Quale sistema dimensionale adottare ? · concettualizzazioni DSM-IV di Disturbo di Personalità...

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VINCENZO MANNA DIMENSIONI PSICOPATOLOGICHE DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ CONDOTTE AGGRESSIVE E DISTURBI PSICHIATRICI: CLINICAL GOVERNANCE E REINTEGRAZIONE SOCIALE ARICCIA ROMA 2011 Quale sistema dimensionale adottare ? 3. La terza questione importante che deve essere affrontato è quello della estensione diagnostica. Non è vero che i 10 disturbi “ufficiali” di personalità presentati nel DSM-IV TR rappresentano tutte le forme di patologia della personalità che il medico si trova ad affrontare e trattare. Il disturbo di personalità non altrimenti specificato (NAS) è una delle diagnosi di personalità più frequentemente assegnata in ambito clinico. Ciò indica la necessità di considerare altre varianti della patologia di personalità nella nostra nomenclatura diagnostica. Shedler J, Westen D. Refining DSM-IV personality disorder diagnosis: integrating science and practice. Am J Psychiatry 2004; 161:1350-1365

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Quale sistema dimensionale adottare ?

3.

La terza questione importante che deve essere affrontato è

quello della estensione diagnostica.

Non è vero che i 10 disturbi “ufficiali” di personalità presentati

nel DSM-IV TR rappresentano tutte le forme di patologia

della personalità che il medico si trova ad affrontare e

trattare.

Il disturbo di personalità non altrimenti specificato (NAS) è una

delle diagnosi di personalità più frequentemente assegnata

in ambito clinico.

Ciò indica la necessità di considerare altre varianti della

patologia di personalità nella nostra nomenclatura

diagnostica.

Shedler J, Westen D. Refining DSM-IV personality disorder diagnosis: integrating

science and practice. Am J Psychiatry 2004; 161:1350-1365

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Quale sistema dimensionale adottare ?

3.

I modelli dimensionali che non sono legati in modo diretto alle

concettualizzazioni DSM-IV di Disturbo di Personalità diagnosi

possono facilitare la ricerca di nuove diagnosi in questo ambito.

Ci possono essere importanti varietà di patologia della

personalità trascurate a causa dell'adesione al sistema

diagnostico del DSM.

In ciò i modelli dimensionali conferiscono un certo vantaggio,

ma alla fine, si deve dimostrare con quali frequenze si

verificano queste altre varietà di patologia della personalità

nelle situazioni cliniche reali al fine di giustificare per esse la

ricerca e la messa a fuoco di un adeguato trattamento.

Shedler J, Westen D. Refining DSM-IV personality disorder diagnosis: integrating

science and practice. Am J Psychiatry 2004; 161:1350-1365

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Conclusioni ? Si può nutrire un cauto ottimismo sul futuro dei modelli

dimensionali di descrizione della patologia di personalità.

I ricercatori hanno dimostrato che i principali modelli dimensionali basati

sulla descrizione dei tratti di personalità sono effettivamente rilevanti

nella pratica clinica e che quattro tratti di personalità importanti o

dimensioni, che sono pertinenti alla patologia di personalità, possono

essere identificati attraverso modelli dimensionali diversi ed alternativi.

Nella diagnosi di disturbo di personalità vanno integrate le informazioni

circa i tratti di personalità più rilevanti ma soprattutto va evidenziato il

grado di disagio o menomazione correlato.

La nostra speranza è che i cambiamenti adottati nel DSM-V siano

orientati secondo le considerazioni qui fatte, conseguenziali ai progressi

scientifici appena sintetizzati.

Ciò potrebbe portare ad un miglioramento

nella comprensione etiopatogenetica,

nella diagnosi e nel trattamento

della patologia di personalità.

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Grazie per l’attenzione !

Slides disponibili su

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BASI RAZIONALI DEL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ

Secondo i modelli neurobiologici dei disturbi di personalità i comportamenti pervasivi e ripetitivi, continuati e stereotipati, tipici dei disturbi di personalità, vanno considerati

alla stregua di dimensioni psicopatologiche, funzionalmente

correlate a :

1. specifici fattori neurobiologici (temperamento);

2. fattori psicologici e sociali

(carattere).

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L’avvento di un’interpretazione della malattia mentale,

in termini di continuum sindromico e di spettro psicopatologico,

ha modificato l’obiettivo stesso dell’approccio farmacoterapeutico.

La terapia farmacologica, in psichiatria oggigiorno, non è più indirizzata al

trattamento della categoria nosografica

ma è orientata, più selettivamente, al

trattamento delle singole dimensioni,

che caratterizzano la sintomatologia clinica

del singolo paziente.

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Nel trattamento del Disturbo Borderline di Personalità DBP, per esempio, gli obiettivi della psico-farmaco-terapia sono rappresentati, perciò, dalle

dimensioni psicopatologiche e dalle

disfunzioni neuro-biologiche sottese a:

1. disturbi percettivo/cognitivi;

2. affettività instabile;

3. impulsività comportamentale; 1. ansia e sue manifestazioni.

Tali dimensioni psicopatologiche possono essere considerate tanto condizioni di

vulnerabilità di tratto quanto fattori di

scompenso psicopatologico acuto.

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Il modello psicobiologico di Siever e Davis riconduce i disturbi d’Asse I e d’Asse II ad una stessa matrice neuro-funzionale.

In quest’ottica,

le alterazioni neurobiologiche correlate:

1. all’organizzazione cognitivo-percettiva,

2. alla regolazione affettiva, 3. al controllo degli impulsi e dell’aggressività, 4. alla regolazione dell’ansia e dell’inibizione,

rappresentano

le dimensioni psicobiologiche di base.

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Nel modello psicobiologico di Siever e Davis tali dimensioni costituiscono uno spettro psicopatologico, un

continuum sindromico,

ai cui estremi si collocano

da un lato i disturbi psicopatologici più gravi,

classificati nel DSM IV in Asse I quali:

schizofrenia, disturbi dell'umore, disturbi del controllo degli impulsi e disturbi ansiosi;

dall'altro le pervasive, lievi e persistenti alterazioni sottese alle disfunzioni sociali, occupazionali ed interpersonali, proprie dei disturbi di personalità,

classificate nel DSM IV in Asse II.

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Il tono dopaminergico cerebrale sembra modulare

funzionalmente la dimensione cognitivo/percettiva, che delinea un continuum tra i

disturbi psicotici e i disturbi patogeneticamente correlati,

sottesi alle alterazioni dell’information processing, presenti nei disturbi di personalità del Cluster A, soprattutto nei disturbi schizoide e schizotipico.

La dimensione impulsività/aggressività

sembra essere funzionalmente correlata ad una riduzione del

tono serotoninergico cerebrale.

Tale dimensione può esprimersi come tratto di personalità, con comportamenti impulsivi, in particolare del DBP e negli altri

disturbi del Cluster B o come disturbo del controllo degli impulsi, quando appare maggiormente rilevante sul

piano psicopatologico.

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L'instabilità affettiva sembra essere correlata al

tono serotoninergico, colinergico e noradrenergico cerebrale.

Tale instabilità rappresenta la dimensione psicopatologica, che caratterizza i disturbi affettivi maggiori (DSM IV - Asse I), ma anche alcuni disturbi di personalità, in particolare il DBP e quell’istrionico (DSM IV - Asse II).

La dimensione ansia/inibizione è

funzionalmente connessa alle attività modulate dal

GABA e dalla Noradrenalina. Tale dimensione connota i disturbi d'ansia (DSM IV - Asse l), ma

anche alcuni disturbi di personalità, in particolare i disturbi del

cluster C (DSM IV - Asse II).

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La teorizzazione di Siever e Davis non

manca di una sua intrinseca persuasività, tuttavia questo modello psicobiologico è stato correttamente ed acutamente criticato

da Widiger (1992), che lo considera applicabile solo ad alcuni

disturbi di personalità, in particolare al disturbo schizotipico, paranoide e borderline, perché

non tutti i disturbi di personalità possono essere considerati aspetti di continuum spettrale, rispetto a disturbi d’Asse I.

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Il modello neurobiologico

d’apprendimento, proposto da Cloninger (1986 - 1987) è basato su studi psicometrici e

genetici, studi neurofarmacologici e

neuro­comportamentali, svolti sulla popolazione generale.

Esso riconosce alla base della struttura di personalità, normale e patologica, tre fondamentali dimensioni temperamentali:

1. novelty seeking; 2. harm avoidance; 3. reward dependence.

Secondo questa prima modellistica tridimensionale, di Cloninger, ognuna di queste dimensioni sarebbe correlata, funzionalmen-te, ad un sistema neurobiologico, modulato da uno specifico neurotrasmettitore.

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La dimensione temperamentale “novelty seeking” identifica il bisogno d’eccitamento, in

risposta a nuovi stimoli o a fonti di potenziale ricompensa.

La dimensione “harm avoidance” rappresenta la

tendenza a rispondere intensamente agli stimoli avversivi, ad apprendere l’inibizione dei comportamenti, che possono indurre pericolo, ad evitare, perciò, novità, punizioni e frustrazioni.

La dimensione “reward dependence”

rappresenta la tendenza a rispondere, intensamente, agli stimoli gratificanti, ai segnali di ricompensa, ai segnali d’approvazione sociale, ritardando l’estinzione dei comportamenti, correlati alla ricompensa e/o all'evitamento della punizione.

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In particolare,

• il “sistema d’attivazione comportamentale”

sarebbe sotto il controllo funzionale della

dopamina, • il “sistema d’inibizione comportamentale”

sarebbe sotto il controllo funzionale della

serotonina ed

• il “sistema di perseverazione comportamentale” sotto il controllo funzionale della

noradrenalina.

Le variazioni, in eccesso o in difetto, di queste dimensioni temperamentali possono configurare coerentemente diversi

disturbi di personalità, classificati secondo i criteri del DSM,

ma non si adeguano sufficientemente a questo modello il disturbo schizotipico ed il disturbo paranoide, che Cloninger correla funzionalmente ad

alterazioni dell’information processing.

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Il modello neurobiologico di Cloninger (1990) si è in seguito arricchito con l'inclusione di una quarta dimensione

temperamentale, la perseveranza (“persistence”),

in rapporto a fatica e frustrazione, in parte estratta dalla

reward dependence (four dimensional

model).

Il modello neurobiologico di Cloninger (1993) è stato

ulteriormente implementato (seven factors model) con

l’introduzione di tre dimensioni caratteriali: “self-directedness”,“cooperativeness”, “self-trascendence”.

La presenza d’alterazioni funzionali delle tre dimensioni caratteriali induce l’insorgere di un disturbo di personalità.

Infatti, le dimensioni caratteriali bassa “self-directedness” e bassa “cooperativeness”

rappresentano aspetti nucleari, di tutti i disturbi di personalità.

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Il modello psicobiologico di Siever e Davis e quello

neurobiologico di Cloninger non sono sovrapponibili. Non è possibile, in altre parole, sovrapporre le dimensioni della personalità normale, proprie del modello di Cloninger, con le dimensioni psicopatologiche, proprie del modello di Siever e Davis. Sono state cercate utili correlazioni tra i due modelli, che

restano tuttora incompatibili reciprocamente. Per esempio, la dimensione ansia/inibizione del modello di

Siever e Davis, si correla con l’alta “harm avoidance” del modello di Cloninger.

La dimensione impulsività/aggressività si correla con una

bassa “harm avoidance” ed un’alta “novelty seeking”. La dimensione instabilità affettiva sembra correlarsi,

significativamente, con un’alta “reward dependence”.

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L’attuale modellistica personologica va considerata fortemente condizionata dalle nostre attuali conoscenze, in ambito neurobiologico.

Scarso rilievo è dato, in questi modelli, al ruolo svolto

dalla neuromodulazione peptidergica cerebrale (CRH, galanina, somatostatina, CCK,

endorfine) nel determinismo biologico dei tratti di personalità. (Corrigan et al, 2000)

E’ verosimile che alterazioni funzionali dei meccanismi

centrali di controllo della omeostasi edonica

(disedonia) possano giocare un ruolo

fondamentale nella vulnerabilità e/o nell’insorgenza di specifici quadri psicopatologici.

(Koob, 1999; Manna et al. 2003)

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La farmacoterapia, nell’ambito del trattamento dei disturbi

di personalità, può trattare: 1. la comorbidità d’Asse I; 2. il disturbo di personalità in sé, considerato alla

stregua di qualsiasi altro quadro clinico, identificato sul piano categoriale;

3. la vulnerabilità di tratto o i clusters di sintomi

nucleari. (Glitlin, 1993)

Storicamente, la farmacoterapia è passata dal

• trattare i soli disturbi d’Asse I, • al trattare i disturbi di personalità, in quanto tali,

• al riconoscere come obiettivo

privilegiato del trattamento farmacologico i sintomi nucleari,

espressione di specifiche dimensioni psicopatologiche.

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POST SCRIPTUM 2

LA DIAGNOSI IN PSICHIATRIA

TRA

NOSO…GRAFIA E NOSO…MANIA

Una prima provocazione:

esistono “le malattie mentali” ?

Una seconda provocazione: il concetto di diagnosi in medicina ed in

psichiatria ha lo stesso valore euristico?

In Medicina

una diagnosi clinica presuppone la conoscenza dei fattori etio-patogenetici e di decorso clinico di un disturbo, con chiari correlati organici, fisiopatologici ed anatomo-patologici.

In Psichiatria una diagnosi clinica nasconde la mancata conoscenza dei

fattori etiologici e patogenetici del disturbo, nonché, una sostanziale incapacità di predire il decorso nel tempo, di un

disturbo, che non ha chiari correlati patologici organici.

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POST SCRIPTUM 2

LA DIAGNOSI IN PSICHIATRIA TRA NOSO…GRAFIA E NOSO…MANIA

La nosografia in medicina

Sintomo 0

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Sintomo 5

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Uno o più fattori Specifica entità nosografica

etiopatogenetici Malattia 1 = Diagnosi 1

Uno o più fattori Specifica entità nosografica

etiopatogenetici Malattia 2 = Diagnosi 2

La diagnosi in medicina rappresenta il riconoscimento sulla base di

segni e sintomi di una specifica entità nosografica che presenta più

o meno noti meccanismi etio-patogenetici sottesi a tali espressioni

patologiche. Ogni diagnosi di solito è verificabile al tavolo autoptico.

La nosografia in psichiatria

Sintomo 0

Sintomo 1

Sintomo 2

Sintomo 3

Sintomo 4

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Sintomo 6

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Diagnosi Sindromica 1

La diagnosi in psichiatria non può basarsi sulla conoscenza di meccanismi

etio-patogenetici certi. Rappresenta solo una costellazione di sintomi che si presentano al clinico di solito associati reciprocamente. La diagnosi è

una descrizione sindromica convenzionale condivisa. Nulla conferma che

alla base di sintomi raggruppati convenzionalmente in una stessa diagnosi

agiscano gli stessi fattori etio-patogenetici.

Diagnosi Sindromica 2

La nosografia in psichiatria

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Sintomo 1

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La diagnosi in psichiatria non può basarsi sulla conoscenza di meccanismi

etio-patogenetici certi. Rappresenta solo una costellazione di sintomi che si presentano al clinico di solito associati reciprocamente. La diagnosi è

una descrizione sindromica convenzionale condivisa. Nulla conferma che

alla base di sintomi raggruppati convenzionalmente in una stessa diagnosi

agiscano gli stessi fattori etio-patogenetici.

Diagnosi Sindromica 2

Diagnosi Sindromica 1

La nosografia in psichiatria

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La diagnosi in psichiatria non può basarsi sulla conoscenza di meccanismi

etio-patogenetici certi. Rappresenta solo una costellazione di sintomi che si presentano al clinico di solito associati reciprocamente. La diagnosi è

una descrizione sindromica convenzionale condivisa. Nulla conferma che

alla base di sintomi raggruppati convenzionalmente in una stessa diagnosi

agiscano gli stessi fattori etio-patogenetici.

Diagnosi Sindromica 2

Diagnosi Sindromica 1

La nosografia in psichiatria

Sintomo 0

Sintomo 1

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La diagnosi in psichiatria non può basarsi sulla conoscenza di meccanismi

etio-patogenetici certi. Rappresenta solo una costellazione di sintomi che si presentano al clinico di solito associati reciprocamente. La diagnosi è

una descrizione sindromica convenzionale condivisa. Nulla conferma che

alla base di sintomi raggruppati convenzionalmente in una stessa diagnosi

agiscano gli stessi fattori etio-patogenetici.

Fattore etio-

patogenetico 1

Fattore etio-

patogenetico 2

Fattore etio-

patogenetico 3

Malattia 1 ?

Malattia 2 ?

Malattia 3 ?

Diagnosi

Sindromica 1

Diagnosi

Sindromica 2

Una costellazione è un

gruppo di stelle visibili

correlate da una particolare configurazione. Nello spazio tridimensionale, molte delle

stelle che vediamo hanno poca relazione tra di loro, ma possono apparire come raggruppate su

un piano immaginario del cielo notturno.

L'uomo eccelle nel trovare schemi regolari, e attraverso la storia ha raggruppato le stelle che appaiono vicine in costellazioni. Le stelle di una costellazione, raramente hanno qualche relazione astrofisica tra loro; appaiono semplicemente vicine quando sono viste dalla Terra, ma normalmente sono poste a grande distanza l'una dall'altra nello spazio. Il raggruppamento delle stelle in costellazioni è essenzialmente arbitrario, e differenti culture hanno definito differenti costellazioni.

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Le costellazioni, come molti sanno, sono un sistema

inventato dall'uomo per avere un comodo aiuto

nell'orientamento in cielo.

Si tratta però di un sistema convenzionale, e perciò quasi

ogni cultura si è inventata un proprio sistema di

costellazioni, popolato da figure familiari o mitologiche.

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In Cina il cielo occidentale

è

La Tigre Bianca dell'Ovest

Shen = Tre stelle

Zi = Becco di

tartaruga

Dov’è finito ORIONE, il cacciatore ?

Prima era il caos, tutte le cose erano insieme, poi venne la mente (δ ηους) e la mente creò l’ordine.

(Anassagora, Diog. Laer. Vita dei Filosofi, II, cap. III)

Quanto le relazioni logiche tra eventi o tra aspetti dello stesso evento rispondono ad esigenze soggettive dell’osservatore ?

La razionalità occidentale può essere interpretata come una difesa dall’angoscia primordiale ?

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Attualmente, i sistemi diagnostici universalmente utilizzati in Psichiatria (DSM, ICD) definiscono i disturbi mentali secondo una classificazione categoriale, cioè come entità discrete e discontinue.

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Personalità

schizoide

Disturbo

schizofrenico

Disturbo

schizoaffettivo

Perché facciamo tanta fatica ad inserire i nostri

pazienti nella loro casella nosografica?

Perché nel tempo non restano nella stessa

casella nosografica?

Perché nessuna diagnosi (costrutto teorico) trova

conferme sperimentali sulle sue basi etio-

patogenetiche?

Disturbo schizofrenico Disturbo bipolare

La clinica ed i dati di ricerca confermano che i quadri clinici reali non sempre (o quasi mai) sono descritti completamente da un quadro sindromico di rilevanza nosografica.

Le sindromi psichiatriche condividono spesso un variabile numero di sintomi, presentano alti gradi di comorbidità e ciò rende difficile una diagnosi differenziale tra quadri diagnostici contigui, ma talora anche tra entità nosografiche apparentemente distanti.

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Personalità

schizoide

Disturbo

schizofrenico

Disturbo

schizoaffettivo

Spettro o continuum schizofrenico

Spettro o continuum schizoaffettivo

(psicosi unica)

Una sindrome è una

costellazione di sintomi, con particolari caratteristiche di

presentazione simultanea e di

durata nel tempo.

I vigenti sistemi nosografici sono

solo dei “Gentlement Agreement” tra esperti.

Il DSM è un accordo tra “esperti” sulle caratteristiche sindromiche dei disturbi mentali, convenzionalmente definiti.

La diagnosi convenzionale resta ipotetica e provvisoria e non descrive necessariamente una genuina malattia mentale, con univoci aspetti etiologici e patogenetici.

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CRITERI DIAGNOSTICI DSM IV TR PER

DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ A. Un quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli

altri, che si manifesta fin dall’età di 15 anni, come indicato da 3 o più dei seguenti elementi:

– Incapacità a conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto;

– Disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per piacere personale;

– Impulsività o incapacità a pianificare;

– Irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti;

– Inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri;

– Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un’attività lavorativa continuativa o di far fronte ad obblighi finanziari;

– Mancanza di rimorso, come indicato dall’essere indifferenti o dal razionalizzare dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro.

B. L’individuo ha almeno 18 anni.

C. Presenza di un disturbo della condotta con esordio prima dei 15 anni di età.

D. Il comportamento antisociale non si manifesta esclusivamente durante il decorso della schizofrenia o di un episodio maniacale.

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CRITERI DIAGNOSTICI DSM IV TR PER

DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ

Antisociale impulsivo, aggressivo, irresponsabile e spericolato (p.es. Pietro Gambadilegno)

– Impulsività o incapacità a pianificare;

– Irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti;

– Inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri;

– Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un’attività lavorativa continuativa o di far fronte ad obblighi finanziari;

Antisociale freddo “in doppiopetto”

(p. es. Macchianera)

– Incapacità a conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il

comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto;

– Disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per piacere personale;

– Mancanza di rimorso, come indicato dall’essere indifferenti o dal razionalizzare dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro.

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Lo sviluppo della ricerca in campo psico-biologico e psico-

farmacologico ha evidenziato variazioni di parametri

largamente sovrapponibili in disturbi mentali

nosograficamente distanti.

Numerosi studi neuro-morfologici, neuro-fisiologici, neuro-

endocrinologici e di andamento inter-generazionale delle

malattie mentali depongono per una continuità patologica

tra i diversi disturbi dello spettro schizofrenico.

I disturbi d’ansia ed i disturbi dell’umore potrebbero essere

interpretati come entità distinte o come un fenomeno

dimensionale unico.

Da un lato è possibile evidenziare l’esistenza di dimensioni

patologiche trans-sindromiche, dall’altro l’approccio

categoriale non permette di cogliere le similarità

sintomatologiche parcellari tra sindromi diverse che

potrebbero sottendere comuni meccanismi patogenetici.

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Si è passati da un approccio

diagnostico / terapeutico

rigidamente categoriale (depressione /antidepressivo; ansia/ ansiolitico; psicosi / antipsicotico)

ad un approccio

dimensionale trans-nosografico

che tende a non considerare come entità reali le categorie diagnostiche psichiatriche (iper- semplificazioni del reale), considerando i diversi sintomi autonomamente, in un continuum trans-nosografico.

Si va, perciò, verso una

visione psicopatologica disfunzionale, cambiando l’approccio diagnostico a favore di un approccio dimensionale ai disturbi mentali, anziché rigidamente categoriale.

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Oggigiorno, l’approccio dimensionale alla psico-farmacoterapia è

considerato il modo più corretto di operare del clinico e trova il

suo razionale scientifico nel crescente numero di studi che, con

metodi di analisi statistica complessa (fattoriale),

dimostra la “dimensionalità” della psicopatologia al di là della

tradizionale nosografia categoriale.

Ad esempio gli SSRI, farmaci che inibiscono selettivamente il

reuptake di serotonina, si sono dimostrati efficaci in quadri

nosografici apparentemente disomogenei (depressione, disturbo

ossessivo-compulsivo, aggressività, bulimia, dipendenza da alcol,

dipendenza da sostanze, etc.) patogeneticamente secondari, in

una certa misura, a complesse disfunzioni del tono

serotoninergico cerebrale.

La questione del continuum psicopatologico

tra disturbi psichiatrici risulta gravida di

conseguenze

non solo sul piano clinico-diagnostico,

ma anche su quello terapeutico-riabilitativo.

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“Le categorie diagnostiche in psichiatria erano

null’altro che ampi cesti che contenevano una

varietà di sindromi più o meno collegate tra loro,

non certo entità patologiche genuine.”

H. M. Van Praag, 1991

" …problem with categorical models is that those

who use them come to believe in them.

Instead of realising that a categorical diagnosis

is both provisional and hypothetical

the true believer reifies it ".

D. Goldberg, 1996

“N o s o l.o.g.o. m a n i a : a disorder of psychiatry.”

H. M. Van Praag, 2006

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Do you know true

believers in the

bipolar disorder ?

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Grazie

ancora per l’attenzione !