Quale unità

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QUALE UNITA'? La “Federazione delle Sinistre” presentata come “nuovo inizio” e come concretizzazione della “unità a sinistra, è in realtà la riorganizzazione della ex sinistra di governo, con tutti gli ex ministri in prima fila (Ferrero, Diliberto, Salvi), attorno alla continuità delle sue posizioni di sempre. Un soggetto politico che tutt'ora ignora o respinge le vere esigenze dell’unità d’azione e dello stesso confronto unitario a sinistra che il PCL ha posto e che continuerà ostinatamente a porre. L'assenza di un bilancio, la riproposizione del passato Nessun bilancio della disfatta è stato tratto. Nessuna delle enormità compiute negli ultimi quindici anni in due legislature di centro-sinistra (primo e secondo governo Prodi per il PRC, più i governi D’Alema e Amato per il PDCI e per Salvi) è stata anche solo nominata, fosse pure incidentalmente nel documento di fondazione. Gli unici accenni all’esperienza dell’ultimo governo Prodi (da parte di Grassi e Ferrero ) hanno alluso esclusivamente alla “delusione del popolo della sinistra” e alle conseguenti “sconfitte elettorali”. Che Diliberto peraltro ha attribuito, in chiave auto- assolutoria, a prevalenti ragioni strutturali (disgregazione sociale, perdita di coscienza di classe tra i lavoratori, etc). Così tutti i crimini politici compiuti contro la propria classe di riferimento sono rimasti anonimi: il voto alle missioni di guerra, alle leggi di precarizzazione del lavoro, alle finanziarie di Confindustria e banche, ai CPT e al decreto anti immigrati…. Tutto ciò che ha colpito lavoratori e oppressi; che ha demotivato ampi settori operai e popolari spianando la strada alle destre; che ha sancito le stesse ripetute rotture a sinistra, è stato semplicemente rimosso. Con un unico scopo: legittimare l‘imperturbabile continuità dei gruppi dirigenti responsabili di quei crimini. Una federazione organicamente governista Resta la continuità della presenza nelle giunte di centrosinistra di larga parte d’Italia, a partire dalle Regioni. Il “nuovo inizio” anche qui, non ha neppure sfiorato questa eredità imbarazzante: che non rappresenta unicamente una collocazione istituzionale, ma ha un preciso risvolto di classe. I governi regionali e cittadini hanno regolarmente tagliato servizi, chiuso scuole e ospedali pubblici, partecipato alla precarizzazione del lavoro, finanziato in mille forme padronato e clero. Si può rivendicare un “nuovo inizio” e restare, come nulla fosse, in questi comitati d’affari delle classi dominanti, regolarmente attraversati da corruzione, privilegi di casta, malcostume di ogni genere? Chiaramente no, ma la Federazione anche alle recenti elezioni regionali ha confermato gli accordi di governo esistenti con il centrosinistra, tanto più nel momento della propria estromissione dal Parlamento nazionale (e delle relative conseguenze di cassa ). Paolo Ferrero ha dichiarato più volte che l’autonomia della federazione è semplicemente il prerequisito negoziale delle alleanze con il PD, un'articolazione tattica per rientrare in parlamento. L'assenza di una strategia classista Permane la clamorosa assenza di qualsiasi proposta politica di svolta sul terreno decisivo della lotta di classe. Come ricostruire un’opposizione sociale all’altezza del precipitare della crisi e dell’offensiva reazionaria del governo? Al piede di partenza di un autunno drammatico, e di fronte all’impasse paralizzante della CGIL, il “nuovo inizio” della FdS è semplicemente muto. Come rispondere ai licenziamenti collettivi annunciati, come lavorare all’unificazione del fronte sociale, quali proposte avanzare su forme di lotta e forme di organizzazione, come replicare nella pratica all’avanzare delle ronde? Silenzio assoluto. Nulla di nulla. La denuncia di governo e Confindustria si combina col vuoto di proposta al movimento operaio italiano, proprio nel momento della sua crisi più grave. Non è un caso. Non si può lavorare ad una proposta di svolta sul terreno dell’unificazione e della radicalizzazione delle lotte, se si devono difendere i propri assessori nelle giunte e custodire, a futura memoria, un’immagine di rispettabilità istituzionale. Lo stesso silenzio sulla burocrazia dirigente della CGIL (di cui una parte è confluita nella FdS – Patta), nel congresso della confederazione, è quanto mai indicativa: riflette non solo una soggezione diplomatica, ma la tentazione (vana) di un parziale collateralismo politico che occupi lo spazio lasciato vacante dal PD nel rapporto con l’apparato sindacale. E anche questo concorre a pregiudicare una coerente battaglia antiburocratica tra i lavoratori. L'anticapitalismo della FdS: un'evocazione simbolica da utilizzare nei discorsi della domenica L’identità e il programma generale della Federazione ripropongono l’impostazione tradizionale dei gruppi dirigenti di PRC, PDCI, Socialismo 2000: la critica del capitalismo senza l’alternativa al capitalismo, se non come tradizionale evocazione letteraria e simbolica... Di più, il documento politico della FdS, ha teso a stemperare gli stessi riferimenti simbolici alla

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Nota critica sulla Federazione delle sinistre

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QUALE UNITA'?La “Federazione delle Sinistre” presentata come “nuovo inizio” e come concretizzazione della “unità a sinistra, è in realtà la riorganizzazione della ex sinistra di governo, con tutti gli ex ministri in prima fila (Ferrero, Diliberto, Salvi), attorno alla continuità delle sue posizioni di sempre. Un soggetto politico che tutt'ora ignora o respinge le vere esigenze dell’unità d’azione e dello stesso confronto unitario a sinistra che il PCL ha posto e che continuerà ostinatamente a porre.

L'assenza di un bilancio, la riproposizione del passato

Nessun bilancio della disfatta è stato tratto. Nessuna delle enormità compiute negli ultimi quindici anni in due legislature di centro-sinistra (primo e secondo governo Prodi per il PRC, più i governi D’Alema e Amato per il PDCI e per Salvi) è stata anche solo nominata, fosse pure incidentalmente nel documento di fondazione. Gli unici accenni all’esperienza dell’ultimo governo Prodi (da parte di Grassi e Ferrero ) hanno alluso esclusivamente alla “delusione del popolo della sinistra” e alle conseguenti “sconfitte elettorali”. Che Diliberto peraltro ha attribuito, in chiave auto-assolutoria, a prevalenti ragioni strutturali (disgregazione sociale, perdita di coscienza di classe tra i lavoratori, etc). Così tutti i crimini politici compiuti contro la propria classe di riferimento sono rimasti anonimi: il voto alle missioni di guerra, alle leggi di precarizzazione del lavoro, alle finanziarie di Confindustria e banche, ai CPT e al decreto anti immigrati…. Tutto ciò che ha colpito lavoratori e oppressi; che ha demotivato ampi settori operai e popolari spianando la strada alle destre; che ha sancito le stesse ripetute rotture a sinistra, è stato semplicemente rimosso. Con un unico scopo: legittimare l‘imperturbabile continuità dei gruppi dirigenti responsabili di quei crimini.

Una federazione organicamente governista

Resta la continuità della presenza nelle giunte di centrosinistra di larga parte d’Italia, a partire dalle Regioni. Il “nuovo inizio” anche qui, non ha neppure sfiorato questa eredità imbarazzante: che non rappresenta unicamente una collocazione istituzionale, ma ha un preciso risvolto di classe. I governi regionali e cittadini hanno regolarmente tagliato servizi, chiuso scuole e ospedali pubblici, partecipato alla precarizzazione del lavoro, finanziato in mille forme padronato e clero. Si può rivendicare un “nuovo inizio” e restare, come nulla fosse, in questi comitati d’affari delle classi dominanti, regolarmente attraversati da corruzione, privilegi di casta, malcostume di ogni genere?

Chiaramente no, ma la Federazione anche alle recenti elezioni regionali ha confermato gli accordi di governo esistenti con il centrosinistra, tanto più nel momento della propria estromissione dal Parlamento nazionale (e delle relative conseguenze di cassa ). Paolo Ferrero ha dichiarato più volte che l’autonomia della federazione è semplicemente il prerequisito negoziale delle alleanze con il PD, un'articolazione tattica per rientrare in parlamento.

L'assenza di una strategia classista

Permane la clamorosa assenza di qualsiasi proposta politica di svolta sul terreno decisivo della lotta di classe. Come ricostruire un’opposizione sociale all’altezza del precipitare della crisi e dell’offensiva reazionaria del governo? Al piede di partenza di un autunno drammatico, e di fronte all’impasse paralizzante della CGIL, il “nuovo inizio” della FdS è semplicemente muto. Come rispondere ai licenziamenti collettivi annunciati, come lavorare all’unificazione del fronte sociale, quali proposte avanzare su forme di lotta e forme di organizzazione, come replicare nella pratica all’avanzare delle ronde? Silenzio assoluto. Nulla di nulla. La denuncia di governo e Confindustria si combina col vuoto di proposta al movimento operaio italiano, proprio nel momento della sua crisi più grave. Non è un caso. Non si può lavorare ad una proposta di svolta sul terreno dell’unificazione e della radicalizzazione delle lotte, se si devono difendere i propri assessori nelle giunte e custodire, a futura memoria, un’immagine di rispettabilità istituzionale. Lo stesso silenzio sulla burocrazia dirigente della CGIL (di cui una parte è confluita nella FdS – Patta), nel congresso della confederazione, è quanto mai indicativa: riflette non solo una soggezione diplomatica, ma la tentazione (vana) di un parziale collateralismo politico che occupi lo spazio lasciato vacante dal PD nel rapporto con l’apparato sindacale. E anche questo concorre a pregiudicare una coerente battaglia antiburocratica tra i lavoratori.

L'anticapitalismo della FdS: un'evocazione simbolica da utilizzare

nei discorsi della domenicaL’identità e il programma generale della Federazione ripropongono l’impostazione tradizionale dei gruppi dirigenti di PRC, PDCI, Socialismo 2000: la critica del capitalismo senza l’alternativa al capitalismo, se non come tradizionale evocazione letteraria e simbolica... Di più, il documento politico della FdS, ha teso a stemperare gli stessi riferimenti simbolici alla

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“tradizione comunista” dentro la sommatoria arcobaleno di tutte le istanze critiche... Invece di una risposta classista e comunista all’insieme delle domande di emancipazione e liberazione (antimperialiste, ambientaliste, di genere...), si assiste alla “bertinottiana” giustapposizione di pacifismo, ecologismo, femminismo... comunismo. Ridotto quest’ultimo a icona ideologica, valore critico, tradizione simbolica, tutto ciò che si vuole, tranne che un programma concreto di alternativa rivoluzionaria. Siamo di fronte al “bertinottismo” senza Bertinotti. E’ l’ennesima riproposizione di una cultura neoriformista che ha attraversato negli ultimi decenni filoni molto diversi della sinistra italiana (primo occhettismo, mezza DP, lo stesso bertinottismo) e che oggi tiene a battesimo, nell’eterno nome del “nuovo”, il matrimonio spregiudicato tra Ferrero, Diliberto, Salvi, ecc. Tutti uniti non certo dal marxismo, ma dalla volontà di sfuggire al proprio naufragio.

La FdS: dal CLN con Casini alla riproposizione dell'Ulivo

E' passato poco più di un anno dall’annunciata disponibilità del PRC ad un’eventuale governo di garanzia istituzionale col PD e l’UDC di Casini, nel caso di una crisi verticale del berlusconismo. Riproponendo la stessa identica proposta di governo di “garanzia istituzionale” che Bertinotti e Cossutta avanzarono nel ’95, in coda alla crisi del primo governo Berlusconi: quando (con l’accordo di Ferrero) proposero un governo istituzionale “semestrale” esteso sino alla Lega. Sarebbe questa dunque la svolta? La riesumazione, quindici anni dopo, della peggiore disinvoltura governista bertinottiana? La verità è che la sinistra degli ex ministri e degli assessori, custodisce nel proprio dna la vocazione immutata ad una propria ricollocazione nel “grande gioco” della politica borghese. Per questo oggi la Federazione va a congresso riproponendo di dar vita, a “una coalizione democratica” per sconfiggere Berlusconi e Bossi, sulla base di una piattaforma di ripristino e di rinnovamento della nostra democrazia: cos'è se non la riproposizione fallimentare di un “nuovo Ulivo”?

La sinistra non sarà ricostruita da chi l’ha distrutta

L’operazione della federazione delle sinistre, nelle sue basi politiche e programmatiche, conferma indirettamente una volta di più tutte le ragioni della piena autonomia del PCL, della sua costruzione indipendente attorno al proprio programma, della sua lotta per un’altra sinistra italiana. L’opposizione di classe non sarà rilanciata dagli assessori delle giunte borghesi. L’anticapitalismo non sarà propugnato dagli ex ministri dei governi confindustriali. Il PCL lavorerà per raggruppare attorno ai principi del marxismo rivoluzionario tutti coloro che vogliono

una sinistra che non tradisca, non compromessa nella disfatta, impegnata apertamente su una prospettiva anti-sistema.Parallelamente, nella sua piena autonomia, il PCL incalzerà il “nuovo” soggetto della Federazione, come l’insieme delle sinistre, con una proposta vera di unità, di fronte unico d’azione nella lotta di classe e di confronto unitario e pubblico delle posizioni, di fronte ai lavoratori e al popolo della sinistra. Partendo ogni volta dalle esigenze concrete del mondo del lavoro e dei movimenti di lotta, in rapporto al nuovo livello dello scontro; e mettendo ogni volta tutte le sinistre e i loro gruppi dirigenti di fronte alle proprie responsabilità agli occhi della loro classe di riferimento.

La proposta del PCL: costruire il “polo autonomo di classe” sul terreno delle lotte

Proprio perché, a differenza di altri, non abbiamo altro interesse da difendere se non quello dei lavoratori e del progetto comunista, siamo e saremo noi i paladini della più ampia unità d’azione di tutte le sinistre politiche e sindacali nel movimento reale delle lotte: contro ogni logica di divisione dei lavoratori e dei movimenti per meschine ragioni di concorrenza di sigle, di rivalità personalistiche, di auto-centrature di gruppo. Al tempo stesso, proprio perché rivoluzionari, poniamo e porremo instancabilmente in ogni fronte di lotta, in ogni rapporto unitario, l’esigenza della comune rottura con tutti i partiti della borghesia, di un programma apertamente anti-capitalistico, della lotta per un governo dei lavoratori.Ad oggi dobbiamo constatare che tutte le proposte di unità d’azione che abbiamo formalmente rivolto per un anno a PRC e PDCI sono cadute nel vuoto ( v. lettera al PRC in ottobre; lettera aperta alle sinistre in aprile; ripetuti articoli e appelli per l’unità d’azione su Il manifesto e Liberazione; un incontro con Ferrero in giugno sul medesimo tema).Continueremo ad incalzare pubblicamente la Federazione sul terreno dell’unità di lotta: perché sia chiaro a tutti, in ogni caso, chi lavora realmente per la più ampia unità dei lavoratori, e chi usa la bandiera dell’unità come schermo d'immagine ingannevole a meri fini elettorali.

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f.i.p v. Montanara vicinale 1210

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI -CRQI