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QUADERNI FIORENTINI per la storia del pensiero giuridico moderno 44 (2015) TOMO II

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QUADERNI FIORENTINIper la storia del pensiero giuridico moderno

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TOMO II

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FRANCESCO MIGLIORINO

IL DR. FREUD E LE RIVISTE DEI COLPEVOLI

1. Il grande Viennese arriva in Italia da Monaco e da Zurigo. — 2. Dal cannocchiale diGalileo all’arte del ‘porre’ e del ‘levare’ di Leonardo: la suggestione della catarsi e laterapia dell’analisi. — 3. Psicoanalisi e diritto cominciano a parlarsi: il metodo delleassociazioni libere nelle indagini giudiziarie. — 4. Sigmund Freud, Edoardo Weiss el’Acheronte di Virgilio. — 5. Edoardo Weiss e le ‘sue’ riviste: dall’« Archivio » di LeviBianchini alla « Rivista italiana di psicoanalisi ». — 6. La psicoanalisi nel villino di viaNicotera a Roma: Giulio Andrea Belloni, Mario Piacentini ed Edoardo Weiss.

1. Il grande Viennese arriva in Italia da Monaco e da Zurigo.

Nella prima decade del Novecento si respirava una bella arianelle aule e nei corridoi della Clinica psichiatrica di Monaco diBaviera. Giovani talenti si radunavano da ogni parte d’Europa perascoltare gli insegnamenti dell’austero e misurato Emil Kraepelin.Lezioni, seminari e pratiche sperimentali erano condotti da Maestriche, animati dal « più umanitario principio di assistenza », scanda-gliavano le penose sofferenze della mente umana. Nel cuore d’Eu-ropa lo sfrenato scientismo d’impianto positivistico sembrava per-dere di influenza in favore di un approccio più attento alle dinami-che che trascendevano il dato meramente organico. Si sperimenta-vano per gli psicotici modalità di terapia e di assistenza prima maiproposte (1).

Le esposizioni « chiare e ordinate » di Alois Alzheimer sullepatologie della corteccia cerebrale, le « brillanti dimostrazioni » diWilhelm Kattwinkel sulle cupe neuropatie che aggredivano la fragile

(1) Cfr. soprattutto R. CORSA, La dimensione psicologica e psicoterapica nellapsichiatria clinica di fine secolo, in « Rivista Sperimentale di Freniatria », CXV (1991), 5,p. 778; EAD., Le radici storiche della psicoterapia della schizofrenia: Jung e Abraham alBurghölzli, in « Studi Junghiani », IX (2003), 2, p. 73.

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esistenza di vite maledette, le « belle proiezioni » di Hans Gudden« sull’anatomia normale del sistema nervoso centrale », i seminari diGustav Specht sulle lamentazioni querule dei folli criminali, leindagini microbiologiche di Otto Rehm e di Felix Plaut sulle affe-zioni cerebrali che erano procurate dalla colpevole infezione luetica.Soprattutto, si praticava con fervore quella diagnosi differenziale cheera sconosciuta all’impianto lombrosiano, soppiantato già da undecennio da più avvedute indagini cliniche e da più solidi apparatiteorici (2). Al confine tra medicina del corpo e cura dell’anima,medici e psichiatri andavano alla corte del Maestro di Monaco conlo stesso spirito con cui tanti giovani rampolli delle più influentifamiglie di giuristi si recavano in Germania alla ricerca dei fonda-menti concettuali (e formali) della solidissima tradizione pandetti-stica.

Gustavo Modena, allievo di Augusto Tamburini, era già vice-direttore del manicomio di Ancona quando si recò a Monaco, neldicembre del 1907, per seguire il corso superiore di perfeziona-mento in clinica delle malattie mentali. Tre settimane intense eproficue. « Durante gli intervalli fra una lezione e l’altra — scrivevaall’influente prof. Ruggero Tambroni — nei ritrovi serali tra icolleghi convenuti a Monaco, il discorso di attualità, l’argomentoprincipe delle più vivaci discussioni era dato dalla dottrina di Freude Jung, dal metodo psico-analitico nello studio e nella cura dell’i-sterismo e della demenza precoce » (3). A Monaco ci metteva del suoErnest Jones che, ancor prima d’incontrare Freud al primo ‘Con-gresso di Psicoanalisi’ a Salisburgo era già tanto esperto e appassio-nato dei nuovi orizzonti della psicoanalisi da riuscire a « sensibiliz-zare » il giovane Modena, con cui mantenne per lungo temporapporti epistolari, e il brillante Roberto Assagioli che già dava a

(2) Per Freud « il fantastico Lombroso non sapeva fare la diagnosi differen-ziale »: lettera del 19 ottobre 1920 a Stefan Zweig, in S. FREUD, Lettere 1873-1939,Torino, Boringhieri, 1960, p. 305.

(3) G. MODENA, Il corso di perfezionamento (Fortbildungskurs) presso la clinicaPsichiatrica di Monaco. Lettera al Direttore del « Giornale di Psichiatria », in « Giornaledi psichiatria e tecnica manicomiale », XXXV (1907), p. 759.

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vedere una non comune sensibilità in merito alle sublimazioni degliistinti sessuali (4).

Capitava poi che tra gli entusiasmi e le obiezioni che siaccendevano a margine dei corsi ufficiali il grande Kraepelin s’inca-ricasse paternamente di rassicurare gli spiriti più inquieti: « Ladottrina contiene forse un piccolo nucleo buono, ma i suoi fondatorie i seguaci ne hanno talmente esteso i limiti e la portata da renderlainsostenibile » (5). Non c’era verso, però, di mitigare l’innamora-mento degli intelletti più arditi per la « psicologia del profondo »,che da Vienna apriva una sconfinata radura per conciliare il corpo el’anima, l’interno e l’esterno, l’implicito e l’esplicito: per provare apensare se la coscienza, ch’era divenuta ormai un enigma per ilsoggetto stesso che se ne credeva da sempre possessore e artefice,non fosse impigliata dagli albori filogenetici della specie umana inuna fitta ragnatela di forze pulsionali e di spinte dinamiche: « No-nostante tutto — continua con una punta di divertita ironia —l’entusiasmo dei seguaci di queste dottrine non si attenua e nellabreve prefazione al suo lavoro l’Jung non esita a fare un parallelo fraFreud e Galileo: sarà davvero il metodo psicoanalitico il cannoc-chiale che ci permetterà di scoprire l’oscuro orizzonte di questeoscure malattie? » (6). In Italia — aggiunge poi — mancava labenché minima consapevolezza dei lavori di Freud e di Jung, i cuitesti aspettavano ancora di essere almeno « riassunti o discussi » (7).In una prospettiva, però, che fosse capace di ancorare « l’operafreudiana all’interno della ricerca psicopatologica tedesca » (8).

È sorprendente come Modena fosse così bene informato dellepagine introduttive di un ampio lavoro di Carl Gustav Jung, apparsolo stesso anno col titolo Psicologia della dementia praecox, in cui lamagnifica metafora del « cannocchiale di Galileo » era usata per

(4) Cfr. E. JONES, Vita e opere di Freud, trad. it., Milano, Il Saggiatore, 1966, vol.II, pp. 89, 101, 104; M. DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, Torino, Boringhieri,1966, p. 147 e ss.

(5) MODENA, Il corso di perfezionamento, cit., p. 759.(6) Ibidem.(7) Ibidem.(8) Cfr. P. GUARNIERI, Modena, Gustavo, in Dizionario Biografico degli Italiani,

LXXV, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2011 <http://www.treccani.it/enciclopedia/gustavo-modena_%28Dizionario-Biografico%29/>.

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incoraggiare lo studioso della mente a liberarsi « da ogni tentazionedi strapotere dottorale » e per guardare con animo sgombro alle piùrecenti scoperte sul dinamismo psichico. Senza dogmatismi e conspirito critico: a suo dire, si poteva pure contraddire il grandeViennese, a condizione però di avere applicato « largamente ilmetodo psicoanalitico », procedendo « veramente come Freud » adesplorare « a lungo e pazientemente la vita quotidiana, l’isterismo eil sogno dal suo punto di vista » (9).

Le pagine di un giovane corsista monacense ci lasciano intra-vedere la torsione teorica che, in quel torno d’anni, il più promet-tente allievo di Eugen Bleuler, dopo anni di duro lavoro al Burghöl-zli — ospedale cantonale e clinica psichiatrica di Zurigo — stavamaturando in favore dei contenuti psicologici e delle possibilitàpsicoterapeutiche delle malattie mentali (10). In un ambiente parti-colarmente fertile e aperto a idee liberali, la psichiatria accademicasi intrecciava a tal punto con il pensiero psicoanalitico da far dire aFreud, qualche anno dopo, che « la maggior parte di coloro che oggiseguono e collaborano con me sono venuti passando per Zurigo,persino quelli per cui geograficamente era molto più vicina Viennache la Svizzera » (11).

Nelle vedute di Freud (ma anche nei suoi calcoli) il sodalizio

(9) C.G. JUNG, Psicologia della dementia praecox (1907), in Opere di C.G. Jung,vol. III, trad. it., a cura di L. Aurigemma, Torino, Boringhieri, 1971, pp. 11-12 (a p. 8le note del curatore sulla emersione di una psichiatria « indissolubilmente legata allapsicologia del profondo, umanissima, esemplarmente libera da ogni tentazione distrapotere dottorale »). Per A. CAROTENUTO, Jung e la cultura italiana, Roma, Astrolabio,1977, p. 13, le ricerche di Jung hanno rivoluzionato « il vecchio modo di interpretare iprocessi schizofrenici ».

(10) Per L. AURIGEMMA, Premessa del curatore, in Opere di C.G. Jung, vol. III,cit., p. 7, Jung « afferma l’irriducibilità della malattia mentale alla sola causalità fisiolo-gica e ipotizza l’infausta collaborazione di condizioni multiple, [...] vi sostiene l’efficaciaterapeutica della lettura del materiale delirante sul modello dell’interpretazione onirica,di cui riconosce in Freud il pioniere e il maestro ».

(11) S. FREUD, Per la storia del movimento psicoanalitico (1914), in Opere diSigmund Freud, edizione diretta da C.L. Musatti, Torino, Boringhieri [d’ora in avanti:OSF], vol. VII, 1975, p. 400, che alludeva, fra gli altri, soprattutto a Max Eitingon, aErnest Jones, a Karl Abraham, ad Alphonse Maeder, a Franz Riklin e ÉdouardClaparède. Una sorta di pionieristico gruppo freudiano del Burghölzli: CORSA, Le radicistoriche della psicoterapia della schizofrenia, cit., p. 77 e ss.

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che aveva avviato con Jung nel 1906 doveva contribuire a fare uscirela psicoanalisi dal ghetto della cultura ebraica mitteleuropea, « maanche da quello, metaforico, della terapia ambulatoriale ». Tanto piùche l’allievo prediletto di Bleueler apparteneva a un centro diprestigio internazionale che era allo stesso tempo istituzione psichia-trica e clinica universitaria di antiche tradizioni (12). Freud, in queglianni, era più occupato a dar forma al suo rivoluzionario modello difunzionamento della mente mentre il giovane Jung era molto piùinteressato alla cura della sofferenza mentale. Resta un mistero, però,come Freud non abbia intuito per tempo che il geniale Zurighesesarebbe stato mal disposto ad adattarsi al ruolo di comprimario,tanto meno a quello di docile e riconoscente allievo. Tra i due, sindall’inizio, c’era una evidente distanza antropologica, prima ancorache teorica: Freud ha sempre avuto una visione tragica della condi-zione umana, « dilaniata dall’insanabile conflittualità tra le esigenzepulsionali e le richieste sociali »; Jung, invece, era sorretto « da unavisione eroica dell’uomo e del suo destino », credeva fermamentenell’autonomia dello Spirito e nel primato della dialettica, costruitateoreticamente, come « sintesi pacificatrice » dei contrari (13).

La psicoanalisi giunge dunque in Italia grazie a un viaticogeneroso di osservazioni cliniche e di costruzioni teoriche. Tuttavia,se si fa eccezione per gli insperati contributi di Baroncini, Modenae Assagioli (1907-1912) (14), nei decenni successivi la perduranteipoteca lombrosiana (declinata ormai con la medicina costituzionale,la biotipologia e l’antropologia criminale) lascerà il nostro Paese ai

(12) Cfr. S. VEGETTI FINZI, Storia della psicoanalisi. Autori opere teorie (1895-1990), Milano, Mondadori, 1990, p. 131 e ss.

(13) Cfr. ivi, p. 142.(14) Per la verità, già sul finire del secolo XIX erano apparsi nelle riviste italiane

sporadici riferimenti a Freud. Riguardavano l’« atassia di Friedreich », le paralisi cere-brali infantili, l’imbecillità e l’idiozia e rinviavano a quella fase preanalitica in cui Freudaveva fatto valere la sua non comune esperienza sulla fisiologia e la patologia del cervello.Ma anche qualche recensione su argomenti più propriamente psicoanalitici a propositodi Ricordi di copertura. Il meccanismo psichico della dimenticanza (Enrico Tanzi);Ossessioni e fobie (Luigi Cappelletti); Psicopatologia della vita quotidiana (Jacopo Finzi).Nel 1903, Jung è invece citato, per la prima volta in Italia, in una rivista di « scienzespiritualistiche », per la sua tesi di laurea sulla psicologia e la patologia dei fenomeniocculti. Per i riferimenti bibliografici, cfr. CAROTENUTO, Jung e la cultura italiana, cit., p.11 e ss.

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margini di quel fruttuoso rapporto che si tesseva nel cuore dell’Eu-ropa tra psichiatria e psicoanalisi. Da qualche tempo erano già allavoro in Italia dispositivi disciplinari e misure securitarie che, incarcere e in manicomio, s’incaricavano di mettere allo scopertol’indole malvagia dei folli e di bonificare il corpo della società dalmateriale settico degli anormali.

2. Dal cannocchiale di Galileo all’arte del ‘porre’ e del ‘levare’ diLeonardo: la suggestione della catarsi e la terapia dell’analisi.

Il 12 dicembre del 1904 Freud fu invitato dal Collegio medicodi Vienna a tenere una conferenza sul tema della Psicoterapia. Si saquanto tenesse a divulgare le sue esperienze cliniche, meglio sedinanzi a un uditorio ancora digiuno delle infernali procedure cheerano praticate per scandagliare il lato oscuro (e rimosso) dell’animoumano (Die Seele). A leggere il testo di quella conferenza —pubblicato l’anno dopo nella « Wiener medizinische Presse » — si fafatica a separare il tono suadente della parola detta dalla limpidezzadella scrittura (15).

Il metodo catartico — così lo chiamava Joseph Breuer — èstato il cominciamento e la genealogia di un’avvincente avventura(clinica oltre che umana) che dai primi esperimenti di « suggestioneipnotica » aveva aperto, grazie a Freud, le vie a una torsione infavore del metodo analitico. Una strada prima d’allora mai battuta,per agire « più a fondo », per portare più lontano e ottenere « nelmalato il più rilevante cambiamento ». E ancora: « tra la tecnicadella suggestione e quella analitica esiste la più grande antitesi,quell’antitesi che il grande Leonardo da Vinci ha compendiato, perquanto riguarda le arti, nelle formule ‘per via di porre’ e ‘per via dilevare’ ». La tecnica della suggestione è come la pittura, « applicacioè piccole masse di colore là dove prima non c’erano »; la terapiaanalitica, invece, « non vuol sovrapporre né introdurre alcunché dinuovo, bensì toglier via, far venir fuori » con l’unico scopo dirischiarare il « contesto psichico dell’idea patogena che mira a

(15) S. FREUD, Psicoterapia (1904), in OSF, IV, 1970, pp. 429-439. Apparveanche nella Sammlung kleiner Schriften zur Neurosenlehre (infra, note 23 e 24), per la suacapacità di spiegare succintamente la tecnica di indagine psicoanalitica.

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eliminare » (16). Per Freud, la rimozione di « sentimenti spiacevoli »è provocata da spinte dinamiche che possono essere percepite« nella resistenza che si solleva contro il riproporsi del ricordo »,sicché — come scrive in un testo apparso l’anno prima — « All’ip-nosi c’è da rimproverare il fatto di nascondere la resistenza, impe-dendo così al medico di osservare il giuoco delle forze psichiche.Essa non elimina la resistenza, ma la elude e dà pertanto soloinformazioni incomplete e solo risultati transitori » (17).

Si sa: la metafora è uno straordinario strumento retorico percostruire discorsi convincenti, per far rivivere — come sanno fare isegni iconici — le vertigini che ci prendono dinanzi a un orizzontesconosciuto. L’arte del ‘porre’ e del ‘levare’ di Leonardo da Vincidiventa nelle mani di Baroncini prima, di Modena poco dopo, ilcrocevia per enfatizzare le geniali vedute di Freud, che avevainterrotto con amarezza il suo lungo sodalizio col generoso amico ebenefattore (18). Grazie alle esperienze condotte dai due negliambulatori di Brücke, si poteva oramai guardare oltre, per speri-mentare processi terapeutici nuovi, che — diversamente dalla catarsiipnotica — fossero in grado di costruire la partecipazione attiva tramedico e paziente lungo l’asse portante della « traslazione ». Stavanascendo la psicologia dell’inconscio (19). Per Freud i disturbi« somatici e psichici » di Anna O., sottoposta da Breuer a ipnosi,erano nient’altro che una manifestazione di conversione del rimossoe riproducevano dinanzi al medico i « sedimenti » di « esperienzecariche di affetto » nel singolarissimo rapporto « con la scena trau-matica che li aveva causati » (20). Una sorta di « compiacenza

(16) Ivi, p. 429 e ss.(17) S. FREUD, Il metodo psicoanalitico freudiano, in OSF, IV, 1970, pp. 407-424

(410).(18) Cfr. L. BARONCINI, Il fondamento e il meccanesimo della psico-analisi, in

« Rivista di psicologia applicata », IV (1908), 3, pp. 211-231 (230); G. MODENA,Psicopatologia ed etiologia dei fenomeni psiconeurotici. Contributo alla dottrina di S.Freud, in « Rivista Sperimentale di Freniatria », XLV (1908), pp. 657-670; XLVI (1909),pp. 204-218 (206).

(19) Cfr. almeno H.F. ELLENBERGER, La scoperta dell’inconscio: storia dellapsichiatria dinamica, trad. it., Torino, Boringhieri, 1976.

(20) S. FREUD, Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1909), in OSF, VI, 1974, p.133.

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somatica » con ciò che giunge al corpo dal campo psichico, dopo unperiodo di silente « elaborazione » (21). L’eziologia delle sindromiisteriche stava, dunque, nella sfera delle pulsioni sessuali e il transfertdi Anna, che tanto spaventò Breuer, sarebbe stato da lì a poco ilfondamento per un lavorio sull’agire (agieren) più che sul ricordare(erinnern). Si era già a un passo dal fondamentale concetto di« coazione a ripetere », un corollario necessario delle coppiepulsione/rimozione e inconscio/traslazione, gli irrinunciabili pilastridell’intero edificio psicoanalitico (22).

Baroncini e Modena (anche Assagioli) avevano letto le paginedi Freud dalla recentissima Sammlung kleiner Schriften zur Neuro-senlehre (23), che aveva il vantaggio di rendere più accessibile unaletteratura dispersa nei più svariati archivi e riviste mediche. Quat-tordici brevi scritti che, accomunati da un impianto esplicativo eintroduttivo, potevano affiancarsi — come raccomandava nella pre-messa lo stesso Freud — alle sue opere maggiori (24). Gli ultimi due

(21) La locuzione è usata da Freud in Frammento di un’analisi di isteria (Casoclinico di Dora) (1905), in OSF, IV, 1970, p. 333, a proposito del rapporto tra psichicoe corporeo nell’origine dei sintomi dell’isteria. Una questione che per Freud è maleimpostata: « La realtà delle cose non si esaurisce in questa alternativa. Per quanto possovedere, ogni sintomo isterico necessita l’apporto di ambedue le parti. Esso non puòinsorgere senza una certa compiacenza somatica, offerta da un processo normale opatologico in un organo o su un organo del corpo ».

(22) Cfr. S. FREUD, Ricordare, ripetere e rielaborare (1914), in OSF, VII, 1975,pp. 353-361: « possiamo dire che l’analizzato non ricorda assolutamente nulla deglielementi che ha dimenticato e rimosso, e che egli piuttosto li mette in atto. Egli riproducequegli elementi non sotto forma di ricordi, ma sotto forma di azioni; li ripete, ovviamentesenza rendersene conto. [...] non si libererà, finché rimane in trattamento, da questa‘coazione a ripetere’: e alla fine ci si rende conto che proprio questo è il suo modo diricordare ». E, ancora, sul rapporto tra ripetizione e transfert: « la stessa traslazionerappresenta un elemento della ripetizione », così come « la ripetizione è la traslazione delpassato dimenticato, non soltanto sulla persona del medico ma su tutti gli altri ambitidella situazione attuale »; e sul ruolo della resistenza: « Quanto maggiore è la resistenza,tanto maggiore è la misura in cui il ricordare viene sostituito dal mettere in atto(ripetere) » (p. 355 e s.).

(23) S. FREUD, Sammlung kleiner Schriften zur Neurosenlehre aus den Jahren1893-1906, Leipzig und Wien, Kranz Deuticke, 1906.

(24) Ivi, Vorwort: « Diese Sammlung bildet die Vorbereitung und Ergänzungmeiner größeren Publikationen, welche die gleichen Themata behandeln (Studien überHysterie [mit Dr. J. Breuer], 1895; Traumdeutung, 1900; Zur Psychopathologie des

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saggi (Die Freud’sche psychoanalytische Methode, 1903 (25); MeineAnsichten über die Rolle der Sexualität in der Ätiologie der Neurosen,1906 (26)) erano apparsi dapprima, nella forma di capitolo, in duemonografie pubblicate da Leopold Löwenfeld, la prima in Fenomenipsichici di coazione (27), la seconda in Vita sessuale e malattianervosa (28). Löwenfeld era un neuropatologo di Monaco che guardòsempre con interesse e simpatia alle idee di Freud, con cui mantenneper anni uno schietto e fruttuoso sodalizio scientifico.

Entrambi i saggi furono tradotti in italiano pochi anni dopo: ilprimo da Roberto Assagioli (29) e il secondo da Luigi Panichi (30).Un esordio certo utile, ma ancora incerto. Sarebbe toccato più avantia Marco Levi Bianchini e, soprattutto, a Edoardo Weiss e ai suoiallievi romani misurarsi, nell’opera di traduzione, con gli scritti piùardui di Sigmund Freud.

Il saggio di Luigi Baroncini (31), che era stato « allievo in-terno » nella clinica di Kraepelin dall’ottobre del 1904 all’agosto del1905 (32), si era guadagnato gli apprezzamenti di Jung e di Freud peril suo senso della misura e l’ampiezza delle informazioni sulla tecnica

Alltagslebens, 1901 und 1904; Der Witz und seine Beziehung zum Unbewußten, 1905;Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, 1905; Bruchstück einer Hysterieanalyse, 1905) ».

(25) Il metodo psicoanalitico freudiano, cit.(26) Le mie opinioni sul ruolo della sessualità nell’etiologia delle nevrosi, in OSF,

V, 1972, pp. 217-225.(27) L. LÖWENFELD, Die psychischen Zwangserscheinungen, Wiesbaden, Berg-

mann, 1904.(28) L. LÖWENFELD, Sexualleben und Nervenleiden, Wiesbaden, Bergmann,

19064.(29) S. FREUD, Il metodo psicoanalitico, traduzione autorizzata di R. Assagioli, in

« Psiche. Rivista di studi psicologici », II (1912), pp. 129-135. Diversamente dallaversione resa in italiano, nel testo originale Freud compare alla terza persona. Nonsegnalata nell’avvertenza editoriale di OSF, IV, 1970, p. 405.

(30) S. FREUD, Mie opinioni sulla parte della sessualità nella etiologia delleneurosi, in L. Löwenfeld, La vita sessuale e le malattie nervose. I disturbi nervosi d’originesessuale, traduzione della quarta edizione tedesca del Dott. Luigi Panichi, Torino,UTET, 1911, Capo XIV, pp. 226-238. Non segnalata nell’avvertenza editoriale di OSF,V, 1972, p. 215.

(31) BARONCINI, Il fondamento e il meccanesimo della psico-analisi, cit.(32) Cfr. M. LORETI, In memoria del dott. Luigi Baroncini, stampato in Forlì dallo

Stabilimento tipografico Valbonesi, Imola, 1949, p. 16.

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dell’indagine psicoanalitica (33). Come egli scrive, dalle prime rivo-luzionarie intuizioni di Freud sull’isteria « le cose sono a dismisuracambiate » e non vi è più scienziato della mente « che rimangaindifferente di fronte all’ardita concezione, che non la discuta, chenon l’ammiri pur non approvandola ». Eppure, in Italia « nulla èancor giunto di questa ampia e importante controversia scienti-fica » (34).

Di Freud, Baroncini coglie l’insistito ammonimento a nonadagiarsi sui buoni esiti raggiunti assicurando sempre l’architravedel fabbricato teorico al progredire dell’esperienza clinica: « tutta lateoria, per quanto ampiamente abbozzata, sta ancora elaborandosi[...] e poiché d’altra parte nei primi lavori è contenuta larga messe diosservazioni psicologiche acute [...] credo più proficuo metter sot-t’occhio tutta l’evoluzione del pensiero di Freud » (35). Quandoscrive che Freud « ha sempre continuato a elaborare la sua teoriacimentandola alla prova dei fatti », precisando « che molti errori viha riconosciuto, molte lacune ha riempito », egli fa un esplicitoriferimento al ripensamento sul carattere traumatico degli « avveni-menti sessuali infantili » (36) che il padre della psicoanalisi avevaesplicitato proprio in quegli anni, nel corposo lavoro « Tre saggisulla teoria sessuale », del 1905 (37), e nell’agile scritto affidato aLöwenfeld col titolo « Le mie opinioni sul ruolo della sessualitànell’etiologia delle nevrosi », del 1906 (38). Di Jung, apprezza gli

(33) Lettera di Freud a Jung del 21 giugno 1908: « non molto tempo fa mi èarrivato il lavoro di Baroncini di cui Lei parla. Il suo contributo vi è descritto molto benee anche il mio è curiosamente esente da fraintendimenti »: Lettere tra Freud e Jung(1906-1913), Torino, Boringhieri, 1974, p. 171. E, ancora, il 4 ottobre ribadisce adAbraham il suo lusinghiero giudizio: JONES, Vita e opere di Freud, cit., p. 104. In merito,cfr. CAROTENUTO, Jung e la cultura italiana, cit., p. 13. Mi pare invece francamenteingeneroso il tono di DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 145, là dovescrive che, nonostante i suoi meriti, « il saggio sembra un pezzo archeologico » con unocchio « ancora mal accomodato al nuovo punto di vista e come obnubilato (sic!) daJanet ».

(34) BARONCINI, Il fondamento e il meccanesimo della psico-analisi, cit., p. 211.(35) IVI, p. 212(36) Ivi, p. 222.(37) OSF, IV, 1970, pp. 447-546 (in particolare, pp. 484-513).(38) OSF, V, 1972, p. 220: « Per combinazione mi ero imbattuto, nel materiale

ancora scarso di cui disponevo, in un numero incredibilmente elevato di casi nelle cui

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ottimi risultati sulle associazioni che rischiarano i « meccanismipsichici » sempre in opera nell’isterismo e nella demenza pre-coce (39).

Nello stesso torno d’anni (1908, 1909) Gustavo Modena pub-blica nella « Rivista Sperimentale di Freniatria » un denso e infor-mato lavoro col dichiarato proposito di offrire un « Contributo allaDottrina di S. Freud » (40). Anche qui, Freud e Jung compaionocome i sodali fondatori di un « notevole movimento nel campo dellapsicopatologia ». Pur muovendosi in un campo accidentato, « cheper lo più sfugge al controllo e all’obbiettività », le loro dottrine eindagini spalancano « nuovi orizzonti e nuovi problemi » (41). Am-pio spazio viene dato al delicatissimo e controverso campo della« sessualità infantile » con una puntuale recensione dei Tre saggi diFreud (42). E ancora: agli sviluppi dell’esperimento associativomesso a punto da Jung « per giungere a scoprire i complessi spostatie rimossi nell’incosciente » (43).

Nel 1910 compare nella vivacissima rivista « La Voce » unappassionato e informato articolo del medico psicologo RobertoAssagioli, un brillante e precoce studioso che aveva speso diversimesi al Burghölzli di Zurigo per la redazione della sua tesi di laureasulla psicoanalisi. Il suo scritto illustrava la dottrina di Freud connon comune originalità di pensiero. In particolare, l’autore si sof-fermava sul concetto freudiano di libido, criticandone la portata, e

storie d’infanzia giocava una parte importante la seduzione sessuale [...]. Sovrastimai lafrequenza di tali eventi », col risultato che per questa via « veniva meno l’accentosull’elemento ‘traumatico’ nelle esperienze sessuali dell’infanzia e rimase il concetto chel’attività sessuale infantile (spontaneamente o provocata) indirizza la vita sessualesuccessiva dopo la maturità ». La teoria della seduzione era stata già messa in dubbio inuna lettera a Fliess, del 21 settembre 1897, in cui Freud ammette che non in tutti i casi« la colpa fosse sempre da attribuire alla perversità del padre », e dinanzi all’inattesa« frequenza dell’isteria, dovuta ogni volta alle medesime condizioni », fosse « pococredibile tale diffusione della perversione nei confronti dei bambini » (S. FREUD,Epistolari. Lettere a Wilhelm Fliess, 1887-1904, trad. it., edizione integrale a cura di J. M.Masson, Torino, Bollati Boringhieri, 19902, pp. 297-299).

(39) BARONCINI, Il fondamento e il meccanesimo della psico-analisi, cit., p. 224.(40) MODENA, Psicopatologia ed etiologia dei fenomeni psiconeurotici, cit.(41) Ivi, parte prima, p. 657.(42) Ivi, p. 664 e ss.(43) Ivi, parte seconda, p. 207.

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sulla necessità di ampliare il campo di indagine intorno ai processi disublimazione (44). In un lavoro successivo, del 1912, Assagiolimostra un maggiore disincanto nei confronti della psicoanalisi e dàgià a vedere una certa inclinazione verso esiti palesemente ‘spiritua-listici’ (45). Quando difende convintamente la necessità di esplorareil « subconscio » e mette in guardia gli stessi psicologi da quella« vivace ripugnanza d’indole sentimentale » che li prende al cospettodei « bassifondi della psiche », tiene altresì a precisare che « al difuori della coscienza » non esistono solo « tendenze di natura infe-riore », esistono anche regioni superiori in cui « sono accumulatepreziose energie, poteri insospettati, mirabili possibilità di più altavita spirituale » (46). Forse, non è senza significato che il saggio diAssagioli appaia nello stesso anno in cui furono pubblicate lemonumentali « Wandlungen und Symbole der Libido », l’operajunghiana che marcherà il definitivo e traumatico distanziamento dalconcetto freudiano di libido e, più in generale, dalla metapsicologia(e dalla persona) del maestro viennese (47).

Nel fervente clima che si raccoglieva attorno al « Circolo distudi filosofici » di Francesco De Sarlo, meriterebbe un appositosaggio di ricerca la figura di Mario Calderoni, un protagonista della

(44) Ampiamente DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 148 e ss.Sui suoi rapporti con Eugen Bleuler e Carl G. Jung, utili informazioni in The letters ofSigmund Freud and Otto Rank. Inside Psychoanalysis, E. James Lieberman and R.Kramer (ed.), Baltimore, Hopkins University Press, 2012, Appendix C. Con qualchecautela, cfr. anche P. GIOVETTI, Roberto Assagioli. La vita e l’opera del fondatore dellapsicosintesi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1995, soprattutto pp. 16-24.

(45) Cfr. R. ASSAGIOLI, La psicologia del subcosciente, in « Psiche. Rivista di studipsicologici », II (1912), pp. 106-128. Nel volume, dedicato interamente alla psicoanalisi,appare — tra le note e i commenti — una sua serrata critica a Enrico Morselli sul metododelle associazioni (pp. 136-148), che Assagioli conosceva bene per la sua frequentazioneal Burghölzli e la sua vicinanza intellettuale con Jung.

(46) Ivi, p. 107 e ss.(47) Cfr. C.G. JUNG, La Libido. Simboli e Trasformazioni, trad. it., Roma,

Newton Compton, 1975. L’opera apparsa nel 1912, rimaneggiata dall’autore nel 1952col titolo Symbole der Wandlung. Analyse des Vorspiels zu einer Schizophrenie, non è daconfondersi con l’edizione Boringhieri del 1965 con il titolo definitivo di Simboli dellaTrasformazione: Opere di C.G. Jung, cit., vol. V. In merito alla tradizione testuale e ai suoicontenuti, cfr. A. CAROTENUTO, C. RICCIARDI, Psicologia analitica e psicoanalisi in rapportoalle dominanti psichiche, in « Rivista di psicologia analitica », VII (1976), 2, pp. 301-489.

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brevissima stagione del pragmatismo italiano (48). Nel 1908, nelmedesimo fascicolo in cui appariva il saggio fondamentale di Baron-cini, pubblicava « Forme e criteri di responsabilità » (49). Il « Circolodi studi filosofici », cui partecipavano attivamente Calderoni e As-sagioli, è uno straordinario osservatorio per saggiare effetti e mo-venze della psicoanalisi in Italia. De Sarlo fa una strada lunga, riccadi sorprese e di strappi: è un altro lemmario, un altro arsenale che siritrova nei contributi alla « Psiche » di Assagioli e nei saggi raccoltinei due volumi di « Psicologia e filosofia » (50), in cui ribadiva come« la vita psichica, specie nelle manifestazioni del sentimento e dellamorale, non fosse riducibile alle attività del sistema nervoso » (51).Zone di contagio, con Zurigo e con Vienna? Tante e importanti. Datenere a mente, per esempio, gli esercizi che il fiorentino « Labora-torio di psicologia sperimentale » dedica nell’anno accademico1906/1907 a « L’associazione delle idee ». Per non dire, soprattutto,che protagonisti dell’opera forse principale di questa stagione di DeSarlo (« I dati dell’esperienza psichica » (52)), sono proprio gli« oggetti complessi ».

Da lì a poco, l’eroica stagione dei pionieri della prima divul-gazione scientifica di Freud si sarebbe esaurita. Baroncini perderà ilgiovanile entusiasmo per dedicarsi ai suoi internati di Imola, Man-tova tornerà docilmente negli angusti recinti della psichiatria ita-liana, Assagioli inseguirà gli immaginifici orizzonti della psicosintesi.Solo il prof. Sante De Sanctis, stimatissimo nell’ambiente accade-mico, comparirà ancora nella nostra storia, come generoso e lealecompagno di viaggio del movimento psicoanalitico italiano (53).

(48) Cfr. F. PAPI, Calderoni, Mario, in Dizionario Biografico degli Italiani, XVI,Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1973, pp. 619-622. Devo a Roberto Righi lesuggestioni su Calderoni, De Sarlo e le zone di contagio dell’ambiente fiorentino conZurigo e Vienna.

(49) Cfr. M. CALDERONI, Forme e criteri di responsabilità, in « Rivista di psico-logia applicata », IV (1908), 3, pp. 233-261.

(50) F. DE SARLO, Psicologia e filosofia, Firenze, La cultura filosofica, 1918.(51) Cfr. P. GUARNIERI, De Sarlo, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani,

XXXIX, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1991, pp. 333-338.(52) F. DE SARLO, I dati dell’esperienza psichica, Firenze, Tipografia Galletti e

Cocci, 1903.(53) Cfr. DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 151 e ss.

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3. Psicoanalisi e diritto cominciano a parlarsi: il metodo delleassociazioni libere nelle indagini giudiziarie.

Alex Löffler era un professore della Facoltà giuridica diVienna, che si era fatto valere per i suoi studi comparatistici e la suapropensione alla dimensione storica del diritto penale (54). Coi suoistudenti aveva avviato da qualche tempo una serie di sperimenta-zioni fondate sulla tecnica conosciuta col nome di « diagnostica delfatto » (Tatbestandsdiagnostik), mirante a ottenere, « con associa-zioni verbali richieste a testimoni o a supposti autori di azionicriminose, un accertamento obiettivo della verità » (55). Si trattava diuna metodologia d’indagine che era stata messa a punto da duecriminologi di Praga, Max Wertheimer e Julius Klein (56), e siinscriveva nello straordinario fervore che in quegli anni si nutriva,negli ambienti giuridici, per la cosiddetta « psicologia della testimo-nianza ». Come si vede, anche nel campo dell’indagine giudiziaria, sifaceva sentire forte il vento che spirava dalla Burghölzli Klinik diZurigo. Non ci sorprende: Jung aveva già « dedicato una partenotevole della sua attività all’applicazione metodica dell’‘esperi-mento associativo’ da lui messo a punto ai fini della verifica edell’esplorazione della realtà psichica inconscia » (57). D’altronde, isuoi scritti più recenti avevano acceso in proposito grandi aspetta-tive: « Analisi delle associazioni di un epilettico », « I tempi direazione nell’esperimento associativo » e, soprattutto, « La diagnosipsicologica del fatto » (1905) (58). In quest’ultimo saggio, in parti-colare, Jung dava grande rilievo alla testimonianza nel processo eosservava come « questa grandezza variabile dell’istruttoria giudizia-ria » fosse ormai « divenuta oggetto di uno studio esatto su basisperimentali ». Ripercorreva le intuizioni e i meriti di Wundt, Kra-

(54) Cfr. Die Schuldformen des Strafrechts in vergleichend-historischer und dog-matischer Darstellung, Leipzig, Hirschfeld, 1895; Über unheilbare Nichtigkeit im öster-reichischen Strafverfahren, Wien, Hölder, 1904.

(55) Cfr. Avvertenza editoriale a S. FREUD, Diagnostica del fatto e psicoanalisi, inOSF, V, 1972, p. 239 e s.

(56) Cfr. M. WERTHEIMER, J. KLEIN, Psychologische Tatbestandsdiagnostik, in« Archiv für Kriminalanthropologie und Kriminalistik », XV (1904), 1, pp. 72-113.

(57) Cfr. L. AURIGEMMA, Premessa, in Opere di C.G. Jung, cit., II.2, 1987, p. 9.(58) Opere di C.G. Jung, cit., II.2, pp. 13-38, 39-88, 109-125.

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epelin, Sommer e Zieher, rivendicando altresì al gruppo zurighesel’approccio innovativo sulla « versatilità » di « esperimenti tantointeressanti quanto laboriosi » (59). In piena consonanza con Freud,affermava che nei meccanismi psichici non v’è nulla di casuale,perché il « tono emotivo » che cementa il « complesso » — indispo-nibile alla sfera della coscienza — è una sorta di costellazione in cuitrova un provvisorio e incerto rifugio l’intensità « sofferente » deisentimenti (60). Per scavare nel fondo della psiche e dei « com-plessi », egli chiedeva al paziente di reagire a una sequenza di parole,pronunciate una appresso all’altra, associando a ciascuna parola-stimolo nel tempo più breve possibile — soprattutto, misurabile —la prima parola che gli veniva in mente. Nel 1908, sarebbe apparsoper la prima volta in italiano un articolo che Jung aveva affidato allarivista di Baroncini (61). Un’interessante e chiara messa a punto delmetodo associativo, esposto con una minuziosa descrizione dell’in-dagine che egli stesso condusse per smascherare l’autrice di un furtocommesso nella clinica (62).

Freud aveva buone ragioni per accettare l’invito di Löffler.Intanto, teneva a manifestare il suo benevolo giudizio per i colleghidi Zurigo, i quali da anni guardavano con grande favore alle suericerche; e, poi, reputava opportuno e utile chiarire a quanti s’indu-striavano in quel genere di esperimenti che le metodiche di Bleulere di Jung avevano senso soltanto se ricondotte entro l’alveo dell’in-dagine psicoanalitica.

Il testo della sua lezione apparve poco tempo dopo col titoloTatbestandsdiagnostik und Psychoanalyse in « Archiv für Kriminal-

(59) C.G. JUNG, La diagnosi psicologica del fatto, ivi, p. 112.(60) Ivi, p. 114.(61) C.G. JUNG, Le nuove vedute della psicologia criminale. Contributo al metodo

della “Diagnosi della conoscenza del fatto”, trad. it. di L. Baroncini, in « Rivista dipsicologia applicata », IV (1908), pp. 285-304; ora in Opere di C.G. Jung, cit., II.2, pp.373-387, con qualche variante linguistica rispetto all’originale. Ancora alle prese con uncaso di furto nel § 2 del saggio La diagnosi psicologica del fatto, cit., pp. 125-146.

(62) Come osserva CAROTENUTO, Jung e la cultura italiana, cit., p. 14, « L’articolodeve essere piaciuto agli psicologi del tempo, perché conteneva numeri, tabelle, calcolie percentuali », potendo vantare dunque quella « rispettabilità » che in pieno positivi-smo si chiedeva al lavoro scientifico.

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anthropologie und Kriminalistik » (63), una conosciutissima rivistadiretta da Hans Gross, un accademico che a ragione è considerato ilfondatore della criminologia moderna (64). Per dirla con le paroledel nostro titolo, una prestigiosa « Rivista dei colpevoli ».

Come al solito, l’esposizione di Freud è di grande efficacia eoffre, in alcuni passaggi, spunti e suggestioni destinati per anni anutrire il confronto tra il discorso giuridico della penalità e quelloterapeutico dell’analisi.

Nella sua lezione magistrale suggerisce agli allievi di Löffleruna più consapevole considerazione del metodo sperimentale cheessi adottavano. Nelle indagini giudiziarie il « complesso » non era laverità nascosta da stanare, costituiva invece il fatto (ben conosciutodagli inquirenti) da cui muovere per costruire una griglia di do-mande non casuali, ma fatta in modo da far confessare il colpevole.Per Freud, il compito del terapeuta non è poi così diverso da quello

(63) « Archiv für Kriminalanthropologie und Kriminalistik », XXVI (1906), 1,pp. 1-10: OSF, V, 1972, pp. 241-250. Per la prima volta Freud si riferisce a Jung in untesto dato alle stampe e ne adotta il termine di « complesso »: nozione non nuova che eragià apparsa, con espressioni equivalenti, negli Studi sull’isteria e nella Psicopatologia dellavita quotidiana. Di certo, l’accezione junghiana di « complesso », come costellazione disingole rappresentazioni tenute insieme dal loro tono emotivo e affettivo (La diagnosipsicologica del fatto, cit.), nella Metapsicologia di Freud, sarà successivamente ridimen-sionata per descrivere, quelle « determinate situazioni fondamentali, aventi originenell’infanzia e agenti nell’inconscio di tutti gli uomini » (Avvertenza editoriale, in OSF,V, 1972), senza far differenza tra lo stato di salute psichica e quello di affezionenevrotica. Nel 1914 Freud esprime una critica radicale alla « dottrina dei complessi » diJung: « Essa né ha dato origine a una teoria psicologica indipendente, né ha dimostratodi potersi inscrivere senza sforzo nel contesto della teoria psicoanalitica » (Per la storiadel movimento psicoanalitico (1914), in OSF, VII, 1975, p. 402.

(64) Autore, fra l’altro, di un fortunato manuale (Handbuch für Untersuchun-gsrichter als System der Kriminalistik) che fu tradotto e adattato per le colonie indiane(Madras, Ramasawmy Chetti & Co., 1906). Sui profili biografici e le opere, cfr. almenoR. GRASSBERGER, Pioneers in Criminology, in « The Journal of Criminal Law, Criminologyand Police Science », XLVII (1956), 4, pp. 397-405. Hans Gross era stato professore diFranz Kafka che, in un « allucinante viaggio notturno » in treno di ritorno da Budapest,ebbe modo di conoscere nel 1917 il figlio Otto, un « intellettuale brillante e contro-verso », un anarchista di grande fascino che aveva conosciuto Freud ed era amico epaziente (sic!) di Jung. Talmente degradato dalle droghe e dal dolore di un’interagenerazione da essere « trascinato in giudizio dal padre » davanti ai giudici per farlointerdire e internare: R. CALIMANI, Destini e avventure dell’intellettuale ebreo. Freud,Kafka, Svevo, Marx, Einstein, Milano, Mondadori, 1996, p. 288.

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del giudice istruttore. Entrambi si servono di « artifici investigativi »,ma con una differenza che non è di poco conto: « nel nevrotico ilsegreto si cela alla sua stessa coscienza », nel delinquente « si celasolo a Voi giuristi »; nel primo « vi è un’autentica ignoranza »,nell’altro invece « solo simulazione dell’ignoranza ». E ancora:« Nella psicoanalisi il paziente aiuta, con lo sforzo cosciente rivoltocontro la propria resistenza, la guarigione, perché dall’esame siaspetta un vantaggio », diversamente dal delinquente invece che« non collabora con Voi, perché agirebbe contro tutto il suoIo » (65).

Per ottenere l’« autotradimento psichico » del colpevole sirende necessario, dunque, cambiare il costrutto stesso delle associa-zioni verbali. Nelle indagini di giustizia il « complesso » non èsconosciuto al giudice istruttore, il quale « cerca di sapere se uncerto fatto, da lui conosciuto, è noto anche all’accusato perché ne fuesecutore » (66). Se nel campo della psicopatologia il questionariopuò ben servire a portare alla superficie la parte sofferente e rimossadell’inconscio, nell’istruttoria giudiziaria occorre procedere in ma-niera diversa, anticipando l’ordine della reazione: « Prendiamo uncomplesso che ci è noto, reagiamo ad esso con parole-stimoloappositamente scelte » e, se il soggetto non è così abile nell’arte delsimulare, si potrà alla fine capire dalle sue reazioni se egli « porta insé » la verità nascosta del crimine commesso (67).

Freud non è un giurista, mostra però una grande sensibilità peri riti della giustizia e le garanzie processuali della persona, là dovericorda che le norme vigenti non consentono di « cogliere allasprovvista l’accusato in alcuna maniera », sicché — egli scrive — ivolenterosi allievi di Löffler di fatto simulano, coi loro seminari, larealtà del processo senza viverla realmente. Nonostante i loro buonipropositi, questi futuri giudici e avvocati si fermano al piano bassodelle « esercitazioni su modello anatomico », senza mai « ricostruirela stessa situazione psicologica che si ha nell’esame di un imputatonel caso penale ». L’unica via d’uscita sarebbe una riforma del corsodi studi universitari che consenta di effettuare questo tipo di inda-

(65) FREUD, Diagnostica del fatto e psicoanalisi, cit., p. 245 e ss.(66) Ivi, p. 243 e s.(67) Ibidem.

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gini « per un certo numero di anni in tutti i casi reali di imputazionepenale ». A una condizione: i risultati non dovrebbero, mai e poimai, « influire sulla decisione della potestà giudicante » (68).

Senza scoraggiarli, Freud invita quegli studenti alla cautela emanifesta, come sempre, la sua diffidenza per un uso avventato dellatecnica d’indagine psicoanalitica, tanto più nel campo della giustizia.Fa un esempio: il caso di un nevrotico che, pur essendo innocente,nelle sue risposte « reagisce in un modo come se fosse colpevole ».Egli insinua, per la prima volta, che un senso di colpa, « che giàesisteva e covava », possa indurre un soggetto ad autoaccusarsi purnon essendo colpevole per quello specifico caso trattato. Un po’come il bambino che, « rimproverato per aver commesso qualcosa dimale », nega d’averlo commesso, piange e si dispera, non perchéaccusato ingiustamente, ma per la colpa che l’opprime a causa diun’altra mancanza di cui i genitori sono all’oscuro. Finisce così cheegli neghi « la propria colpa nell’un misfatto, ma nello stesso tempoil suo senso di colpa si tradisce a causa dell’altro » (69). Si tratta diuna geniale intuizione che, negli anni Trenta, sarà ripresa e appro-fondita da Georges Genil-Perrin (70), da Angelo Hesnard e RenéLaforguè (71), da Theodor Reik (72) e Franz Alexander (73), esoprattutto, dal nostro Edoardo Weiss.

Nel 1915 Freud pubblicò nella rivista « Imago » un saggio incui dava conto di nuove e sorprendenti scoperte, conseguite graziea numerose esperienze cliniche (74). Diversi suoi pazienti, « personespesso in seguito divenute rispettabilissime », gli riferivano di azioni

(68) Ivi, p. 249 e s.(69) Ivi, p. 249.(70) Cfr. G.P.H. GENIL-PERRIN, La psychanalyse en médecine légale, in « Annales

de médecine légale, de criminologie et de police scientifique », XII (1932), 1, pp. 273-371.(71) Cfr. A. HESNARD, R. LAFORGUÈ, Les processus d’auto-punition en psychologie

des névroses et des psychoses, en psychologie criminelle et en pathologie générale, Paris,Denoël et Steele, 1931.

(72) Cfr. T. REIK, Geständniszwang und Strafbedürfnis. Probleme der Psycho-analyse und der Kriminologie, Wien, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, 1925.

(73) Cfr. F. ALEXANDER, Der neurotische Charakter. Seine Stellung in der Psycho-pathologie und in der Literatur, in « Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse », XIV(1928), 1, pp. 26-44.

(74) S. FREUD, Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico (1915, mauscito per la guerra nel 1916), in OSF, VIII, 1976, pp. 629-652.

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illecite compiute negli anni della pubertà, « come furti, piccoletruffe, addirittura incendi dolosi ». All’inizio, egli non aveva datotroppa importanza a quei racconti che attribuiva alla « debolezzadelle inibizioni morali in quel periodo della vita ». Dopo studi piùapprofonditi, però, scoprì che il fenomeno — che riguardava anchesoggetti adulti — aveva una portata ben più ampia, col « sorpren-dente risultato che tali azioni venivano compiute perché proibite eperché la loro esecuzione portava un sollievo psichico a chi lecommetteva ».

Grazie alla psicoanalisi nasceva, dunque, un nuovo « tipo dicarattere »: il delinquente per senso di colpa (75). Non era affare dipoco conto, soprattutto per la penalistica, ammettere che in certicasi « il senso di colpa era preesistente all’atto illecito e non traevaorigine da esso, ma che al contrario il misfatto medesimo derivava »da una sorta di terribile rimorso che affondava le sue oscure originiin quell’ancestrale parricidio dell’orda dei figli di un padre tirannico.Equivaleva a concedere — ma era arduo solo pensarlo — che intaluni casi il sistema punitivo, col suo pesante fardello di divieti e dipene, incentivava più che dissuadere a delinquere.

Per questa via, il « pallido delinquente » di Nietzsche-Zarathustra, ricordato quasi di sfuggita da Freud, era destinato aincontrarsi — letterariamente — col groviglio giuridico del delitto edel suo castigo.

4. Sigmund Freud, Edoardo Weiss e l’Acheronte di Virgilio.

Quando Baroncini e Modena diffondevano coi loro saggi le« ardite » teorie di Freud, Edoardo Weiss era ancora un inquieto evorace studente ginnasiale nella Trieste asburgica. Leggeva contrasporto la Psicopatologia della vita quotidiana e la ‘La Gradiva’ diJensen, e si infervorava — come sanno fare i giovani — alla sola ideache, oltre la skyline della soggettività di ogni singolo uomo, potesseesistere davvero un mondo ancora da esplorare. S’innamorò degli

(75) Ivi, pp. 651-652.

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scantinati dell’anima prima ancora di avere la benché minima ideadel rivoluzionario percorso intellettuale di Freud (76).

Weiss, forse, si sentiva fragile e insicuro. Cercava nelle paginedel Dr. Freud una via d’uscita alle sue paure per gli spazi aperti easpirava soprattutto, a diventare egli stesso un medico dell’anima.Per il suo ostinato e un po’ ingenuo innamoramento, si potrebbedire, a mo’ di paradosso, che ne guadagnò l’apprezzamento e lafiducia prima ancora di incontrarlo.

Il padre Ignazio, affermato imprenditore oleario, assecondò leinclinazioni del figlio per la medicina e la psichiatria e lo sostenne dibuon grado negli studi a Vienna. Era costume della borghesiagiuliana del tempo inviare i figli più promettenti nella capitaledell’impero per avviarli alle professioni liberali. Edoardo, tuttavia,prima ancora di lasciare Trieste, nutriva più di una diffidenza per leidee dei suoi futuri professori. Gli era capitato, tra gli psichiatri dellasua città, di raccogliere commenti malevoli sul Viennese: « unopsichiatra triestino mi espresse la sua ammirazione per le opere diFreud nel campo del sistema nervoso centrale, ma mise in ridicolo lesue opere sulla psicoanalisi ». Altri, invece, lo mettevano in guardiaper non lasciar naufragare le sue aspirazioni professionali: se ilgiovane Weiss intendeva specializzarsi in psichiatria, era conve-niente stare alla larga da Freud, per non correre il rischio di urtare« l’ostilità dei più quotati professori dell’Università di Vienna » (77).Alla fine, si era convinto che stava per cacciarsi in un covo dirancorosi detrattori di Freud. In particolare, il prof. Julius Wagner

(76) Sugli anni giovanili di Edoardo Weiss e le sue prime esperienze psicoana-litiche, cfr. almeno A.M. ACCERBONI, Trieste, Saba e la psicoanalisi, Catalogo Mostra,Trieste, Tipografia Moderna, 1983; EAD., R. CORSA, Tra psichiatria e psicoanalisi: ilcontributo teorico e clinico di Edoardo Weiss, in La cultura psicoanalitica, Atti delConvegno Trieste 5-8 dicembre 1985, a cura di A.M. Accerboni, Pordenone, StudioTesi, 1987, pp. 261-290; EAD., Sigmund Freud nei ricordi di Edoardo Weiss, in Freud e laricerca psicologica, a cura di R. Canestrari e P.E Ricci Bitti, Bologna, il Mulino, 1993, pp.87-104; EAD., Fatti e personaggi negli esordi della psicoanalisi in Italia, in « RivistaSperimentale di Freniatria », CXXVI (2002), 1-2, pp. 125-136. Di grande interesse ilrecente volume di R. CORSA, Edoardo Weiss a Trieste con Freud. Alle origini dellapsicoanalisi in Italia. Le vicende di Nathan, Bartol e Veneziani, Roma, Alpes, 2013, cheattinge a un vastissimo materiale documentario e archivistico mai esplorato prima.

(77) Cfr. E. WEISS, Sigmund Freud come consulente, trad. it., Roma, Astrolabio,1971, p. 23.

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von Jauregg, che era « uno psichiatra fermamente organicista, rea-zionario e conservatore e del tutto impermeabile agli assunti dellanuova scienza » (78), o il Professor Frankel von Hochwart, che aproposito di una paziente violentemente isterica gli bisbigliò:« Freud direbbe che questa malata è diventata isterica perché dabambina ha veduto orinare sua nonna » (79).

Ancor prima di lasciare Trieste per Vienna, questa disposi-zione d’animo ha pregiudicato, non poco, il suo rapporto con glistudi di psichiatria. Direi di più: ha contribuito, sin dall’inizio, afargli vivere una sorta di scissione tra l’aurora della psicoanalisi, cuisolo egli mirava, e la tradizione psichiatrica che si praticava nel cuored’Europa, non sempre d’impianto meramente riduzionistico. C’è dadire, però, che già al suo rientro a Trieste, dopo la guerra, Weiss sitrovò a fronteggiare la cieca ostilità della psichiatria nostrana, che —sostenuta da una collaudata rete editoriale — dipingeva con tintefosche la pretesa freudiana, ‘sconcia’ e ‘licenziosa’, di riconoscerenella sessualità la pulsione primaria e, per di più, indipendente daogni forma di giudizio.

Appena giunto a Vienna, il suo primo pensiero fu di incontrareFreud. Era il 7 ottobre del 1908. Nella sala d’aspetto dello studio, aBergasse 19, c’era anche un bambino « di circa cinque anni accom-pagnato dal padre ». Freud doveva conoscerlo bene, « perchéquando aprì la porta lo salutò con queste parole: ‘Oh, ecco il nostrogiovanotto’ ». Diversi anni dopo, Weiss poté ricostruire le circo-stanze di quell’incontro che, nel suo racconto, si tinge di evidenticontenuti simbolici: quel bambino « era il famoso ‘piccolo Hans’ »ed era venuto a trovare il suo analista « cinque mesi dopo la finedella cura » (80). Con le parole di Michele Ranchetti, potremmo direche quel giorno Pinocchio era andato a conoscere il suo Collodi (81).

Durante il colloquio, Weiss restò impressionato dalla capacitàdi Freud di farlo sentire pienamente a suo agio, di sapere anticiparei suoi pensieri prima ancora che egli stesso avesse trovato il modo di

(78) CORSA, Edoardo Weiss a Trieste con Freud, cit., p. 49.(79) WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 23.(80) Ivi, p. 24.(81) Cfr. M. RANCHETTI, Un pioniere della psicoanalisi, in « L’Indice dei libri del

mese », II (1985), 10, p. 21.

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« esternarli ». Al momento di congedarsi, credette « ben fatto »dovergli chiedere l’onorario, dato che — fra gli altri temi dellaconversazione — gli aveva sottoposto alcuni suoi « problemi psico-logici » (82). Freud gli rispose, col braccio alzato in un caldo saluto,« che non faceva mai pagare i colleghi » (83). In quel preciso istante,Weiss si sarà convinto davvero che poteva aspirare a diventare suoallievo. Non poteva sapere ancora che, a seguito del suo duro eappassionato lavoro, si sarebbe guadagnato negli anni nientemenoche il titolo di « autentico e tenace pioniere » del movimentopsicoanalitico in Italia (84). Di certo, col suo entusiasmo giovanile,Weiss pensava ancora che « l’ordinamento psicoanalitico avrebbevoluto essere una strategia rivoluzionaria operativa » (85), ma coltempo ebbe modo di scoprire, nel duro confronto con la realtà, chele dottrine di Freud rischiavano di impigliarsi, anche in Italia, nellospazio ristretto della mera tecnica terapeutica.

L’anno dopo, entra in analisi con Paul Federn, tra i primi adunirsi al gruppo freudiano e, per tutta la vita, « fedelissimo sosteni-tore del maestro e della causa psicoanalitica » (86). L’esperienza,durata quasi due anni, diede vita a una solidissima amicizia. L’in-fluenza dell’autorevolissimo didatta fu decisiva per la sua formazionescientifica e per i suoi interessi di studio. Negli anni romani, Weissavrebbe sviluppato temi di ricerca che s’inscrivono pienamente nellapsicologica fenomenologica dell’Io: pensiamo al ruolo dellaidentificazione-proiezione nella scelta d’oggetto eterosessuale, allaformazione del Super-Io, all’istinto di morte ribattezzato « de-

(82) Per avere una versione romanzata del colloquio, cfr. P. ROAZEN, EdoardoWeiss. The house that Freud built, New Brunswick (USA) and London (UK), Transac-tion Publishers, 2005, p. 5: « Freud then inquired into the nature of the ‘personaltroubles’ that he had. Weiss implied that there was nothing very striking here [...].Evidently Weiss was shy, ‘bashful’, and mainly had youthful ‘inhibitions’ and some‘obsessive’ symptoms ».

(83) WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 24 e s.(84) Ivi, p. 83: lettera di Freud a Weiss, 28 novembre 1930: « Caro Dottore,

sono felice e sorpreso della Sua traduzione di Totem e Tabù. Lei è un autentico, tenacepioniere ».

(85) Cfr. M. RANCHETTI, Cattivi pensieri sulla storia della psicoanalisi, in « RivistaSperimentale di Freniatria », CXXVI (2002), 1-2, pp. 119-124.

(86) Cfr. CORSA, Edoardo Weiss a Trieste con Freud, cit., p. 49.

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strudo », all’agorafobia. In accordo con le teorie di Federn, guardateda Freud con quella benevola noncuranza ch’egli usava riservare aicolleghi più amati, Weiss avrebbe coltivato la speranza di poterguarire le forme più serie di psicosi e di disturbi dell’Io (87).

Nel 1913, prima ancora della laurea, fu ammesso alla Societàpsicoanalitica viennese. Da quel momento aumentarono le occasionid’incontro col padre della psicoanalisi: « Vedevo Freud ogni setti-mana alle riunioni della Società, che venivano tenute il mercoledìsera in una stanza di una casa nella Obere Donaustrasse, affittata perquesto scopo. Fino a poco tempo prima le riunioni si svolgevano incasa di Freud. Molto spesso mi è accaduto d’incontrare Freudnell’ascensore e di salire con lui fino al quarto piano » (88). Poi,anche le discussioni informali, « che si svolgevano dopo le sedute alCaffè Bauer, nei pressi del Burgtheater » (89). A soli ventiquattroanni, Weiss si sentiva in qualche modo parte della ristretta cerchiadei più fedeli allievi di Freud: Ferenczi, Federn, Abraham, Jones,Rank, Sachs e il caro amico e compagno di studi Viktor Tausk.

Quell’anno passato a Vienna, dove aveva cominciato a trattarequalche paziente, fu decisivo per il suo carattere e la fermezza cheavrebbe mostrato negli anni Venti e Trenta. Soprattutto, andò

(87) Per S. ARGENTIERI, Recensione a E. Weiss, Elementi di psicoanalisi (1931),Pordenone, Studio Tesi, 1985, in « Rivista di psicoanalisi », XXXII (1986), 2, p. 316,l’intuizione di Weiss sulle origini del Super-Io si accompagnava alla sua costanteattenzione alla patologia psicotica, che traeva origine nella sua vicenda analitica conFedern, « uno dei primi psicoanalisti che vollero confrontare gli strumenti della psicoa-nalisi con questi livelli della sofferenza mentale ». Si può allora capire perché Weisscercasse « sempre l’aiuto di Freud per la comprensione dei casi clinici di nevrosi »,mentre invece si rivolgeva a Federn per i casi di psicosi.

(88) Cfr. K.R EISSLER, Intervista inedita ad Edoardo Weiss (1953), Washington,Freud Archives Library of Congress, in ACCERBONI, Sigmund Freud nei ricordi di EdoardoWeiss, cit., p. 92. L’intervista non può essere riprodotta né messa in rete. Weiss avevadato il benestare alla divulgazione dopo la sua morte, ma Kurt Eissler, direttore deiSigmund Freud Archives, si è opposto alla sua pubblicazione prima del 2057. Con alcunerestrizioni, può però essere consultata direttamente alla Library of Congress. In un suoviaggio di studio negli Stati Uniti, Anna Maria Accerboni, insieme a diverse lettere diWeiss a Federn, poté trascrivere alcune parti dell’intervista di Eissler: cfr. in propositoil suo Sigmund Freud as remembered by Edoardo Weiss, the Italian pioneer of psychoa-nalysis, in « The International Review of Psycho-Analysis », CVII (1990), pp. 351-359.

(89) ACCERBONI, Sigmund Freud nei ricordi di Edoardo Weiss, cit., p. 93.

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maturando una lenta ma continua proiezione di sé nella figurapaterna di Freud, come sempre ambivalente (90): una sorta diindividuazione antropologica prima ancora che teorica. Egli avevafatto propria una visione pessimistica della natura umana e deidestini della civiltà, preda della cecità e della follia, succube del« predominio degli istinti e delle passioni ». In una lettera a Federn,scriveva sconsolato: « Se sapesse quale scoraggiamento provo ognivolta che sento dall’uno o dall’altro paziente quanto è egoista e inquale misura condivida luoghi comuni rivolti contro la società! ».Poi, invece, qualche mese dopo, incoraggiava l’amico e per rincuo-rarlo gli ricordava l’originaria spinta messianica della psicoanalisi:« Noi lavoriamo a un’impresa, che un giorno sarà di grande valoreper l’umanità. Noi psicoanalisti cioè dobbiamo gettare le basi per lacivilizzazione e una nuova religione (sic!) » (91).

Di Freud aveva imparato soprattutto quel misto di pacatodisincanto e di ferma intolleranza che si rendevano necessari peraffrontare i marosi in cui s’era trovata a navigare una teoria dellamente che, con la sua « logica del sospetto » (92), stava infliggendouna dolorosa ferita narcisistica alla razionalità moderna.

In uno dei tanti mercoledì, Freud frenò l’ira di Hans Sachs edegli altri a proposito delle deduzioni del dr. Saul Rosenberg « sulculto totemico », osservando che « ciascuno aveva il diritto diesprimere il proprio parere e il suo disaccordo » (93). Weiss stavafacendosi un’idea precisa del carattere e della personalità di Freud,che dava a vedere la sua autentica apertura mentale, la grande onestàe la libertà di pensiero, come quando, a proposito dei fenomenitelepatici, tagliò corto la discussione affermando che « chiunquesente il bisogno d’investigare certi fenomeni non deve avere esita-

(90) Sull’ambivalenza della figura paterna in Weiss, cfr. le pagine di R. CORSA, INo che segnarono le origini della psicoanalisi italiana, in « Psiche. Rivista di culturapsicoanalitica », XXI (2014), 1, pp. 513-526, in particolare p. 522: « Il padre è statocertamente per Edoardo un potente modello identificatorio », a tal punto che quandodecise di lasciare Trieste per Roma riuscì a mettere a distanza quella « figura imponentee dominante » che incombeva da sempre come un macigno sul suo immaginario.

(91) Ivi, p. 101 e s.(92) Uso il termine nell’accezione data da P. RICOEUR, Dell’interpretazione.

Saggio su Freud, trad. it., Milano, Il Saggiatore, 1967.(93) ACCERBONI, Sigmund Freud nei ricordi di Edoardo Weiss, cit., p. 94.

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zioni a farlo, qualunque possa essere il soggetto » (94). Freud mo-strava di essere soprattutto uno scienziato « con la mente perenne-mente tesa alla ricerca », al punto tale che in lui « l’interessescientifico superava di gran lunga l’interesse a curare il pros-simo » (95).

Nonostante la pacatezza del tono, i suoi modi bonari e lanaturale inclinazione all’ascolto, Freud sentiva in maniera dramma-tica l’assedio che da ogni parte rischiava di soffocare sul nascere lacreatura di cui era molto geloso, e soffriva molto « per l’incompren-sione e la derisione dei maestri ufficialmente accettati ». Talvolta, simostrava « fermamente disturbato quando l’analisi e i suoi concettisubivano travisamenti. Si adirava se qualcuno perfino in buona fedealterava le sue affermazioni ». D’altro lato, provava così tanta « gra-titudine per tutti coloro che accettavano l’analisi » e si applicavanoa confermare quanto egli stesso aveva scoperto (96), da non riusciretalvolta a capire la vera indole dei suoi interlocutori (97).

Per Weiss, Freud « aveva sottovalutato il potere di resistenzaemotiva dei suoi contemporanei », perché « la sua interpretazionedei sogni e dei sistemi nevrotici provocava nei suoi lettori la stessaresistenza che incontrava nei suoi pazienti durante il tratta-mento » (98). Non mi pare un giudizio condivisibile: sin dall’inizio, ilpadre della psicoanalisi è stato pienamente consapevole della portataeversiva della « psicologia del profondo » e della sua forza pertur-bante. D’altronde, l’esplorazione di « ciò che non è dato conoscere »aveva suggerito allo stesso autore dell’Interpretazione dei sogni(1899) l’immagine dell’ingresso in un mondo infernale, con quellamirabile citazione virgiliana che compare nell’iscrizione dell’opera:« se non riuscirò a commuovere gli dei celesti, scuoterò l’Ache-ronte ». Insieme alla psicoanalisi era nata anche la paura della

(94) Ibidem.(95) Ivi, p. 95.(96) Ivi, p. 96.(97) Chicago, 15 gennaio 1967, lettera di Edoardo Weiss a Michel David, edita

in « L’Indice dei libri del mese », cit., p. 22: « [...]. Il grande psicologo Freud non era ungran conoscitore di persone. Credeva che tutti fossero onesti come lui, è stato spessoingannato, era troppo credulo, e, in certi riguardi, ingenuo ».

(98) Cfr. WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 25.

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psicoanalisi (99). Direi anche che stava venendo alla vita un tiposociologico nuovo di scienziato, che sapeva coniugare la cautela neldare previsioni azzardate con la propensione a diffondere nuoveidee e a cooptare nuovi proseliti. Non è senza importanza che Freudabbia avuto Mosè tra i suoi eroi prediletti e, come il profetadell’Esodo, egli abbia sentito gravare su di sé il forte senso disolitudine che coglie chi inizia un cammino avendo alle spalle solo ildeserto. A proposito di Albert Einstein (insignito del premio Nobelper la Fisica nel 1921), celava a mala pena il suo disappunto per lanoncuranza che gli accademici di Stoccolma riservarono alle suescoperte. In una lettera inviata a Marie Bonaparte, l’11 gennaio1927: « Quel tipo fortunato se l’è passata molto meglio di me: haavuto il sostegno di una lunga serie di predecessori da Newton inpoi, mentre io ho dovuto aprirmi la strada passo a passo, da solo,attraverso una giungla intricata. Non stupisce quindi che il miosentiero non sia molto largo e che io non sia andato molto lon-tano » (100).

Durante il suo soggiorno viennese, quando già spiravano imortiferi venti della prima guerra d’acciaio, Weiss — che insieme aVanda Shrenger (101) era stato allievo diretto di Freud — aveva finitoper prendere una postura assai simile a quella del Maestro. Comericorda Emilio Servadio, le doti di Freud erano anche di Weiss: « eraottimo marito e padre; poteva lavorare dodici o quattordici ore algiorno; era gentile senza che gli passasse mai per la mente di potervenire a patti — sul piano dottrinale — con l’interlocutore; siarrabbiava — lui abitualmente così calmo — quando apprendeva

(99) Cfr. M. RANCHETTI, Prefazione a S. Freud, Opere, I, Edizione speciale sulicenza di Bollati Boringhieri editore, Roma, Gruppo Editoriale L’Espresso, 2006, p. viie ss.

(100) Cfr. R. ZAPPERI, Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regimefascista, Milano, Franco Angeli, 2013, p. 28 e ss.

(101) Si sposarono nel 1917, in pieno conflitto mondiale: CORSA, Edoardo Weissa Trieste con Freud, cit., p. 51; EAD., I No che segnarono le origini della psicoanalisiitaliana, cit., p. 520, che ricorda come Vanda Shrenger abbia avuto un’influenza decisivae benefica sulle scelte più importanti che si trovò a prendere Weiss nella sua vita (anchenella sfera personale). Una donna di carattere « determinato, generoso e di intelligenzabrillante », che ha portato sempre con sé il ricordo indelebile delle « lezioni accademichetenute da Freud ».

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che questo o quel medico (o psichiatra, o avvocato) aveva commessoqualche scorrettezza professionale anche lieve » (102).

5. Edoardo Weiss e le ‘sue’ riviste: dall’« Archivio » di Levi Bian-chini alla Rivista italiana di psicoanalisi.

Nel 1919 Weiss torna a Trieste, insieme alla moglie Vanda e alfiglio Emilio. Aveva servito l’esercito austro-ungarico come ufficialemedico sul fronte orientale ed era stato testimone delle ferite infertealla mente dei fanti contadini dagli stenti umidi della trincea e dalfurore abbagliante delle granate. Aveva potuto guardare negli occhidi quei soldati il più rancoroso dei nemici, l’Acheronte che agita dasempre la « società interiore » degli uomini. Tanto più, quando « ilminuto e fragile corpo dell’uomo » (103), anno dopo anno, si trovavaalla mercé della sospensione del tempo, dell’inerzia e l’attesa, del-l’apocalisse metallica (104). In fondo, anche il suo amico ViktorTausk era stato vittima, oltre che del suo « frustrato attaccamentoper Freud », del disfacimento di un mondo che la guerra, quasi d’uncolpo, aveva spazzato via per sempre (105).

Weiss trova un impiego come « medico secondario » al Fre-nocomio Civico, diretto con spirito umanitario e liberalità di veduteda Luigi Canestrini. Apre anche uno studio privato, in via San

(102) Cfr. E. SERVADIO, Prefazione a WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit.,p. 8 e ss.

(103) Cfr. W. BENJAMIN, Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nicola Leskov,in Id., Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it., a cura di R. Solmi, Torino, Einaudi,19952, p. 248.

(104) Le nevrosi di guerra costituirono anche per la psicoanalisi un campo disperimentazione clinica e di elaborazione teorica. Pur con diversi accenti, i partecipantial V Congresso internazionale (Budapest, settembre 1918) interpretarono le nevrosi diguerra come l’esito di un conflitto inconscio « tra il vecchio io pacifico e il nuovo iobellico del soldato », tra il senso del dovere e l’istinto di conservazione. In merito, mipermetto di rinviare a F. MIGLIORINO, “Io sento che la terra mi passa sotto i piedi ed èpesantissima”. La trincea della Guerra Matta, in Potere e violenza. Concezioni e pratichedall’antichità all’età contemporanea, a cura di G.M. Cantarella, A. De Benedictis, P.Dogliani, C. Salvaterra, R. Sarti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012, pp.149-166 e letteratura ivi citata.

(105) WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 30 e ss. Sulla triste vicendadi Tausk, cfr. anche P. ROAZEN, Fratello animale, trad. it., Milano, Rizzoli, 1973.

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Lazzaro 8, « dove comincia a praticare la psicoanalisi sotto la direttasupervisione di Sigmund Freud e Paul Federn » (106). Si rinnovaquella sorta di ‘scissione’ che Weiss aveva mostrato negli anni dellasua formazione universitaria: il lavoro di psichiatra era vissuto comeun dovere da assolvere con dignità e decoro, quello di analista era lospazio di libertà che valeva la pena di vivere (107). Non stupisce,allora, che nelle centinaia di cartelle cliniche redatte nel manicomiotriestino, egli non lasci affiorare l’influsso della psicoanalisi e prefe-risca, invece adattarsi a una posizione « fermamente neurologico-psichiatrica ». Nonostante la « vivacità descrittiva » e la raffinatacura « nella ricostruzione anamnestica », l’influsso della psicoanalisinon compare in nessuna delle storie cliniche da lui vergate esottoscritte (108). Si comprende il suo sentimento di estraneità per unambiente di lavoro che, se non era apertamente ostile, coglieva ognioccasione per esprimergli quella bonaria ironia che di solito siriserva a chi pretende di restituire la sofferenza mentale a una delletante dimensioni sensate dell’esistenza. Sebbene molti suoi colleghifossero « degli intellettuali ricchi di originalità e di vivacità dispirito », Weiss, col suo carattere schivo e un po’ rigido, non facevagrandi sforzi per farsi ben volere e ci metteva molto del suo permarcare distanze e differenze (109). La sua collaborazione con l’« In-ternationale Zeitschrift für Psychoanalyse » non si era mai interrotta,dal suo primo saggio del 1914 (110). Ma, com’è evidente, i suoi scrittipubblicati a Vienna, benché teoricamente e clinicamente rilevanti,non riuscivano a incidere sul tessuto culturale italiano, segnato fral’altro da un ostile sentimento anti germanico.

Non restava che cercare altrove, per provare a tessere una teladi rapporti e di consonanze con quei medici e psicologi che in Italia

(106) CORSA, I No che segnarono le origini della psicoanalisi italiana, cit., p. 514e s.

(107) Cfr. ACCERBONI, Fatti e personaggi negli esordi della psicoanalisi in Italia,cit., p. 127.

(108) Cfr. CORSA, Edoardo Weiss a Trieste con Freud, cit., p. 54 e ss.(109) Ivi, p. 61 e ss.(110) E. WEISS, Totemmaterial in einem Träume, in « Internationale Zeitschrift

für Psychoanalyse », II (1914), pp. 159-164. Per una bibliografia delle opere di Weiss inlingua tedesca, cfr. A.M. ACCERBONI, Introduzione a WEISS, Elementi di psicoanalisi, cit.,pp. xl-xlii.

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avevano a cuore la diffusione della dottrina e dei principi delmaestro di Vienna. Da noi non esisteva una rivista che somigliassevagamente a « Imago », né c’erano ancora risorse sufficienti —finanziarie e intellettuali — per creare una tribuna ove pubblicare intraduzione quegli scritti di Freud che, con grande efficacia didatticaed esplicativa, si rivolgevano al lettore colto ma non necessariamentespecialista. Per fronteggiare le resistenze era necessario chiarire,approfondire, precisare i presupposti fondamentali della disciplina,fronteggiando a viso aperto i continui travisamenti e le rozze bana-lizzazioni. Negli anni a venire, Weiss seppe cogliere ogni occasioneutile: i congressi, le riviste, le conferenze e i dibattiti.

Il momento era dei più propizi, perché com’era capitato aBaroncini e agli altri a proposito dell’isteria, anche stavolta — neiprimi anni Venti — Freud stava producendo una significativarivisitazione della sua speculazione teorica. Il maestro viennese,infatti, andava spostando l’asse dei suoi interessi dal piano di unateoria della mente alla diagnosi della società in quanto tale. Ciriferiamo soprattutto a opere fondamentali come: « Al di là delprincipio di piacere » (111), in cui per la prima volta postula alla basedelle dinamiche della psiche un conflitto ancestrale tra la pulsione divita, di cui è parte costitutiva la libido, e la pulsione di morte chespinge il vivente a riconquistare il suo naturale stato inorganico;« Psicologia delle masse e analisi dell’Io » (112) che è uno dei piùaudaci tentativi di rivendicare all’indagine psicoanalitica i legamilibidici che fanno di una folla senza forma un soggetto pluraledesideroso solo di sottomettersi al suo terrifico e amorevole censore.A sostenere una tale visione dell’uomo e della società, compariva la« seconda topica » enunciata in « L’Io e l’Es » (113), in cui la triadeIo, Es e Super-Io si aggiungeva, senza obliterarla del tutto, alla

(111) S. FREUD, Al di là del principio di piacere (1920), in OSF, IX, pp. 193-256.L’autore impiegò più di un anno per licenziare la sua monografia, il che dà l’idea « dellacomplessità del lavoro a cui egli dovette sobbarcarsi per completare, e in parte superare,la dottrina delle pulsioni precedentemente elaborata »: ivi, Avvertenza editoriale, p. 14.

(112) S. FREUD, Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), ivi, pp. 261-330.(113) S. FREUD, L’Io e l’Es, ivi, pp. 475-520. Freud respinge la identificazione

dell’Io con la coscienza e ammette che « una parte dello stesso Io è inconscia »:Avvertenza editoriale, ivi, p. 472. Cfr. anche S. FREUD, Compendio di psicoanalisi (1938),in OSF, XI, pp. 567-634.

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distinzione tra « inconscio, preconscio e conscio », mirando a unapiù complessa definizione del « rapporto del personale con l’ano-nimo e con il sovrapersonale nell’instaurazione del soggetto » (114).

Marco Levi Bianchini era un eccentrico psichiatra di forma-zione lombrosiana, con una smisurata e non comune curiositàintellettuale. Come molti scienziati del suo tempo, anch’egli era figliodi quella « epidemia » positivistica di fine secolo che, in nome delprogresso, frantumava i tradizionali perimetri disciplinari per edifi-care una semantica stracolma di neologismi, analogie e metafore.Primario del manicomio di Nocera Inferiore (dal 1913), visitò iprincipali istituti psichiatrici tedeschi e si infervorò subito per lapsicoanalisi. Per tutta la vita sentì come una missione la diffusione inItalia delle idee di Freud e non esitò mai a sfidare « le opinioni delleautorità consacrate » con « uno spirito propagandistico » che tal-volta eccedeva la misura (115). Nelle sue temerarie imprese editorialie nelle sue iniziative, prese spesso d’impulso, è possibile intravedereil suo sentimento di inadeguatezza cui faceva fronte con spericolatieffetti di mascheramento e di copertura. Se qualche volta ammettevadi essere « in fatto di psicoanalisi alunno e minorenne », poi facevadi tutto per accreditarsi negli ambienti nazionali come il « fiducia-rio » di Freud. Si precipitava a Vienna per mostrare le sue traduzionifresche di stampa e dar prova del suo attivismo mostrandosi comeuna sorta di « manager della psicoanalisi ». Quando scriveva diWeiss, ne elogiava « la dottrina e consumata esperienza » o lo citavacome il « più intransigentemente freudiano », altre volte si vantavadi averlo come suo « collaboratore » nella impresa che aveva av-viato (116).

Nel 1915 Levi Bianchini fonda la collana editoriale « Biblio-teca psichiatrica internazionale », per la quale traduce e pubblicauna serie di testi freudiani: le « Cinque conferenze sulla psicoana-

(114) Cfr. P. RICOEUR, Psicanalisi. La teoria psicanalitica, in Enciclopedia delNovecento (1980), http://www.treccani.it/enciclopedia/psicanalisi_%28Enciclopediadel Novecento%29/.

(115) WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 75.(116) Cfr. A.M. ACCERBONI, Marco Levi Bianchini ed Edoardo Weiss: ambiguità di

un sodalizio alle origini della psicoanalisi in Italia, in Marco Levi Bianchini e le origini dellapsicoanalisi in Italia, Atti del Convegno nazionale, Teramo 26-27-28 ottobre 1995, a curadi F.S. Moschetta, Teramo, Ospedale neuropsichiatrico di Teramo, 2000, p. 39 e ss.

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lisi » (117), « Il sogno » (118) e « Tre contributi sulla sessualità » (119).Nel 1920 non si era ancora incontrato con Weiss, ma di certo i duecomunicavano da qualche tempo per lettera (120). Non è cosìimportante sapere oggi chi abbia preso l’iniziativa. Per una miste-riosa astuzia della storia, due personaggi diversissimi, per forma-zione, cultura e temperamento, si trovarono accomunati, per quasiun decennio, in un sodalizio scientifico male assortito e, per moltiversi, anche « ambiguo » (121). Levi Bianchini sentiva di non poterefare a meno della collaborazione dell’unico autentico psicoanalista inItalia che era stato allievo diretto di Freud; Weiss, d’altro lato,avvertiva la necessità di uscire dalle strettoie di una città ormaiperiferica per accedere, nelle riviste e nei congressi, al dibattitoscientifico che si dipanava tra psichiatri e psicologi (122).

Per la verità, Weiss aveva molte remore per uno studioso che,nonostante il suo fervore, reputava non così affidabile dal punto divista scientifico, ritenendolo addirittura superficiale e imprecisonegli scritti in cui si era occupato di psicoanalisi. Per non dire dellasua pervicace tendenza a dare di Freud l’immagine di « grandescienziato positivista », riducendo — entro una Weltanschauungd’impianto organicista — la portata ‘eversiva’ di una scienza, cheinvece guardava alla persona nella sua unità (e singolarità) corporeae psichica. Quando Levi Bianchini affermava — intervenendo al

(117) S. FREUD, Sulla psicoanalisi: cinque conferenze tenute nel settembre 1909alla Clark University di Worcester Mass. in occasione del 20. anniversario di fondazione,prima traduzione italiana sulla seconda edizione tedesca del 1912, [di] M. Levi-Bianchini(Biblioteca psichiatrica internazionale 1), Napoli, F. Giannini e Figli, 1915.

(118) S. FREUD, Il sogno, prima traduzione italiana, sulla seconda edizionetedesca del 1911, [di] M. Levi-Bianchini, (Biblioteca psichiatrica internazionale; 2),Napoli, F. Giannini e Figli, 1919.

(119) S. FREUD, Tre contributi alla teoria sessuale, prima traduzione italianaautorizzata sulla quarta edizione tedesca del 1920 del prof. M. Levi Bianchini, Zurigo-Napoli-Vienna, Libreria psicoanalitica internazionale, 1921.

(120) Cfr. ACCERBONI, Marco Levi Bianchini ed Edoardo Weiss, cit., p. 39, chepubblica stralci di una lettera di Freud a W.L. Mackenzie (del 1920) in cui egli si rallegradel fatto che i due fossero « in collegamento fra di loro » ed erano entrambi « disponibilia promuovere la causa psicoanalitica ».

(121) Cfr. ACCERBONI, Fatti e personaggi negli esordi della psicoanalisi in Italia,cit., p. 133 e ss.

(122) Cfr. ACCERBONI, Marco Levi Bianchini ed Edoardo Weiss, cit., p. 39.

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Congresso triestino del 1925 — che la psicologia freudiana era « intutto e per tutto inspirata a quell’energetismo meccanico od a quelneo-vitalismo che risalta in ogni corrente ideologica dei modernibiologhi e filosofi naturalisti » (123), si serviva in fondo di categoriefilosofico-culturali che, paradossalmente, sarebbero state usate con-tro Freud dalla sponda avversa dell’idealismo italiano (124).

Weiss avrebbe preferito avere come suo interlocutore il prof.Sante De Sanctis, grande esperto del sistema nervoso centrale, ilquale si era mosso nel corso degli anni sempre in favore di « un’ana-lisi funzionalistica e dinamica della vita psichica »; in più, eglivantava una lunga esperienza accademica e una solida produzionescientifica (125). Non che fosse un freudiano convinto, però era unosservatore « imparziale e simpatizzante », di sicuro « il più serenodei cattedratici italiani nei confronti della psicoanalisi » (126). Lastima di Weiss era certamente ricambiata, se l’illustre professoreconsigliò un giovane psichiatra, suo assistente alla Sapienza di Roma,di affidarsi alla terapia del Triestino per i gravi disturbi psicogeni dicui soffriva (127).

Nonostante Freud avesse apprezzato già nella sua Traumdeu-tung gli studi sui sogni di De Sanctis e ne riconoscesse ancora i meritiscientifici, mise in guardia Weiss da un sodalizio che, a suo dire,faceva correre il rischio di « introdurre la psicoanalisi sotto mentitespoglie ». Ai suoi occhi l’energico e infervorato psichiatra di Noceraera l’interlocutore giusto per la causa della psicoanalisi in Italia.

(123) Cfr. M. LEVI BIANCHINI, Il nucleo centrale della psicoanalisi e la presa dipossesso della psicoanalisi in Italia, in « Archivio generale di neurologia, psichiatria epsicoanalisi », VII (1926), 1, p. 9.

(124) Cfr. F.S. TRINCIA, Tra positivismo e idealismo: le origini della psicoanalisi inItalia e Marco Levi Bianchini, in « La Cultura », XXXVII (1999), pp. 63-93, il quale farilevare che « la difficoltà di classificare Freud nell’ambito del positivismo discendeproprio — la circostanza non appare affatto paradossale — dal dato di fatto che Freudnon ha mai ceduto di un solo passo, e dall’aver respinto ogni tentazione compromissoriacirca la distinzione tra la scienza psicoanalitica e la filosofia » (73).

(125) Cfr. DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 151 e ss., 188 e s.;ACCERBONI, Marco Levi Bianchini ed Edoardo Weiss, cit., p. 40; L. FIASCONARO, De Sanctis,Sante, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXXIX, Roma, Istituto dell’EnciclopediaItaliana, 1991, pp. 316-322.

(126) DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 151.(127) Cfr. WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 59 e s.

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Ancora una volta, la figura fantasmatica del padre finì per piegare levedute di Weiss, che non osò obiettare al risoluto giudizio diFreud (128).

Nasceva così, col suo vizio occulto, la collaborazione allarivista fondata da Levi Bianchini nel 1920, la cui intitolazione, dopoappena un anno, partorì come d’incanto — insieme a neurologia e apsichiatria — la magica parola che evocava il sol dell’avvenire.Vedeva la luce l’« Archivio generale di neurologia, psichiatria epsicoanalisi », affiancato dalla collana « Biblioteca psicoanaliticaitaliana ».

Nella rivista, di cui era fra i più influenti redattori, Weiss siprodigò per un decennio perché la psicoanalisi fosse conosciuta neisui fondamenti teorici. La scelta dei temi trattati nei suoi saggi eradeterminata « oltre che da un intento divulgativo » in favore di unpubblico più vasto e ancora digiuno della materia, anche « dall’esi-genza di chiarire e correggere certe concezioni confuse o addiritturasbagliate » (129). In una sua pagina introduttiva, apparsa — non acaso — nel primo numero, ammoniva sulla difficoltà ad apprendereseriamente la tecnica psicoanalitica: ci vogliono — scrive — anni diapplicazione e di duro lavoro « con concetti del tutto estranei allapsichiatria ed alla neurologia, estranei perfino alla usuale psicolo-gia ». In tutta Europa « vi sono dei periodici dedicati esclusivamentealla psicoanalisi ». E concludeva, con un tono tra l’amaro e ildivertito: « Un neurologo od un psichiatra non psicoanalista cheleggesse un qualsiasi brano di questi periodici, si troverebbe comeun turco alla predica ».

Si può ben capire, allora, che queste sue considerazioni eranole più appropriate per introdurre la traduzione di un brevissimoscritto di Freud che aveva l’eloquente titolo « La psicoanalisi selvag-gia », in cui erano presi di mira gli esperimenti avventati di queimedici che, orecchiando di sessualità e di nevrosi, provavano atrattare le affezioni dei loro pazienti senza avere la benché minima

(128) Cfr. ivi, p. 51.(129) Cfr. ACCERBONI, Marco Levi Bianchini ed Edoardo Weiss, cit., p. 44 e s., che

ricorda anche i giudizi non proprio benevoli espressi nelle recensioni di Weiss agli scrittidi Levi Bianchini e apparsi sull’« Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse ».

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esperienza terapeutica (130). E tra gli improvvisati psicoanalisti diturno, non si faceva fatica a pensare, senza doverlo chiamare incausa, anche al direttore responsabile della rivista, che dopo gli esitipoco felici di una sua « psicoanalisi parziale », a dire il vero avevaavuto l’onestà di ammettere di non essere sufficientemente prepa-rato allo scopo (131).

Da quel primo esordio, Weiss volge il suo impegno editorialea generi letterari che miravano a finalità diverse: saggi di ampiorespiro e di ardua densità teorica; schede e recensioni a scritti chebanalizzavano o, peggio ancora, distorcevano con malevolenza; tra-duzioni il più possibile corrette delle opere di Freud.

Pubblica un limpido saggio « Su alcuni concetti psicologicifondamentali della psicoanalisi » (132), che è la sua relazione alCongresso fiorentino di psicologia del 1923, un’occasione in cuiapprofondì la sua amicizia con Vittorio Benussi, uno straordinariopsicologo che ha saputo produrre « il tentativo più originale ediscutibile che sia stato operato in Italia nell’approfondimento dellapsicoanalisi da un’angolatura ancora strettamente legata alla speri-mentazione » (133). Poi: « Il simbolismo psicoanalitico » (134), in cui

(130) Cfr. E. WEISS, La “psicoanalisi selvaggia” di S. Freud, in « Archivio generaledi neurologia, psichiatria e psicoanalisi », II (1921), 2, pp. 113-119. Freud riferisce dellostato d’angoscia di una donna, abbandonata dal marito, i cui sintomi sarebberopeggiorati dopo aver consultato un giovane medico, che l’aveva incoraggiata a soddi-sfare, in qualche maniera, « il suo bisogno sessuale ». Per Freud, non basta « che ilmedico conosca alcuni risultati della psicoanalisi », è necessario « essersi famigliarizzatocon la tecnica ». Si tratta di una tecnica che « per oggi non si può ancora apprendere dailibri e certamente non si può arrivare ad essa che soltanto con grandi sacrifici di tempoe di fatica e con rinuncia a facili successi. La si impara, come del resto tutte le altretecniche mediche, solo da quelli che ne sono padroni » (p. 118). Da confrontare conOSF, VI, 1974, pp. 325-331.

(131) DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 198.(132) E. WEISS, Su alcuni concetti psicologici fondamentali della psicoanalisi.

Comunicazione al Congresso di Psicologia di Firenze (ottobre 1923), in « ArchivioGenerale di Neurologia, Psichiatria e Psicoanalisi », IV-V (1923-1924), 1, pp. 23-38.

(133) Cfr. DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 190 e ss.; C.MUSATTI, Benussi, Vittorio, in Dizionario biografico degli italiani, VIII, Roma, Istitutodell’Enciclopedia Italiana, 1966, pp. 657-659; ACCERBONI, Fatti e personaggi negli esordidella psicoanalisi in Italia, cit., p. 129 e ss. Triestino, come Weiss, si mosse con disagionelle spazio liminale tra due culture diverse. Dopo un lungo periodo passato all’univer-sità di Graz, dove si faceva sentire forte l’influenza di Franz Brentano, torna in Italia e

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fa conoscere « al lettore italiano alcune teorie sulla formazione delsimbolo così come erano state proposte da Silberer » (135); « Leorigini dei sentimenti sociali e religiosi dal punto di vista psicoana-litico » (136), che è un bell’esempio di antropologia culturale sullafunzione costitutiva del mito e del sacrificio; « Il castigo nell’educa-zione » (137), in cui asseconda la sua propensione (fenomenologica)per la formazione del Super-Io nei rapporti con l’Io.

E ancora, una serie di schede per stroncare scarni libretti malfatti e del tutto disinformati (138), come quelli di Giuseppe Dra-gotti (139), Giovanni Capone (140), Francesco Cibarelli (141) e Gio-vanni Fabrizi (142). Anche una lucida critica a Luigi Bianchi, LuigiRomolo Sanguineti e Roberto Assagioli (143). A primeggiare, però,per asprezza, è la recensione che Weiss riservò al pretenzioso volumedi Enrico Morselli (144), intitolato « La Psicanalisi », che persino alcauto Freud si mostrava come « assolutamente privo di valore »,stracolmo di un’infinità di « grandi e piccole inesattezze », degno

consegue, grazie ai buoni auspici di De Sanctis, la cattedra di psicologia sperimentale. Ilsuo « male di vivere » era, forse, speculare a quello del suo stravagante e geniale analista,Otto Gross.

(134) E. WEISS, Il simbolismo psicoanalitico, in « Archivio Generale di Neurolo-gia, Psichiatria e Psicoanalisi », VII (1926), 2, pp. 121-153.

(135) Cfr. CAROTENUTO, Jung e la cultura italiana, cit., p. 31.(136) E. WEISS, Le origini dei sentimenti sociali e religiosi dal punto di vista

psicoanalitico, « Archivio Generale di Neurologia, Psichiatria e Psicoanalisi », X (1929),1, pp. 19-47.

(137) E. WEISS, Il castigo nell’educazione, in « Archivio Generale di Neurologia,Psichiatria e Psicoanalisi », XII (1931), 3, pp. 208-216.

(138) Cfr. ACCERBONI, Introduzione a Weiss, Elementi di psicoanalisi, cit., p. xi.(139) G. DRAGOTTI, La psicoanalisi, Roma, Pozzi, 1923.(140) G. CAPONE, La dottrina psicoanalitica del Freud, Bologna, Zanichelli, 1924.(141) F. CIBARELLI, Pedagogia e psicoanalisi, Teramo, Libreria psicoanalitica

italiana, 1924.(142) G. FABRIZI, La psicoanalisi, Roma, P. Cremonese, 1928(143) Cfr. E. WEISS, Su alcune critiche di autori italiani in tema di psicoanalisi, in

« Archivio Generale di Neurologia, Psichiatria e Psicoanalisi », IV-V (1923-1924), pp.129-139.

(144) Cfr. E. Weiss, Recensione a E. Morselli, La psicanalisi (in due tomi: Milano,Bocca, 1926), in « Archivio Generale di Neurologia, Psichiatria e Psicoanalisi », VII(1926), 3, pp. 364-380. Pubblicata anche in « Internationale Zeitschrift für Psychoa-nalyse », XII (1926), 4, pp. 561-568.

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soltanto di essere apprezzato « come prova inequivocabile che l’a-utore è un asino » (145). Weiss aveva mal digerito l’inaudita scortesiaricevuta, quando a chiusura del suo brillante intervento al congressodella Società freniatrica italiana (Trieste, 1925), era stato attaccato— con toni di inaudita durezza — proprio da Morselli, che pure gliaveva chiesto, qualche tempo prima, consigli per la stesura del suolibro e poi l’aveva invitato a tenere la sua relazione su « Psichiatriae psicoanalisi » (146). Lo sgradevole incidente prese di sorpresaanche Levi Bianchini che, in vista del congresso, con un fantasticocoup de théâtre, aveva fondato — all’insaputa dello stesso Weiss —la « Società psicoanalitica italiana », associandovi d’ufficio i suoi(incolpevoli e ignari) assistenti all’ospedale di Teramo, dove si eratrasferito da un anno (147). Un’iniziativa improvvida e prematura, cuiWeiss — nonostante le consuete bonarie parole di Freud — guardòsempre con molto distacco (148). Come scrive Emilio Servadio (149),« un sodalizio soltanto nominale e senza storia », che prese vitarealmente solo sette anni dopo, quando la SPI fu presa direttamentein mano da Weiss trasferendola a Roma (150).

Come si sa, Weiss aveva molto a cuore la traduzione delleopere del suo maestro. Al punto tale che intorno al 1930 aveva

(145) Cfr. WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 72.(146) Cfr. E. WEISS, Psichiatria e psicoanalisi, in « Rivista Sperimentale di

Freniatria », LI (1926), 3-4, pp. 442-472. Vedi anche Riassunto della relazione fatta alXVII Congresso della Società Freniatrica Italiana (Trieste, 24-26 settembre 1925), in« Quaderni di Psichiatria », XII (1925), pp. 206-208. Sulla relazione e la discussione: L.GALDO, XVII Congresso della Società Freniatrica Italiana, in « Il Cervello. Giornale dineurologia », IV (1925), 6, pp. 403-409.

(147) Cfr. ACCERBONI, Marco Levi Bianchini ed Edoardo Weiss, cit., p. 43.(148) Lettera di Freud a Weiss del 30 settembre 1926: « La ringrazio per le Sue

notizie per la società italiana, che potrebbero comunque essere più promettenti, ma chedobbiamo accettare così come sono. Succede spesso, infatti, che la forma preceda ilcontenuto e sono contento che Lei non intenda distruggere questa forma ora. Speriamoche col tempo essa si riempia di contenuto, e se questo accadrà, sarà opera e meritoSuo »: WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 76 e s.

(149) Cfr. E. SERVADIO, La psicoanalisi in Italia, in « Rivista di psicoanalisi », XI(1965), 1, p. 5, che osserva come sia « perfettamente corretto datare la vera origine dellaSocietà Psicoanalitica Italiana al 1932, anno in cui essa fu costituita ex novo da EdoardoWeiss e da alcuni suoi collaboratori o allievi ».

(150) Cfr. ACCERBONI, Marco Levi Bianchini ed Edoardo Weiss, cit., p. 43.

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progettato di fondare a Trieste un’agenzia per la traduzione initaliano dell’opera completa di Freud. Un intento che non sarebberiuscito a realizzare, per la mancanza di un appoggio editoriale,neanche a Roma, dove per pubblicare la « Rivista italiana di psicoa-nalisi » dovette inizialmente farsi supportare economicamente dal-l’imprenditore triestino Alberto Stock (151).

Per la « Biblioteca psicoanalitica italiana » di Levi Bianchini,Weiss pubblicò l’« Introduzione allo studio della psicoanalisi », unaserie di lezioni introduttive che Freud tenne a Vienna negli anni1915/16 e 1916/17 col preciso intento di riassumere in forma pianae accessibile le sue acquisizioni cliniche e teoriche (152). Nellamedesima collana furono anche pubblicate in traduzione italiana la« Gradiva di Jensen » (153) e il « Mosè di Michelangelo » (154), eopere di Otto Rank (155) e di Oscar Pfister (156). Weiss curò pure latraduzione di « Totem e Tabù », che uscì nel 1930 per le edizioniLaterza (157).

Dal 1927, Weiss accentua il suo disagio per il lavoro almanicomio di San Giovanni, scrive un’accorata lettera a Federn, in

(151) Cfr. A.M. ACCERBONI, La Rivista di psicoanalisi: 1934-1954-2004. Le ragionidi un anniversario, in « Rivista di psicoanalisi », Supplemento, L (2004), 1, p. 14.

(152) S. FREUD, Introduzione allo studio della psicoanalisi: Lapsus-Sogno-Dottrinagenerale delle neurosi, prima traduzione italiana autorizzata sulla terza edizione tedescadel 1920 del dott. E. Weiss, con prefazione di M. Levi Bianchini, Napoli, Idelson, 1922.Cfr. Introduzione alla psicoanalisi, in OSF, VIII, 1976, pp. 195-611.

(153) S. FREUD, Delirio e sogni nella Gradiva di W. Jensen, traduzione italianaautorizzata sulla seconda edizione tedesca del dott. Gustavo de Benedicty, con prefa-zione di M. Levi Bianchini, Zurigo [etc.], Libreria psicoanalitica internazionale, 1923.

(154) S. FREUD, Il Mosè di Michelangiolo; traduzione autorizzata di E. Servadio,Napoli, Idelson, [dopo il 1928]. Pubblicata ancora in « Rivista Italiana di Psicoanalisi »,I (1932), 5, pp. 353-380.

(155) O. RANK, Il mito della nascita degli eroi: saggio di una interpretazionepsicologica del mito, prima traduzione italiana sulla prima edizione tedesca notevolmenteampliata con note ed aggiunte originali dell’autore, Zurigo [etc.], Libreria psicoanaliticainternazionale, 1921.

(156) O. PFISTER, Pedagogia e psicoanalisi, prima e unica traduzione italianaautorizzata, sulla seconda edizione tedesca del 1923, di M. Levi Bianchini, Napoli, Tip.F. Giannini e Figli, 1927.

(157) S. FREUD, Totem e tabù: di alcune concordanze nella vita psichica dei selvaggie dei nevrotici, traduzione di Edoardo Weiss, Bari, Laterza, 1930.

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cui lamenta la sua « nostalgia struggente per Vienna » (158). Sisentiva oppresso da quel clima che a Trieste aveva fatto dellapsicoanalisi un tema alla moda, un crogiolo di artisti vogliosi e diborghesi danarosi che si scambiavano, nelle belle sale dei caffècittadini, le più fantasiose interpretazioni sui loro sogni e i loroimmaginari. Che lo pressavano con le domande più stravaganti. Unvero « ciclone psicoanalitico », per dirla con Guido Voghera (159),che faceva naufragare — tra i refoli della bora triestina — il progettodi edificare una « istituzione » solida e discreta, che fosse capace difarsi carico, con un rigoroso training, della formazione di nuoviallievi. Mancavano, insomma, le condizioni per costruire una scuola.

È stato un vero miracolo come la pubblicazione dei suoiElementi di psicoanalisi (1931) sia stata una sorta di giro di boa, cheha cambiato la vita di Weiss e ha dato avvio alla nascita, se non diun vero e proprio movimento psicoanalitico, almeno di un consa-pevole progetto, che poteva fare a meno di fastidiose e inconcludenticontaminazioni. Il magnifico manuale, scritto con grande fatica econ limpida chiarezza, ha sancito l’apertura di una nuova stagione;è stato forse il vero punto d’avvio di una testualità che si emancipavafinalmente dal fardello dell’archeologia per puntare diritto al can-tiere di un edificio nuovo (160). Si può aggiungere che la sedeeditoriale (i manuali Hoepli), in cui l’opera fu accolta, rappresentavaper la psicoanalisi e per Weiss « l’ingresso in una certa ufficialità delsapere, in ogni caso l’acquisto di una legittimità e l’abbandono, forseneppure previsto, di una esotericità non più necessaria » (161).

Gli Elementi sono, forse, il suo più autentico congedo daTrieste. Silvio Tissi, il solito ciarlatano di turno, su invito della

(158) Cfr. CORSA, Edoardo Weiss a Trieste con Freud, cit., p. 63.(159) Cfr. G. VOGHERA, Gli anni della psicanalisi, Pordenone, Studio Tesi, 1980,

p. 19, che ricorda bene come, nonostante le obiezioni di Weiss, che cercava di spiegarecome il troppo parlare della propria analisi fosse un presupposto per tradirla, continuavaa esserci « un continuo scambiarsi di racconti ed interpretazioni di sogni e di lapsus ».

(160) Cfr. ACCERBONI, Introduzione a Weiss, Elementi di psicoanalisi, cit., pp.ix-xxxi, che ha promosso e curato l’edizione della prima edizione (Milano, Hoepli,1931). L’opera ebbe tale successo che, a distanza di solo un anno, apparve un secondaedizione « migliorata e corretta » e nel 1937 una sua ristampa con pochissime varianti dicarattere formale.

(161) Cfr. RANCHETTI, Un pioniere della psicoanalisi, cit., p. 21.

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Associazione medica triestina, aveva tenuto con scandalosa incom-petenza una conferenza per spiegare la psicoanalisi. Weiss se ne eralamentato. L’Associazione cercò di rimediare, invitandolo a tenerecinque lezioni, tra febbraio e giugno del 1930.

Le lezioni ebbero un grande successo di pubblico e Weiss —nonostante le sue insicurezze — si decise a farne un libro. Non eracosa facile. Per la sua stesura, chiese più volte consigli a Federn,sentiva la responsabilità — la stessa che era stata anche di Freud perle sue opere divulgative — di essere particolarmente accurato nellaenunciazione dei concetti e nella costruzione degli argomenti, tantopiù che andava reso in italiano un lemmario che lo stesso Viennesepiegava sovente a ripensamenti e cambi di rotta.

Nel 1931, l’anno stesso della pubblicazione degli Elementi,Mario Piacentini dedica all’opera una puntuale recensione nellepagine di « La Giustizia penale » (162). Weiss aveva già lasciato neiprimi del 1929 il suo incarico all’ospedale psichiatrico e stavapreparandosi a lasciare Trieste per Roma, contando sull’aiuto di DeSanctis che gli aveva promesso di sostenerlo inviandogli dei pazienti.Non poteva ancora immaginare che il suo lavoro di pioniere avrebbetrovato ampio spazio in una rivista di diritto penale.

I primi tempi a Roma non furono facili, ma grazie alla suatenacia poté cominciare a svolgere la professione. Insieme ai pa-zienti, cominciarono ad arrivare i primi allievi. La Società si riunì perla prima volta il primo ottobre 1931 a casa Weiss, in via dei Gracchi.In quella occasione furono accolte le domande di ammissione diSante De Sanctis, Ferruccio Banissoni, Nicola Perrotti, Emilio Ser-vadio, Cesare Musatti, Raffaele Merloni e Vanda Shrenger. EdoardoWeiss fu nominato presidente effettivo, con Levi Bianchini e DeSanctis presidenti onorari.

I membri della giovanissima Società « si riunivano ogni se-

(162) Cfr. M. PIACENTINI, [Recensione a] E. Weiss Elementi di psicoanalisi, cit., in« La Giustizia penale », XXXVII (1931), col. 1620 e s., in cui l’A. sa costruire una schedachiara e informata, combinando parti del testo di Weiss con il Glossario che compare allafine del volume. Già nel 1927, era comparsa la prima menzione ai lavori di Freud: cfr. T.ASCARELLI, recensione a Die Traumdeutung, Der Witz und seine Beziehung zum Unbe-wussten, Über Psychoanalyse (« La Giustizia penale », XXXIII (1927), col. 1244 e s.).

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condo mercoledì del mese, modellandosi nella periodicità allaSocietà madre viennese » (163). La coincidenza anche della data incui dibattere di temi scientifici non deve stupirci, perché nei suoiaspetti rituali e simbolici i mercoledì facevano già sentire lo sparutogruppo di Weiss parte di un organismo più ampio. Una visioneolistica (e marcatamente istituzionale) che lo stesso Freud avevavoluto imprimere sin dall’inizio al movimento psicoanalitico. Infondo, anche le regole del nuovo statuto si ispiravano al modelloviennese: là dove, soprattutto, vincolavano l’ammissione dei sociall’analisi didattica e alla redazione di una relazione in cui dar provadi una buona conoscenza della teoria e delle strategie terapeutiche.

Teramo, oramai, era lontana. Weiss, che aveva ottenuto lavenia docendi per l’Italia, « si presentò ufficialmente con un gruppoitaliano a 3 congressi dell’Associazione Psicoanalitica Internazio-nale ». A Wiesbaden nel 1932, a Lucerna nel 1934, a Marienbad nel1936, dove finalmente si giunse, per acclamazione, « a un riconosci-mento anche formale della Società italiana » (164).

Organo ufficiale della Società era la « Rivista italiana di psi-coanalisi », il cui primo numero apparve nel 1932. Con le stesseparole di Weiss, si trattava della « prima pubblicazione periodica »in Italia, dedicata « esclusivamente alla diffusione e all’approfondi-mento delle conoscenze acquistate all’umanità dalla giovane scienzadella psicanalisi » (165). Com’è evidente, non era una tribuna chemirava principalmente a scompaginare i luoghi comuni che circola-vano sulla mente e il suo funzionamento. Almeno, non era soloquesto, se solo pensiamo alla postura di Freud (direi, tipicamente

(163) Cfr. ACCERBONI, Fatti e personaggi negli esordi della psicoanalisi in Italia,cit., p. 136. Cfr. E. SERVADIO, Edoardo Weiss (1889-1970), in « Rivista di psicoanalisi »,XVI (1970), 1, p. 7: « Dopo breve tempo dall’arrivo di Weiss a Roma, si tenne a casa suala prima ‘riunione scientifica’. L’espressione può sembrare eccessiva se si pensa che alle‘riunioni’ in questione partecipano sì e no otto o dieci persone (immancabili eranoPerrotti, il di lui cognato avv. Merloni, la moglie di Weiss, e Musatti, quando potevaoccasionalmente lasciare Padova e farci visita). Alcuni degli scritti presentati e discussiin casa Weiss vennero poi pubblicati nella Rivista Italiana di Psicoanalisi, e alcuni pochiapparvero anche in periodici stranieri ».

(164) Ibidem.(165) Cfr. E. WEISS, Presentazione, in « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932),

1, p. 1 e ss.

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‘cospirativa’) che — in un tempo feroce verso ogni forma di pensierocritico — adottava le sue capacità ‘mimetiche’, per difendere con lagiusta misura la sua creazione, senza forzature dannose, ma senzacedere di un solo passo sui suoi principi fondativi. Possiamo, allora,dire che il progetto che animava la nuova rivista, oltre che ispirato aun’evidente inclinazione al proselitismo, voleva essere propedeuticoalla formazione di una scuola degna di questo nome: i membri‘abilitati’ si sarebbero confrontati, nella scrittura, con l’avanzamentodel loro training e la preparazione teorica che andavano acquisendo.Non da ultimo, nei progetti di Weiss, c’era il gran desiderio di usciredai confini nazionali, aprendosi il più possibile ai contributi chevenivano dall’estero.

Fu così che la rivista ospitò, oltre a saggi originali di studiosiitaliani, anche la traduzione di importanti opere di Sigmund Freud(« Il Mosè di Michelangelo » (166) e la « Nuova serie delle Lezioniintroduttive alla psicoanalisi » (167)), di Ernest Jones (« Psicoanalisie folklore » (168)), di Franz Alexander (« Psicoanalisi e medi-cina » (169)), di Paul Federn (« La depressione quale perturbamentopsichico » (170), « Relazioni cicliche di amicizia » (171)) e di HeinrichMeng (« Psicoanalisi ed educazione sessuale » (172), « Il bambino ela psicoanalisi » (173)). Dopo due anni appena, però, la rivista fucostretta a chiudere, per il mancato rinnovo dei permessi necessari.Fu uno smacco duro. Weiss fece il possibile per far fronte all’ostilitàche veniva, più che dal fascismo, dalle gerarchie ecclesiastiche e,introdotto dal padre di una sua paziente, intervenne col ministroCiano che si mostrò ben disposto ad aiutarlo e, a quanto pare, fusul punto di riuscirci (174). Ma non ci fu verso. I due fascicoli, già

(166) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 5, pp. 353-380.(167) « Rivista italiana di psicoanalisi », II (1933), 1, pp. 3-26; 2, pp. 79-98; 3,

pp. 152-172; 4, pp. 229-255; 5/6, pp. 285-308, 309-329, 330-354.(168) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 2, pp. 87-105.(169) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 2, pp. 131-153.(170) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 4, pp. 277-298.(171) « Rivista italiana di psicoanalisi », II (1933), 3, pp. 173-178.(172) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 1, pp. 31-401.(173) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 2, pp. 154-166.(174) Cfr. DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., p. 202 e ss., che

osserva: « la durezza dell’attacco rivelava una paura, e dunque il successo inquietante dei

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stampati, del 1934 non furono mai distribuiti (175). In compenso, inostri pionieri continuarono a scrivere e a tradurre nella « Biblio-teca Psicoanalitica Internazionale, Serie Italiana », che si era affian-cata alla Rivista, dove comparvero tra l’altro, la seconda serie delle« Lezioni Introduttive » (176), « Psicoanalisi per gli educatori » diAnna Freud (177) ed « Educazione e sessualità » di Marie Bona-parte (178). Soprattutto, i « Saggi di Psicoanalisi in onore di Sig-mund Freud », nel 1936, con cui fu reso omaggio al Maestro inoccasione del suo ottantesimo compleanno. Come fa rilevare AnnaMaria Accerboni, la pubblicazione del volume, che conteneva« scritti, oltre che di Weiss, di Musatti, Servadio, Perrotti, Hirsch,Kovacs, Merloni, fu l’unica occasione in cui il piccolo gruppointorno a Weiss ebbe modo di esprimersi collegialmente » (179).

Il dato davvero sorprendente è che il nostro pioniere — l’annodopo la benevola recensione di Piacentini — avviò una collabora-zione con la vivace (ed eccentrica) « La Giustizia penale », cheavrebbe dato frutti impensati fino al suo forzato espatrio per gli StatiUniti. Ma c’è di più: quando ancora era attiva la Rivista, alcuniarticoli, non solo i suoi, comparvero in entrambi i fogli. Dopo lachiusura dell’organo ufficiale della Società, la rivista di GennaroEscobedo fu l’unica tribuna in cui la psicoanalisi poté far sentire la

tentativi freudiani in Italia » (p. 203). Sulla corrispondenza che in merito Weissintrattenne con Freud, cfr. WEISS, Sigmund Freud come consulente, cit., p. 96 e ss. Daultimo, cfr. ZAPPERI, Freud e Mussolini, cit., p. 95. Francamente, mi pare ci sia stato uno‘straparlare’ dei rapporti tra Freud e Weiss con il regime fascista. In proposito, mi fermoalle sensate (ed equilibrate) considerazioni di Glauco CARLONI, La psicoanalisi nellacultura italiana, in Freud e la ricerca psicologica, cit., p. 63 e ss.

(175) Cfr. E. SERVADIO, Il movimento psicoanalitico in Italia, in « Rivista dipsicoanalisi », XXII (1976), 2, p. 164.

(176) S. FREUD, Introduzione alla psicoanalisi: Nuove Lezioni, traduzione auto-rizzata di Edoardo Weiss, Roma, P. Cremonese, 1934.

(177) A. FREUD, Introduzione alla psicoanalisi per gli educatori: 4 lezioni, tradu-zione e prefazione di Emilio Servadio, Roma, P. Cremonese, 1935.

(178) M. BONAPARTE, Educazione e sessualità: la profilassi infantile delle nevrosi,traduzione di N. Perrotti, Roma, P. Cremonese, 1935.

(179) Cfr. ACCERBONI, La Rivista di psicoanalisi, cit., p. 17.

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sua voce: con un numero cospicuo di saggi, recensioni, e schedebibliografiche (180).

Quasi d’incanto, l’antico auspicio di Freud in occasione dellasua lezione agli studenti viennesi di diritto, trovò in Italia un terrenodi coltura per sperimentare un confronto tra il discorso giuridicodella responsabilità penale e quello psicoanalitico della logica dellacolpa.

6. La psicoanalisi nel villino di via Nicotera a Roma: GiulioAndrea Belloni, Mario Piacentini ed Edoardo Weiss.

Nel 1895 Gennaro Escobedo, insieme a Giovan Battista Im-pallomeni e Vittorio Sciarra, fonda la Giustizia Penale, una rivistache mirava a « una rapidità di intervento sull’attualità politica egiuridica che neanche la rivista di Lucchini, malgrado la sua pro-verbiale puntualità e tempestività, poteva permettersi ». La nuovaimpresa si inscriveva di certo nella tradizione della ‘scuola classica’del diritto penale, ma mostrava un certo disagio a lasciarsi irretire inun inconcludente « dottrinarismo liberale », che mascherava astento l’esigenza di dar voce alle urgenze (vere o immaginarie, pococonta) che la società era chiamata a fronteggiare, ogni santo giorno,nei confronti degli « individui pericolosi » (181). La penalistica ita-liana, ispirata ai principi riformatori dell’illuminismo giuridico, perquanto fermamente ostile alla spericolata ondata che montava dalla‘scuola positiva’ di Enrico Ferri, non faceva fatica a condividere che,ai margini di un Codice autenticamente liberale, si affollasseroscritture ispirate alla logica securitaria della difesa sociale controogni forma di devianza e di anomalia (182).

Soprattutto dal 1902, anno in cui Escobedo divenne unicodirettore responsabile de « La Giustizia penale », la rivista accentuò

(180) Ne ho dato notizia, in forma ancora provvisoria, in un convegno tenuto aJesi a febbraio del 2010: « Una ‘tribuna’ per le scienze criminali. La cultura delle Rivistenel dibattito penalistico tra Otto e Novecento ».

(181) Cfr. M. SBRICCOLI, Storia del diritto penale e della giustizia. Scritti editi einediti (1972-2007), vol. II, Milano, Giuffrè, 2009, p. 976 e ss.

(182) Cfr. M. SBRICCOLI, Caratteri originari e tratti permanenti del sistema penaleitaliano (1860-1990), in Storia d’Italia ‘Einaudi’. Annali, 14: Legge Diritto Giustizia, acura di L. Violante, Torino, Einaudi, 1998, p. 487 e ss.

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la sua propensione a indagare i congegni che sovrintendevano alfunzionamento della giustizia. Un periodico, dunque, che voleva fardialogare la scienza del diritto col quotidiano agire di giudici e diavvocati. Quando, giovanissimo, sognava di diventare « avvocato egiurista insieme », aveva già ben chiaro che « la pratica e la scienzasono inscindibili, e l’una deve attingere la sua forza dall’altra ». Aifigli, di tanto in tanto, amava leggere — dopo cena — le sue« memorie difensionali », con lo stesso trasporto che riservava alletraduzioni di Milton e di Heine. Non vi era causa per cui egli non siappassionasse, ma il pensiero dominante restava pur sempre la suarivista, una palestra del diritto « ove la scienza si formasse e aderisseai casi pratici e concreti » (183).

Col passare degli anni, la Rivista ampliò di molto la tribuna deisuoi lettori, divenendo « uno strumento indispensabile per l’ammi-nistrazione della giustizia penale in Italia, sia per gli avvocati che peri magistrati, e per i cittadini di ogni categoria » (184). Escobedo ebbeil grande merito di tenersi a parte dalla bufera dottrinale che, daglianni Ottanta del secolo XIX, continuava ad alimentare un contrasto« aspro, fragoroso e quasi mai di buona qualità », vedendo da unaparte la « robusta schiera di penalisti liberali » e, dall’altra, le nuoveidee nate « nel clima positivista che percorreva l’Europa » (185). Erapersona cauta e misurata, ma, sebbene si fosse nutrito del pensierogiuridico liberale, egli non ebbe remore o pregiudizi per guardarecon simpatia alle idee di quei giovani intelletti che, ai suoi occhi,avevano il merito di scompaginare un mondo che pareva accompa-gnare il suo stesso tramonto.

Come si sa, in quegli anni ad essere aggrediti e scossi da unacorrente di studi, designata da Ferri come « scuola positiva di dirittocriminale », erano proprio i fondamenti della dottrina penalistica. Sel’idea di « responsabilità penale » era minata alla radice, negandosiall’individuo il libero arbitrio (dai tempi della canonistica medievale,la più risalente delle sue facoltà), la logica retributiva doveva lasciare

(183) Cfr. F. ESCOBEDO, in Scritti in onore di Gennaro Escobedo, in « La Giustiziapenale », Parte Prima, XLVIII (1942), col. 160 e s.

(184) Cfr. M. PIACENTINI, in Scritti in onore di Gennaro Escobedo, cit., col. 234.(185) Cfr. SBRICCOLI, Caratteri originari e tratti permanenti del sistema penale

italiano, cit., p. 502 e s.

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il posto alla prevenzione del delitto, guardato ormai come « unfenomeno umano, naturale e sociale », da studiare non più solo conla conoscenza della legge e del diritto, ma mirando alle sconfinateradure dell’antropologia criminale e della criminologia di marcalombrosiana (186). Come dire: per i positivisti bisognava « difenderela società », perché il delinquente — con la sua fronte sfuggente, isuoi occhi obliqui e le sue cicatrici colpevoli — somigliava al delittoprima ancora d’averlo commesso.

La chiave di volta per Gennaro Escobedo e la sua rivista fu lapromulgazione, nel 1930, dei nuovi Codici (penale e di procedurapenale). In merito a un evento capitale, che ha portato i suoi segnifin quasi ai nostri giorni, non convince del tutto l’idea che AlfredoRocco abbia voluto superare, con il « metodo ‘tecnico-giuridico’ » (187), l’annosa disputa tra le scuole di diritto penale.Propenderei a credere, invece, che la codificazione delle misure disicurezza sia stata una mirabile manovra per attrarre, entro i marginidel testo, quella sterminata serie di provvedimenti amministrativi edi polizia che, col Codice Zanardelli, se ne stavano ancora adoperare senza darsi troppo a vedere (188).

In un contesto del tutto nuovo, Escobedo — come sapeva farenei momenti cruciali — colse una grande opportunità per la suaRivista. Tra i suoi meriti, egli aveva anche la capacità di scovaregiovani talenti. Gli era capitato di leggere un breve saggio di GiulioAndrea Belloni che, ancora ventenne, mostrava un traboccantefervore per la ventata positivistica che scuoteva il mondo del di-ritto (189). Seppe leggere in quelle pagine la mistura che raramente si

(186) Cfr. ivi, p. 499 e ss., in merito alla tendenza storiografica che si ostinaancora ad adottare il paradigma delle scuole penali, facendosi irretire in una battaglia —per la verità, non solo ‘ideologica’ — ingaggiata da Ferri contro l’egemonia dell’establi-shment penalistico.

(187) Cfr., come « tornante convenzionale », la prolusione sassarese di ArturoRocco del 1910: A. ROCCO, Il problema e il metodo della scienza del diritto penale, in« Rivista di diritto e procedura penale », I (1910), parte I, pp. 497-521, 560-82: SBRICCOLI,Caratteri originari e tratti permanenti del sistema penale italiano, cit., p. 522 e ss.

(188) Cfr. G. NEPPI MODONA, Diritto penale e positivismo, in Il positivismo e lacultura italiana, a cura di E.R. Papa, Milano, Franco Angeli, 1985, p. 57 e ss.

(189) Riproposto dieci anni dopo: G.A. BELLONI, Preliminari alla criminologia,Roma, P. Maglione, 1932.

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mostra in una persona, tra intelligenza, creatività e capacità digoverno. Da questa sua intuizione nacque una nuova sezione(« Prima parte ») de « La Giustizia penale »: I Presupposti del dirittoe della procedura penale, che affidò alla guida di Belloni. Come silegge nel programma che illustrava l’inizio della nuova fatica, « ildiritto ha il suo fondamento nella biologia e nella sociologia », sicchélo studio del delinquente e dell’ambiente sociale e politico in cui èvissuto « è il presupposto scientifico indispensabile alla conoscenzadel diritto e della procedura penale ».

A guidare la nuova sezione della rivista, Belloni era la personagiusta. Nella sua infaticabile attività di studioso e di pubblicista miròsoprattutto a coniugare il canone della ‘difesa sociale’ con autenticiaccenti di umanitarismo. L’ancoraggio a una visione democratica egradualista gli veniva da quella condivisione di ideali con il pensierodi Cattaneo e di Romagnosi. La sua militanza politica, repubblicanae mazziniana, gli procurò l’esperienza dolorosa di frequenti fermi dipolizia e di lunghe detenzioni. Di fatto, gli fu preclusa la carrierauniversitaria e quella forense. Si capisce, allora, perché sia statoproprio il mondo dei periodici scientifici il campo in cui potécoltivare meglio le sue inclinazioni per lo studio della criminologia edella psicologia sociale. Fu, soprattutto, fra le mura dell’ospitalevillino dell’avvocato Escobedo — in via Nicotera a Roma — che egliriuscì a produrre un originalissimo lavoro redazionale, riuscendo acostruire una salda rete di solidarietà culturali e umane. I Presuppostidiventarono la rassegna più aggiornata delle norme e della dottrina,degli studi e dei convegni, dei progetti e dei dibattiti che, in ogniparte del mondo, assumevano ad oggetto di « osservazione » e di« bonifica » la cosiddetta questione criminale. Tra antropologia epsichiatria, statistica e sociologia, biologia e psicologia sperimentale,fece la sua comparsa, per la prima volta in una rivista giuridica lapsicoanalisi. Ciò fu merito di Belloni che assegnò uno spazio impor-tante agli scritti di Edoardo Weiss e dei suoi allievi romani (190).

(190) Cfr. B. DI PORTO, Belloni, Giulio Andrea, in Dizionario Biografico degliItaliani, VII, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1965, pp. 777-778; F. MIGLIO-RINO, Belloni, Giulio Andrea, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo),a cura di I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, I, Bologna, il Mulino, pp.209-210.

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Ad affiancare Belloni, c’era Mario Piacentini, che, come ab-biamo visto, aveva scritto una bella recensione alla prima edizionedegli Elementi di Edoardo Weiss. Piacentini entra in magistraturanel 1910. Frequenti viaggi di studio in Europa e Nord America pervisitare carceri e manicomi. Collabora con la commissione presie-duta da Enrico Ferri per un progetto preliminare di codice penale,e diventa uno stimato e apprezzato consigliere di Alfredo Rocco. Nel1934 è nominato consigliere d’appello addetto alla Corte di Cassa-zione e, l’anno dopo, riceve un encomio dall’Accademia d’Italia peril suo libro sui « culti ammessi », ancora oggi il più ampio eapprofondito studio sulla materia (191).

I Presupposti si arricchirono presto di nuovi collaboratori. Nelprimo fascicolo essi ammontavano a 68; nel 1939 redattori e colla-boratori raggiunsero l’incredibile numero di 157, accogliendo ormaiil contributo fattivo persino (ma c’è da meravigliarsene?) dei crimi-nalisti dell’Unione Sovietica.

Una cura speciale fu sempre dedicata alle sezioni « Rivistadella dottrina » e « Bollettino bibliografico », dove si raccoglieva unnumero rilevante di recensioni, abstract o semplici segnalazioni. Perquanto i lavori citati fossero « di materia prevalentemente scienti-fica », essi erano accomunati da un nesso evidente « con la materiagiuridica ». In una prima parte si riassumevano i lavori relativi allaBiologia, all’Antropologia criminale, alla Psicologia e alla Psicoana-lisi. Seguivano poi, gli studi sui Minorenni, e quelli di Sociologia,Sociologia criminale e Statistica. Per finire con gli scritti in materiadi Prevenzione e di Profilassi criminale (192).

Come si vede, la psicoanalisi s’era conquistata un suo specifico(e tassonomico) spazio in una rivista a dir poco stravagante rispettoalla formazione culturale dei nostri pionieri, ma che offriva incompenso il vantaggio di una estesa diffusione nell’ambiente acca-demico e, soprattutto, tra gli operatori del diritto.

Al loro esordio, già nel primo fascicolo, i Presupposti pubbli-

(191) Cfr. F. MIGLIORINO, Piacentini, Mario, in Dizionario biografico dei giuristiitaliani, cit., II, pp. 1567-1568.

(192) Cfr. « La Giustizia Penale », Parte Prima, XXXVIII (1932), 2, col. 201 ess. D’ora in avanti, nelle citazioni si fa un rinvio implicito alla prima parte dedicata a « IPresupposti del diritto e della procedura penale ».

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cano con grande evidenza un saggio di Edoardo Weiss, dal titolo « Ildelitto considerato quale equivalente dell’autoaccusa » (193). Weissrivendica alla psicoanalisi il merito di aver reso evidente comenell’animo umano si svolgano dinamiche che si sottraggono allastessa coscienza dell’individuo, e che finiscono per manifestare altrifenomeni la cui origine resta ancora ignota e non conosciuta. Lacoscienza funziona come una « voce interna », che ci ammonisce a« fare certe azioni » tralasciandone altre, « secondo un criterio moltorelativo e di origine complicata ». Quando si agisce contro la vocedella coscienza, nasce « quel senso di disagio interiore che si designacol nome di sentimento di colpa ». Può anche capitare che chi « ètormentato da un sentimento di colpa », per qualcosa che ha ri-mosso, faccia di tutto « per riacquistare la sua tranquillità » dispo-nendosi « alla confessione ed al castigo, anche quando vi si potrebbesottrarre ». Il colpevole, a volte, si spinge al punto da « tradirsi suomalgrado, senza volerlo ».

Con la sua proverbiale cautela, Weiss aggiunge che non in tuttii delinquenti opera « un meccanismo di questo genere », ma siaugura che i penalisti italiani, così pronti a guardare ai « motivipsicologici del delitto », possano trarre qualche utilità da un tema« appena sfiorato », su cui promette di tornare con ulteriori appro-fondimenti.

Come è facile intuire, nel suo saggio Weiss si avvale delleintuizioni di Freud sul tipo di carattere del « delinquente per sensodi colpa » (194), ma si incarica anche di citare un saggio pionieristicodi August Aichorn (195) e il libro di Alexander e Staub sul delin-

(193) Ivi, 1, col. 36-39.(194) Cfr. supra, nota 74.(195) Cfr. A. AICHORN, Verwahrloste Jugend, Wien, Internationaler Psychoana-

lytischer Verlag, 1925. Nella prefazione che Freud scrisse all’opera di Aichorn, che avevaspeso lunghi anni a Vienna con ragazzi e adolescenti che presentavano gravi problemi diadattamento sociale, vale la pena di leggere almeno: « Dalle esperienze e dai successi diAugust Aichorn possiamo trarre, a mio parere, due avvertimenti: prima di tutto chel’educatore deve acquisire una cultura psicoanalitica, in assenza della quale l’oggettodella sua ricerca, il bambino, rimane un enigma inattingibile »: cfr. S. FREUD, Prefazionea « Gioventù traviata » di August Aichorn (1925), in OSF, X, 1978, pp. 180-183.

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quente e i suoi giudici (196), spingendosi fino al mito delle colubriErinni e alla cupa tragedia del tormentato Macbeth, ma, come inFreud, non c’è riferimento a Fëdor Dostoevskij.

A noi preme qui segnalare, soprattutto, come il saggio di Weisscompaia — poche settimane dopo — nella « Rivista italiana dipsicoanalisi ». Il titolo è cambiato, ma di poco: « Il delitto, conse-guenza psicologica del bisogno di confessione » (197). Ci sono va-rianti tra i due testi: Weiss ora può citare la seconda edizione deisuoi Elementi di psicoanalisi (del 1932) e, diversamente dalla ver-sione affidata ai Presupposti, non si limita a parlare di « coscienzamorale », ma fa riferimento alla formazione del Super-Io con la suaarcigna severità di giudizio. Inoltre, là dove prima rinviava al terzocapitolo dei suoi Elementi, qui invece fa un esplicito riferimento alcomplesso edipico « come ripetizione ontogenetica delle tappe piùsalienti della civiltà umana »: il solito Haeckel che, con la suafantasmatica teoria della ricapitolazione, aveva fatto innamorareanche il maestro viennese (198). C’è di più, perché l’autore — nellepagine della sua Rivista — può ormai descrivere più distesamente uncaso clinico che nella versione precedente aveva dato in manieraabbreviata, dato che il paziente non aveva ancora dato il consenso adescrivere particolari del setting in qualche modo riconducibili allasua identità. Si trattava di un soggetto che era solito commettere « inmodo più o meno palese » piccoli furti e raggiri, sentendosene quasisollevato, e nel frattempo sentiva il bisogno di tradirsi. In luialbergava un senso di colpa precedente, in cui si dava a vedere, conla sua amorevole e terrifica presenza « la viva rappresentazione della

(196) Cfr. F. ALEXANDER, H. STAUB, Der Verbrecher und seine Richter, Wien,Internationaler Psychoanalytischer Verlag, 1929. Un libro, a mio parere, sopravalutato,soprattutto in Italia dove è apparso, nella sua prima veste, con una discutibile tradu-zione: Il delinquente e i suoi giudici: uno sguardo psicanalitico nel campo del diritto penale,Milano, Giuffrè, 1948.

(197) Cfr. E. WEISS, Il delitto, conseguenza psicologica del bisogno di confessione,in « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 2, pp. 167-175, dove — com’è facile intuire— non c’è riferimento ai meriti dei penalisti italiani.

(198) Sull’uso ‘ideologico’ della teoria della ricapitolazione nei giuristi di scuolapositivistica, cfr. F. MIGLIORINO, Ragione, probità, benevolenza. I miti borghesi di AngeloMajorana, in Il “giureconsulto” della politica. Angelo Majorana e l’indirizzo sociologico delDiritto pubblico, a cura di G. Pace Gravina, Macerata, EUM, 2011, pp. 69-93.

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figura paterna ». I suoi comportamenti erano nient’altro che forme diautoaccusa per espiare una colpa, a lui del tutto ignota, che solo l’ana-lisi avrebbe messo allo scoperto. Il giovane faceva di tutto perché « ilpadre perdesse la fiducia riposta in lui » e, nel respingere la sua im-magine possente e virile, la cercava per trovare una via d’uscita (199).

Qualche pagina dopo, compare un breve scritto di GiuseppeVidoni, allievo di Enrico Morselli e collaboratore di Nicola Pende,convinto assertore dell’incidenza delle tare genetiche sulla persona-lità dei delinquenti (200). Un medico (e criminologo) lontanissimodalla psicoanalisi e dai suoi assunti teorici, il quale negli anni a venireavrebbe sostenuto l’eugenica come strumento di profilassi so-ciale (201). Eppure, in un clima in cui c’era un gran discutere sulle« relazioni » tra le dottrine del Dr. Freud con la medicina legale e lapsicologia criminale, Vidoni dava grande enfasi al congresso che sisarebbe tenuto da lì a poco in Francia, in cui Georges Genil-Perrinsi era incaricato di approfondire i possibili apporti della psicoanalisialla medicina legale. Nel questionario, che egli aveva fatto circolare,si chiedeva, fra l’altro, « se la pratica psicoanalitica con finalitàterapeutica » dovesse essere riservata solo ai medici, e quali fosserole precauzioni per evitare che degli improvvisati praticanti, senzaaverne titolo, arrecassero danno ai pazienti. Il questionario non eracosì ‘innocente’: da parte del sapere ufficiale (e istituzionale) c’era lapretesa di arginare, quanto più possibile, un dispositivo terapeuticoche sfuggiva ai tradizionali canoni della medicina accademica.

Lo scritto di Vidoni è poco più di una noterella (202). Se nediamo un rapido cenno, è solo perché in esso si agglutinano incrociche hanno molto a che vedere col rapporto tra psicoanalisi, crimi-nologia e diritto penale. Come quando l’autore dà un particolarerilievo a un incontro della Società psicoanalitica francese, dove

(199) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 2, p. 169 e ss.(200) Cfr. G. VIDONI, Valore e limiti dell’endocrinologia nello studio del delin-

quente, prefazione di N. Pende, Torino, Fratelli Bocca, 1923.(201) Cfr. F. CASSATA, Molti, sani e forti. L’eugenetica in Italia, Torino, Bollati

Boringhieri, 2006, pp. 193-195.(202) Cfr. G. VIDONI, La criminalità in rapporto al subcosciente, in « La Giustizia

Penale », XXXVIII (1932), 1, col. 56-57.

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Angelo Hesnard e René Laforgue (203) intervennero « sui processi diauto-punizione nella psicologia delle nevrosi e delle psicosi, nellapsicologia criminale ed anche nella patologia in genere » (204).

Su questi incroci, che Vidoni aveva appena evocato, si costrui-sce un rete intertestuale tra « La Giustizia penale » e la « Rivistaitaliana di psicoanalisi ». Raffaele Merloni, cognato di Perrotti, è trai fondatori della Società. Recensisce i lavori del convegno promossoda Genil Perrin nella « Rivista italiana di psicoanalisi » (205). Unarecensione fin troppo benevola, per lodare il « rigore scientifico » el’« encomiabile obbiettività ed esattezza di conoscenze » del medicocapo degli asili degli alienati della Senna. Per Merloni, il congressoaveva messo bene in luce i problemi connessi all’applicazione dellapsicoanalisi alla criminologia. A suo dire, l’influente alienista fran-cese, « pur dichiarandosi non seguace delle dottrine psicoanaliti-che », aveva compiuto il suo lavoro con ammirevole scrupolo. Inparticolare, aveva dato il giusto rilievo alla criminalità nevrotica,« alla sua genesi psichica ed ai meccanismi autopunitivi che necostituiscono la base » (206).

L’anno dopo, appare su « La Giustizia Penale » una recen-sione di Mario Piacentini, che elogia Genil-Perrin per il rilievo datoalle teorie di Freud, come strumento utilissimo « per la diagnosticadel carattere e delle tendenze del delinquente ». E si aggiunge: « solodopo lo sviluppo del metodo psico-analitico, sarà possibile sosti-tuire, per molte categorie di delinquenti, il sistema attuale di pene,con misure aventi maggiore efficacia, sia dal punto di vista preven-tivo, che repressivo » (207). L’opera è ancora segnalata nel 1934:« vorremmo bene che quanti s’interessano di diritto penale e di

(203) Cfr. A. HESNARD, R. LAFORGUE, Les processus d’auto-punition en psychologiedes névroses et des psychoses, en psychologie criminelle et en pathologie générale: rapportprésenté à la 5e réunion des psychanalystes de langue française, Paris, Denoël et Steele,1931; apparso anche in « Revue française de psychanalyse », IV (1930/31), 1, pp. 2-84.

(204) Cfr. VIDONI, La criminalità in rapporto al subcosciente, cit.(205) Cfr. G.P.H. GENIL-PERRIN, La psychanalyse en médecine légale, in « Annales

de médecine légale, de criminologie et de police scientifique », XII (1932), 5, soprattuttopp. 274-320: R. MERLONI, in « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 1, pp. 412-413.

(206) Ivi, p. 412.(207) « La Giustizia penale », XXXIX (1933), 3, col. 348.

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psicanalisi leggessero l’ampia analisi che della psicanalisi fa l’emi-nente scienziato francese » (208).

Al bel lavoro di Hesnard e Laforgue dedicano una recensioneNicola Perrotti nelle pagine della « Rivista italiana di psicoana-lisi » (209) e Mario Piacentini nel quarto fascicolo de La « Giustiziapenale » (210). C’era una gran differenza tra l’alienista francese,impigliato nei meccanicismi del più sordido riduzionismo e glianimatori della « Revue française de psychanalyse », che ispiravano,invece, un dibattito apertissimo a sviluppi clinici e teorici.

Per Weiss, i due colleghi francesi avevano avuto il merito, conle loro indagini cliniche, di rilevare « l’enorme importanza delsentimento di colpa inconscio, per la genesi delle malattie psichi-che » (211). Il processo di autopunizione (visto come pulsione ‘pri-maria’) può rivolgere la sua spinta aggressiva non soltanto contro lasocietà e il suo diritto, ma anche in danno della persona medesima.Emerge (alla maniera del recente scritto di Freud su « Il disagio dellaciviltà ») una raffigurazione drammatica dello sviluppo culturale esociale, che — col suo fardello di comandi e divieti — vieneintroiettata, con quella subdola violenza che è raffigurata dallamagnifica metafora dell’impulso e della spina di Elias Canetti (212).Per questa via, « i desideri colpevoli sono rimossi, ma la tentazioneche esiste sempre ed è riprovata dal Super-Io viene considerata comecolpa che esige un castigo » (213).

Come si vede, una rete interconnessa di testi che si dipanaintorno alla logica della colpa e ai confini della responsabilità penale.Non è per caso, allora, che Raffaele Merloni, che aveva studio diavvocato in via Ufente a Roma (214), affidasse volentieri a « LaGiustizia penale » due saggi sull’apporto della psicoanalisi allo

(208) « La Giustizia penale », XL (1934), 2, col. 246.(209) « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 1, pp. 73-74.(210) « La Giustizia penale », XXXVIII (1932), 4, col. 555 e s.(211) Cfr. E. WEISS, Libido ed aggressione, in « Rivista italiana di psicoanalisi »,

I (1932), 1, p. 7.(212) Cfr. E. CANETTI, Masse e potere (1960), trad. it., Milano, Adelphi, 1981, p.

368 e ss.(213) Cfr. la citata recensione di N. PERROTTI, in « Rivista italiana di psicoana-

lisi », I (1932), 1, p. 73.(214) Cfr. ACS, Pubblica sicurezza, G1, busta 29, fascicolo 328.

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studio del delinquente (215). I suoi non sono contributi particolar-mente originali, perché animati — più del dovuto — dal desiderio difarsi accettare in partibus infidelium. Per Merloni, il « sentimento digiustizia » è un « sensibilissimo regolatore emotivo », sicché —quando viene a mancare — « ogni criminale si pone dinanzi agli altriuomini come nemico interno e nemico esterno al tempo stesso ». Ilprincipio dell’espiazione e della vendetta sono continuamente al-l’opera e si corre il rischio che legislatori e interpreti ignorino « ilcontenuto inconscio che vi è nella giustizia penale », senza sapervalutare « il contenuto cosciente della difesa sociale ». L’autore siaugura che la psicologia dinamica irrompa finalmente nei tribunali eil giudice allarghi le sue vedute, per assumere le vesti di padre ededucatore (sic!), tenendo a mente che, « seppure con mezzi severi,deve proporsi il fine di riadattare e migliorare » (216). Non è dasottovalutare, altresì, che Mariano D’Amelio, primo presidente dellaCassazione, nello stesso torno d’anni, abbia voluto citare Freud (ma,soprattutto, Adler!) nella sua prolusione al congresso della « Societàitaliana di antropologia criminale » (217).

Weiss, diversamente da Merloni, non insegue i criminologi sulloro campo, né si lascia irretire dalle teorie securitarie dell’ortopediasociale. In un saggio, forse tra i più ispirati, offre dell’aggressivitàumana una visione che riguarda non solo ogni singolo individuo(nevrotico o meno), ma l’intero consorzio umano e il processoinarrestabile della civilizzazione. Il contributo, pubblicato lo stessoanno nella Rivista della Società e ne I Presupposti di Belloni (218),attinge a quelle opere di Freud che avevano offerto un’impietosadiagnosi della società in quanto tale: « Al di là del principio dipiacere », « Psicologia delle masse e analisi dell’Io » (219) e « Il

(215) Cfr. R. MERLONI, Concetti psicoanalitici sulla punizione e sulla psicologia delgiudice, in « La Giustizia penale », XLI (1935), 3, col. 212-219; ID., Contributo allo studiodel delinquente, in « La Giustizia penale », XLII (1936), 8, col. 632-644.

(216) MERLONI, Concetti psicoanalitici sulla punizione e sulla psicologia del giu-dice, cit.

(217) Cfr. « Rivista di diritto penitenziario », V (1934), p. 92.(218) Cfr. E. WEISS, Libido ed aggressione, in « Rivista italiana di psicoanalisi »,

I (1932), 1, cit.; insieme con « La Giustizia penale », XXXVIII (1932), 2, col. 154-164.(219) Cfr. supra, note 111 e 112.

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disagio della civiltà » (220). Sullo sfondo e all’orizzonte, nello scrittodi Weiss campeggiano il « sentimento di colpa inconscio » e ildesiderio di autopunizione. Ma qui c’è davvero molto di più:quando afferma che i sistemi punitivi (tutti i sistemi punitivi),nonostante le declamazioni sulla mitigazione delle pene e l’emendadel colpevole, sono in realtà mossi da una « tendenza d’aggressioneper il tramite dei suoi rappresentanti ufficialmente riconosciuti ».Come si vede, una visione del diritto come « esercizio legittimo dellaviolenza » (221), che non mira a compiacere l’interlocutore, maattinge a quella inclinazione, da lui sempre coltivata, per quelleistanze psichiche che contribuiscono da sempre alla tribolata costru-zione della coscienza morale. Alla stessa maniera del suo anticomaestro Paul Federn.

La libido è l’espressione dinamica delle pulsioni sessuali (danon confondersi con la sfera della mera genitalità) e « può andarsoggetta al processo psichico della sublimazione, sicché — comeaveva intuito De Sanctis in merito alla « conversione religiosa » —capita il più delle volte che « gli obbiettivi ed il campo d’azionedell’istinto sessuale possono esser sostituiti con altri di valore socialepiù elevato ». Come la libido, anche « l’energia di aggressione puòmanifestarsi in forma sublimata », come quando — per la nostraansia di conoscere — usiamo l’espressione poco innocente « affer-rare un concetto ». Può succedere anche che l’aggressione muovaverso l’interno della persona, agendo con esiti nefasti sulla « psico-logia della coscienza morale e della compassione ». E aggiunge: « noiviviamo e prosperiamo per questa forza, la libido, ch’è insita in noi »,che si contrappone all’istinto di morte che tende invece alla distru-zione e alla disunione. Siamo, dunque, al crocevia tra la pace e laguerra: « quanto più energia distruttiva è rivolta verso il mondoesteriore, tanto meno vigorosamente essa agisce nell’auto-distru-zione », al punto tale che l’aggressività verso altri esseri è il modo diliberarsi « di una somma di energia autodistruttiva ». Nella psicolo-gia delle masse, questi dispositivi psichici fanno sì che « quanta piùlibido viene impiegata a tenere legati i componenti in una comunità

(220) In OSF, X, 1978, pp. 553-630.(221) Viene da alludere al magnifico saggio di Walter BENJAMIN, Per la critica

della violenza, in Id., Angelus Novus. Saggi e frammenti, cit., pp. 5-30.

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sociale, tanta più energia di aggressione rimane disponibile e vienepoi rivolta a quelle persone che si trovano fuori del gruppo ».

Come Freud, Weiss esprime una visione a dir poco hobbe-siana: « l’incivilimento del genere umano è stato ed è ancora osta-colato dall’energia di distruzione ». E con le stesse parole delViennese: « Gli uomini hanno raggiunto una tale padronanza delleforze naturali, da valersene, volendo, fino allo sterminio completodella razza umana. E questo noi lo sappiamo, e da ciò deriva granparte della nostra inquietudine, della nostra infelicità, delle nostreansie. Ed ora è da aspettarsi che l’altra delle due ‘celesti potenze’,l’eterno Eros, prenda lo slancio per affermarsi nella lotta col suoaltrettanto immortale avversario. Ma chi potrebbe prevederne ilsuccesso e l’esito? » (222).

Weiss spende molto del suo in favore dell’impresa editoriale diBelloni e Piacentini. Promuove la pubblicazione di un lavoro diHeinrich Meng, tradotto dalla moglie Vanda per la « Rivista italianadi psicoanalisi », su un tema che era nelle sue corde: « Psicoanalisied educazione sessuale » (223). Recensisce « L’avvenire di una illu-sione » di Freud, appena apparso nella traduzione in francese a curadi Marie Bonaparte (224), fornisce schede e informazioni sulla viva-cissima « Revue française de psychanalyse ». Un impegno generosoche è ricambiato con toni di autentica stima, se pensiamo che i suoiElementi di psicoanalisi sono puntualmente recensiti ad ogni nuovaedizione. Per Mario Piacentini, il libro di Weiss « tratta della parteveramente scientifica e vitale della psicoanalisi, ed è scevro dalle

(222) Citiamo il brano di chiusura de « Il disagio della civiltà » nella traduzionedi Weiss. L’ultima frase (« Aber wer kann Erfolg und Ausgang voraussehen? ») fuaggiunta da Freud nell’edizione del 1931, quando gli eventi politici andavano prendendouna piega minacciosa: Das Unbehagen in der Kultur, Wien, Internationaler Psychoana-lytischer Verlag, 19312, p. 136. È degno di nota che Weiss, nel testo de « La Giustiziapenale », XXXVIII (1932), 2 (col. 162) sia tornato sulla traduzione dell’ultima frase,rendendola più fedele al testo originale. Da confrontare con la versione pubblicata pocoprima in « Rivista italiana di psicoanalisi », I (1932), 1, p. 7: « Ma chi potrebbe prevedereciò che effettivamente accadrà? ».

(223) Cfr. H. MENG, Psicoanalisi ed educazione sessuale, in « Rivista italiana dipsicoanalisi », I (1932), 1, pp. 31-40 e in « La Giustizia penale », XXXVIII (1932), 3, col.287-294.

(224) Ivi, col. 384-386: S. FREUD, L’avenir d’une illusion, trad. di Marie Bona-parte, Paris, Denoël et Steele, 1932.

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esagerazioni di non pochi psicoanalisti di ogni paese », sapendocogliere « il successo che si meritava » (225). Per Giulio AndreaBelloni, il « notissimo volume » è « il più compendioso e diligentemanuale di consultazione di ogni persona colta, che voglia chiarirsigli elementi della dottrina psicoanalitica » (226). « Il nostro Weiss »,così lo chiamano a proposito dei suoi contributi sulla « presenzapsichica e il Super-Io » (227). Belloni si spinge al punto da diredell’interpretazione dei sogni che Weiss chiarisce, meglio di quantonon abbia saputo fare Freud, come lo studio psicoanalitico siriferisca « a quanto viene narrato dal soggetto come sogno » (228).

Weiss pubblica ancora due saggi: « Fondamenti della psicoa-nalisi » (229) e « Il Super-Io » (230). Il primo attinge alla relazionetenuta a Firenze, nel 1923, e alle sue lezioni triestine, per sottolineareche la scienza non conosce dogmi, ma tiene ben fermi « alcunicapisaldi senza l’ammissione dei quali la dottrina stessa crolle-rebbe ». Le roccaforti della psicoanalisi non erano valicabili: « l’esi-stenza dell’Inconscio, il punto di vista dinamico, e il determinismodelle manifestazioni psichiche, cioè la loro ‘causalità’ ».

Come si vede, il « determinismo psichico » di Freud conti-nuava a far capolino nel dialogo tra psicoanalisi e giuristi. Inproposito, c’è da capire meglio: la « logica della colpa » nel discorsopenale appartiene a un campo diverso dalla « responsabilità tra-gica » che è propria del dispositivo psicoanalitico. Il determinismodi Freud ha poco a che vedere con il meccanicismo di marcapositivistica, proprio perché poggia sulle fondamenta dell’inconsciodinamico. Il suo « determinismo » allude, infatti, a quel « sistema diforze », di natura diversa, che incidono sulla capacità di sceltadell’individuo. Non si esclude, dunque, il principio della responsa-bilità, si opera sull’agieren del paziente per comprendere, non per

(225) Cfr. « La Giustizia penale », XXXIX (1933), 3, col. 405-406.(226) Cfr. « La Giustizia penale », XLIII (1937), 2, col. 221.(227) Cfr. « La Giustizia penale », XLII (1936), 8, col. 708.(228) Ibidem.(229) Cfr. « La Giustizia penale », XXXVIII (1932), 3 col. 281-287.(230) Cfr. « La Giustizia penale », XLII (1936), 8, col. 626-632 (pubblicato

anche, col titolo Presenza psichica e Super-Io. Contributo all’esplorazione psicologica dellacoscienza morale, in Saggi di psicoanalisi in onore di Sigmund Freud, Roma, CremoneseLibraio Editore, 1936, pp. 11-52).

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giudicare (231). Nella corrispondenza con Weiss, Freud tiene a stentola sua irritazione per quei soggetti che si accostavano all’analisi conuna spudorata noncuranza per le regole morali del vivere civile.

In tutto ciò, forse, sono da ridimensionare i limiti del sodaliziodi Weiss con i redattori della rivista. Da parte di Belloni e Piacentinisi faceva affidamento alle teorie di Freud, per mostrare come icascami nevrotici della psiche ribadissero l’inconcludenza del liberoarbitrio; dall’altra, soprattutto, si coglieva l’occasione giusta per faresentire le proprie ragioni a un tribuna più ampia di lettori. Nel puntodi vista di Weiss, però, non c’era solo un intento meramentestrumentale. Il suo interesse per l’ispirazione etica del diritto eraautentica, e nei suoi scritti aveva sempre guardato alla fenomenolo-gia dell’Io e alla costituzione della coscienza morale, in consonanzacon gli insegnamenti del suo antico maestro Paul Federn. Quandoscrive che « al fenomeno della coscienza morale sono state sempreconnesse fra le più importanti manifestazioni spirituali dell’uma-nità » (232), Weiss — forse senza accorgersene — fa un implicitoriferimento alla sterminata testualità, che dal medioevo teologale siera andata infittendo sulla colpa, il pentimento e la sua espiazione. Sipotrebbe dire che, a tanti secoli di distanza, lo psicoanalista aspiravaa vestire i panni del confessore medievale, per farsi medico ecorrettore dell’anima. Come nella pratica penitenziale, si operava unformidabile prelievo di sapere dagli anfratti più riposti dell’animoumano (233). Con una differenza, non di poco: il confessore asse-gnava al penitente una penitenza per espiare il peccato, l’analista —coi suoi lunghi silenzi — non faceva domande, né giudicava, prefe-riva invece annotare, nei suoi mille fogli, ricordi e associazioni, conl’unico scopo di volgere la coazione a ripetere (e la traslazioneaffettiva) del paziente verso un percorso di guarigione, o quantomeno di una più serena consapevolezza.

(231) Cfr. R. SPEZIALE BAGLIACCA, Esiste una logica della colpa?, in « Materiali peruna storia della cultura giuridica moderna », XXVIII (1998), p. 69 e ss.

(232) Cfr. WEISS, Presenza psichica e Super-Io. Contributo all’esplorazione psico-logica della coscienza morale, cit., p. 11 e s.; « La Giustizia penale », XLII (1936), 8, col.626 e ss.

(233) Sul tema delle assonanze e delle analogie ermeneutiche tra sacramentodella confessione e psicoanalisi, cfr. M. FOUCAULT, La volontà di sapere (1976), trad. it. diG. Procacci e P. Pasquino, Milano, Feltrinelli, 1978.

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Tra tutti i numeri de La Giustizia penale, il più denso e in certosenso il più ‘festoso’ è il volume pubblicato nel 1936. Freud compivaottant’anni e, nonostante la sua mascella martoriata, continuava ascrivere e a guidare, con mano ferma, il movimento psicoanalitico.

Come si è detto, nell’occasione gli allievi italiani gli dedicanoun volume in onore, che è pubblicato nella collana « Bibliotecapsicoanalitica internazionale. Serie italiana, 8 » (234). I Fondamentidiretti da Belloni destinano all’evento un intero fascicolo e ripro-pongono, con poche varianti, i saggi di Edoardo Weiss, di RaffaeleMerloni e di Nicola Perrotti (235).

La Redazione dedica al grande Viennese una lunga nota:« Sigmund Freud celebra quest’anno il suo ottantesimo, e la nume-rosissima schiera dei seguaci e di coloro che, in tutto il mondo,s’interessano alla vasta, inesausta opera sua, considera non senzaemozione questo compleanno avanzato, che pur trova il Maestrovigile sullo sviluppo della propria dottrina, attivo all’antico e solidosuo posto di combattimento ». Per i redattori de La Giustizia penale,« Freud negli ultimi anni ha indirizzato personalmente la sconcer-tante dottrina al paragone dei problemi più vasti e più alti », conriguardo alla religiosità e alla morale. La mole dei suoi scritti è« imponente », la sua personalità scientifica è segnata da un tenacespirito che « affronta e scombussola volentieri i venerandi tabù dellacultura contemporanea » (236).

Non c’è da meravigliarsi, se accostiamo toni di così schiettadeferenza per Freud con un elogio, fin troppo vistoso, che appariva,lo stesso anno, in « La palestra del diritto », il cui direttore, NicolaPalopoli, non perdeva occasione per accampare i suoi meriti di« squadrista » e fascista della prima ora. Eppure, anche in un fogliocosì « combattivo » — come lo chiamavano quelli de La Giustiziapenale — si mostrava, ancora una volta, una certa propensione acomprendere un oggetto misterioso che, con le sue mille facce, eraa dir poco imprendibile: « Si va dicendo in Europa e in America chela teoria psicoanalitica sia la terza ferita all’orgoglio umano che lastoria ricordi ». Il metodo di Freud, nato in ambito clinico, « è

(234) Vedi supra, nota 179.(235) Cfr. « La Giustizia penale », XLII (1936), 8, pp. 626-654.(236) Ivi, p. 625 e s.

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diventato poi per gli intellettuali anche una psicologia studiata comescienza naturale », al punto tale che la psicoanalisi « ha permeato disé la cultura moderna ». Il direttore Palopoli corregge, con un suocorsivo, le note non proprio benevole dell’editoriale, e s’inchina, con« un saluto e un omaggio », al vegliardo che era ancora « lucidissimoe vigile » (237).

Nel 1937, la recensione alla terza edizione del libro diWeiss (238) e a un bel saggio di Emilio Servadio su « Psicoanalisi eletteratura » (239). E, come sempre, numerose schede sui saggiapparsi nella Rivista francese di psicoanalisi. L’anno successivo,tutto cambia, come d’incanto: poche segnalazioni e nessun riferi-mento a Weiss e ai suoi allievi. A campeggiare, tra le « Memorieoriginali », uno scritto di Belloni su « Atavismo attuale e stratifica-zioni sociali nella dottrina criminologica italiana » (240). Come se larivista si fosse ormai rannicchiata entro i recinti della teoria dell’a-tavismo e della degenerazione.

Non c’è da stupirsi: nel 1938 « venne contestata alla Societàpsicoanalitica italiana il fatto stesso di essersi costituita » (241); nelfrattempo l’attuazione delle leggi razziali costrinse gli psicoanalistiitaliani (per lo più ebrei) a trovare rifugio da una altra parte delmondo. Nell’autunno, Edoardo Weiss, con la sua famiglia, si imbar-cava a Napoli per l’America. Con la sua partenza, si chiudeva, primadel tempo, la storia avvincente dei pionieri italiani della psicoana-lisi (242).

Lo sradicamento e l’esilio sono tra le condizioni più duredell’esistenza. Anche in questa sua esperienza dolorosa, Weiss cer-cava il volto del padre: « Quando il totalitarismo cacciò lui da

(237) Cfr. « La palestra del diritto », XII (1936), 8/9, p. 1.(238) Cfr. supra, nota 225.(239) Cfr. « La Giustizia penale », XLIII (1937), 7, col. 618, a cura di G.A.

Belloni.(240) Cfr. « La Giustizia penale », XLIV (1938), 1, col. 27-32.(241) Sull’occhiuta e, il più delle volte, inconcludente sorveglianza della polizia

politica, cfr. i documenti pubblicati da Piero e Anna BELLANOVA, Le due Gradive, Roma,Cepi, 1962, p. 3 e ss., da integrare con la segnatura archivistica: ACS, Pubblica Sicurezza,G1, busta 29, fasc. 328; J5, busta 352, fasc. ‘Weiss’.

(242) Cfr. ACCERBONI, Fatti e personaggi negli esordi della psicoanalisi in Italia,cit., p. 136.

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Vienna e me da Roma, sentii come se una parte di me fossescomparsa per sempre, come se entrambi fossimo stati sopraffatti daun presente il cui passato non avevamo contribuito a creare » (243).

Nel villino di via Nicotera non c’era un’aria diversa. La radiodava notizie dell’avanzata delle armate del Terzo Reich. Nei ricordidi Giuliano Vassalli: « Era il pomeriggio del 20 giugno del 1940. Inuna grande stanza del piano terreno del villino di via Nicotera 10 inRoma eravamo riuniti a commentare la situazione creata dall’im-provviso cedimento della Francia (da noi tutti amata), con GiulioAndrea Belloni, Mario Piacentini e altri giovani o meno giovani,collaboratori della rivista e dello studio, tutti delle stesse idee ». A uncerto punto, si sente il passo dell’avvocato Escobedo « che scendevadalla sua abitazione sita al piano superiore, percorrendo l’elegantescala di legno che portava al piano terra ». Dopo il riposo pomeri-diano, con la sua « gardenia all’occhiello » — vedendo i redattori egli allievi raccolti in silenzio e rabbuiati — esclamò: « La Franciarivivrà » (244).

Chicago ormai era davvero lontana.

(243) Cfr. ACCERBONI, Sigmund Freud nei ricordi di Edoardo Weiss, cit., p. 104.(244) Cfr. G. VASSALLI, Tra gli uomini di legge, in « Treccani Scuola »: <http://

web.archive.org/web/20070513071401/http: // www.treccani.it/site/Scuola/Zoom/laresistenza/int_vassalli.htm>.

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APPENDICE

La psicoanalisi nelle pagine de « La Giustizia penale »

Di seguito, si dà l’elenco dei Saggi (« Memorie originali »), delle recensionie delle segnalazioni (« Rivista della dottrina » e « Bollettino Bibliografico ») chesono apparsi, dal 1932 al 1938, nella parte dedicata dalla Rivista a « I Presuppostidel diritto e della procedura penale ». Per le recensioni e gli abstract si trascrivono,solo parzialmente, i testi più significativi, dandone — ove possibile — il nomedell’autore. Nei casi in cui non si sono potuti integrare i riferimenti bibliografici,con il numero delle pagine o con altre indicazioni editoriali, si è mantenuta la formascelta dalla redazione. Per i periodici che ricorrono più di frequente (vedi Abbre-viazioni), si offre una lettura più agevole, indicando soltanto l’anno di pubblica-zione, il numero del fascicolo e le pagine.

Abbreviazioni:

GP: « La Giustizia penale ». Parte Prima: « I Presupposti del diritto e dellaprocedura penale »

RIP: « Rivista italiana di psicoanalisi »RFP: « Revue française de psychanalyse »

Saggi

E. WEISS, Il delitto considerato quale equivalente dell’autoaccusa, GP 1932, 1, col.36-39 (pubblicato col titolo Il delitto, conseguenza psicologica del bisogno diconfessione anche in RIP 1932, 2/3, pp. 157-175; segnalato ancora in GP1934, 2, col. 247.

G. VIDONI, La criminalità in riferimento al subcosciente, GP 1932, 1, col. 56-57.E. WEISS, Libido ed aggressione, GP 1932, 1, col. 154-156 (pubblicato anche in RIP

1932, 1, pp. 3-19).E. WEISS, Fondamenti della psicoanalisi, GP 1932, 3, col. 281-287.H. MENG, Psicoanalisi ed educazione sessuale, GP 1932, 3, col. 287-294 (pubblicato

anche in RIP 1932, 1, pp. 31-40).G. ANTONINI, La psicoanalisi nella medicina legale, GP 1933, 1, col. 37-48.A. SANDULLI, Psicanalisi e criminologia, GP 1935, 2, col. 87-92.R. MERLONI, Concetti psicoanalitici sulla punizione e sulla psicologia del giudice, GP

1935, 3, col. 212-219.Per Sigmund Freud (Nota della Redazione), GP 1936, 8, col. 625.E. WEISS, Il Super-Io, GP 1936, 8, col. 626-632 (pubblicato anche, col titolo Presenza

psichica e Super-Io. Contributo all’esplorazione psicologica della coscienzamorale, in Saggi di psicoanalisi in onore di Sigmund Freud, Roma, CremoneseLibraio Editore, 1936, pp. 11-52).

R. MERLONI, Contributo allo studio del delinquente, GP 1936, 8, col. 632-644(pubblicato anche, col titolo Contributo alla psicologia del delinquente, inSaggi di psicoanalisi, cit., pp. 203-227).

N. PERROTTI, Psicologia dell’amore, GP 1936, 8, col. 644-654 (pubblicato anche inSaggi di psicoanalisi, cit., pp. 131-151).

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Recensioni e segnalazioni

H. HEGEMANN, Kriminal Psychologie und Psychoanalyse, in « Kriminalistische Mo-natshefte », V (1931), p. 241 e ss. (GP 1932, 1, col. 75): « L’A. si dichiarafavorevole alla utilizzazione delle dottrine psico-analitiche ai fini degli studidi psicologia criminale, e trae occasione da ciò per esporre rapidamente irisultati raggiunti dalla psico-analisi in quest’ultimo trentennio ».

F. FLORA, La rivelazione di Freud, in « Nuova Antologia », Roma 1931, p. 337 e ss.(GP 1932, 2, col. 247): M. Piacentini.

S. FREUD, L’avenir d’une illusion, trad. di Marie Bonaparte, Paris, Denoël et Steele,1932 (GP 1932, 3, col. 384-386): « L’avvenire di un’illusione è il primo librodi Freud che tratti esattamente e particolarmente di questioni inerenti lanostra civiltà: esso è la critica ad uno dei fattori fondamentali di questa, ilfattore religioso. [...] anche in questo libro Freud risponde a precise do-mande circa il valore delle rappresentazioni religiose, la loro utilità pratica,la loro supposta funzione di guidare gli uomini, renderli migliori, e viadiscorrendo. Con una finissima logica Freud ribatte anche qui ogni obie-zione, e giunge a concludere che, pur avendo la religione un significatosimbolico latente, tuttavia ciò che essa manifestamente insegna è un assurdo,non ha alcuna importanza pratica, danneggia lo sviluppo intellettuale delbambino e non rende affatto gli uomini migliori » (E. Weiss).

H. FLOURNOY, Il carattere scientifico della psicoanalisi, in RIP 1932, 1, pp. 20-30 (GP1932, 4, col. 469).

N. SALERNO, Psicoanalisi e criminalità, in « La Toga », 1932, 6, p. 12 (GP 1932, 4,col. 469).

N. PERROTTI, La suggestione, in RIP 1932, 1, pp. 41-49 (GP 1932, 4, col. 470).S. FREUD, Remarques psychanalytiques sur l’autobiographie d’un cas de paranoïa

(Dementia paranoides), trad. di M. Bonaparte e R. Loewenstein, in RFP1932, 1, pp. 2-70 (GP 1932, 4, col. 470).

A. FREUD, Introduction à la psychanalyse de enfants, trad. di E. Rochat, in RFP 1932,1, pp. 71-96 (GP 1932, 4, col. 470): « È la continuazione di un lavoroprecedentemente pubblicato sulla stessa rivista (è la quarta conferenzatenuta all’Istituto dell’Associazione Viennese di psicoanalisi): tratta deirapporti tra l’analisi infantile e l’educazione. Vi è aggiunto il testo d’un’altraconferenza, tenuta al X Congresso Internazionale di psicanalisi, a Innsbruck,per contributo alla teoria dell’analisi infantile » (G.A. Belloni).

A. DE PAULA, Em torno da psicanálise, in « Arquivos do instituto medico-legal e doGabinete de identificação », Rio de Janeiro 1932, p. 36 (GP 1932, 4, col.470): « Il metodo psicanalitico, finora quasi completamente sconosciuto nelBrasile, ha ora un brillante gruppo di studiosi, fra i quali emerge ArthurRamon ».

R. ALLENDY, La psychanalyse. Doctrines et applications, Paris, Denoël et Steele, 1931(GP 1932, 4, col. 555).

R. et Y. ALLENDY, La Justice Intérieure, Paris, Denoël et Steele, 1931 (GP 1932, 4,col. 555): M. Piacentini.

M. BONAPARTE, De la Prophylaxie infantile des Névroses, Paris, Denoël et Steele,1931 (GP 1932, 4, col. 555): M. Piacentini.

A HESNARD, R. LAFORGUE, Les Processus d’Auto-Punition, Paris, Denoël et Steele,1931 (GP 1932, 4, col. 555-556): M. Piacentini.

M. BONAPARTE, Deuil, Nécrophilie et Sadisme. A propos d’Edgar Poë, Paris, Denoëlet Steele, 1932 (GP 1932, 4, col. 556): M. Piacentini.

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E. MEZGER, Psychoanalyse und Individualpsychologie in der Strafrechtspflege, in « DerGerichtsaal », 1933, pp. 1-29 (GP 1933, 1, col. 87): T. Ascarelli.

C. CAMARGO MARÍN, El Psicoanálisis en la Doctrina y en la Práctica Judicial, Madrid,M. Aguilar Editor, 1934 (GP 1933, 1, col. 87): « Di quest’opera, che vuoleessere una applicazione delle dottrine di Freud alla scienza giuridica, inte-ressa in particolar modo il penalista l’ultimo capitolo, che tratta della‘Criminologia psicoanalitica’: in esso l’autore si occupa dei fenomeni deldelitto, della pena e dell’ambiente sociale, nonché del delinquente e dellaresponsabilità collettiva, al vaglio della psicoanalisi. Il lavoro è abbondante-mente infiorato di citazioni letterarie ».

P. PROVENT, La psychanalyse et le droit français, in « Annales de médecine légale, decriminologie et de police scientifique », XIII (1933), 1, pp. 4-19 (GP 1933,2, col. 227): « È un’elaborata monografia sulla possibilità giuridica d’intro-durre la psicanalisi nella procedura e nella pratica giudiziaria, e sui problemidi diritto inerenti all’applicazione dei metodi freudiani. Sarebbe interessanteche qualche autore nostro intraprendesse uno studio analogo in riferimentoalle leggi e alla giurisprudenza del Regno d’Italia ».

G.P.H. GENIL-PERRIN, La psychanalyse en médecine légale. Comptes rendus du XVIIe

Congrès de médecine légale de langue française, Paris, 23, 24 et 25 Mai 1932,Paris, J-B Baillère et fils, 1932 (GP 1933, 2, col. 227).

R. DE SAUSSURE, Psychanalyse à l’école, in RFP 1932, 5, pp. 424-439 (GP 1933, 2, col.227).

E. WEISS, Note sull’infedeltà del ricordo nei sogni, in RIP 1932, 5, pp. 331-335 (GP1933, 2, col. 227-228): « È difficile conoscere esattamente i particolari deisogni, poiché il sogno narrato può e suole senza possibilità di controllo essereinfedele all’effettiva esperienza onirica. Deve dunque lo psicoanalista rinun-ciare, per questo, all’interpretazione dei sogni? No. Molto acutamente ilWeiss rileva, rispondendo all’obbiezione, cui non aveva risposto bene ilFreud, che lo studio psicoanalitico si riferisce a quanto viene narrato, dalsoggetto, come sogno. Quanto interessa conoscere nell’analisi del sogno è ilsuo contenuto latente, che per effetto della ‘censura’ è stato travisato. Lealterazioni che del contenuto manifesto (cioè fu in fatto visto e vissuto nelsogno) avvengono nella narrazione del soggetto sono dovute a fattori psico-logici, per lo più effetto della stessa ‘censura’ che mascherò il contenutoprofondo. Ciò significa che l’opera di smascheramento dell’analisi psicolo-gica deve compiere uno sforzo maggiore d’interpretazione, ma sempre nellastessa direttiva: e l’interpretazione risulta ugualmente efficace. L’A. riferisce,a questo proposito, un curioso caso, molto significativo » (G.A. Belloni).

S. FREUD, De quelques mécanismes névrotique dans la jalousie, la paranoïa etl’homosexualité, traduit de l’allemand par Jacques Lacan, paru pour lapremière fois dans « Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse », VIII(1922), in RFP 1932, 3. pp. 391-401 (GP 1933, 2, col. 228).

S. FREUD, Remarques sur un cas de névrose obsessionnelle (l’homme aux rats), trad.di M. Bonaparte e R. Loewenstein, in RFP 1932, 3, pp. 322-390 (GP 1933,2, col. 228).

K. SCHRADER, Zur Psychopathologie der Fetischismus, in « Monatsschrift für Krimi-nalpsychologie und Strafrechtsform », XXII (1931), p. 667 e ss. (GP 1933,2, col. 228): « Ricollegandosi alle indagini psicoanalitiche del Freud, l’A. sisofferma nell’illustrare alcuni casi di feticismo, nei quali gli individui consi-derati indirizzavano, anche in età adulta, i propri desideri verso gli organi

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mammellari della donna, quale, dice, non superato ricordo delle proprieesperienze di lattanti » (T. Ascarelli).

R. et Y. ALLENDY, Capitalisme et sexualité, in RFP 1932, 3, pp. 457-459 (GP 1933,3, col. 348): M. Piacentini.

C. CAMARGO, La esencia del psicoanálisis, Madrid, Ed. Javier Morata, 1932 (GP1933, 3, col. 348).

G.P.H. GENIL-PERRIN, La psychanalyse en médecine légale, in « Annales de médecinelégale, de criminologie et de police scientifique », XII (1932), 5, pp. 273-371(GP 1933, 3, col. 348): M. Piacentini.

C.G. JUNG, Métamorphoses et symboles de la Libido, traduit de l’allemand par L. deVos, introduction de Yves Le Lay, Paris, Editions Montaigne, s.d. (GP 1933,3, col. 348).

E. WEISS, Elementi di psicoanalisi, Milano, Hoepli, 19332, ma già licenziato l’annoprima: cfr. RIP 1932, 1, p. 167 (GP 1933, 3, col. 405-406): « Abbiamo giàpresentato ai lettori questo pregevole libro [...]. tratta della parte veramentescientifica e vitale della psicoanalisi, ed è scevro dalle esagerazioni di nonpochi psicoanalisti di ogni paese, ha avuto il successo che si meritava [...]. Inquesta nuova edizione, è stata perfezionata l’esposizione della quarta lezione,che tratta degli istinti, e della prima parte della quinta lezione, che trattadella metapsicologia. Molto opportunamente l’autore ha soppresso il terminedi ‘es inibitivo’, per non ingenerare confusioni sul concetto di ‘es’ » (M.Piacentini).

G. DE RUGGIERO, Freudiana, in « La Critica. Rivista di letteratura, storia e filosofia »,XXX (1932), 3, pp. 194-198 (GP 1933, 3, col. 413): « L’A. ribadisce la suacritica aspra al Freudismo, non come scienza psicoterapica, ma in quanto siatteggia e pretende d’interpretare, con l’esclusivismo del suo punto di vista,l’arte, la religione, la storia e la spiritualità dell’uomo » (M. Piacentini).

J. RAMÓN BELTRÁN, Origen de la psicoanálisis, in « Revista de criminología, psichiatríay medicina legal », 1932, 112, p. 503 (GP 1933, 4, col. 522).

J. RAMÓN BELTRÁN, Posición de psicoanálisis en la psicología contemporánea, in« Revista de criminología, psichiatría y medicina legal », 1933, 114, p. 769(GP 1933, 4, col. 522).

M. BONAPARTE, La profilassi infantile delle nevrosi, in RIP 1932, 6, pp. 395-409 (GP1933, 4, col. 526).

P. ZANFROGNINI, Cristianesimo e psicoanalisi, Modena, Guanda, 1933 (GP 1934, 1,col. 104): « È un nobile tentativo per conciliare i risultati positivi raggiuntidalle psicoanalisi con l’insegnamento del cristianesimo e i postulati dellareligione [...]. La vera felicità sta in questo liberarsi dagli istinti; da tutto ciòche noi stessi non siamo; da tutto ciò che, in noi stessi, c’è di altri; da tuttociò che, in noi stessi, c’è di altro; essere in una parola sé stessi, e trovare lapropria originalità » (M. Piacentini). Recensito anche da E. Servadio, in RIP1933, 3, pp. 222-223: « L’Autore di questo libro [...] non ha reso un servizio,ci sembra, né alla psicoanalisi né al Cristianesimo. Quanto alla prima, per laquale egli nutre una notevole simpatia, è la precisa informazione quella chegli difetta; cosicché vengono attribuiti alla psicoanalisi e al Freud termini,concetti e periodi del tutto indebitamente. Basterebbe citare l’uso deivocaboli ‘respingimento’, ‘compressione’, ‘Sé’, rettificati e sostituiti dallaSocietà Psicoanalitica Italiana. Ma non si tratta soltanto di errori termino-logici: sembra che lo Z. non abbia ben chiari i concetti di ‘libido’, di‘censura’, di ‘inconscio’, poi che li adopera troppo spesso in accezioniarbitrarie ».

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R. LAFORGUE, Misère de l’homme, Paris, Denoël et Steele, 1932 (GP 1934, 1, col.106): « La misère de l’homme è l’istinto sessuale il quale, se represso, ocompresso, o comunque, non incanalato sulla via buona, perverte ed è causadi un’infinità di nevrosi e psicopatie; per contro, ben arginato o utilizzato ese si riesce a trovare ad esso convenienti sostitutivi, diventa una fontemeravigliosa di energie [...]. Ripetiamo quanto abbiamo già detto, a propo-sito di questi studi psicoanalitici (GP 1933, col 555): c’è in questa scienzanuova molta esagerazione che ha quasi del morboso. Essa ha portato, con sé,la sopravalutazione di alcuni istinti (come quello sessuale) che influenzanol’attività e la condotta dei singoli individui [...]. Non si può peraltro negareche questa scienza nuova ha richiamato l’attenzione su di un complesso difenomeni, specie della subcoscienza [...] i quali non erano, fino ad ora,adeguatamente studiati e che hanno una importanza straordinaria, sia per lapsicoterapia, sia per la criminologia ed il trattamento dei delinquenti anor-mali e a sfondo patologico » (M. Piacentini).

H. FLOURNOY, Le caractère scientifique de la psychanalyse, in RFP 1932, 2, pp.190-200 (GP 1934, 2, col. 246).

S. NACHT, La structure inconsciente de quelques psychose, in RFP 1932, 4, pp.471-500 (GP 1934, 2, col. 246): « Tratta dei deliri (di persecuzione, digelosia, erotomaniacali). Della schizofrenia, della melanconia ».

R. DE SAUSSURE, Le Dogme de la famille irréprochable, in RFP 1932, 4, pp. 466-470(GP 1934, 2, col. 247): « Questo dogma risulterebbe semplicemente formatocome compromesso tra l’oscillare di certe tendenze reprimenti e di certe altrerepresse. A primo aspetto non appaiono, come dogma esaminato, se nontendenze di repressione; ma, approfondita l’indagine, e scoperto il contenutolatente, appaiono i desideri repressi ».

J. LEUBA, Analyse rapide d’une névrose d’angoisse à base de complexe de castration,in RFP 1933, 1, pp. 61-82 (GP 1934, 2, col. 247).

R. DE SAUSSURE, Apprendre et sentir ou des relations de la vie intellectuelle et de lavie affective, in RFP 1932, 2, pp. 208-219 (GP 1934, 2, col. 247).

E. WEISS, Il delitto, conseguenza psicologica del bisogno di confessione, in RIP 1932,2/2, pp. 167-175 (GP 1934, 2, col. 247): « Ripete quanto già scriveva per lanostra rivista (1932, parte I, col. 36 e ss.) sullo stesso argomento col titolo « Ildelitto considerato quale equivalente dell’autoaccusa ».

A. BOREL, M. CENAC, L’obsession, in RFP 1932, 4. pp. 586-648 (GP 1934, 2, col.247): G.A. Belloni.

S. FREUD, Essayes de psychanalyse appliquée, Paris, Gallimard, 1933 (GP 1934, 2, col.298): « Si tratta della traduzione in francese di alcuni saggi dell’insigneSigmund Freud, già noti agli studiosi di tutto il mondo. La traduzione —sotto ogni riguardo eccellente — è stata fatta a cura della Signora EdouardMarty ed a cura di Marie Bonaparte ». I testi originali nelle GS (M.Piacentini).

R. MERLONI, Psicoanalisi e criminalità, in RIP 1933, 5-6, pp. 355-371 (GP 1934, 3,col. 401): « È una relazione della Società psicoanalitica italiana (28 giugno1933), che conferma la tesi già nota ai lettori della nostra rivista per il lavorodel Weiss, sul delitto considerato quale equivalente dell’autoaccusa; e mira apromuovere l’esplorazione della psicologia dei criminali — e più quella(meno studiata) dei criminali normali, che quella (abbastanza nota ormai) deinevrotici ».

A. SANDULLI, Psicanalisi e criminologia, Città di Castello, Tipografia Leonardo daVinci, 1935 (GP 1935, 2, col. 87-92): « La dottrina di Sigmund Freud, poco

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nota da principio, ha ora interessato e appassionato gli studiosi ed ha trovatoentusiasti fautori in alcuni ed ardenti oppositori in altri, fra cui qualchediscepolo che ha cercato di attenuarne l’importanza [...]. Il delitto è unfenomeno patologico e deve essere trattato e prevenuto alla pari di unamalattia. E, accertata e stabilita la diagnosi, bisogna impedirne la propaga-zione, con le misure di profilassi sociale [...]. La teoria del libero arbitrio èprodotta dal bisogno di nascondere la manchevolezza umana: e, quanto piùforte si sente questa deficienza, tanto maggiormente si sente il bisogno dellaillusione del libero arbitrio, perché l’uomo difficilmente sa adattarsi ad unaconcezione tecnico-materialistica ».

J. LEUBA, Inauguration d’un Institut de psychanalyse à Paris, in RFP 1934, 1, pp.139-143 (GP 1935, 2, col. 147): « Per opera di Maria Bonaparte, ‘Principessadi Grecia’, è sorto a Parigi un Istituto di insegnamento psicoanalitico, consede al Boulevard St. Germain, n. 137, primo piano. Ivi ha pure il suo centrola società psicanalitica di Parigi. Tra i primi corsi si segnala quello sucriminologia e psicanalisi affidato a Borel » (G.A. Belloni).

C. MORALES, El psicoanálisis y el crimen, in « Revista mexicana de derecho penal »,1934, t. II (GP 1935, 2, col. 147); « L’autore accenna alla importanza deirilievi psicoanalitici nei confronti del delitto (atti sbagliati, equivoci, dimen-ticanze, lapsus linguae o calami, ecc.) ».

A. DE LAISE, Un Freud français: le docteur Ch. Trepsat, in « Mercure universel », XI(1932), 2, p. 13 e ss. (GP 1935, 2, col. 147-148): « Trepsat, medico delsanatorio della Lalmaison, fu uno dei più convinti sostenitori di Freud inFrancia. Si mantiene alla teoria tradizionale della ‘organicità’ ».

R. CARRANCA Y TRUJILLO, El psicoanálisis en el examen de los delincuentes, in« Criminalia », México, 1934, n. 9, p. 65 (GP 1936, 1, col. 50): « L’A. illustrale possibilità nell’esame psico-analitico del delinquente ».

L. JIMÉNEZ DE ASÚA, Valor de la psicología profunda en ciencias penales. Psicoanálisisy Psicología individual, in « Revista de criminología, psiquiatría y medicinalegal », settembre-ottobre 1935, n. 131, p. 595 (GP 1936, 3, col. 360):« Interessante, dotto e brillantissimo articolo del nostro amico e collabora-tore, inteso a porre in rilievo le nuove possibilità che la psicologia profondae, in particolare, la psicoanalisi presentano nel campo penale e nel campogiudiziario soprattutto per la identificazione di quei reali moventi del fattoche molte volte sfuggono a ogni ricerca condotta con i metodi investigativiordinari ».

M. BONAPARTE, Introduction à la Théorie des instincts, in RFP 1934, 2, pp. 217-271(GP 1936, 3, col. 361).

R. DE SAUSSURE, Recensione a W. Reich, Charakteranalyse, Wien, 1933, in RFP1934, 2, pp. 378-387 (GP 1936, 3, col. 361).

H. STAUB, Technique de la psychanalyse de la résistance et du caractère, in RFP 1934,2, pp. 282-308 (GP 1936, 3, col. 361).

A propos de la communication de M. Staub, in RFP 1934, 2, pp. 309-318 (GP 1936,3, col. 361).

S. FREUD, La négation, traduit de l’allemand par H. Hoesli, in RFP 1934, 2, pp.174-177 (GP 1936, 3, col. 361).

P. BUGARD, L’interprétation psychanalytique du mythe d’Orphée et son application ausymbolisme musicale, in RFP 1934, 2, pp. 320-372 (GP 1936, 3, col. 361).

A. HESNARD, Nouvelle contribution psychanalytique à l’étude des sentiments dits dedépersonnalisation, in RFP 1934, 2, pp. 272-281 (GP 1936, 3, col. 361).

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F. LOWTZKY, L’opposition du surmoi à la guérison. Trois cas cliniques, in RFP 1934,2, pp. 197-216 (GP 1936, 3, col. 361).

R. LAFORGUE, Clinique psychanalytique. Les débuts d’un traitement analytique, inRFP 1934, 2, pp. 178-196 (GP 1936, 3, col. 361).

D. TERUEL, El complejo de inferioridad como factor psicológico del delito, in « Revistade los Tribunales y de Legislación universal », LXII (1936), 8, p. 117 (GP1936, 7, col. 361): « Breve e interessante studio condotto con metodopsicanalitico sul così detto complesso di inferiorità, come elemento subco-sciente simultaneo di attrazione e di ripulsione, particolarmente nelle suepossibilità come causa del delitto ».

J.A. ORÍA, El teatro de Lenormand, antes y después de la influencia de Freud, in« Revista de Criminología, Psiquiatría y Medicina Legal », XXII (1935), 130,p. 554 (GP 1936, 7, col. 361).

J. LEUBA, Notions élémentaires de biologie psycho-sexuelle, in RFP 1934, 3, pp.490-548 (GP 1936, 8, col. 705).

S. FREUD, Le déclin du Complexe d’Oedipe, traduit par Anne Berman, in RFP 1934,3, pp. 394-399: « Il complesso detto dal Freud di Edipo con riferimento alpersonaggio mitico della tragedia che, inconscio, amò la propria madred’amor sessuale — fenomeno di capitale importanza nello sviluppo psico-sessuale infantile — viene qui particolarmente studiato nel suo processo direfoulement, nel suo scendere nel profondo della latenza » (GP 1936, 8, col.705-706).

R. LAFORGUE, Complexes d’Oedipe positif et négatif, in RFP 1934, 3, pp. 400-416 (GP1936, 8, col. 706).

R. DE SAUSSURE, Les sentiments d’infériorité, in RFP 1934, 4, pp. 655-664 (GP 1936,8, col. 706): « Contributo psichiatrico ».

R. LAFORGUE, Clinique psychanalytique, in RFP 1934, 2, pp. 178-196 (GP 1936, 8,col. 706): « Note sul trattamento clinico, nelle sue diverse fasi, secondo ladottrina e l’esperienza psicanalitica ».

R. LAFORGUE, Exception à la règle fondamentale, in RFP 1934, 4, pp. 684-690 (GP1936, 8, col. 706): « La regola fondamentale è quella di esigere dai malatisottoposti all’esplorazione psicanalitica tutto quel che loro viene in mente,nulla dissimulando ».

P. CRESPO, Le rôle des facteurs psychiques dans le domaine de la clinique, in RFP1934, 3, p. 449-455 (GP 1936, 8, col. 706).

S. FREUD, Deux mensonges d’enfants, in RFP 1934, 4, pp. 606-610 (GP 1936, 8, col.706): « Vi sono bugie infantili d’un carattere particolarmente notevole pelpedagogista: quelle che scaturiscono da un eccessivo sentimento di affetto.Bisogna guardarsi che esse non creino un malinteso tra il fanciullo e l’essereamato. Esse annunciano le disposizioni profonde di un’anima verso il suodestino ulteriore o verso nevrosi future. Gli esempi recati dal Freud sonoindubbiamente eloquenti ».

P. FRIEDMAN, Sur le suicide, in RFP 1935, 1, pp. 106-148 (GP 1936, 8, col. 706):« L’ampia monografia del Friedman è soprattutto interessante, in quanto,indicando la psicologia profonda del suicidio, indica la via per liberare isoggetti a quell’impulso ‘demoniaco’ dall’idea deleteria ».

S. NACHT, Psychanalyse de psychonévroses et de troubles de la sexualité, Paris, Alcan,1935 (GP 1936, 8, col. 706).

M. BONAPARTE, Passivité, Masochisme et Féminité, in RFP 1935, 2, pp. 208-216 (GP1936, 8, col. 706).

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R. DE SAUSSURE, Les traits de caractère réactionnels et leur importance en Psycha-nalyse, in RFP 1935, 3, pp. 432-446 (GP 1936, 8, col. 706).

P. SCHIFF, Les Paranoïas et la Psychanalyse, in RFP 1935, 1, pp. 44-59 (GP 1936, 8,col. 706-707).

S. FREUD, Un cas de Paranoïa qui contredisait la théorie psychanalytique de cetteaffection, traduit de l’allemand par Paul Jury, in RFP 1935, 1, pp. 2-11 (GP1936, 8, col. 707).

G. PARCHEMINEY, Le problème de l’hystérie, in RFP 1935, 1, pp. 12-35 (GP 1936, 8,col. 707).

R. LOEWENSTEIN, De la passivité phallique chez l’homme, in RFP 1935, 1, pp. 36-43(GP 1936, 8, col. 707).

J. LEUBA, Hermés ou Aphrodite? Le côté biologique du problème, in RFP 1935, 2, pp.194-207 (GP 1936, 8, col. 707): « Studio sulla frigidità sessuale della donna,messa in correlazione con le tendenze omosessuali, non senza riguardo allabase organica ».

R. LAFORGUE, A propos de la frigidité de la femme, in RFP 1935, 2, pp. 217-26 (GP1936, 8, col. 707): « Frigidità come manifestazione di nevrosi: mette capo auna profonda tendenza omosessuale ».

E. HITSCHMANN, E. BERGLER, La frigidité de la femme, in RFP 1935, 2, pp. 327-340(GP 1936, 8, col. 707): « Anche questa poderosa e dettagliata monografiatende ad affermare che, nel più dei casi, la frigidità sessuale della donnaconiugata dipende da inibizione psichica. E psichicamente, col metodopsicoanalitico, bisogna aiutarla, allora, a uscire dal deplorevole suo stato ».

A. HESNARD, La fausse frigidité par répression de l’activité érotique normale, in RFP1935, 2, pp. 314-326 (GP 1936, 8, col. 707): « Si tratta delle pseudofrigide,per repressione della normale attività sessuale ».

E. SERVADIO, La baguette des sourciers. Essai d’interprétation psychanalytique, in RFP1935, 3, pp. 488-500 (GP 1936, 8, col. 707).

E. STERBA, Analyse d’un cas de phobie des chiens, in RFP 1934, 4, pp. 665-683 (GP1936, 8, col. 708): « Caso significativo, riportato alla dottrina del Freud; aquella specialmente, affidata al libro Totem e tabù ».

S. FREUD, Malaise dans la Civilisation, in RFP 1934, 4, pp. 692-769 (GP 1936, 8, col.707): « È la traduzione francese della nota e interessantissima monografiaDas Unbehagen in der Kultur (Vienna, 1929), traduzione dovuta ai coniugiOdier; i quali hanno dovuto affrontare le non semplici difficoltà che s’in-contrano di fronte alle frequenti, letteralmente intraducibili, espressionitedesche del Freud ».

R.A. SPITZ, Une analyse dans le miroir de l’intuition de l’artiste, in RFP 1934, 3, pp.550-579 (GP 1936, 8, col. 707).

Neuvième Conférence de Psychanalystes de langue française le 2 février 1935, à Paris,in RFP 1935, 2, pp. 327-340 (GP 1936, 8, col. 707).

E. GLOVER, Bulletin de l’Association Internationale de Psychanalyse, in RFP 1935, 2,pp. 327-367 (GP 1936, 8, col. 707).

Saggi di psicoanalisi in onore di Sigmund Freud, Roma, Cremonese Editore, 1936(GP 1936, 8, col. 708): « Il volume, illustrato da un interessante ritratto delvecchio Maestro di Vienna, contiene, oltre un cenno biografico su questi,uno studio del nostro Weiss [...]. L’insieme di questi saggi è tale che il volumerisponde pienamente al fine assegnatoli, di dar risalto al valore dell’Uomo,Freud, che ha orientato, con la sua dottrina, gli autori diversi sui tanto varicampi d’indagine, e che, coi suoi principi scientifici, unifica, per così dire, inradice i saggi stessi ».

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H. STAUB, Psychanalyse et Criminologie, in RFP 1934, 3, pp. 469-489 (GP 1936, 8,col. 710-712): « La tendenza al crimine è in ogni essere umano. Se essa nonsi esplica sempre, lo si deve all’azione combinata dell’angoscia innanzi alSuper-Io e del timore delle conseguenze di fatto, sociali. Quindi, il compitodella psicanalisi consiste nel ricercare perché, in certe circostanze, l’azionecombinata del Super-Io e del timore sociale non impedisce un atto crimi-nale » (G.A. Belloni).

E. WEISS, Agorafobia. Isterismo d’angoscia, Roma, Paolo Cremonese Editore, 1936(GP 1936, 8, col. 712): « L’A. per rendere più accessibile il suo pensieroanche a quei medici e uomini colti che pur non sono particolarmente versatiin psicanalisi, ha, in questo volume, spiegato quei concetti psicanalitici che,indispensabili alla comprensione dell’argomento, egli ha dovuto richiamarenel corso del suo lavoro » (G.A. Belloni).

R. LOEWENSTEIN, La psychanalyse des troubles de la puissance sexuelle, in RFP 1935,4, pp. 338-600 (GP 1937, 1, col. 44).

G. PARCHEMINEY, Exposé d’un cas d’impuissance, in RFP 1935, 4, pp. 601-614 (GP1937, 1, col. 44).

CH. ODIER, Document catamnestique sur un case d’impuissance orgastique. Consi-dération sur les relations de cette impuissance avec le caractère et sur letransfert psychanalytique, in RFP 1935, 4, pp. 615-666 (GP 1937, 1, col. 44).

J. LEUBA, Société psychanalytique de Paris, Exercice 1934-1935, in RFP 1935, 4, pp.672-679 (GP 1937, 1, col. 44).

E. GLOVER, Bulletin de l’Association internationale de psychanalyse, in RFP 1935, 4,pp. 697-698 (GP 1937, 1, col. 44).

L. JIMÉNEZ DE ASÚA, Valor de la psicología profunda en ciencias penales psicoanálisisy Psicología individual, in « Revista de criminología, psiquiatría y medicinalegal », 1935, 132, p. 751 (GP 1937, 2, col. 187): « È riportato un articolo,già recensito, dell’illustre A. sui rapporti tra psicanalisi e delitto. L’A. sioccupa particolarmente del complesso di inferiorità in relazione al delitto ealla sua eziologia e alle relazioni fra il trattamento penale e la psicologiaindividuale profonda ».

E. WEISS, Elementi di psicoanalisi, Milano, Ulrico Hoepli Editore, 19373 (GP 1937,2, col. 221): « Questa terza edizione del notissimo volume di E. Weiss — sucui cfr. Presupposti, 1933, col. 405 — ha il pregio di un’ulteriore elabora-zione dell’A., specie per quanto si riferisce agli importanti argomenti delle‘resistenze psichiche’ (cap. I) e della ‘metapsicologia’ (cap. V). E, per evitarela confusione delle due distinzioni dei fenomeni psichici, in inconsci preconscie consci e in Es e Super-Io, i concetti relativi alla seconda edizione sono statiaccentuati [...]. L’opera continua così a presentarsi come il più compendiosoe diligente manuale di consultazione di ogni persona colta, che vogliachiarirsi gli elementi della dottrina psicoanalitica. Anche l’utile e comodovocabolarietto che è in fine all’agile e perspicua pubblicazione è stato, per lanuova edizione, arricchito di nuovi termini » (G.A. Belloni).

L. JIMÉNEZ DE ASÚA, Valor de la psicología profunda en ciencias penales. Psicoanálisisy psicología individual, in « Criminalia », 1935, 3, p. 67 (GP 1937, 4, col.448).

F. LOWTZKY, Sœren Kierkegaard. L’expérience subjective et la révélation religieuse, inRFP 1936, 2, pp. 204-314 (GP 1937, 7, col. 617).

R. LAFORGUE, Clinique psychanalytique, in RFP 1936, 2, pp. 146-174 (GP 1937, 7,col. 618).

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P. HALFANTS, Il Freudismo, in « La palestra del diritto », 1936, 8-9, p. 1 (GP 1937,7, col. 617): « Contributo alla divulgazione [...] critica del freudismo inoccasione delle onoranze a Freud nel suo 80. Anniversario. Nicola Palopoli,direttore della battagliera Palestra, si associa alle onoranze con la consuetavivacità antiaccademica » (G.A. Belloni).

F. ALEXANDER, H. STAUB, El delincuente y sus jueces desde el punto de vistapsicoanalítico, in « Criminalia », 1937, 5, p. 130 (GP 1937, 7, col. 617).

J. P. PORTO CARRERO, Psicoanálisis del crimen pasional, in « Boletín de Identificacióny Policía Técnica », 1936, 5, p. 79 (GP 1937, 7, col. 618).

N. ROJAS, Una visita a Freud, in « Archivos de Medicina legal e identificação », 1936,13, p. 301 (GP 1937, 7, col. 617).

E. SERVADIO, Psicoanalisi e sessuologia, in « Rivista di psicologia normale e patolo-gica », 1936, 4, p. 219 (GP 1937, 7, col. 618): « Energica e brillante difesadella psicanalisi. L’A. reagisce al pregiudizio pansessualista, rilevando leformazioni dualistiche freudiane relativamente agli istinti. Richiama poi iprogressi che la sessuologia deve alla psicanalisi. Tratta indi della sessualitàinfantile e della sua evoluzione; della psicosessualità inconscia e delle sueinfluenze sulla vita; delle metamorfosi degli impulsi primari (sostituzioni,sublimazioni, formazioni reattive); del fattore sessuale nelle nevrosi e del-l’analisi psichica rieducativa, e, infine, della psicanalisi della bonifica di zonepsichiche sottratte al controllo della coscienza. La Psicanalisi, dice l’A., lungidall’avvilire l’uomo, gl’insegna a dominarsi, e riprende nel mondo modernoil sublime concetto dell’Eros platonico, dandogli un nuovo spirito e facen-done maggiormente risplendere i lineamenti immortali » (G.A. Belloni).

E. SERVADIO, Psicoanalisi e letteratura amena, in « Rivista di psicologia normale epatologica », 1936, 4, p. 226 (GP 1937, 7, col. 618): « Rapida rassegna, intesaa mostrare il contributo che la psicanalisi può dare alla maggior compren-sione di certe figure artistiche nella letteratura amena: Edipo, Amleto,Medea, Don Giovanni, ecc. » (G.A. Belloni).

S. FREUD, Contribution à la psychologie de la vie amoureuse, traduit par M.Bonaparte et Anne Berman, in RFP 1936, 1, pp. 2-21 (GP 1937, 7, col. 618).

S. FREUD, Metapsychologie, traduit par M. Bonaparte et Anne Berman, in RFP 1936,1, pp. 22-116 (GP 1937, 7, col. 618).

G. MAUCO, La psychologie de l’enfant dans ses rapports avec la psychologie del’inconscient (D’après les travaux de Freud et de Piaget), in RFP 1936, 3, pp.430-517 (GP 1938, 4, col. 431).

J. ANDUEZA, El Psicoanálisis en Criminología, Psiquiatría y Criminología, BuenosAires, 1936 (GP 1938, 4, col. 432).

A.R. VELA, El Psicoanálisis como medio de prueba en derecho penal, in « Crimina-lia », Mexico 1937, 3, p. 182 (GP 1938, 4, col. 432).

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« Dei delitti e delle pene »:a duecentocinquant’anni