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Supplemento alla rivista Aiaf on line N. 9 Aprile 2007 Note informative e tecniche dell’Associazione Italiana degli Analisti Finanziari quaderni I Bilanci CSR 2005 delle società quotate ®

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Supplemento alla rivista Aiaf on line N. 9

Aprile 2007

Note informativee tecnichedell’Associazione Italianadegli Analisti Finanziari

quaderni

I Bilanci CSR 2005

delle società quotate

®

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I Bilanci CSR 2005 delle società quotate Rapporto della Commissione “Modellistica di Analisi Fondamentale” Consigliere referente Alfonso Scarano Gruppo di lavoro Aiaf - Avanzi Andrea Gasperini (Coordinatore) - Coordinatore GdL Aiaf “Mission Intangibles”, Responsabile Area Fidi Gruppo Banca Leonardo SpA, Milano, socio Aiaf Satia Marchese Daelli - Coordinatrice dell’Osservatorio Bilanci CSR; Ricercatrice e project manager Avanzi, Milano Valeria Novellini - Membro del GdL Aiaf “Mission Intangibles” ; Analista Finanziario Il Sole 24 Ore SpA, Milano, Socio Aiaf Luigi Reolon – Ricercatore di Avanzi, Milano

Il paragrafo 6.1.4 - La dimensione della Corporate Governance - è a cura di Daniela Carosio, analista finanziario e di corporate governance, Socio Aiaf Coordinatore del GdL "Investimenti Socialmente Responsabili"

Presentazione e obiettivi dello studio

La Corporate Social Responsibility e gli assets intangibili sono ormai da alcuni anni fra i protagonisti dell’ampio e articolato dibattito sul ruolo e il futuro della grande impresa, a livello sia nazionale che internazionale. All’interno di questo dibattito fra i temi più controversi c’è il rapporto fra l’attenzione per le tematiche ambientali e sociali, la sensibilità per il capitale intellettuale e le performance economiche e finanziarie delle imprese stesse. Nonostante questi temi siano decisamente sotto i riflettori, lo studio sintetizzato in queste pagine ci restituisce la fotografia di questioni ancora oggi oggetto di impegno e attenzione esplicita e dichiarata solo per un numero ristretto di grandi imprese nonché di un’illustrazione dell’impegno delle stesse in questi ambiti ad oggi fortemente disomogeneo. Uno scenario controverso e per certi versi contraddittorio di cui con questo studio annualmente l’Osservatorio Bilanci CSR di Avanzi1 e il gruppo di lavoro di Aiaf “Mission Intangibles” cercano di evidenziare, senza pretese di esaustività, evoluzioni e punti di forza o di debolezza significativi con l’obiettivo di fornire un contributo alla promozione di un’informativa non finanziaria di qualità sempre più elevata. Come già nelle due edizioni precedenti, anche quest’anno: • si è verificato quali società quotate sul mercato italiano abbiano pubblicato un

bilancio ambientale, sociale o di sostenibilità (nel corso del 2006; dati 2005), e • si è ricostruito un quadro sintetico e critico della realtà della reportistica ambientale,

sociale e di sostenibilità fra le società quotate. Gli esiti di questo primo livello di analisi sono stati raccolti e sintetizzati nel primo capitolo dello studio.

1 Nel 2004 il centro di ricerca Avanzi ha dato vita a un osservatorio indipendente sul reporting

ambientale, sociale e di sostenibilità in Italia: Osservatorio Bilanci CSR. L’attività di ricerca dell’osservatorio è volta a favorire il miglioramento della qualità delle informative non-finanziarie, far emergere e approfondire punti di forza e criticità dei diversi ambiti della realtà del reporting ambientale, sociale e di sostenibilità italiano, monitorare le principali tendenze e confrontarle con quelle internazionali.

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Questa edizione però è stata ampiamente rinnovata nella struttura e arricchita nei contenuti rispetto alle precedenti. Si articola in tre parti, strettamente connesse ma distinte: • Disclosure sulla Responsabilità Sociale d’Impresa • Disclosure sugli Intangibili • Performance finanziarie delle società di cui si analizza il bilancio CSR. Complessivamente quindi lo studio si articola secondo lo schema seguente:

Disclosure

Mappatura delle societa quotate sul mercato italiano che hanno pubblicato un bilancio ambientale, sociale o di sostenibilita nel corso del 2006 (dati 2005)

Mappatura

CSR AssetsIntangibili

Performances finanziariePerformances finanziarie delle societa di cui si e analizzato il Bilancio CSR-2005.

Disclosure sulla Responsabilita Sociale d’Impresa nei Bilanci CSR-2005Disclosure sugli Assets Intangibili nei Bilanci CSR-2005

1 I Bilanci CSR-2005 delle società quotate alla Borsa Valori di Milano Una prima occhiata al numero di società quotate che pubblicano un Bilancio CSR fa pensare a un fenomeno di nicchia nella realtà italiana: solo il 15% ha pubblicato un Bilancio CSR (ambientale, sociale o di sostenibilità) nel 2006 (dati 2005): Grafico 1: Società quotate e Bilancio CSR

SOCIETA' QUOTATE CON BILANCIO CSR

sì15%

no85%

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Negli ultimi cinque anni il trend della pubblicazione di Bilanci CSR da parte delle società quotate in Italia subisce da un punto di vista quantitativo lievi variazioni: nel 2006 i Bilanci CSR pubblicati sono 45 (a fronte di 43 del 2005 e di 46 annunciati per il 2007). Grafico 2: Trend dei Bilanci CSR

5 ANNI DI BILANCI CSR (SOCIETA' QUOTATE ITALIA)

33

4543

45 46

0

10

20

30

40

50

2003 2004 2005 2006 2007* Annunciati

La percentuale di grandi società che pubblica un Bilancio CSR in Italia si conferma quindi anche quest’anno molto più bassa rispetto a quella di Francia 2, Germania 3 e Gran Bretagna 4. E’ interessante notare però che limitando l’osservazione alle società a maggiore capitalizzazione lo scenario cambia radicalmente: il 60% circa delle società dello S&P MIB40 pubblica un Bilancio CSR. Un aspetto interessante da un punto di vista qualitativo è invece che complessivamente le variazioni nel quinquennio osservato sono dovute (oltre che alla variazione dei titoli quotati in borsa) sia a nuove società che decidono di cimentarsi nella pubblicazione di un Bilancio CSR che a società che, dopo averlo pubblicato per uno o più anni, rinunciano. Oscillazioni tipiche di una realtà giovane, ancora in tumultuosa e controversa evoluzione, ma che costituiscono anche campanelli d’allarme, inviti ad una riflessione critica sugli effettivi punti di forza e di debolezza dello strumento Bilancio CSR e sull’uso che di esso si fa. Le società quotate che hanno pubblicato un Bilancio CSR nel 2006 (dati 2005) sono indicate nella tavola seguente:

2 In Francia, il bilancio annuale delle imprese quotate deve includere informazioni, il cui elenco è

fissato per decreto, sul modo in cui la società tiene conto delle conseguenze sociali e ambientali della sua attività.

3 In Germania circa il 36% delle maggiori società pubblica un bilancio CSR (dati 2005). 4 Nel Regno Unito l’89% delle società FTSE All Share pubblica un report (dati 2005).

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Tavola 1: Bilanci CSR-2005 Bilancio Ambientale Bilancio Sociale Bilancio di sostenibilità5 Aem Actelios (Gruppo Falck) Acea Eni Ras (Gruppo Allianz) Acegas-Aps Erg Banca Cassa di Risparmio di Firenze Aem Torino (oggi Iride) Impregilo Banche Popolari Unite Asm (ex Asm Brescia) Saipem Banca Fideuram Autogrill Saras Banca Intesa Autostrade Snam Rete Gas Banca Monte dei Paschi di Siena Buzzi Unicem Banca Popolare di Milano Capitalia Banco Popolare di Verona e Novara Edison Bnl (oggi Gruppo Bnp Paribas) Enel Cattolica Assicurazioni Fiat Credito Valtellinese Generali Fondiaria-Sai Hera San Paolo Imi Indesit Company Unicredito Isagro Unipol Italcementi Pirelli Sabaf Stmicroelectronics Telecom Italia Telecom Italia Media Terna A queste società (o gruppi) si aggiungono quelle che, pur essendo quotate sul mercato italiano, sono state escluse dallo studio perché la stragrande maggioranza del loro flottante gravita su borse estere. Fra queste società hanno pubblicato un Bilancio CSR: Abn Amro, Axa, BBVA, Daimlerchrysler, Deutsche Bank, Nokia Corporation, Telefonica e Total. Come mostra il grafico seguente nel 2006 il bilancio CSR più diffuso fra le grandi società italiane è quello di sostenibilità:

5 Anche per rispondere alla richiesta degli Stakeholders di presentare il bilancio sociale

contestualmente al bilancio consolidato, Acegas-Aps, Autostrade, Pirelli, Sabaf e Telecom Italia hanno pubblicato un rapporto annuale integrato al fine di rendicontare congiuntamente le proprie performance di sostenibilità: economiche, sociali ed ambientali.

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Grafico 3: Tipologia dei Bilanci CSR

TIPOLOGIE BILANCI CSR

ambientale16%

sociale36%

di sostenibilità

48%

Questo segna una discontinuità rispetto al passato: nelle precedenti edizioni dello studio aveva sempre prevalso il bilancio sociale. La segmentazione per settori mostra anche quest’anno una presenza abbastanza equilibrata nei tre macrosettori: manifatturiero-chimico-distribuzione beni, creditizio-assicurativo, servizi (utility e altri): Grafico 4: Segmentazione per settori dei Bilanci CSR

BILANCI CSR PER SETTORI

utility24%

servizi altro7%

creditizio e assicurativo

38%

manifatt, chimico e distribuz.

31%

Da notare di anno in anno un ridimensionamento progressivo della prevalenza del settore bancario assicurativo sugli altri (44% nel 2005; 38% nel 2006), dovuta però a una maggior diffusione di Bilanci CSR in altri settori e non ad un’involuzione nel settore creditizio-assicurativo: il settore utility in particolare è passato dal 21% al 24%. Fra gli aspetti di criticità significativi per i bilanci CSR ci sono l’applicazione di principi di rendicontazione uniformi e la confrontabilità dei contenuti dei documenti di organizzazioni diverse, o della stessa organizzazione nel tempo. Uno degli strumenti che si propone di attenuare, se non di risolvere, queste criticità sono le linee guida per la rendicontazione ambientale, sociale, di responsabilità sociale, socioambientale e di sostenibilità.

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Ad oggi esistono diverse linee guida, sviluppate nel corso degli anni in contesti sociali e geografici differenti pensate soprattutto per la redazione dei bilanci CSR di imprese e organizzazioni anche molto diverse fra loro. Non esiste invece, o non esiste ancora, uno standard di rendicontazione univoco e universalmente applicato. Fra le linee guida e i modelli di rendicontazione più noti si ricordano (in ordine alfabetico): Forum per i rapporti ambientali

Italia, 2004 Promosso da Fondazione Eni Enrico Mattei

Il rendiconto agli stakeholder – una guida per le banche

Italia, 2006 Sviluppate dall’Associazione Bancaria Italiana per la redazione dei bilanci sociali del settore creditizio

Linee guida CEFIC Europa, 1993. Riviste nel 1998

Sviluppate dall’Associazione Europea delle Imprese Chimiche

Linee guida Global Reporting Initiative GRI-G3

Internazionale, 1997. Riviste nel 2002 e nel 2006 (G3)

Sviluppate da Global Reporting Initiative per la redazione di bilanci di sostenibilità.

Linee guida GRI settoriali Internazionale Sviluppate periodicamente da GRI per l’attività di reporting di determinati settori produttivi

Linee guida per la redazione del bilancio sociale (cd. Linee Guida GBS)

Italia, 2001 Sviluppate da Gruppo Bilancio Sociale per la redazione dei bilanci sociali

Modello di redazione del Bilancio Sociale per il settore del credito

Italia, 2001 Sviluppate dall’Associazione Bancaria Italiana per la redazione dei bilanci sociali del settore creditizio

PERI, Public Environmental Reporting Initiative

Usa, 1992-1993 Sviluppato da un gruppo di imprese di settori diversi

Social Statement

Italia, 2005 Promosso dal Ministero del Welfare

UNEP guidelines for environmental reporting

Internazionale, 1994

Promosse dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP)

La stragrande maggioranza delle società quotate che ha pubblicato un bilancio CSR (87%) afferma di aver fatto riferimento qualcuna di queste linee guida. Ma è necessario rilevare anche quest’anno, come già era stato osservato nelle edizioni precedenti dello studio, che le linee guida richiamate in molti casi non vengono applicate integralmente: in alcuni casi non vengono applicati tutti i principi di rendicontazione, più spesso mancano degli indicatori previsti (o sono presenti degli indicatori sui temi previsti dalle linee guida che però non sono quelli indicati da esse). Questa scelta, adottata dalle imprese per vari motivi, e sulla quale ferve peraltro il dibattito sia a livello nazionale che internazionale, non si può fare a meno di evidenziare che complica non poco il compito del lettore che in alcuni casi non è in condizione di comprendere agevolmente se le informazioni che trova in due bilanci CSR siano effettivamente confrontabili (perché non ha modo di sapere rapidamente se le informazioni siano state raccolte e elaborate con la stessa metodologia). In secondo luogo è una scelta che svuota in parte di significato la dichiarazione di fare riferimento

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alle linee guida, obbligando ancora una volta il lettore che voglia effettivamente sapere se il documento che sta leggendo è redatto secondo quanto previsto da determinate linee guida a condurre un approfondimento personale. Da questo punto di vista un passo avanti è rappresentato dalle cd. “tabelle di riconciliazione” con le linee guida inserite in alcuni bilanci CSR che, attraverso una scelta iconografica, guidano chi analizza il bilancio nella comprensione di quali indicatori siano stati inclusi, in che misura, e dove: non risolve il problema della mancanza di un set di informazioni univoco e neppure quello della comparazione fra più documenti, ma chiarisce rapidamente quali siano le informazioni effettivamente corrispondenti a una certa impostazione metodologica. Un altro aspetto da evidenziare è che in molti bilanci CSR si fa riferimento a più linee guida e di seguito vengono indicate quelle maggiormente citate6: Grafico 5: Le linee guida più richiamate

LE LINEE GUIDA PIU' RICHIAMATE

30

13

12

7

5

3

2

0 5 10 15 20 25 30 35

gri

gbs

abi

AA1000

lbg

ibs

csr-sc

Le linee guida più richiamate nei bilanci CSR delle società quotate italiane sono le linee guida Global Reporting Initiative (metodologia, rivista nel 2006, che negli ultimi anni sta raccogliendo un ampio consenso a livello internazionale).

6 Nell’analisi sono stati inclusi anche alcuni standard in tema Corporate Social Responsibility (come

London Benchmarking Group LBG e AccountaAbility1000) anche se non si tratta tecnicamente di linee guida in quanto nei documenti analizzati venivano assimilati ad esse.

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Di seguito viene indicata la segmentazione del ricorso alle linee guida per settori:

Linee guida creditizio e assicurativo

manifatturiero chimico, distribuzione beni utility altri servizi

AA 1000 3 1 3 0

abi 12 n.a. n.a. n.a.

csr-sc 0 0 1 1

gbs 7 1 5 0

gri 10 9 9 2

ibs 3 0 0 0

lbg 2 2 0 1

Com’è noto un altro capitolo aperto riguarda l’opportunità e l’utilità di richiedere una certificazione di terza parte del bilancio CSR. Su questo fronte gli interrogativi aperti sono molti e questo si riflette anche nella mancanza di un orientamento chiaro sulle scelte delle grandi società quotate: nel 44% dei casi la certificazione non c’è, nel 56% c’è. Grafico 6: La certificazione del Bilancio CSR

CERTIFICAZIONE DEL BILANCIO CSR

sì56%

no44%

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2 Corporate Social Responsibility nei Bilanci CSR 2.1 IMPOSTAZIONE DELL’ANALISI

La griglia di analisi completa dell’Osservatorio Bilanci CSR è stata messa a punto selezionando 170 fra le issues più significative che animano il dibattito italiano e internazionale sul contributo delle imprese alla sostenibilità dello sviluppo; fra cui molti dei requisiti per il reporting non finanziario previsti dalle più note linee guida, una selezione delle informazioni richieste dalle maggiori agenzie di rating etico e dai social index provider e alcuni indicatori per il monitoraggio dell’implementazione dei processi di CSR nelle imprese. Questi criteri di analisi si possono raggruppare in prima approssimazione nei seguenti ambiti: • Informazioni generali sull’impresa • Informazioni generali sul bilancio analizzato • Ispirazione (dichiarata) del documento a linee guida (e quali) • Trattazione relativa all’identità dell’impresa • Presenza della riclassificazione del valore aggiunto • Descrizione dei sistemi di gestione per la responsabilità sociale e ambientale nei

confronti dei diversi stakeholder • Precisazioni relative all’ambito di applicazione dei dati: perimetro del bilancio o di

singole sezioni • Presenza di richiami ad altri strumenti di dialogo con stakeholder • Confronto del bilancio analizzato con altri bilanci ambientali, sociali o di sostenibilità

dell’impresa • Rapporto del bilancio analizzato con il bilancio di esercizio dell’organizzazione • Segnalazione di altre informazioni ritenute significative. Per condurre il presente studio è stata utilizzata una selezione dei criteri di cui sopra concentrando l’attenzione solo sulla disclosure su alcuni aspetti ritenuti particolarmente significativi relativi a: 1. identità dell’impresa 2. rapporto e coinvolgimento dei seguenti stakeholders

Stakeholder Temi di cui è analizzata la disclosure Risorse umane

salute e sicurezza turnover sistemi di remunerazione e incentivazione indagini di clima diversity management formazione

Clienti customer satisfaction e gestione della qualità impatto ambientale e sociale per i prodotti e servizi principali dell’azienda

Comunità locali

donazioni liberali e sponsorships impegno proattivo e diretto in progetti di sviluppo delle comunità locali

Ambiente dati ambientali forniti indicatore sintetico di impatto fisico spese ambientali

Fornitori rapporto con i fornitori

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3. obiettivi di miglioramento 4. confronto con i bilanci di esercizio. Si segnala che per l’analisi della disclosure su alcuni ambiti sono stati presi in considerazione tutti i bilanci CSR delle società quotate (45 documenti), mentre in altri casi si sono considerati solo i bilanci sociali e di sostenibilità (complessivamente 38 documenti) in quanto si è ritenuto che non tutti i temi fossero pertinenti per i bilanci ambientali. Una diversa scelta metodologica è stata fatta invece per la disclosure su questi stessi ambiti nella sezione dedicata agli assets intangibili perché in quel caso l’obiettivo non era valutare la qualità della disclosure di CSR quanto individuare se/come in tali bilanci venissero presentate informazioni anche sulle risorse intangibili: sono stati quindi considerati tutti i bilanci CSR delle società quotate per ciascun criterio di analisi. Lo schema seguente evidenzia l’universo di riferimento per i diversi temi analizzati:

Temi di cui è analizzata la disclosure Universo considerato per la disclosure CSR

missione AMB+SOC+SOST valori AMB+SOC+SOST organigramma CSR SOC+SOST organigramma Funzione Ambiente AMB+SOC+SOST corporate governance SOC+SOST salute e sicurezza turnover sistemi di remunerazione e incentivazione indagini di clima diversity management formazione

AMB+SOC+SOST SOC+SOST SOC+SOST SOC+SOST SOC+SOST SOC+SOST

customer satisfaction e gestione della qualità impatto ambientale e sociale per i prodotti e servizi principali dell’azienda

SOC+SOST AMB+SOC+SOST

donazioni liberali e sponsorships impegno proattivo e diretto in progetti di sviluppo delle comunità locali

SOC+SOST SOC+SOST

dati ambientali forniti indicatore sintetico di impatto fisico spese ambientali

AMB+SOC+SOST AMB+SOC+SOST AMB+SOC+SOST

rapporto con i fornitori SOC+SOST coinvolgimento degli stakeholder AMB+SOC+SOST obiettivi di miglioramento AMB+SOC+SOST confronti con i bilanci di esercizio SOC+SOST

AMB: bilanci ambientali SOC: bilanci sociali SOST: bilanci di sostenibilità

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3 Executive Summary - CSR

Nonostante la Corporate Social Responsibility venga oggi indicata da più parti come un tema di grande importanza, anche quest’anno l’analisi condotta sui Bilanci CSR delle imprese quotate italiane ha evidenziato che la disclosure relativa a questo tema in molti casi è ancora scarsa. Fra le criticità maggiori in alcuni casi la mancanza di indicatori di notevole rilevanza e nella maggior parte dei casi comunque una scarsa sistematicità nella loro presentazione nonché la compresenza di livelli di approfondimento molto diversi a seconda dell’ambito trattato e dell’impresa in oggetto. I Bilanci CSR analizzati sono per lo più documenti corposi, forse troppo, dotati di una veste grafica di tutto rispetto, ma che contengono anche molte informazioni che non sono realmente significative dal punto di vista della CSR. Accanto a queste si riscontrano molte informazioni relative a temi di interesse dal punto di vista della CSR, ma illustrate troppo genericamente perché possano effettivamente costituire materiale utile per una valutazione critica da parte del lettore. Immaginando che la CSR nell’impresa si possa attuare secondo un classico schema che trovi i suoi cardini nella missione e valori dell’impresa, trovi specificazione attraverso dei programmi e attuazione grazie all’esistenza di un sistema organizzativo e venga infine monitorato con degli indicatori, si nota che l’illustrazione del quadro valoriale e gli indicatori di performance sono molto più diffusi rispetto alle informazioni relative ai programmi e soprattutto all’organizzazione. Per quanto concerne gli indicatori infine si riscontra una forte prevalenza di indicatori di performance rispetto a quelli di processo.

3.1 FOCUS IDENTITA’ DELL’IMPRESA

In questa sezione viene analizzata la disclosure nei bilanci CSR su • missione e valori dell’impresa • organizzazione di cui l’impresa si dota per gestire le problematiche ambientali e la

responsabilità sociale • alcuni aspetti relativi alla corporate governance (il tema verrà poi affrontato oltre

nell’ottica della rendicontazione sugli intangibili). L' esplicitazione della missione in un bilancio CSR aumenta il livello di trasparenza: la sua illustrazione, se essa è ben formulata, permette al lettore di comprendere perché un’impresa è stata creata e continua ad operare e quali sono i suoi obiettivi strategici fondamentali (per esempio se l’attenzione verso le comunità locali è funzionale alla creazione di valore per l’azionista o per tutti gli stakeholder). La missione consente da un lato allo stakeholder di contestualizzare le proprie aspettative rispetto all’azienda in questione e dall’altro di poter mettere a confronto la missione con quanto l’impresa effettivamente fa. La missione viene oggi esplicitata nel 78% dei Bilanci CSR delle società quotate:

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Grafico 7: Esplicitazione della mission nei Bilancio CSR

MISSIONE IN BILANCI CSR SOCIETA' QUOTATE

sì78%

no22%

Però, come già segnalato nelle edizioni precedenti dello studio, in molti casi la missione, come pure i valori di cui si dirà nel prosieguo, è formulata in maniera poco pregnante rispetto all’effettivo ambito di attività dell’impresa e alle sue criticità: se ne ricava l’impressione di messaggi generici, volti più a promuovere l’immagine che a esprimere sinteticamente il motivo principale di esistenza dell’impresa e il suo assetto valoriale di riferimento. Formulazioni di questo tipo purtroppo svuotano in parte di significato l’inclusione di una missione dell’impresa nel bilancio CSR e pongono un interrogativo sul reale radicamento dell’identità illustrata nella quotidianità aziendale. L’illustrazione dei valori all'interno del bilancio sociale o di sostenibilità permette allo stakeholder di comprendere a quali principi l'azienda dichiara di informare la propria azione e le proprie decisioni manageriali. Includendo questa descrizione nel bilancio sociale o di sostenibilità l’azienda aumenta la propria trasparenza e fornisce al lettore un primo strumento di verifica: lo stakeholder interessato potrà mettere a confronto i valori dichiarati con le altre informazioni relative all’attività dell’impresa di cui dispone verificando la coerenza fra i primi e le seconde e la significatività dei valori dichiarati rispetto alle criticità riguardanti uno specifico ambito di attività o una determinata azienda. I valori vengono oggi illustrati in una larga maggioranza dei bilanci CSR delle società quotate (84%).

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Grafico 8: Illustrazione dei valori nei Bilanci CSR Se da un lato è apprezzabile che fra le società quotate ci sia un alto numero di bilanci CSR che esplicitano i valori dell’impresa dall’altro va segnalata anche in questo caso la criticità già rilevata più sopra per la missione. L’impressione di uno scarso peso strategico dei messaggi comunicati attraverso la missione e i valori inseriti in diversi bilanci sociali e di sostenibilità si rafforza peraltro vedendo che il numero di bilanci che includono i valori è superiore a quello dei bilanci che includono la missione: essendo questa sovraordinata ai valori, da un punto di vista logico, è difficile pensare che sia possibile formulare dei valori pregnanti per una determinata realtà prima di averne formulata la missione fondamentale. Appare particolarmente probabile che siano stati “scelti” valori ampiamente condivisi nel contesto sociale italiano, che difficilmente potrebbero non essere anche presenti nell’impresa del caso, ma che non sono effettivamente quei valori che la caratterizzano, che la rendono unica e diversa rispetto a qualsiasi altra e che potrebbero quindi anche aiutare gli stakeholder ad orientarsi nel caso di un dilemma etico nei rapporti con quell’impresa.

VALORI IN BILANCI CSR SOCIETA' QUOTATE

sì84%

no16%

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In questo studio è stata verificata per tutti i bilanci sociali e di sostenibilità l’inclusione nel documento di un organigramma CSR, inteso in senso lato: con quest’espressione si vuole identificare un’illustrazione chiara dell’organizzazione aziendale per la CSR, anche se non riportata nella forma del classico organigramma aziendale. Analogamente si è ritenuto di verificare per tutti i bilanci ambientali, sociali e di sostenibilità l’inclusione di un organigramma della Funzione Ambiente, inteso come un'illustrazione chiara dell'organizzazione aziendale per la gestione delle questioni ambientali. Il motivo principale per cui è stato analizzato questo aspetto è che la presenza di tali informazioni consente allo stakeholder interessato di sapere quali sono le figure all'interno dell'azienda responsabili per le tematiche di CSR e per le problematiche ambientali cui poter fare riferimento per dialogare con l’impresa su questi aspetti della vita aziendale. Ad oggi contiene un organigramma CSR il 61% dei bilanci sociali e di sostenibilità delle società quotate: si assiste quindi a un aumento significativo rispetto all’anno precedente (era il 53%), resta però quasi un 40% di bilanci sociali o di sostenibilità di grandi società italiane dai quali non si riesce a evincere con chiarezza quale sia la struttura aziendale responsabile per la CSR.

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Discorso inverso vale invece per l’organigramma della Funzione Ambiente: solo il 27% dei bilanci CSR analizzati indica la struttura aziendale responsabile per le questioni ambientali, a fronte di un 56% nell’anno precedente. Un’occhiata all’insieme degli elementi analizzati evidenzia uno sbilanciamento verso la disclosure relativa all’identità strategico-valoriale, mentre la disclosure sull’identità di carattere organizzativo è decisamente più scarsa. Grafico 9: Valori ed organigrammi

VALORI E ORGANIGRAMMI

0

5

10

15

2 0

2 5

3 0

3 5

4 0

missione

valori

organigramma csr

organigramma amb

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Sotto il profilo della corporate governance, tema affrontato anche oltre nel presente studio, in questo capitolo si evidenzierà solo sinteticamente la disclosure relativa a: • indipendenza degli organi di controllo rispetto al management • minimizzazione dei conflitti di interesse • rapporti tra maggioranze e minoranze azionarie e rispetto dei diritti delle minoranze • sistema di audit interno adeguato e strutturato • processo di remunerazione del management e compensi per i membri dell’organo

direttivo. Come mostra il grafico seguente mentre su alcuni temi la disclosure è abbastanza diffusa su alcuni aspetti critici è invece molto rara: in particolare solo il 24% dei bilanci sociali e di sostenibilità analizzati affronta i temi della minimizzazione dei conflitti di interesse e dei rapporti tra maggioranze e minoranze azionarie e del rispetto dei diritti delle minoranze, mentre solo il 21% illustra il processo di remunerazione del management e i compensi per i membri dell’organo direttivo: Grafico 10: Corporate Governance

CORPORATE GOVERNANCE

0

5

10

15

20

25

30

35

40

indipendenza degli organi di controllorispetto al management

minimizzazione dei conflitti diinteresse

rapporti tra maggioranze e minoranzeazionarie e rispetto dei diritti delle

minoranze

sistema di audit interno adeguato estrutturato

processo di remunerazione delmanagement e compensi per i membri

dell’organo direttivo

3.2 FOCUS RELAZIONE SOCIALE 3.2.1 Risorse umane Uno sguardo d’insieme alla disclosure relativa agli aspetti indagati7 per questo fondamentale stakeholder restituisce un quadro fortemente disomogeneo. Informazioni sul turnover e sui sistemi di remunerazione e incentivazione si possono riscontrare nel 44% circa dei bilanci di sostenibilità e sociali analizzati (le riportano 17 documenti su 38), mentre il restante 56% non offre informazioni utili su questi aspetti di grande rilevanza.

7 Altri approfondimenti relativi alla disclosure sulle risorse umane si trovano oltre nel presente studio

nel paragrafo dedicato al capitale umano.

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La disclosure relativa al clima aziendale è particolarmente bassa: solo il 29% dei bilanci sociali e di sostenibilità (11) riporta i risultati delle indagini di clima eventualmente condotte. Il restante 71% non li riporta e non riporta altri dati assimilabili.

Risultati indagine di clima nel Bilancio di Sostenibilità Hera 2005 pag 37

•Hera ha promosso nel 2005 la prima indagine di clima interno, che si è svolta mediante la somministrazione di un questionario distribuito in 5161 copie.•L’indagine ha toccato quattro aree: ruolo i n azienda, ambiente di lavoro, superiore diretto, cultura aziendale.•Per ogni criticità sollevata sono state individuate delle azioni di miglioramento•Esiti dell’indagine e azioni di miglioramento sono illustrati dettagliatamente nel bilancio di sostenibilità

Risultati indagini di clima nel Bilancio di Sostenibilità Autogrill 2005 pag 72

•Il documento descrive le indagini relative alla soddisfazione del personale condotte annualmente da Autogrill in Italia, Francia e Spagna

•Il documento riporta i risultati delle indagini evidenziando punti di forza e criticità emersi e confrontandoli gli esiti delle indagini precedenti

Sul fronte pari opportunità e diversity management l’attenzione si concentra soprattutto sulle pari opportunità di genere: molto diffuse le informazioni relative alla distribuzione dell’organico per sesso (95% dei casi; 36 documenti) e al numero di donne in posizione dirigenziale (84% dei casi; 32 documenti). Praticamente inesistenti però informazioni e dati che testimonino l’adozione di effettive politiche per la promozione delle pari opportunità e la valorizzazione delle differenze (non solo di genere) così come indicatori più evoluti della semplice fotografia della composizione del personale. In materia di formazione è frequente trovare un’illustrazione dei processi e percorsi formativi (95% dei casi; 36 documenti), mentre solo nel 26% dei casi si riscontra l’incidenza del costo della formazione sul fatturato. Per quanto concerne la disclosure su salute e sicurezza l’analisi ha evidenziato un quadro controverso: circa l’80% dei Bilanci CSR delle società quotate tratta il tema, ma circa un 30% di queste non fornisce informazioni dettagliate sufficienti effettivamente per il lettore a valutare la situazione e a mettere a confronto i sistemi e le performance di più aziende. Quindi quasi il 50% dei bilanci CSR non fornisce informazioni di tipo quantitativo:

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Grafico 11: Salute e sicurezza

SALUTE E SICUREZZA

dettagliato53%

generico29%

no18%

3.2.2 Clienti

Per quanto riguarda il rapporto con i clienti dal punto di vista della customer satisfaction e della gestione della qualità è emerso che in poco più della metà dei documenti analizzati si trovano informazioni relative alle indagini di customer satisfaction (58% dei casi; 22 documenti), mentre in poco meno della metà si trovano informazioni relative alla gestione dei reclami (45% dei casi; 17 documenti).

Reclami e contenzioso nel Bilancio Sociale Banca CR Firenze 2005 pag 77

•Banca CR Firenze illustra in maniera dettagliata l’aspetto dei reclami e del contenzioso•Il paragrafo illustra il sistema di gestione dei reclami, specifica il numero dei reclami inoltrati e il numero di reclami accolti•Due tabelline evidenziano

–I principali prodotti e servizi oggetto di reclamo–Le motivazioni principali dei reclami

•Relativamente al contenzioso riporta:–Numero di cause intentate –Principali oggetti del contendere–Numero di sentenze sfavorevoli alla banca per l’anno di riferimento

Sono molto rare e scarse invece le informazioni relative ad altri indicatori importanti come la qualità percepita di prodotti e servizi, la quota di fatturato per classi di anzianità dei clienti e l’indice di fidelizzazione della clientela (per maggiori approfondimenti su questi aspetti si rimanda al paragrafo dedicato al capitale relazionale nel capitolo sugli assets intangibili).

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Qualità percepita nel Bilancio di sostenibilità Autogrill 2005 pag 84

•Autogrill illustra il sistema Mystery Client per il monitoraggio della qualità dei servizi di ristorazione e la sua applicazione di Italia, Spagna, Svizzera, Austria.•Il documento indica le aree oggetto di valutazione da parte del cliente misterioso e per ciascun Paese riporta il punteggio medio ottenuto•Il documento riporta inoltre il target di performance minimo fissato dal Gruppo per l’anno di riferimento

Dal punto di vista degli impatti ambientali e sociali dei prodotti e dei servizi la disclosure è molto bassa: solo il 18% dei Bilanci CSR fornisce informazioni articolate di carattere sia quantitativo che qualitativo, più della metà non fornisce alcuna informazione mentre il 27% dimostra di avere presente la tematica perché tratta il tema, ma a livello generico e senza fornire informazioni sufficienti perché il lettore possa fare una valutazione effettiva sull’ impatto ambientale (soprattutto indiretto) derivante dai prodotti e dai servizi erogati. Grafico 12: Impatti ambientali e sociali dei prodotti e servizi

IMPATTO AMB/SOC BENI E SERVIZI PRINCIPALI

dettagliato18%

generico27%

no55%

3.2.3 Comunità Locali Per quanto concerne le comunità locali la disclosure su donazioni liberali e sponsorship nei bilanci sociali e di sostenibilità è piuttosto diffusa: quasi il 90% dei documenti contiene delle informazioni in merito. Una percentuale significativa inoltre contiene informazioni dettagliate su questo tema sia in termini qualitativi che quantitativi.

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Grafico 13: Donazioni e Sponsorship

DONAZIONI E SPONSORSHIP

dettagliato68%

generico21%

no11%

Sul fronte del coinvolgimento attivo invece l’analisi evidenzia uno scenario molto diverso: oltre il 70% dei bilanci sociali e di sostenibilità analizzati non tratta il tema, solo l’8% lo tratta in modo dettagliato: Grafico 14: Comunità locali: coinvolgimento attivo

COMUNITA' LOCALI: COINVOLGIMENTO ATTIVOdettagliato

8%

generico16%

no76%

Questa forte asimmetria fra disclosure relativa a donazioni e sponsorship e coinvolgimento proattivo avalla l’ipotesi che in Italia sia ancora molto forte la concezione che identifica il supporto alle comunità locali con la filantropia d’impresa; escludendo forme più innovative di coinvolgimento.

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Il RAB di Ferrara nel Bilancio di sostenibilità Hera 2005 pag 45

•Hera ha attivato a Ferrara il RAB, Residential Advisory Board (Consiglio Consultivo della Comunità Locale).•Si tratta di una forma di consultazione tra le imprese e la cittadinanza locale con funzione di monitoraggio e scambio di informazione sugli indicatori ambientali.•Il RAB facilita la comunicazione, l’informazione e l’interazione tra l’impresa e i cittadini residenti nelle aree urbane circostanti gli impianti dell’impresa. •Ha come obiettivo la realizzazione di opportune modalità di comunicazione e interazione tra le parti interessate, in contesti in cui grandi imprese o aggregazioni di imprese operano, ed in cui impatti ambientali o situazioni di rischio possono facilmente generarsi, con dirette ripercussioni sull’ambiente urbano.

3.2.4 Ambiente

Sotto il profilo dei dati ambientali sugli impatti diretti (consumi, emissioni, produzione di rifiuti) il livello di disclosure nei bilanci CSR analizzati è alto: complessivamente quasi il 90% contiene queste informazioni. Nell’82% dei casi le informazioni raggiungono inoltre un buon grado di dettaglio e indicano il trend (generalmente triennale). Più delicato è l’aspetto della confrontabilità dei dati di società diverse: molto spesso il perimetro d’osservazione è parziale rispetto alla totalità dell’ente su cui si rendiconta (e.g. solo la capogruppo, o solo alcuni Paesi). In questi casi, a meno che il perimetro, parziale, osservato non coincida non è affatto facile, per non dire impossibile, effettuare un confronto fra i dati. A fronte di questo livello di dettaglio colpisce poi la totale assenza di indicatori sintetici dell’impatto fisico, quegli indicatori che consentono al lettore di farsi un’idea dell’impatto complessivo sull’ambiente di una determinata organizzazione (il più noto è forse l’impronta ecologica). Uno sguardo d’insieme alla presenza di queste due variabili quindi ci restituisce uno scenario fatto di molti dati cui però solo pochi lettori sono in grado di attribuire un significato in termini di impatto ambientale, che spesso non sono confrontabili e che non vengono utilizzati come base per l’elaborazione di indicatori che li traducano in valutazioni effettive sull’impatto ambientale. Rispetto alle variabili ambientali è stata poi presa in considerazione la disclosure sulle spese ambientali, soprattutto perché costituisce un interessante indicatore di processo8. Come si evince dal grafico seguente, la maggior parte delle società non ha incluso l’ammontare delle spese ambientali nel Bilancio CSR:

8 Si definiscono indicatori di processo quelli che tendono a misurare lo sforzo effettuato da un ente

in una determinata direzione, indipendentemente dai risultati ottenuti (monitorati invece con gli indicatori di performance)

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Grafico 15: Spese Ambientali

SPESE AMBIENTALI

sì38%

no62%

La bassa disclosure su questo indicatore nei bilanci CSR non è interpretabile univocamente, in merito è possibile fare molte congetture: da una diffusa tendenza a sottovalutare gli indicatori di processo a favore di quelli di risultato a una decisione deliberata di non rendere noto questo dato. Certo non si può non evidenziare che questo dato manca anche in alcuni bilanci CSR stilati seguendo linee guida che richiedono esplicitamente di inserire questo indicatore. 3.2.5 Fornitori

La disclosure relativa al rapporto con i fornitori si reputa particolarmente interessante perché costituisce un esempio di come una determinata impresa illustri la relazione con uno degli stakeholder a monte della filiera, rispetto al quale spesso ha un notevole potere contrattuale. Fra i temi più ricorrenti la missione dell’ufficio acquisti (per lo più ottenere, per la singola procedura di acquisto, il miglior rapporto qualità/prezzo e condizioni sempre più vantaggiose da parte dei fornitori con i quali il rapporto è consolidato), la trasparenza delle procedure adottate e il rispetto della normativa. In alcuni casi sono sintetizzati i principi generali in base ai quali viene popolato l’albo fornitori. In generale si osserva che la presenza di indicatori chiave delle problematiche di CSR che possono caratterizzare il rapporto con i fornitori è molto scarsa: i dati sui tempi di pagamento dei fornitori, sul contenzioso, su eventuali criteri sociali e ambientali per la selezione dei fornitori o dei prodotti/servizi acquistati sono mosche bianche. Più spesso si riscontrano negli obiettivi dichiarazioni di voler modificare i criteri di selezione dei fornitori nel senso di inserire criteri di selezione sociale e ambientale degli stessi (o dei prodotti/servizi), ma è d’obbligo segnalare che in diversi di questi casi quest’obiettivo è stato dichiarato per diversi anni consecutivi senza che venisse poi spiegato cosa di anno in anno avesse impedito di raggiungerlo.

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3.3 OBIETTIVI DI MIGLIORAMENTO

L’idea della Corporate Social Responsibility trova nel confronto con gli stakeholder un momento fondamentale, si potrebbe dire fondante: una caratteristica chiave di un percorso di CSR rispetto a un progetto per la promozione della sostenibilità di un’impresa tout court consiste proprio nell’imprescindibilità dalla dialettica con gli stakeholder che, con tutti i rischi che una relativizzazione del concetto di sostenibilità può portare con sé, tende ad aprire la governance dell’impresa a una pluralità di soggetti. Risulta immediatamente evidente che la metodologia attraverso cui un’impresa arriva a individuare i suoi stakeholder gioca un ruolo chiave: il rischio di autoreferenzialità è vivo e presente. Un altro aspetto chiave è rappresentato dalle modalità e dai momenti della vita aziendale in cui gli stakeholder vengono coinvolti; per esempio se hanno un ruolo nella definizione delle strategie e dell’individuazione degli obiettivi o se vengono consultati solo su alcune questioni specifiche, come per esempio i contenuti del bilancio CSR. In questa sede non si è fatta un’analisi di dettaglio di queste modalità (che meriterebbe un approfondimento ad hoc) limitando l’analisi alla verifica della presenza nel Bilancio CSR di quanto emerso da eventuali momenti di confronto con una pluralità di stakeholders e alla presenza nel Bilancio CSR di un invito ai lettori del bilancio a fornire un feedback. La presenza della “voce viva” degli stakeholder all’interno dei Bilanci CSR è a dir poco scarsa: solo il 7% dei bilanci CSR riporta notizie in merito. Grafico 16: Feedback dagli stakeholder

FEEDBACK STAKEHOLDER

45

31

3

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

N° Bilanci CSR con invito feedbackstkh

con feedback stkh

I tre bilanci CSR-2005 che illustrano le iniziative di coinvolgimento degli stakeholders, quelli di Unipol, Enel, e Ras lo fanno peraltro in maniera articolata e significativa.

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Panel multistakeholder nel Bilancio Sociale Unipol 2005 pag 202

• Unipol illustra gli esiti di quattro panelsdurante i quali sono stati raccolti suggerimenti sia per il bilancio sociale successivo che per l’innovazione dei processi aziendali. •Agli incontri hanno partecipato complessivamente circa 90 persone divise in quattro gruppi:

–Multistakeholder–Lavoratori–Agenti–sindacati aziendali.

•Unipol specifica inoltre i criteri in base ai quali seleziona i partecipanti ai panels. Infine, in una sezione “dicono di noi” , riporta alcuni commenti strutturati, valutazioni e riconoscimenti ricevuti nel corso dell’anno.

Indagine sulla percezione della CSR di Enelnel Rapporto agli Stakeholder Enel 2005-2006 pag 8

•Enel illustra gli esiti di un’indagine commissionata al Prof Renato Mannheimer, presidente di ISPO, cui èstato chiesto di coordinare un'indagine quali-quantitativa sulla CSR di Enel (che ha visto anche la partecipazione dell’Istituto Eurisko-GFK per la parte quantitativa e quella dell’Istituto Manners per la parte qualitativa). •Obiettivo dell’indagine era esplorare la percezione che i diversi stakeholders hanno della CSR di Enel, evidenziando, per ogni specifico target oggetto di indagine, la qualità del rapporto con l’azienda e le possibili aree di miglioramento. •L’indagine qualitativa è stata effettuata intervistando 18 fra fornitori, finanziatori, istituzioni e attraverso tre focus-groups (interviste a gruppi ristretti condotte da ricercatori e psicologi, a Milano, Roma e Napoli) di sette-otto partecipanti fra i dipendenti quadri di Enel di diverse Divisioni cui si sono aggiunte 11 interviste nel resto d’Italia. •L’indagine quantitativa è stata compiuta intervistando: 4.040 clienti Enel, 728 persone rappresentative della realtà italiana nella fascia di età compresa fra 14 e 25 anni per l’analisi delle aspettative e opinioni delle cosiddette “generazioni future”, 99 piccoli azionisti. Il campione complessivo, di oltre 4.800 persone, viene anche considerato come stakeholder “comunità”.

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W orkshop con le risorse umane nel Bilancio Sociale Ras 2005 pag 11

•Ras illustra gli esiti delle consultazioni che ha attivato con i dipendenti del Gruppo, gli agenti e i promotori con lo scopo di raccogliere commenti sul bilancio sociale 2004, proposte di miglioramento per quello successivo e suggerimenti su possibili progetti di CSR da portare avanti.•Si tratta di tre workshops, condotti da Comunicazione di Sostenibilità, che hanno coinvolto 14 dipendenti, 6 agenti e 9 promotori (ai workshops degli agenti e promotori hanno preso parte anche persone delle direzioni commerciali, rispettivamente, di Ras Spa e di RasBank). •Inoltre Ras evidenzia che nel corso del 2005 ha partecipato a un tavolo organizzato dall’associazione di consumatori Adiconsumvolto a riflettere sul tema del bilancio sociale dalla prospettiva dei consumatori, ha effettuato un engagement survey tra i propri dipendenti, ha proseguito sulla strada delle indagini di customersatisfaction e ha sollecitato un feedback sul bilancio sociale attraverso un questionario (iniziativa che ha avuto scarso riscontro).

Sebbene già il fatto che circa il 30% dei bilanci CSR non contempli l’ipotesi di uno scambio con i propri stakeholder colpisca, ciò che forse sorprende ancor di più è l’asimmetria molto significativa fra il numero di inviti a fornire un feedback e feedback riportati. E’ evidente che qualcosa non torna nello scambio: o l’invito non viene raccolto o i feedback che vengono forniti non vengono riportati; o forse entrambe le cose a seconda dei casi (alcune imprese, per esempio, lamentano che i feedback sono molto scarsi o troppo poco pregnanti per costituire oggetto di trattazione). Alcune osservazioni in merito: talvolta un invito non viene accolto perché dal contesto emerge che non c’è da parte di chi lo fa una reale intenzione di apertura verso l’invitato, alcune volte invece è l’invitato a sottovalutare il ruolo che può giocare (oggi o un domani) accettando quell’invito. In quale situazione ci si trovi nel caso dei bilanci CSR delle società quotate è difficile a dirsi (soprattutto sarebbe necessario condurre uno studio approfondito su questo aspetto per poter dire qualcosa di più), certo è che la fotografia dello scambio multistakeholder che esce dai bilanci CSR è sconfortante: viene davvero da domandarsi se questi strumenti siano l’occasione per attivare un dialogo o comunque costituiscano un momento in cui il dialogo ha cittadinanza o se non siano completamente, o quasi, autoreferenziali. Un’illustrazione degli obiettivi per il futuro che un’impresa si pone in materia di CSR ricopre un ruolo chiave nelle attività di rendicontazione di responsabilità sociale delle aziende: dichiarando e mettendo per iscritto nel documento di rendicontazione sociale le iniziative di miglioramento l’impresa si mette in gioco in modo trasparente e facilita lo stakeholder nell’osservazione nel tempo dell’andamento delle attività aziendali. Maggiore è il grado di specificità degli impegni assunti maggiori sono le probabilità che uno stakeholder interessato possa attraverso il bilancio CSR anche verificare nel tempo l’effettivo raggiungimento degli obiettivi predefiniti. Naturalmente la specifica relativa agli obiettivi funge anche da stimolo alle imprese che una volta assunto un impegno si

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espongono al rischio di un feedback negativo nel caso non lo raggiungano effettivamente. Allo stato attuale questo aspetto è trattato in maniera molto diversa a seconda dei documenti perciò si è scelto di specificare in questo studio (come già nell’edizione precedente) il grado di dettaglio con cui gli obiettivi da raggiungere vengono illustrati nei documenti analizzati distinguendo fra: • No • Generico: si intende la presenza degli obiettivi di miglioramento limitata però alla

semplice descrizione generica senza alcun elemento che ne renda verificabile la realizzazione

• Dettagliato: si intende un’illustrazione che fornisca allo stakeholder dei termini di paragone che consentano effettivamente di verificare il raggiungimento dell’obiettivo predefinito. Inoltre se la definizione degli obiettivi non avviene secondo un percorso autoreferenziale dell’azienda, ma anche attraverso critiche e suggerimenti degli stakeholder (forniti per esempio con il tramite di questionari o panel) questa fase può diventare un momento prezioso di partecipazione dei diversi portatori di interesse alla vita aziendale.

Di seguito la situazione dell’illustrazione degli obiettivi nei Bilanci CSR 2005 delle società quotate: Grafico 17: Obiettivi CSR presenti nei bilanci

OBIETTIVI CSR IN BILANCI CSR

generico: 36%

dettagliato42%

no22%

Si segnala un netto aumento del numero di bilanci che include degli obiettivi, in qualche forma: i bilanci CSR in cui non si riscontra alcun obiettivo di miglioramento sul fronte CSR passano dal 51% (2004) al 22% (2005). Interessante anche notare che l’aumento è andato tutto a favore della definizione di obiettivi con un buon grado di dettaglio: dal 14% (2004) al 42% (2005). Resta invece sostanzialmente stabile la percentuale di bilanci CSR che include degli obiettivi generici: dal 35% (2004) al 36% (2005).

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Sul fronte della definizione degli obiettivi di miglioramento quindi si evidenzia un deciso passo avanti, nonostante vada comunque osservato che confrontati con le best practice a livello internazionale in molti casi risultino ancora di corto respiro perché spesso avulsi dalla definizione di una strategia vera e propria di sviluppo della CSR nell’impresa.

Stato di avanzamento nel perseguimento degli obiettivi nel Bilancio Socio-Ambientale del Gruppo MPS 2005 pag 147

•Il Gruppo MPS fissa obiettivi di miglioramento dettagliati articolati per ciascuno stakeholder•Rispetto agli obiettivi fissati precedentemente il documento riporta lo stato di avanzamento•Per ciascuno stakeholder vengono fissati nuovi obiettivi di miglioramento

3.4 CONFRONTO TRA I BILANCI DI ESERCIZIO ED I BILANCI CSR

Perché paragonare la presentazione in assemblea dei bilanci CSR e di quelli finanziari? Le sinergie funzionali fra bilancio CSR e bilancio finanziario sono molte: nel complesso vogliono comunicare un quadro sintetico, complessivo e comparabile dell’attività dell’impresa per mettere gli stakeholders in condizione di: • Comprendere tempestivamente cosa l’impresa ha fatto e cosa si propone di fare, • Valutare la validità e coerenza delle scelte, il livello dei risultati raggiunti e la

condivisibilità degli obiettivi futuri, • Confrontare visioni, strategie e risultati di più imprese. Lo studio si è concentrato su alcuni aspetti: • Riconciliazione fra bilancio sociale o di sostenibilità e di esercizio, • Riclassificazione valore aggiunto fra gli stakeholder, • Presenza di informazioni ambientali e sociali nel bilancio di esercizio, • Predisposizione di un unico documento che raccolga il bilancio CSR e quello di

esercizio, cd. Bilancio Integrato. Si ritiene utile, inoltre, richiamare alcune informazioni relative alla presentazione dei bilanci CSR 2005 all’assemblea degli azionisti (contemporaneamente all’approvazione del bilancio di esercizio) già incluse nella precedente edizione dello studio, uscita nel periodo delle assemblee degli azionisti. Sotto il profilo della riconciliazione fra bilancio sociale o di sostenibilità e bilancio di esercizio il lettore incontra delle difficoltà: nel 34% dei casi il confronto è difficoltoso:

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Grafico 18: Riconciliazione tra Bilanci di esercizio e Bilanci CSR

RICONCILIAZIONE BILANCI DI ESERCIZIO E CSR SOCIETA' QUOTATE

buona53%

scarsa34%

bilanci integrati

13%

Lo scenario risulta peggiorato rispetto all’anno precedente, in cui si segnalavano difficoltà di riconciliazione nel 28% dei casi. Sono in aumento invece i bilanci cd. integrati (documenti che fondono in un unico strumento un bilancio di esercizio e uno socioambientale) che crescono dal 5% al 13%. Come già espresso in precedenza si ritiene che sotto molti profili questa si riveli una buona scelta: • Riconosce al bilancio CSR un ruolo e un’importanza analoghi a quelli riconosciuti ai

bilanci finanziari, • Garantisce tempestività della pubblicazione anche al bilancio CSR (in molti casi

pubblicato invece nella seconda metà dell’anno), • Promuove uniformità metodologica fra i due documenti facilitando la comparazione • Evita duplicazioni di informazioni e confusione sui contenuti, • Richiama l’attenzione degli shareholders e di tutti i lettori del bilancio finanziario sui

temi di CSR. Le società quotate che per il Bilancio 2005 hanno scelto questa modalità sono: Acegas – Aps, Autostrade, Pirelli & C., Sabaf, Telecom Italia. Anche per quanto riguarda le società quotate che hanno deciso di tenere i documenti separati, ma di includere alcune informazioni carattere ambientale e sociale nei bilanci di esercizio il quadro appare peggiorato: quest’anno circa la metà dei bilanci di esercizio delle società analizzate non include informazioni di carattere sociale o ambientale, mentre l’anno precedente erano solo 1/3.

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Grafico 19: Informazioni ambientali e sociali nei Bilanci di esercizio

INFORMAZIONI AMBIENTALI E SOCIALI IN BILANCIO DI ESERCIZIO

sì49%no

51%

Di seguito viene riportato uno schema delle tematiche affrontate e il numero dei bilanci in cui sono presenti: Grafico 20: Tematiche affrontate

AMBIENTE E SOCIETA' IN BILANCI DI ESERCIZIO

12

11

7

5

13

0 2 4 6 8 10 12 14

ambiente

risorse umane

stakeholders

collettività

ricerca

Quanto al livello di approfondimento di questi contenuti si segnala anche quest’anno una forte disomogeneità: da una o poche pagine a intere sezioni del bilancio (come nel caso dei bilanci integrati), ma in media si registra un aumento (da 5 a 11 pagine circa), dovuto in buona parte ad un più ampio ricorso alla formula del bilancio integrato. Un altro aspetto significativo del rapporto fra bilanci di esercizio e bilanci CSR è la strada che i due documenti percorrono per arrivare agli stakeholder cui ciascuno di essi si rivolge.

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In Italia fino ad ora per il bilancio CSR si è assistito a varie possibilità (l’una non esclude l’altra): • Consultazioni in corso d’opera degli incontri con una selezione di stakeholder, o loro

proxy. Si tratta di incontri di carattere consultivo durante i quali si raccolgono impressioni e suggerimenti, soprattutto da parte di rappresentanti di stakeholder chiave o da interlocutori privilegiati e esperti sul tema.

• diffusione del Bilancio CSR (in forma cartacea e/o caricandolo sul sito web della società).

• presentazione pubblica del Bilancio CSR con un convegno, incontro seminariale, ecc… Si tratta di momenti di presentazione del “prodotto finito”, non si ha notizia di un’approvazione del documento da parte di un panel allargato di stakeholder in queste sedi.

• presentazione del Bilancio CSR nel corso dell’assemblea degli azionisti. Si tratta anche in questo caso della presentazione del “prodotto finito”. Non si ha notizia però ad oggi di un’approvazione del Bilancio CSR da parte dell’assemblea degli azionisti.

Questo studio approfondisce l’aspetto della presentazione all’assemblea degli azionisti, soprattutto per l’importanza strategica che questo momento ricopre nella vita aziendale, che la fa apparire, fra quelle elencate sopra, la più idonea a favorire un “radicamento” del bilancio CSR nelle strategie e nella vita quotidiana dell’impresa, pur non essendo probabilmente la scelta migliore possibile. I pro della presentazione del bilancio CSR in assemblea: • Un contenuto pertinente e significativo del documento unito alla presentazione del

bilancio CSR congiuntamente a quello d’esercizio trasmetterebbe un messaggio forte sul significato che quella società dà alla CSR e ai suoi strumenti applicativi riconoscendo che:

• la CSR è parte integrante dell’attività di business, • le decisioni in tema di CSR incidono sulle strategie e i risultati d’impresa • la CSR non è una forma sofisticata di comunicazione, bensì una caratteristica,

fondamentale dell’attività di business che, come tale, va anche comunicata in una sede idonea e con procedimenti adeguati,

• La strategia di CSR nasce dal confronto con gli stakeholders e necessita anche del loro consenso,

• La CSR ha bisogno anche di processi formali che le attribuiscano un ruolo ufficiale nella vita dell’impresa,

I contro della presentazione del bilancio CSR in assemblea: • L’assemblea per la presentazione del bilancio finanziario si tiene nei primi mesi

dell’anno. Alcune informazioni contenute nei bilanci CSR sono disponibili abitualmente in un momento successivo (es. i dati sui rifiuti abitualmente vengono raccolti e sistematizzati in aprile),

• Alcune società temono che durante l’assemblea l’attenzione sia focalizzata soprattutto sui bilanci finanziari,

• All’assemblea degli azionisti partecipano solo gli shareholders e non anche gli altri stakeholders (il che richiede una presentazione anche in altre sedi),

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Rispetto all’anno precedente si rileva un calo nella presentazione dei bilanci sociali all’assemblea degli azionisti. Questa circostanza, legata sicuramente anche all’assenza di vincoli per la pubblicazione del documento, pone un interrogativo sull’effettivo riconoscimento da parte di molte aziende di un valore strategico a questo documento. Questo dubbio è supportato anche dal fatto che la pubblicazione avviene spesso nella seconda metà dell’anno 9. Grafico 21: Presentazione dei Bilanci CSR in assemblea

PRESENTAZIONE BILANCI CSR ASSEMBLEA

18 18

8

23

14

8

20 20

3

0

5

10

15

20

25

sì no non risponde

2004

2005

2006

4 Disclosure sulle risorse intangibili Sono trascorsi oltre 500 anni da quando il monaco francescano Luca Pacioli nell’anno 1494 nella sua opera “Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalità” espresse le sue riflessioni, denominate metodo veneziano, sulle rilevazioni contabili in partita doppia che costituiscono ancora oggi la base dei tradizionali bilanci aziendali. Da allora nonostante le modalità di rilevazione degli eventi economici e finanziari sono state regolate da un sistema sempre più complesso ed evoluto di linee guida, suggerimenti e limiti è tuttavia sorprendente che il tradizionale bilancio di esercizio non è in grado spesso di fornire agli stakeholder un quadro sufficientemente chiaro sulla capacità delle aziende di gestire nel tempo la resilience10 in quanto rappresenta, in larga misura, la fotografia di decisioni prese in esercizi precedenti. Negli ultimi decenni è diventato sempre più evidente che tale capacità è imputabile, oltre che alla proprietà di assets tangibili, sia fisici sia finanziari, anche all’accesso a risorse intangibili, ossia assets identificabili con valenza economica non dotati di fisicità molti dei

9 Per ulteriori approfondimenti su questo aspetto si rinvia all’edizione precedente del presente

studio “I bilanci ambientali, sociali e di sostenibilità delle società quotate. Focus: Identità, coinvolgimento degli stakeholder e obiettivi di miglioramento: come vengono trattati nei bilanci ambientali, sociali e di sostenibilità delle società quotate” liberamente scaricabile dal seguente link http://www.avanzi.org/ricerche_progetti/pr_responsabilita/pr_r06_interno_bilancicsr.html

10 Sostenibilità e creazione futura di valore.

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quali, a causa delle difficoltà tecniche, per il momento, ancora implicite negli attuali strumenti contabili, restano invisibili nei tradizionali bilanci di esercizio11. Inizia ad essere sempre più avvertita quindi la necessità di disporre – a fini sia gestionali interni, sia di comunicazione verso l’esterno – di un patrimonio informativo aziendale più ampio e pregnante rispetto a questa tipologia di risorse-chiave di un’organizzazione tanto che lo IASB (International Accounting Standard Board), molto sensibile al tema della rilevanza ed affidabilità delle informazioni anche sulle risorse intangibili, nella riunione del 23 gennaio 2007 ha varato la prima parte di un documento tecnico a supporto del progetto “Intangible Assets project” che è previsto venga realizzato in collaborazione con il FASB12. Molteplici sono inoltre le proposte in letteratura e nella prassi, tutte peraltro accomunate dal preciso obiettivo di ampliare i confini informativi delle imprese, per ricomprendervi anche intangibili esterni a valenza strategica quali, ad esempio, l’attenzione agli impatti dei processi, dei prodotti e dei servizi sulle risorse naturali nell’ottica della salvaguardia del patrimonio ambientale e quelli inerenti la sicurezza e salute sul lavoro, il rispetto dei diritti umani e la partecipazione alla comunità di riferimento. Uno strumento di reporting che include anche le risorse intangibili svolge una funzione per certi versi simmetrica a quella svolta dal tradizionale bilancio di esercizio: consente infatti al lettore di cogliere con anticipo la possibile evoluzione del bilancio dell’azienda negli esercizi successivi. Visto in quest’ottica, tale reporting è l’elenco delle potenzialità dell’organizzazione, una misura della sua capacità distintive che le consentono di competere sul mercato e dalle quali potranno scaturire future utilità economiche, ovvero una prima evidenza dei rischi, intesi come intangible liabilities, che sopporta e che potranno essere causa, se non gestiti per tempo, di situazioni di crisi aziendale13. La maggiore consapevolezza che una società sana stimola anche una crescente domanda dei processi di business impone che le attività aziendali, volte sempre più alla ricerca di una crescita economica sostenibile, siano conciliabili con il rispetto di parametri di responsabilità sociale e ambientale14. La sostenibilità si è quindi evoluta in un concetto legato non solo alla mera dimensione economico-finanziaria ma anche a quella sociale e ambientale.

11 Telecom Italia – Bilancio 2005 Sezione di Sostenibilità – pg. 6 “Il Gruppo sta procedendo nella

definizione del modello di rappresentazione degli asset intangibili che comunemente sfuggono alle tradizionali rappresentazioni contabili. La capacità d’innovazione, il capitale umano, la qualità del servizio, il rispetto dell’ambiente e delle Comunità locali concorrono a determinare la performance non finanziaria d’impresa, a cui il mercato sta dando prova di essere sempre più interessato”.

12 Tale progetto, finalizzato a rivedere le modalità di contabilizzazione delle risorse intangibili attualmente disciplinate dal principio IAS 38 “Intangible Assets” avrà per oggetto: • la modalità di iniziale contabilizzazione anche delle risorse intangibili che non sono state

acquisite nel corso di operazioni di aggregazione tra due o più aziende (risorse intangibili generate internamente o acquisite esternamente), e

• la successiva modalità di rilevazione in bilancio di tali risorse al fair value anche non in presenza di un mercato attivo che assicura la possibilità di effettuare le valutazioni con sufficiente regolarità sulla base di valori oggettivi ed osservabili.

IASB board meeting 23 January 2007, Intangible Assets – Draft Preliminary Technical Paper disponibile al sito web http://www.iasb.org/NR/rdonlyres/5EBBDB35-5C4F-4606-BF38-A82A7AE667CA/0/IntAs0701b03cobs.pdf

13 In esso, troviamo la rappresentazione del set di competenze, la fiducia nel brand e la reputazione socio-ambientale, la strategia, l’innovazione, il capitale relazionale e la stessa corporate governance, che ha assunto crescente importanza tra i driver di valore d’impresa.

14 Quanto più una causa sociale è legata al business dell’impresa e tanto maggiore è la capacità, facendo leva sul commitment, di portare maggiori benefici anche per l’impresa.

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Una delle conseguenze, in chiave aziendale, di tale profondo cambiamento socio-economico-culturale è che gli stessi investimenti in ambito CSR vengono considerati nella valutazione e misurazioni delle performance economiche e nuove forme di reporting hanno iniziato ad affacciarsi sul panorama internazionale e nazionale volte a far conoscere a varie categorie di stakeholder anche il livello di “responsabilità sociale e/o ambientale” raggiunto dall’azienda15. In particolare obiettivo di un bilancio CSR è quello di rappresentare attraverso anche indicatori non-financials tutte quelle informazioni che: 1. sono di ausilio al top manager, investitori ed analisti, e più in generale a tutti gli

stakeholder per comprendere se l’organizzazione sta creando relazioni di valore nel lungo termine o piuttosto sta sostenendo eccessivi rischi e sta deprezzando risorse intangibili quali le competenze dei dipendenti e la fedeltà dei clienti.

2. consentono ai clienti, comunità, organi di controllo e potenziali dipendenti di giudicare anche le performance sociali ed ambientali dell’organizzazione.

Nell’ambito dell’indagine sui bilanci CSR-2004 realizzata da Aiaf lo scorso anno in collaborazione con la società Avanzi era stata formulata l’intuizione che tali bilanci, osservati nella prospettiva del capitale intellettuale, presentavano sempre più notevoli elementi di convergenza, se non di sovrapposizione, e l’idea che appariva farsi strada nei diversi casi – sia pur con diverso grado di chiarezza e maturazione – è che se un comportamento socialmente responsabile contribuisce alla sostenibilità di lungo termine di un’azienda, entrambi questi obiettivi si alimentano di una corretta e consapevole gestione degli intangibili a disposizione di un’organizzazione. Con questo non si vuole sostenere che necessariamente i bilanci in argomento dovrebbero convergere in un unico documento, seppur alcune aziende esaminate sembrano essere convinte di ciò16, ma semplicemente che è sempre più opportuno che un’organizzazione si doti di strumenti di rilevazione sistematica e misurazione delle risorse intangibili cui dispone/ha accesso. Le informazioni così raccolte costituiscono un’insieme di dati da cui potrà sviluppare non solo un bilancio del capitale intellettuale a fini gestionali e/o comunicazionali, ma anche

15 Si precisa che un bilancio CSR adotta una definizione dei fattori intangibili molto più ampia di

quella prevista da una tassonomia delle sole risorse intangibili che hanno un impatto diretto sui processi aziendali di creazione del valore e sono descritte nelle principali linee guida di elaborazione di un “Intellectual Capital Statement” tra le quali di seguito si indica: Linee guida danesi - Danish Ministry of Science Technology and Innovation (2002) “Intellectual Capital Statement in practice – Inspiration and Good Advice” Danish Ministry of Science Technology and Innovation (2003): • Intellectual Capital Statement – The New Guideline, (febbraio 2003) • Analysing Intellectual Capital Statement, (3 marzo 2003). Ministero Federale dell’Economia e del Lavoro tedesco : Bundesministerium für Wirtschaft und Arbeit (BMWA), “Wissensbilanz: Made in Germany“ (2004), www.bmwa.gv.at/ e (2006) www.bmwi.de/BMWi/Navigation/Service/bestellservice,did=41128.html. Ministero Giapponese dell’Economia del Commercio e dell’Industria: METI, (2005), “Guidelines for Disclosure of Intellectual Assets Based Management”, www.meti.go.jp/policy/intellectul_assets/GuidelineforIAM.pdf.

Molte informazioni riguardano infatti un ampio numero di fattori intangibili che hanno un impatto indiretto sulla capacità delle aziende di creare valore in quanto legati alle performances ambientali e sociali esterne (usualmente definite anche con l’acronimo “ESG” cioè “Environment, Society and Governance).

16 Tra questi si segnale Sabaf, Acegas-Aps, Autostrade, Pirelli e Telecom Italia.

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un bilancio di sostenibilità o sociale, se ciò rientra nei suoi obiettivi relazionali nei confronti dei propri stakeholder17. Quest’anno ci siamo posti l’obiettivo di approfondire tale intuizione verificando in modo strutturato la sensibilità delle società al tema delle risorse intangibili e come queste vengono identificate, misurate e comunicate nell’ambito dei bilanci CSR-2005 ancorché non in una specifica sezione dedicata. Si desidera precisare che lo studio condotto non intende fornire cosiddetti benchmarks in quanto non esistono, a giudizio degli autori, soluzioni universali ma occorre interrogarsi sulla strategia perseguita alla luce della rilevanza anche del capitale intellettuale e ponderarla al contesto aziendale del caso specifico in quanto il successo dell’organizzazione e la sua capacità di risposta alle sfide esterne dipendono dalla sua capacità di identificare e sviluppare tutti i suoi value drivers, anche quelli intangibili, molti dei quali “firm specific” 18. Non è stato quindi perseguito l’obiettivo di esprimere per singola organizzazione un giudizio sulla coerenza delle informazioni sul patrimonio intangibile con la strategia aziendale e soprattutto sulla capacità del management di gestire in maniera armonica le relazioni che esistono fra le varie risorse intangibili per la cui analisi si rimanda ad un successivo studio dedicato di approfondimento. Area d’indagine sono stati esclusivamente i bilanci CSR-2005 e non sono state considerate, ad esempio, le informazioni sulle risorse intangibili che le società, anche in assenza di un preciso obbligo legale possono volontariamente presentare nella nota integrativa o la relazione sulla gestione dei tradizionali bilanci di esercizio.

17 Si segnala che tra le società quotate alla Borsa valori di Milano l’unica ad aver pubblicato

nell’anno 2005 un bilancio denominato “Bilancio del valore tangibile & intangibile 2005” finalizzato a presentare, a complemento dei dati contenuti nel tradizionale Bilancio di esercizio, informazioni sul capitale umano, relazionale e strutturale attraverso indicatori di natura non economico-finanziaria è stato il Gruppo Brembo. Sito web www.brembo.com.

18 In assenza di una consolidata tassonomia delle risorse intangibili elevato è il rischio che molte differenze potrebbero essere imputabili solo ad una diversa metodologia di calcolo degli indicatori adottata dalle società.

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5 Il modello di analisi Lo schema di analisi degli indicatori utilizzati è stato impostato facendo ricorso dal punto di vista metodologico all’Intangible Assets Monitor, come proposto del suo autore K.E. Sveiby19, in quanto ritenuto uno strumento di management strategico che identifica un ristretto numero di indicatori specifici delle risorse intangibili che hanno un impatto diretto sulla catena del valore delle aziende classificati, in accordo con le più autorevoli fonti internazionali ed una diffusa schematizzazione letteraria20, nelle tre classiche dimensioni di seguito indicate: a. Struttura esterna – il capitale relazionale: vengono inclusi in questa dimensione tutti

gli indicatori specifici che consentono di valutare i rapporti che l’impresa ha con i propri stakeholder;

b. Struttura interna – il capitale strutturale: questa dimensione consente di valutare le principali caratteristiche della struttura organizzativa e la disponibilità di risorse su molte delle quali l’azienda vanta un diritto legale di proprietà;

c. Competenze individuali – il capitale umano e le conoscenze dell’azienda: vengono considerate in questa dimensione tutte le risorse intangibili relative all’area delle risorse umane.

Grafico 22: Le dimensioni intangibili

Valore di mercato di un’aziendaEQUITY= AssetsTangibili

- PassivitàVisibili

INTANGIBLE ASSETS

StrutturaEsterna

Knowledge Capital

StrutturaInterna

Competenze individuali

CRESCITA

RINNOVAMENTO/INNOVAZIONE

EFFICIENZA

STABILITA’Cre

azio

ne d

iva

lore

Fonte : K.E. Sveiby, in http://www.sveiby.com/articles/MeasureIntangibleAssets.html adattamento da parte degli autori

19 Per testi specifici che presentano questo modello si rimanda al sito web dell’autore e alle opere:

• Sveiby K.E., 2002, «Methods for Measuring Intangible Assets», available at http://www.sveiby.com/articles/IntangibleMethods.html

• Sveiby K.E., 1997, «The New Organizational Wealth: Managing and Measuring Knowledge-based Assets», Berrett-Koehler, San Francisco, CA.

• Sveiby K.E., 1997, «The Intangible Asset Monitor», Journal of Human Resource Costing & Accounting, Vol. 2, No. 1, Spring, pp. 73-97.

• Sveiby K.E., 2001, «A Knowledge-based Theory of the Firm to Guide Strategy Formulation», Journal of Intellectual Capital, Vol. 2, No. 4, pp. 344-358.

• A. Gasperini, capitolo 4.2.2 «L’Intangible Asset Monitor», in «Il valore del capitale intellettuale. Aspetti teorici e casi aziendali di reporting», a cura di Del Bello A. - Gasperini A., Ipsoa editore, Milano luglio 2006

20 Tra gli altri autori ai quali è imputabile questa visione del capitale intellettuale si segnalano Edivinsson L., Stewart T.A., Lev B..

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A tali tre dimensioni tipiche di un reporting del capitale intellettuale è stata accostata una quarta dimensione riconosciuta come sempre più rilevante per il mantenimento dei vantaggi competitivi aziendali e trasversale rispetto alle prime tre alla quale i bilanci CSR-2005 dedicano ampio risalto e, contrariamente alle precedenti, molto spesso una autonoma sezione del reporting: la corporate governance. I “non-financial indicators”21 utilizzati in questo progetto di ricerca sono caratterizzati dal rispetto dei seguenti quattro criteri: • continuità nella comunicazione: possibilità di garantire la continuità delle serie storiche

degli indicatori presentati descrivendo il loro significato e modalità di calcolo. Poiché alcuni indicatori possono acquistare o perdere di importanza in relazione agli obiettivi strategici che vengono perseguiti, è opportuno di anno in anno introdurne di nuovi piuttosto che escludere dal reporting quelli giudicati obsoleti motivando la decisione presa,

• rilevanza: classificati in indicatori di tendenza (leading indicators) ed in indicatori di risultato (lagging indicators)22, consentono di cogliere in anticipo la possibile evoluzione del bilancio dell’azienda negli esercizi successivi,

• management approach: vengono inclusi nel reporting solo indicatori realmente utilizzati dal management per i quali è visibile l’influenza delle azioni della Direzione Risorse Umane, Commerciale e Finanziaria sul valore degli indicatori stessi,

• pertinenza: molti indicatori sono “firm specific” e per questi deve essere evidente il legame con gli obiettivi strategici e le performance finanziarie in relazione al contesto aziendale di riferimento dove possono assumere una diversa valenza a seconda del modello di business adottato e/o il proprio settore di attività e il momento di rilevazione.

In particolare 21 rientrano nella dimensione del capitale umano, 14 nella dimensione del capitale strutturale, 17 nella dimensione del capitale relazionale e 15 compongono l’area della corporate governance. Tra questi ogni organizzazione deve identificare ed indicare come vengono misurati quelli che decide di comunicare esternamente, in un’ottica di necessaria riservatezza a tutela dei propri vantaggi competitivi, che ritiene essenziali anche per gli stakeholder in quanto potrebbero influenzare in modo sostanziale le loro valutazioni e decisioni23 e consentono una trasparente descrizione delle proprie risorse chiave, dei rischi e delle relazioni dalle quali dipende la capacità di creazione del valore nel lungo termine e come queste risorse chiave, i rischi e le relazioni vengono gestiti24.

21 IASB, “Management Commentary, (Discussion Paper October 2005)”. “… Indicatori che vengono

utilizzati dal management per valutare i miglioramenti, con riferimento agli obiettivi che si è posta l’organizzazione, quando è difficile misurare direttamente le performance. Tali indicatori possono consistere sia in una descrizione di come viene gestito il business e sia in misure quantitative che testimoniano indirettamente le performance”.

22 Kaplan R.S., Norton D.P., 2004, «Strategy Maps – Converting Intangible Assets into Tangible Outcomes», Harvard Business School Press, Boston Massachusetts.

23 Il Global Reporting Initiative nelle nuove linee guida G3 definisce questo concetto con il termine di “materialità” che corrisponde alla soglia oltre la quale un argomento o un indicatore diventano sufficientemente importanti da dover essere inclusi nel report. Oltre questa soglia non tutti gli argomenti significativi assumono la medesima importanza; inoltre, il rilievo attribuito nel report deve riflettere la priorità di detti argomenti ed indicatori significativi. Sito web www.globalreporting.org.

24 Misurare la cosa sbagliata o misurarne troppe comporta, in entrambi i casi, inutili sforzi da parte dell’organizzazione e può condurre ad un decremento delle performance sia finanziarie sia sociali.

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6 Executive Summary – Intangible Assets Nonostante la riconosciuta rilevanza delle risorse intangibili nell’odierna economia, sono ancora relativamente poche in Italia, soprattutto se confrontate alle oltre 300 della piccola Danimarca, le organizzazioni che hanno avviato un processo sistematico e strutturato di identificazione di queste risorse focalizzato non solo sui risultati, ma soprattutto sul legame di causa ed effetto tra specifici investimenti in capitale intellettuale e relativi esiti. Da una analisi dei bilanci CSR-2005, osservati nella prospettiva di un reporting delle risorse intangibili, è tuttavia possibile intuire che ancorché tali informazioni non vengono riflesse, in modo strutturato, in tale tipologia di bilanci molte società dispongono di evoluti sistemi di controllo di gestione, quali ad esempio quello delle Balanced Scorecard25, e conducono periodiche indagini presso ad esempio clienti, dipendenti e fornitori, che consentono al management di disporre internamente di rilevanti informazioni anche sul patrimonio intangibile che non sono oggetto di comunicazione esterna26. Nel grafico 23 viene presentato, per il campione di società oggetto d’indagine, il risultato complessivo dell’indice di sensibilità determinato dal rapporto tra la presenza di informazioni, sia quantitative e sia qualitative, sul patrimonio intangibile incluse nei bilanci CSR-2005 ed il numero totale di indicatori previsti per ogni dimensione del capitale intellettuale.

25 Quali best practices si segnala:

• Gruppo Hera nella sezione 1.5.2 del bilancio di sostenibilità pg. 21 presenta la “mappa strategica del Gruppo Hera, e descrive che dall’anno 2005 ha avviato un percorso di introduzione del sistema Balanced Scorecard dove gli obiettivi strategici assegnati al management sono stati scomposti nelle quattro aree di sviluppo, qualità e responsabilità sociale d’impresa, integrazione organizzativa ed efficientamento. Gli obiettivi strategici che la società ritiene abbiano un maggiore impatto sulla sostenibilità sono la riduzione degli impatti ambientali, il coinvolgimento e dialogo con gli stakeholder, la comunicazione ed il coinvolgimento dei lavoratori, lo sviluppo professionale e valorizzazione delle risorse umane, l’allineamento ai principi del Codice Etico, il senso di appartenenza e cultura aziendale e l’innovazione tecnologica.

• RAS ha adottato lo strumento della Balanced Scorecard nell’ambito della Direzione delle Risorse Umane al fine di tradurre le strategie aziendali sempre più legate agli asset intangibili (come competenze, cultura, leadership, spirito di gruppo e allineamento agli obiettivi) in operatività concreta, sia in termini di comportamenti sia di performance. Tale strumento ed altri ad esso assimilabili (cruscotti sugli indicatori chiave di performance) è in corso di estensione ad altre realtà aziendali.

• Gruppo Generali ha adottato a partire dall’anno 2004 la “metodologia Balanced Scorecard” quale strumento che permette al management di tradurre la strategia in azioni e risultati concreti. L’approccio prevede l’assegnazione di obiettivi personali ai dirigenti ed è finalizzato a premiare le prestazioni individuali nonché allineare il contributo di ognuno alle strategie del Gruppo. Gli obiettivi individuali si inseriscono nelle quattro prospettive di riferimento proprie dello strumento (economico/finanziaria, del cliente, dei processi interni e dell’apprendimento/crescita) e sono tutti legati tra di loro da una catena causa-effetto che, partendo dalla prospettiva dell’apprendimento risale fino alla prospettiva finanziaria.

26 L’elaborazione di informazioni, attraverso un report ad hoc, sulle risorse intangibili inizia molto spesso con una presa di coscienza da parte delle organizzazioni della loro importanza strategica e della necessità di identificare tutte le risorse di cui dispone in modo da acquisire il controllo sui processi interni di gestione della conoscenza (knowledge management) e, ove rese pubbliche, sulla continuità della diffusione della conoscenza stessa verso l’esterno.

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Grafico 23: Indice di sensibilità per le informazioni sul patrimonio intangibile

In conclusione, per quanto anche i bilanci CSR-2005 consentano di acquisire informazioni con cui viene descritto il patrimonio intangibile, pochi sono gli indicatori specifici delle risorse intangibili, quantitativi e qualitativi, ed in particolare in quasi tutti i reporting l’assenza di informazioni sulla dimensione del capitale strutturale influenza negativamente il livello complessivo dell’indice di sensibilità. L’impressione è che molti bilanci CSR-2005 nonostante i notevoli sforzi che vengono fatti dal management per dimostrare, oltre ai comportamenti socialmente responsabili, anche la propria sensibilità nella gestione del patrimonio intangibile non consentono, se non integrati con più specifici strumenti d’indagine, una sistematica valutazione dei processi sottostanti le dinamiche delle risorse intangibili e spesso è complesso, anche in ambito CSR, un inquadramento strategico delle attività intraprese. 6.1 GLI INDICATORI DELLE RISORSE INTANGIBILI NEI BILANCI CSR 2005 6.1.1 La dimensione del capitale umano La dimensione del capitale umano include risorse intangibili quali le conoscenze, le competenze, l’abilità, le capacità di interagire, i valori, la cultura, la filosofia e le esperienze maturate da chiunque lavori all’interno di una organizzazione (workforce)27. E’ riconosciuto che queste risorse sono in grado di generare un’ampia quota del valore

27 Global Reporting Initiative G3 (2006). Nella sezione “Pratiche di lavoro e lavoro dignitoso”

vengono riportate le seguenti definizioni: • employee – persone che hanno un rapporto di dipendenza diretto con l’organizzazione che

elabora il reporting come evidenziato da un contratto che può essere esplicito o implicito (scritto o orale) classificate in accordo con la legislazione nazionale e gli usi sul tempo di lavoro in dipendenti a tempo pieno e dipendenti part-time.

• supervised contracted worker: persone che forniscono direttamente lavoro e servizi all’organizzazione che elabora il reporting ma il cui contratto formale di lavoro è con un’altra organizzazione.

• independent contractor: persone le cui prestazioni di lavoro solo indirettamente sono associate con l’organizzazione che elabora il reporting e il cui contratto di lavoro è con un’altra organizzazione.

• la disclosure sul patrimonio intangibile èprevalentemente espressa in forma narrativa.

• carenti le evidenze empiriche della correlazione tra le risorse intangibili con gli obiettivi strategici e le performance aziendali.

• le informazioni sulle risorse intangibili sono prevalentemente rivolte a presentare i risultati dei processi passati.

• assente una descrizione della metodologia di calcolo degli indicatori presentati e l’eventuale riferimento a precise linee guida degli intangibili.

• complessa la possibilità di apprezzare i trend futuri.

Capitale Umano

Capitale Relazionale

Capitale Strutturale

Corporate Governance

0 10 20 30 40 50

16,5 %

40,8 %

48,7 %

64,6 %

TOTALE 43,5 %

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ancorché non possano essere possedute direttamente da parte di un’organizzazione in quanto rappresentano “quella parte del capitale intellettuale che lascia l’azienda al termine dell’orario di lavoro”. Complessivamente la sensibilità a questa dimensione del capitale intellettuale, da considerarsi sufficiente, è pari al 48,7%. In questo ambito maggiori informazioni vengono fornite su: • numerosità media dell’organico, • distribuzione dell’organico per sesso, • descrizione dei processi e percorsi formativi, • senso di appartenenza. Tuttavia se da una parte elevata importanza viene data alla descrizione dei processi e dei percorsi formativi d’altra parte un punteggio estremamente basso raggiungono invece importanti informazioni sui costi di formazione e sull’indice di variazione delle competenze. Inoltre in quasi tutti i bilanci CSR non viene fornita alcuna indicazione sulla correlazione e l’influenza che fattori quali, ad esempio, la dimensione e la composizione della forza lavoro, la remunerazione inclusi gli incentivi, la motivazione, il livello di assenteismo ed il turnover hanno sulla produttività aziendale. Indicatori sulla produttività quali il fatturato per singolo dipendente e l’indicatore “Human Capital ROI” classificati per business unit dovrebbero costituire invece parte integrante della sezione dedicata alla dimensione dal Capitale Umano.

Grafico 24: Gli indicatori del capitale umano In questa dimensione si distinguono per qualità complessiva delle informazioni il bilancio di sostenibilità del Gruppo Generali con la sezione in cui viene presentata l’attività di Generali Group Innovation Academy, la Corporate University del Gruppo Generali i cui obiettivi sono quelli di garantire un maggiore supporto nella definizione e diffusione delle strategie e delle politiche del Gruppo, sostenere il cambiamento culturale generando e trasmettendo elementi di identità, appartenenza ed una forte tensione verso gli obiettivi, sviluppare ed aggiornare le conoscenze e competenze del personale massimizzando la redditività degli investimenti formativi in relazione alle esigenze di business, creare uno spazio per condividere le migliori esperienze maturate dalle singole società del Gruppo,

01020304050

numerosità media dell’organicolivello di scolarizzazione

distribuzione dell’organico per classi di età

% organico anni di anzianità in azienda

indice di turnover

sistemi di remunerazione e incent.

risultati delle indagini di clima

indice di assenza dal lavoro

distribuzione dell’organico per sesso

numero di donne in posizioni dirigenzialidescrizione dei processi e percorsi formativi# di giorni medi di formazione per lavoratore

tasso di part. alle attività di formazione

costi di formazione per singolo lavoratore

costo della formazione in relazione all’indice diturnover

incidenza dei costi di formazione sul fatturato

indice di variazione delle competenze

senso di appartenenza (commitment)

leadership del management

capacità di lavorare in team

raggiungimento degli obiettivi

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generare nuova conoscenza e promuovere una cultura dell’innovazione anche attraverso il confronto con il mondo accademico e sviluppare e gestire gli asset della conoscenza, che attraverso i processi di innovazione verranno convertiti in competitività e valore di business. Si segnalano inoltre gli indicatori presentati da SABAF nella sezione del Rapporto annuale integrato 2005 “Sabaf e Collaboratori” in quanto rispondono a requisiti di completezza e materialità dai quali traspare la consapevolezza che la forza lavoro rappresenta un fattore chiave per conservare il proprio vantaggio competitivo. La scelta dei programmi di formazione che vengono adottati dipende dalle strategie aziendali e la crescita professionale dei dipendenti è sostenuta da un percorso di formazione continua. L’ufficio Personale, sentiti i responsabili di riferimento, elabora con periodicità annuale un piano formativo, in base al quale sono programmati i corsi specifici da svolgere. Degna di nota è la sezione “Valorizzazione ed incentivazione” del bilancio sociale di RAS in cui viene descritto il sistema di valutazione delle prestazioni “Performance Management” basato su obiettivi sia quantitativi e sia qualitativi rappresentati da comportamenti organizzativi da attuare per raggiungere i target attraverso i quali la società si propone di migliorare le prestazioni individuali, orientare i comportamenti culturali verso valori condivisi, stimolare il miglioramento del rapporto capo – collaboratori ed agire sulle linee e sulle azioni formative e gestionali in un’ottica di valorizzazione degli individui.

Best Practice “Dimensione Capitale Umano” Bilancio Sociale RAS 2005 pg. 71

• Ras Training Center (RTC) èl’unità della Direzione Risorse Umane che si occupa di tutte le attività di formazione all’interno del Gruppo italiano con un’offerta di corsi strutturati per le diverse figure professionali.

• Nel 2005 è stato avviato un progetto di verifica dell’apprendimento dei partecipanti riguardo gli interventi formativi erogati con l’obiettivo di misurare la loro efficacia in termini di contenuti, metodologie didattiche e qualità della docenza.

Quale best practice anche grafica si segnala la sezione in cui viene presentata la metodologia di valutazione del capitale umano di SanPaolo IMI.

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Best Practice “Dimensione Capitale Umano” Bilancio Sociale SANPAOLO IMI 2005, pg. 69

• il sistema di valutazione del capitale umano si colloca nell’ambito dei modelli di misurazione e valutazione del patrimonio intangibile e risponde all’obiettivo di comprendere il ruolo del capitale umano nelle dinamiche di generazione del valore aziendale.

• è composto da tre ambiti applicativi: 1. analisi sul sistema professionale e sociale e valutazione

delle performance dei singoli processi utilizzando indicatori del capitale umano e dei processi di gestione delle risorse umane,

2. relazioni tra gli indicatori legati alle risorse umane e gli indicatori di business,

3. utilizzo di indicatori gestionali e finanziari – ROI del capitale umano, cost/income, efficacia, … – per evidenziarne il contributo per la creazione di valore aziendale.

6.1.2 La dimensione del capitale relazionale

Il capitale relazionale include l’insieme delle relazioni dirette ed indirette instaurate con tutti coloro che entrano in contatto con l’organizzazione, ovvero con i suoi stakeholder. Tra questi un posto di assoluto rilievo è occupato dai clienti, tanto che spesso in ambito sia accademico sia professionale si indica il capitale relazionale utilizzando l’espressione “capitale clienti” in quanto il valore di queste risorse dipende in prima analisi dalla capacità dell’azienda di soddisfare i desideri dei propri clienti. Risorse intangibili quali la reputazione e le relazioni con i clienti possono evaporare repentinamente e, mancando una definizione generalmente accettata ed un comune standard per la loro misurazione, risultano molto difficili i confronti interni nel corso del tempo ed esterni con gli indicatori dei concorrenti. Nonostante che anche per questa dimensione intangibile la sensibilità dimostrata nell’ambito dei bilanci CSR-2005 può essere considerato sufficiente in quanto pari al 40,8% tuttavia la distribuzione per singolo indicatore è molto eterogenea e concentrata su informazioni quali: • reti di relazioni con gli stakeholder, • descrizione dei processi di comunicazione esterna, e • usabilità del sito web. Ampio spazio di miglioramento in quanto non presentati o, se trattati, in modo molto approssimativo si ritiene debba essere riservato ad indicatori estremamente importanti in questa dimensione, per investitori ed analisti, riferiti ai rapporti con i clienti quali potrebbero essere il fatturato scomposto per settore di appartenenza e classe di anzianità dei clienti. Tale carenza è imputabile sicuramente ad una diffusa reticenza delle aziende di fornire dettagliate informazioni sulle proprie fonti di reddito. Altrettanto insufficienti sono le informazioni che vengono fornite sul grado di fidelizzazione dei clienti e la qualità dei prodotti e servizi come da loro percepita.

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Grafico 25: Gli indicatori del capitale relazionale

In questa dimensione si distingue per qualità complessiva delle informazioni il bilancio di responsabilità sociale del Gruppo Hera con la sezione in cui viene presentato il rapporto con i clienti. E’ evidente la sensibilità dell’azienda che fa affidamento sulla soddisfazione e fedeltà dei clienti per difendere ed ampliare le quote di mercato attraverso precise strategie di comunicazione delle proprie azioni e la consapevolezza che i risultati di indagini di customer satisfaction supportano la valutazione del futuro trend di crescita o deterioramento dei risultati economici (indici di profittabilità) e possono essere correlati con indici di efficienza. Interessante è lo schema di rappresentazione della tavola 5.1 della sezione i clienti (adottato anche per le altre sezioni del reporting) in cui vengono presentate le azioni che la società si era proposta di perseguire, i risultati realizzati nonché gli obiettivi futuri. Quale best practice anche grafica, che si ritiene sarebbe tuttavia opportuno per una gestione strategica della comunicazione della risorsa intangibile “brand” fosse integrata con gli indicatori quantitativi emersi dall’indagine, si segnala la sezione del Bilancio Socio-Ambientale del Gruppo Montepaschi in cui viene presentata la ricerca condotta nell’anno 2005 sui livelli di percezione del marchio “MPS” e i valori positivi riconosciuti all’azienda dal pubblico di riferimento sui quali l’azienda intende impostare le future strategie di comunicazione e di sviluppo del brand.

0

10

20

30

40

50apporto esterno delle competenze

incidenza numero di nuovi clienti su totale clienti

quota fatturato per classi di anzianità dei clienti

quota di fatturato per settore cliente

indice di fidelizzazione

incidenza % dei principali clienti

customer satisfaction su caratteristiche efunzionalità dei prodotti/servizi

conoscenza e valore percepito del brand

indice di qualità percepita dei prodotti / serviziindicazioni sul miglioramento dei prodotti/servizi

espresse dai clienti

clienti che contribuiscono all’evoluzionedell’immagine aziendale e reputazione

tempi di risposta alle richieste dei clienti per lagestione dei reclami

usabilità del sito web

processi di comunicazione esterna

reti di relazioni con gli stakeholder (network)

relazioni con i fornitori

presenza sui media

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Best Practice “Dimensione Capitale Relazionale” Bilancio Socio-Ambientale Gruppo MPS 2005, pg. 130

• Il brand, oltre che una risorsa intangibile, è a sua volta un indicatore di output che testimonia il valore del capitale relazionale.

• Consapevolezza che il brand è fonte di vantaggi competitivi sostenibili e grande enfasi viene data alla funzione di personalizzazione e comunicazione anche dei valori etici, sociali ed ambientali.

• Consapevolezza che ad un elevato valore del brand corrisponde una maggiore fiducia da parte degli stakeholder sulla capacità dell’azienda di mantenere / incrementare la qualità e funzionalità dei suoi prodotti e servizi.

In questa ottica best pratice in quanto vengono presentati in una apposita sezione un ampio numero di propri indicatori quantitativi confrontati sia con il trend dei risultati conseguiti dalla società nel corso degli anni e sia con quelli dei suoi competitors e delle società che hanno un modello di business simile è la sezione del bilancio di sostenibilità di ENEL in cui viene presentato il progetto che è stato condotto dalla società, in collaborazione con l’istituto di ricerca Eurisko per valutare la brand equity, ossia il valore e la reputazione che può essere attribuita ad un marchio, e misurare la relazione stabilità tra l’azienda ed i suoi pubblici sia nelle componenti razionali ma soprattutto in quelle emotive analizzando il loro mutamento nel tempo. La società intende la brand equity come una risorsa immateriale d’impresa che si fonda su tre fattori chiave: la brand awareness (la notorietà del marchio) definisce la capacità che ha la marca di essere riconosciuta dal proprio mercato potenziale e rappresenta quindi la probabilità di rientrare al momento dell’acquisto tra le alternative effettivamente prese in considerazione dai clienti, intention to buy (propensione all’acquisto che il marchio può generare) identifica il grado di affezione/disaffezione del pubblico e tale indicatore ha un significato solo se messo a confronto con quello di altre marche. Infine la brand image (immagine della marca) è un indicatore della relazione competitiva e rappresenta un universo di associazioni che caratterizzano una marca e la differenziano da quella dei prodotti concorrenti.

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Best Practice “Dimensione Capitale Relazionale” Bilancio di sostenibilità 2005 ENEL pg. 115 / 116 • L’indicatore di top of mind rappresenta il

primo nome che viene citato da un cliente se gli si chiede quale fornitore di energia elettrica gli viene in mente,

• Rappresenta il livello di soddisfazione di Enel tra i clienti come fornitore di servizi che rimane sostanzialmente buona nel corso degli anni,

• La brand image dipende da sei fattori chiave tra i quali, in particolare, il fattore prezzo include considerazioni sulla trasparenza delle condizioni e le agevolazioni nei pagamenti, la competenza tecnica racchiude tutti gli aspetti dell’expertise in campo energetico, sia in termini di qualità del servizio sia in termini di innovazione e ricerca, la personalitàinclude una valutazione della solidità della cultura aziendale e della rilevanza internazionale, la strategicità (sistema paese) rappresenta la capacità dell’azienda di rappresentare e difendere gli interessi del paese ed infine nell’area dei valori sociali (etica) si concentrano gli aspetti legati alla responsabilità d’impresa.

6.1.3 La dimensione del capitale strutturale

Il capitale strutturale, al contrario del capitale umano, appartiene all’azienda ed include molti assets intangibili quali l’organizzazione e i processi aziendali codificati, il sistema informativo e i database che vengono utilizzati dagli individui nell’espletamento del lavoro a supporto della loro produttività e consentono ad un’impresa di soddisfare le richieste del mercato. Volendo considerare in quest’area dei bilanci CSR-2005 la significatività di indicatori quantitativi sulle risorse intangibili emerge un risultato molto modesto e la stessa sensibilità a comunicare informazioni sul patrimonio intangibile, pari a 16,5%, pur tenendo conto delle peculiarità dei diversi settori economici, è limitata solo ad alcune aree di trattazione in cui vengono descritti: • i progetti di ricerca e le innovazioni, • gli strumenti di information technology, e • gli strumenti tecnologici per la condivisione della conoscenza Questa è probabilmente una conseguenza diretta del fatto che quasi tutte le linee guida seguite dalle società per la redazione dei bilanci CSR hanno un focus di analisi prevalentemente esterno che non include indicatori con valenza gestionale interna. Anche se vengono fornite indicazioni sul processo di innovazione ed i progetti di ricerca e sviluppo tuttavia il più delle volte ci si limita ad una generica descrizione dell’importanza che viene attribuita a tali attività e non è possibile tradurre tali informazioni in indicatori quantitativi quali potrebbero essere i costi per Information Technology il numero di ore

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delle attività di ricerca e sviluppo28, il numero di nuovi marchi e brevetti che sono stati registrati nonché la quota di fatturato imputabile ai nuovi prodotti.

Grafico 26: Gli indicatori del capitale strutturale

0

10

20

30

40

50numero di applicazioni di Information Technology

descrizione degli strumenti di InformationTechnology

best practices disponibili sulla intranet

costi per Information Technology

% dei costi per IT su fatturato

incidenza dei costi per IT per lavoratore

numero nuovi marchi e brevetti

descrizione delle iniziative e programmi per loscambio della conoscenza

descrizione delle comunità di pratiche per lacondivisione delle competenze ed esperienze

descrizione degli strumenti tecnologici per lacondivisione della conoscenza

descrizione progetti R&D

ore progetti R&D su totale ore lavorate

% oneri progetti R&D su fatturato totale

descrizione delle innovazioni

Accedendo al sito web di tutte le società è possibile effettuare il download in formato PDF dei file dei bilanci CSR che mediamente hanno una dimensione di 4,1 MB29. E’ auspicabile che i contenuti informativi anche dei bilanci CSR ed in particolare gli indicatori delle risorse intangibili ed i rating sociali vengano resi disponibili non solo in file PDF ma anche in un formato elettronico che consente migliori processi di scambio dei dati, la comparazione delle informazioni e l’analisi delle performance. Tra i nuovi standard elettronici per il business reporting il linguaggio XBRL (eXtensible Business Reporting Language), eliminando un processo prevalentemente manuale, consente di risolvere il problema di estrazione delle informazioni dai bilanci aziendali, agevola l’immediata rielaborazione dei dati ed il trasferimento dei flussi aziendali interni

28 Il principio IAS 38 distingue il processo di formazione interno delle risorse intangibili in due fasi: di

ricerca, e di sviluppo. Nella prima fase, definita della ricerca sia di base sia applicata, gli oneri finalizzati all’ottenimento di nuove conoscenze, la ricerca di materie prime alternative, prodotti, processi, sistemi e servizi, la definizione del design, la valutazione e selezione delle possibili alternative dei risultati della ricerca devono essere rilevati a conto economico come spese e non possono essere mai capitalizzati, in quanto in questa fase si presume che l’azienda non sia in grado di dimostrare la probabilità che tali risorse genereranno futuri benefici economici. Nella seconda fase, definita dello sviluppo, gli oneri sostenuti possono essere rilevati in bilancio come asset se, e solo se, l’impresa è in grado di dimostrare il rispetto di un ampio numero di determinate condizioni indicate al § 57.

29 Per alcuni, quali, ad esempio, il file di Saras (11,5 MB), Hera (9,5 MB), Generali (8,5 MB) e Autostrade (8,3 MB) a causa delle ampie informazioni che vengono fornite utilizzando anche grafici ed immagini, superando il file PDF tale dimensione media, i tempi di attesa per il completamento dell’operazione di download possono essere spesso lunghi se non si dispongono connessioni internet veloci, quali una linea ADSL.

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ed esterni30. La strutturazione informativa di tale linguaggio che passa attraverso la definizione di una tassonomia consentirebbe di formalizzare e codificare in modo uniforme gli indicatori relativi alle risorse intangibili ed i rating sociali nonché i relativi criteri di misurazione, classificazione e aggregazione. Uniformità e standardizzazione, poi, non opererebbero unicamente in termini tecnici, ma potenzialmente anche in termini concettuali, favorendo l’armonizzazione della disclosure sugli intangibili a livello internazionale31. Quale best practice in questa dimensione intangibile si segnala la sezione in cui viene presentata la metodologia di individuazione e valutazione dei rischi da parte Gruppo Fiat.

Best Practice “Dimensione Capitale Strutturale” Rapporto di sostenibilità 2005 FIAT GROUP, pg. 25

• Il Discussion paper sul tema della “Management Commentary” versione ottobre 2005 dello IASB richiede alle imprese informazioni più approfondite anche sulle risorse intangibili-chiave e sui rischi, che a ben vedere sono “passività intangibili”.

• A41 – IASB - Il management deve considerare tutti i rischi nei quali può incorrere l’organizzazione ed identificare i principali rischi sia esterni e sia interni ed opportunità che possono influenzare la capacitàdell’organizzazione di conseguire i suoi obiettivi.Il management deve spiegare l’impatto potenziale dei rischi che ha identificato e di come possono essere gestiti. Quando i rischi sono considerati importanti per l’organizzazione o il modo di gestire i rischi cambia, il management deve identificare e spiegare questi cambiamenti.

• IC Rating Model – Intellectual Capital Sweden ABI rischi sono sia le minacce che possono influenzare le performance attuali dell’organizzazione, la sua capacità di impiegare in maniera ottimale le sue risorse intangibili nonché la probabilità che tali minacce si verifichino.

30 XBRL International è un Consorzio internazionale non-profit al quale partecipano oltre 300 membri

che ha definito nelle “Specifications” le regole che devono essere seguite per lo sviluppo del linguaggio XBRL, e promuove l’implementazione e l’adozione del linguaggio attraverso l’attività di singole giurisdizioni nazionali, che hanno come funzione primaria quella di dar vita a progetti di adozione dell’XBRL a livello locale e di redigere tassonomie rispondenti alle esigenze informative peculiari di ciascuna realtà nazionale. Più ampie informazioni possono essere desunte dal sito http://www.XBRL.org.

Aiaf è uno dei soci fondatori dell’Associazione italiana per XBRL la quale rappresenta la giurisdizione italiana nell’ambito del consorzio XBRL International e XBRL Europe.

31 Banca MPS ha già adottato XBRL e, prima tra le banche italiane, i report del bilancio individuale e consolidato sono disponibili in tale linguaggio informatico nella sezione Investor Relations del suo sito web all’indirizzo www.mps.it/investors/bilancio_xbrl_intro.asp.

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6.1.4 La dimensione della Corporate Governance 32

La corporate governance è concepibile sia come generatore sia come cornice di una grande quantità – se non della totalità – delle risorse intangibili aziendali. Le singole dimensioni del capitale intellettuale sono quindi intese come insiemi intersecantisi, incorniciati e tenuti insieme in un sistema dinamico di funzioni aziendali di direzione e controllo, definito corporate governance33. Dall’analisi dei bilanci CSR-2005 emerge che gli indicatori della corporate governance registrano il più alto indice di sensibilità pari al 65%. Si tratta di un dato prevedibile in quanto la relazione sulla governance rappresenta una sezione importante in quasi tutti i bilanci sociali analizzati. Inoltre, nei modelli di analisi Environment Society and Governance, sempre più utilizzati dagli analisti finanziari come complemento all’analisi dei dati economico-finanziari e finalizzati a tradurre in termini quantitativi i dati qualitativi della CSR, si attribuisce alla governance un peso percentuale rilevante, per lo più intorno al 50%. La ratio sottostante è che concettualmente la corporate governance indirizza, coordina e governa tutte le attività e le funzioni aziendali, tra le quali anche la CSR. In altri termini, una buona corporate governance assicura che la gestione dei processi aziendali sia condotta in maniera efficace ed efficiente con il risultato di essere accountable nei confronti degli stakeholders, azionisti in primis.

Grafico 27: Gli indicatori della dimensione della Corporate Governance

0

10

20

30

40

50% organi di controllo rispetto al management

competenze del management

dialettica tra management e soci di controllo

accountability mngmt vs. azionisti

valorizzazione risorse intangibili

minimizzazione dei conflit t i di interesse

attenzione agli interessi degli stakeholder

rapporti tra maggioranze e minoranze azionarie erispetto dei dirit t i delle minoranze

composizione adeguata degli organi societari intermini di qualifiche professionali e mix di

competenze riconosciute dal mercato

controllo dei direttori indipendenti sulle operazionicon parti correlate

procedure per operazioni con parti correlate

sistema di audit adeguato e strutturato

sistema di deleghe come equilibrio di ruoli ecompetenze tra management e CdA

processo di remunerazione del management ecompensi per i membri dell’organo direttivo

qualità del reporting interno e dell’informativa allacomunità finanziaria

Se andiamo più nel dettaglio dei 15 indicatori analizzati, senza però entrare nel merito della veridicità o meno di quanto dichiarato, e li raggruppiamo nelle tre dimensioni del capitale intellettuale abbiamo dei risultati mediamente soddisfacenti nella dimensione

32 a cura di Daniela Carosio, Analista finanziario, specializzata in analisi e valutazioni di Corporate

Governance, Socio Aiaf, ([email protected]) 33 Per una trattazione più approfondita del rapporto tra corporate governance e intangibles si

veda D. Carosio, paragrafo 2.2.5 “Corporate Governance” in Il valore del capitale intellettuale. Aspetti teorici e casi aziendali di reporting, a cura di Del Bello A. Gasperini A., Ipsoa editore, Milano luglio 2006.

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del capitale umano e del capitale strutturale; meno soddisfacenti, invece, sono i risultati nella dimensione del capitale relazionale. Nel 90% dei bilanci CSR-2005 si riporta l’indipendenza degli organi di controllo rispetto agli organi di gestione; nei fatti sappiamo che l’indipendenza è un concetto molto importante ed impropriamente abusato, laddove, ad esempio, in molte relazioni si arrivi all’assurdo di amministratori esecutivi che si qualificano come indipendenti. Gli amministratori realmente indipendenti rappresentano, infatti, un importante primo livello di controllo in seno all’organo di gestione. Dall’analisi risulta, inoltre, che è spesso trattato il tema della dialettica degli amministratori esecutivi con l’azionista o gli azionisti di maggioranza, in virtù di una chiara delega ricevuta e della importante funzione di controllo esercitata dalla maggioranza azionista. L’accountability dell’organo di gestione nei confronti degli azionisti di maggioranza viene, infatti, rilevata nel 90% dei bilanci analizzati. Meno presente, solo nel 20% dei casi, è la salvaguardia delle minoranze, l’altra faccia della medaglia della corporate governance italiana e più in generale dell’Europa continentale, dove prevale un modello proprietario a capitalismo familiare. Un elemento molto delicato della dimensione relazionale, tra l’altro speculare alla mancanza di tutela dei diritti delle minoranze, è la scarsa rilevanza attribuita al tema della minimizzazione dei conflitti di interesse, presente solo nel 20% dei bilanci. In contrasto con questi elementi, la dimensione del capitale relazionale riporta invece nell’80% dei bilanci CSR analizzati attenzione agli interessi degli stakeholder. Sulla base delle precedenti considerazioni sembrerebbe più una dichiarazione di intenti, nella migliore delle ipotesi o di pura facciata, nella peggiore. Peraltro i risultati nella dimensione del capitale strutturale mitigano un po’ il pessimismo della dimensione del capitale relazionale e dimostrano che nella maggior parte dei casi le procedure sono state messe in atto, come risulta dalla presenza di procedure trasparenti per operazioni con parti correlate, presenti nel 90% dei casi, del controllo dei direttori indipendenti su tali operazioni in oltre il 60% dei casi e della presenza di un sistema di audit adeguato e funzionante, nel 90% dei casi. Infine, in termini di capitale strutturale, c’è ancora molto da fare nel disegno dei processi di remunerazione, così come nella comunicazione interna e con la comunità finanziaria all’esterno, che spesso riflette la mancanza di una strategia adeguata a valorizzare la crescita futura dell’azienda. La presenza sia di procedure di governance condivise e trasparenti, sia di un disegno articolato e corretto dei processi consente di contenere gli squilibri in termini di checks and balances, richiedendo un cambiamento conseguente delle pratiche e dei comportamenti. L’adeguamento delle pratiche e dei comportamenti consente, infatti, di impostare in maniera corretta il rapporto con gli stakeholder e la CSR di un’azienda. Ricollegandoci alle considerazioni iniziali di questo studio sulla carenza di una chiara strategia di CSR, come risulta dall’analisi della maggior parte dei bilanci CSR-2005, va qui evidenziato come una specifica strategia di CSR implichi un coinvolgimento a monte del top management. Nella sostanza la CSR senza una precisa strategia di sviluppo sostenibile dell’azienda a medio-lungo termine è solo una bella vetrina, manca la testa pensante e il cuore pulsante. Per questa ragione è fondamentale che sia la governance a coordinare la CSR. La governance è un importante risorsa intangibile che genera a sua volta intangibili nella misura in cui li governa verso un futuro innovativo e sostenibile. Alcune aziende, sviluppando questo concetto, hanno coniato la definizione di “governance della sostenibilità”, come ha fatto Sabaf. Il concetto di governance della sostenibilità fa della corporate governace l’intangibile che governa e coordina tutte le politiche di CSR.

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Si stanno anche formulando delle ipotesi di come dare empowerment alla CSR. Da parte di alcuni studiosi del tema che fanno capo al think tank Econometica si ritiene che sia opportuno individuare in seno al Consiglio di Amministrazione una figura istituzionale di riferimento per i temi della CSR, ad esempio un Amministratore indipendente, che abbia l’incarico di seguire e coordinare gli interventi di CSR per conto del Consiglio stesso. Il dibattito in corso tocca temi delicati, questioni come fino a dove può arrivare il coinvolgimento degli Amministratori indipendenti nei processi aziendali, senza fare loro perdere il requisito fondamentale dell’indipendenza, da una parte e dall’altra, senza caricarli di responsabilità eccessive per un non executive director; senza tralasciare l’annosa questione di come eventuali proposte sul tema vadano tradotte in legge. Per concludere è evidente che la CSR non ha futuro se non viene definita strategicamente all’interno dei piani di sviluppo aziendali come componente importante della sostenibilità, anche economico-finanziaria dell’azienda. Tra i bilanci che meglio impostano la governance in senso strategico si evidenziano, oltre a quello di Sabaf, il bilancio sociale di Sanpaolo Imi particolarmente ricco di informazioni sulla governance, articolate e puntuali. 7 Risorse intangibili e performance aziendali Si genera credibilità al sistema di reporting solo se le informazioni sulle risorse intangibili sono accompagnate da precise evidenze empiriche delle performance aziendali. Tra gli indicatori che testimoniano le performance economiche si è quindi osservato il dividend yield e tra quelli di borsa il Market-to-Book Value, per valutare se una sensibilità alle risorse intangibili testimoniata nei bilanci CSR-2005 viene premiato dai clienti e dagli investitori. Di seguito vengono presentati i risultati dell’indagine effettuata per le prime quindici società che evidenziano un più elevato valore di tale indice di sensibilità34.

Indice di sensibilità alle risorse intangibili Financial Performance

Società Linee guida Totale Capitale Umano

Capitale Relazionale

Capitale Strutturale

Corporate Governance Dividend yield

MtoBV

Generali gri, gbs, AA1000 67,2% 85,7% 64,7% 35,7% 73,3% 1,83% 2,14%Banca Montepaschi Siena abi, ibs, gri, lbg 65,7% 76,2% 70,6% 14,3% 93,3% 3,29% 1,33%Ras AA1000, GRI, GBS 65,7% 85,7% 82,4% 14,3% 66,7% 4,31% 2,12%BNL gri 64,2% 71,4% 64,7% 14,3% 100,0% 1,76% 1,71%Hera gri, gbs, AA1000, csr-sc 62,7% 81,0% 64,7% 21,4% 73,3% 3,10% 1,29%Banca Intesa abi, gri, gbs 61,2% 71,4% 52,9% 28,6% 86,7% 4,92% 1,84%Telecom Italia gri, csr-sc 61,2% 61,9% 47,1% 57,1% 80,0% 5,69% 1,70%Banca Carifirenze abi 59,7% 76,2% 76,5% 0,0% 73,3% 2,08% 1,20%Banca Popolare di Milano abi, gbs 59,7% 57,1% 70,6% 28,6% 80,0% 1,62% 1,00%Banca pop. Verona e Novara abi, gri 59,7% 71,4% 64,7% 28,6% 66,7% 4,09% 1,58%Sanpaolo Imi gri, gbs, abi, isae 3000 59,7% 57,1% 64,7% 28,6% 86,7% 4,31% 1,55%Banche Popolari Unite abi 58,2% 71,4% 64,7% 14,3% 73,3% 4,05% 0,92%Enel AA1000 55,2% 61,9% 58,8% 14,3% 80,0% 9,50% 2,10%Fiat gri, lbg 55,2% 57,1% 58,8% 28,6% 73,3% - 0,97%Unicredito Italiano - 55,2% 61,9% 47,1% 28,6% 80,0% 3,78% 1,72%TOTALE CAMPIONE COMPLETO 43,5% 48,7% 40,8% 16,5% 64,6%

34 altri indicatori che potranno essere oggetto di analisi in un futuro progetto di ricerca sulle risorse

intangibili sono la volatilità del titolo in borsa (β storico), il fatturato, l’EBIT piuttosto che il pay out ratio.

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7.1 EVIDENZE EMPIRICHE: IL DIVIDEND YIELD

Recentemente la società di rating statunitense Standard & Poor’s ha pubblicato una classifica in termini di “dividend yield” dei rendimenti offerti dai principali indici di mercato relativi alle Borse del Vecchio Continente 35. Al primo posto, con riferimento ai dividendi pagati nell’anno solare 2006 si è classificata proprio la Borsa Valori di Milano, con un “dividend yield” medio del 3,89% per le 40 società attualmente facenti parte dell’indice S&P/MIB (quindi, le maggiori “blue chips” del nostro mercato). Al secondo e al terzo posto la Francia e il Regno Unito, con “dividend yield” medi rispettivamente pari al 3,86% e al 3,66%; agli ultimi posti la Svizzera e l’Austria, con rendimenti medi dell’1,77% e dell’1,76%. La media europea di tutti i titoli inclusi nell’indice S&P Europe 350 è invece risultata pari al 3,15%.

Il buon risultato ottenuto dall’Italia è particolarmente significativo se si tiene conto anche del fatto che le 40 blue chip di casa nostra hanno presentato un P/E medio a fine 2006 di circa 15 volte, a fronte delle circa 17 volte della media europea. Dunque, l’elevato “dividend yield” registrato in Italia non esclude per il futuro anche prospettive di crescita in termini di quotazioni, il che fa sì che i principali titoli quotati italiani non possono essere considerati solo “value stocks”36, ma anche “growth stocks”37.

I risultati che si ottengono considerando il “dividend yield” delle società che hanno redatto il bilancio CSR-2005 e hanno pagato un dividendo nel 200538 sono molto simili a quelli relativi alle 40 blue chips dell’indice S&P/MIB39. Se si tiene conto delle sole azioni ordinarie il “dividend yield” medio è del 3,61%, e sale al 3,75% se per Sabaf si tiene conto del dividendo straordinario di 1 euro per azione pagato il 9 novembre 2006. Se invece si tiene conto nel calcolo della media anche delle azioni di risparmio o privilegiate40 il “dividend yield” medio sale al 3,84%, ed al 3,96% considerando anche il dividendo straordinario di Sabaf.

35 quarta edizione dell'European Dividend Scorecard di Standard & Poor's, gennaio 2007. 36 sono interessanti per il dividendo e quindi quasi assimilabili alle obbligazioni, con la differenza che

la cedola obbligazionaria è solitamente fissa o variabile in termini prestabiliti, mentre l’ammontare del dividendo è sempre ad esclusiva discrezione del Cda e dell’Assemblea.

37 Hanno potenzialità di crescita delle quotazioni di mercato e sono quindi interessanti in termini di capital gain.

38 Sono state prese in considerazione le quotazioni al 30/12/2005, ultimo giorno borsistico dell’anno e ovviamente antecedente allo stacco dei dividendi per l’esercizio 2005, che è avvenuto in tutti i casi nel 2006.

39 Nella media da noi calcolata non si è considerato il “dividend yield” delle azioni ordinarie e di risparmio Telecom Italia Media che, originato da plusvalenze da cessione, è stato elevatissimo e pari al 36,7% per le azioni ordinarie e al 40,4% per le azioni di risparmio.

40 Per le società che dispongono di queste categorie azionarie, che normalmente presentano rendimenti più elevati di quelli delle azioni ordinarie in quanto le quotazioni sono solitamente più basse e i dividendi più alti anche per la presenza di dividendi “garantiti” per legge e/o statuto sociale,

Il dividend yield rappresenta il rendimento di un'azione dato dal rapporto tra l'ultimo dividendo staccato e il prezzo di mercato dell'azione stessa.

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Valori quindi in linea con i rendimenti delle principali “blue chips”, anche se va sottolineato che molte delle società che redigono un bilancio CSR sono a loro volta componenti dell’indice S&P/MIB41 Va anche tenuto conto del fatto che Fiat ha chiuso l’esercizio 2005 in perdita e non ha quindi distribuito dividendi, ma il risultato positivo del 2006 consentirà di tornare a pagare dividendi rispettivamente pari a 0,155 euro per le azioni ordinarie, 0,31 euro per le azioni privilegiate e 0,93 euro per le azioni di risparmio (che hanno diritto in tutto a 3 anni di dividendi, 1 regolare e 2 pregressi)42. Tenendo conto delle sole società che non sono incluse nell’indice S&P/MIB ma redigono un bilancio CSR, il “dividend yield” 2006 a valere sull’esercizio 2005 ammonta al 3,34%, e sale al 3,69% se si include nel calcolo il dividendo straordinario di Sabaf. Si tratta, in questo caso, nella quasi totalità di azioni ordinarie: solo Buzzi Unicem ha anche le azioni di risparmio (che hanno dato luogo a un dividend yield del 3,72%), e non si è tenuto conto del “dividend yield” dell’11,73% presentato dalle azioni di risparmio Edison che avevano diritto al pagamento di dividendi pregressi43. Queste considerazioni suggeriscono una connessione diretta fra l’attenzione a tutti gli “stakeholder” (in senso generale) espressa tramite la redazione di un bilancio CSR e l’attenzione alla sola categoria di stakeholder degli azionisti in termini di remunerazione. Naturalmente esistono casi di “dividend yield” elevato anche fra le società che non redigono bilanci CSR, ma si tratta spesso di società a flottante ridotto in cui l’azionariato è concentrato fra poche unità (persone fisiche o giuridiche che siano), che risultano anche i percettori dei dividendi distribuiti; in qualche caso si tratta poi non di vera e propria distribuzione di dividendi a valere sull’utile netto conseguito nel 2005, ma di distribuzione di riserve disponibili in quanto l’esercizio si era chiuso in perdita o con utili di ridotta entità44. Le citate eccezioni non sminuiscono la portata dei calcoli da noi effettuati, in base ai quali è possibile osservare che l’attenzione verso gli “stakeholder” dimostrata tramite la redazione di un bilancio CSR non è solo teorica ma si traduce generalmente in un’attenzione anche di tipo “economico/remunerativo” giustificando quindi ancor più la spesa e l’impegno profusi dalle società per la redazione di questi tipi di bilanci.

41 AEM, Autogrill, Autostrade, Banca Intesa e Sanpaolo Imi (ora confluite in Intesa Sanpaolo), Banca

Popolare di Milano, Banca Popolare di Verona e Novara, Banche Popolari Unite, Capitalia, Enel, Eni, Fondiaria-SAI, Generali, Italcementi, Monte dei Paschi di Siena, Pirelli & C, Saipem, Snam Rete Gas, STMicroelectronics, Telecom Italia, Terna, Unicredito Italiano e Unipol.

42 L’ultima volta che Fiat aveva distribuito un dividendo era stato nel 2002 a valere sull’esercizio 2001, e in quella occasione erano stati distribuiti 0,31 euro alle azioni ordinarie e privilegiate e 0,465 euro alle azioni di risparmio. Certo il “dividend yield” delle azioni Fiat, in considerazione del forte rialzo delle quotazioni iniziato già diversi mesi fa, non risulta particolarmente elevato: tenendo conto delle quotazioni al 29/12/2006 sarà pari all’1,1% per le azioni ordinarie, al 2,6% per le privilegiate e al 2,2% per le azioni di risparmio (se si tiene conto di un solo anno di dividendo, ma con i tre anni “effettivi” sale al 6,7%), ma rappresenta comunque un elemento positivo per gli azionisti.

43 Anche in questo caso non sono stati considerati i dividendi di Telecom Italia Media e ricordiamo che Sabaf ha presentato un “dividend yield” del 3,35% a valere sul dividendo “ordinario”, che sale all’8,94% conteggiando anche il dividendo “straordinario”.

44 Ad esempio i casi Fastweb e I.Net, rispettivamente euro 3,77 e euro 2 per azione a fronte di bilanci chiusi in perdita.

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7.2 EVIDENZE EMPIRICHE: IL MARKET-TO-BOOK VALUE

Recenti studi effettuati sull’indice Market-to-Book Value evidenziano che il valore di molte aziende quotate eccede il valore contabile degli assets iscritti in bilancio45. Anche la maggior parte delle società incluse nel nostro campione d’indagine presentano un valore dell’indice maggiore di 1 (numeratore > denominatore) e tale differenza è spiegata dalle aspettative del mercato in merito alla crescita del settore, ai trend macroeconomici e soprattutto alla disponibilità / accesso alle risorse intangibili ancorché molte non sono rilevate in bilancio come assets. A questo proposito le linee guida danesi evidenziano che obiettivo di un Intellectual Capital Statement non è quello di calcolare il valore della conoscenza di un’azienda in termini finanziari, e non può quindi essere utilizzato con l’unica finalità di spiegare la differenza tra il market value ed il book value per quanto è proprio questo il principale obiettivo che spesso molte aziende si pongono46.

45 Baruch Lev riporta che il valore medio del MtoBV delle società che compongono l’indice S&P

500 ha continuato ad aumentare di valore dall’anno 1980 raggiungendo approssimativamente il valore di 6.0 nel marzo 2001 (Lev, Baruch, Intangibles: Management, Measurement, and Reporting, The Brookings Institution Press, Washington, D.C., 2001, pg. 8).

Vivien Beattie e Sarah Jane Thomson, considerando il valore del MtoBV delle società che in Inghilterra compongono l’indice FTSE 100, concludono dicendo “… circa il 60% del valore d’impresa non è riflesso nel bilancio d’esercizio”. Inoltre notano che: “Esiste un chiaro legame tra il MtoBV di un’azienda ed il settore in cui opera. L’indice medio per le aziende farmaceutiche e di comunicazione è relativamente elevato (5,6 e 4,4 rispettivamente) e questa non è una sorpresa tenuto conto della natura knowledge intensive del settore in cui operano. (Bettie V. e Thomson S.J. “Intangibles and the OFR”, Financial Management, June 2005, pp 29-30)

46 Danish Ministry of Science Technology and Innovation (2000) “A guideline for Intellectual Capital Statement”, “… Tale uso del reporting è per molte ragioni inappropriato in quanto la differenza potrebbe dipendere in primo luogo sia dagli standard contabili e sia dall’evoluzione del mercato in generale, in secondo luogo tale approccio richiederebbe che il mercato già conosce il vero valore dell’azienda eliminando quindi la necessità di calcolarlo”.

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Dal punto di vista empirico appare peraltro evidente che quanto maggiore risulta il valore di MtoBV tanto maggiore è presumibilmente anche il capitale intellettuale di un’azienda47. Un valore elevato di MtoBV si riscontra più frequentemente in organizzazioni ad elevata intensità di know-how, nonché in aziende in cui il capitale umano è depositario di gran parte della conoscenza; in questi casi tale indice dimostra indirettamente la capacità dell’organizzazione di disporre di capacità distintive, molte delle quali intangibili, da cui dipendono significativi vantaggi competitivi. Da una analisi storica di tale indice si può desumere che quando presenta un trend negativo significa che l’azienda sta generalmente vivendo una

situazione di evaporazione della dotazione di risorse intangibili precedentemente prodotte, e quindi di decelerazione del grado di rigenerazione del capitale intellettuale. Tale fenomeno è definito di “earnings borrowing” (anticipazione degli utili) e consiste nel prendere a prestito eventuali utili futuri sovrastimando i risultati contabili correnti. Al contrario, un trend in crescita evidenzia un fenomeno di “earnings lending” (differimento degli utili), caratterizzato dalla realizzazione delle precondizioni per la generazione di maggiori benefici economici futuri sottostimando i risultati contabili correnti48. (Riproduzione riservata)

47 La semplicità di calcolo del market-to-book value è bilanciata da alcuni aspetti problematici

associati al suo impiego per una stima delle risorse intangibili importanti da considerare per quanto, si ritiene, non ne inficiano la portata segnaletica secondo un approccio empirico: • non riflette con precisione numerosi fattori esogeni che possono influenzare la percezione

degli investitori relativamente alla capacità dell’azienda di generare futuri benefici economici, quali ad esempio le strategie industriali, le condizioni macroeconomiche, lo spazio competitivo e il ciclo di mercato di borsa. Tali fattori influenzano perciò, indirettamente, anche il valore di mercato dell’azienda stessa,

• numeratore e denominatore dell’indice possono essere soggetti a procedure di calcolo difformi,

• considerando più specificamente il valore contabile, qualsiasi variazione nei principi contabili comporta automaticamente una variazione di quello che è il valore assegnato alle risorse intangibili,

• molte variabili di natura non finanziaria difficilmente si prestano ad una misurazione matematica/finanziaria del valore delle risorse intangibili,

• data la natura privata di molte risorse intangibili, non venendo comunicate esternamente, vi è il rischio che il loro valore può essere non esattamente percepito dai mercati finanziari.

48 Per una più ampia trattazione di questi concetti si rimanda a Guatri L. e Bini M, “Metodi e Strumenti”, pag. 45 UBE, 2002.

Il Market-to-Book Value, proposto da Stewart e Luthy (1997-1998) è uno degli strumenti più diffusi per la misurazione e l’osservazione nel tempo del valore del capitale intellettuale, grazie alla sua semplicità di calcolo e alla sua intelleggibilità; esso deriva infatti dal rapporto matematico tra il valore di mercato (ovvero la capitalizzazione di borsa, market value) e il valore contabile netto dell’impresa tratto dal bilancio d’esercizio (differenza tra il valore delle attività e quello delle passività, book value).

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Appendice Aiaf (Associazione Italiana degli Analisti Finanziari) fondata nel 1971, rappresenta circa 1.100 professionisti che operano presso istituti di credito, SIM, SGR, società fiduciarie e studi professionali indipendenti. Nell’anno 2000 è stato avviato il progetto Mission Intangibles attraverso un gruppo di lavoro, coordinato da Andrea Gasperini, il cui obiettivo è quello di svolgere un ruolo di guida, motivazione e confronto critico delle analisi sui metodi di misurazione, valutazione e comunicazione delle risorse intangibili e valorizzazione del capitale intellettuale. Nell’anno 2002 è stato costituito un osservatorio permanente sul fenomeno SRI con il gruppo di lavoro, coordianato da Daniela Carosio, Investimenti Socialmente Responsabili. I due approcci, Intangibles e Sostenibilità, vanno gradualmente verso una convergenza, che consentirà di cogliere un quadro più completo ed omogeneo della realtà aziendale oggetto di analisi. Sito web www.aiaf.it Avanzi – idee, ricerche e progetti per la sostenibilità Avanzi è un centro di ricerca, consulenza e formazione che favorisce il cambiamento in un'ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Nei 10 anni di esperienza, Avanzi ha saputo consolidare la propria indipendenza, autorevolezza e competenza nell'assistere la Commissione Europea, enti locali e nazionali, imprese e associazioni a operare in maniera più coerente con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Avanzi si avvale di un team con competenze interdisciplinari, specificamente nella gestione dell'innovazione ambientale, nella CSR e governance d'impresa, nella pianificazione territoriale e ambientale, nella finanza etica e finanza per lo sviluppo, nell'attuazione del protocollo di Kyoto, nella gestione dei conflitti e processi partecipati, nel disegno e valutazione delle politiche. Stretti rapporti con il mondo universitario e centri di ricerca altamente qualificati, garantiscono un forte orientamento all'innovazione e consentono un costante aggiornamento e confronto in merito ad approcci, politiche e consuetudini a livello nazionale e europeo. Avanzi opera a quattro diversi livelli – stimolo culturale, analisi, sperimentazione e formazione – nelle seguenti aree: • Disegno, valutazione di sostenibilità e attuazione di politiche, piani e programmi • Responsabilità sociale, gestione dell’innovazione ambientale, accountability. • Facilitazione dei processi partecipati, prevenzione e gestione dei conflitti locali. Nel corso degli anni Avanzi ha dato vita o ha contribuito alla nascita di iniziative, imprese e consorzi che rappresentano occasioni di approfondimento su temi particolarmente rilevanti: • Avanzi SRI Research www.avanzi-sri.org, oggi Vigeo Italia www.vigeo.com • Forum per la Finanza Sostenibile www.finanzasostenibile.it • Osservatorio Bilanci CSR • http://www.avanzi.org/ricerche_progetti/pr_responsabilita/pr_r06_interno_bilancicsr.html • RespEt Centro per l’impresa Etica e Responsabile del Comune di Roma www.respet.org • Centro Ricerche Ce.R.S.I. www.csrverona.it • Osservatorio Gestione Conflitti Ambientali e Territoriali www.conflittiambientali.it • Kyoto Target www.kyototarget.org • Consorzio Metis.

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