QUATTRO A TRE

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Italia - Germania Storia di una generazione che andò all'attacco e vinse (quella volta)

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Molti anni dopo…

Una partita indimenticabile. Un evento al quale, con il tra-scorrere dei decenni, viene sempre più riconosciuto uno specia-le diritto alla memoria. Qualcosa che lega sport ed epica, stadioe costume, storia sociale e pallone. Con i suoi eroi, degni dellafama e della gloria che arridevano agli atleti di Olimpia.

Passano i campionati nazionali, le Coppe e le Champions, itornei mondiali. Il calcio è cambiato. E lotta faticosamente permantenere quella vena di poesia che lo ha reso il gioco più bellodel mondo, uno dei fenomeni di massa più affascinanti delNovecento. Lotta per non subire la malinconica fine della boxeo il declino del ciclismo. Ma le grandi partite, le grandi squadreche hanno generato sogni e inebrianti identità collettive, i prota-gonisti degli stadi che hanno rappresentato il mondo dei deside-ri per generazioni di bambini e adolescenti, tutto questo restanella storia della mentalità e della cultura. Resiste a ogni succes-siva bruttura e degenerazione. A ogni oltraggio al pallone, aicolori e alle maglie del mito.

L’Italia-Germania del Quattro-a-tre del giugno 1970 è forsela più simbolica, la più esaltante, di queste partite. È l’Italia-Germania per definizione, perfino più della finale dell’82 chediede in Spagna agli azzurri di Bearzot e di Paolo Rossi (e diPertini…) il terzo meraviglioso titolo mondiale. È il quattro-a-tre

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per definizione. È la partita nazionale per antonomasia.Per questo ancora oggi se ne favoleggia. Ancora oggi le tivù

e le radio, non solo italiane e tedesche, le dedicano filmati d’epo-ca, servizi storici, interviste ai protagonisti e a chi li ha racconta-ti. L’Italia-Germania dello stadio Azteca serve a rinnovare ilmito del calcio, a rifondarlo ogni volta, talora a ridargli legitti-mazione di fronte agli scandali. Serve anche a ripercorrereun’epoca storica felice di più generazioni che incrociarono quel-l’anno con le loro differenti speranze: la generazione dei padriche vi era arrivata avendo conosciuto il sollievo e il benesseredel dopoguerra, e con la fondata speranza di dare ai propri figliun’istruzione e un futuro migliori; e la generazione dei figli cheproprio in quegli anni si ritrovò a sognare a occhi aperti la socie-tà dell’utopia, esattamente come i giovani telespettatori in bian-co e nero che fanno quasi da io narrante nel libro. Come ognitanto accade nei processi chimici, tutto congiurò insomma a farsì che la “combinazione storica” all’interno della quale si giocòe venne vissuta Italia-Germania avesse in sé qualcosa di favolo-so e di irripetibile, qualcosa in grado di produrre un fantasticomatrimonio d’amore tra la partita e l’ epoca in cui si svolse.

Questo libro venne pubblicato da Rizzoli nel 2001 con altrotitolo (La partita del secolo). Accolto con grande favore di criti-ca e usato abbondantemente per le più importanti ricostruzionitelevisive della storia del calcio, è stato oggetto di attenzioneanche di sociologi e giornalisti politici e di costume in Italia eall’estero. La decisione di riproporlo nasce proprio dalla rinno-vata attenzione che il pubblico dimostra verso la complessivavicenda del calcio, e soprattutto verso il multiforme rapporto tracalcio e società. Nasce dalla convinzione che uno dei più grandifenomeni sociali e culturali abbia diritto a una sua narrativa chedi volta in volta ne racconti i protagonisti, le metafore, le emo-zioni, i contesti, i retroscena storici, gli eventi. Tutto quello che,per la magica combinazione storica di cui abbiamo parlatoprima, si ritrova e si racchiude suggestivamente nel “Quattro-a-tre” di Città del Messico, stadio Azteca, 17 giugno 1970, mezza-notte ora italiana.

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