurezza Fuoco incrociato sulle ispezioni dell’Onu in Siria Cinquant’anni dopo, le parole «I have a dream» dello storico discorso a Washington continuano ad essere vive Il sogno di Martin Luther King Devastazioni causate dai combattimenti ad Aleppo (Reuters) Il devastante incendio nel parco di Yosemite insidia le riserve idriche della città californiana San Francisco sotto scacco Vigili del fuoco nel parco di Yosemite (Reuters) Colpita la minoranza musulmana Ondata di violenze in Myanmar I cinquant’anni del grido I have a dream di Martin Luther King vengono ricordati dal car- dinale arcivescovo di Washington in un articolo pubblicato sul «National Catholic Reporter», il cui testo integrale in inglese e in una traduzione italiana può essere letto sul sito del nostro gior- nale (www.osservatoreromano.va). di DONALD WILLIAM WUERL I manifestanti, circa un milione, proveni- vano da tutti gli Stati Uniti e da ogni angolo di Washington. In quella indi- menticabile giornata del 28 agosto 1963, i partecipanti alla marcia ascoltarono le stori- che parole del reverendo Martin Luther King Jr.: «Ho un sogno». Questo sogno continua a essere vivo an- che dopo cinquant’anni. La maestosa statua di King, nel nuovo memoriale a Washing- ton, ci ricorda il suo imponente impegno nel guidare la nostra nazione verso la piena con- sapevolezza dell’uguaglianza di tutte le per- sone dinanzi a Dio. Il suo sogno, profonda- mente radicato nella preghiera e nella sacra Scrittura, continua a incoraggiarci a vederci gli uni gli altri come fratelli e sorelle, figli dello stesso Dio amorevole. E rivolgendosi alla folla proveniente da ambienti, esperienze di vita e tradizioni reli- giose diverse, King aggiunse: «Non possia- mo camminare soli». Con lui, nel Lincoln Memorial, c’era monsignor Patrick O’Boyle, mio predecessore come arcivescovo di Wa- shington, che pronunciò l’invocazione, pre- gando affinché «gli ideali della libertà, bene- detti sia dalla nostra fede, sia dalla nostra eredità democratica, prevalgano nel Paese». O’Boyle aveva incoraggiato i gruppi catto- lici locali, le parrocchie e le università a par- tecipare alla marcia, offrendo ospitalità a quanti venivano da fuori e facendo sfilare striscioni con i nomi delle rispettive parroc- chie e organizzazioni. Impegnarsi per la giu- stizia razziale e sociale era naturale per O’ Boyle, creato cardinale nel 1967. Poco dopo aver ricevuto il pastorale come primo arcive- scovo residenziale di Washington nel 1948, aveva iniziato a lavorare per l’integrazione nelle parrocchie e nelle scuole cattoliche, molti anni prima che la sentenza della Corte Suprema Brown v. Board of Education (1954) dichiarasse illegali le strutture educative se- gregazioniste. Si unì anche ai leader religiosi della città domandando uguali opportunità in tema di alloggi, lavoro e istruzione pub- blica. Al concilio Vaticano II esortò i padri conciliari a emanare una esplicita di- chiarazione di condanna verso i pregiudizi razziali. Nel suo discorso, King lanciò un fervido appello affinché fosse costruita una società giusta per i bambini di tutte le razze e di ogni ambiente. «Ora è il momento di fare della giustizia una realtà per tutti i figli di Dio», disse esortando la folla e l’Ame- rica tutta. Come perso- ne di fede e come americani non possiamo re- stare indolenti o compiacenti quando ci troviamo dinanzi al peccato del razzismo o a qualsiasi forma di ingiustizia. Rendiamo onore alle eredità di King e di O’Bo- yle proseguendo il loro lavo- ro. Un impegno questo che og- gi implica anche fornire opportu- nità educative a tutti i bambini, e in particolare a quelli che altrimenti sareb- bero destinati a scuole troppo spesso definite “scarse”. Le 96 scuole catto- liche nell’ar- cidiocesi di Washington servono quasi 30.000 bambi- ni della capi- tale e del Ma- ryland. Molti di questi studenti appartengo- no alle minoranze e non sono cattolici. Per il prossimo anno accademico 2013-2014 l’arci- diocesi ha stanziato 5,5 milioni di dollari quale contributo alle tasse scolastiche, cifra che è quasi sestuplicata negli ultimi anni. Come arcivescovo di Washington, sono stato testimone del sogno di King di vedere gli americani pregare e marciare insieme per la giustizia. Ogni anno, du- rante le marce, i raduni e le messe per la vita, cen- tinaia di migliaia di per- sone provenienti da tutto il Paese si riuniscono per pregare e mar- ciare insieme in difesa della digni- tà della vita uma- na in ogni sua fa- se. La nostra fede non potrà mai es- sere relegata a quell’ora in chiesa la domenica. Come ci ha invitato a fare Papa Francesco, dobbiamo “uscire” e portare l’amore e la speranza di Cristo alle nostre comunità e al mondo. È per questo che i programmi delle Catholic Charities e gli ospedali cattolici continuano a portare l’amore e la speranza di Cristo a tut- ti coloro che ne hanno bisogno, a prescinde- re da razza, religione, sesso, nazionalità o orientamento sessuale. Per questo dobbiamo continuare a sostenere la dignità della vita umana, la libertà religiosa e la giustizia per gli immigrati. La nuova enciclica del nostro Papa, Lumen fidei, ci ricorda che la fede è la luce che dovrebbe guidare la nostra vita. Certamente lo è stata per King. Parlando dai gradini dell’Islamic Center a Washington durante un incontro interconfes- sionale nel 2006, ho invitato le persone ad affidarsi alla luce della loro fede per dissipa- re il buio, le paure e l’odio nel mondo, e a costruire insieme ponti di solidarietà e di pa- ce. È questa l’unità che King non solo ha sognato, ma che ha creduto sarebbe diventa- ta realtà. «Con questa fede potremo trasformare il suono dissonante della nostra nazione in una armoniosa sinfonia di fraternità», disse. Verrà il giorno «in cui tutti i figli di Dio, uomo negro e uomo bianco, ebreo e cristia- no, protestante e cattolico, potremo unire le nostre mani a cantare le parole del vecchio spiritual Negro: Liberi finalmente, liberi fi- nalmente; grazie Dio onnipotente, siamo fi- nalmente liberi». DAMASCO, 27. Mentre l’avvio dell’ispezione dell’Onu sul presunto uso di armi chimiche in Siria viene segnato da spari, per fortuna senza vittime, di cecchini non identificabi- li, i toni si fanno sempre più drasti- ci. Così che l’azione delle Nazioni Unite appare sottoposta a una sorta di fuoco incrociato, reale e diploma- tico. Infatti diversi attori internazio- nali sembrano ormai considerare l’ispezione non più determinante, sebbene il segretario generale del- l’Onu, Ban Ki-moon, abbia dichia- rato che già sono stati recuperati «elementi di grande valore». Ban Ki-moon è tornato oggi a chiedere ai belligeranti libero accesso per gli ispettori. Poco prima il ministro de- gli Esteri siriano, Walid al Muallim, aveva sostenuto che l’azione degli ispettori è stata ostacolata oggi dai gruppi ribelli in contrasto fra loro. L’intervento armato di alcuni Pae- si si profila così come una possibilità concreta. Forte preoccupazione per una simile deriva del già drammatico conflitto siriano viene espressa da al- cuni Governi, oltre che dalla società civile e dalle comunità religiose. Sembra ormai declinare, però, anche il residuo impegno a organizzare la già più volte rinviata conferenza di pace, la cosiddetta Ginevra 2, per la quale si erano spesi congiuntamente Stati Uniti e Russia. Il dipartimento di Stato di Washington ha annullato il previsto incontro di domani all’Aja con i russi motivando la decisione con «le consultazioni in corso per trovare una risposta appropriata do- po l’attacco con armi chimiche in Si- ria, il 21 agosto», quello appunto sul quale sta indagando l’Onu. Il vice ministro degli Esteri russo, Ghenna- di Gatilov, ha espresso rammarico per la decisione, definita incresciosa e unilaterale, ricordando che «l’ela- borazione dei parametri per la solu- zione politica in Siria sarebbe molto utile proprio ora in cui su questo Paese incombe un’azione militare». In precedenza, il segretario di Sta- to, John Kerry, aveva dichiarato che a Washington non hanno dubbi sul fatto che il presidente siriano Bashar Al Assad sia responsabile di un at- tacco con gas nervino alla periferia di Damasco il 21 agosto. Kerry ha parlato di «offesa per il mondo» ag- giungendo che il presidente Barack Obama sta valutando risposte. La stampa statunitense parla di un at- tacco aereo — definito limitato, come sempre si fa in questi casi — contro basi militari siriane, che dovrebbe anche svolgere una funzione deter- rente, mantenendo però gli Stati Uniti estranei alla guerra civile in Siria. Sebbene fonti della Casa Bianca abbiano specificato che nessuna de- cisione è stata presa, «The Washin- gton Post» dà l’attacco per certo e ne fa ormai una questione di tempi. Questi dipenderebbero da tre fattori: il completamento del rapporto dell’intelligence che gli Stati Uniti porterebbero come prova della col- pevolezza del Governo siriano, le consultazioni con il Congresso e con gli alleati, il modo per intervenire in assenza di una decisione del Consi- glio di sicurezza dell’Onu, dove è prevedibile il veto della Russia e for- se della Cina. I giuristi dell’Ammini- strazione statunitense starebbero in- fatti esaminando una possibile giu- stificazione legale sulla base della violazione del divieto internazionale dell’uso o di una richiesta di assi- stenza da parte di uno Stato vicino, come la Turchia. Il Governo di Ankara è tra quelli certi dell’uso di armi chimiche da parte dell’esercito siriano e pronti a partecipare a un intervento anche senza l’avallo dell’Onu. Su questa li- nea, secondo commenti di fonti di- plomatiche dopo un colloquio tele- fonico durato quaranta minuti tra Obama e il premier britannico David Cameron, sarebbe orientato anche il Governo di Londra. La Russia continua ad ammonire sulle conseguenze «estremamente gravi» di un simile sviluppo. Per il ministro degli esteri, Serghei Lavrov, sarebbe una «grossolana violazione» del diritto internazionale, mentre il presidente Vladimir Putin, anch’egli in una telefonata con Cameron, ha ribadito che «non ci sono prove che l’attacco del 21 agosto sia stato opera delle forze di Assad». Anche per il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, un attacco alla Siria avrebbe «gravi conseguen- ze in tutta la regione». NAYPYIDAW, 27. Un migliaio di ma- nifestanti buddisti del Myanmar armati di bastoni e spranghe di fer- ro hanno assalito a Kanbalu, nella regione centrale di Sagaing, le zo- ne abitate dai musulmani, incen- diando negozi e automobili. La po- lizia ha sparato colpi di avverti- mento in aria per tre volte quando la folla di dimostranti si accingeva a incendiare alcune case. Nel rife- rirlo, un comunicato del Governo di Naypyidaw, pubblicato sul sito del ministero dell’Informazione ag- giunge che gli abitanti sono stati costretti a rifugiarsi nelle moschee. Secondo testimoni oculari, sono stati attaccati anche i veicoli di soc- corso e dei vigili del fuoco. Una dozzina di aggressori sono stati fer- mati. A Kanbalu, un’area remota a nord della città di Meiktila, già nei mesi scorsi c’erano stati gravi inci- denti, con decine di morti, devasta- zioni e la fuga di massa dei musul- mani. Anche in questo caso, centi- naia di profughi hanno lasciato l’area, unendosi agli oltre 150.000 musulmani di etnia rohingya (con- centrati, senza che ne venga rico- nosciuta la cittadinanza, nello Sta- to occidentale di Rakhine) costretti a fuggire per le ripetute violenze, nonostante che la Costituzione del Myanmar riconosca l’islam tra le religioni autorizzate e che sotto il regime militare precedente la svolta democratica del presidente riformi- sta, Thein Sein, i musulmani aves- sero raramente sperimentato ag- gressioni da parte dei buddisti. Lunedì scorso, il relatore specia- le dell’Alto commissariato dell’O nu per i Diritti umani, Tomás Ojea Quintana, era stato attaccato a Meiktila, dove si stava recando per verificare di persona le violenze precedenti. L’inviato dell’organi- smo delle Nazioni Unite ha accu- sato le autorità del Myanmar di non averlo protetto dalla furia di almeno duecento facinorosi, che hanno assalito il corteo di auto dell’Onu e preso a calci e bastona- te il veicolo su cui si trovava. Non ci sono stati feriti, ma l’episodio, ha precisato il diplomatico, lo ha costretto ad annullare i piani di vi- sita a un campo di 1.600 sfollati musulmani, bloccati dalle violenze del marzo scorso. WASHINGTON, 27. Le fiamme che stanno devastando il parco di Yo- semite minacciano da vicino San Francisco. L’emergenza è ai mas- simi livelli: le riserve d’acqua del- la città sono a rischio. Circa 8.000 vigili del fuoco sono al la- voro per cercare di limitare gli ef- fetti delle fiamme che finora han- no distrutto 5.000 ettari di bosco. Il pericolo principale è che il fuoco possa distruggere non solo le riserve idriche, ma anche le li- nee elettriche che alimentano la rete della metropoli californiana. Secondo i pompieri le fiamme so- no partite da un unico focolaio nel cuore della Sierra Nevada, per poi allargarsi su almeno cinquan- ta diversi fronti. Il parco di Yose- mite, teatro della catastrofe am- bientale, è meta di milioni di escursionisti e visitatori, attratti soprattutto dalle spettacolari ca- scate e dalle imponenti sequoie. Come sant’Agostino parla dell’attenzione verso chi ha bisogno Il vero frutto della fede PAGINA 4 L’antico vescovo di Ippona e l’attuale vescovo di Roma Agostino in Vaticano PAGINA 8

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLIII n. 195 (46.439) Città del Vaticano mercoledì 28 agosto 2013

.

Preoccupazione per le voci insistenti di un attacco anche senza mandato del Consiglio di sicurezza

Fuoco incrociatosulle ispezioni dell’Onu in Siria

Cinquant’anni dopo, le parole «I have a dream» dello storico discorso a Washington continuano ad essere vive

Il sogno di Martin Luther King

Devastazioni causate dai combattimenti ad Aleppo (Reuters)

Il devastante incendio nel parco di Yosemite insidia le riserve idriche della città californiana

San Francisco sotto scacco

Vigili del fuoco nel parco di Yosemite (Reuters)

Colpita la minoranza musulmana

Ondata di violenzein Myanmar

I cinquant’anni del grido I have a dream diMartin Luther King vengono ricordati dal car-dinale arcivescovo di Washington in un articolopubblicato sul «National Catholic Reporter», ilcui testo integrale in inglese e in una traduzioneitaliana può essere letto sul sito del nostro gior-nale (www.osservatoreromano.va).

di DONALD WILLIAM WUERL

I manifestanti, circa un milione, proveni-vano da tutti gli Stati Uniti e da ogniangolo di Washington. In quella indi-

menticabile giornata del 28 agosto 1963, ipartecipanti alla marcia ascoltarono le stori-che parole del reverendo Martin LutherKing Jr.: «Ho un sogno».

Questo sogno continua a essere vivo an-che dopo cinquant’anni. La maestosa statuadi King, nel nuovo memoriale a Washing-ton, ci ricorda il suo imponente impegno nelguidare la nostra nazione verso la piena con-sapevolezza dell’uguaglianza di tutte le per-sone dinanzi a Dio. Il suo sogno, profonda-mente radicato nella preghiera e nella sacraScrittura, continua a incoraggiarci a vedercigli uni gli altri come fratelli e sorelle, figlidello stesso Dio amorevole.

E rivolgendosi alla folla proveniente daambienti, esperienze di vita e tradizioni reli-giose diverse, King aggiunse: «Non possia-mo camminare soli». Con lui, nel Lincoln

Memorial, c’era monsignor Patrick O’Boyle,mio predecessore come arcivescovo di Wa-shington, che pronunciò l’invocazione, pre-gando affinché «gli ideali della libertà, bene-detti sia dalla nostra fede, sia dalla nostraeredità democratica, prevalgano nel Paese».

O’Boyle aveva incoraggiato i gruppi catto-lici locali, le parrocchie e le università a par-tecipare alla marcia, offrendo ospitalità aquanti venivano da fuori e facendo sfilarestriscioni con i nomi delle rispettive parroc-chie e organizzazioni. Impegnarsi per la giu-stizia razziale e sociale era naturale per O’Boyle, creato cardinale nel 1967. Poco dopoaver ricevuto il pastorale come primo arcive-scovo residenziale di Washington nel 1948,aveva iniziato a lavorare per l’integrazionenelle parrocchie e nelle scuole cattoliche,molti anni prima che la sentenza della CorteSuprema Brown v. Board of Education (1954)dichiarasse illegali le strutture educative se-gregazioniste. Si unì anche ai leader religiosidella città domandando uguali opportunitàin tema di alloggi, lavoro e istruzione pub-blica. Al concilio Vaticano II esortò i padriconciliari a emanare una esplicita di-chiarazione di condanna verso i pregiudizirazziali.

Nel suo discorso, King lanciò un fervidoappello affinché fosse costruita una societàgiusta per i bambini di tutte le razze e diogni ambiente. «Ora è il momento di faredella giustizia una realtà per tutti i figli di

Dio», disseesortando lafolla e l’Ame-rica tutta.Come perso-ne di fede ecome americaninon possiamo re-stare indolenti ocompiacenti quandoci troviamo dinanzi alpeccato del razzismoo a qualsiasi forma diingiustizia.

Rendiamo onore alleeredità di King e di O’Bo-yle proseguendo il loro lavo-ro. Un impegno questo che og-gi implica anche fornire opportu-nità educative a tutti i bambini, e inparticolare a quelli che altrimenti sareb-bero destinati ascuole troppospesso definite“scarse”. Le 96scuole catto-liche nell’ar-cidiocesi diWa s h i n g t o nservono quasi30.000 bambi-ni della capi-tale e del Ma-

ryland. Molti di questi studenti appartengo-no alle minoranze e non sono cattolici. Per ilprossimo anno accademico 2013-2014 l’a rc i -diocesi ha stanziato 5,5 milioni di dollariquale contributo alle tasse scolastiche, cifrache è quasi sestuplicata negli ultimi anni.

Come arcivescovo di Washington, sonostato testimone del sogno di King di vedere

gli americani pregare emarciare insieme per lagiustizia. Ogni anno, du-rante le marce, i raduni ele messe per la vita, cen-tinaia di migliaia di per-sone provenienti da tutto

il Paese si riunisconoper pregare e mar-

ciare insieme indifesa della digni-tà della vita uma-na in ogni sua fa-se.

La nostra fedenon potrà mai es-

sere relegata aquell’ora in chiesa la

domenica. Come ciha invitato a fare PapaFrancesco, dobbiamo“u s c i re ” e portarel’amore e la speranzadi Cristo alle nostrecomunità e al mondo.

È per questo che i programmi delle CatholicCharities e gli ospedali cattolici continuano aportare l’amore e la speranza di Cristo a tut-ti coloro che ne hanno bisogno, a prescinde-re da razza, religione, sesso, nazionalità oorientamento sessuale. Per questo dobbiamocontinuare a sostenere la dignità della vitaumana, la libertà religiosa e la giustizia pergli immigrati. La nuova enciclica del nostroPapa, Lumen fidei, ci ricorda che la fede è laluce che dovrebbe guidare la nostra vita.Certamente lo è stata per King.

Parlando dai gradini dell’Islamic Center aWashington durante un incontro interconfes-sionale nel 2006, ho invitato le persone adaffidarsi alla luce della loro fede per dissipa-re il buio, le paure e l’odio nel mondo, e acostruire insieme ponti di solidarietà e di pa-ce. È questa l’unità che King non solo hasognato, ma che ha creduto sarebbe diventa-ta realtà.

«Con questa fede potremo trasformare ilsuono dissonante della nostra nazione inuna armoniosa sinfonia di fraternità», disse.Verrà il giorno «in cui tutti i figli di Dio,uomo negro e uomo bianco, ebreo e cristia-no, protestante e cattolico, potremo unire lenostre mani a cantare le parole del vecchiospiritual Negro: Liberi finalmente, liberi fi-nalmente; grazie Dio onnipotente, siamo fi-nalmente liberi».

DA M A S C O, 27. Mentre l’avviodell’ispezione dell’Onu sul presuntouso di armi chimiche in Siria vienesegnato da spari, per fortuna senzavittime, di cecchini non identificabi-li, i toni si fanno sempre più drasti-ci. Così che l’azione delle NazioniUnite appare sottoposta a una sortadi fuoco incrociato, reale e diploma-tico. Infatti diversi attori internazio-nali sembrano ormai considerarel’ispezione non più determinante,sebbene il segretario generale del-l’Onu, Ban Ki-moon, abbia dichia-rato che già sono stati recuperati«elementi di grande valore». BanKi-moon è tornato oggi a chiedereai belligeranti libero accesso per gliispettori. Poco prima il ministro de-gli Esteri siriano, Walid al Muallim,aveva sostenuto che l’azione degliispettori è stata ostacolata oggi daigruppi ribelli in contrasto fra loro.

L’intervento armato di alcuni Pae-si si profila così come una possibilitàconcreta. Forte preoccupazione peruna simile deriva del già drammaticoconflitto siriano viene espressa da al-cuni Governi, oltre che dalla societàcivile e dalle comunità religiose.Sembra ormai declinare, però, ancheil residuo impegno a organizzare lagià più volte rinviata conferenza dipace, la cosiddetta Ginevra 2, per laquale si erano spesi congiuntamenteStati Uniti e Russia. Il dipartimentodi Stato di Washington ha annullatoil previsto incontro di domani all’Ajacon i russi motivando la decisionecon «le consultazioni in corso pertrovare una risposta appropriata do-

po l’attacco con armi chimiche in Si-ria, il 21 agosto», quello appunto sulquale sta indagando l’Onu. Il viceministro degli Esteri russo, Ghenna-di Gatilov, ha espresso rammaricoper la decisione, definita incresciosae unilaterale, ricordando che «l’ela-

borazione dei parametri per la solu-zione politica in Siria sarebbe moltoutile proprio ora in cui su questoPaese incombe un’azione militare».

In precedenza, il segretario di Sta-to, John Kerry, aveva dichiarato chea Washington non hanno dubbi sul

fatto che il presidente siriano BasharAl Assad sia responsabile di un at-tacco con gas nervino alla periferiadi Damasco il 21 agosto. Kerry haparlato di «offesa per il mondo» ag-giungendo che il presidente BarackObama sta valutando risposte. Lastampa statunitense parla di un at-tacco aereo — definito limitato, comesempre si fa in questi casi — c o n t robasi militari siriane, che dovrebbeanche svolgere una funzione deter-rente, mantenendo però gli StatiUniti estranei alla guerra civile inSiria.

Sebbene fonti della Casa Biancaabbiano specificato che nessuna de-cisione è stata presa, «The Washin-gton Post» dà l’attacco per certo ene fa ormai una questione di tempi.Questi dipenderebbero da tre fattori:il completamento del rapportodell’intelligence che gli Stati Unitiporterebbero come prova della col-pevolezza del Governo siriano, leconsultazioni con il Congresso e congli alleati, il modo per intervenire inassenza di una decisione del Consi-glio di sicurezza dell’Onu, dove èprevedibile il veto della Russia e for-se della Cina. I giuristi dell’Ammini-strazione statunitense starebbero in-fatti esaminando una possibile giu-stificazione legale sulla base dellaviolazione del divieto internazionaledell’uso o di una richiesta di assi-stenza da parte di uno Stato vicino,come la Turchia.

Il Governo di Ankara è tra quellicerti dell’uso di armi chimiche daparte dell’esercito siriano e pronti apartecipare a un intervento anchesenza l’avallo dell’Onu. Su questa li-nea, secondo commenti di fonti di-plomatiche dopo un colloquio tele-fonico durato quaranta minuti traObama e il premier britannicoDavid Cameron, sarebbe orientatoanche il Governo di Londra.

La Russia continua ad ammoniresulle conseguenze «estremamentegravi» di un simile sviluppo. Per ilministro degli esteri, Serghei Lavrov,sarebbe una «grossolana violazione»del diritto internazionale, mentre ilpresidente Vladimir Putin, anch’egliin una telefonata con Cameron, haribadito che «non ci sono prove chel’attacco del 21 agosto sia stato operadelle forze di Assad». Anche per ilportavoce del ministero degli Esteriiraniano, Abbas Araqchi, un attaccoalla Siria avrebbe «gravi conseguen-ze in tutta la regione».

NAY P Y I D AW, 27. Un migliaio di ma-nifestanti buddisti del Myanmararmati di bastoni e spranghe di fer-ro hanno assalito a Kanbalu, nellaregione centrale di Sagaing, le zo-ne abitate dai musulmani, incen-diando negozi e automobili. La po-lizia ha sparato colpi di avverti-mento in aria per tre volte quandola folla di dimostranti si accingevaa incendiare alcune case. Nel rife-rirlo, un comunicato del Governodi Naypyidaw, pubblicato sul sitodel ministero dell’Informazione ag-giunge che gli abitanti sono staticostretti a rifugiarsi nelle moschee.Secondo testimoni oculari, sonostati attaccati anche i veicoli di soc-corso e dei vigili del fuoco. Unadozzina di aggressori sono stati fer-mati.

A Kanbalu, un’area remota anord della città di Meiktila, già neimesi scorsi c’erano stati gravi inci-denti, con decine di morti, devasta-zioni e la fuga di massa dei musul-mani. Anche in questo caso, centi-naia di profughi hanno lasciatol’area, unendosi agli oltre 150.000musulmani di etnia rohingya (con-centrati, senza che ne venga rico-

nosciuta la cittadinanza, nello Sta-to occidentale di Rakhine) costrettia fuggire per le ripetute violenze,nonostante che la Costituzione delMyanmar riconosca l’islam tra lereligioni autorizzate e che sotto ilregime militare precedente la svoltademocratica del presidente riformi-sta, Thein Sein, i musulmani aves-sero raramente sperimentato ag-gressioni da parte dei buddisti.

Lunedì scorso, il relatore specia-le dell’Alto commissariato dell’O nuper i Diritti umani, Tomás OjeaQuintana, era stato attaccato aMeiktila, dove si stava recando perverificare di persona le violenzeprecedenti. L’inviato dell’o rg a n i -smo delle Nazioni Unite ha accu-sato le autorità del Myanmar dinon averlo protetto dalla furia dialmeno duecento facinorosi, chehanno assalito il corteo di autodell’Onu e preso a calci e bastona-te il veicolo su cui si trovava. Nonci sono stati feriti, ma l’episo dio,ha precisato il diplomatico, lo hacostretto ad annullare i piani di vi-sita a un campo di 1.600 sfollatimusulmani, bloccati dalle violenzedel marzo scorso.

WASHINGTON, 27. Le fiamme chestanno devastando il parco di Yo-semite minacciano da vicino SanFrancisco. L’emergenza è ai mas-simi livelli: le riserve d’acqua del-la città sono a rischio. Circa8.000 vigili del fuoco sono al la-voro per cercare di limitare gli ef-fetti delle fiamme che finora han-no distrutto 5.000 ettari di bosco.

Il pericolo principale è che ilfuoco possa distruggere non solole riserve idriche, ma anche le li-

nee elettriche che alimentano larete della metropoli californiana.Secondo i pompieri le fiamme so-no partite da un unico focolaionel cuore della Sierra Nevada, perpoi allargarsi su almeno cinquan-ta diversi fronti. Il parco di Yose-mite, teatro della catastrofe am-bientale, è meta di milioni diescursionisti e visitatori, attrattisoprattutto dalle spettacolari ca-scate e dalle imponenti sequoie.

Come sant’Agostino parladell’attenzione verso chi ha bisogno

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Contrasti tra Grecia e Albaniasulla tutela delle minoranze

TIRANA, 27. Potrebbe essere a rischioil processo di adesione dell’Albaniaall’Ue se non saranno tutelati i dirit-ti delle minoranze etniche e religio-se. L’avvertimento è arrivato dal viceministro degli Esteri greco, DimitrisKourkoulas, in una intervista al quo-tidiano di Atene «Eleftherotypia» ri-presa dai media albanesi.

L’esponente del Governo ellenicoha spiegato quali saranno le politi-che che la Grecia seguirà nel corsodel semestre di presidenza dell’Uenella prima parte del 2014, sottoli-neando che Atene continuerà a «so-stenere la prospettiva europea deiBalcani occidentali», ma ha anchericordato che «l’ingresso nella fami-glia europea esige il rispetto per leminoranze religiose etniche e cultu-rali, così come la difesa delle lorop ro p r i e t à » .

L’esponente ellenico si riferisce al-le recenti vicende di Përmet, Paesenel sud dell’Albania, dove non ac-cenna a diminuire la tensione tra lacomunità ortodossa e le autorità mu-nicipali per la proprietà di un sito.

Per il vice ministro degli Esterigreco, quanto accaduto nei giorniscorsi a Përmet «è inaccettabile», mac’è la volontà di approfondire lacooperazione con l’Albania, augu-randosi che il Governo di Tiranapossa essere in grado di isolare colo-ro che minano le relazioni bilaterali.

Ex cancelliereaustriaco

consulentedel Governo serbo

BELGRAD O, 27. Mentre si va com-pletando il rimpasto del Governoserbo, dopo l’uscita dalla maggio-ranza del Partito delle regioni,l’ex cancelliere austriaco, AlfredGusenbauer, si è detto dispostoad assistere l’Esecutivo di Belgra-do in qualità di consulente e a fa-vorire l’avvicinamento di Belgra-do alla Ue, affermando che un’in-tesa in questo senso verrà finaliz-zata nei prossimi giorni.

Questa settimana il Parlamentovoterà la fiducia al nuovo Gover-no. Il vice premier AleksandarVučić, leader del Partito del pro-gresso, quello di maggioranza re-lativa, ha annunciato ieri le candi-dature per i ministeri dell’Econo-mia e dell’Agricoltura. Si tratta ri-spettivamente di Saša Raduloviće di Dragan Glamočić, entrambinon appartenenti a forze politi-che, così come Lazar Krstic, ilgiovane economista non ancoratrentenne che sarà il nuovo mini-stro delle Finanze. Nel Governouscente, Economia e Finanze era-no accorpati e affidati al leaderdel Partito delle regioni, MlađanDinkić. Il Partito del progressoha poi designato i candidati perla Difesa, Nebojsa Rodic, e per loSviluppo regionale, Igor Mirovic.I candidati dell’altra formazionedi Governo, il Partito socialistadel premier Ivica Dačić, sarannoannunciati nelle prossime ore.

Per evitare il ricorso a un ulteriore prestito come suggerisce il ministro delle Finanze tedesco

Atene intenderinegoziare il secondo salvataggio

ATENE, 27. La Grecia potrebbe al-leggerire il suo fardello finanziariocon un debito che viaggia al 180 percento del pil, rinegoziando l’attualesalvataggio, piuttosto che chiedereun terzo prestito, come suggeritodal ministro delle Finanze tedesco,Wolfgang Schäuble.

La prospettiva di una rinegozia-zione del salvataggio è stata indicataieri dal ministro delle Finanze gre-co, Yannis Stournaras. La rinegozia-zione — ha detto il ministro, che hariconosciuto un «buco» da dieci mi-liardi di euro nelle finanze greche —punterebbe ad abbassare il paga-mento degli interessi e alla conces-sione di più tempo per ripagare i240 miliardi di euro finora concessidall’Unione europea e dal Fondomonetario internazionale. La posi-zione del ministro delle Finanzegreco è simile a quella espressa pro-prio in questi giorni dal commissa-rio europeo per gli Affari economicie monetari dell’Ue, Olli Rehn, ilquale ha detto di preferire un allun-gamento dei tempi per il pagamentodel debito.

Intanto il ministro delle Finanzetedesco ha quantificato in undicimiliardi di euro il volume di uneventuale terzo pacchetto di aiuti al-la Grecia, da erogare entro il 2015.Si tratta di una cifra «non irrealisti-ca» ha dichiarato Schäuble.

Ridotteda Moscale stime

di crescita

MOSCA, 27. La brusca frenatadell’economia russa ha costrettoancora una volta il Governo diMosca a ridimensionare leaspettative per la crescita del2013, portandole all’1,8 per cen-to rispetto alla precedente previ-sione che era del 2,4 per cento.È la seconda volta dall’iniziodell’anno, come riportano leagenzie di stampa russe citandofonti governative.

Se le stime saranno conferma-te, si tratterebbe della peggioreperformance dell’economia russadalla crisi finanziaria del 2008-2009. Tra le cause del tracollo —dicono gli esperti — vi sono lacrisi globale che ha colpito leesportazioni (in particolare quel-le verso il mercato europeo), lacostante debolezza della produ-zione industriale, la carenza de-gli investimenti e la mancanzadegli incentivi alla spesa legatiall’anno passato, in concomitan-za con la campagna elettorale.

Il Governo russo aveva giàabbassato la sua previsione sullacrescita per quest’anno al 2,4per cento, dal 3,6 per cento sti-mato in precedenza. Nel 2012 ilprodotto interno lordo era cre-sciuto del 3,4 per cento, mentrenel 2011 del 4,3 per cento.

Fallito il tentativo di una larga alleanza di centro-sinistra

Si spaccal’opposizione ungherese

L’Unione europeachiede

chiarimentiall’Islanda

BRUXELLES, 27. L’Ue ha bisognodi chiarezza sulle intenzionidell’Islanda riguardo al suo fu-turo europeo, con cui il prece-dente Governo dell’isola, nelpieno della crisi finanziaria cheaveva colpito il Paese, aveva lan-ciato i negoziati d’adesione.

Dopo le elezioni dello scorsoaprile, da cui è uscito un Esecu-tivo euroscettico, il Parlamentoha infatti annunciato un riesamedel processo di adesione perl’autunno, mentre il consigliocostituzionale ha affermato cheil Governo non deve sentirsivincolato dal voto del preceden-te Parlamento che nel 2009 siera espresso a favore dell’i n g re s -so nell’Unione europea. «Uffi-cialmente nessuno ci ha dettoche all’Islanda non interessa piùaderire all’Ue» ha affermato ieriin una nota da Bruxelles il por-tavoce del commissario Ueall’Allargamento, Peter Stano.«Sul tavolo c’è ancora la do-manda di Reykjavík, ora aspet-tiamo la valutazione del Parla-mento attesa per l’autunno, ma— ha sottolineato il portavoceeuropeo — dobbiamo avere chia-rezza sul futuro complessivo delprocesso di adesione».

Approvate in Italia misuresulla pubblica amministrazione

KI E V, 27. L’Ucraina non può avereun accordo di libero scambio conl’Ue e, contemporaneamente, conl’Unione doganale di Russia, Bie-lorussia e Kazakhstan, ed è «inutilecontinuare a dialogare su questopunto». Lo ha affermato ieri il vicepremier russo, Igor Shuvalov, subi-to dopo un incontro tra il primoministro del Governo di Mosca,Dmitri Medvedev, e il suo omolo-go ucraino, Mikola Azarov.

Il Cremlino non vede di buonocchio un possibile avvicinamento

a Bruxelles dell’Ucraina e premeper la piena adesione di Kievall’Unione doganale, magari incambio di una riduzione del prez-zo pagato per il gas russo.

La fine, annunciata il 20 agostoscorso, della breve guerra doganaletra Mosca e Kiev — che ha blocca-to per quasi una settimana il pas-saggio in Russia delle merci ucrai-ne, che continuano ad avere nell’exUnione sovietica il loro principalemercato di riferimento — secondoalcuni osservatori potrebbe in real-tà essere soltanto una tregua.

Nei giorni scorsi, il presidentedella Russia, Vladimir Putin, ha in-fatti minacciato l’adozione di unaserie di misure protezionistiche daparte dell’Unione doganale se Kievdovesse «liberalizzare considerevol-mente il regime doganale conl’Ue», siglando un accordo di asso-ciazione e libero scambio conl’Unione europea a Vilnius (capita-le della Lituania) a fine novembre.

Ieri, in un vertice a Gorki, locali-tà vicino Mosca, il primo ministroMedvedev ha esortato il collegaucraino Azarov a riflettere «conestrema onestà» sulle conseguenzegiuridiche ed economiche del-l’eventuale firma di un tale accor-do. La miccia rimane accesa.

BU D A P E S T, 27. Le forze dell’opp osi-zione in Ungheria si sono spaccate,fallendo il tentativo di mettere inpiedi una larga alleanza elettoraledi centro sinistra per fronteggiare ilGoverno conservatore di ViktorOrbán alle prossime elezioni.

Pomo della discordia, rilevanogli analisti politici, è stata la sceltadel candidato premier, e a trarnevantaggio sarà ora proprio l’attualeEsecutivo. Il leader del Partito so-cialista, Attila Mesterházy, e il capodel cartello di centro Insieme 2014,Gordon Bajnai, aspirano entrambialla candidatura a primo ministronella sfida contro Orbán alle poli-tiche del prossimo anno. Ma letrattative non hanno dato esito esono state interrotte.

Mesterházy vorrebbe indire pri-marie fra le forze di sinistra pernominare il candidato premier,mentre Bajnai ha proposto un son-daggio approfondito allo stesso fi-ne. Un altro problema è che le al-tre forze di opposizione — lib erali,verdi, centristi di destra — sonoesclusi dalle trattative.

Nei sondaggi in vista del voto, ilpartito di Governo di Orbán(Fidesz, l’Unione civica ungherese)è ampiamente in testa con il qua-ranta per cento delle intenzioni divoto (i socialisti sono al 25 per cen-to e Insieme 2014 all’8 per cento).E, secondo gli osservatori, lo stallo

potrebbe essere fatale per l’opp osi-zione. «Per gli elettori che voglio-no cambiare Governo, l’opp osizio-ne risulta incompetente e litigiosa»,ha scritto ieri il quotidiano «Libe-ral». «Questa — ha aggiunto ilgiornale — appare davanti a un bi-vio: o risolve presto la questionedella leadership, o andrà incontro auna sconfitta ancora più pesanteche nel 2010».

La sede del parlamento albanese a Tirana

La bandiera greca con, sullo sfondo, l’Acropoli (Reuters)

Ucciso il capodella sicurezzain Inguscezia

MOSCA, 27. Il capo del consigliodi sicurezza dell’Inguscezia,Akhmed Kotiev, è stato assassi-nato ieri a sangue freddo in unattentato nel villaggio di Acha-luki, nel distretto di Malgobek.Sconosciuti — rilevano fonti delministero degli Interni della Re-pubblica autonoma russa delCaucaso settentrionale — hannosparato sulla vettura dove stavaviaggiando. Tra gli impegni diKotiev, la pacificazione degli exribelli della Repubblica caucasi-ca segnata dal terrorismo.

L’Inguscezia risente anchedell’instabilità nella vicina Cece-nia, i cui guerriglieri indipen-dentisti compiono spesso incur-sioni oltre frontiera. Nel 2009una serie di attentati ha colpitole più alte cariche ingusce: il 10giugno è stata uccisa AzaGazgireeva, vice presidente dellaCorte suprema; il 13 giugno èstato assassinato l’ex vice primoministro, Bašir Ausgev; il 22giugno il presidente dellaRepubblica, Junus-Bek Jevku-rov, è rimasto ferito in un atten-tato, mentre tre agenti di scortasono morti; il 12 agosto ilministro dell’Edilizia, RuslanAmerkhanov, è stato ucciso nellacittà di Maghas.

ROMA, 27. «Una soluzione struttura-le» al problema del precariato nellapubblica amministrazione italiana.Così si è espresso il presidente delConsiglio dei ministri italiano, EnricoLetta, ieri, al termine di un vertice diGoverno nel quale sono stati appro-vati un decreto legge e un disegno dilegge. È prevista la stabilizzazione dicirca 150.000 dipendenti. Tra le misu-re, ci sarà una riserva del cinquantaper cento dei posti a concorso, fino al2015, per chi ha avuto un contratto dilavoro a termine per tre anni negli ul-timi cinque. Critici i sindacati, secon-

do i quali la misura non consentirà lastabilizzazione neppure di tutti i90.000 contratti a tempo determina-to. Nel settore sanitario tra medici,personale infermieristico e tecnici saràpossibile stabilizzare circa 35.000 per-sone attraverso procedure concorsualispecifiche. Prevista anche una normache obbliga ad assumere tutti i vinci-tori dei precedenti bandi, e in partequesto riguarderà anche gli idonei.Prorogate al 2015 le attuali graduato-rie. Intanto, oggi a Palazzo Chiginuovo vertice dell’Esecutivo sul temadell’Imu.

Aumenta la popolazione in Germaniagrazie all’immigrazione

BE R L I N O, 27. Gli abitanti in Germa-nia sono 80,5 milioni, secondo datiresi noti oggi dall’Istituto federaledi statistica a Wiesbaden.

Rispetto alla fine del 2011 è risul-tato un aumento dello 0,2 per cen-to (196.000 persone) della popola-zione per effetto esclusivamente —dicono gli analisti — dell’immigra-zione. Il numero dei decessi è con-siderevolmente superiore a quellodelle nascite. Un incremento analo-go della popolazione era stato regi-strato l’ultima volta nel 1996. Gliaventi diritto al voto alle prossime

elezioni il 22 settembre sono di cir-ca 61,8 milioni.

Sul piano economico, la fiduciadelle imprese tedesche è salita almassimo da 16 mesi ad agosto, raf-forzando la sensazione che la cre-scita dell’economia tedesca stiaprendendo vigore. L’indice Ifo —basato su interviste a oltre 7.000manager di aziende — ha toccatoquota 107,5 punti dai 106,2, per ilsuo quarto rialzo mensile consecuti-vo. Si tratta del livello più alto daaprile 2012.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 28 agosto 2013 pagina 3

Respinta qualsiasi ipotesi di dimissioni dell’Esecutivo e di revisione della Costituzione

Il Governogela le opposizioni in Tunisia

Per dare avvio ai difficili negoziati con i talebani

Karzai chiedeaiuto a Islamabad

TUNISI, 27. Non si attenua la tensio-ne in Tunisia: il Governo ha esclusoieri qualsiasi possibile apertura aldialogo con l’opposizione, che chie-de riforme di carattere economico epolitico, tra le quali soprattutto unanuova Costituzione e le dimissionidell’attuale Esecutivo. Negli ultimigiorni le speranze dell’avvio di trat-tative erano state alimentate da col-loqui tra i rappresentanti delle dueparti, grazie anche alla mediazionedel sindacato Ugtt. Ieri, tuttavia, inun’intervista Rached Gannouchi,guida e presidente di Ennahda, ilpartito islamista al Governo, ha ne-gato qualsiasi apertura.

La tesi di Gannouchi si può rias-sumere in un solo concetto: in Tuni-sia, a dispetto delle tesi dell’opp osi-zione, che chiede le dimissionidell’Esecutivo e lo scioglimentodell’Assemblea nazionale costituente,non c’è crisi e, quindi, non è neces-sario costringere alle dimissioni ilGoverno (guidato dagli islamici diEnnahda) per qualcosa che non esi-ste. Gannouchi, nel difendere a spa-da tratta l’Esecutivo presieduto dalsuo delfino, Ali Laarayedh, ha ancheattaccato coloro che, per combattereil Governo, spingono verso atti didisobbedienza civile, come la so-spensione di pagamenti per le forni-ture energetiche.

Una manifestazione di dissenso,ha in pratica sostenuto il leader diEnnahda, che non può essere porta-ta avanti di fronte a un Governo de-mocraticamente eletto e, quindi, le-gittimo. L’intervista, preceduta daun vivace tam tam mediatico, eratalmente attesa che Nessma Tv hatoccato uno share eccezionale pari al37,7 per cento.

Sul tema del giorno — il tentativodi mediazione portato avanti dal se-gretario generale della centrale sin-dacale Ugtt, Houcine Habassi —Gannouchi è stato abbastanza chia-ro. Rispetto per l’iniziativa, ma an-che piena consapevolezza che essanon può «imporre», come condizio-ne necessaria, le dimissioni del Go-verno. La strada proposta da

Gannouchi parte dalla ripresa dellapiena attività dell’Assemblea nazio-nale costituente — sospesa per deci-sione del suo presidente, MustaphaBen Jaafar e dove Ennahda, dopo leelezioni dell’ottobre del 2011, ha lamaggioranza relativa — e, solo dopo,dalla ricerca di una soluzione allaquale partecipino i partiti.

Condizioni che cozzano contro leproposte dell’opposizione, per laquale con questo Governo non sipuò andare avanti e, quindi, le suedimissioni sono necessarie e, soprat-tutto, urgenti vista la situazione incui versa il Paese. A riguardo, ilFronte nazionale di salvezza, la coa-lizione delle forze dell’opp osizioneche intende costringere gli avversaria cedere il potere a un Esecutivo ditecnici per accompagnare il Paesefuori dalla grave crisi politico-istitu-zionale, ha indetto una settimana didimostrazioni di protesta.

Il clima generale, quindi, resta te-sissimo e a esso potrebbero avere ul-teriormente contribuito le afferma-zioni di Rached Gannouchi in temadi rapporti con la corrente salafita econ la Lega per la protezione dellarivoluzione: verso le quali — a di-spetto delle speranze dei “laici” —non c’è stata una chiusura netta, ma,rilevano autorevoli analisti politiciinternazionali, ancora una volta pa-role per tentarne il recupero.

Proteste antigovernative a Tunisi (Reuters)

Primo rapportodell’Aiea

sul nuclearedel nuovo Iran

TEHERAN, 27. Primo rapportodell’Agenzia Onu per l’e n e rg i aatomica (Aiea) sull’Iran dall’ele-zione del nuovo presidente,Hassan Rohani. Da una parte, siregistrano ulteriori passi in avantinell’arricchimento dell’uranio,dall’altra anche un contenimentodelle scorte nucleari, che potreb-be facilitare i negoziati. Nel rap-porto, riferiscono alcuni diploma-tici da Vienna, sede dell’agenziaOnu, si sottolinea che l’Iran staportando avanti il suo program-ma nucleare incrementando ulte-riormente la sua capacità di arric-chire l’uranio. Inoltre, Teheranavrebbe iniziato ad attrezzare unreattore per produrre plutonio,elemento questo che preoccupal’Occidente per via di un possibi-le utilizzo a scopi militari.

Allo stesso tempo, i diplomaticihanno spiegato che nel rapportoci sarebbero anche dati che dimo-strano come l’Iran stia limitandol’aumento delle proprie scorte nu-cleari, un passo ritenuto funzio-nale al rilancio dei negoziati conil gruppo dei 5+1 (membri perma-nenti del Consiglio di sicurezzadell’Onu e Germania).

In una nota, il ministero degliEsteri di Teheran ha detto oggiche «le pacifiche attività nuclearidell’Iran si svolgono nell’ambitodei regolamenti Onu».

Inondazioninel sudovestdella Cina

PE C H I N O, 27. Pesante il bilanciodelle vittime causate dalle inonda-zioni che hanno colpito nelle ulti-me settimane la Cina. Si stima chenella provincia sudoccidentale del-lo Yunnan i morti siano quaranta-cinque. In quest’area in particolaresi sono abbattuti tifoni e violentepiogge. Alcuni villaggi, riferisconofonti locali, sono stati spazzati via.Risultano poi complesse le opera-zioni di soccorso perché zone giàimpervie sono state trasformate inaree quasi inaccessibili dall’incle-menza del tempo. Intanto, standoalle previsioni dei meteorologi, sitemono nuove, violente piogge, cheandrebbero a infierire nella già col-pita provincia dello Yunnan. Il Go-verno provinciale ha per il momen-to stanziato oltre dieci milioni dieuro per fronteggiare l’e m e rg e n z a .Secondo stime riportate dall’agen-zia Nuova Cina, dal primo maggio,da quando cioè è cominciata la sta-gione delle piogge, sono state 1,63milioni le persone colpite dal mal-tempo, con circa 27.000 costrette alasciare le proprie abitazioni.

Dopo giorni di sanguinosi scontri

Progressi diplomaticiin Egitto

Il responsabile del dicastero dell’Industria visita il sito

Altri fondiper bonificare Fukushima

Il ministro dell’Industria giapponese a Fukushima (Reuters)

IL CA I R O, 27. Progressi diplomaticiin Egitto: dopo giorni di sanguinosiscontri, sembrano farsi largo possibi-li canali di dialogo.

Il partito socialdemocratico egi-ziano, di cui fanno parte il premierEl Beblawi e il suo vice El Din, haincontrato al Cairo i rappresentantidiplomatici di Stati Uniti, Ue, Dani-marca, Germania, Messico, Olanda,Romania, Singapore, Spagna, Sve-zia, Svizzera e Regno Unito. L’ini-ziativa del Governo egiziano, propo-sta dal vice premier Ziad Bahaa ElDin — si legge in un comunicato delpartito — intende creare «un quadroper gestire la crisi politica e per pro-teggere il processo democratico».

Il partito socialdemocratico egi-ziano, nato nel 2011 nell’ambito dellaprimavera araba e osservatore nel

Pse, sottolinea che, per porre le basidi uno Stato moderno, civile e de-mocratico, una soluzione basata sul-la sicurezza non può sostituire la po-litica. «L’assenza di dialogo politico— prosegue la nota sull’incontro coni diplomatici di tutto il mondo — ag-graverà le tensioni a livello nazionalee internazionale e potrebbe essere labase per un ritorno allo stato di po-lizia e alle violazioni dei diritti uma-ni, contro le quali ci furono le insur-rezioni del 25 gennaio e del 30 giu-gno».

Intanto, sempre sul fronte diplo-matico, è stato annunciato ieri che ilvice premier e ministro degli Esterigreco, Evanghelos Venizelos, compi-rà una visita al Cairo il prossimo 5settembre su invito del capo delladiplomazia egiziana, Nabil Fahmy.Lo riferiscono media ateniesi citandoun comunicato diffuso oggi dal mi-nistero degli Esteri ellenico. La visita— come ha dichiarato una fonte di-plomatica — «si inserisce nell’ambitodi un’iniziativa europea» ed è statadefinita «molto importante» inquanto l’Egitto e la Grecia intratten-gono «tradizionalmente relazionipolitiche ed economiche molto stret-te». La visita del vicepremier greco,è stato precisato, avviene dopo unaserie di colloqui telefonici avutisi ne-gli ultimi tempi tra Venizelos eFa h m y.

L’Ecuador assegnaai contadini

terre tolte ai militari

QU I T O, 27. Una nuova assegnazio-ne di terre dell’Ecuador, un tempoappartenenti alle forze armate, haportato a oltre ventimila ettari leestensioni che il Governo del pre-sidente Rafael Correa Delgado haconsegnato formalmente ai conta-dini della zona andina di Ayora, anord della capitale Quito. Le terreerano finite ai militari dopo laguerra con il Perú del 1995 per ilpossesso della regione del Cenepa.Questo, ha detto Correa Delgado,«grazie a leggi anacronistiche, ob-solete, arcaiche, ma anche a causadi eredità non reclamate che pas-savano così alla Difesa». L’ultimoterreno ridistribuito è la fattoriaSanto Domingo, superstite dellemolte che una società immobiliarecostituita dall’esercito era riuscitaa vendere.

BRASILIA, 27. Il ministro degli Esteribrasiliano, Antonio Patriota, si è di-messo ieri sera. Il presidente, DilmaRousseff, ha già nominato al suo po-sto Luiz Alberto Figuereido, ex am-basciatore all’Onu. Le dimissioni diPatriota sarebbero state sollecitatedalla stessa Rousseff, irritata per lagestione della fuga in Brasile di unsenatore boliviano a bordo di un’au-to del corpo diplomatico brasilianoa La Paz. Il senatore in questione,Roger Pinto, di un partito di oppo-sizione al Governo del presidenteboliviano Evo Morales, sostiene diessere un perseguitato politico, ma èsotto processo per corruzione. Pintoera rimasto rifugiato nell’ambasciatabrasiliana a La Paz per 455 giorni.La rocambolesca fuga di Pinto erastata segnalata all’Interpol dal Go-verno boliviano.Il ministro degli Esteri brasiliano Antonio Patriota (Afp)

Per aver favorito la fuga dalla Bolivia di un senatore incriminato

Sostituito il ministro degli Esteri brasiliano

Washington negai n t e r ru z i o n i

del negoziatoisraelo-palestinese

WASHINGTON, 27. Il dipartimentodi Stato di Washington ha assicu-rato ieri sera che i negoziati traisraeliani e palestinesi proseguo-no, smentendo così le informazio-ni di stampa secondo le quali sa-rebbero stati sospesi dopo che leforze israeliane avevano ucciso ie-ri tre palestinesi nel campo profu-ghi di Qalandiya, in Cisgiorda-nia. «Posso assicurare che non èstato cancellato alcun incontro»,ha detto un portavoce, secondo ilquale le parti «sono impegnate innegoziati seri e sostenuti».

In ogni caso, non c’è stata lariunione che fonti palestinesi ave-vano in precedenza annunciatoper ieri sera a Gerico, peraltromai confermata da parte israe-liana.

Su quanto accaduto a Qalan-diya era stato durissimo il presi-dente palestinese Abu Mazen, se-condo il quale «i crimini com-messi da Israele e l’incessante co-struzione di nuove colonie neiTerritori occupati rappresentanoun chiaro messaggio sulle inten-zioni israeliane verso il processodi pace». Anche il primo ministropalestinese, Rami Hamdallah, invisita ai feriti, in dichiarazioniall’Ansa, ha parlato di «inaccetta-bile uso sproporzionato della for-za da parte d’Israele».

ISLAMABAD, 27. In missione a Isla-mabad, il presidente afghano Ha-mid Karzai ha chiesto al Pakistanaiuto per dare finalmente avvio aun negoziato con i talebani. Du-rante un incontro con il primo mi-nistro pakistano, Nawaz Sharif, ilcapo di Stato afghano (che non sirecava a Islamabad da diciotto me-si) ha ribadito l’obiettivo di creareun fronte comune per trovare unavia d’uscita a una situazione chevede l’Afghanistan ancora ostaggiodelle violenze scatenate dai milizia-ni. Il primo ministro pakistano haconfermato, nell’occasione, la vo-lontà di sostenere il processo di ri-conciliazione in Afghanistan. E ciònella consapevolezza che la sicurez-za del Pakistan passa anche attra-verso la sicurezza dell’Afghanistan.Tuttavia i nodi da sciogliere nonsono pochi.

Anzitutto c’è da superarequell’antica diffidenza, rilevano glianalisti, che da tempo caratterizza irapporti fra i due Paesi. Basti pen-sare alle frequenti accuse che si ri-volgono riguardo a presunte infil-trazioni di terroristi lungo i porosiconfini. E a rendere la situazionepiù complessa contribuiscono glistessi talebani, il cui ondivagocomportamento certo non aiuta afare chiarezza in uno scenarioquanto mai fluido.

Nei mesi scorsi gli Stati Uniti e italebani avevano cercato di avviarecontatti nel tentativo di risolvere lacausa afghana. In questo contestosi era anche inserita l’apertura diun ufficio politico dei miliziani aDoha, in Qatar. Ma in realtà que-sto ufficio non ha mai aperto, e ciòa detrimento di possibili progressilungo il processo negoziale. Ora sista discutendo se trasferire questoufficio in un altro luogo, per esem-pio in Turchia. Nel frattempo nonsi è fatta attendere la stizzita rea-zione di Karzai, il quale teme chel’Afghanistan possa finire ai margi-ni di trattative che lo riguardanodirettamente. E la rassicurazioneda parte di Washington di non vo-ler in alcun modo “s c a v a l c a re ” Ka -bul dando vita a negoziati con i ta-lebani non è valsa a rasserenare glianimi. Tra l’altro una delle accuseche i miliziani rivolgono più spessoa Karzai è quella di essere troppocondizionato nelle sue scelte dallavolontà e dagli interessi di Washin-gton. Insomma un mosaico parti-colarmente complesso, con dinami-che intrecciate, che non depongonoin favore di una soluzione rapidadella crisi.

Ma l’incontro fra Karzai e Sharifè stato importante perché è servitoa ribadire la comune volontà diavere rapporti di buon vicinato.Un fattore importante questo, con-siderando che l’intera area risultaessere ancora segnata da destabiliz-zanti violenze.

Alla vigilia della visita in Paki-stan, Karzai, nel corso di una con-ferenza stampa, ha affermato chegli obiettivi da perseguire sono lapace, il rafforzamento della sicurez-za e la cooperazione economica bi-laterale. Obiettivi che assumonopoi un rilievo particolare in vistadel completo ritiro delle truppedella coalizione dall’Afghanistanentro il 2014. Per quella data, infat-ti, le forze regolari locali dovrannoaver raggiunto una soddisfacentecapacità nel gestire la sicurezza, neltimore di una recrudescenza degliattacchi. E un sempre migliore rap-porto con il Pakistan dopo il 2014,evidenziano gli osservatori, nonpuò che rappresentare un ottimoviatico per gestire con efficacia unoscenario che non si preannuncia fa-cile. E in questo senso s’inserisceanche l’India che, proprio negli ul-timi tempi, non ha fatto misterodella sua volontà di svolgere unruolo diplomatico di maggior pesoin riferimento alla causa afghana,dopo che sarà stato completato ilritiro del contingente internaziona-le. Intanto sia in Afghanistan sia inPakistan si registrano nuove violen-ze. Nel distretto afghano di Gulrandodici civili sono rimasti uccisi inun’imboscata tesa dai talebani. InPakistan, nel Sud Waziristan, quat-tro miliziani e un soldato di Isla-mabad sono morti in uno scontro afuo co.

TO KY O, 27. Il ministro dell’Indu-stria giapponese, ToshimituMotegi, si è recato ieri nella disa-strata centrale nucleare diFukushima, quasi completamentedistrutta dal terremoto e dal suc-cessivo tsunami dell’11 marzo del2011. Scopo della visita è statoquello di verificare quanto si stiafacendo per fronteggiare le ripetu-te perdite di liquido radioattivo inmare (circa trecento tonnellate).

Il ministro era accompagnatodal presidente della compagniastatale (e gestore dell’impiantoatomico) Tepco, Naomi Hirose, ilquale ha promesso misure urgentie radicali per risolvere il problema,compreso l’utilizzo di una squadrasupplementare di cinquanta tecni-ci. Da parte sua, il Governo di To-kyo si è impegnato a mettere a di-sposizione fondi di riserva, ha resonoto il portavoce dell’Esecutivo.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 28 agosto 2013

Il linguaggio religioso e i linguaggi del mondo

D ioin questione

Il tema dell’amore coniugale nell’opera teatrale di Gino Fiore

Quel caso limite nascosto in ogni attimodi SI LV I A GUIDI

Gino Fiore, o dell’amicizia; ogni pagina deisuoi testi teatrali, in dialetto come in linguaitaliana, lascia intravedere dettagli, frasi fattee tic verbali apparentemente insignificantima efficaci nel delineare un personaggio, co-me anche gesti caratteristici rubati ad amici(dal pittore Domenico Purificato, come luioriginario di Fondi, al giornalista, calciatoree attore Raf Vallone) e colleghi di penna e

testi in dialetto erano stati pubblicati nel2001 da Arti grafiche Kolbe.

Spesso nelle opere di Fiore l’amicizia co-niugale, o comunque l’amore tra l’uomo e ladonna sono descritti come il reagente più ef-ficace per far scolorire maschere e menzo-

gne, una sorta di cartina di tornasole capacedi rendere visibili in trasparenza i moti piùsegreti dell’anima. Come in Rifrazioni da unprisma, Marianna e Mosè, Pazza, La vacanza,Il cielo sparito e nella commedia Blues peruna coppia, in cui «uno scrittore di grido —scrive l’autore — si ritrova insieme alla mo-glie in un appartamento preso in affitto perambientarvi l’ultimo suo lavoro teatrale. Saràun gustoso entrare nei due personaggi erientrare in se stessi fino alla giusta equazio-ne». Marito e moglie hanno bisogno di uncopione da studiare insieme per ritrovarequel dialogo autentico che si era perso neglianni, appannato dall’abitudine e sommersodalla scontatezza della vita a due.

Scrisse una volta Ingeborg Bachmann,parlando del suo radiodramma Il buon Diodi Manhattan che «tutte le questioni si risol-vono nell’unica questione dell’amore tra uo-mo e donna, che cosa sia quest’amore, comesi svolga, e quanto piccolo, o quanto grandepossa essere, si potrebbe dire: ma questo èun caso limite (...) Ora, però, in ogni situa-zione amorosa più quotidiana, si cela il casolimite (...) perché in tutto quello che faccia-mo, pensiamo e sentiamo, talvolta vorremmoandare fino alle estreme conseguenze».

Jan e Jennifer, la giovane coppia rinchiusain camere provvisorie nei piani alti della Ci-ty di New York descritta dalla Bachmann,sperimenta qualcosa di ontologicamente pe-

ricoloso in quanto non reversibile e capacedi imprimere una direzione imprevistaall’esistenza. Un “rischio” affascinante e pie-no di promesse a cui la libertà di ognuno,però, può aderire o meno. Nessuna delledue opzioni è indolore o priva di conse-guenze. Anche non decidere significa, di fat-to, prendere una posizione e determinareuna certa piega degli eventi. Ancora più “ba-chmaniano” è Il venditore di fumo, «dramma

la merce venduta nel negozietto, pacchi cheuna volta aperti al buio rivelano una miste-riosa luminosità. Ciascuna delle scatole con-tiene un sogno e in quella più bella si trovaAnna, la donna di cui è innamorato. Chiedeil prezzo, ma il venditore gli risponde che isuoi articoli possono essere pagati solo con iltempo: il futuro con Anna costa un mese. Aqueste condizioni Laurenz non è disposto adaccettare: tutto il suo tempo è già riservato allavoro e alle vacanze in montagna. Nei giornisuccessivi evita di passare vicino al negozio,ma poi il desiderio rimosso di realizzare ipropri sogni prende il sopravvento sulla pau-ra; decide così di ritornare per mercanteggiare

di UGO SARTORIO

Si svolge a Bressanone dal29 agosto al 1° settembre ilcongresso internazionaledell’Associazione europeaper la teologia cattolica

dal titolo «Dio in questione: il lin-guaggio religioso e i linguaggi delmondo». In collaborazione con lo

Riesce a spiegare in tempo relativa-mente breve e in qualche modo aquesto pagano che la Chiesa non èsolo un gigantesco apparato checonsta di Papa, di vescovi e parrocie che l’appartenenza a essa ha comeconseguenza il precetto festivo perlui incomprensibile?». Le difficoltàdi ieri permangono e, se possibile,sono ancora maggiori, visto che mol-

Studio teologico accademico diBressanone, mette a tema «il dialogoeuropeo tra credenti, “persone in ri-c e rc a ” e non credenti», come affer-ma Martin M. Lintner, vicepresiden-te dell’associazione, considerandoche, sullo sfondo di una corrosivasecolarizzazione e di una indifferen-za religiosa che coinvolge ampiequote di popolazione, l’uomo euro-peo è sempre più «religiosamentestonato», quindi dissonante quandonon alternativo rispetto a ognic re d o .

Non consolano le facili profeziesul ritorno di Dio, fenomeno ambi-guo e da giudicare con prudenza,dal momento che il ritorno dei piùnon è alla religione di Chiesa,all’istituzione tout court, ma a unaspiritualità rarefatta e spesso piegataalla gratificazione a breve terminedei bisogni soggettivi. Resta dunquela questione del parlare di Dio in uncontesto così determinato, che nep-pure può essere giudicato vergine amotivo della stratificazioni di pre-giudizi di lungo corso. Da dove par-tire, dunque? Come suscitare la do-vuta attenzione? Come fare in modoche l’interlocutore, o perché distrattoo perché sopraffatto da luoghi co-muni, non stacchi subito la spina?

Sembra di sentire riecheggiare unadomanda che Karl Rahner aveva sol-levato già agli inizi degli anni Ot-tanta nel contesto del dibattito sul-l’essenzializzazione dell’annunciocristiano. In tono di sfida, il teologodella svolta antropologica così si ri-volgeva ai pastori d’anime di queglianni: «Riesce lei a esporre in unquarto d’ora ciò che un cristianopropriamente crede a un pagano diuna grande città europea, che nonha ancora mai sperimentato un in-contro realmente impegnativo colcristianesimo? Riesce a dirgli in bre-ve che cosa significa propriamente laparola “D io”, affinché, sentendoquesto termine, non pensi a un ti-ranno e custode supremo della suamorale problematica? Riesce a parla-re di Gesù — senza nulla cancellaredella fede vincolante — in modo taleche la cristologia non appaia a que-sto pagano come una mitologia po-sta già in partenza semplicemente aldi fuori delle sue plausibilità? (...).

nell’adottare le novità, nel migliorarei metodi di comunicazione, nel pa-droneggiare meglio le tecnologie piùrecenti. Il Vangelo in sé non funzio-na abbastanza: ciò che serve è ilVangelo più il multimediale, la Fac-cia di Dio più Facebook, lo SpiritoSanto più Twitter. La Buona Notiziaera in attesa delle News».

Il congresso internazionale diBressanone si apre, avendo sullosfondo la grande e urgente questio-ne di “dire Dio oggi”, la sera di gio-vedì 29 con il discorso inauguraledell’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bru-no Forte, sul tema «La fede e il dia-logo con i non credenti». Tutto il

congresso, quindi, vuole avere unprofilo dialogico, proprio di unaChiesa che non attende ma cerca eanticipa ogni suo possibile interlocu-tore. Così come oggi è cambiato ilmodo di credere, sono al contempomutate le modalità del non credere,ed è compito della teologia indagaresu questa svolta decisiva. Venerdì 30,in mattinata, si affronta, dalla pro-spettiva dell’Antico Testamento(Arnold Stiglmair) e neotestamenta-ria (Ricardo M. Pérez Márquez) lapeculiarità del discorso biblico suDio, un discorso che resta paradig-matico per ogni tempo e luogo, poi-ché è Dio stesso a parlare autorevol-mente seppure in parole umane. Infondo, come sentenzia Pascal, «soloDio parla bene di Dio», mentreGregorio Magno orienta alla viamaestra della Parola dicendo: «Im-para a conoscere il cuore di Dio nel-la Parola di Dio».

Nella sessione pomeridiana di ve-nerdì Paul Valadier parlerà della pre-

Non poteva mancare, nel pome-riggio di sabato 31, una riflessionesui media, da intendere non solo co-me mezzi (i vecchi pulpiti) per farpassare un messaggio, ma piuttostocome luoghi antropologici in cui sielaborano, si fruiscono e si condivi-dono i nuovi linguaggi, di ogni tipo.In genere, la Chiesa non gode diuna buona reputazione mediatica,per cui le notizie che la veicolano ri-guardano per lo più scandali a sfon-do sessuale o economico; la moraledella Chiesa, inoltre, viene ritenutada molti negativa, dal momento chesembra esaurirsi in una serie mono-tona di divieti. Chiaramente, dietroquesti no vi è un evangelico e fonda-to impegno per la dignità della vitaumana, ma, appunto, il sì alla vitache essi presuppongono difficilmen-te viene colto. Questo esige di abita-re creativamente il mondo dei me-dia, conoscendone le regole e le am-biguità, ma anche le nuove possibili-tà espressive. La parola sull’a rg o -mento sarà data a Christiane Florin(«Il dominio del “non”. Perché illinguaggio della Chiesa è così nega-tivo?») e a Stephen Bullivant («“Viho chiamato (Facebook) amici”: inuovi strumenti mediali e la nuovaevangelizzazione»).

L’ultima sessione, domenica 1° set-tembre, sposterà l’attenzione sul pia-no politico nelle due direzioni: dallaprospettiva politica (Franz Fischler)e da quella ecclesiale (MichaelKuhn) soprattutto in riferimentoall’articolo 17 del Trattato di Lisbonache ripropone il contenuto della di-chiarazione numero 11 annessa alTrattato di Amsterdam, in base allaquale «l’Unione rispetta e non pre-giudica lo status di cui le chiese e leassociazioni o comunità religiose go-dono negli Stati membri in virtù deldiritto nazionale». Le normative co-

Il punto non è quellodi acquisire nuove passwordper i moderni circuiti comunicativiSi tratta invecedella ricerca di una sintonia

dursi a come parlare di Dio, pro-spettiva secondo la quale si tratte-rebbe unicamente di un problema diaggiustamento di linguaggio, di ac-quisire cioè le nuove password peressere abilitati ai moderni circuiti co-municativi. Dire linguaggio significadire sintonia, capacità di abitare icontesti, vita impastata di parola,esperienza che apre a un nuovo dire,dal momento che, come sostienePaul Ricoeur, «il cristianesimo è unavvenimento del linguaggio e, me-diante il linguaggio, un avvenimentodi significato». Assolutizzare il comedebba essere il nostro linguaggio su

Dio, mette tra parentesi il perché e ilche cosa, lì dà per scontati, come senoi sapessimo da sempre di cosa sitratta e andassimo solo in cerca dinuovi mezzi e s p re s sivi.

Con il rischio di cedere, anchenell’annuncio evangelico, alla mito-logia del nuovo. «Mettere il comeprima del perché — osserva il filoso-fo francese di origini tunisineFabrice Hadjadj — ci fa soccomberepoco a poco al fascino del teleco-mando. E questo succede perfinoall’interno della Chiesa. Molti pen-sano che il punto cruciale della nuo-va evangelizzazione (quello che larende davvero nuova) consista

ti si sono gettati alle spalleil cristianesimo come realtàingombrante e priva di si-gnificato per la vita concre-ta, atteggiamento che haanche favorito una ventatadi neoateismo rozzo nonprivo di livore anticlericale.

Vi è poi da chiarire chela questione non può ri-

divino sulla via della bellezza edell’arte. Sabato 31 verrà inveceesplorato l’altro versante, non menoattuale e provocatorio, del manife-starsi di Dio nel silenzio e nell’as-senza. Se è vero che Dio parla, è an-che vero che Dio tace e che il suo ri-trarsi è talvolta bruciante quandonon scandaloso. Didier Pollefeytparlerà su Dio e il male dopoAuschwitz, mentre Tomáš Halík ri-fletterà su parlare di Dio e tacere suDio. Insomma, se la critica del lin-guaggio è diventata un passaggioobbligatorio per comprendere inmodo autentico ogni tipo di comu-nicazione, questo fatto accresce lacomplessità della riflessione teologi-ca, soprattutto quando la teologiaintende proporsi come scienza nelcontesto delle altre discipline scienti-fiche.

munitarie provocano la teologia eu-ropea a modulare i tempi e i modidel suo discorso su Dio e sull’uomoanche in rapporto e in dialogo conle politiche dei singoli Stati.

Sarà dunque un congresso a tre-centosessanta gradi, che cercherà dimettere a tema da diverse prospetti-ve quella malattia dell’uomo moder-no che è l’assenza di patria, poiché,come afferma Bruno Forte, «il dram-ma dell’epoca moderna non è lamancanza di Dio, ma il fatto che gliuomini non soffrano più di questamancanza e non avvertano più il bi-sogno di superare l’infinito doloredella morte, considerando esilio enon patria questo tempo presente».La parola teologica, risvegliando allaverità della condizione umana, in-tende provocare alla vita autentica,al desiderio di ulteriorità, a livellosia personale sia comunitario.

Non consolano le facili profeziesul ritorno di DioFenomeno ambiguo che evocauna spiritualità rarefattapiegata alla gratificazione immediata

senza del religioso nella no-stra società, mentre LetiziaRagaglia interverrà su aspet-ti del religioso in alcuniesempi di arte contempora-nea. Insomma, dire Dio èimpossibile senza dire anchel’uomo, la sua ricerca reli-giosa spesso frammentaria, ilsuo desiderio di esperire il

Il confronto con i non credenti

Messaggeri capaci di ascoltare

Al tema del dialogo tra credenti enon credenti è dedicatoanche il libro Come parlare di Diooggi? Anti-manuale di evangelizzazione(Padova, Edizioni Messaggero, 2013,pagine 179, euro 13). Nepubblichiamo un breve estratto.

Come parlare oggi

Facendo scolorire maschere e menzogneil drammaturgopropone una sorta di cartina di tornasolecapace di rendere visibili in trasparenzai moti più segreti dell’anima

magico, surreale, grottesco giocato su unequilibrio perduto» — così lo descrive Fiorenell’indice ragionato che conclude la raccol-ta — che ricorda la piéce Un negozio di sognidella scrittrice austriaca.

Laurenz, il protagonista, una sera sulla viadi casa nota una bottega poco illuminata edall’aria strana. Incuriosito, si mette a guar-dare la vetrina e a parlare con il proprietario,anche se è fermamente intenzionato a noncomprare niente. Nell’oscurità diventa visibile

a niente «inscatolare» il passato, se non hapiù nessun nesso con la vitalità del presente,sussurra Fiore ai suoi spettatori alludendo al“fumo”, al sogno effimero venduto da qual-siasi attore o drammaturgo, con un u n d e rs t a -tement simile a quello sfoggiato nei cenni au-tobiografici che chiudono il volume: «DaFondi, dove vive e promuove eventi d’arte, ri-sponde a inviti romani e napoletani. Taloragli tocca partire per gli States. Non ha maiperso la bussola, ritorna».

sul prezzo. Ma ormai è troppo tardi;la bottega è sparita. Realizzare i pro-pri desideri richiede coraggio e dispo-nibilità ad investire tutto di sé, spiegala Bachmann con la sua “parab olateatrale”. Altrimenti i progetti nel cas-setto si dissolvono, senza che le rassi-curanti abitudini — alle quali i sognierano stati sacrificati — possano offrireun vero e proprio rifugio. E non serve

di palcoscenico. E così è natu-rale che sia, visto che il teatro èper definizione un’opera collet-tiva. Fiore ha esordito come at-tore nel 1981 in Non ti pago diEduardo De Filippo e Li neputede lu sinneco di Vincenzo Scar-petta. Si è poi cimentato colteatro in lingua ne Il diamantedel Profeta di Carlo Terron; tragli spettacoli che ricorda conpiù affetto c’è il recital Illusionee amore nella poesia del Novecen-to e il celeberrimo monologo Ilfumo fa male di Anton Cechov.Nel 1993 su suggerimento diRaf Vallone produce e interpre-ta La mort de Néron di FélicienMarceau, tradotto in italianoda Ugo Ronfani, curandoneanche la regia. A venti anni didistanza da quella lunga e for-tunata tournée italiana vienepubblicato Tutto il teatro in lin-gua (Fondi, Caramanica, 2013,pagine 669, euro 28), mentre i Alexander Daniloff, «Amanti veronesi» (2008)

Luigi Russolo, «Aurora boreale» (1938)

di FABRICE HADJADJ

Dio presente nel più anticristianodegli uomini, forse non con la pre-senza di grazia, ma per lo menocon la presenza di creazione, conla presenza d’immensità, tanto che,nel momento in cui parlo di Diocon il mio nemico, devo aver co-scienza che Dio è impegnato inte-ramente a creare il mio nemicocon amore.

Una posizione decisamente de-stabilizzante, devo dire: mi toccaparlargli di Dio lasciandomi primainterpellare da lui, rifiutarne l’igno-ranza accogliendone la presenza,contestarne l’inimicizia attestando-ne la bontà originaria. Ed è pro-prio lo stupore davanti alla suabontà originaria, al di là della no-stra antipatia iniziale, che può per-mettermi di “dominare fino al cuo-re del nemico”. Traggo questaespressione dal Salmo 110 che sicanta sempre nella liturgia delleOre della domenica e della solen-nità: «Lo scettro del tuo poterestende il Signore da Sion: dominain mezzo ai tuoi nemici!».

Qual è la vera forza? Quella chedomina fino al cuore. La violenzapuò domare il corpo ma non riesce

a dominare il cuore. Una raffinataseduzione potrà estorcere un’ade-sione, magari passionale. Non po-trà tuttavia attrarre la profonditàdell’intelligenza e della volontà.

Il messaggero di Dio non hapaura di rendere testimonianza acolui che è apparentemente lonta-

rentemente più ostile, in fondo,può essere più vicina a Dio di mee strombettare la sua ostilità sol-tanto a causa di un’ignoranza in-vincibile o di un lavaggio del cer-vello ricevuto fin da piccola.

Ecco perché l’inviato non è soloil soggetto della proclamazione: in-

nanzitutto è in situazione di ascol-to, di recettività, pronto a discerne-re ciò che, nel non cristiano o nellopseudo-cristiano, è già di Cristo,pronto a ricevere le lezioni più chea darle e cioè, per dirla con le pa-role di Paolo (1 Tessalonicesi, 5, 21),pronto a «vagliare ogni cosa e tene-re ciò che è buono».

Dico bene, «da e per Dio» enon «da e per me». Se il mio in-terlocutore si oppone a me (testi-mone misero che con la mia me-diocrità mi porto addosso un sac-co di contro-testimonianze) nonvuol dire che si opponga a Dio.

Proclamando la Buona Notizia,devo sapere che la persona appa-

nissimo dalla fede (nientedi meglio, per seguire ipassi di Paolo, che l’avercominciato col lapidarequalche santo). In secon-do luogo, avendo fatto luistesso l’esperienza di esse-re rivoltato, sa di averenell’avversario un notevolealleato che sarebbe poi ilsuo cuore, dal momentoche il cuore del peggiornemico di Dio, nonostan-te tutto, è stato fatto daDio e per Dio.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 28 agosto 2013 pagina 5

sono peccatori, ma trattia-mo tuttavia anch’essi uma-namente, perché essi sonoanche uomini.

Nei nuovi sermoni di Erfurt sant’Agostino parla dell’attenzione verso chi ha bisogno

Il vero frutto della fedeMa la prima forma di misericordia è quella verso se stessi

Il frutto della fede è fare delbene a chi ha bisogno, per-ché è una fede infruttuosacredere in Dio in modo taleda trascurare le opere di mi-

sericordia. Infatti, come è inutile col-tivare con cura una pianta sterile, in-naffiare una pietra dura e arare lasecchezza della sabbia, così, per unuomo che non vuole prestare ciò cheè buono, non giova a nulla non ne-gare ciò che è vero. Giustamente stascritto che la fede senza le opere èmorta in se stessa, per cui quelli chehanno una fede del genere sono an-che paragonati ai demoni; infatti, acertuni che si vantano della fede e sitengono lontani dalle buone opere,così dice l’apostolo Giacomo: «Tucredi che c’è un solo Dio? Fai bene.Anche i demoni lo credono e trema-no!». Appare così che non c’è nessu-na differenza tra il timore di un de-monio sofferente e la grazia di unuomo credente, se non il fatto che leazioni del primo sono cattive, quelledel secondo buone, benché entram-be le cose procedano dallo stessocredere, come dalla stessa acqua pul-lulano sia spine appuntite sia grap-poli d’uva.

La prima forma di misericordiadell’uomo credente, inoltre, è quellarivolta a se stesso; è questa che laScrittura comanda dicendo: «Abbimisericordia della tua anima, piacen-do a Dio». Di qui la misericordia,crescendo, si estende al prossimo, in

modo tale che sia adempiuto il pre-cetto: «Amerai il prossimo tuo comete stesso». Dunque la vera misericor-dia che si spende per il prossimo vaspesa a questo fine, che anche ilprossimo piaccia a Dio: è a questo

fine che il prossimo va chiamato,esortato, educato e istruito. Difattianche le stesse elemosine che si of-frono per le necessità corporali e perla vita temporale vanno fatte con ilproposito e l’intenzione di far sì che

coloro a cui sono fatte amino quelDio per dono del quale sono fatte.

Questo ce lo ricorda anche il Si-gnore dicendo: «Risplendano le vo-stre opere buone davanti agli uomi-ni, perché vedano le vostre buoneazioni e rendano gloria al Padre vo-stro che è nei cieli». L’uomo di Dio,dunque, «vaso santificato in onore,utile al Signore, pronto per ogniopera buona», tutto ciò che fa nellasua vita non è se non un’opera dimisericordia, o verso se stesso o ver-so il prossimo. Ed è misericordiosoverso se stesso, come abbiamo ricor-dato sopra, quando piace a Dio; epiace a Dio quando, nel bene che fa,Dio gli piace e, nel male che subi-sce, Dio non gli dispiace.

Difatti anche l’Apostolo, dopoaver detto, parlando delle sue buoneopere: «Ho faticato più di tutti loro,subito ha aggiunto: non io però, mala grazia di Dio che è con me». EGiobbe, durante la sua tentazione etribolazione, disse: «Come è piaciu-to al Signore, così è avvenuto. Siabenedetto il nome del Signore».

Verso il prossimo, invece, l’uomodi Dio è misericordioso quando fatutto il possibile affinché anche ilprossimo, come lui, possa gustare fi-no in fondo la dolcezza di piacere aD io.

Mi ero proposto di parlare delleopere di misericordia, e per questopuò già sembrare a qualcuno che iomi sia scostato da questo argomentoe mi sia diretto verso un altro, datoche non dico: «Spezza il tuo panecon l’affamato; introduci in casa tuail misero e senza tetto; se vedi unonudo, vestilo», e così via. Questeopere sono reputate e chiamate ele-mosine quasi in senso proprio, comese esse sole appartenessero alle operedi misericordia; esse vi appartengonocertamente, ma non esse sole, alpunto tale che sono anzi le più pic-cole, a meno che gli uomini non sia-no così insensati da ritenere che co-loro che offrivano agli apostoli benimateriali da raccogliere siano statipiù misericordiosi degli apostolistessi, che seminavano beni spiritua-li. Sia ben lungi dal credere una co-sa del genere chi ascolta con intelli-genza le parole dell’Apostolo che di-ce: «Se noi abbiamo seminato pervoi beni spirituali, è forse gran cosase raccoglieremo i vostri beni mate-riali?».

Nel seminare poi i beni spirituali,guarda quale dispensatore egli simostri lì dove dice: «Così, affeziona-ti a voi, ci sembra bene farvi parteci-pi non solo del vangelo di Dio, maanche delle anime nostre», e in unaltro luogo: «Per conto mio ben vo-lentieri mi prodigherò», dice, «anzispenderò me stesso per le vostreanime».

Metti adesso a confronto chi spez-za il suo pane con l’affamato e chirende partecipe della sua anima ilcredente, metti a confronto chi perla vita temporale del bisognosospende oro e chi per la vita eternadel fratello spende se stesso. Se giu-stamente è misericordioso, ed è det-to e considerato tale, chi introducenella sua casa lo straniero che ha bi-sogno di un tetto, e gli mette a di-sposizione una tavola per rifocillarloe un letto per farlo riposare, quantopiù misericordioso si scopre esserechi, richiamando colui che va erran-do per le vie dell’iniquità e prenden-dolo con sé, lo fa entrare nella casadi Dio e lo incorpora alle membradi Cristo, dove lo ristori la refezionedella giustizia e lo rilassi la remissio-ne dei peccati!

Queste opere di misericordia, lequali fanno sì che si piaccia a Dio,sono così tanto anteposte, dalla ve-race legge della sapienza, a quelleopere con le quali si fornisce il so-stentamento necessario al bisognomateriale, che sovente, quanto piùprudentemente si compiono le pri-me, tanto più misericordiosamente sitolgono le seconde. Difatti l’uomoche è misericordioso prima di tuttoverso se stesso, memore del precettodivino che dice: «Abbi misericordiadella tua anima, piacendo a Dio»,per piacere a Dio spesso digiuna e,quando gli si ordina di amare ilprossimo come se stesso, dà il paneal prossimo che ha fame e lo nega ase stesso, trattando duramente, s’in-tende, il proprio corpo e riducendo-lo in schiavitù, per non essere trova-to falso proprio lui, che predica aglialtri. (...) Quella misericordia, dun-que, in virtù della quale spendiamole nostre fatiche per piacere a Dio,proprio essa è in qualche modo car-dinale. Tutte le altre azioni che sicompiono misericordiosamente sonofatte rettamente, se non si allon-tanano mai dalla contemplazione diquesta.

Fai del bene a chi ti odia

Come la voce di un amicoche manca da tempo

Pubblichiamo stralci da due deisei sermoni di sant’Agostino sco-perti nel 2007 nella BibliotecaAmploniana di Erfurt in Germa-nia da Isabella Schiller, DorotheaWeber e Clemens Weidmann.Editi criticamente nella rivista in«Wiener Studien» 121 (2008) e122 (2009) sono stati tradotti perla prima volta in lingua italianacon testo originale a fronte (Ser-moni di Erfurt, Venezia, Marcia-num Press, 2012, pagine 144, euro19, a cura di Giovanni Catapano).I brani scelti sono tratti dal se-condo sermone intitolato De elee-mosynis rerum spiritalium, e dalquarto, De eleemosynis quae fiuntin omnes. «Ancora una volta —scrive Catapano nell’intro duzioneal libro — una biblioteca tedesca è

stata luogo di ritrovamento di ser-moni agostiniani inediti. Era giàaccaduto con i trentaquattro ser-moni scoperti a Wolfenbüttel daGermain Morin nel 1912 e con iventisei sermoni scoperti a Ma-gonza da François Dolbeau nel1990. È lecito aspettarsi che nuo-ve scoperte siano ancora possibilie che perciò il patrimonio dei cir-ca seicento sermoni di Agostinoattualmente in nostro possessopossa aumentare ulteriormente».E continua Catapano «Conser-vando un corpus di sermoni ago-stiniani basato su materiale africa-no antico — continua Catapano —il manoscritto di Erfurt riporta untesto di qualità eccellente, ed èquindi di grande valore non soloper i testimoni inediti che tra-smette, ma anche per quelli giànoti, rispetto ai quali contiene va-rianti molto importanti».

Una qualità molto alta ri-scontrata, inaspettatamente, anchenel codice studiato da FrançoisDolbeau nella Stadtbibliothek diMagonza nel 1990 — un mano-scritto di fattura poco pregiata eapparentemente privo di interesse— copiato addirittura verso la finedel Quattrocento, cioè quando giàcircolavano le prime edizioni astampa degli stessi sermoni agosti-niani. Questa scoperta, oltre a co-stituire l’ennesima e clamorosa ri-prova del principio che svincola ilvalore dei codici dalla loro antichi-tà — il celebre recentiores non dete-r i o re s di Giorgio Pasquali — mo-stra anche la persistente necessitàdi continuare lo studio dei fondimanoscritti, conservati in bibliote-che accessibilissime e invece tutto-ra mal conosciuti. Dolbeau ha tro-vato le parole più appropriate perdescrivere la felicità degli studiosiche si imbattono in scoperte cosìsensazionali: leggere questi sermo-ni, dice, è un’esperienza paragona-bile soltanto con «l’emozione chesi prova quando un nastro regi-strato ci restituisce la voce di unamico che manca da tempo».

C’è chi pensa che le elemosine sidebbano fare soltanto ai giusti,e che invece ai peccatori nonsia opportuno dare nulla delgenere. In questo errore il pri-

mo posto per empietà lo occupano i manichei,i quali credono che in qualunque alimento sia-no trattenute delle membra di Dio, mescolate elegate insieme al cibo; essi sono del parere chedi tali membra si debba avere riguardo, perchénon siano contaminate dai peccatori e nonvengano inviluppate con nodi più infelici.Questa follia forse non merita neppure di esse-re respinta, tanto essa offende l’intelligenza di

nelle opere di questo genere bisogna preferire igiusti. Quali altre persone dovremmo infattiintendere per «fratelli nella fede», essendo sta-to affermato chiaramente in un altro luogo che«Il giusto vive per fede?». Le viscere di miseri-cordia non vanno però chiuse agli altri uomini,anche se peccatori, neppure nel caso in cui essiabbiano verso di noi un animo ostile, come cidice e ci ammonisce il nostro Salvatore stesso:«Amate i vostri nemici, fate del bene a quelliche vi odiano».

E ciò non è stato passato sotto silenzio neilibri dell’Antico Testamento; lì infatti si legge:«Se il tuo nemico avrà fame, dagli da mangia-re; se ha sete, dagli da bere», e di questa testi-monianza anche l’Apostolo ha fatto uso. Nonper questo, però, sono false le parole che ab-biamo citato sopra, perché anch’esse sono pre-cetti divini: «Usa misericordia e non accogliereil peccatore». Quelle parole, infatti, sono statedette perché a nessun peccatore tu faccia delbene proprio in quanto è un peccatore, ma tufaccia del bene a chi ti odia, non in quanto èun peccatore, ma in quanto è un uomo. Cosìosserverai entrambi i precetti, senza essere las-sista rispetto al vendicare né disumano rispettoal soccorrere. Chiunque infatti accusa giusta-mente un peccatore, che cos’altro vuole, se nonche quello non sia un peccatore? Egli dunqueodia in quello ciò che anche Dio odia, perchésia distrutto ciò che ha fatto l’uomo e sia libe-rato ciò che ha fatto Dio. Il peccato, infatti,l’ha fatto l’uomo, mentre l’uomo stesso l’ha fat-to Dio. E quando diciamo questi due termini,“uomo” “p eccatore”, essi non vengono affattodetti inutilmente. In quanto infatti è un pecca-tore, ammoniscilo, e in quanto è un uomo, ab-bine misericordia. E non libererai assolutamen-te l’uomo, se non l’avrai perseguito in quantop eccatore.

A questo dovere attende ogni disciplina, cosìcom’è adatta e appropriata ad ognuno che siadotato di responsabilità di governo: non soloal vescovo che governa il suo popolo, ma an-che al povero che governa la sua casa, al riccoche governa la sua servitù, al marito che gover-na sua moglie, al padre che governa i suoi fi-gli, al giudice che governa la sua provincia, alre che governa la sua nazione. Tutti costoro,quando sono buoni, vogliono senz’altro bene aquelli che essi governano e, secondo il potereloro «concesso dal Signore di tutti quanti, ilquale governa anche i governanti», fanno inmodo che i loro stessi governati si conservinocome uomini e periscano come peccatori. Cosìessi adempiono ciò che sta scritto: «Usa mise-ricordia e non accogliere il peccatore», per nonvolere che in lui resti salvo il fatto che è unpeccatore, «e verso empi e peccatori compivendetta», perché il fatto stesso che sono pec-catori ed empi sia cancellato in loro; «fa’ delbene all’umile», per la ragione che è umile, «enon donare all’empio», per la ragione che èempio, «perché anche l’Altissimo ha in odio ipeccatori e verso gli empi compie vendetta»;l’Altissimo, tuttavia, poiché quelli non sono so-lo peccatori ed empi, ma anche uomini, «fasorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fapiovere sui giusti e sugli ingiusti». Così, a nes-sun uomo va chiusa la propria misericordia, anessun peccato va aperta l’impunità.

Bisogna capire come non sia da disprezzarel’elemosina che si fa a qualsiasi povero per ra-gioni di umanità, dal momento che il Signore

alleviava l’indigenza dei poveri attingendo aquella cassa che riempiva con le ricchezze al-trui. E se per caso uno dicesse che non eranopeccatori né quegli invalidi e quei mendicantiche il Signore ordinò di invitare, né quelli aiquali egli era solito elargire denaro prelevando-lo dalla cassa, e che pertanto dalle testimonian-ze evangeliche non segue che venga ordinato aimisericordiosi di accogliere o nutrire anche ipeccatori, ebbene, costui faccia attenzione aquanto ho già menzionato più sopra, perchésono senz’altro peccatori e massimamente scel-lerati coloro che odiano e perseguitano laChiesa, e tuttavia in riferimento ad essi si dice:«Fate del bene a quelli che vi odiano», e lo siconferma con l’esempio di Dio Padre «che fasorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fapiovere sui giusti e sugli ingiusti». Non acco-gliamo dunque i peccatori per il motivo che

tutte le persone sane di mente al solo veniresposta. Alcuni, invece, che non hanno affattouna tale opinione, pensano che non si debbadar da mangiare ai peccatori perché non acca-da che tentiamo di metterci contro Dio, il cuisdegno sopra di loro si mostra chiaramente, co-me se Egli potesse adirarsi anche con noi per ilfatto che vogliamo soccorrere coloro che Luivuole punire. Citano anche la testimonianzadelle Sante Scritture, dove leggiamo: «Usa mi-sericordia e non accogliere il peccatore, e versoempi e peccatori compi vendetta»; «Fa’ del be-ne all’umile e non donare all’empio, perché an-che l’Altissimo ha in odio i peccatori e versogli empi compie vendetta». Non capendo co-me queste parole debbano essere intese, si rive-stono di una detestabile crudeltà.

Perciò è opportuno che su questo argomen-to, fratelli, ci rivolgiamo con poche parole allavostra carità, perché non succeda che voi,quando a causa di un aberrante modo di pen-sare non capite la volontà divina espressa neiLibri divini, acconsentiate alla malvagità uma-na. L’apostolo Paolo, infatti, insegnando con lamassima chiarezza che a tutti va concessa mise-ricordia, dice: «Quando ne abbiamo l’o ccasio-ne, pertanto, operiamo il bene verso tutti infa-ticabilmente, soprattutto verso i fratelli nellafede». A dir il vero, da ciò risulta chiaro che

Seguace di Giovanni di Balduccio, «Agostino ammaestra»(1362-1383, Pavia, chiesa di San Pietro in Ciel d’oro, Arca di sant’Ag o s t i n o )

Maestro del Leggendario Ungherese «Storie di sant’Ag o s t i n o »(1330-1340, San Pietroburgo, Ermitage)

Pietro da Rimini, «Sant’Agostino» (1325-1328, Tolentino, Convento di San Nicola)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 28 agosto 2013

Fa discutere la carta dei valori studiata dal Québec nella parte che limita l’esposizione dei simboli religiosi

Quando la laicità è malintesa

Il presidente assicura impegno nella prevenzione

Promessa in Indonesiapiù libertà religiosa

Monsignor Shevchuk nel ventiduesimo anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina

Cristianiresponsabili della propria patriaKI E V, 27. Responsabili del destinodella propria nazione: questo devo-no imparare a essere i cristianiucraini, secondo l’arcivescovo mag-giore di Kyiv-Halyč, SviatoslavShevchuk, che in occasione del ven-tiduesimo anniversario dell’indip en-denza dell’Ucraina, il 24 agosto, haspiegato che tale evento deve spin-gere a riflettere, ognuno, sul perso-nale contributo da dare al futurodel Paese. Nessuno ha il diritto di«appioppare a qualcun’altro tale re-sponsabilità. Se noi, tutti insieme,attivamente amiamo la nostra patriae ogni giorno viviamo e lavoriamoper essa — ha detto il presule — al-lora assicureremo ogni giorno la suaindipendenza e garantiremo che es-sa occupi il suo giusto posto nellafamiglia delle nazioni europee».

La guida spirituale della Chiesagreco-cattolica ha richiamato l’atten-zione sul fatto che oggi le persone,nel loro consumistico modo di pen-sare, spesso si chiedono «che cosami ha dato l’Ucraina?». Ma i cri-stiani — ha osservato monsignorShevchuk — dovrebbero chiedersi«che cosa ho dato io all’Ucraina,che cosa ho fatto affinché l’Ucrainasia migliore, più forte, più poten-te?». E citando Taras Shevchenko(«Ama la tua Ucraina, amala neimomenti di difficoltà, nell’ultimominuto di dolore, prega Dio per es-sa»), ha spiegato che «questo appel-lo del nostro immortale poeta suonaoggi in maniera speciale per i figli

moderni della terra ucraina. Dopo-tutto, amare l’Ucraina è una tipicavirtù cristiana. Non si tratta solo disentimenti, è un amore attivo. Ama-re significa essere capaci di sacrifi-carsi».

Sabato scorso Shevchuk, assiemeagli altri rappresentanti religiosi delPaese, ha partecipato alle celebra-zioni pubbliche tenutesi sulla colli-na di San Vladimiro a Kiev. Erapresente anche il presidente della

Repubblica, Viktor Yanukovič, ilquale ha dichiarato fra l’altro che«alla base del concetto di indipen-denza c’è la fede nell’uomo, la suavitalità, la sua libertà, la sua salvez-za». E facendo riferimento ai «pe-renni valori cristiani» e ai «coman-damenti di Dio» si è detto convintoche l’Ucraina avrà fede e pazienzaper rispondere adeguatamente allesfide e costruire un moderno e svi-luppato erede della Rus’ di Kiev.

Concluso a Dakar il Colloquio internazionale dei musulmani dello spazio francofono (Cimef)

Etica, buon governo e paceDA KA R , 27. L’islam garantisce le re-gole di etica, il buon governo e lapace. Questo, in sintesi, il pensieroespresso dagli oltre 150 esperti isla-misti, provenienti da venti Paesi di-versi, che hanno preso parte al Col-loquio internazionale dei musulma-ni dello spazio francofono (Cimef)svoltosi nei giorni scorsi a Dakar, inSenegal. Un appuntamento che havisto i numerosi partecipanti discu-tere di islam e individuare risposteappropriate alle molteplici sfide delmondo contemporaneo. Nell’ambi-to del tema “Governo e pace: qualii contributi del pensiero islamico?”,l’incontro ha avuto lo scopo di pro-muovere un «dialogo costruttivoper allentare le tensioni e le incom-prensioni che sorgono tra gli Stati ele comunità umane». Durante i la-vori, inoltre, sono state affrontatenumerose tematiche relative all’uni-tà dei musulmani.

Secondo lo storico senegaleseIba Der Thiam «i temi di etica,buon governo e pace sono stati teo-

rizzati già nel VII secolo dall’imamAli e applicati dai primi quattro ca-liffi dell’islam, che hanno instauratoregimi in cui l’uguaglianza per tut-ti, compresi i cristiani e gli ebreiche condividono lo stesso spaziogeografico, era una costante.L’islam — ha proseguito — nel pre-dicare questi principi era già in an-ticipo rispetto ai tempi. Aveva giàposto fine alle ingiustizie nei con-fronti delle minoranze, alla tratta diesseri umani e alle violenze sulledonne. L’islam arricchisce i popo-li». Iba Der Thiam si è detto con-vinto che i musulmani hanno comeriferimento l’islam e soprattutto lacostituzione di Medina del VII se-colo per costruire una democraziache garantisce i principi di etica,buon governo e pace.

Youri Mamadou Sall, professorepresso l’Università Gaston Bergerdi Saint-Louis, ha osservato che nelXVIII secolo, Thierno SouleymaneBale, studioso ed esperto di guerra,riuscì a instaurare nel nord del Se-

negal uno stato teocratico con tuttele garanzie di buon governo, giusti-zia ed etica. Bale — ha spiegato Sall— ha lasciato alla sua comunità unaserie di consigli che riassumono iprincipi di buon governo e ha rifiu-tato l’élite intellettuale e politicadel Senegal che ignorava la granparte delle raccomandazioni scrittein arabo e tradotte per la primavolta in francese nel 1973».

Da parte sua, Aminata Traoré, exministro della cultura del Mali, haaffrontato la crisi nel nord del Pae-se per denunciare quello che hannobollato come "manipolazione" perfar precipitare il Mali in una guerrapreparata da tempo. «Molti hannobisogno della nostra ricchezza.Questo non salverà i maliani: vo-gliono il nostro uranio, l’oro e altrerisorse», ha lamentato Tariq Rama-dan, professore presso l’Universitàdi Oxford, che ha auspicato una ri-forma dello Stato in Africa e unaridefinizione della strategia di svi-luppo che porti pace e sicurezza.

Lettera degli ordinari cattolici ai due nuovi gran rabbini d’Israele

Dialogo in Terra SantaGERUSALEMME, 27. «La nostra spe-ranza è quella di essere capaci di la-vorare insieme al fine di approfon-dire il dialogo tra ebrei e cristianiin questa terra, così cara a tutti icredenti. Come leader spiritualidobbiamo lavorare insieme per pro-muovere la giustizia e la pace nellanostra regione e per lottare controla strumentalizzazione delle nostrereligioni da parte di fanatici e dipersone motivate dal male». Loscrive l’Assemblea degli ordinaricattolici di Terra Santa nelle duelettere di felicitazioni fatte pervenirea fine luglio ai due nuovi gran rab-bini di Israele, il rabbino ashkena-zita David Lau e il rabbino sefardi-ta Yitzhaq Yosef. Eletti il 24 luglioscorso per un periodo di dieci anni,sono entrambi figli di precedenti ti-tolari dell’incarico e succedono aigran rabbini Yona Metzger eShlomo Amar.

Nelle lettere — firmate tra gli altridal patriarca di Gerusalemme deiLatini, Fouad Twal — gli ordinari

auspicano al più presto un incontrocon Lau e Yosef e concludono ci-tando il Salmo 85, 9: «Ascolteròche cosa dice Dio, il Signore: egliannuncia la pace per il suo po-p olo».

Il gran rabbinato di Israele so-vraintende tutti i corsi rabbinici delPaese e ha un’influenza decisivasullo statuto personale degli ebreiisraeliani; supervisiona infatti il ci-bo kosher e controlla matrimoni,divorzi, adozioni e conversioni. Ilgran rabbinato è anche un organi-smo importante nell’ambito del dia-logo interreligioso.

GI A C A R TA , 27. Preoccupazione perla crescente intolleranza religiosa inIndonesia è stata espressa nei giornisorsi dal presidente Susilo BambangYudhoyono. Per arginare l’escala-tion, il capo dello Stato ha promes-so che il Paese difenderà più effica-cemente le minoranze religiose e lalibertà religiosa.

La questione della crescente intol-leranza, che ha agitato il Paese asia-tico nell’ultimo anno, è stata al cen-tro del recente discorso annuale delpresidente rivolto al Parlamento eche ha un valore programmatico peril Governo. Visto il verificarsi di at-tacchi sempre più violenti contro leminoranze religiose, in particolarecontro i cristiani, musulmani sciiti eahmadi (piccola setta considerataeretica dall’islam), nei mesi scorsi al-cuni leader religiosi hanno criticatoapertamente il presidente SusiloBambang Yudhoyono definendolo«complice del clima d’intolleranza»,e hanno stigmatizzando l’inerzia delGoverno nel prevenire e fermare gliattacchi contro le minoranze.

«Sono molto preoccupato — hareplicato nel suo discorso il capodello Stato — per i continui episodidi intolleranza e di conflitto fra lecomunità. Dobbiamo essere in gra-do di prevenirli». Il presidente,inoltre ha invocato una «responsa-bilità collettiva di Governo e di isti-tuzioni religiose. Non possiamo giu-stificare l’imposizione del credo reli-gioso su una minoranza. Ogni citta-dino deve rispettare la Costituzioneche garantisce la libertà di reli-gione».

L’Indonesia, ha ribadito il presi-dente, è un Paese pluralista che èsempre stato «campione di dialogo»fra civiltà e religioni: per questo«urge evitare scontri e violenze, chepossono disturbare la pace nella no-stra società e la nostra unità nazio-nale».

Le osservazioni del presidenteSusilo Bambang Yudhoyono, comeaccennato giungono mentre la suaamministrazione si trova a fronteg-

giare un aumento dei casi di intolle-ranza negli ultimi quattro anni. Lasituazione per le minoranze religioseè diventata più pesante con enormidifficoltà, in particolare per i cristia-ni, per ottenere i permessi perl’apertura di luoghi di preghiera,con un consistente numero di chiesechiuse forzatamente, con l’aumentodi regolamenti che rendono il cultoper le minoranze più difficile e conla crescente intolleranza al livello dibase.

Secondo un rapporto elaboratodal “Wahid Institute”, che promuo-ve il pluralismo e l’islam pacifico, i

casi di intolleranza religiosa in In-donesia sono stati 274 nel 2012, con-tro i 267 nel 2011, i 184 nel 2010 e i121 nel 2009. Un altro rapportopubblicato nel 2013 dall’ong“Human Rights Watch” definisce ilGoverno indonesiano «complicedella persecuzione delle minoranzereligiose», in quanto avrebbe omes-so di applicare leggi e promulgatoregolamenti che violano i dirittidelle minoranze. Il presidenteYudhoyono, in carica dal 2004, ter-minerà il suo incarico il prossimoanno.

Ordinati 9 pretiin una parrocchia

della periferiadi Giacarta

GI A C A R TA , 27. Seguire Cristo e ser-vire gli altri «con i fatti più che aparole»: è l’invito che l’a rc i v e s c o v odi Jakarta, Ignatius SuharyoHardjoatmodjo, ha rivolto ai novepreti ordinati il 22 agosto scorsonella parrocchia di Sant’Arnoldo aBekasi. La cerimonia — riferiscel’agenzia d’informazione AsiaNews— si è svolta in una chiesa della pe-riferia della capitale indonesiana conl’obiettivo di incentivare le vocazio-ni fra i giovani, seguendo l’esempiodei novelli sacerdoti. «Si tratta diun compito essenziale — ha aggiun-to il presule — perché essi sonochiamati a imitare Cristo, il piùgrande sacerdote della storia». Inuovi preti, otto diocesani e unodella Congregazione del Cuore Im-macolato di Maria, contribuirannoal lavoro pastorale a Giacarta. An-che in Indonesia — nazione a stra-grande maggioranza musulmana do-ve i cattolici sono circa il 3 per cen-to della popolazione — il calo dellenascite (dovuto a diversi fattori) stacomportando anche minori vocazio-ni tra i giovani cristiani.

†La Congregazione delle Cause deiSanti partecipa commossa al lutto perla morte del Rev.do

Mons.MARCELLO BORD ONI

e lo ricorda con stima e gratitudine perla generosa, assidua e serena collabora-zione come Consultore nello studiodelle Cause di beatificazione e cano-nizzazione. Il Signore della vita lo ac-colga nella luce del Suo Regno incompagnia dei Beati e dei Santi, do-nandogli il premio promesso ai servibuoni e fedeli.

MONTRÉAL, 27. Rischia di dividere ilQuébec la “carta dei valori”, studia-ta dal partito indipendentista al po-tere, nella quale si vorrebbe proibirel’ostentazione dei simboli religiosifra il personale dei servizi pubblici.

Il provvedimento — riferisce laFrance Presse — non dovrebbe tutta-via arrivare a vietare di indossare ilturbante (ai sikh) o l’hijab (alle mu-

sulmane) per recarsi in ospedale oper accompagnare i figli all’asilo e ascuola. Ma il crocifisso potrebbe ri-schiare di essere tolto dalle paretidei locali pubblici. «Il miglior mo-do per assicurare il rispetto di tuttele religioni è che lo Stato sia neutra-le sul piano religioso», ha detto ilministro delle Istituzioni democrati-che, Bernard Drainville. Sta di fatto

che con questa estremizzazione delprincipio di laicità e neutralità delloStato — che a molti appare legataalla volontà di rilancio del Governoindipendentista in calo nei sondaggielettorali — la provincia francofonadel Canada si porrebbe in contrastocon il resto del Paese, fiero del suomulticulturalismo, dove ciascunopuò indossare liberamente al lavoroil turbante, la kippa o il velo.

Per Gilles Routhier, decano dellafacoltà di Teologia e Scienze religio-se dell’università di Laval, «le istitu-zioni pubbliche devono essere neu-trali sul piano religioso e le personeche le rappresentano devono ugual-mente dare prova di neutralità».

Ma il ministro del Multiculturali-smo, Jason Kenney, ha messo inguardia il Québec da qualsiasi ten-tativo di modificare gli equilibri at-tuali della società: «I canadesi cre-dono che le libertà di religione e dicoscienza siano dei valori universalie noi auspichiamo che questi valorie principi vengano rispettati».

Gli esperti non temono tuttaviache questo dibattito possa originarefermenti, di tipo razzistico, controgli immigrati. «In generale — affer-ma David Rayside, docente al di-partimento di Scienze politiche

dell’università di Toronto — il senti-mento nei confronti dell’immigra-zione è più positivo in Québec enon esiste lì una vera e propria fran-gia di estrema destra». Il rischiosemmai è che «gli immigrati si sen-tano scomodi, anche quelli che nonportano simboli religiosi, e ciò signi-ficherebbe per loro che non sono ibenvenuti in Québec».

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 28 agosto 2013 pagina 7

Il ruolo delle agenzie caritative cattoliche negli Stati Uniti

Azionicontro il traffico di esseri umani

I cristiani e il potere civile secondo Gesù e l’apostolo Paolo

Nel socialepiù che in politica

Da mercoledì 28 a venerdì 30 agostosi svolge, a Milano, presso la criptadell’aula magna dell’Università Catto-lica del Sacro Cuore, il XIII Simposiointercristiano dedicato al tema «La vi-ta dei cristiani e il potere civile. Que-stioni storiche e prospettive attuali inOriente e Occidente». Pubblichiamostralci della relazione d’apertura, inti-tolata «I cristiani e il potere civile: al-cuni aspetti neotestamentari».

di ROMANO PENNA

Gesù di Nazaret non fu un politico.Nonostante la sua qualifica di «fi-glio di Davide», peraltro mai sullasua bocca, egli non si interessò dipolitica, almeno nel senso odiernodella parola, anche se, detto in ge-nerale, ogni presa di posizione pub-blica finisce per avere naturalmenteuna ricaduta sul piano di qualunquepòlis o comunità. Neppure tennemai rapporti con i potenti del suopaese. Certo la sua autorevolezzanon era basata su alcuna rivendica-zione né genealogica né istituziona-le, ma consisteva piuttosto in unacosiddetta «autorità carismatica»,secondo la categoria formulata espiegata da Max Weber.

Ciò che sostennero alcuni autorinegli anni Settanta del secolo scorsoa proposito di un Gesù zelota o ri-voluzionario appartiene ormai alpassato della ricerca sulle origini cri-stiane. Anche il gesto compiuto aGerusalemme nell’area del Tempionon aveva alcuna intenzione zeloti-ca, anche se era e doveva apparirecome un gesto fortemente polemicoverso il sacerdozio templare. La ti-pologia dei suoi interventi pubbliciè ben diversa da quella dei vari ri-belli, che apparvero in Palestina dal

re: l’immagine sulla moneta è di Ce-sare e la moneta è dovuta a lui, mal’immagine di Dio è l’uomo, cioèsiete voi che perciò dovete apparte-nere interamente a lui. Del resto, alcentro della predicazione di Gesùc’è la basilèia, la regalità di Dio, nondi Cesare (neppure in termini pole-mici), e di un Dio che non vuole af-fermare se stesso con un dominiomagari tirannico, ma che si prendeamorevolmente cura degli emargina-ti sociali e religiosi, primariamente,però, non dal punto di vista di unloro appoggio interessato a unaqualche parte politica e nemmenodella pura e semplice assistenza so-ciale, bensì della loro dignità di fon-do davanti a Dio che come conse-guenza esige nei loro confronti ognitipo di attenzione.

Se poi, secondo il Quarto Vange-lo, Gesù dice a Pilato che il suo re-gno «non è di questo mondo […]non è di quaggiù» (Giovanni, 18, 36)e in più precisa di essere personal-mente «re», ci tiene a specificare:«Per questo io sono nato e per que-sto sono venuto nel mondo: per da-re testimonianza alla verità» (Gio-vanni, 18, 37). La sua basilèia dun-que non è una istituzione, tanto chedopo la moltiplicazione dei pani,«sapendo che venivano a prenderloper farlo re, si ritirò di nuovo sulmonte, lui da solo» (Giovanni, 6,15); essa piuttosto è una funzione,un compito da svolgere. Così Gesùchiarisce al Prefetto romano, abitua-to a pensare in termini di politicadel potere, che non intende fomen-tare alcuna ribellione con mezzimondani, cioè con le armi, tantoche già nel Getsemani aveva intima-to a Pietro di rimettere «la spadanel fodero» (Giovanni, 18, 11).

confronti ma anche nessuna criticaesplicita, che opponga la libertà delcristiano all’autocrazia dell’imp era-tore romano: è come se il potere po-litico fosse un a d i à f o ro n [una realtàindifferente], a cui il cristiano siadegua per necessità.

In secondo luogo, va detto che ilfatto di adottare il linguaggio sud-detto dipende semplicemente dal-l’adeguamento culturale a un luogocomune, a un tòpos proprio dell’am-biente ellenistico e giudaico. In par-ticolare, bisogna pur riconoscere cheil principio dell’origine divinadell’autorità non esprime affatto unaconvinzione specificamente evange-lica. Esso invece è un caso tipico diinculturazione dell’evangelo stesso.Questa però non significa certamen-te una rinuncia all’idea di incompa-tibilità, di timbro apocalittico, tra ilcristiano e «questo eone», la quale èstata comunque enunciata program-maticamente, sia da Gesù in Gio-vanni, 18, 36, sia da Paolo in Roma-ni, 12, 2. Lo si vedrà bene nel casoparadossale di Policarpo, episcopodi Smirne, che circa cent’anni dopoPaolo riecheggerà proprio questopasso paolino addirittura nel mo-mento supremo del suo martirio, ri-spondendo al proconsole che lo sta-va per condannare: «Ci è stato inse-gnato ad attribuire ai principati e al-le potestà stabilite da Dio (a rc h à i skài exousìais hypò theoù tetagmènais)onore (timèn) secondo quanto è con-veniente e tale che non ci danneggi(ten me blàttousan hemàs)». Ne risul-ta che l’onore da prestare alle auto-rità non preclude affatto la possibi-lità di morire per la propria fede;quindi c’è qualcosa che viene primae vale ben più dell’autorità politica,la quale è messa in crisi proprio dal-

In vista delle elezioni politiche in Honduras

Confronto non scontroTE G U C I G A L PA , 27. In Honduras icandidati alle elezioni politiche chesi terranno nel Paese il 24 novembreprossimo, esortati a condurre unacampagna elettorale di confronto edi proposte ma non di scontro finea se stesso.

La campagna per le prossimeconsultazioni è partita ufficialmentelunedì scorso. Domenica, nel corsodi un’omelia, il vicario della catte-drale di Tegucigalpa, padre CarlosRubio, ha invitato tutti i partiti po-litici e i loro rispettivi candidati aun confronto sano e costruttivo alfine di generare proposte serie edefficaci per il bene del Paese e dellapopolazione. «Mi auguro — ha det-to — che questa campagna elettoralepossa far nascere proposte valideper il bene comune e che siano coe-renti e compatibili con la realtà delPaese. La politica — ha proseguito ilsacerdote — è una vocazione e serveper aiutare la crescita del bene co-mune. Politico è colui che più ditutti ha la responsabilità di non in-debolire la politica».

Padre Rubio ha osservato che «ipolitici non devono considerare lapersona umana come una merce discambio nel sistema politico, econo-mico e sociale» e ha ricordato aicandidati di «non dimenticare che ipolitici prima di tutto sono personecon una dignità».

Inoltre, il vicario della cattedraledi Tegucigalpa ha ricordato comePapa Francesco abbia più volte sot-tolineato che la politica è un’altaforma di carità.

Le elezioni del 24 novembre sonole none del Paese centroamericanodal 1980, quando è tornata la demo-crazia dopo quasi due decenni di re-gime militare. Per la prima voltaparteciperanno alle elezioni novepartiti politici, quattro dei quali“emersi” dopo il colpo di Stato del28 giugno del 2009 che ha depostoil presidente Manuel Zelaya, promo-tore di un referendum che prevede-va la modifica della Costituzione.

Gli honduregni dovranno elegge-re il presidente della Repubblica etre vicepresidenti, 128 membri delcongresso nazionale, venti del parla-mento centroamericano e 298 corpo-razioni municipali. Fra le prioritàdell’agenda politica c’è il forte squi-librio sociale. Nonostante la crescitaeconomica registrata nel Paese, il di-vario tra ricchi e poveri in Hondu-ras continua infatti ad aumentarecostantemente. A evidenziarlo è an-che un recente studio del Program-ma delle Nazioni Unite per lo Svi-

luppo (Pnud). Dati ufficialidell’Istituto Nazionale di Statistica(Ine) indicano inoltre che il tasso dipovertà totale nel Paese è aumenta-to dal 62 per cento al 66 per centoe la povertà estrema dal 42 al 45 percento nel 2012, rispetto al 2011. Po-co più di tre milioni e mezzo dipersone si trovano in condizioni dipovertà totale e cinque milioni emezzo in condizioni di povertàestrema, ossia con meno di un dol-laro e mezzo al giorno.

Conflitto nella Corte suprema di giustizia

I vescovi di El Salvadorper il rispetto delle leggi

WASHINGTON, 27. Sono una trentinale agenzie delle Catholic Charities —la più grande rete di organizzazionicaritative negli Stati Uniti — cheoperano in altrettante tra arcidiocesie diocesi per assistere le vittime deltraffico e dello sfruttamento di esse-ri umani. Il dato, che ha come fonteil Center for Applied Research inthe Apostolate (Cara), è contenutoin un articolo pubblicato dal Catho-lic news service, nel quale si offronouna serie di testimonianze di volon-tari.

Queste agenzie, come ha spiegatouna volontaria, Marissa Castellanos— che cura il programma per l’assi-stenza alle vittime presso l’arcidio ce-si di Louisville — operano a strettocontatto con le autorità giudiziarie,le forze dell’ordine e altre organiz-zazioni attive nel campo sociale. Leagenzie cattoliche, inoltre, stannopromuovendo una serie di interventidi sensibilizzazione sulle autoritàstatali, al fine di promulgare leggiche inaspriscano le pene nei con-fronti di chi alimenta il mercato del-le nuove schiavitù. Nello Stato del

Kentucky, per esempio, nel giugnoscorso è entrato in vigore lo HumanTrafficking Victims Rights Act. Si trat-ta di una legge che punta a daremaggiore protezione, prendendo dimira soprattutto coloro che sfrutta-no i minori a scopi sessuali, conl’aumento delle sanzioni e delle pe-ne detentive.

La volontaria ha sottolineato chetale fenomeno è un problema moltoserio e che si verifica in tutte le co-munità del Paese. L’incidenza delfenomeno, ha aggiunto, ha egualieffetti sia nelle aree rurali che inquelle urbane. Uno dei problemiprincipali è costituito dalla identifi-cazione stessa delle vittime. «C’èuna forte tendenza all’isolamento daparte di chi subisce — ha osservatoCastellanos — e questo consente aquesti crimini di diffondersi, se nonvi è un intervento».

Secondo quanto ha affermato laresponsabile dell’ufficio ricerche del-le Catholic Charities negli StatiUniti, Julie Zorb, la maggior partedelle vittime del traffico di esseriumani sono adulti, che vengonosfruttati a fini lavorativi.

Dallo studio del Cara, pubblicatorecentemente e riferito all’anno2012, emerge che sono state 239 levittime assistite. Le agenzie hannofornito più assistenza ad adulti cheai minori: 84 per cento contro il 16.Inoltre, la maggioranza degli assisti-ti (89 per cento) provenivanodall’estero, mentre solo il 7 per cen-to di questi sono nati negli StatiUniti. La ricerca ha posto in rilievoanche che il 57 per cento degli assi-stiti erano state vittime di situazionidi sfruttamento in ambito lavorativoe il 43 per cento invece di situazionilegate al mercato dello sfruttamentosessuale.

Lo studio del Cara sarà oggettodi dibattito e di riflessione in occa-sione della riunione del comitatodelle Catholic Charities che si svol-gerà dal 15 al 17 settembre a SanFrancisco. Durante la riunione ver-ranno individuati gli strumenti e lenuove strategie che serviranno aimplementare l’attività nei prossimianni.

SAN SALVAD OR, 27. «Artificioso».Così è stato definito dalla Confe-renza episcopale di El Salvador loscontro di attribuzioni che vedeprotagoniste le due sezioni dellaCorte suprema di giustizia, quellache ha competenza sul contenzio-so amministrativo e quella che giu-dica sulla questioni di costituzio-nalità. Secondo i vescovi, la solu-zione del conflitto deve rispettarela Carta fondamentale se non sivuole mettere in pericolo la demo-crazia e la credibilità internaziona-le del Paese. La sezione del con-tenzioso amministrativo ha am-messo l’8 agosto scorso gli ultimitre ricorsi contro la nomina, nel2009, di cinque giudici e dei lorosupplenti che compongono la se-zione costituzionale.

In una lettera, la Conferenzaepiscopale salvadoregna ha sottoli-neato che la Costituzione conferi-sce unicamente alla sezione costi-tuzionale il compito di giudicare lacostituzionalità della nomina dei

giudici e non ad altri organismi oenti. La lettera dell’episcopato èstata resa pubblica dall’a rc i v e s c o v odi San Salvador, monsignor JoséLuis Escobar Alas: «Il vero obietti-vo della camera del contenziosoamministrativo è quello di sman-tellare la sezione costituzionale acausa del lavoro fin qui svolto.Questo — ha proseguito — non èun segreto, è noto a tutti».

La sezione costituzionale dellaCorte suprema ha emesso sentenzeche in passato hanno generatomolte polemiche, alcune delle qua-li sfociate in una crisi istituzionale,quando, nel 2006, la Corte annul-lò a sua volta l’elezione di ventimagistrati, poiché nella medesimalegislatura il Parlamento aveva perdue volte proceduto alla nominadi giudici, in contrasto con quantostabilito dalla Costituzione. Il con-flitto arrivò al punto tale che lostesso Parlamento si rivolse allaCorte centroamericana di giustizia.

tempo di Erode il Grande fino aglianni Cinquanta del secolo I, di cuici informa Flavio Giuseppe e chepretendevano letteralmente la regali-tà attuando veri e propri gesti diviolenza.

La sua semmai era una rivoluzio-ne di valori, e il detto che si leggein Luca, 16, 16 («La Legge e i Profe-ti fino a Giovanni: da allora in poiviene annunciato il regno di Dio eognuno si sforza [biàzetai, “fa vio-lenza”] di entrarvi») può essere in-terpretato, o nel senso che i violentiora sono i pubblicani e i peccatori,non in quanto usurpatori, ma inquanto sono ammessi al regno purnon essendo comunemente ritenutidegni di esso, oppure nel senso chei veri violenti in senso metaforicosono Gesù stesso e i suoi discepoliin quanto sovvertono il triplice valo-re della forza, della ricchezza edell’istruzione, dei quali in generegli uomini si servono come strumen-to di dominio.

Del resto, le istruzioni date daGesù ai suoi discepoli di perdonaresempre e addirittura di amare i ne-mici (cfr. Ma t t e o , 5, 38-48; 18, 1-22)non si attagliano affatto a un ordi-namento politico-statuale, dove latutela dei diritti e l’esercizio di unagiustizia retributiva/punitiva pertutte le infrazioni della legge è unadelle norme principali.

Da parte sua, il lòghion sul tributoda rendere rispettivamente a Cesaree a Dio, riportato da tutti e tre i Si-nottici (cfr. Ma t t e o , 22, 21 / Ma rc o ,12, 17 / Luca, 20, 25), da una parte,afferma la distinzione che direi “lai-ca” tra ambito politico e ambito re-ligioso, riconoscendo certo la legitti-mità del primo, ma, dall’altra, di-chiara soprattutto che Cesare nonpuò presumere di essere Dio e cheDio non può essere ridotto al livellodi un reggitore di stato, come a di-

Purtroppo però a Gesù è capitatoche, dopo il primo processo intenta-togli dall’autorità giudaica con lacondanna per bestemmia, fu deferi-to alla locale autorità romana, laquale ne motivò la condanna ultimacon un’accusa di tipo politico, cioècome “re dei Giudei” e quindi comeusurpatore del potere di Cesare. Co-sì gli venne rubata letteralmente lasua vera identità, sfigurandone glispecifici connotati di profeta escato-logico inviato da Dio.

Il Vangelo, tanto in Gesù quantoin Paolo, non è piegato a offrire al-cuna dottrina politica nel suo rap-porto con il potere civile. Ciò cheGesù dice della Legge (che nonpasserà, in Ma t t e o , 5, 18-19; e che co-munque va superata con una giusti-zia maggiore, in Ma t t e o , 5, 20-48)non è per richiedere leggi speciali afavore dei cristiani. Lo stesso valeper Paolo, e ciò che egli dice delle«autorità», non lo dice a loro ma aicristiani in quanto hanno necessaria-mente a che fare con esse. Certol’apostolo non scrive per teorizzareun qualche sistema di potere, maneppure per cercare di «capire ilpotere», secondo il titolo di unoscritto di Noam Chomsky, cioè persmascherare i meccanismi e gli in-ganni delle istituzioni che detengo-no il potere stesso. Il vario vocabo-lario impiegato dall’apostolo per de-signare le autorità (à rc h o n t e s , theoùdiàkonos, leitourgòi theoù), per quantoforte e persino contrassegnato dauna prospettiva apparentemente re-ligiosa, non intende affatto enfatiz-zare il loro ruolo e certo non divi-nizzarle. In 1 Corinzi, 8, 5-6 l’ap o-stolo ha già chiarito che, «benché(nel mondo) ci siano molti dèi e si-gnori, per noi al contrario c’è un so-lo Dio e un solo Signore». Ciò spie-ga perché il Nuovo Testamento nonsviluppi nessuna parenesi nei loro

la irriducibilità del cristiano al polì-teuma di questo mondo.

Usando una terminologia del no-stro tempo, potremmo dire che ilcristianesimo, tanto gesuano quantopaolino, si rende preferibilmentepresente nel sociale, non nel politi-co, se per politico si intende lastruttura del potere. Sia Gesù nelsuo comportamento e nelle sue pa-role, sia Paolo nel testo di Romani,12-13, pensano alla comunità dei di-scepoli/cristiana non certo come in-terlocutrice del potere politico,eventualmente desiderosa di incide-re in maniera diretta sulle strutturedello Stato, ma come luogo di espe-rienze sociali innovatrici, artefice difraternità e di cambiamento nei rap-porti vicendevoli, soprattutto in re-lazione alle persone più deboli: unluogo dove non soltanto curarel’onore proprio e altrui, ma dove te-stimoniare inedite relazioni agapi-che. E non è forse possibile preve-dere che pure nel nostro futuro,compreso quello dell’Europa secola-rizzata, l’incidenza storica della fedecristiana debba manifestarsi, nontanto con la preoccupazione di in-fluire con la propria presenza suiquadri del potere politico (a cui èsicuramente omogeneo anche il po-tere economico), quanto piuttostocon la capacità di tessere reti perso-nali e sociali alternative?

In definitiva, la prospettiva tipicaè che né la legge né l’autorità politi-ca fanno formalmente partedell’euaggèlion. Entrambe costitui-scono semmai un mero referenteestrinseco, quasi una cornice o uncontenitore, nell’ambito del quale ilcristiano vive e manifesta la propriaautonoma identità, la quale dalladýnamis dell’evangelo e non certo daquella della Legge o dalla Politicatrae la propria ragion d’e s s e re .

Carl Heinrich Bloch, «Il discorso della montagna» (1865-1879)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 28 agosto 2013

Convegno sulla cura del bambino promosso dal dicastero per la salute

Pe r s o n aprima che paziente

L’antico vescovo di Ippona e l’attuale vescovo di Roma

Agostino in Vaticano

di JEAN-MARIE MU P E N D AWAT U *

Interdisciplinarietà negli interventi te-rapeutici, coinvolgimento dei genitorie costanza nel portare a termine le cu-re prescritte, particolare attenzione siaalla dimensione spirituale ed etica siaalla rapidità dello sviluppo psicofisicoche caratterizza le persone giovani egiovanissime, così come al contestosociale e ambientale in cui esse vivo-no. Ecco alcuni dei punti salientiemersi nell’ambito del convegno sultema «Il bambino come persona e co-me paziente. Approcci terapeutici aconfronto», organizzato dal PontificioConsiglio per gli Operatori Sanitari edalla fondazione Il Buon Samaritano,tenutosi recentemente nella sala SanPio X a Roma.

Durante le due giornate di lavoropromosse nel contesto dell’Anno dellaFede, alle quali hanno preso parte 230esperti giunti dai cinque continenti, siè riaffermata l’assoluta centralità e in-tegralità della persona, sin dai primimomenti di vita, tanto più nel caso digiovani e giovanissimi colpiti da pato-logie o comunque da stati di soffe-re n z a .

La loro identità di persona non puòdunque mai essere messa in discussio-ne, mentre sono sempre suscettibili diapprofondimento, dibattito e miglio-ramento i mezzi utilizzati per soccor-rerli o aiutarli quando entrano in statodi malattia o comunque di disagio, disofferenza. È inoltre fondamentale chele azioni intraprese e condotte in lorofavore tengano conto della loro digni-tà e della loro sensibilissima persona-lità.

In merito agli interventi psicotera-peutici e psicosociali cui talora devo-no essere sottoposti i bambini, alcunirelatori hanno rilevato come il disagioemotivo non sempre richieda l’imme-diata medicalizzazione. Altri hannoaddirittura evidenziato un eccessivoricorso a tale approccio in alcune par-ti del mondo, definendolo persinoinefficace e dannoso. Di qui la neces-sità di un costante e premuroso moni-toraggio dei sistemi sanitari nazionalie internazionali, senza dimenticarequello delle regolamentazioni, pro-spettando un eventuale avvio di dialo-go teso al loro doveroso migliora-mento.

Sotto l’aspetto puramente farmaco-logico si è affermata l’esigenza di te-ner conto delle diverse fasi di svilup-po del bambino per adeguare le curemediche alle sue esigenze, sempre alloscopo di evitare al tempo stesso ecces-si o carenze, e con particolare atten-zione alla farmacocinetica.

Quanto alla necessità di interdisci-plinarietà e continuità negli interventimedico-terapeutici, si è registrata unadiffusa adesione al principio che nes-suna singola terapia può da sola esse-re risolutiva per alcun tipo di soffe-renza del bambino. Perciò è stato for-temente richiesto un puntuale e rego-lare monitoraggio della necessità, amedio e lungo termine, e del prose-guimento degli interventi già iniziati odell’avvio di quelli prospettati.

Va da sé che la dimensione eticacostituisce l’elemento portante e unifi-catore di ciascun intervento curativonei confronti del sofferente e, in parti-colar modo, del bambino. Nella Salvi-fici doloris Giovanni Paolo II afferma-va che la sofferenza sembra esserequasi inseparabile dall’esistenza terre-na dell’uomo (n. 3). Benedetto XVI,nella Spe salvi, ha inoltre sottolineato:«Dobbiamo fare di tutto per superarela sofferenza, ma eliminarla completa-mente dal mondo non sta nelle nostrepossibilità — semplicemente perché

non possiamo scuoterci di dosso lanostra finitezza e perché nessuno dinoi è in grado di eliminare il poteredel male, della colpa che — lo vedia-mo – è continuamente fonte di soffe-renza» (n. 36). Da qui l’invito alla co-munità medico-scientifica anzitutto anon risparmiare alcuno sforzo nelle ri-cerche al fine di fare del bene al soffe-rente, ma anche e soprattutto a rico-noscere e rispettare i limiti posti dallanatura umana, la quale fa sì che cia-scun essere umano sia sempre da rite-nersi un fine e mai un mezzo.

Considerato che per il bambino èfondamentale un intervento di c u reand care, si è sottolineata l’imp ortanzadel contesto ambientale, del rispettodella multiculturalità e della costantevalutazione dei fattori che possono in-fluire sul suo armonico sviluppo. Si èquindi richiamato il ruolo essenzialedella famiglia, e delle madri, in parti-colare, quali mediatrici affettive tra ilbambino o l’adolescente, le cure me-diche e gli operatori sanitari, data lanecessità di una sempre estesa condi-visione nelle decisioni coinvolgenti iloro figli.

Dai rappresentanti delle Conferenzeepiscopali e dalle Chiese locali sonovenute testimonianze di concreti, toc-canti e illuminanti esempi del lavorosvolto dalla Chiesa nei vari continenti.Queste testimonianze hanno richiama-to tutti i partecipanti al convegno anon focalizzare la loro attenzione sol-tanto su alcune teorie, su certi sistemie particolari situazioni, anche se allar-manti, ma ad allargare lo sguardo alladiversità dei contesti in cui si svolgel’assistenza ai sofferenti e alle partico-larità di ognuno di essi.

In conclusione, considerando il sen-so del tema del convegno, tanto rile-vante quanto attuale, ampio e com-plesso, ai partecipanti è stato datomodo di approfondirne le moltepliciproblematiche e le loro svariate sfac-cettature. Dopo aver seguito gli inter-venti previsti e condiviso riflessioni,preoccupazioni e attese, nel corso deidibattiti tutti gli esperti hanno mani-festato la loro grande soddisfazioneriguardo al programma e allo svolgi-mento dei lavori. E, garantendo la lo-ro disponibilità a non fare mai manca-re il proprio contributo, hanno solleci-tato il Pontificio Consiglio per gliOperatori Sanitari a proseguire il suoimpegno dando un seguito concreto eduraturo all’iniziativa.

Tra i suggerimenti pervenuti emer-gono, da un lato, l’esigenza di costi-tuire un organismo che possa coadiu-vare il dicastero nel monitorare le pro-blematiche affrontate dal convegno; edall’altro, la sollecitazione degli esper-ti e specialisti in medicina pediatrica apreparare e mettere a disposizione de-gli operatori sanitari delle linee guidache possano fungere da riferimento omodello di pratiche medico-terapeuti-che per la cura dei bambini, in parti-colare quelli che soffrono di patologieparticolari richiedenti tempi lunghi eun’imprescindibile interdisciplinarietànegli interventi. Non è mancato, infi-ne, l’invito a continuare in questa di-rezione, promuovendo all’interno del-la comunità cristiana e nei diversicontesti sociali la necessità di porre lasalute e il corretto sviluppo dei bam-bini tra le priorità, dunque al centrodell’attenzione e dell’azione. I giovanie i giovanissimi, infatti, oltre ad esseregià persone a pieno titolo, sono anchei cittadini di oggi nelle cui mani sa-ranno affidate le sorti del domani.

*Segretario del Pontificio Consiglioper gli Operatori Sanitari

di NICOLA GORI

La passione evangelica, la predica-zione avvincente, la carica umana,il desiderio di incontrare tutti, so-prattutto i peccatori e i delusi, per-ché si sentano amati da Dio. C’èpiù di un tratto che accomuna lostile pastorale dell’antico vescovodi Ippona Agostino e quellodell’attuale vescovo di Roma Fran-cesco. Lo sottolinea l’agostinianoBruno Silvestrini, parroco dellaPontificia Parrocchia di Sant’Annain Vaticano, in questa intervista alnostro giornale in occasione dellamemoria liturgica del santo dottoredella Chiesa.

È ancora attuale il messaggio disant’Ag o s t i n o ?

Rispondo a questa domanda at-tingendo all’esperienza di trenta-due anni di sacerdozio, sette deiquali trascorsi alla guida della Pon-tificia Parrocchia di Sant’Anna inVaticano. Posso confermare che chiincontra Agostino si lega a lui conun vincolo di grande amicizia. Cir-ca quattro anni fa è stata donataalla nostra chiesa una statua delsanto. Quando l’abbiamo espostadiverse persone, anche giovani, mi

il ritorno in se stessi, dove abita laverità.

Ha lasciato un’eredità particolare peri cristiani del nostro tempo?

Sant’Agostino, come ha ricorda-to più volte il Papa, ci invita adamare la sacra Scrittura e a leggerlacon la Chiesa: «Io non crederei nelVangelo se non mi ci introducessel’autorità della Chiesa cattolica»scrive. Egli ricorda agli uomini dioggi di avere una profonda at-tenzione nei confronti di Dio edell’uomo. «Che cosa vuoi cono-scere?» chiede a se stesso. E ri-sponde: «Dio e l’uomo. Nulla dipiù? Proprio nulla». Aigiovani, che sant’Ago-stino molto amò, ri-volge l’invito a ricer-care tre grandi princi-pi: verità, amore, li-bertà. Tre beni supre-mi che sono vincolatitra loro. Li invita poiad amare la bellezza,della quale fu ungrande innamorato:non solo la bellezzadei corpi, che potreb-be far dimenticarequella dello spirito,

no, quando parlava ai fedeli di Ip-pona, era avvincente, infiammava ifedeli e accendeva in essi il deside-rio di una nuova vita. Dai suoi nu-merosissimi discorsi sappiamo chegli ascoltatori applaudivano e sot-tolineavano gioiosamente ciò che ilvescovo diceva. Era come una sortadi dialogo: ponevano domande elui rispondeva. Faccio notare che sirivolgevano a lui in dialetto puni-co, la lingua di tutti i giorni, delpopolo, mentre egli dalla cattedraparlava in latino. Questa immagineè immediata nel ricordare la figuradi Papa Francesco che invita i fe-deli, nei discorsi e nelle omelie, a

riscoprire i grandi valori dellafede.

Che ruolo ha avuto la madredi Agostino, santa Monica,nella conversione del figlio?

Chi entra nella nostra par-rocchia nota subito la statua

di Agostino. È anche attraver-so questa immagine che, come

parroco, cerco di far conoscerela figura del santo. A Pasqua del2012 tutti i dipendenti vaticanihanno ricevuto in dono per la be-nedizione delle famiglie un fasci-colo con alcune frasi tratte dal ric-co insegnamento del dottore dellaChiesa. È stato un sussidio per ri-scoprire la bellezza del dono dellafede. Fede che il vescovo di Ippo-na aveva ricevuto appunto dallamamma Monica fin dal seno ma-terno. È stata un mamma forte chenon ha mai abbandonato suo fi-glio, “p a r t o re n d o l o ” di nuovoidealmente tutte le volte che lo ve-deva lontano dalla fede e immersonel peccato. Agostino infatti, comericorda egli stesso, era uscito dalnido dell’amore di Dio. E il Signo-re, perché non fosse calpestato, loha riportato nel nido della pace in-teriore, del perdono, della fede nel-la Chiesa. Una conversione fruttoanche delle preghiera di sua madre.Non a caso Paolo VI, con la rifor-ma liturgica postconciliare, rinno-vando il calendario dei santi ha vo-luto unire la memoria di santa Mo-nica a quella del figlio spostandola prima al 27 agosto, vigilia dellafesta di sant’Agostino. Tante mam-me vengono nella nostra parroc-chia per pregare per i loro figli,chiedendo a santa Monica che liprotegga e li aiuti a scegliere sem-pre la verità e a impegnarsi a ri-spettare i valori che rendono la vitaun dono.

A quando risale la presenza degliagostiniani in Vaticano?

Gli agostiniani sono in Vaticanodal 1356, chiamati a prestare servi-zio nella Sagrestia Pontificia e, aquel tempo, anche come confessoridel Papa. Nel 1929 la PontificiaParrocchia di Sant’Anna venne affi-data agli agostiniani, che fino adallora avevano retto la parrocchiadi san Tommaso da Villanova aCastel Gandolfo. Molti dei nostriconfratelli hanno servito la Chiesae il Papa distinguendosi per lo zeloe l’amore: basti ricordare il cardina-le Girolamo Seripando, che ebbeun ruolo di primo piano al conciliodi Trento, e il venerabile GiuseppeBartolomeo Monochio, sacristapontificio e confessore di Pio VII,che visse nel tempestoso clima na-poleonico e rimase vicino al Ponte-fice anche nei momenti più bui delsuo viaggio forzato a Parigi.

ma la bellezza interiore, la bellezzaeterna di Dio, dalla quale le altrebellezze del corpo, dell’arte e dellavirtù discendono, perché Dio è «labellezza di ogni bellezza», come ri-corda nelle Confessioni. Una bellez-za che Agostino, ricordando gli an-ni precedenti la sua conversione, sirammarica amaramente di averamato tardi.

Cosa unisce Papa Francesco ad Ago-stino?

Li unisce la passione, la caricad’impegno pastorale, il desiderio diincontrare tutti, soprattutto i pec-catori e i delusi, perché si sentanoamati dal Signore: «Dammi un in-namorato e capirà quello che dico»assicura. Il vescovo di Ippona ave-va soprattutto una preparazione re-torica, Papa Francesco una caricaumana e una semplicità per metter-si in rapporto con i fedeli che sisentono amati. Il 17 marzo scorso ilPontefice è venuto nella parrocchiadi Sant’Anna. È stata una grandegioia per noi, anche perché è statala sua prima visita non solo allanostra parrocchia ma a una chiesaagostiniana. In quell’occasione, ciha ribadito che il Signore non sistanca mai di perdonarci. All’uomodi oggi queste parole risuonano co-me il monito di un Dio che è Pa-dre amoroso. Torna in mente la fa-mosa espressione di sant’Agostino,che potrebbe risuonare sulla boccadi tanti fedeli che stanno facendol’esperienza della riscoperta dellafede tramite Papa Francesco: «Tar-di ti amai bellezza così antica e co-sì nuova, tardi ti amai! Sì, perché

vengono in mente ancora le Confes-sioni di Agostino: «Ogni mia spe-ranza è posta nell’immensa gran-dezza della tua misericordia. Dam-mi quello che comandi e poi co-manda ciò che vuoi».

Anche sul piano pastorale si possonorilevare delle analogie?

Ciò che avvicina Agostino e Pa-pa Francesco è la dialettica dell’an-nuncio della Parola di Dio. Agosti-

hanno chiesto notizie sulla sua vi-ta. Molti di quelli che mi poneva-no le domande erano soprattutto ilontani, i delusi, i peccatori, gli in-felici, quelli che si sentono giudica-ti da Dio per la loro condotta. Honotato che queste persone sentonopiù che mai viva l’attualità del ve-scovo di Ippona.

P e rc h é ?

Perché è un innamorato del-l’amore di Dio, e lo ha cantato,meditato e predicato in tutti i suoiscritti, ma soprattutto lo ha testi-moniato nel suo ministero pastora-le. È un uomo che già ai suoi tem-pi ha vissuto tutte le nostre proble-matiche. Chi legge i suoi discorsivi trova molto della carica spiritua-le che oggi caratterizza lo stile diPapa Francesco. L’umanità con-temporanea ha bisogno di questomessaggio essenziale, incarnato inCristo Gesù: Dio è amore. Tuttodeve partire da qui e tutto qui devecondurre: ogni azione, ogni pasto-rale, ogni trattazione teologica. Co-me dice san Paolo: «Se non avessila carità nulla mi giova». A chi cer-ca la verità Agostino insegna a nondisperare di trovarla. Lo insegnacon l’esempio — dato che egli stes-so la ritrovò dopo molti anni di fa-ticose ricerche — e con la sua attivi-tà letteraria, della quale fissa il pro-gramma nella prima lettera scrittapoco dopo la conversione: «A mesembra che si debbano ricondurregli uomini alla speranza di ritrova-re la verità». Insegna pertanto acercarla con umiltà, disinteresse, ea superare lo scetticismo attraverso

Nel pomeriggio di mercoledì 28 agosto,memoria liturgica di sant’Agostino,Papa Francesco si reca nella basilica romanadei santi Trifone e Agostino in Campo Marzioper celebrare la messa in occasione dell’ap erturadel 184° capitolo generale ordinariodell’ordine degli agostiniani. I lavori capitolari— durante i quali verrà eletto il nuovo prioregenerale che succederà a padre RobertF. Prevost, il quale ha ricoperto l’incarico perdue sessenni — p ro s e g u i r a n n opoi all’istituto patristico Augustinianum.Uno dei temi di studio saràil documento approvato dal capitologenerale intermedio del 2010, svoltosinelle Filippine. Nelle sessioni di lavoroverrà anche definito il programmadell’ordine per i prossimi sei anni.La basilica dei santi Trifone e Agostino,dove si tiene la celebrazione presiedutadal Papa, è molto cara all’o rd i n e ,perché conserva la tomba di santa Monica,madre del vescovo di Ippona. La chiesarisale al 1296 e fu edificata per voleredi Bonifacio VIII, ma fu portata a terminesolo nel 1420. L’aspetto attuale è fruttodella ricostruzione tra il 1479 e il 1483 a operadi Jacopo di Pietrasanta e SebastianoFiorentino. Nel 1756 Luigi Vanvitelli trasformòradicalmente l’interno e ne modificòil campanile quattrocentesco. La statua del vescovo di Ippona nella parrocchia di Sant’An n a

Il Papa con la comunità agostiniana durante la visita alla pontificia parrocchia (17 marzo)

tu eri dentro di me e io ero fuori.Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavosulle belle forme delle tue creatu-re». Ecco il bisogno dell’interiorità,per non lasciarci rubare da nessunoi valori più grandi che sono dentrodi noi con una vita dispersa in mil-le attività senza trovare un attimodi pace interiore. «Non uscire fuo-ri, rientra in te stesso: nell’uomointeriore — scrive il vescovo di Ip-pona — abita la verità. E se scopri-rai mutevole la tua natura, trascen-di anche te stesso. Tendi là dove siaccende la stessa luce della ragio-ne». La disponibilità che derivadall’incontro dell’uomo peccatore

pentito, la voglia di recuperareil tempo perduto: questi

sono i sentimenti cheprovano molti giovanie fedeli che ascoltanoe seguono PapaFrancesco. E qui

E il Papa celebra la messanella basilica a Campo Marzio

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L’OSSERVATORE ROMANO agosto-settembre 2013 numero 15

Sua madre confrontavatutte queste cose nel suo cuoredonne chiesa mondo

La violenza sulle donne

Due quadri. Il primo è Aiace e Cassandra (1886) diJoseph Solomon: lui così scuro, forte, terreno, tuttomuscolo e pugno; lei, di un candore abbagliante,caricata sulla spalla del predatore, colta in unmovimento che sembra di danza. Aiace ha un volto, nelquadro; quello di Cassandra nemmeno si vede. Laseconda opera, invece, è La ninfa Corisca e il satiro (1635-1640) di Artemisia Gentileschi: qui il centro è lei, lavittima; sebbene molestata e rincorsa, la giovane vieneritratta in piedi mentre fugge, decisa e combattiva in ciòche non vuole. Ecco come cambia la violenza sulledonne — tema di questo numero — quando a raccontarlae commentarla sono le donne stesse. Abbiamo quitentato di raccontare, con voce di donne, la violenzasulle donne nelle sue sfaccettature storiche, attuali,religiose, domestiche e belliche.Se c’è un colore per la violenza, questo è il rosso.Eppure nessuno come le donne e quanto le donne sa cheil rosso non è solo sinonimo di violenza, ferita, minaccia,marchio o morte. Il rosso è anche l’allegria contagiosa, èil fuoco che scalda, seduce e cuoce, è la vita che siripropone. Che dà, a noi donne, la forza travolgentedell’amore e della creazione. Che la vittima de Laviolenza di Isabella Ducrot si possa alzare; che non siamai più costretta a ritrovarsi accucciata nel tentativo didifendersi. Che, soprattutto, possa portare il suo colorecon gioia e fierezza.Proprio per questo vogliamo fare nostra la propostapresentata da William Hague, ministro degli Esteribritannico, che ha voluto tra le priorità della politicadel suo Paese la lotta contro le violenze sessualidurante i conflitti. Un impegno che ha portato gli Statimembri del G8 a votare, nell’aprile scorso, unadichiarazione. (g.g.)

Uscire dal silenzioIntervista a Pauline Aweto che da anni studia e denuncia lo stupro usato come arma di guerra nel continente africano

di ALICIA LOPES AR AU J O

Quest’anno ricorre il cinquantenario dellacreazione dell’Unione africana — massimaistituzione panafricana e unica piattaformaintergovernativa continentale — fondata il25 maggio 1963 con il nome di Organizza-zione per l’unità africana. Notevoli pro-gressi sono stati conseguiti in Africa, maquanto per la condizione femminile anco-ra molto resta da fare. Tutt’oggi le donneafricane sono chiamate a combattere con-tro un destino apparentemente ineluttabi-le, che si ostina a considerarle come partideboli di una società di cui, paradossal-mente, sono invece i pilastri fondanti. So-prattutto non si può parlare di un possibi-le rinascimento africano, senza affrontareil flagello della violenza contro le donnesia durante i conflitti sia in tempo di pace,

che spesso equivale all’intermezzo fra unaguerra e l’altra. La più ignobile tra le vio-lenze contro le donne africane è lo stuprocome strumento di guerra a cui semprepiù spesso si ricorre, poiché assicura l’im-punità dei responsabili. In effetti la vio-lenza sessuale si sta legittimando, accredi-tandosi come nuova arma, e nessuna mes-sa al bando potrà mai impedire di ricor-rervi, se non quella di una rivoluzione del-le coscienze. Questo è il tema studiato dauna donna africana della diaspora, PaulineAweto, nel libro Wartime Rape. African Va-lues at Crossroads (The Ambassador Publi-cations, 2010), la cui edizione italiana èstata pubblicata dall’Harmattan nel 2012con il titolo Lo stupro come arma di guerrain Africa.

Cosa ha motivato la sua ricerca, portandolaa definire lo stupro in una prospettiva specifi-camente africana, come arma in tempo di pa-ce e di guerra?

Due ragioni principali: la prima riguar-da la mia vicenda personale, in quanto infamiglia non ero prevista (attendevano unmaschio). A questo si aggiunge l’esp erien-za professionale che maturai presso l’O r-ganizzazione internazionale per le migra-zioni (Oim), che mi ha segnata profonda-mente, spingendomi a riflettere sulla con-dizione femminile nei Paesi in via di svi-luppo e a impegnarmi per la causa delledonne nelle aree di crisi. Fu però il dram-matico episodio dello stupro di massacontro tante donne guineane dello stadiodi Conakry — manifestazione dell’irrazio-nalità e malvagità della mente umana —cui ha fatto seguito la richiesta dell’O nu

di lanciare un’inchiesta sullo stupro comearma di guerra in Africa, che mi ha porta-ta ad affrontare il discorso più ampio del-lo stupro come arma anche in tempo dipace. [Il 28 settembre 2009 nello stadio diConakry la giunta militare golpista gui-neana si rese responsabile della morte dicentocinquanta oppositori; delle dozzinedi donne che furono ferocemente violenta-te in maniera premeditata, molte morironoper le infezioni provocate dalle ferite, acausa dell’estrema brutalità loro inferta].Pertanto lo stupro quale arma in tempo dipace è un termine che adopero per indica-re qualsiasi forma di violenza perpetrata aidanni delle donne nella vita quotidianaspesso attraverso la strumentalizzazionedella cultura, determinando dunque l’alie-nazione e l’allontanamento delle donnedai processi di autorealizzazione. Le don-ne subiscono infatti varie forme di discri-minazione anche in ambito educativo,nonché violenza psicologica, violenza do-mestica in tutte le sue forme e lo stupro,incluso quello coniugale, cui di norma se-gue lo stigma e la colpevolizzazione dellevittime. Ed è chiaro che là dove la vita èparticolarmente difficile per le donne, co-me spesso accade in Africa, le violenze siacuiscono in tempo di guerra.

Pur essendo la violenza contro le donne unfenomeno universale, in cosa si differenzia larealtà africana?

Per me sono specifici dell’esp erienzaafricana sei elementi chiave: la naturapubblica dello stupro, il livello di brutali-tà, il simbolo del machete come forma diprimitivismo moderno, la trasmissione in-tenzionale dell’Aids, lo stupro delle donnein gravidanza e l’omicidio che segue allaviolenza carnale.

Quali sono i casi in cui la violenza è tollera-ta e quando vi è impunità per questi criminiin Africa?

La violenza domestica contro le donneè tollerata e resta impunita, perché tali attivengono giustificati facendo ricorso alproprio retaggio storico e culturale. Unesempio eclatante è costituito dal cosid-detto stupro coniugale, cioè quello che av-viene nel matrimonio. In alcuni Paesidell’Africa occidentale questo non vienericonosciuto come crimine, perché il con-senso della donna è considerato irrilevan-te. Né si può tralasciare l’istituzione delladote, obbligatoria in alcune società, il cuipagamento legittima il concetto di pro-prietà del maschio sulla femmina e i suoisoprusi. Gli sforzi per arginare l’impunitàdei colpevoli finora sembrano essersi con-centrati su noti criminali, come alcuni capidi Stato africani, dimenticando il nemicoche alberga dentro le mura domestiche.Allora mi domando: come mai il crimine èpunito esclusivamente quando avviene intempo di guerra, mentre è tollerato nellanormalità di tutti i giorni?

Quali sono le sue considerazioni in merito al-la pratica mortificante delle mutilazioni geni-tali femminili (mgf)?

A ben vedere, nonostante le apparentiragioni religiose, sociali e soprattutto cul-turali che favoriscono tale pratica, alla ba-se c’è una forte contraddizione, perché sipretende di dare identità, ma al costo ditogliere dignità. Malgrado le mgf siano in-ternazionalmente riconosciute come viola-zioni dei diritti umani a mio parere nonsono ancora state debellate, anche a causadel coinvolgimento di quei medici che, lu-crandovi, modernizzano questa pratica, ri-ducendo il rischio d’infezioni e di compli-cazioni. Secondo l’Organizzazione mon-diale della sanità la sua rapida eliminazio-ne dipenderebbe dalle comunità praticantinella clandestinità, che, per ironia dellasorte, sono gestite in gran parte proprioda donne.Chi è il vero nemico delledonne africane?

Paradossalmente pro-prio le donne, in quantocustodi delle tradizioni,di cui sono le prime vit-time inconsapevoli. Adesempio la pratica dellemgf è completamente gestita dalle donne,e anche nel mondo della tratta non man-cano figure femminili, che ricoprono ruolipurtroppo di rilievo nell’umiliare le altredonne. È una guerra delle donne controse stesse.

Non si rischia forse di colpevolizzare per l’en-nesima volta le donne?

La mia è un’autocritica in quanto don-na africana. Senz’altro il problema all’ori-gine resta il forte maschilismo, troppo dif-fuso in Africa come altrove. Lo sviluppoeconomico del continente africano andreb-be accompagnato dall’emancipazione dauna lunga catena di tradizioni antifemmi-nili. L’educazione è l’unico strumento effi-cace e indispensabile per l’emancipazione,l’autodeterminazione e l’empowerment delledonne. Non basta che le donne sappianoleggere, scrivere e far di conto: occorrepuntare sulla formazione superiore, apren-do le porte delle università. Si tratta di ri-scoprire le potenzialità finora soffocate, ri-conquistando con dignità un ruolo nellaso cietà.

Lei sottolinea il carattere di violenza perma-nente sulle donne, tollerato da molte tradizio-ni: esiste un legame tra cultura e violenza?

A mio avviso non c’è differenza tral’usanza delle mgf e le mutilazioni vere eproprie che hanno luogo in situazioni diguerra. Solo in casi circostanziati si puòparlare di violenza culturalmente fondata,ossia quando la cultura costituisce la basesulla quale si costruisce la sovrastrutturadella violenza contro le donne, fornendoalibi, giustificazioni e legittimazioni.

Quale contributo può venire dai media?

I media internazionali non sono maistati leali nei confronti dell’Africa, perchésono mossi solo dal sensazionalismo, trala-sciando l’approfondimento che richiedecontinuità. Purtroppo le guerre di tutti igiorni che le donne affrontano ormai nonfanno più notizia. I media potrebberosvolgere un lavoro responsabile se tenesse-ro puntati i riflettori permanentemente suquesta realtà, quella del grido del silenziodegli innocenti.

«A Maria, Madre di Dio, per la gloria diDio e la salvezza delle anime»: perché questadedica nel suo libro?

L’ho iniziato a scrivere il I° gennaio,proprio nel giorno della festa che la Chie-sa dedica alla Madre di Dio e un annodopo ho presentato il mio libro a Warri,in Nigeria, proprio in una chiesa dedicataalla Madre del Redentore. Con mia gran-

de soddisfazione ho potuto constatare chequell’iniziativa ha portato la parrocchia lo-cale a organizzare un gruppo di sostegnoa favore delle donne vittime di violenzacosì da incoraggiarle a uscire dal silenzio ea non sentirsi più sole.

Tra i caratteri specifici della violenza in Africala sua natura pubblicala trasmissione intenzionale dell’Aidslo stupro delle donne incintee l’omicidio che segue la violenza carnale

Malgrado le mutilazioni genitali femminilisiano ritenute una violazione dei diritti umaninon sono state ancora debellateAnche a causa dei medici che lucrano su di esse

Pauline Aweto, diorigine nigeriana, siè laureata infilosofia presso laPontificia universitàsalesiana a Roma.Ha compiutoricerche in ambitofilosofico sullepolitiche dellosviluppo. Halavorato comeconsulente pressol’O rganizzazioneinternazionale perle migrazioni. Si èoccupata deirimpatri volontaridelle vittime dellatratta a finisessuali. In Italia,ha collaborato conl’università diRoma Tre,svolgendo attivitàdidattica e diricerca su temilegati alle culture ealle religioniafricane. Insegna alBexley College diLondra.do

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Mural nel quartiere romano di San Lorenzo a ricordo delle donne italiane assassinate nel 2012 (foto Serena Sillitto)

Isabella Ducrot«La violenza» (2013)

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L’OSSERVATORE ROMANO agosto-settembre 2013 numero 15

Inserto mensile a cura di RI TA N N A ARMENI e LU C E T TA SCARAFFIA, in redazione GIULIA GALEOTTIwww.osservatoreromano.va - per abbonamenti: [email protected] a

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«Peggio di così non può succedere al mondo»La drammatica e sconosciuta storia di Teresa Grigolini, eroica suora comboniana di cui forse si aprirà finalmente il processo di beatificazione

di LU C E T TA SCARAFFIA

La violenza sessuale è stata fin dalleorigini uno dei modi di torturare ledonne cristiane che si rifiutavano diabbandonare la loro religione. Ilcristianesimo, del resto, è l’unica re-

ligione che prevede per le donne la scelta del-la castità come via spirituale. Una delle novitàpiù travolgenti del cristianesimo antico, infatti,è stata proprio la possibilità per le donne discegliere la castità, rendendole uguali a mona-ci ed eremiti, e superiori ai laici appesantitidalle preoccupazioni familiari.

Ma questa uguaglianza veniva a cadere da-vanti al martirio. I pagani, infatti, molto colpi-

ti dal numero crescente di vergini cristiane,verso la fine del III secolo avevano cominciatoa infliggere loro persecuzioni che assumevanola forma di violenza sessuale o di obbligo aprostituirsi nei lupanari. Si trattava di un tipodi martirio specifico riservato alle donne con-sacrate al Signore, un martirio che gli uomininon conoscevano e che è ricordato nei primimartirologi cristiani — valga per tutti il celebrecaso di Agnese — ma che non è stato suffi-ciente in sé a determinare la santità: Agnese èvenerata come martire perché, dopo essere sta-ta esposta nuda in un lupanare, è stata uccisa.

Dopo i primi secoli, finite le persecuzioni,la violenza sulle donne consacrate si è ripetutapiù raramente nelle terre cristiane, per ricom-parire agli inizi dell’età contemporanea, quan-do rivoluzioni e invasioni hanno imposto lacacciata delle monache dai monasteri di clau-

sura. Soprattutto è ricomparsa — e purtroppoanche oggi costituisce un rischio reale — per lesuore missionarie o che vivono in zone diguerra interreligiosa ed etnica.

Se ne parla poco, si tratta di situazioni dif-ficili da definire e soprattutto da risolvere,specialmente quando la violenza dà origine aun figlio, evento che naturalmente obbliga lasuora violentata a rinunciare alla sua vocazio-ne di religiosa.

Su questi episodi gravano ancora l’imbaraz-zo e la vergogna che, fino a qualche decenniofa, impedivano anche alle nostre società di

pravvissuti, Teresa rimase incatenata alla suanuova condizione. Una catena reale, ma ancheaffettiva: i figli nati dal matrimonio, infatti,

creavano forti legami con il suo nuovo stato divita.

Ella inoltre era perfettamente consapevoleche la sua scelta non sarebbe stata facilmentecapita e approvata da chi in Italia viveva cosìlontano dal crudele mondo africano. La finedella speranza costituì per lei un momentoterribile: «Eccomi dunque, sola soletta in mez-zo a quei barbari e tanto lontana da tutto ilmondo, senza speranza, neanche lontana, diuscire da quella bolgia infernale». Ma ancheallora «metteva confidenza in Dio che, do-mandandogli perdono mi avrebbe perdona-to».

Anche quando non ha più alcuna speranzanegli esseri umani, riesce a sperare e ad accet-tare la volontà incomprensibile di Dio, che leimpone di lasciare la vita religiosa che avevascelto per amor suo: ecco il sacrificio piùgrande che Teresa compie dentro il suo cuore.

E lo compie totalmente, senza riserve: lo te-stimonia il suo ritorno alla casa maritale anchequando — tornata in Italia e accettata dallasua famiglia con i figli superstiti — p otrebb eristabilirsi lì. Decide invece di assumere finoin fondo il suo destino tornando a vivere conil marito a Ondurman e poi a El Obeid. Unmarito violento, che lei assisterà fino alla mor-te, dopo lunga malattia e dopo averlo riporta-to alla fede. Solo a questo punto, finalmentelibera dalla sua croce, tornerà in Italia per vi-vere quasi nascosta nella casa di un fratelloprete, dal momento che la sua congregazionesi rifiutava di accoglierla.

Se la rinuncia al proprio io, ai desideri e al-la volontà fanno parte di ogni cammino versola santità, che ha come obiettivo quello di so-stituire la volontà propria con quella divina, ilcaso di Teresa nella sua gravità rimane forseunico e misconosciuto esempio di una via par-ticolare al martirio.

La sua profonda onestà davanti a Dio, chela porta sempre a scegliere la via più difficilema giusta, l’aiuta anche ad affrontare chi, infamiglia e nella congregazione, tendeva a in-terpretare la sua scelta matrimoniale come unacolpa. Nel memoriale, da lei scritto come unadifesa, senza concessioni al patetico, Teresa siassume tutte le responsabilità, e fa capire co-me la saldezza del suo rapporto con Dio leabbia dato quella pace e quella sicurezza inte-riore che il mondo esterno le negava.

La sua vicenda, se pure con modalità forsemeno drammatiche, è stata condivisa da moltealtre missionarie, per le quali la violenza ses-suale ha assunto una connotazione particolar-mente dura perché, nel caso della nascita diun figlio, ha significato l’abbandono di unavita scelta e affrontata con convinzione, quellare l i g i o s a .

Per loro, l’abbandono alla volontà di Dioha voluto dire addirittura la rinuncia a donarsia lui. Sono vite nascoste e preziose, che testi-moniano come la violenza sul corpo delledonne possa prendere tante forme, alcune del-le quali quasi nascoste.

di RI TA N N A ARMENI

Virginia è una donna rumena cheha sposato un camionista italianoconosciuto nel suo Paese. Quan-do, dopo il matrimonio, è arrivatain Italia si è ritrovata semplice-

mente prigioniera. Il marito la teneva chiusain casa, le impediva di fare qualunque cosa edi vedere chiunque. Per timore che lei potes-se lamentarsi della sua condizione non la la-sciava mai sola. In poche parole era ridottain uno stato di schiavitù. L’unico momentoin cui Virginia poteva godere di qualche li-bertà era il corso di italiano organizzato dallaparrocchia. È lì che lei ha chiesto aiuto. È lìche è stata messa in contatto con chi nellaCaritas ambrosiana si occupa di donne mal-trattate e che l’ultimo giorno del corso, l’ulti-mo momento in cui era possibile evitare ilcontrollo del marito, ha organizzato la suafuga. Oggi è una donna libera che ha trovatoun lavoro e ha riconquistato quel permessodi soggiorno che, fuggendo dal marito, avevap erduto.

Virginia, o meglio la parrocchia che l’avevaascoltata, si era rivolta al Se.D (Servizio disa-gio donne), un centro di ascolto che fa partedella più ampia «area del maltrattamento edisagio delle donne» nella diocesi più granded’Europa quale è quella ambrosiana. Qui tro-vano ascolto e vengono aiutate in un percor-so di liberazione e di riconquista della pro-pria dignità molte donne che subiscono so-prusi e violenze. L’iniziativa della Caritasambrosiana è nata fra il 1993 e il 1994. Sitrattava in quegli anni di un’esperienza inno-vativa, ma che oggi è saldamente incastonatanell’attività della diocesi. Suor Claudia unadonna minuta che, evidentemente, non temedi portare grandi carichi, ne è responsabile.

«Molte cose sono cambiate dal nostro ini-zio — racconta — anche se in modo soft.Quando abbiamo cominciato c’era scarsaconsapevolezza della violenza che attraversa-va anche le cosiddette famiglie normali, quel-le che andavano in Chiesa e che le parroc-chie conoscevano». Era il silenzio il nemicoda combattere.

Oggi sono spesso i parroci a segnalare icasi di violenza, i maltrattamenti subiti dalledonne, a telefonare per loro. Nelle parrocchieci sono centri di ascolto che segnalano lecondizioni a rischio perché sono l’unico po-sto in cui quelle donne riescono ad andare.Sono le parrocchie, infine, che spesso metto-no a disposizione stanze e luoghi in cui ledonne possono rifugiarsi. Ma le segnalazionialla Caritas arrivano anche dalle forzedell’ordine, dalla clinica Mangiagalli che haun centro antiviolenza o dalla Casa delledonne maltrattate, istituzioni laiche con lequali si mantengono rapporti costanti. A tut-ti si risponde. Per tutte si cerca una solu-zione.

Nel 2012 sono state 143 le donne che han-no telefonato e che hanno ricevuto ascolto,64 italiane e 79 straniere. Di queste, 16 sonoentrate in una comunità, 33 non ne hannoavuto bisogno e hanno avuto “un percorsoterritoriale”, sono state cioè seguite fino allasoluzione dei loro problemi.

Per alcune l’intervento è stato rapido, ne-cessariamente rapido. «Ci sono dei casi —racconta Anny Procaccini del Se.D e quindiin contatto diretto con i casi di violenza — incui bisogna agire tempestivamente ed esserepronti in poche ore».

Anny racconta il caso di una ragazza paki-stana, nata e vissuta in Italia, con costumi eabitudini occidentali, costretta dai genitori aun matrimonio combinato con un ragazzodel suo Paese. Lei prima aveva chiesto aiuto,

poi non si era fatta più viva. Ha richiamatodopo alcuni mesi. Aveva accettato di sposar-si, ma quando il marito era arrivato in Italiaera iniziata una vita di violenza e di botte.Allora aveva ricordato quel numero di telefo-no. Anche per lei è stato attivato il prontointervento. Anche lei è stata fatta scappare.

Ma ci sono anche casi più complessi in cuinon si tratta di recidere un legame, ma di ri-costruire un rapporto su basi diverse. Comequello di una donna di oltre settant’anni icui maltrattamenti da parte di un marito piùgiovane erano soprattutto psicologici. Inquesto caso il percorso è stato differente. Ladonna è stata aiutata e rinforzarsi a crederein se stessa, a reagire. «Ogni donna è un ca-so diverso» non si stancano di ripetere ledonne del Se.D.

Nella sede della Caritas nella Milano stori-ca si respira un’aria di efficienza e di sereni-tà. Le donne che vi lavorano — sono proprio

tutte donne, laiche e religiose — mostranouna dedizione esente da eccessi di vittimismoo da denunce troppo urlate. Qui si affronta-no i casi segnalati uno per uno, o megliodonna per donna. Non è possibile fare unacasistica. Non è possibile decidere prima checosa fare. Non è neppure possibile dire checosa fa scattare il bisogno di chiamare anchese è chiaro che affidarsi a qualcuno,soprattutto per le straniere, è un passo im-p ortante.

Ci sono donne la cui soglia di tolleranzanei confronti dei maltrattamenti è molto alta,solo dopo anni e anni si rendono conto dinon poter vivere come sono costrette. Ci so-no casi in cui la richiesta di aiuto viene im-

mediatamente al primo avviso di violenza.«Non ci sono situazioni che si possono af-frontare con l’accetta, non ci sono regole va-lide per tutte — spiega suor Claudia — e ognipercorso non può che essere personalizzato,vale per quella donna e solo per lei. Abbia-mo visto che questa impostazione le rassicu-ra, le spinge a fidarsi e a confidarsi».

Si insiste molto su questo approccio in cuial centro c’è la persona, la donna, non unaidea astratta di violenza o di libertà. È pro-prio questa, probabilmente, la specificità diun centro di accoglienza religioso che nonpretende norme da seguire, ma fa solodell’ascolto una regola assoluta.

È stato questo modo di aiutare le donne,fuori da ogni pregiudizio o ideologia, il con-tributo specifico della Caritas ambrosianaall’attività dei centri di accoglienza per don-ne maltrattate o contro la violenza che in unacittà come Milano costituiscono ormai unarete solidale. Fra di loro c’è una discussionesui tempi e sui modi dell’accoglienza ma ci sitrova d’accordo sul fatto che ogni donna de-ve essere aiutata a costruire il suo personalepercorso di vita.

«Per me — dice Alessandra Kustermann,responsabile del servizio antiviolenza dellaMangiagalli, in contatto continuo con la Ca-ritas — il rapporto con loro è facile. Di frontea un caso di violenza è spontaneo affidare lo-ro la donna. So che c’è una capacità di ascol-to molto alta e una sensibilità alla diversitàdelle situazioni che viene dalla frequentazio-ne delle immigrate. Sanno che l’elab orazionedella violenza non è la stessa cosa per tutte.Che recidere dei legami non è automatico oi n d o l o re » .

«La denuncia non basta — spiega AnnyProcaccini, in polemica anche con i mezzi diinformazione che si limitano a spingere ledonne solo a denunciare chi le maltratta — enon basta se poi la donna rimane sola, nonsa che cosa fare, non ha un aiuto concreto.Può addirittura peggiorare la sua vita perché,senza mezzi e senza sostegni, è costretta atornare dal suo persecutore. Anche tagliare

un legame, senza aver preso piena consape-volezza, senza aver elaborato strumenti di di-fesa, può essere inutile».

Il punto è creare una rete, produrre infor-mazione e formazione. E infatti il lavoro diformazione è fondamentale. Grazie a questole cose sono cambiate, spiega suor Claudia,«nel 1994, quando abbiamo cominciato ab-biamo accettato il fatto importante che anchele comunità cristiane potevano vivere una

contraddizione, che c’erano delle famiglienelle quali nel momento in cui entravano lasopraffazione e la fine della dignità femmini-le veniva meno il progetto di Dio. La violen-za lo travolgeva, lo cancellava perché dicevache l’amore era venuto meno. La Chiesa nonpoteva tacere, doveva darsi delle strutture perrispondere». Nessuna difficoltà? Anche inquesto caso si insiste sul percorso, sui moltiincontri, sulle molte serate passate a discuterenelle parrocchie per costruire una rete, pereducare e formare. Si sono fatte mostre, sisono pubblicati opuscoli, si sono diffusi dati.

E si citano le parole di Giovanni Paolo IInella Lettera alle donne nelle quali è contenu-ta la spinta alla loro missione. «Sono convin-to che il segreto per percorrere speditamentela strada del pieno rispetto dell’identità fem-minile non passa solo per la denuncia, purnecessaria, delle discriminazioni e delle in-giustizie, ma anche e soprattutto per un fatti-vo progetto di promozione, che riguardi tuttigli ambiti della vita femminile, a partire dauna rinnovata e universale presa di coscienzadella dignità della donna».

Il racconto

Trois femmespuissantes

Khady è una giovane vedova africana,sterile. Scaraventata nel carico di unmercante di uomini, cerca di fuggireclandestinamente verso la Francia. Lungola via viene stuprata, sfruttata, derubata,venduta, ferita. Eppure le pagine più duredella storia di Khadi — terzo e ultimoracconto del libro Trois femmes puissantescon cui Marie Ndiaye, nata nella banlieueparigina da padre senegalese e madrefrancese, ora vive a Berlino, ha vinto ilPremio Goncourt 2009 — sono quelle cheraccontano della violenza esercitata su dilei dalle donne della famiglia del defuntomarito. «Khady sapeva di non esistere perloro. Perché il loro unico figlio maschiol’aveva sposata nonostante le loroproteste, perché lei non era stata capace diprocreare e perché non godeva dellaprotezione di nessuno, l’avevanotacitamente (...) esclusa dalla comunitàumana, e i loro occhi duri, poco più chefessure, (...) che si posavano su di lei nonfacevano nessuna distinzione tra quellaforma chiamata Khady e le altre,innumerevoli, delle bestie e delle cose chepopolavano anch’esse il mondo». Sola esconfitta, Khadi però non verrà maispezzata, perché salvata dal suo fortesenso di identità. Un sé inespropriabile,perché resistere alla sopraffazione èun’arte che la ragazza ha la forza diimparare. (@GiuliGaleotti)

Il film

The AccusedÈ una scena drammaticamentememorabile: Sarah Tobias (interpretata daun’eccezionale Jodie Foster, che per laparte vinse l’Oscar), in bagno davanti allo

specchio, si statagliando i capelli.Il suo sguardo digiovane donna èterribile: trasudarabbia e odio versochi l’ha violentata,ma anche una sortadi rifiuto verso laragazza che eraprima dellaviolenza. La scena— tratta dal filmThe Accused (1988)di JonathanKaplan, pellicola

statunitense dura e vera incentrata sullos t u p rodi una giovane cameriera su un flippera opera di tre ragazzi (tra l’incitamentogenerale degli avventori) — fo calizzauna tra le conseguenze più gravi epericolose prodotte dalla violenzasessuale. La volontà di autopunirsi che,in modo più o meno velato, la vittimaprova. Nel film (tratto da una storia vera)la parte del procuratore che si occupadel caso è interpretata dall’attricestatunitense Kelly McGillis,vittima nella vita reale di un episodiodi stupro. (@GiuliGaleotti)

STRAGE DI D ONNE IN COLOMBIA

In Colombia 514 donne sono state uccise nel primosemestre 2013. Al primo posto la regione di Valle delCauca con 144 casi di femminicidio, a cui seguonoAntioquia con 68 e Bogotà con 56. Dando la notizia,Radio Caracol ha citato un rapporto dell’istituto dimedicina legale della capitale colombiana. I dati —raccolti da esperti dell’istituto,verificati e studiati dal Centro nazionale di riferimentoper la violenza — rivelano che la maggior parte dellevittime sono donne comprese nella fascia di età che vadai 30 ai 34 anni.

CACCIA ALLE STREGHE IN INDIA

Sembra narrare storie di un’altra epoca il servizio diMatteo Fagotto pubblicato sul mensile «Jesus». È invecestretta attualità il racconto delle migliaia di donne cheogni anno vengono accusate di stregoneria in India.Capri espiatori per giustificare eventi apparentementeinspiegabili come morti improvvise, cattivi raccolti,epidemie, le vittime sono messe ai margini dalle rispettivecomunità, rifiutate dalle famiglie, ripudiate dai mariti.Emarginate, picchiate, linciate, uccise: succedevanell’Europa e negli Stati Uniti del Seicento, e succede

ancora oggi in una delle aree più arretrate del Paeseasiatico. È tenace l’impegno della Chiesa cattolica nellazona, volto a condannare le accuse di stregoneriadefinendole «un crimine contro Dio».

ZILDA ARNS VERSO LA B E AT I F I C A Z I O N E

Nel 2015 l’episcopato brasiliano inizierà la pratica per labeatificazione di Zilda Arns (1934-2010), missionaria laicae pediatra, tra le più famose attiviste per i diritti umanidel Brasile, paladina della lotta contro denutrizione emortalità infantile (il processo partirà solo allora giacchéla domanda va presentata dopo il quinto anniversariodalla morte del candidato). Nel 1983 Arns fondò laPastorale del Bambino, organizzazione umanitariacattolica legata alla Conferenza nazionale dei vescovibrasiliani, che oggi opera in oltre venti Paesi tra Americalatina, Africa e Asia.Madre di cinque figli e sorella del cardinale PauloEvaristo Arns, candidata per tre volte al Nobel per lapace, nel 2002 Zilda ricevette il premio della PanAmerican Health Organization per l’impegno umanitario.È morta il 12 gennaio 2010 nel terremoto che ha devastatoHaiti. Era giunta nell’isola una settimana prima peraffrontare il dramma della denutrizione.

GLI O R FA N I DEI FEMMINICIDI

«Sono i bimbi senza mamma e papà le altre vittime deifemminicidi»: in base a ciò che risulta dall’inchiesta diRaphaël Zanotti, pubblicata sul quotidiano italiano «LaStampa» del 6 agosto scorso, si tratta per lo più diminorenni molto piccoli, per cui i tribunali italianidispongono l’adozione o l’affidamento a famiglie terze,preferendo non lasciarli con zie e nonni d’origine. Lanecessità che emerge dall’inchiesta è quella di nondimenticare mai che si tratta di orfani con una storiadrammaticamente lacerante. Privati violentemente dellemadri dalla mano dei loro padri, questi figli necessitanoun aiuto esterno mirato. Solo così sarà possibile ridareluce a vite spente che rischiano di finire triturate sotto ilpeso della loro atroce storia.

IN BICI DA ROMA A GERUSALEMME

È cominciata il I° agosto da San Pietro l’avventura inbicicletta lungo la via Francigena del sud di Gaia Ferrarae Silvia Colesanti, pellegrine italiane che dal 2005 a oggihanno fatto lunghi viaggi in bici e, tra questi, trepellegrinaggi (il Cammino di Santiago in Spagna, la viaFrancigena del nord da Canterbury a Roma e ilCammino di Nikulas lungo il Reno). Nell’ambito del

progetto «D2, Due Donne, Day by Day», Gaia e Silviahanno iniziato il loro viaggio dopo la benedizione delcardinale Angelo Comastri. In diciassette giorni, hannoattraversato Lazio, Campania e Puglia per un totale dinovecento chilometri. «Ammainate le bandiere dalle aste,tolte le palme dalle poppe (...). Chiuse le credenziali conl’ultimo timbro (…) cala il sipario sul primo atto delnostro viaggio» hanno scritto il 18 agosto sul loro blog(hanno anche un diario su Facebook). Gaia e Silviariprenderanno le bici a dicembre: concluderanno allora illoro cammino lungo le strade della Terra Santa,celebrandovi il Natale.

MARIA MADRE DELLA RICONCILIAZIONE COREANA

«La Vergine Maria è madre della riconciliazione fra laCorea del Nord e la Corea del Sud. A Lei va affidata lapromozione della pace nella penisola»: lo ha affermato in

un messaggio l’arcivescovo di Seoul, monsignor AndrewYeom Soo-jung, nuovamente intervenuto sull’urgenza diriconciliare le Coree.Il messaggio giunge in un momento in cui i due Paesistanno cercando di riavviare le riunificazioni familiari framembri dei nuclei divisi dalla frontiera, mentre leesercitazioni militari congiunte in corso fra Stati Uniti eCorea del Sud alimentano la tensione. Prendendo lospunto da due eventi — uno civile (l’indipendenza dellaCorea del Sud) e uno religioso (l’Assunzione) —l’arcivescovo ha ricordato che se oltre sessant’anni faMaria fu «madre della liberazione» dall’imp erialismogiapponese per il popolo coreano, oggi deve essere«madre della riconciliazione». E, citando la Pacem interris, ha proseguito sostenendo che la riconciliazione fra idue Paesi non è solo una questione locale, ma è anche«la via per la pace nel mondo».

ALUNNE CONGOLESI A B U S AT E DAGLI INSEGNANTI

In alcune scuole del Congo, insegnanti e autoritàscolastiche approfittano del loro status per abusare dellealunne. Secondo l’organizzazione locale AfricanAssociation for the Defence of Human Rights (Aadhr),l’ignoranza della legge e il timore di denunciare gliaguzzini continuano ad alimentare gli abusi sessuali inparticolare a Kinshasa e Matadi. Il recente rapporto diAadhr intitolato School and Sexual Abuse in DRC:Knowledge is Power denuncia circa cento casi di stuproavvenuti tra aprile e giugno in 45 scuole delle due città (idati sono stati raccolti dalla polizia locale e da Aadhr).Nel 2006 il Paese africano ha approvato due leggi cheprevedono condanne severe contro le aggressioni sessualiverso i minori di 16 anni, ma secondo il vice presidentenazionale del Congolese Association for Access to Justice(Caaj) tali norme sono insufficienti. In media, secondoCaaj, l’ufficio del pubblico ministero riceve circa 15denunce la settimana, ma è fondamentale sollecitareancora le studentesse a denunciare i tentativi di violenza.

DONNE FILIPPINE V I O L E N TAT E DUE V O LT E

Donne filippine vittime di abusi sessuali da parte difunzionari governativi in servizio nelle ambasciate

filippine nei Paesi del Medio Oriente: è questa la precisadenuncia che il sacerdote cattolico Shay Cullen,missionario nell’arcipelago asiatico, ha inviato a Fides,chiedendo al presidente Benigno Aquino «tolleranza zerosullo sfruttamento sessuale». Padre Cullen, fondatoredell’associazione Preda che combatte lo sfruttamentominorile, ha raccolto storie che riferiscono di donnecostrette a prostituirsi per ottenere dai funzionari delleambasciate un biglietto aereo e il disbrigo delle praticheper tornare in Patria. Non solo dunque molte domestichefilippine vengono violentate dai datori di lavoro, maabusano di loro anche le persone pagate dallo Stato perassisterle. Padre Cullen ha chiesto alla magistratura diindagare e di accertare le responsabilità sulla base delletestimonianze da lui raccolte. Stigmatizzando losfruttamento, la corruzione e la diffusa violenza su donnee bambini, il sacerdote ha anche denunciato la pericolosasubcultura che nelle Filippine tollera in silenzio lo stuproe il traffico di esseri umani. Nel giugno scorso, del resto,le Filippine sono finite nella Tier 2 Watch List, la listanera del Rapporto sul traffico di esseri umani stilata dalDipartimento di Stato statunitense che include i Paesi chenon rispettano gli standard minimi internazionali nelfrenare la tratta di esseri umani.

Il saggio

Esclavas del poder

Il mercato degli esseri umani è oggi unodei più redditizi del mondo. Ogni annoquasi un milione e mezzo di persone, inprevalenza donne e bimbe, sono ridotte aschiave sessuali: comprate, vendute erivendute come materia prima, scarti otrofei. Lo sviluppo dell’industria sessualea livello mondiale ha creato un mercato —documentato in oltre 175 nazioni — inprocinto di superare il numero di esseriumani venduti all’epoca della schiavitù.Lo ha documentato, rischiando la vita, lagiornalista messicana Lydie Cacho nellibro Esclavas del poder (2010): esiste unautentico boom di reti organizzate cherapiscono, comprano e schiavizzanobambine e donne. Tutto questo, spiegaCacho, grazie alla diffusione di unacultura che considera normali ilrapimento, la sparizione, la compravenditae la corruzione di bimbe e adolescentionde trasformarle in oggetti sessuali. Ladenuncia del libro, però, va oltre i meridati. Milioni di persone considerano laprostituzione un male minore, scegliendodi ignorare lo sfruttamento. «Quandoascolto le argomentazioni a favore dellalegalizzazione, che restituirebbe alledonne il controllo sul proprio corpo, mitorna alla mente lo sguardo perso nelvuoto delle bambine che mai hanno avutoil potere di decidere». (@GiuliGaleotti)

Fu una delle prime religiosea seguire nel 1875in Africa Daniele Comboni«Essa è l’anima di tuttee guai a noise il Signore la prendesse con sé»scrisse un missionario

Il sacrificio di questa missionariaha implicato non solola fine della sua vocazione religiosama anche di ogni speranza umanaRimase infatti incatenataper tutta la vita alla sua condizionedi moglie forzata

Sopra e in basso foto delle missioni in alcuni villaggi del Sudan (Bahr el Ghazal, Delen) e dell’Eritrea (Amba Derò, Archico, Acria), 1880-1930 circa(Roma, Archivio Pie Madri Missionarie Comboniane)

Per mano contro la violenzaInchiesta sul Se.D, Servizio disagio donne, centro di ascolto della Caritas ambrosiana

«Anche le comunità cristianepotevano vivere una contraddizioneC’erano famigliein cui entrava la sopraffazionee veniva meno il progetto di Dio»

La responsabile è suor Claudiadonna minuta che non teme i carichiLo scopo è creare una retegiacché la denuncia da sola non basta

giudicare le violentate come vittime: su di lorosembrava sempre calare l’ombra della colpa,della connivenza con il violentatore. Se in am-bito laico il femminismo ha combattuto persfatare questo pregiudizio — che induceva

fronzoli — Teresa scrive: «Dico che peggio dicosì non può succedere al mondo». Dopoquesti anni, in cui ha sempre resistito allepressanti richieste di apostasia e ha più volteproclamato di preferire a questa la morte, con

molte donne a non denun-ciare la violenza subita — nelmondo cattolico questa opi-nione sta scomparendo soloora, come dimostra il proces-so di beatificazione che lesuore comboniane stannopreparando nei confronti diun’eroica missionaria costret-ta al matrimonio più di cen-to anni fa, Teresa Grigolini.

Teresa, una giovane donna che condivide ilsogno di Daniele Comboni di «rigenerarel’Africa», fu una delle prime religiose a seguir-lo nel 1875 nel Sudan, in luoghi inospitali peril clima e l’estrema povertà, con tanta passionee competenza da essere considerata dal fonda-tore «il modello della vera suora missionariadell’Africa centrale, il primo e più compiutosoggetto della congregazione delle Pie madridella Nigrizia».

Altre lettere di missionari comboniani checollaboravano con lei confermano questo lu-singhiero giudizio: «Essa — scrive Padre Or-walder dalla missione di El Obeid — è l’animadi tutte: quando lei manca, manca tutto. Èportatrice di gioia, di coraggio, e guai a noi seil Signore la prendesse con sé».

Teresa non muore di malattia, come tantecoraggiose giovani che l’hanno seguita, ma in-contra un supplizio peggiore quando la mis-sione viene occupata dalle truppe vittoriosedel Mahdi. Sarà costretta infatti a vivere diecianni in prigionia, torturata da stenti e timoridi violenza, ma soprattutto dal dolore di sen-tirsi abbandonata dal clero e dalla sua congre-gazione, che non riuscivano a fare arrivaresoccorsi né ad avviare tentativi diplomatici perliberare i prigionieri.

Nelle memorie della prigionia, che scrissepochi anni prima di morire — un testo dram-matico proprio per lo stile scarno e senza

le altre suore viene costretta dal Mahdi al ma-trimonio.

Si organizzano così matrimoni fittizi con al-cuni greci, anch’essi prigionieri ma, dopo setteanni in cui non nascono figli, diventa improv-visamente necessario, per la salvezza di tutti,che almeno uno dei matrimoni venga consu-mato e la nascita di un figlio lo provi. PadreOrwalder decise che si doveva sacrificare pro-prio Teresa — tutte erano state sciolte dai votiall’arrivo del Mahdi — con una scelta poi con-testata duramente, al momento del ritorno inItalia, sia dalla Santa Sede che dalla famigliaGrigolini. Perché richiedere questo drammati-co strappo a una missionaria perfetta?

Sappiamo solo che Teresa, seppure con di-sperazione, ha avuto la forza di obbedire:«Confesso pure la mia miseria, pensai che ilSignore mi avesse fatto torto. Per un anno in-tero — scrive nel memoriale — piansi la mia di-sgrazia, ma più ancora il giorno della libera-zione. Tutti, dicevo tra me, tutti hanno trovatola loro liberazione; le suore al loro convento, etutti gli altri in seno alle proprie famiglie e ailoro paesi; per me sola non ho potuto trovarené il mio convento né la mia famiglia; e finoalla morte sarebbe durata la mia schiavitù».

Si tratta di un sacrificio, infatti, che implicanon solo la fine della sua vocazione religiosa,ma anche quella di ogni speranza: quandol’arrivo degli inglesi liberò i prigionieri so-

Dopo i primi secoli la violenza sulle donne consacratesi è ripetuta più raramente nelle terre cristianeper ricomparire agli inizi dell’età contemporaneaOggi costituisce un rischio realeper missionarie e suore che vivono in zone di guerra

Tamara De Lempicka, «Mani e fiori»(1949 circa)

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Contro gli stupri in guerra

È tempodi agire insieme

di WILLIAM HAGUE*

Durante i conflitti, in quasi ogni angolodel globo, lo stupro è usato come ar-ma di guerra: distrugge vite, provoca

traumi fisici e psicologici alle vittime, mina lecomunità e aggrava le divisioni etniche e set-tarie. Chi si macchia di questo crimine è sicu-ro dell’impunità, chi sopravvive non ottienemai giustizia o sostegno. Ho fatto diventareuna priorità della politica estera del RegnoUnito la lotta contro le violenze sessuali du-rante i conflitti. Come comunità globale ab-biamo raggiunto un accordo — Arms TradeTre a t y, trattato che regolerà il commercio in-ternazionale delle armi — ma lo stupro e laviolenza sessuale sono armi efficaci quanto lepallottole e i carri armati. Le loro conseguen-ze altrettanto distruttive.

Dobbiamo scegliere se lavorare di nuovoinsieme per cogliere il momento politico sem-pre più sensibile verso le violenze sessuali ecancellare l’impunità, o invece lasciare chel’opportunità sfugga e con essa le speranzedei sopravvissuti. Credo si debba scegliere laprima strada: ora è tempo di agire per porrefine all’uso dello stupro come arma di guerra.Non ci sono soluzioni facili. Affrontare laviolenza sessuale fa parte di uno sforzo piùvasto per dare maggior forza alle donne nellasocietà. Sono stato veramente contento quan-do, nell’aprile 2013, gli Stati del G8 hanno vo-tato la Dichiarazione sulla prevenzione dellaviolenza sessuale nei conflitti, impegnandosiad affrontare le questioni politiche e praticheconnesse a tali crimini. Abbiamo bisogno diquesto tipo di impegni per porre fine all’abi-tudine a considerare le violenze sessuali comequestione secondaria e per porre i diritti e lapartecipazione delle donne in primo pianonella risoluzione dei conflitti.

Sono contento che questo proposito abbiaricevuto il caloroso sostegno di Papa France-sco, che ha scritto al primo ministro come«un ulteriore segnale di attenzione verso lapersona umana è l’avere incluso tra i temicentrali nel programma [del G8] la protezionedelle donne e dei bambini dalla violenza ses-suale nelle situazioni di conflitto». In moltiPaesi, le Chiese e i fedeli danno sostegno achi sopravvive e aiutano le comunità a rico-struirsi. Le comunità di fede possono svolgereun ruolo importante nel trasferire lo stigmadella vergogna dalle vittime al carnefice. LaChiesa cattolica, con la sua rete globale, svol-ge un ruolo importante. Ma è solo l’inizio.

Per porre fine alla violenza sessuale neiconflitti, è necessario che altri Paesi si unisca-no a noi e decidano misure politiche e prati-che. Il G8 è stato un potente inizio e a giu-gno, sotto la presidenza del Regno Unito delConsiglio di sicurezza Onu, ho presieduto aun dibattito sulla violenza sessuale in cui piùdi quaranta Paesi hanno co-sponsorizzato lanuova Risoluzione del Consiglio di sicurezza.Sto lavorando in stretta collaborazione con ilRappresentante Speciale dell’Onu per la vio-lenza sessuale nei conflitti per migliorare lacooperazione internazionale e speriamo insie-me di far sì che quanti più Paesi possibile siimpegnino pubblicamente a una presa di po-sizione di alto livello e inviino un messaggioforte ai sopravvissuti per dire loro che nonsono stati dimenticati. Come Regno Unito,abbiamo inviato squadre di esperti per lavo-rare con un numero di Paesi e di gruppi dellasocietà civile, per migliorare le loro capacitàdi intervento. Dal dicembre 2012 lavoriamo inBosnia-Erzegovina, Libia, Mali, RepubblicaDemocratica del Congo e sul confine siriano,e stiamo sviluppando progetti in altri Paesi.

Insieme alla Chiesa cattolica possiamo sfi-dare la cultura dell’impunità e del silenzio,che ha permesso ad altri di nascondersi dietrol’argomento che la violenza sessuale è inevita-bile conseguenza dei conflitti. I nostri prede-cessori hanno combattuto la tratta deglischiavi, bandito la tortura e reso illegale l’usodi armi chimiche: sta a noi relegare l’uso del-lo stupro come arma bellica nei libri di storia.

*Segretario di Stato del Regno Unitoper gli affari esteri e il Commonwealth

«Carissimo fratello, tua Chiara»La santa del mese raccontata da Liliana Cavani

Nata a Carpi nel1933, LilianaCavani,sceneggiatrice eregista lirica, hadiretto film per ilcinema, tra cui Ilportiere di notte(1974) e quellidedicati al patronod’Italia, Fra n c e s c od’As s i s i (1966) eFra n c e s c o (1989); trai film per latelevisione, Mai peramore. Troppo amore(2012, sullaviolenza contro ledonne) e tra ido cumentariClarisse (2012). Haricevuto, nel 2012,il Premio FedericoFellini 8 1/2 e ilDavid Speciale allacarriera.

Helena Bonham Carterinterpreta Chiara

in «Francesco» (1989)di Liliana Cavani

L’ordine da Roma ha imposto a noi Sorelledi non uscire mai più e non incontrare più i FratelliEppure non ci fu mai scandalo di qualsiasi speciema scambio di aiuto e di consigli

«C arissimo fratello in Cristo, che il Pa-dre ti dia pace e salute. Avrei volutoscriverti soltanto per darti notizie diallegrezza ma non è questo il mo-mento. Tutte insieme noi le tue pic-

cole sorelle abbiamo riflettuto e soprattutto pregato tantoper toccarti in Spirito affinché le parole che leggerai nonti feriscano troppo ma raggiungano lo scopo che è quellodi illuminarti sulla urgente necessità di lasciare la Terradei Mori e tornare.

«La f ra t e r n i t a s è come una povera barca in mezzo auna grande tempesta e corre il rischio di essere sommer-sa. Ecco la causa. Chi la guida in tua assenza dà ordiniai Fratelli e alle Sorelle opposti e contrari a quelli che in-tendevi tu. Questo provoca discussioni e liti continue chetu conosci ma che sapevi gestire con pazienza e saggezza.Tre mesi dopo che sei partito per la Terrasanta ci sonostate assemblee di Fratelli sempre più frequenti alle qualinoi Sorelle non eravamo mai chiamate a partecipare.Leone, Egidio e qualche altro venivano tristissimi a rife-rirci quanto accadeva. E tu puoi immaginare quello cheaccadeva. Riproponevano per la Fratellanza una Regoladi vita opposta a quella che tu avevi indicato con tantachiarezza e pazienza. Chi si opponeva veniva zittito ecacciato fuori. Per questo tanti Fratelli sono confusi, altritristissimi e dispersi. Molti invece sono contenti di segui-re le nuove direttive.

«La prima conseguenza è che la nostra amatissima Si-gnora Povertà fedele compagna della nostre vite è caccia-ta via con fastidio e persino disprezzo. I Fratelli che con-tinuano ad amarla sono accusati di eresia e cacciati ma ilvero motivo è che sono considerati troppo fedeli alle tuedirettive. Il cuore di tutta la questione tu la conosci bene.Dicono che tu negavi loro il diritto di studiare e di ap-profondire con lo studio la parola di Gesù Cristo. Losanno bene che tu dicevi ben altro. Dicevi che lo studio èimportante quando aiuta gli uomini a essere liberi e dice-vi anche che lo studio è persino santo se è al servizio del-la Verità e della Vita. E per te proprio Cristo è Verità eVita. Per molti di loro invece lo studio è un mezzo persottomettere chi non ha studiato e non conosce le paroleper chiedere giustizia. Ed è proprio la parola f ra t e r n i t a sche sembra irritare questi dotti come se non ne compren-dessero il significato travolgente, quello che ha travolto tee attraverso te tanti uomini e donne compresa me. Que-sto ci dà una grande tristezza e possiamo soltanto prega-re per questi fratelli dotti affinché Gesù Cristo li illuminima per ora — è amaro dirtelo — sono vincenti e tenuti inconsiderazione da Roma.

«Ed è a causa di tutto questo che la tempesta si è ab-battuta anche su di noi Piccole Sorelle tue. Due mesi fada Roma è arrivato l’ordine di fare di San Damiano, cheper noi è sempre stata semplicemente la Casa, un veroconvento come tutti gli altri conventi. Se ricordi benec’era già una minaccia nell’aria anche prima che tu partis-si ma grazie alla tua presenza l’autorità restava ferma co-me una belva trattenuta a catena. L’ordine da Roma haimposto da subito a noi Sorelle di non uscire mai più edi non incontrare più i Fratelli, nessuno di loro. Eppurenon ci fu mai scandalo di qualsiasi specie ma scambio diaiuto e di consigli e ci aiutavano coi malati all’ospizioper casi difficili come i paralitici da far muovere. Erava-mo di fatto una f ra t e r n i t a s . Oltre a portoni e cancelli an-

persona. Esultava per la gioia ma pare che a Roma ab-biano altre idee. È evidente che in Terrasanta hanno bi-sogno di te e io e le Sorelle rischiamo di essere importu-ne. Ma è giusto che tu conosca tutto per poter decidere eper questo preghiamo tanto e...».

La lettera si interrompe qui. Provocò di sicuro moltodispiacere a Francesco. Sapeva che Chiara non l’avrebb emai scritta se i fatti non fossero stati anche peggiori. Eliada Cortona che stava con lui in Terrasanta, ricorda che

l’amico leggendola aveva le lacrime ma non rivelò il con-tenuto a nessuno. Decise però di tornare in Italia col pri-mo possibile vascello.

Questa lettera non è mai stata letta da alcun biografo.Nelle Fonti francescane si legge però una lettera inviata daChiara a Francesco in cui lo sollecitava a tornare. Era in-fatti il periodo nel quale dentro alla f ra t e r n i t a s c’eranograndi dissensi. L’ho scritta immaginandola. Ora mi sem-bra così vera che non posso distruggerla.

che le sbarre alle finestre ci separano da tutti. Non abbia-mo più potuto andare a lavorare chi al servizio in una ca-sa di benestanti chi alla fabbrica per ottenete il sostenta-mento per noi e per i nostri fratelli poveri o ammalati.

Ti chiederai di che cosa viviamo. Ecco la maggiore sor-presa. Il nutrimento ci deriva dalle consegne dei “nostricontadini” che ci portano ogni ben di Dio. Noi siamo di-ventate infatti le loro “p a d ro n e ”. Insomma la Chiesa ciha conferito delle rendite e così viviamo di rendita. Sem-bra quasi uno scherzo se pensi che io e altre sorelle ab-biamo lasciato comodi palazzi e ricche mense per abbrac-ciare Signora Povertà per vergogna verso i fratelli svan-taggiati. Siamo di nuovo privilegiate e protette e ci sen-tiamo come quei pupazzetti coi quali si gioca da bambi-ne e che vengono sbattuti qua e là. Il Commesso Pontifi-cio che ci ha portato il documento riguardo l’u s u f ru t t odelle terre che ci hanno conferito ha riso quando gli hodetto che non volevamo quel privilegio di rendita ma in-vece il privilegio di essere povere. Ci ha fatto notare chemoltissimi fratelli erano ben felici di avere ottenuto dellesedi confortevoli per lo studio e la preghiera. Non c’èstato verso di fargli capire che eravamo felici di guada-gnarci di che vivere come fanno la maggior parte dei“fratelli”. Non riusciva a capire che non mi riferivo a fra-telli di sangue ma ai fratelli in Dio che è ben più impor-tante. È stato un dialogo impossibile. I primi tempi nonriuscivamo quasi a mangiare per l’imbarazzo. Ci vergo-gnavamo e donavamo tutto. Poi insieme a Leone e Pietrosono andata dal Vescovo a parlargli e così d’intesa conlui, con lui solo, appena fa buio io e alcune sorelle uscia-mo a portare cibo e assistenza ai nostri fratelli in difficol-tà. Ma il principale impulso per la nostra resistenza è lacertezza che quando tornerai verrà chiarito questo equi-voco. Un’interpretazione così errata delle parole del Van-gelo non può che essere un equivoco. E proprio a causadi questo equivoco tanti Fratelli hanno accettato case epersino palazzi per vivere nell’agiatezza. Dicono che stu-diano e che perciò necessitano di riposare comodi, di nu-trirsi con cibi delicati e vestirsi con panni morbidi. Nonla pensano così i primi arrivati alla f ra t e r n i t a s , Leone, Ru-fino, Pietro, Egidio e altri. Sono rimasti fedeli al Vangeloalla lettera e pertanto continuano a vivere come primama sperano e pregano perché presto si faccia chiarezza.Quanto sia necessario che tu esista non puoi neanche im-maginarlo.

«È giunta qui la notizia, grazie a un mercante che l’hadiffusa, che hai incontrato il Sultano e che avete parlatodi una possibile Pace. Il Vescovo è venuto a riferircelo di

William Hague in Rwanda con Angelina Jolie, ambasciatrice dell’Al t oCommissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (marzo 2013)