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Quaderni di Palazzo Arese Borromeo 1 Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo Cesano Maderno Bollettino semestrale di storia, arte e attività culturali Redazione: QUADERNI DI PALAZZO ARESE BORROMEO Bollettino di Storia Arte Attività culturali ANNO VIII – NUMERO 1 – MAGGIO 2015

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Quaderni di Palazzo Arese Borromeo

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Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo Cesano Maderno

Bollettino semestrale di storia, arte e attività culturali Redazione:

QUADERNI

DI

PALAZZO

ARESE

BORROMEO

Bollettino di

Storia Arte Attività culturali

ANNO VIII – NUMERO 1 – MAGGIO 2015

S288705
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ISSN 2499-877X
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Anno VIII – Numero 1 – Maggio 2015 Sommario: Il “Pozzetto” di Cesano: storia di un antico pozzo ritrovato pag. 3 Daniele Santambrogio Carteggi inediti del XVII secolo sulla Roggia Borromeo pag. 25 Daniele Santambrogio Appendice documentaria Carteggio relativo al “Negoziato del S.r Co: Presidente Arese per la Compera delle Fontane del S.r Co: Marliani mosso l’anno 1672” pag. 41 Carteggio relativo alla sistemazione del bocchello sulla roggia per irrigare il giardino Marliani presso Mariano pag. 49 Trascrizione a cura di Daniele Santambrogio Informazione di copyright: si segnala che i saggi e il materiale documentale pubblicati nel presente sito sono sottoposti alle vigenti norme per la protezione intellettuale di copyright. Qualsiasi citazione degli stessi dovrà obbligatoriamente fare riferimento alla pubblicazione elettronica dei Quaderni di Palazzo Arese Borromeo e all’archivio depositario della documentazione.

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Il “Pozzetto” di Cesano: storia di un antico pozzo ritrovato

Daniele Santambrogio Quando alla fine del 2011 mi fu comunicato che erano state fatte delle recenti e importanti scoperte presso il caseggiato noto ai cesanesi (solo quelli di una certa età!) come il “Puzet” ubicato in via Silvio Pellico, nel cuore di Cesano, chiedendomi inoltre qualche notizia storica a riguardo, da subito mi incuriosii e diedi la mia disponibilità per quel poco che potevo fare. In quel periodo, infatti, l’architetto cesanese Paolo Alberto Vaghi, che stava e sta curando ancora oggi il progetto di recupero degli spazi al pianterreno del suddetto edificio, per conto della proprietà (la famiglia Fumagalli-Vaghi1), ha voluto coinvolgermi, in quanto durante la rimozione dei pavimenti in piastrelloni degli anni ’50 è stato ritrovato uno splendido pozzo profondo, al momento della sua scoperta, oltre una decina di metri, che altro non è che il famoso “Puzet”, o “Pozzetto” (fig. 1), il quale dava il nome non solo all’edificio che lo ospita tuttora, ma anche ad un’intera antica contrada della vecchia Cesano. Ho ritenuto pertanto opportuno dedicare un articolo a questa interessantissima vicenda da pubblicare così nei “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo”.

Breve excursus storico sull’edificio detto del Pozzetto

Dal punto di vista di una ricostruzione storica, i dati documentali a disposizione che testimoniano la presenza certa di questo notevole manufatto per l’approvvigionamento idrico sembrano non andare oltre la metà del XVIII secolo2. Infatti, sebbene già la mappa catastale detta di Carlo VI d’Asburgo3

1 Ringrazio di cuore Antonio Fumagalli per avermi coinvolto in questa bella vicenda, soprattutto per la sua grande passione e competenza che sono state fondamentali. 2 Sottolineo che nel centro storico di Cesano erano e sono presenti ancora oggi altri antichi pozzi, sebbene non siano visibili. Solo a titolo di esempio riporto quelli di mia diretta conoscenza: il pozzo nel cortile di Palazzo Arese Borromeo; quello nella cantina della canonica annessa alla vecchia chiesa di Santo Stefano; quello all'ingresso del cortile della cosiddetta “Palazzina” in via Garibaldi. Inoltre, ve ne era uno collocato difronte all’ “Osteria dal Pagan”, interrato alcuni anni fa. Poi ce ne sono altri ancora, collocati anche nelle antiche cascine fuori dall'abitato, uno per tutti cito quello nel cortile maggiore della Cascina Gaeta. Esistono anche alcune vecchie cisterne interrate in muratura, da non confondersi con i pozzi, dove un tempo veniva accumulata l'acqua piovana: a Cesano esempi di tali manufatti sono ad esempio nella corte rustica di Palazzo Arese Borromeo e, sulle Groane, nelle storiche cascine Montina e Biulè. 3 Le mappe catastali antiche sono oggi consultabili nel sito http://archiviomilano.cineca.it/Divenire/ home.htm. Inoltre, si segnala la scheda Sintesi dello studio sui “Catasti storici di Cesano Maderno” nella sezione “Pubblicazioni” del sito www.vivereilpalazzo.it.

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risalente al 1722 (fig. 2), riporti la presenza di un edificio destinato a “casa da massaro”4, a quel tempo di proprietà dei conti Borromeo Arese, ubicato proprio all’angolo tra le attuali via Silvio Pellico e vicolo Contessa Corti Lupi, nulla viene indicato circa la presenza del pozzo. Tuttavia nel “liber chronicus” del parroco di Cesano di allora, don Francesco Maria Ferrario5, viene citata per la prima volta in assoluto, in un documento noto, la “Contrada del Pozzetto”, descrivendo il percorso di una processione avvenuta il giorno 5 maggio 1755, in ringraziamento per la pioggia copiosa dopo una lunga siccità6. Da quanto emerso dagli studi sulla Cesano in epoca Napoleonica, effettuati con dovizia di particolari dagli studiosi prof. Luigi Ravagnati e don Domenico Cattaneo (pubblicati su alcuni numeri “Cittadino della Domenica” del 1984), nel cosiddetto “Stato delle anime dal 1797 al 1799”7 della parrocchia di Santo Stefano veniva citata esplicitamente la “Contrada del Pozzetto”. Purtroppo nell’archivio parrocchiale non sono presenti “Stati delle anime” precedenti che potrebbero darci informazioni in merito all’esistenza del nostro pozzo nel corso del XVIII secolo e più indietro ancora8. I due studiosi lanciarono pure un’ipotesi suggestiva che daterebbe il “Pozzetto” addirittura al Medioevo, poiché proponevano di individuarlo in quel pozzo che dava il nome alla antica “via Pozasca”, citata oltre un centinaio di volte nelle

4 Nella mappa del Catasto di Carlo VI d’Asburgo (1722) l’edificio in questione è riportato al mappale n. 318 ed apparteneva al conte Carlo IV Borromeo Arese. Nel Sommarione del successivo Catasto Teresiano (1755) esso è definito “Casa da Massaro” di estensione Tavole 6 e valore 2 Scudi 3 Lire: a quella data apparteneva al conte Renato III Borromeo Arese. 5 Il manoscritto “Divozione di S. Anna ed anotazioni diverse - L’anno salutis 1738 – Anche della Chiesa Parrochiale e Scola - Annali della Cura”, redatto da don Francesco Maria Ferrario, parroco di Cesano Maderno dal 1737 al 1789, si conserva in originale nella Biblioteca Civica Vincenzo Pappalettera di Cesano Maderno, in un fondo archivistico contenente alcuni documenti di origine parrocchiale (dal XVII al XX secolo). 6 Pure nella descrizione della processione per invocare la pioggia tenutasi in data 12 agosto 1759 viene menzionata la “Contrada del Pozzetto”. 7 Questo manoscritto si trova nell’Archivio Storico Parrocchiale della Parrocchia di Santo Stefano Protomartire di Cesano Maderno. A tale proposito si ricorda che nell’estate del 2013, nel ciclo di appuntamenti “Aperitivi… ed è subito sera” organizzato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Cesano Maderno, la socia di “Vivere il Palazzo” Silvia Boldrini ha tenuto una conferenza dal titolo Lo stato delle anime in Cesano dal 1797 al 1799. 8 In realtà sono presenti, ma presso l’Archivio Storico Diocesano di Milano, tre “Stati delle Anime” della fine del Cinquecento, che sono stati trascritti, analizzati e commentati da Luigi Ravagnati. In tali documenti l’attuale via S. Pellico era chiamata semplicemente “Contrada driza dal Seveso”, ad indicare la sua posizione in sponda destra idraulica rispetto al corso del torrente Seveso. Per maggiori informazioni si consulti nel sito www.vivereilpalazzo.it la trascrizione completa di tali “Stati delle Anime” nella scheda Gli Stati delle Anime della parrocchia di Santo Stefano Protomartire di Cesano Maderno di fine Cinquecento nella sezione “Archivio Documenti e Tesi”, nonché il saggio di L. Ravagnati, La Parrocchia di Santo Stefano Protomartire di Cesano Maderno al tempo di San Carlo, in “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo” Anno VII/N. 1, Maggio 2014.

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Fig. 1 – Il ritrovato “Pozzetto” di via Silvio Pellico

Fig. 2 – La “Contrada del Pozzetto” nella mappa catastale del 1722: al mappale 318 la casa con il “Pozzetto”

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pergamene duecentesche del Monastero milanese di Santa Maria di Aurona, le cui badesse erano all’epoca le feudatarie di Cesano. Invero, da un’analisi di quei documenti9, si evince che la “via Pozasca”, la quale conduceva sì ad una località chiamata “ad Puteum”, attraversava le località dette al “Dosso” e “Barazia” (Baraggia), che coincidevano rispettivamente la prima con la zona della scarpata della valle del Seveso (l’area dell’attuale Cimitero Maggiore) e la seconda con il territorio compreso tra le attuali frazioni di Molinello e Cascina Gaeta (oggi via San Marco, via Adamello), e giungeva fino al confine con Desio10. Pertanto la “via Pozasca” del XIII secolo era ubicata nella porzione orientale di Cesano fuori dall'abitato e non può essere individuata con la moderna via S. Pellico, la quale in origine invece era l’antico collegamento tra il centro del villaggio di Cesano e l’antica strada Comasina (oggi via Volta) e oltre ancora in direzione ovest terminava ai ronchi delle Groane11. Gli stessi due studiosi, per quanto assai ferrati in storia locale, negli anni ’80 del secolo scorso non avevano però nemmeno una vaga idea di dove fosse collocato il “Pozzetto” che dava nome alla contrada, tant’è che scrissero: «Dove si trovasse esattamente il pozzo che ha dato il nome alla contrada, bisognerebbe domandarlo a qualche cesanese dai capelli bianchi nato dietro la chiesa vecchia». In realtà, la famiglia Vaghi, proprietaria dell’edificio in questione, sapeva dell’esistenza del pozzo in quanto esso fu coperto con una soletta di cemento armato subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando il caseggiato venne ristrutturato, alzandolo di un ulteriore piano12, e fu chiuso con murature di tamponamento il portichetto d’angolo che dava accesso al pozzo (fig. 3); tuttavia

9 Fondamentale il lavoro svolto da Alessandro Molteni, Cesano Maderno nel XIII Secolo - dalle antiche pergamene del Monastero di Santa Maria d’Aurona in Milano, Tesi di laurea in storia medioevale - Università degli Studi di Milano, anno 2000. Questo ricco lavoro di tesi è reperibile nel nella sezione “Archivio Documenti e Tesi” del sito www.vivereilpalazzo.it. 10 Secondo Molteni l’antica località “ad Puteum” potrebbe coincidere proprio con il primo insediamento che diede origine in seguito alla Cascina Gaeta. Ad avvalorare questa ipotesi, la presenza di un profondo pozzo nel cortile maggiore di tale cascina, che fu in uso fino agli anni ’50 del Novecento. 11 Va precisato che fino alla metà del Seicento, con la realizzazione su committenza del conte Bartolomeo III Arese della “Contrada Nuova” (oggi Corso della Libertà), il tracciato dell’odierna via S. Pellico era l’unico asse viario che dal centro del paese portava alla Comasina. Dai documenti emerge che in questa contrada alla fine del Cinquecento (1578), oltre agli edifici e alle pertinenze parrocchiali, vi erano 11 case in cui vivevano 15 famiglie per un totale di 107 persone. Vi risiedeva ovviamente anche il parroco e nessuno degli abitanti possedeva titoli nobiliari: era una contrada “popolare” fatta di pisonanti e massari, che dimoravano in abitazioni altrui (Arese, Porro, Parrocchia). Solo il benestante Dioniso da Monte (Dionigi Monti) viveva con la sua famiglia in una casa di sua proprietà. Alla fine del XVI secolo qui si trasferì un ramo dell’aristocratica famiglia Piatti, forse nell’abitazione che fu del Monti. Vedi nota 8. 12 Infatti attualmente l’edificio è composto da due piani oltre il pianoterra.

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anche l’attuale generazione della sopraccitata famiglia non sapeva con esattezza la posizione del pozzo, anzi credeva fosse stato completamente interrato. Invece, grazie a Dio, no… è ancora lì e in perfetto stato di conservazione! A dire il vero, qualcosa era già emerso alla fine degli anni ’90, quando, sempre grazie ad un primo intervento di recupero curato dall’arch. Paolo Alberto Vaghi, era stata messa in evidenza la colonna in arenaria, prima murata, posta proprio allo spigolo del fabbricato, (fig. 4) la quale sorreggeva il doppio portichetto d’ingresso al sito del pozzo, messo anch’esso parzialmente in luce dal restauro13, confermando così quanto riportato in un dipinto (fig. 5) a olio eseguito qualche anno prima, sulla memoria degli anziani residenti in via S. Pellico. Tra Settecento e Ottocento l’edificio del “Pozzetto” subì delle modifiche che lo ampliarono trasformandolo in una vera e propria casa di corte. Una preziosa descrizione del “Caseggiato del Pozzetto” è contenuta nella “Relazione di Stima dei Beni Immobili del Compendio dell’Eredità di Sua Eccedenza il Signor Conte Giberto Borromeo Aresi situati nelle Giurisdizioni dell’I.R. Tribunale Provinciale di Como e dell’I.R. Pretura di Desio” (a cura dei periti Ing. Francesco Piana e Ing. Giuseppe Santagostino – 29 luglio 1840), ricco e corposo documento che si conserva in originale presso la Biblioteca Civica di Cesano Maderno nel cosiddetto “Archivio Palazzo Arese Jacini – Fondo Stabili in Cesano – Condotta Economica”. Ecco come esso viene descritto: «Un quarto corpo di caseggiato marcato al Comunale n 44 consta di due branche che fanno angolo fra la contrada ed il vicolo del Pozzetto. Questo corpo di Caseggiato tiene apposito ingresso verso ambedue le contrade precisamente nell’angolo che esse strade fanno fra loro esiste interno in questo corpo il Pozzo che gli dà il nome. Dalla Contrada poi si entra nella Casa per uscio posto in un muro di cinta in seguito a cui evvi al lato sinistro un Portichetto con un locale ad uso di ripostiglio. A destra poi evvi una Cuccina con iscala esteriore per una stanza superiore ad essa Cuccina, e successivamente a questa Cuccina evvi due Stalle, sopra le quali esistono le corrispondenti Cascine. A levante della seconda Stalla evvi un portico in due campi cui sussiguono un ripostiglio, ed un luogo terreno rustico con istanza superiore a questo; ed al locale rustico tengono dietro due Cuccine con iscala esterna per due stanze superiori ad esse, ed un’altra Stalla, un locale rustico ed una Latrina con al di sopra una Cascina. All’estremità di questi locali evvi accesso che mette al Vicolo del Pozzetto».

13 Il portichetto è costituito da archivolti a sesto ribassato in cotto: con il restauro quello su via S. Pellico, più ampio, è stato lasciato intonacato, in quello su vicolo Corti Lupi, più corto, è stato invece messo in evidenza il voltino in mattoni. E’ stata inoltre posizionata una targa “Vecchio Pozzetto”.

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Fig. 3 – La casa del “Pozzetto” Fig. 4 – Portichetto del “Pozzetto”

Fig. 5 – Dipinto con ricostruzione di come doveva essere la casa con il portichetto contenente il pozzo

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In seguito nel testo si dice che il caseggiato, come tutti quelli della contrada del “Pozzetto” è: «di antica costruzione, edificio rustico e diviso da ortaglie». Viene inoltre riportato l’elenco dei coloni ed inquilini (dei Borromeo ovviamente) che abitavano all’epoca nella contrada del “Pozzetto”: Carlo Radice, Francesco Borghi, Felice Santambrogio, Andrea Vaghi, Belario Mariani, Ferdinando Mariani, Giovanni Ottolina, Aimo Caronni, e Ferdinando Scotti. Tale situazione è riscontrabile nella mappa catastale del 1856 circa, (fig. 6) in cui è ben visibile il mutamento rispetto alla precedente cartografia del 172214, essendo evidente l’ampliamento in pianta del caseggiato. Se dal punto di vista planimetrico vi è ancora una certa corrispondenza con la configurazione attuale del caseggiato, risulta assai difficoltoso oggi individuare gli ambienti descritti nella relazione ottocentesca, causa le pesanti trasformazioni edilizie del Novecento. Ad esempio l’attuale scala coperta esterna, (fig. 7) posta a nord del locale contente il pozzo, non è identificabile con certezza con la seconda “iscala” menzionata nel testo del 1840. Le indagini propedeutiche effettuate nei due locali oggetto di recupero hanno messo in evidenza alcuni aspetti interessanti che erano celati dalla pavimentazione degli anni ’5015. Tali indagini sono consistite nell’asportazione del suddetto pavimento e del sottostante strato di riempimento, mettendo in evidenza le quote originarie di calpestio, soprattutto nella zona attorno al pozzo, ma anche nel locale che lo contiene e in quello adiacente. Preliminarmente è stato compiuto un sondaggio con strumentazione Geo-Radar16, che ha consentito l’individuazione, come vedremo, di un’impronta di un edificio più antico, in base alla differente compressione e densità degli strati di terreno (fig. 8). Nel locale in cui è presente il pozzo, ovvero quello d’angolo del caseggiato di forma leggermente trapezoidale (le pareti sud e nord non sono perfettamente parallele tra loro), scavando sotto il pavimento si è rilevata la presenza di un possente muro in materiale misto (ciottoli/mattoni) (fig. 9), che corre anch’esso in direzione est-ovest e delimitava a nord l’area del portichetto contenente il pozzo. Le fondamenta di tale muro (larghe oltre 50 cm) appaiono assai profonde (oltre 170 cm sotto la quota del piano di calpestio attuale) e possiedono un rinforzo in materiale cementizio a mo’ di intonaco sul lato nord, il che fa pensare

14 Nel sommarione catastale del 1873 l’edificio, allora di proprietà del conte Vitaliano IX Borromeo Arese, è riportato al mappale n. 80 e consisteva in una “Casa Colonica” di estensione 50 Centesimi di Pertica metrica e di valore 46.41 Lire austriache. Vedi nota 3. 15 Il recupero edilizio in essere è limitato ai soli due locali al pianoterra, in quanto essi soli sono oggi di proprietà della famiglia Fumagalli-Vaghi. 16 Le indagini geologiche sul fabbricato e sul pozzo sono state eseguite per conto della proprietà dallo Società Akron s.r.l. a cura del dott. geologo Gianluca Ascari.

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Foto 6 – La “Contrada del Pozzetto” nella mappa catastale del 1856: al mappale 80 la casa del “Pozzetto”

Foto 7 – Scala adiacente al locale con il “Pozzetto”

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Foto 8 – Impronta indagine Geo-Radar

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ad un antica cantina, poi riempita di laterizi da demolizione. Quest’opera muraria sembra poi proseguire nel locale adiacente di ponente. Questo muro poteva essere quindi un perimetrale (e non un semplice divisorio) di un edificio più antico di forma trapezoidale, che poteva coincidere con una casa avente appunto come parete esterna a sud proprio tale parete e che poi si prolungava in direzione nord lungo il vicolo posto a levante (oggi via Corti Lupi)17. Quello che balza subito all’occhio è che la sagoma di questo edificio preesistente coincide perfettamente con l’impronta Geo-Radar, che individua appunto un piano di calpestio posto tra gli 80 e 120 cm sotto il piano campagna odierno, avente forma compatibile a quella di un edificio con i suddetti muri perimetrali. E’ necessario a questo punto precisare che l’edificio raffigurato nella mappa del 1722, sebbene come già spiegato venne ampliato successivamente, non è però identificabile con quello rilevato dagli scavi e dall’indagine Geo-Radar: quest’ultimo fabbricato era più arretrato rispetto al sedime stradale dell’odierna via S. Pellico18. Pertanto, mi sento di formulare la seguente ipotesi storica: esisteva dapprima una casa, forse risalente al Medioevo, dotata probabilmente di cantina sotterranea (una “canepa” come si diceva allora), la quale in un’epoca non precisata tra Cinque e Seicento, sicuramente entro il 1722, venne demolita e ricostruita con una sagoma più regolare (a pianta quasi quadrata)19. E fu in quell’occasione che con molta probabilità fu scavato il pozzo, collocandolo all’interno del nuovo caseggiato, protetto da un portichetto d’angolo a due fornici. Nulla vieta però di pensare che tale manufatto fosse già esistente, ubicato quindi all’esterno dell’antico edificio preesistente; tuttavia appare davvero strano che esso non sia mai citato nei documenti precedenti alla metà del Settecento20. Considerando lo stato attuale di conservazione dei laterizi che ne costituiscono la canna, come poi racconterò meglio in seguito, il pozzo è plausibilmente databile al XVII secolo. Pertanto, credo sia verosimile una sua realizzazione in pieno Seicento, sotto la committenza della famiglia Arese,

17 Qui è presente un grosso blocco di ceppo nel muro. 18 A tale proposito, faccio notare come il muro perimetrale in affaccio su via S. Pellico dell’edificio preesistente, rilevato dal Geo-Radar e messo in evidenza con l’asportazione del pavimento, fosse allineato con la cortina del caseggiato posto a oriente (quello un tempo di proprietà parrocchiale oggi al civico n. 18 di via S. Pellico). Questa configurazione fa intuire una lieve diversa curvatura dell’asse viario della antica contrada cesanese. 19 E’ quindi ipotizzabile che con il materiale di demolizione si riempì la cantina dell’edificio preesistente. 20 Ad esempio l’elenco dei beni di proprietà del conte Bartolomeo III Arese, risalente al 1661, non cita mai il “Pozzetto” o un edificio con questo nome a Cesano. Si veda: D. Santambrogio, “ Intavolatura delle Partite per la Provintia di Cesano”. Una chiave di lettura per la fortuna patrimoniale di Bartolomeo III Arese in Brianza”, in “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo”, Anno I/N°. 1, Maggio 2008.

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Foto 9 – Il muro perimetrale dell’edificio preesistente

Foto 10 – La “ rizada” di accesso al pozzo

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impegnata nel riordino e ristrutturazione funzionale delle abitazioni venute in suo possesso in quella contrada cesanese. Dunque, costruito un nuovo edificio provvisto di pozzo, che poteva servire quella porzione del paese, ci volle poi qualche decennio perché esso diventasse “toponimo” di uso corrente tra la gente di Cesano. Ed ecco spiegato come a metà del XVIII secolo il “Pozzetto” è diventato addirittura il simbolo di quella antica contrada cesanese. Dall’indagine sulla struttura dell’edificio attuale, si è inoltre constatato che i due locali possedevano anticamente un pavimento in terra battuta ad eccezione del portichetto, caratterizzato invece da un bell’acciottolato in “rizada”, che consentiva l’accesso in sicurezza al pozzo (fig. 10). La colonna d’angolo, che chiudeva il suddetto portichetto, poggia su un basamento cubico in pietra alto circa 80 cm perlopiù interrato. Ciò, con beneficio d’inventario, mi porta ad identificare nella “un’altra Stalla, un locale rustico…. All’estremità di questi locali evvi accesso che mette al Vicolo del Pozzetto”, descritti al termine della già menzionata relazione del 1840, rispettivamente l’odierno ambiente più grande a ovest e quello adiacente più piccolo a est (d’angolo) che conteneva il portichetto del pozzo, oggetto dell’attuale intervento di recupero. Sfortunatamente oggi questi due locali hanno perso anche l’originale soffitto ligneo, sostituito negli anni ’50 da un banale tavolato di laterizi. Tuttavia, scrostando le pareti del locale più grande posto a ovest sono emersi due camini, ora murati, uno con focolare più ampio nella parete settentrionale e uno più piccolo, coincidente con l’attuale porta di accesso su via S. Pellico. Inoltre, sempre in questa stanza, è stata messa in evidenza la porta murata sulla parete di ponente che in origine metteva in comunicazione questo locale con gli altri (oggi di altra proprietà) descritti nella succitata relazione.

Il recupero dell’antico pozzo: ritrovamento, ispezione, pulizia e destinazione futura Quando nel 2011 fu riscoperto questo antico pozzo, demolendo la soletta del pavimento nello spigolo sud-ovest del locale d’angolo del caseggiato, fu davvero una grande sorpresa ed emozione… tuttavia ci si rese subito conto della necessità di capire lo stato di conservazione di tale manufatto e come procedere con il recupero edilizio di quei due locali. Dapprima si è deviato al di fuori della canna del pozzo lo scarico di un pluviale proveniente dal tetto, dal momento che questi a lungo andare poteva inficiare la stabilità delle pareti21. È in quel periodo

21 Dopo il suo parziale interramento e copertura il “Pozzetto” era stato pertanto sfruttato come pozzo perdente per disperdere le acque pluviali.

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che fui coinvolto, e non solo per fornire alcune informazioni storiche, ma anche per sapere se conoscevo qualcuno disposto a calarsi nel pozzo e studiare da vicino la struttura del medesimo. Mi venne subito in mente l’amico Mirco Cappelli, speleologo lentatese con una certa esperienza nel campo dell’esplorazione di cavità artificiali22, il quale, informato della scoperta cesanese, diede immediatamente la propria disponibilità, coinvolgendo il “Gruppo Grotte Saronno – CAI - SSI”, un’associazione di speleologi volontari con sede a Saronno23. Montata nel gennaio 2012 una carrucola con ancoraggi per poter scendere in piena sicurezza, si iniziò a svuotare il pozzo dai detriti che lo riempivano, costituiti da materiale di demolizione, di sicuro preveniente dai lavori edili di ampliamento e rialzo del caseggiato negli anni ’50 del secolo scorso. Fu un lavoro faticoso che durò oltre un anno intero, essendo limitato ai sabati e alle domeniche24, effettuato sempre sotto l’attenta supervisione del proprietario, il sig. Antonio Fumagalli, il quale, sempre più appassionato e convinto del recupero del vecchio pozzo, assisteva di persona e partecipava alle operazioni, controllando con cura tutto quanto veniva portato in superficie. Tanto per dare un’idea dell’immane lavoro svolto, all’inizio la profondità del pozzo era di circa 11,5 metri (fig. 11). Ebbene, togliendo un secchio per volta oltre 17 tonnellate di detriti, si è giunti al fondo del pozzo collocato a 28,2 metri sotto il piano campagna! Se si considerano poi gli spazi angusti dove si operava (il diametro del foro del pozzo è poco più di un metro) si può immaginare la difficoltà e anche il coraggio di questi volontari (fig. 12)! Nel materiale asportato sono stati rinvenuti alcuni oggetti, quali vecchi chiodi arrugginiti (fig. 13) e frammenti di ceramica (fig. 14), di un servizio da tè risalenti alla fine del XIX secolo25, alcuni pezzi di utensili tra cui due staffe ricurve in piombo e due piccole pulegge di ottone (fig. 15), forse parti dell’antica carrucola con cui veniva calato il secchio per prelevare l’acqua. Purtroppo non sappiamo se in origine esisteva un anello di cotto con funzione di vera per il pozzo (con i classici secchio e carrucola), oppure una vasca in pietra

22 Ad esempio la discesa ed esplorazione nel pozzo di probabile origine medievale di Villa Dho a Seveso (MB), profondo una cinquantina di metri, effettuate nel maggio del 2002 con il gruppo speleologico cesanese diretto da Attilio Zardoni. 23 Per maggiori informazioni si consulti: www.gruppogrottesaronno.com. 24 Sono state dedicate 33 giornate tra sopralluoghi, riprese, svuotamento e rilievo (dal 17 gennaio 2012 al 22 aprile 2013). 25 Tali frammenti sono marchiati “Verbanum Stone S.C.I. Laveno”, un'azienda che operò fino agli inizi del Novecento. Potrebbero essere finiti nel pozzo durante la ristrutturazione del caseggiato negli anni '50.

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Fig. 11 – Il pozzo nel dicembre 2011 ancora ostruito parzialmente dai detriti

Fig. 12 – Lo speleologo Mirco Cappelli si cala nel pozzo

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Fig. 13 – Chiodi rinvenuti svuotando il pozzo

Fig. 14 – Frammenti di ceramica rinvenuti svuotando il pozzo

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Fig. 15 – Staffe in piombo e pulegge in ottone rinvenute svuotando il pozzo in cui veniva pompata l’acqua mediante una pompa manuale a stantuffo (come nel cortile d’onore di Palazzo Arese Borromeo): il dipinto sopracitato, raffigurante l’edificio del Pozzetto, mostra quest’ultima soluzione (fig. 5); va comunque detto che l’intonaco del muro, presso il pozzo, presentava segni di usura da sfregamento probabilmente dovuta all’attrito di catene. Ma veniamo ora a descrivere il manufatto, così come emerso dalla sua pulizia. Innanzitutto va precisato che si tratta di un pozzo freatico, ossia che raggiunge la falda libera non in pressione26, la quale dalle nostre parti è formata da strati di ceppo, un conglomerato calcareo naturale di origine sedimentaria, inserito all’interno di una matrice alluvionale costituita da sabbie e ghiaie (depositi fluviali del torrente Seveso). Il pozzo, noto come il “Pozzetto”, misura una profondità massima di circa 28 metri dalla quota del piano campagna; il suo diametro, pressoché costante è di 120 cm.27, con una restrizione finale di pochi centimetri negli ultimi 5 metri dal

26 L’altra tipologia di pozzo tradizionale è quella “artesiana” o “modenese”, dove il pozzo pesca da una falda in pressione con conseguente risalita naturale dell’acqua nella canna (a volte fino a zampillare in superficie). 27 In realtà il diametro interno è variabile da un massimo di 1,21 m. ad un minimo 1,12 m.

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fondo. La canna, sebbene sia solida dal punto di vista strutturale, presenta alcuni lievi spanciamenti dovuti ad assestamenti del terreno e quindi non si tratta di un cilindro perfetto (Tav. 1). I primi 2,5 metri sono intonacati con una malta cementizia relativamente recente (inizi del XX secolo?). Dai 2,5 metri fino a 15,5 metri la canna è costituita da un rivestimento murario di mattoni con la presenza di qualche ciottolo. Dai 15,5 metri fino ai 18 metri il rivestimento è realizzato in grossi ciottoli: questa fascia di circa 2,5 metri non è altro che il dreno corrispondente al primo strato di ceppo che si incontra scavando in quel punto, vale a dire il primo acquifero da cui filtrava nel pozzo l’acqua. Scendendo in profondità dai 18 metri ai 24 metri ritorna il paramento murario in mattoni con pochi ciottoli: in questo tratto a 19,5 metri e a 21,5 metri sono inserite due mensole in pietra, una delle quali con due buchi a sezione quadrata in cui erano piombati due perni, forse degli ancoraggi per effettuare le opere di manutenzione, oppure per fissare la pompa o la carrucola di cui si è detto sopra (fig. 16). Inoltre, dalla bocca del pozzo fino a circa 20 metri di profondità sono inseriti dei pioli in ferro, di fattura più recente, che servivano per poter scendere. Gli ultimi 4 metri del manufatto, da 24 metri a 28,2 metri, sono interamente scavati nel ceppo, ove è possibile vedere anche alcuni fossili di conchiglie: trattasi del secondo e ultimo acquifero drenato dal nostro pozzo. Qui la sezione, come già detto in precedenza, è leggermente più stretta (fig. 17). Vale la pena qui soffermarci per descrivere brevemente come un tempo venivano realizzati i pozzi di questo tipo (freatici). In generale la tecnica impiegata era la seguente28: per prima cosa si scavava con vanghe e picconi un buco circolare del diametro desiderato e della profondità di circa un metro, poi si poneva al fondo lungo il perimetro del buco una centina circolare in legno su cui si costruiva il paramento murario fino alla bocca; in seguito si scavava per un altro metro puntellando la centina. Si toglievano quindi i puntelli e si faceva scorrere per gravità il paramento murario circolare con sotto la centina fino alla quota del nuovo fondo; si realizzava così un nuovo paramento murario soprastante a quello precedente fino alla bocca, e così via ripetendo le operazioni sopradescritte fino a raggiungere il fondo voluto del pozzo. Nel nostro caso, considerata la natura mista del rivestimento (mattoni e ciottoli con poca malta), che non si comporta come una struttura rigidamente legata, nonché tenuto conto del terreno ghiaioso poco consistente, è assai probabile che, una volta costruito il primo strato di paramento murario corrispondente ai primi 1,5/2 metri di profondità, si procedette con estrema attenzione all’escavazione al di sotto del

28 Da Enciclopedia Treccani, ad vocem: Pozzo – “Costruzione dei pozzi”.

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Tav. 1 – Rilievo della canna del pozzo (disegno di Antonio Fumagalli)

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suddetto paramento per soli pochi decimetri e per un breve tratto di perimetro alla volta, magari aiutandosi con puntelli, e all’istantaneo tamponamento del vuoto creatosi con ciottoli e mattoni, togliendo poi il materiale (sabbia-ghiaia) al centro foro ed abbassando in tal modo la quota inferiore dello scavo, così via fino giungere al fondo desiderato del pozzo. Era un lavoro collaudato, ma comunque rischioso, oltreché faticoso, che veniva eseguito da manodopera specializzata29. In realtà 28 metri di profondità per un pozzo dalle nostre parti (siamo nell’alta pianura asciutta lombarda dove la falda è profonda) non è poi così tanto… Ad esempio il pozzo nel cortile di Palazzo Arese Borromeo scende quasi a 40 metri30, ed è forse per questo motivo che venne chiamato con il diminutivo “Pozzetto”. In passato esso era comunque in grado di garantire acqua, poiché le prime falde erano un tempo quasi sempre cariche31. Ma soprattutto la vicinanza al torrente Seveso, che scorre a soli 65 metri di distanza, assicurava allora come adesso la ricarica idrica: i due acquiferi in ceppo attraversati dalla canna del nostro pozzo, come anche confermato da alcune stratigrafie effettuate in territorio cesanese, sono di sicuro alimentati dalle acque del Seveso32. Come mi è stato riferito dalla proprietà, le operazioni di pulizia del pozzo si svolsero in tempo relativamente asciutto e senza ovviamente la presenza di acqua, poi, una volta terminato il lavoro, iniziò a piovere abbondantemente e dopo circa due giorni è comparsa l’acqua nel pozzo. Attualmente l’acqua è presente a fasi alterne e molto dipende dalla portata del vicino torrente… Nei periodi piovosi il “Pozzetto” è pieno, altrimenti si prosciuga nel giro di qualche giorno.

29 Solo a titolo d’esempio a Cesano nel 1573 il mastro da muro intelvese Bernardo Landriani, a servizio del signor Francesco Arese, effettuava lavori di manutenzione al pozzo ubicato nella casa del nobile padrone. Si veda: D. Santambrogio, Il curato di Cesano pugnalato alla schiena: un processo nella Pieve di Seveso all’epoca di San Carlo, in “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo”, Anno IV/N°. 1, Maggio 2011. 30 A titolo di esempio l'antico pozzo ubicato nell'ex convento dell'Annunziata nel centro storico di Seregno raggiunge i 43 m di profondità. L. Soli, Contributo storico-scientifico relativo a un antico pozzo seregnese, in F. Cajani a cura di, “Nella città di Seregno per le generazioni del terzo Millennio: le carte, le pietre, i muri e altro”, Ed. GR Besana in Brianza (MB). 31 Nel Milanese durante il secolo scorso, a causa dei cospicui prelievi, soprattutto di natura industriale, le falde più superficiali si sono in parte prosciugate. Inoltre questi acquiferi risentono maggiormente dell’inquinamento in quanto non protette da banchi di argilla. 32 Faccio notare che a circa 180 metri dal “Pozzetto” (a nord) il torrente descrive prima una curva a 90° a sinistra e poi una identica a destra: tale andamento potrebbe facilitare ancora di più la ricarica della falda superficiale in sponda destra, ovvero in direzione del pozzo.

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Fig 16 – Mensola in pietra inserita nel paramento murario a circa 20 m. di profondità

Fig. 17 – Interfaccia tra paramento in mattoni e ceppo nell’ultimo tratto del pozzo

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A tal proposito, mi è stato riferito che, scendendo nel pozzo quando piove abbondantemente, si percepisce una ventilazione tra gli interstizi dei mattoni e, cosa ancor più impressionate, un rumore fragoroso di acqua scrosciante! Ciò è spiegabile dalla presenza di fessurazioni nell’acquifero, che come si diceva prima è costituito dal ceppo, una pietra porosa che mostra spesso delle fratture che possono funzionare da vie preferenziali per l’acqua. Nel caso nostro la spinta idraulica dovuta alla ricarica fornita dal torrente Seveso provoca delle vere e proprie venute d’acqua che spingono via l’aria interstiziale, da cui il suggestivo fenomeno sopra descritto. La canna del pozzo, come già detto, è in buono stato di conservazione: i mattoni sono tutti un po’ consunti dal tempo, e solo in un punto era caduto un pezzetto di rivestimento, che però è già stato ricostruito. Dal punto di vista statico è stata fatta una valutazione da parte di professionisti strutturisti, che evidenzia come il pozzo si comporti come un plinto di grandi dimensioni, una specie di enorme palo conficcato per quasi 30 metri nel suolo, che rende ancor più stabile il caseggiato che lo sovrasta. Anche per dare ulteriore conferma della datazione almeno secentesca del “Pozzetto”, è interessante far notare il raffronto con un altro pozzo, quasi identico per dimensioni e profondità, ubicato nello scantinato della vecchia canonica di metà Settecento, annessa all’antica chiesa parrocchiale di Santo Stefano33. La canna di quest’altro pozzo, assai più regolare, è costituita da soli mattoni molto meno smussati (fig. 18) rispetto a quelli del “Pozzetto”. Non sappiamo se tale manufatto risale alla metà del XVIII secolo, come l’edificio che lo ospita, in quanto potrebbe essere anche successivo, non avendo documentazione a riguardo che lo attesti; tuttavia è comunque ben evidente la maggiore anzianità del nostro “Pozzetto”. Adesso che l’antico “Pozzetto” è stato liberato dai detriti che lo ostruivano ed è tornato a “funzionare” riempendosi d’acqua di falda, per prima cosa è stata richiesta ed ottenuta dalla proprietà l’autorizzazione provinciale necessaria per poterlo mantenere aperto: infatti, sebbene oggi sia in disuso (ovviamente non si emunge più acqua ad uso idropotabile o irriguo), esso è pur sempre un manufatto che mette in comunicazione diretta con l’acquifero, e quindi deve essere autorizzato dall’autorità competente in materia. Attualmente, primavera 2015, i lavori di recupero edilizio dei due locali si sono momentaneamente arrestati34, e senza fretta la proprietà intende sviluppare con i progettisti la

33 Si ringraziano i gestori del ristorante “Corte Santo Stefano” che hanno consentito l’ispezione a questo pozzo su mia richiesta, attività effettuata sempre dal Gruppo Grotte Saronno – CAI - SSI. 34 Oltre lo svuotamento del pozzo, sono stati realizzati un primo rinforzo strutturale ai due locali ed un vespaio di areazione a pavimento.

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soluzione migliore per valorizzare il vecchio pozzo, tenendo conto pure della destinazione futura degli spazi che dovrebbe essere di tipo commerciale, nonché dell’impegno economico necessario per completare i lavori. Tra le varie soluzioni sul tavolo vi è quella, che personalmente condivido, di riaprire il doppio portichetto d’angolo, serrandolo poi con vetrate: in questo modo sarebbe sempre visibile dall’esterno la struttura del pozzo. A tal proposito sono ancora aperte almeno due ipotesi progettuali per rendere il medesimo fruibile in sicurezza: ricostruzione o meno di una vera in mattoni attorno alla bocca con copertura in ferro (griglia), oppure in vetro antisfondamento. Inoltre, sarà opportuno illuminare la canna per consentire la visibilità fino al fondo. Qualunque saranno le scelte che verranno adottate nei prossimi anni per terminare i lavori di recupero, si può tranquillamente affermare che oggi è già tornato a vivere un pezzo di storia della Cesano antica, il “Pozzetto”, e sono davvero felice di essere stato coinvolto in questa meravigliosa scoperta.

Fig. 18 – Il pozzo ubicato nello scantinato della antica canonica di Santo Stefano

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Carteggi inediti del XVII secolo sulla Roggia Borromeo

Daniele Santambrogio A distanza ormai di oltre dieci anni dalla pubblicazione sulla rivista Arte Lombarda1 dello studio sull’antica Roggia Borromeo2, a cura dello scrivente e di Salvatore Colombo, e delle successive integrazioni pubblicate sulla medesima rivista3, ho avuto la fortuna di scoprire nelle carte dell’Archivio Borromeo dell’Isola Bella (ABIB), nel fondo “Stabili in Mariano – Acque”, alcuni documenti inediti che reputo davvero interessanti per la ricostruzione delle tappe storiche che portarono nella seconda metà del Seicento alla realizzazione di questa opera idraulica un tempo di vitale importanza per il nostro territorio. Nel medesimo fondo archivistico si conservano in realtà anche altri documenti distinti da quelli di cui tratterò in questo articolo, sia relativi alla Roggia Borromeo, sia ad altri corpi idrici presenti nel territorio di Mariano Comense e limitrofi; ad alcuni di questi ho dedicato specifiche schede già inserite nella sezione “Ricerche” del sito web dell’associazione “Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo”4. Due sono però i carteggi che hanno attirato la mia attenzione in quanto legati strettamente alla genesi della roggia. 1672: il “Negoziato” tra il Presidente Bartolomeo Arese e il conte Ercole Marliani per la compera delle fontane Nel suddetto fondo archivistico si conserva un carteggio contenuto in una camicia d’epoca che così recita: “Negoziato del Co: Presidente Arese per la Compera delle Fontane del Sr Co: Marliani mosso l’anno 1672”. All’interno si trovano alcune scritture che riassumono la trattativa intercorsa tra la fine di gennaio e i primi di febbraio dell’anno 1672 tra il conte Bartolomeo III Arese e

1 Sulla roggia Borromeo sono stati pubblicati sulla rivista “Arte Lombarda” due articoli: D. Santambrogio – S. Colombo, La Roggia Borromeo, Nuova serie, N°. 138 2003/2; D. Santambrogio – P. Conte, Nuovi documenti sulla roggia Borromeo di Cesano Maderno, Nuova serie, N°. 140 2004/1. 2 Sulla Roggia Borromeo, oltre alle pubblicazioni sopracitate, consiglio le schede: Sintesi degli studi pubblicati in Arte Lombarda sulla Roggia Borromeo, in sezione “Pubblicazioni”, e Idrografia cesanese: corsi d’acqua naturali e artificiali di oggi e di ieri in sezione “Ricerche”, inserite nel sito www.vivereilpalazzo.it. 3 Vedi nota 1. 4 Ad esempio: Carugo 1723: problemi di “viabilità” alla fontana del Guercio…, e 1680 ca: Disegno per una Travaca da farsi sul Terrò a Meda.

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il conte Ercole Marliani5 per l’acquisto delle sorgenti ubicate presso Carugo, nei pressi di Mariano Comense. L’importanza di tali documenti consiste nel fatto che attestano come già dieci anni prima dell’effettiva acquisizione, avvenuta poi nel 1682 dalla figlia ed erede Giulia Arese, l’anziano Presidente del Senato di Milano si era adoperato per ottenere le acque della Fontana del Neno e delle altre sorgenti della Val Sorda6. E’ cosa ormai risaputa e assodata dal punto di vista documentale7 che il conte Bartolomeo III aveva fatto scavare nel medesimo anno 1672 un cavo irriguo, derivandolo dalla Roggia Viscontea di Desio, nei pressi di Cascina Ca’ Nova, in località detta “la Baruccanetta”, dando inizio così ad una lite legale con il Consorzio degli utenti della Roggia di Desio (in primis il marchese Ottavio Cusani) e la badessa del Monastero milanese di Sant’Agostino di Porta Nuova, ente religioso proprietario dei terreni attraversati del suddetto cavo. Tale corso d’acqua artificiale altro non era che il tratto terminale della futura Roggia Borromeo, destinato all’irrigazione del Serraglio e del giardino di Palazzo Arese Borromeo e a condurre acqua corrente al centro storico di Cesano e nei prati irrigui annessi. E’ quindi in questo contesto che l’avveduto Presidente Arese, forse già prevedendo i possibili contrasti legali sull’uso delle acque della Roggia di Desio, cercò fin da subito una soluzione alternativa, ovvero trovare un diverso approvvigionamento idrico per la sua tenuta cesanese. Ecco come si spiegherebbe la presenza di questo negoziato con i Marliani nell’archivio di famiglia. Il primo documento è una missiva scritta in data 31 gennaio dal conte Arese al nipote acquisito, il marchese Ermes Visconti8, il quale fece da mediatore con

5 Ercole Marliani (1619-post 1672) fu conte della Valle Intelvi e Vicario Perpetuo di Mariano; nel 1649 sposò Teresa, figlia di Giovanni Battista Arcimboldi, signore di Arcisate, e di Vittoria Visconti dei Consignori di Brignano. Subì due volte la confisca dei beni da parte della Regia Camera Ducale, nel 1651 e nel 1669, e nel 1654 visse in esilio a Piacenza. Il titolo di Vicario Perpetuo del borgo di Mariano, luogo d’origine della famiglia, fu concesso da Francesco Sforza nel 1450 all’antenato Giovanni, mentre la contea della Valle Intelvi fu ottenuta nel 1583. Fonte www.sardimpex.com. 6 Nella relazione dell’ing. Italo Azimonti, di cui accennerò in seguito, si dice che gli Arese avevano iniziato le trattative con i Marliani per l’acquisizione delle fontane della Val Sorda nell’anno 1632, ma credo si tratti di un errore di stampa (la relazione è battuta a macchina): molto probabilmente l’Azimonti intendeva scrivere appunto 1672, avendo tra le mani proprio questi documenti di cui sto scrivendo ora. 7 D. Santambrogio - P. Conte, Nuovi documenti sulla roggia Borromeo di Cesano Maderno, in “Arte Lombarda”, Nuova serie, N°. 140 2004/1. 8 Ermes Visconti 2° Marchese di San Vito (1629-1717), sposò nel 1655 donna Margherita Archinto, figlia del conte di Tainate Carlo Archinto e di Caterina Arese, sorella del conte Bartolomeo III Arese. Egli era quindi nipote acquisito del Presidente Arese. I marchesi di San Vito, residenti a Milano, dimoravano nel lussuoso castello di famiglia a Somma Lombardo. Fonte www.sardimpex.com.

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il conte Ercole Marliani. Il tono della lettera usato dal Presidente (fig. 1) è assai perentorio: al nipote chiedeva con fermezza che il contratto avesse le dovute garanzie e che le richieste del venditore Marliani (come ad esempio quella di poter comunque irrigare il proprio giardino di Mariano) fossero ben chiare e definite, dal momento che “la sostanza della proposta (del conte Ercole) ch’è ben superflua doppo tanti trattati e discorsi” e poteva essere addirittura “captatoria”, ossia una truffa… Ciò denota il fatto che la trattativa doveva essere in corso da tempo… Seguono quindi quattro scritture, che avrebbero dovuto portare alla stesura almeno di una bozza di contratto di compravendita: una datata 1 febbraio, una 3 febbraio e due 6 febbraio 1672. Esse sono di diversa grafia, come tratterò in seguito. Inoltre, sono contenute in un’altra camicia verosimilmente coeva che recita “1672 Scritture tra il Sr Conte Presid.e Aresi et il S.r Conte Ercole Marliani per le acque del Neno”. Il contenuto dei quattro documenti risulta assai simile; essi descrivono i punti salienti della compravendita, come peraltro richiesto dal Presidente Arese. Nella scrittura datata 1 febbraio, redatta da Casa Marliani, si delineava che il compratore avrebbe dovuto garantire al venditore “effettiva ed immutabile” una parte delle acque per irrigare circa 200 pertiche di prato all’interno del giardino annesso al palazzo di villeggiatura dei conti Marliani, ubicato nel centro del paese di Mariano9. Inoltre, si puntualizzava che il cavo irriguo doveva essere in comune, ovvero quello già esistente all’epoca, cioè dalla Val Sorda a Carugo fino al giardino Marliani10, e che tutte le sue rive

9 Il palazzo dei conti Marliani, antichi signori del borgo di Mariano, coincideva con l’odierno Palazzo Lucini Passalacqua Trotti oggi municipio della cittadina briantea. Tale edificio, dopo la cessione nel 1791 per via ereditaria ai nobili Lucini Passalacqua, venne drasticamente modificato nelle forme neoclassiche attuali. Il vasto giardino recintato annesso alla residenza dei Marliani, che si estendeva a oriente del palazzo, oggi non esiste più. Fonte: www.comune.mariano-comense.co.it. 10 Trattasi del cavo che correva lungo l’asse odierno di via IV Novembre. In effetti va precisato che a Mariano scorre ancora oggi un’altra roggia, detta la Roggia Vecchia di Mariano. Essa è un corso d’acqua che si origina dall’altopiano della Brughiera Briantea e raccoglie i contributi di alcune vallette, tra cui la principale è quella detta Val di Brenna, emissario del Lago di Montorfano. In epoca medioevale presso Carugo confluiva in essa l’acqua delle sorgenti della Val Sorda, così che vi era una portata sufficiente ad allagare il fossato difensivo del borgo di Mariano. Il toponimo “vecchia” fa desumere la presenza di una roggia “nuova”, che ritengo verosimile individuare con il cavo irriguo realizzato forse alla fine del XV secolo dai conti Marliani, il quale deviava le acque della Val Sorda verso il loro giardino (lungo l’attuale asse di via IV Novembre), ovvero il primo tratto artificiale di quella che sarà poi a partire dalla fine del Seicento la Roggia Borromeo. Da allora la Roggia Vecchia perse d’importanza, almeno per quanto concerne l’irrigazione. Oggi, scomparsa la Roggia Borromeo, le acque della Val Sorda tornano a defluire nella Roggia Vecchia, la quale a sua volta, attraversato il centro di Mariano si getta nel torrente Terò – Certesa, principale affluente in sponda sinistra del fiume Seveso.

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Fig. 1 – Firma autografa di Bartolomeo Arese che si definisce “Divotissimo et Obbligatissimo Zio e Servitore” nella lettera al nipote Ermes Visconti del 31 gennaio 1672

Fig. 2 – La testa del Neno (o del Nan), il capofonte della Roggia Borromeo in Val Sorda, nei pressi della Cascina Pozzolo in territorio di Carugo

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sarebbero rimaste in possesso del conte Ercole. Il contratto doveva essere libero da vincoli giuridici come il consenso degli agnati e il fidecommesso11, e l’esborso della vendita doveva pervenire libero nelle mani del venditore, secondo il prezzo nominale pattuito tra i due contraenti e senza “conversione del prezzo”, vale a dire senza una stima dell’effettivo costo del bene oggetto di compravendita. E quindi sul prezzo della vendita si lasciava aperta la trattativa… La scrittura del 3 febbraio, di risposta a quella precedente, che dalla calligrafia potrebbe essere di mano dello stesso Presidente Arese, ribatteva punto per punto le pretese del Marliani. Innanzitutto, si specificava bene che l’oggetto della vendita era il Neno (qui chiamato curiosamente Nilo) e tutte le altre fontane che confluivano nel cavo da esso originato (fig. 2), accettando sì la richiesta di concedere una quota parte dell’acqua per irrigare il giardino di Mariano, però non certo per 200 pertiche di prato, essendo essa stessa insufficiente a garantire poi un flusso costante per Cesano, soprattutto in caso di siccità. In tal caso non sarebbe stato conveniente l’acquisto: «sarebbe cosa pazza lo sborso del prezzo, la spesa de Cavi, et edificij». Le modalità per determinare la quantità d’acqua da lasciare al venditore, garantendo al tempo stesso che la nuova roggia non rimanesse a secco per 6 miglia a valle (ovvero fino a Cesano) dovevano essere stabilite da due periti designati dalle parti. Gli stessi avrebbero dovuto poi decidere in merito alla riserva delle rive del cavo già esistente da Carugo a Mariano. L’Arese, inoltre, segnalava la difficoltà oggettiva a non praticare la “conversione del prezzo”, vista la contestuale richiesta del Marliani a non sottostare al fidecommesso, cosa che richiedeva per forza una deroga dal parte del Senato di Milano, presieduto guarda caso dal nostro conte Bartolomeo. In materia di norme giuridiche il Presidente la sapeva lunga… anzi egli poneva un vero e proprio ultimatum per aggiustare definitivamente la trattativa: se entro dieci giorni le sue contro richieste non fossero state recepite, il negoziato veniva sciolto! Il marchese Ermes Visconti inoltrò la suddetta scrittura agli agenti di Casa Marliani, che in data 6 febbraio risposero. Preso in parte atto delle contro richieste del compratore e “per venirne al riparto, et levare tutti quelli dubij che restano intavolati” si cercò una mediazione. Per prima cosa, accettando la nomina di due periti, uno a tutela del compratore ed uno del venditore, le

11 Forma antica di disposizione testamentaria mediante la quale il testatore istituisce erede un soggetto determinato (detto istituito) con l'obbligo di conservare i beni ricevuti, che alla sua morte andranno automaticamente ad un soggetto diverso (detto sostituito) indicato dal testatore stesso. Tale prassi testamentaria favoriva nella società di “antico regime” la conservazione dei beni nelle famiglie aristocratiche. In questo caso era pure necessario il “consenso degli agnati”, ovvero dei parenti stretti in linea maschile.

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spese di manutenzione (pulizia del cavo, spurgo delle fontane) dovevano essere comuni nel tratto tra il capo fonte del Neno fino al giardino Marliani (roggia, cavi e sortumi, cioè le sorgenti), l’alveo rimaneva comunque di proprietà del conte Ercole. Una volta stimata la portata effettiva complessiva delle fontane, i periti avrebbero così stabilito il quantitativo che si sarebbe dovuto riservare al suddetto giardino, mediante la ripartizione della portata (realizzazione di un bocchello di derivazione opportunamente sagomato), oppure spartendosi le giornate della settimana tra venditore e compratore (mediante una chiusa deviatrice e secondo tre modalità sempre a scelta dell’acquirente). In tale scrittura si fa pure menzione del lago, ossia del laghetto di Carugo12, un piccolo stagno alimentato dal cavo della roggia, di cui il conte Ercole intendeva riservare a sé la proprietà del fondo, ossia il volume d’acqua invasato, mentre l’acqua che ne usciva era oggetto di cessione agli Arese. In merito al prezzo di vendita delle fontane, da concordarsi a seguito delle perizie dei due tecnici esperti sopracitati, il Marliani chiedeva comunque il versamento di 1.000 scudi da effettuarsi subito e da scalare in seguito al prezzo finale (considerate le confische subite il conte Ercole era forse un poco indebitato)13. Inoltre, tutte le spese contrattuali sarebbero state a carico dell’Arese, il quale in caso di recessione dall’acquisto avrebbe riottenuto la somma suddetta solo dopo un anno. Segue poi la scrittura del 6 febbraio, di mano del marchese Ermes, che riassumeva quanto riportato nella scrittura precedente. Si puntualizzava la necessità di far realizzare su progetto dei periti una bocca scaricatrice al laghetto, affinché fosse sempre garantito un livello d’acqua sufficiente nell’invaso, nonché il divieto di passare con il tracciato della nuova roggia da Mariano a Cesano dentro il giardino del conte Ercole: a tal proposito questi dava la disponibilità a far attraversare i propri fondi, previa ovviamente stima dei periti. E quindi troviamo la missiva del medesimo mittente allo zio conte Arese, sempre redatta nello stesso giorno. Ciò si spiega col fatto che il Visconti si era recato di persona dal conte Ercole per cercare di chiudere il negoziato nella sera del 6 febbraio: è probabile che le due scritture di quel giorno siano state confezionate durante questo colloquio. Tornato a casa (l’incontro molto presumibilmente avvenne a Milano), il marchese prese subito carta e penna e

12 Purtroppo oggi scomparso poiché interrato nel secondo dopoguerra. Si legga la scheda nella sezione “Ricerche”, nel sito www.vivereilpalazzo.it, dal titolo 1821: il conte Giberto V Borromeo Arese informa il comune di Carugo sulla gestione del proprio “laghetto”. 13 Vedi nota 5.

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scrisse allo zio per informarlo dei recenti sviluppi. Infatti, nella lettera venivano ribaditi i contenuti delle ultime due scritture, con in più un dettaglio interessante: il perito scelto dal conte Ercole Marliani era l’ingegnere collegiato di Milano Andrea Bigatti14. In ultimo la lettera del 7 febbraio, che chiude il carteggio, di sicuro la più interessante di tutte. Trattasi della risposta del Presidente Arese alla missiva del nipote del giorno precedente. Oltre alla concretezza e alle grandi capacità di amministratore, tipiche del personaggio, si coglie anche il lato umano del conte Bartolomeo. Innanzitutto si percepisce anche una sua certa dimestichezza con tematiche prettamente tecniche, agronomiche, benché fosse un aristocratico giurista: il fatto che conoscesse egli stesso la prassi corretta di eseguire tre misure di portata delle acque delle fontane in tre periodi differenti dell’anno, soprattutto d’estate quando vi è maggiore scarsità idrica, denota una preparazione in materia. La decisione di incaricare come proprio perito di parte l’ingegnere collegiato Carlo Cesare Osio15, una delle figure più interessanti di ingegnere idraulico e trattatista della Milano del suo tempo (fig. 3), dimostra ancora una volta, se ce ne fosse ancora bisogno, come l’Arese sapesse scegliere il meglio di ciò che aveva a propria disposizione. Non ci è dato sapere per il momento, allo stato attuale delle ricerche data anche la mancanza di documenti, se l’Osio ebbe successivamente un ruolo nella progettazione della Roggia Borromeo: di questo argomento tratterò in seguito. Lo stesso Arese chiarì che l’ingegnere in questione effettuò un sopralluogo alle fontane: «ne fece la visita, e lo scandaglio». Ma il Presidente era ormai anziano (62 anni per l’epoca era già una bella età) e malato, dopo nemmeno due anni infatti sarebbe passato a miglior vita, e proprio

14 L’ingegnere collegiato Andrea Bigatti è citato in vari documenti d’epoca come figura preminente di ingegnere idraulico. Come Perito Provinciale della Regia Camera, è attivo sulla progettazione del Naviglio di Pavia, nonché di quello di Paderno nel 1679: “Relatione delli Ingegneri Ricchino, Rossone, Robecco, e Bigatti per il Naviglio di Paderno” (Archivio di Stato di Milano, Acque, parte antica, busta 1008). Nel 1680 redisse una relazione tecnica corredata da una mappa della Roggia di Desio: “Disegno della roggia di Desio dal suo principio et fine” (21 dicembre 1680, ASMi, Fondo Acque Parte Antica, Cartella 166 – Desio, Comunità e roggia). Tale relazione era stata commissionata dagli Utenti Inferiori della Roggia di Desio (in primis dai Borromeo e dai Cusani), per verificare la presenza di abusi da parte di quelli Superiori (nobili ed Enti Religiosi comaschi e della media Valle Seveso): in M. Brioschi, Percorsi Desiani, Desio 2006. Nel medesimo fondo ASMi si conserva pure una mappa del percorso del fiume Lambro a sua firma. 15 Carlo Cesare Osio (1612 - post 1672), ingegnere collegiato milanese, è stato inoltre un trattatista di geometria e architettura. Nel 1661 pubblicò presso la stamperia arcivescovile di Milano il trattato “Architettura ciuile demostratiuamente proportionata et accresciuta di nuoue regole: con l'vso delle quali si facilita l'inuentione d'ogni douuta proportione nelli cinque ordini, e col ritrouamento d'vn nuouo strumento angolare, si da il modo à gl'operarij medesimi di pratticamente stabilire le sacome in ogni loro necessario contorno”.

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nel 1672 vergò il suo ultimo testamento16. E’ notevole, credo, la riflessione sull’impossibilità a godere di un bene così costoso e prezioso, data l’età avanzata e la scarsa salute, una riflessione interiore che portò alla rottura definitiva della trattativa: «finalmente riflettendo io à che si tratta di cosa incertissima soggetta à vincolo di rigoroso fidecommisso, che richiede vastità di spesa nella compra de cavi per si longo giro, e construzione d’edificij e che la mia ettà e poca salute, quando anche arrivassi al bramato fine, mi tolgono la speranza del godimento». Si percepisce il senso del limite e della caducità umana che risultano essere dei temi fondanti pure dell’iconografia nel suo palazzo di Cesano. Anche il fatto di non privare il conte Marliani dell’acqua mi pare una decisione che merita una sottolineatura e che mostra in un certo senso l’animo di quest’uomo straordinario, il saper anche rinunciare… L’Arese chiese quindi al nipote di “licenziare il trattato” ringraziandolo dei servigi compiuti, offrendo la propria disponibilità a ricambiare dei favori anche nei confronti del Marliani. Le trattative Arese-Marliani per l’acquisto delle acque delle sorgenti della Val Sorda di Carugo si interruppero così per circa un decennio.

Fig. 3 – Ritratto dell’Ingegnere Carlo Cesare Osio (di Cesare Fiori 1661)

16 A. Spiriti a cura di, Il testamento di Bartolomeo III Arese, Varese 2004.

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1683-84: questione per un bocchello sulla roggia per il giardino del signor conte Giacomo Filippo Marliani Passarono una decina d’anni e i protagonisti della nostra storia erano ora altri: sia Bartolomeo Arese che Ercole Marliani erano nel frattempo morti, e a loro erano subentrati i legittimi eredi, ovvero la contessa Giulia Arese (1636-1704), maritata al conte Renato II Borromeo, e il conte Giacomo Filippo17. Dalla relazione idraulica sulla Roggia Borromeo, redatta dall’ing. Italo Azimonti di Milano nel 191418, si possono ripercorrere le tappe salienti che portarono negli anni ‘80 del Seicento all’acquisto definitivo delle acque della Val Sorda da parte ormai di Casa Borromeo Arese. Purtroppo le fonti documentarie da cui attinse Azimonti oggi non sono più reperibili nella loro interezza, in quanto gran parte dei documenti da lui citati erano molto probabilmente inseriti nel fondo “Acque” dell’archivio privato di famiglia Borromeo, che andò in parte distrutto durante i bombardamenti dell’agosto 1943, i quali devastarono il palazzo di Milano, ove all’epoca era conservato il suddetto archivio19. Pertanto né presso l’ABIB, né presso il fondo archivistico Borromeo conservato presso la Biblioteca Civica di Cesano Maderno (il cosiddetto Archivio Palazzo Arese Jacini – Fondo Acque - Roggia Borromeo), vi è oggi traccia dei seguenti documenti: “Giudizio arbitrale” del 24 giugno 1682, con cui i Marliani cedevano a Giulia Arese Borromeo per 21.000 £ tutte le fontane dalla Testa del Neno al giardino Marliani di Mariano, eccezion fatta di mezza d’oncia d’acqua da riservarsi al suddetto giardino Marliani. Dispensa del Senato di Milano per ottenere la deroga al fidecommesso ordinato nella prima metà del secolo dal padre del conte Ercole, il conte Giovanni Marliani (1596-1624), e dalla zia suor Antonia20, che vincolava la vendita di tali beni. Ciò a seguito di questioni sorte poi tra i membri della famiglia Marliani non concordi sulla modalità della vendita.

17 Giacomo Filippo Marliani, figlio del conte Ercole, fu anch’egli conte della Valle Intelvi e Vicario Perpetuo di Mariano; sposò nel 1676 Maria Ginevra Fossati dei conti di Nerviano. A causa di debiti fu costretto nel 1681 alla vendita di parte del feudo di Mariano, cioè Inverigo, Arosio, Incasate, Romanò, Villa Romano, Brenna e Cremnago al marchese Flaminio Crivelli. Più tardi cedette al nobile Pietro Francesco Riva-Andreotti la contea della Valle Intelvi. Subì pure condanne e confische. Il lontano cugino Giovanni Emanuele (1697 - post 1757), conte delle Quattro Valli e Signore di Luino, ne divenne erede, ed il figlio di questi, il generale conte Ruggero Ercole (? – 1786) riuscì a riottenere nel 1771 il feudo di Mariano. Fonte www.sardimpex.com. 18 Trattasi di una relazione tecnica commissionata dalla proprietà Borromeo per migliorare la gestione della roggia. Vedi nota 1. 19 L’archivio di famiglia venne trasferito e collocato in via definitiva in un’ala del Palazzo dell’Isola Bella solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. 20 Antonia Margherita Marliani fu monaca nel monastero benedettino di San Vittore a Meda. Fonte www.sardimpex.com.

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Atto di “ratifica della vendita Marliani” per tenore della mezz’oncia d’acqua riservatasi delle acque della Val Sorda del 20 marzo 1684 e il successivo “istromento di vendita” datato 20 aprile 1684 rogato dal notaio Federigo Pedrolio, con cui si sanciva definitivamente il passaggio di proprietà da Marliani a Borromeo Arese.

Atto di vendita del 1686 da parte dei fratelli Giacomo Filippo e Giovanni Battista Marliani21 con cui veniva ceduta pure la mezz’oncia d’acqua, ad eccezione di 48 ore continue ogni settimana dell’anno (per le restanti ore tale portata d’acqua doveva essere riservata ai possedimenti Borromeo di Cesano), sempre in deroga al fidecommesso succitato.

Sempre l’Azimonti ci informa che tra il 1682 e il 1688, in più rate, la nobile Casa Borromeo versò ai Marliani in totale 36.450 £ per l’acquisto delle fontane.

Fig. 4 – Foto satellitare (Google maps) con ubicazione del sito dell’ex giardino Marliani e percorso delle rogge a Mariano Comense

21 Come il fratello questi portava il titolo di conte della Valle Intelvi e Vicario Perpetuo di Mariano, fu capitano di fanteria e morì dopo il 1690. Fonte www.sardimpex.com.

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E’ in questo frangente storico che si colloca l’altro carteggio, purtroppo incompleto, che ho trovato in ABIB, proprio relativo alla questione di come poter garantire al giardino Marliani (fig. 4) quella mezz’oncia d’acqua, pari a circa 17 l/s22. La prima lettera, datata 19 ottobre 1683, è una missiva del funzionario/agente di Casa Borromeo, tale Matteo Abbiati Forieri, al conte Carlo IV Borromeo Arese23, che per conto della madre contessa Giulia verosimilmente gestiva l’incombenza “roggia”. In questa lettera il servitore informava il suo padrone che al conte Giacomo Filippo Marliani, appena tornato da Lugano24, era stato consegnato il “papele fattogli intimare ad instanza di mi Sig.ra Contessa dona Giulia”, ossia un libello con valore giuridico, mediante il quale si avvisava il Marliani di provvedere da parte sua ad affrontare la questione della cessione dell’acqua (che in realtà in questa lettera non viene esplicitamente menzionata). L’Abbiati Forieri, una volta ricevuti ordini dal conte Carlo su come procedere, si rendeva ossequiosamente disponibile a riferire il tutto al Marliani, i cui “sensi categorici … dovrano esser sul già avisato concerto”, vale a dire che era già stato bene avvertito delle intenzioni serie dei Borromeo circa la chiusura della faccenda. Il servitore avrebbe poi informato la contessa Giulia e l’agente di Cesano, Giovanni Battista Monti25. Trascorsi alcuni mesi, il 2 gennaio 1684, Matteo Abbiati Forieri inviò una lettera al conte Carlo in risposta ad una sua missiva del giorno precedente, purtroppo non più presente in archivio. In questa lettera si accennava alla richiesta da parte di Casa Borromeo finalizzata ad ottenere un donativo per condurre a Cesano l’acqua della roggia per qualche giorno nei mesi luglio e agosto. In pratica in questa lettera il servitore chiese di essere dispensato dal domandare al Marliani nei modi e nei termini, che non conosciamo, dettati dal conte Borromeo, tale richiesta, altrimenti si sarebbe trovato nella condizione di non poter servire il suo padrone. E’ assai probabile che le pretese dei Borromeo non fossero state formulate in modo molto

22 Oncia magistrale milanese = unità di portata d’acqua, pari alla quantità d’acqua che sgorga nell’unità di tempo da una bocca speciale detta “bocca magistrale milanese”, pari a 0,0345 metri cubi al secondo: F. Colombani, Manuale pratico di Idrodinamica, Milano 1842, ad vocem. 23 Sul conte Carlo IV Borromeo Arese (1657-1734) suggerisco: C. Cremonini, Ritratto politico cerimoniale con figure. Carlo Borromeo Arese e Giovanni Tapia, servitore e gentiluomo, II edizione rivista e aggiornata, Roma 2008. Inoltre anche la scheda Mostra su Carlo IV Borromeo Arese (1657-1734) nella sezione “Pubblicazioni” nel sito www.vivereilpalazzo.it. 24 Si ricorda che il Marliani era conte della Valle Intelvi e feudatario di Osteno e Cima e quindi frequentava il Ceresio. 25 Cesanese, figlio di Francesco che fu a sua volta servitore e agente degli Arese nella prima metà del Seicento, era l’uomo di fiducia a Cesano prima del conte Bartolomeo III Arese e poi degli eredi Borromeo fino alla fine del secolo XVII. Subentrò nelle sue mansioni il figlio Bartolomeo Monti. E’ assai probabile che la figura di amministratore affrescata nel salone d’onore di Palazzo Arese Borromeo sia proprio il nostro Giovanni Battista Monti: un gentile omaggio del padrone di casa ad un servitore così fedele ed efficiente.

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diplomatico. La missiva successiva del 14 gennaio è assai più interessante nei contenuti, nonostante la forma un po’ sgrammaticata del mittente, l’agente di Cesano, Giovanni Battista Monti. Questi aveva ricevuto notizia dal conte Carlo che, per far realizzare l’opera di presa calibrata sulla mezza oncia d’acqua, sarebbe giunto l’ingegner Andrea Bigatti, professionista che abbiamo già incontrato come perito dei Marliani nel 1672. Il Monti scrivendo al suo padrone, oltre a puntualizzare il fatto che il gelo di quei giorni avrebbe impedito qualsiasi lavoro sulla roggia, esponeva un suo ragionamento, che con modestia precisava “ il mio parere sara molto fiacho”, circa lo scarso guadagno per Casa Borromeo ad avere acqua costante anche durante i due giorni in cui la mezza oncia era riservata al giardino dei Marliani. Infatti, oltre al costo da sostenersi per realizzare l’opera di presa, stimato 200 dopie26, era necessario in quei due giorni alla settimana garantire che vi fosse sempre una portata sufficiente a soddisfare anche le esigenze idriche cesanesi. Infatti, se ci fosse stata poca acqua nel cavo di roggia proveniente dalla Val Sorda, quasi tutta la portata sarebbe stata captata dal giardino Marliani mediante il bocchello e i Borromeo sarebbero rimasti letteralmente a secco… Il Monti dava evidenza, nel suo italiano dialettale un po’ sgangherato, del problema principale della roggia, ossia che “li cavi delle fontane ano fato della enpidura di tera renata”, vale a dire l’interramento delle teste di fontanile e del cavo maestro, che necessitavano quindi di periodiche manutenzioni. Passò quindi quasi un altro anno e il 9 novembre 1684 il conte Giacomo Filippo Marliani scrisse una lettera di protesta all’agente Abbiati Forieri con un tono che mostrava tutto il suo risentimento per la mancata risoluzione, a distanza di così tanto tempo, della questione della mezza oncia da riservarsi per il suo giardino. La lettura del testo non necessita di alcun commento e spiegazione. Il Marliani che aveva accettato la consulenza dell’ingegnere Bigatti, suggeritagli da Casa Borromeo, si sentì preso in giro “scoprendosi una lesione tanto ciara in mio pregiudicio di non volermi dare la mia meza onza di Aqua”, anche perché l’opera di presa non era stata realizzata come di dovere e non assicurava affatto la mezza oncia pattuita. Si intuisce che su progetto del Bigatti era stato posto un bocchello (una chiusa con bocca sagomata) per irrigare il giardino Marliani, ma esso non era in grado di svolgere la propria funzione, e il vecchio ingresso della roggia nel giardino era stato chiuso con una pietra che deviava il flusso verso il cavo che conduceva a Cesano. Per ottenere quella mezza oncia d’acqua che gli spettava, il conte Giacomo Filippo aveva fatto levare la pietra il giorno di San Carlo (4 novembre) per consentire in tal modo l’irrigazione del suo giardino e ciò probabilmente aveva provocato irritazione presso i Borromeo.

26 Una “Doppia di Spagna” nel 1695 valeva 24 £ dell’epoca.

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Fig. 5 – Disegno e legenda descrittiva del “bocchello” (1683-1684) Ebbene dopo questo scambio di lettere che evidenziano quale attrito vi fosse tra le due nobili famiglie per l’uso delle acque della roggia, ecco che sul fondo alla cartellina ABIB contenente il carteggio in questione si trova un bel disegno con legenda, (fig. 5) coevo ma non datato e firmato, riportante lo stato di fatto alla situazione in parte desumibile dalla lettera del novembre 1684. E’ visibile la roggia proveniente da monte (cioè da Carugo – attuale asse di via IV Novembre)

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giungere perpendicolarmente alla strada (odierna via Montebello) e all’adiacente e parallelo muro di cinta del giardino dei conti Marliani (fig. 6), qui era posto il vecchio ingresso del canale irriguo al giardino27, non regolato da alcuna sagomatura, il quale si dice in legenda che andrà otturato non appena realizzato un nuovo bocchello sagomato sulla mezza oncia (questo era il vecchio ingresso ove era posta la pietra che fu rimossa il 4 novembre 1684). Il cavo della roggia, costeggiando la strada, piegava quindi a sinistra (est) dove, poco più a valle, era collocata l’opera di presa (bocchello con soglia a valle), fatta realizzare dagli ingegneri Bigatti e Regalia28 e che doveva essere pertanto sostituita. Essa era composta da parti in legno di rovere con regge di ferro. La soglia, facendo da sbarramento, alzava a monte di essa il pelo della corrente, assicurando così un battente idraulico sul bocchello che scaricava all’interno del giardino. Parrebbe dunque che a seguito delle lamentele del conte Marliani si fosse provveduto a rifare la derivazione modellata adeguatamente sulla mezza oncia. Non ci è dato sapere chi abbia eseguito il disegno e nemmeno chi abbia preso l’incarico per il rifacimento del bocchello, forse fu la stessa persona, di sicuro non credo l’ingegner Andrea Bigatti, dal momento che questi era stato criticato dal Marliani. Come prima accennato, nel 1686 si giunse proprio all’accordo tra le parti per la cessione per due giorni la settimana della mezza oncia d’acqua al conte Giacomo Filippo e assai probabilmente entro quella data la questione fu risolta una volta per tutte, grazie ad un nuovo bocchello questa volta però ben sagomato!29

27 Come accennato in nota 10 il percorso originale della roggia a Mariano era lungo l’attuale asse di via IV Novembre, proprio per consentire l’ingresso al giardino Marliani con il tragitto più breve (perpendicolarmente). Se si osservano però le mappe ottocentesche della Roggia Borromeo si nota che essa percorreva solo un breve tratto dell’odierna via IV Novembre per poi piegare in direzione sud all’altezza di cascina Sant’Alessandro all’ingresso di Mariano provenendo da Carugo. E’ assai probabile che tale deviazione, che abbrevia la lunghezza complessiva del cavo in direzione di Cesano minimizzando così le perdite d’acqua, sia stata effettuata solo dopo il 1784, anno in cui la roggia divenne proprietà esclusiva dei Borromeo. Ad avvalorare questa ipotesi ricordo che, in Biblioteca Civica a Cesano nel Fondo “Acque - Roggia Borromeo” dell’Archivio Palazzo Arese Jacini, vi sono due richieste datate 19 e 26 marzo 1792 per poter realizzare un tombino al fine di deviare la roggia da una parte all’altra della strada lungo la via comunale Mariano-Carugo (via IV Novembre); questa notizia è anche riportata nel capitolo sulla Roggia Borromeo in: D. Frigerio, Cesano Maderno nell’Ottocento, Cesano Maderno 2000. 28 Dovrebbe trattarsi di Agostino Regalia, ingegnere e agrimensore milanese. 29 Come narrato dall’Azimonti e riassunto dalla stessa Delia Frigerio, nonché dal succitato articolo La Roggia Borromeo pubblicato in “Arte Lombarda”, Nuova serie, N°.138 2004/1, solo nel 1784 si venne a conclusione della secolare questione: a seguito di una perizia congiunta tra le parti, si giunse alla cessione definitiva delle acque della roggia da parte del conte generale Ruggero Ercole Marliani alla Casa Borromeo, in cambio di tre appezzamenti situati in Mariano per un totale di circa 56 pertiche e della facoltà a concedere 7 o 8 giorni l’anno l’acqua per irrigare il giardino Marliani.

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Fig. 6 – Sbocco di via IV Novembre su via Montebello a Mariano: sulla sinistra vi era il muro di cinta del giardino Marliani. Qui si trovava il “bocchello” descritto nel carteggio del 1683-1684

Fig. 7 – Data 1682 incisa su un blocco del muro a secco presso la Testa del Neno

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In ultimo una riflessione che cerca di dare una risposta ad una domanda che mi incuriosisce da molto tempo: chi progettò in quegli anni per conto di Casa Borromeo la roggia? Ovvero, chi fu l’ingegnere che realizzò il progetto del nuovo cavo irriguo da scavarsi dal giardino di Mariano dei conti Marliani fino al paese di Cesano? Un’opera idraulica, sebbene di modeste dimensioni, comunque ingegnosa, purtroppo cancellata dal “progresso” e dal cemento degli ultimi decenni. Sicuramente essa fu ideata da un ingegnere collegiato milanese del tempo e senza alcun dubbio non fu un’opera improvvisata. Le ricerche condotte fino ad ora tra i documenti d’archivio non hanno fornito una risposta definitiva, tuttavia dalla lettura e analisi proprio di questi due carteggi mi sento di proporre ragionevolmente il nome dell’ingegnere collegiato Andrea Bigatti. Pure la figura di Carlo Cesare Osio potrebbe essere stata coinvolta nella progettazione della roggia, visto che questi risultava ancora attivo nel nono decennio del XVII secolo e lo abbiamo già incontrato come perito nominato dal conte Bartolomeo III Arese, per il quale nel 1672 aveva eseguito un sopralluogo con scandaglio delle fontane; ma l’Osio nel 1682, se fosse stato ancora in vita, era già settantenne. Anche il meno noto Agostino Regalia, coinvolto in quegli stessi anni assieme proprio al Bigatti sulla Roggia di Desio per conto dei Borromeo e dei Cusani30, potrebbe aver avuto un certo ruolo, magari minore. Tuttavia, ritengo più verosimile la presenza del Bigatti: infatti, lo troviamo dapprima nel 1672 come perito del conte Ercole Marliani e poi come consulente progettista proposto dal conte Carlo IV Borromeo Arese al conte Giacomo Filippo Marliani per la prima realizzazione del bocchello presso il giardino di Mariano. Rinomato ingegnere idraulico nella Milano di fine Seicento, il Bigatti risultava quindi al servizio della nobile Casa Borromeo proprio sulla nostra roggia nel 1684. Assai ragionevolmente essa fu realizzata solo dopo la pronuncia del “giudizio arbitrale” del 24 giugno 1682 con cui veniva sancita la compravendita delle acque della Val Sorda (fig. 7). Le date sono molto vicine e l’ipotesi di un suo coinvolgimento diretto nel progetto della Roggia Borromeo è a mio avviso piuttosto concreta. Solo la scoperta di nuovi documenti inediti in futuro lo potrà confermare.

30 A seguito della relazione Bigatti del 1680, le famiglie Borromeo e Cusani, principali Utenti Inferiori del corso della Roggia di Desio, diedero incarico al Regalia nel 1687 di condurre un’ispezione a proprie spese sullo stato della roggia medesima: M. Brioschi, Percorsi Desiani, Desio 2006.

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APPENDICE DOCUMENTARIA Carteggio relativo al “Negoziato del S.r Co: Presidente Arese per la Compera delle Fontane del S.r Co: Marliani mosso l’anno 1672” ABIB – Fondo Stabili in Mariano – Acque

Documento n.1 Ill.mo mio S.re P.ne Oss.mo Rispondo immediatam.te al favorito big.to di V.S. Ill.ma, e circa la proposizione da farsi conf.e allo stile ordin.o de contratti, la restringo alla seg.te Quando il S. Co. Ercole inclini di vender l’acqua delle fontane, che in qualsivoglia modo gli spettano, e de quali si serve per la irrigazione del suo giardino, e beni di Mariano, e niuna di esse esclusa come si è inteso, che il med.o S. Co: abbia inclinazione di fare, e mentre vi siano le dovute sicurezze per la validità del contratto, vi sarà persona, che ne farà l’acquisto collo sborso di prezzo ragionevole, e perciò potrà il S. Co. Ercole dichiarare qual sia la sua condizione e con quali condizioni ha pensiere di trattare, e conchiudere, che prontam.te se gli darà finale risoluz.e Questa è la sostanza della proposta ch’è ben superflua doppo tanti trattati e discorsi, e si può anche dubitare sia captatoria, mentre si richiede per iscritto ma nella stessa forma dovrà essere la di lui risposta, ed io mi ratifico Di V.S. Ill.ma Il 31 Gen.o 672 Div.o et Ob.mo Zio e Ser.e B.o Arese S.r. March.e Ermes Visconti

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Documento n.2 1672 § p.mo febraro Pretende il S. Co: Ercole Mariani vendere l’acqua del Nilo, et sue fontane sottoposte a’ quello, con misura d’haver quella quantità d’acqua, che può essere necessaria per adaquare il suo Giardino per pertiche ducento di Prateria effettiva; la qual acqua venghi ad essere somministrata dal Compratore effettiva, et immutabile, con dare al Compratore la Condotta di quella, per il sodetto Cavo ordinario, sino al suo Giardino, overo in quella forma, che più competirà al Compratore, col riservarsi la Riva di quello, quanto sia sopra li suoi beni. Con conditione di non esser tenuto a’ riportar li Consensi de Agnati, o’ chiamati nel fideijcommisso. Che la supplica del Senato sij libera, senza alcun impegno della conversione del Prezzo, et che il Compratore sij tenuto a’ riportarla, dandogli il venditore solo il Nome che il danaro del prezzo patuito, habbia a’ pervenire libero nelle mani del Venditore. In quanto al Prezzo, et altri Accessorij, che ponno competere, si al venditore, come al Compratore, per assodare il contratto, si discorerà Documento n.3 1672. 3 febb.o Attesa la dichiaraz.e fatta da S.r Co: Ercole Mariani sotto il pr.o di questo <> ad altra antecedente si dice Che vi sarà per <> qual comprarà le acque del Nilo e sue fontane con tutte le altre, che sogliono derivare dal Cavo in qual si voglia modo Si darà per fine d’acqua condecente per irrigare parte del giardino di esso S.r Conte, ma non si può già prendere l’obligo per adacquare 200 – pertiche di prato per l’irrigaz.e de quali forse non sarebbe sofficiente tutta l’acqua che proviene dalle stesse fontane o’ lago, e massime in tempo di siccità, e pure se il contratto ha d’aver luogo, la quantità di esse acque deve esser di tal sorte, che bene possa condurre al luogo destin.o <> altrim.te sarebbe cosa pazza lo sborso del prezzo, la spesa de Cavi, et edificij.

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Circa poi la forma da praticarsi l’irrigaz.e della parte di d.o giardino si dovranno discorrere li partiti da Ingeg.ri confidenti colle dovute rifless.ni tante alla consistenza del Corpo di acqua ad uso del Compratore, come per non lasciar in asciutto il Cavo in tempo di siccità estiva, e per il giro di più di sei miglia La condotta della porzione d’acqua al giardino la si darà in forma che non la sia di pregiudizio al compratore perche egli pure bene possa valere La riserva che si pretende della ripa sopra li beni del S.r Conte la si deciderà da Periti La conversione del prezzo sarà dificile il scansarla q.do si riporti la derog.e del fidecomisso che senza q.sta condiz.e non chiede dispensarsi, potendosi addurre per motivo della necessità all’alienaz.e, o’ debiti da carichi, o’ de riparazioni od altri somiglianti. Della spesa circa la dispensa sene dovrà aver riguardo nel prezzo <> che il prezzo da pagarsi pervenga libero al venditore q.do <> il compratore In quanto al prezzo ed altri accessorij per assodare il contratto si discorrerà e fratanto si dichiara di non prendersi un minimo <> per qual si voglia trattato, che si faccia, anzi si protesta che se dentro li dieci giorni prossimi non si conchiude s’intenda staccato, e sciolto ogni negoziato Documento n.4 1672 6 febraro Risposta in ordine al servire il S.r Il. dell’acqua del Neno, che viene a’ Mariano, tutto in attestatione della devota osservanza che professa Dall’incertezza della quantità precisa d’aqua che possono scatturire le fontane del Neno non puo rendere sicurezza nell’effettuatione del contratto di vendita per quello si legge dalla scrittura portata dal S.r March.e Ermes Visconti sotto 3 del corr.e, quando non resti purificata la cognitione di quella per venirne al riparto, et levare tutti quelli dubij che restano intavolati, non potendosi adimandare alcun prezzo sempre che non resti fondata l’intentione nella qualità del contratto, et forme da praticarsi, di modoche rimanendo sospese le dovute deliberationi resta ancora annullata la buona essecuzione, mentre fu’ prefisso termine d’otto giorni alla deliberatione, che spirati s’intendi nullo ogni trattato.

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E perche intende via più il S. Co: Hercole costarse al servire il S.r Compratore, propone queste forme da praticarsi per maggiore attestatione delle purissime sue intentioni. Cioè Che il S.r Compratore assieme col Venditore per accertare meglio la quantità dell’acqua alle doute deliberationi nel modo di praticare il contratto, conoscendo il valore di quell’acqua aggionto al danno, et altre consequenze, et accessorij che a’ suo tempo con la douta riccorenza si riccorderano, si dice posersi a’ spese communi far mettere tutti li cavi, fonti pertinenti alla sod.a roggia conduttrice d’acqua del Neno sino al Giardino di Mariano, et riconoscer quella per vedere la quantità d’acqua da dove pervienne, et le forme del condurla per lasciar puoi in libertà il S.r Compratore, o’ si dare tant’acqua conforme al concetto bisogna al Giardino per adaquare i prati conoscenza sufficiente il di più per il bisogno del S.r Compratore, o’ vero spartir quella per metà, o’ non essendo pur sufficiente divider le giornate della settimana, de quali tre modi ad elettione del S.r Compratore da eleggersi rimanendo per sempre commune quella roggia, cavi, sortumi, et condotte per quella portione però che tiene dominio et autorità il Venditore, et non per quella, che possa di vantaggio unire il S.r Compratore con obligo commune per spazzar quelle a’ loro spese. In ordine al Laghetto s’intende bensi quell’acqua, che uscirà da quello hebbi ad entrare nella roggia, rimanendo alta l’acqua ad <> dal segno per coadequatione del Laghetto, et perche, rimanendo il fondo, o sij sito di quello libero, è non altrimente. Al riguardo del prezzo non si oppone, ma basti all’hora quando sara conosciuto il stato della d.ta acqua, et eletione del S.r Compratore, intende il S.r Co: haver per rimessa ogni sua ragione a’ doi Periti confidenti l’uno per parte da elleggersi et anche al med.mo S.r Compratore. Riguardo con ogni pronunzia di farne un compromesso libero con le conditioni così necessitose che competirano al Venditore, che seguono cioè. P.ma Che sij tenuto il S.r Compratore sborsare subito per q.to conto di vendita scudi milla per essere bonificate nella dichiarat.e del prezzo, o’ che si compiacerà il S.r Compratore, o’ che sarà dichiarato da Periti come s.a alla consideratione di tal vendita

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Che sempre s’intenda quel prezzo, che sarà dichiarato habbi senza alcuna eccetione a’ capitare intiero nelle mani del Venditore senza altra conventione che indifferentemente tutto sij nullo. Che non sij obligato il Venditore a’ riportare alcuni consensi degli Agnati, <> alcuni rispetti noti, ne meno la supp.ca o’ sij dispensa del Sen.o <> ma tutto sia a’ caricho del S.r Compratore Che volta fatta questa diligenza nel riscottere la sud.a acqua o’ per insufficienza di questa, o’ per altri rispetti, che fosse di maggior getto al S.r Compratore non volesse il contratto, s’intenda li milla scudi sborsati, non possa essere il Vend.e obligato alla restituz.ne se non passato l’anno, pagandolo li suoi interessi. Che tutti gli altri accessorij in tal condotta d’acqua dal Neno sino fori del Giardino di Mariano per buona intelligenza si discorreranno sempre in rimessa delli med.i Periti Documento n.5 1672. § 6 febraro Risposta in ordine al Vendere al S.r Il. le aque del Neno con sue fontane et sorgenti che formano la roggia che viene a’ Mariano Dall’incertezza della quantità precisa d’aqua che possono scatturire le fontane del Neno non si può precisamente sapere la quantità da vendersi quando prima non resti assodata la quantità di quella per venirne al riparto, et poscia sopra quello regolar la dimanda del prezzo Propone però il Venditore desideroso che sigua il contratto col S.r Il. che visitato da due periti le fontane sod.e, et li cavi si assegni quella quantità d’acqua che puossi esser sufficiente per addaquare li Pratti del Giardino del S.r Co. Ercole, o’ per bocchello continuo, o’ a’ Giorni come sarà stimato da medemi Periti esser di maggior comodo si al Venditore come al Compratore Li Cavi del Giardino in su che restano o’ comuni alla ratta o vero che volendoli il compratore le ripe che si trovavano essere sopra sito del vend.re quelle siano riservate al med.o libere ne vi habbia il Compratore altra raggione de quella Porta la spazadura del Cavo a’ suoi tempi debiti

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In ordine al Lago s’intende il Venditore di alienare solo le aque che sortono dal d.o Lago ma non già mai il fondo d’esso, che vole sij sempre suo libero, et perche il lago non restasse senza aqua si doverà da Periti farli fare il douto riparo in bocca accioche avvi che sia l’aqua a’ tal segno non possa più uscire In quanto al Prezzo, stabilita la forma di valersene si per il Venditore come per il Compratore, da Periti delegati uno per parte sara anche in facolta del S.r Compratore, o’ che quello vengha deciso dalli Periti sod.i o vero d’arbitrarlo il med.o compratore in conformità della relatione loro overo che resti <> a’ Cavagliere, et all hora il venditore sara pronto farne ogni dovuto compromesso, et con le conditioni seguenti P.a Che sij tenuto il Compratore sborsare subito il prezzo che sarà convenuto o’ dichiarato da Periti o dal S.r Compratore med.o, o’ dal Cavg.e che sara elletto per arbitrarlo 2° che il prezzo venga tutto intiero nelle mani del venditore senza altra convenzione, e che differentem.e tutto sia nullo 3° Che il Compratore habbi egli a’ riportar li Consensi delli Agnati 4° Che la dispensa si levi dal medemo Compratore, abbonandole la spesa in levarla sopra il prezzo 5° Che sempre si intende il Venditore che l’acqua che doverà servire per il Compratore non passi per il suo Giardino di Mariano, et che le darà il dovuto patto dove bisognerà toccare de suoi beni in stima de medemi Periti Documento n.6 Ill.mo mio s.r P.ne Col.mo Havendomi il S. Co: Ercole Mariani mandato à dire d’essere da lui hoggi vi sono stato questa sera, et doppo qualche discorso la conclusione e stata che egli non dimanda per hora prezzo dell’aqua perche non sa effettivam.e quello possono scaturire le fontane, et conseguentem.e che quantita ne possa, et debba vendere à V.S. Ill.ma, et che però si rimetterà à quanto sarà giudicato o da V.S. Ill.ma medema, ò arbitrato da due Periti uno per parte, et quando questi fossero discordi si accontenta che io ne facci la decisione eshibendosi all’hora farne ogni dovuto amplo compromesso

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Si riserva però l’acqua che le possa essere necessaria per adaquare li Pratti del suo Giardino à Giudicio de Periti, et che questa se gli dij, ò continua, ò à Giornata conforme sarà conosciuto da med.mi che sij di maggiore comodità tanto per il Compratore come per il Venditore Che li Cavi da Mariano in sù siano communi alla rata del acqua, et quando V.S. Ill.ma gusti li venderà anche liberi con che le rippe sopra il suo non vi habbi altra ragione il Comprat.re che per spazatura delli Cavi à suoi tempi debiti In quanto al Lago si riserva il fondo per suo, et che si metta un livello alla bocca d’esso accioche arrivando à certo segno l’aqua non possi più uscire, et questo sarà rimesso alla Cognitione de medemi Periti Il prezzo che sara dichiarato, sij pagato tutto intieram.e al venditore senza obligat.ne di convertirlo in cosa alcuna Che V.S. Ill.ma habbi da riportare li Consensi dalli Agnati La spesa della dispensa s’abbonerà sopra il prezzo Che l’acqua che doverà servire a V.S. Ill.ma passi fuori del suo Giardino di Mariano, et egli si obliga dove dovera passare sopra il suo à dare il fondo in stima de medemi Periti et per suo confidente ha di gia nominato il Ingeg.ro Bigatti, accioche subito, et senza perdita di tempo quando cosi piaccia a V.S. Ill.ma nominato che sij il suo, possimo ambidue discorere insieme et stabilire l’effettuazione. Atendero quanto V.S. Ill.ma sarà servita ordinarmi nel negotio per prontam.e obedirla, et le faccio divotiss.ma riv.za D. V.S. Ill.ma Casa li 6 feb.o 672 S.r Co: Pres.e Padr.e Aresi

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Documento n.7 Ill.mo mio Pr.ne Oss.mo Al colpo delle 5 ore ebbi ieri sera la favorita di V.S.I. col raguaglio di q.to la discorse col Sig. Co: Ercole Mariani, e non risposi in quel procinto perche stimai forse fosse l’ora inoportuna. Ora diro a V.S.I. che q.do si avesse à proseguire il trattato della compra dell’acque, dichiarerei l’Osio per Ingeg.re come quello, che ultimam.te ne fece la visita, e lo scandaglio; ma trattandosi d’acque, che scaturiscono da sorgenti è ben noto, che vi si richiedono tre calculazioni ripartite in dif.ti tempi dell’anno, e sopratutto nel fervor dell’estate, altrim.te rimarrebbe la pratica esposta à notabili sbagli; e finalm.te riflettendo io à che si tratta di cosa incertiss.a soggetta à vincolo di rigoroso fidecommisso, che richiede vastità di spesa nella compra de cavi per si longo giro, e construz.e d’edificij e che la mia ettà e poca salute, q.do anche arrivassi al bramato fine, mi tolgono la speranza del godim.to, ed in oltre, che ogni conven.za persuade il non privare il sig.r Conte di cosa rara in que paesi per l’irrigaz.e del suo giardino, sono tutti motivi, che mi spingono con ferma risoluz.ne ad accennare a V.S.I. come faccio, che la si compiacia di licenziare il trattato, ed assicurarsi, che per questo nuovo incommodo, che la si è presa in favorirmi le ne serberò ob.e magg.e come pure non mi scorderò della propensa volontà palesata dal Sig.r Conte con finis.o desiderio di servirlo in ogni occorr.za. E V.S. Ill.ma devot.te riv.co. Il 7 febb.o 1672 Di V.S. Ill.ma Div.mo, et ob.mo Zio e S.re B.o Arese S.r March.e Ermes Visconti

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Carteggio relativo alla sistemazione del bocchello sulla roggia per irrigare il giardino Marliani presso Mariano ABIB – Fondo Stabili in Mariano – Acque

Documento n.1 Ecc.mo Mio Sig.re Col.mo Nel ponto che ricevo la favoritiss.ma carta di V. E. in datta delli 17 corrente mese, ero in procinto di notitiare la medema che essendo solo domenica pass.a arivato da’ Lugano il S. Conte Giacomo Filippo e in tal instante capitatagli la’ notitia individuale del papele fattogli intimare ad instanza di mi Sig.ra Contessa dona Giulia, mi scrisse con sentimento di disimpegno, che mi obligò rispondergli con significatione, che l’ultimo impegno su’ la facenda era seguito doppo l’intimatione di tal papele, et che quello non ostante restava il tutto in mia rimessa, come dalle lettere che conservano, pregandolo a’ non lasciarmi in tutte le forme col disdoro di rompere il concerto già rafermato per miei carrateri a V.E. ne essendomi arivata altra risposta s.a tal emergente, parteciparò sub.o con espresso quanto l’E. V. mi acenna, e in tal occasione sollecitarò li sensi categorici di d.o S. Conte, che a’ mio credere dovrano esser sul già avisato concerto, e li ripassarò a’ sud.a mi Sig.ra Contessa in Cessano, et al suo Agente in Cess.o mentre in tanto mortificatiss.mo di tanti emergenti li faccio prof.ma rev.za Dell’ E. V. Hum.o Serv.e Riv.mo Matteo Abbiate Forieri <Casaglia> il 19 8bre 1683

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Documento n.2

Ecc.mo Mio Sig.re

Sopra il ponto del donativo presentaneo perche corri l’aqua a’ Cessano nelli mesi di Luglio, et Agosto per qualche giorno, supp.co hum.te V. E. a’ lasciarmi in disparte circa il disporre il S.r Conte Marliani nel modo aportato da’ V. E. nel suo favoritiss.mo di hieri. Sto’ persuaso che sij dimani mattina il Prete dall’E. V. per ricevere li ordini, e concludere s.a tal ponto individual.te Io la’ prego dist.e a’ usare della sua generosità, e non lasciarmi con l’incapacità di servire a’ un tanto Padrone, e a’ V. E. faccio prof.ma rev.za

Dell’E.V. Sua Casa il ii Gen.o

1684 Hum.o Ser.e Riv.mo

Matteo Abbiate Forieri

Ecc.o S. Conte Carlo Borromeo Aresi

Documento n.3 Ecc.mo Pad.ne

Ricevo la Carta di V. E. circha la venuta del Bigati sara di pocho fruto durando q.to rigore di giazo che non si potra lavorare in tera

In quanto l’intrapresa piliata per laqua con il S.r Co Mariano il mio parere sara molto fiacho ma cento dopie è un bel denaro masima quando si potra avere la mezonza non fara pagamento pero se li doij giorni che si riserva d.to S.r Co sara solo la sua meza onza besogn farlo per che il restante vera senpre a Cesano per fare li fati nostri ancho queli doij giorni ma il dàrgela V. E. guadagnia pocho masime quando laqua che sara come acominciato li cavi delle fontane ano fato della enpidura di tera renata ma adeso non se li po levare e da Dio lo prego dogni vero bene

Cesano il 14 Genaro 684

V. E. <>

G. Batta Monti

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Documento n.4 Copia della lettera schrita dal S.r Co. Mariano al S.r Dottor Forieri Ill.mo Sig.re Mio Oss.mo Se ci fosse stabilito il Bochelo quando furono fori li Ingienieri non saresimo ancora a principio ma come si lavora con finta intencione le cose non pono mai andare bene in fine li dicho che se il Giorno di S. Carlo fu levata la pietra fu per che nel mio Giardino non veniva Aqua ne io son obligato a lasciarli corere aqua benche minima a Cesano se bene per il pasato lo lasciata corere che e stato per mera mia cortesia sina tante che non fose stato messo il Bochelo postizo nella conformita di quanto lei me stato larbitro in particolare di me che lasiaij che lei mi favorise di cercharme lingniero dove fu il S.r Bigati a quale io mi rimesi in tuto e per tuto et ancora piu di quello dovuto ma scoprendosi una lesione tanto ciara in mio pregiudicio di non volermi dare la mia meza onza di Aqua ne mai volendosi metere alla cose della ragione quelo del Sig.r Co. Carlo non si agiusto cosa alchuna dove io ero in procinto di partire lasciai al S.r Bigati che il tuto ritornase a metere in primo stato et che si levase tuta quella hopera che fu fata per tal facenda ma ne fui pregato del fatore del Sig.r Co. Carlo di non levare tal Bochelo ma se volevo laqua come era il dovero che ero padrone che pure per aderire a servire il sud.to Sig.r Co. Carlo mi acontentai che lo lasiasero come di presente si trova con che laqua entrase nel mio Giardino nel solito cavo vechio che conviene il farne nova apertura acio il tuto restase come prima ne il Sig.r Co. Carlo non ha’ veruna ocasione di dolersi anzi piu tosto lo io mentre vedo che non mi vogliono dare la mia meza onza daqua che la prego Sig.r Dotor Foriero di parlare con il mio Ingniero che da lui la sapra se o’ ragione o’ torto mentre non ne cercho di piu della mia meza onza et quando resti Gustato il Sig.r Co. Carlo si vaglia delli atti di Giusticia che io in tute le forme conchorero volentieri che e quanto posio dire in questa facenda e la rivarisco Mariano li 9 nov.e 684 D. V. S. Ill.ma De.mo Ser.e Giachomo Filippo Marliano

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Documento n.5 (trascrizione legenda disegno bocchello)

a. Sito dove al presente l’acqua della Roggia scorre nel Giardino del S.r Co: Mariano per apertura non modellata, la quale di dovrà otturare aperto che sij il bocchello della mezza oncia dovuta al d.to S.r Conte.

b. Bocchello piantato dagl’ Ingegneri Bigatto, è Regalia in fregio alla d.ta Roggia vicino alla strada confinante col muro del Giardino del detto S.r Co:, qual bocchello e formato in un piancone di rovere grosso o 2 – et resta stabilito il sforo d’altezza o 2, et di larghezza o 4. contornato con reggia di ferro, per estrahere la d.ta mezza oncia d’acqua dovuta come sopra, con sua Tromba d’asse formata di longhezza br.a 9 . – e secondo le regole; il labro inferiore del qual bocchello e’ posto sopra il fondo naturale della detta Roggia.

c. Soglia formata con un Travetto di rovere, grosso o 3. in quadro posto sopra il fondo della d.ta Roggia, cioè con la sua superficie all’uguale del labro inferiore del d.o Bocchello, pure di sotto del medesimo, cioè o

Di contro al detto bocchello, et soglia formate le spalle d’asse alla d.ta Roggia distanti l’una dall’altra o 12 ½ per regolare frà quella l’acqua della medesima Roggia.

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© QUADERNI DI PALAZZO ARESE BORROMEO Anno VIII – Numero 1 – Maggio 2015

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