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52 Introduzione Il reflusso gastroesofageo (RGE), la sua diagnosi, la sua terapia e la sottile linea di demarcazione che lo separa dalla clinica- mente ben più rilevante malattia da re - flusso gastroesofageo (MRGE) sono ar- gomenti che da almeno venti anni occu- pano una parte considerevole della lette- ratura gastroenterologica pediatrica inter- nazionale. Abbiamo assistito alla nascita e al tramonto di farmaci apparentemente ri- solutivi (cisapride), di tecniche diagnosti- che ritenute infallibili (pH-metria esofa- gea), al dilagare di diagnosi cliniche o strumentali (ecografia) spesso approssi- mative e all’uso, quasi sempre off-label, di terapie (inibitori di pompa protonica - IPP) tanto efficaci quanto inappropriate. Dopo una lunga fase che abbiamo defini- to di “entusiasmo esplorativo”, per un fenomeno che appariva particolarmente pervasivo soprattutto nei primissimi anni di vita, un importante momento di revi- sione critica si concretizza nel 2001 con la pubblicazione delle raccomandazioni del NASPGHAN sulla diagnosi e trattamento del RGE in età pediatrica [1-2]. Già in quelle Linee Guida si poneva particolare attenzione alla differenza esistente tra reflusso e malattia da reflusso sottoli- neando, in particolare nel bambino picco- lo, la natura parafisiologica del primo e la necessità di un’attenta valutazione clini- co-strumentale per definire correttamente la seconda. L’impressione è che, negli anni successivi, queste raccomandazioni siano rimaste in larga parte inascoltate, se è vero che l’utilizzo degli IPP nel lattante e nel bambino ha conosciuto un incre- mento apparentemente inarrestabile e tale da suscitare nella letteratura un’altrettanto crescente perplessità [3-6]. Le riflessioni più volte fatte in ACP (Congressi di Tabiano e Palermo 2010 e Tabiano 2011) e fuori dall’ACP [1-7-10] Per corrispondenza: Enrico Valletta e-mail: [email protected] Quaderni acp 2012; 19(2): 52-56 Abstract The way we managed gastroesophageal reflux Introduction We investigated the strategies of clinical approach to gastroesophageal reflux (GER) among primary care (PCP) or hospital (HP) pediatricians. Material and methods Retrospective data on diagnostic and therapeutic approach to suspected GER disease in 0- to 13-year children were collected by a group of paedia- tricians. Results Records of 107 children were collected by 11 PCP and 5 HP. Seventy-eight per- cent of children followed by PCP were <1 year of age. Regurgitation, vomiting, irri- tability in infants and poor weight gain were the most frequently reported symptoms at presentation. Among respiratory symptoms, cough and apnoea were often related to a possible GER disease. Fifty-nine percent of children by-passed their PCP directly accessing to specialist consultation in hospital. The results of our survey are discussed with special reference to diagnostic workup, lifestyle changes and pharmacologic therapy adopted by the paediatricians. Discussion The paediatricians involved in the study showed a rather well-balanced approach to the child with suspected pathologic GER. The first year of life still remains challenging as far as frequency of presentation and appropriateness of clini- cal approach are concerned. Quaderni acp 2012; 19(2): 52-56 Key words Gastroesophageal reflux. Diagnosis. Therapy. Infant. Survey Introduzione Abbiamo indagato quali fossero stati, negli anni recenti, i comportamen- ti diagnostico-terapeutici dei pediatri nei confronti del reflusso gastroesofageo (RGE). Materiali e metodi Un gruppo di pediatri di famiglia (PdF) e di pediatri ospedalieri (PO) ha raccolto retrospettivamente i dati sul percorso diagnostico-terapeutico dei bambini di 0-13 anni seguiti per sospetta malattia da RGE. Risultati 11 PdF e r PO hanno raccolto complessivamente i dati di 107 bambini. Il 78% dei bambini visti dai PdF aveva meno di un anno di età. Rigurgito, vomio, irri- tabilità nel lattante e rallentamento della crescita sono stati i problemi più frequente- mente riportati. Tra i sintomi respiratori, la tosse e l'apnea sono stati più spesso messi in relazione con na possibile malattia da RGE. Nel 59% dei casi il bambino è giunto allo specialista senza esservi stati inviato dal proprio PdF. Vengono discussi i dati re- lativamente alla diagnostica di laboratorio e strumentale, alla terapi farmacologiva e ai provvedimenti non farmacologici preferenzialmente impiegati dai PdF e dai PO. Discussione Tra i pediatri partecipanti emerge un comportamento complessivamente equilibrato nei confronti del sospetto di malattia da RGE. Il primo anno di vita si con- ferma come periodo particolarmente delicato per la frequenza di presentazione per l'ap -propriatezza dell'approcio clinico. Parole chiave Reflusso gastroesofageo. Diagnosi. Terapia. Lattante. Indagine Il reflusso gastroesofageo: come eravamo Enrico Valletta*, Luciano de Seta**, Gianni Piras***, Paolo Siani° e il Gruppo di Studio°° *UO Pediatria, Ospedale “Morgagni-Pierantoni”, AUSL di Forlì; **UO Pediatria, Ospedale “San Paolo”, Napoli; ***Associazione Culturale Pediatri; °UO Pediatria, AORN “Cardarelli”, Napoli; °°Silvio Ardau, ASPECO; Laura Dell’Edera, ACP Puglia e Basilicata; Daniela Danieli e Silvia Zanini, APCP Verona; Annalisa Monolo e Carla Gussoni, ACP Milano; Giuseppe Primavera, ACP Trinacria; Antonella Stazzoni e Franco Mazzini, ACP Romagna; Leila Auriti, ACP Umbria; Giulia De Stefanis, ACP Lazio; Daniele De Brasi e Augusto Mastrominico, UO Pediatria, AORN “Cardarelli”, Napoli; Paolo Kosova, UO Pediatria, Ospedale “San Paolo”, Napoli; Michele Citrano, UO Pediatria, Ospedale “Casa del Sole”, Palermo; Giovanna Fontanelli, TIN, Ospedali Riuniti, Reggio Calabria; Martina Fornaro e Paolo Baldassarri, UO Pediatria, Ospedale “Morgagni-Pierantoni”, AUSL di Forlì.

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IntroduzioneIl reflusso gastroesofageo (RGE), la suadiagnosi, la sua terapia e la sottile linea didemarcazione che lo separa dalla clinica-mente ben più rilevante malattia da re -flusso gastroesofageo (MRGE) sono ar -gomenti che da almeno venti anni occu-pano una parte considerevole della lette-ratura gastroenterologica pediatrica inter-nazionale. Abbiamo assistito alla nascita eal tra monto di farmaci apparentemente ri -so lutivi (cisapride), di tecniche diagnosti-che ritenute infallibili (pH-metria esofa-gea), al dilagare di diagnosi cliniche ostru mentali (ecografia) spesso approssi-mative e all’uso, quasi sempre off-label,di terapie (inibitori di pompa protonica -IPP) tanto efficaci quanto inappropriate.Dopo una lunga fase che abbiamo defini-to di “entusiasmo esplorativo”, per unfenomeno che appariva particolarmentepervasivo soprattutto nei primissimi annidi vita, un importante momento di revi-sione critica si concretizza nel 2001 con lapubblicazione delle raccomandazioni delNASPGHAN sulla diagnosi e trattamentodel RGE in età pediatrica [1-2]. Già inquelle Linee Guida si poneva particolareattenzione alla differenza esistente trareflusso e malattia da reflusso sottoli-neando, in particolare nel bambino picco-lo, la natura parafisiologica del primo e lanecessità di un’attenta valutazione clini-co-strumentale per definire correttamentela seconda. L’impres sione è che, neglianni successivi, queste raccomandazionisiano rimaste in larga parte inascoltate, seè vero che l’utilizzo degli IPP nel lattantee nel bambino ha conosciuto un incre-mento apparentemente inarrestabile e taleda suscitare nella letteratura un’altrettantocrescente perplessità [3-6].Le riflessioni più volte fatte in ACP(Con gressi di Tabiano e Palermo 2010 eTabiano 2011) e fuori dall’ACP [1-7-10]

Per corrispondenza:Enrico Vallettae-mail: [email protected]

Quaderni acp 2012; 19(2): 52-56

AbstractThe way we managed gastroesophageal refluxIntroduction We investigated the strategies of clinical approach to gastroesophagealreflux (GER) among primary care (PCP) or hospital (HP) pediatricians.Material and methods Retrospective data on diagnostic and therapeutic approach tosuspected GER disease in 0- to 13-year children were collected by a group of paedia-tricians.Results Records of 107 children were collected by 11 PCP and 5 HP. Seventy-eight per-cent of children followed by PCP were <1 year of age. Regurgitation, vomiting, irri-tability in infants and poor weight gain were the most frequently reported symptoms atpresentation. Among respiratory symptoms, cough and apnoea were often related to apossible GER disease. Fifty-nine percent of children by-passed their PCP directlyaccessing to specialist consultation in hospital. The results of our survey are discussedwith special reference to diagnostic workup, lifestyle changes and pharmacologictherapy adopted by the paediatricians.Discussion The paediatricians involved in the study showed a rather well-balancedapproach to the child with suspected pathologic GER. The first year of life stillremains challenging as far as frequency of presentation and appropriateness of clini-cal approach are concerned. Quaderni acp 2012; 19(2): 52-56Key words Gastroesophageal reflux. Diagnosis. Therapy. Infant. Survey Introduzione Abbiamo indagato quali fossero stati, negli anni recenti, i comportamen-ti diagnostico-terapeutici dei pediatri nei confronti del reflusso gastroesofageo (RGE). Materiali e metodi Un gruppo di pediatri di famiglia (PdF) e di pediatri ospedalieri(PO) ha raccolto retrospettivamente i dati sul percorso diagnostico-terapeutico deibambini di 0-13 anni seguiti per sospetta malattia da RGE. Risultati 11 PdF e r PO hanno raccolto complessivamente i dati di 107 bambini.Il 78% dei bambini visti dai PdF aveva meno di un anno di età. Rigurgito, vomio, irri- tabilità nel lattante e rallentamento della crescita sono stati i problemi più frequente- mente riportati. Tra i sintomi respiratori, la tosse e l'apnea sono stati più spesso messi in relazione con na possibile malattia da RGE. Nel 59% dei casi il bambino è giunto allo specialista senza esservi stati inviato dal proprio PdF. Vengono discussi i dati re- lativamente alla diagnostica di laboratorio e strumentale, alla terapi farmacologiva e ai provvedimenti non farmacologici preferenzialmente impiegati dai PdF e dai PO. Discussione Tra i pediatri partecipanti emerge un comportamento complessivamente equilibrato nei confronti del sospetto di malattia da RGE. Il primo anno di vita si con- ferma come periodo particolarmente delicato per la frequenza di presentazione per l'ap -propriatezza dell'approcio clinico. Parole chiave Reflusso gastroesofageo. Diagnosi. Terapia. Lattante. Indagine

Il reflusso gastroesofageo: come eravamoEnrico Valletta*, Luciano de Seta**, Gianni Piras***, Paolo Siani° e il Gruppo di Studio°°*UO Pediatria, Ospedale “Morgagni-Pierantoni”, AUSL di Forlì; **UO Pediatria, Ospedale “San Paolo”, Napoli; ***AssociazioneCulturale Pediatri; °UO Pediatria, AORN “Cardarelli”, Napoli; °°Silvio Ardau, ASPECO; Laura Dell’Edera, ACP Puglia e Basilicata;Daniela Danieli e Silvia Zanini, APCP Verona; Annalisa Monolo e Carla Gussoni, ACP Milano; Giuseppe Primavera, ACP Trinacria;Antonella Stazzoni e Franco Mazzini, ACP Romagna; Leila Auriti, ACP Umbria; Giulia De Stefanis, ACP Lazio; Daniele De Brasi e AugustoMastrominico, UO Pediatria, AORN “Cardarelli”, Napoli; Paolo Kosova, UO Pediatria, Ospedale “San Paolo”, Napoli; Michele Citrano,UO Pediatria, Ospedale “Casa del Sole”, Palermo; Giovanna Fontanelli, TIN, Ospedali Riuniti, Reggio Calabria; Martina Fornaro ePaolo Baldassarri, UO Pediatria, Ospedale “Morgagni-Pierantoni”, AUSL di Forlì.

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e la pubblicazione, nel 2009, delle nuoveLinee Guida congiunte NASPGHAN-ESPGHAN ci hanno indotto a verificarequali fossero state fino a oggi le nostreconsuetudini diagnostico-terapeutiche intema di RGE [1-7-10]. Lo studio, comeera stato inizialmente concepito, dovevasvilupparsi in due fasi, una retrospettivae una prospettica per consentire un con-fronto nei comportamenti dei pediatriprima e dopo la diffusione delle racco-mandazioni NASPGHAN-ESPGHAN.In questa sede daremo conto dei soli datirelativi alla fase retrospettiva conclusasinel febbraio 2011 [11].

Pazienti e metodiLa popolazione oggetto dello studio ècostituita da bambini di età 0-13 anni se -guiti per sospetta MRGE prima del 2009da pediatri che operano in strutture ospe-daliere (PO) o come pediatri di famiglia(PdF). Il reclutamento dei pediatri parte-cipanti è avvenuto su base volontariadopo avere reso noto il protocollo di stu-dio in occasione di alcuni eventi ACP esul sito web di ACP. I dati clinici relativiai pazienti sono stati tratti dagli archivi inpossesso dei partecipanti allo studio eraccolti in forma anonima mediante lacompilazione di schede di raccolta daticon riguardo a: tempi e modalità di pre-sentazione dei sintomi, iter diagnosticoseguito, impiego di indagini strumentalie/o invasive, tipo e durata del trattamen-to non farmacologico e farmacologicoproposti, esito delle indagini diagnosti-che e del trattamento. I dati sono statielaborati con statistica descrittiva e, oveopportuno, è stato utilizzato il test del chiquadro per confronti tra i gruppi.

RisultatiHanno dato iniziale adesione alla ricerca11 reparti ospedalieri di Pediatria (grup-po PO) e 52 tra gruppi ACP e singoli PdF(gruppo PdF) associati all’ACP. Solo 5(45%) degli o spedali e 11 (21%) tra igruppi PdF associati all’ACP hanno ef -fet tivamente arruolato e inviato dati dipazienti. Sono stati reclutati complessi-vamente 107 bambini (55 maschi), di cui44 (41%) nel gruppo PdF e 63 nel grup-po PO. L’età di esordio dei sintomi èriportata nella figura 1. Nel gruppo PdF quasi l’80% dei pazientiaveva <1 anno di età, mentre nel gruppo

PO l’età era più uniformemente distri-buita.La frequenza relativa ai sintomi di pre-sentazione è riportata nella figura 2. Isintomi meno specifici per MRGE qualirigurgito/vomito (60%) e irritabilità nellattante (61%) sono stati quelli più fre-quentemente riportati mentre, tra quellipresumibilmente più suggestivi di unreale problema clinico, il rallentamentodella crescita ponderale (32%) e la pirosihanno più spesso indotto in sospettosoprattutto il PdF. Non irrilevante la per-

centuale di sintomi respiratori attribuitiin prima istanza a un possibile RGE conparticolare evidenza per tosse, apnea eraucedine.Lo spettro dei provvedimenti, farmacolo-gici e non, presi al momento della pre-sentazione è riportato nella figura 3. Ilgruppo PO tende a essere trattato prefe-renzialmente con provvedimenti farma-cologici, mentre il gruppo dei PdF siorienta prevalentemente su terapie nonfarmacologiche. I farmaci più utilizzatisono gli IPP e gli anti-H2, soprattutto

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FIGURA 1: DISTRIBUZIONE DEI BAMBINI PER ETÀ ALLA PRESENTAZIONE

FIGURA 2: DISTRIBUZIONE DEI SINTOMI ALL’ESORDIO

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all’interno del gruppo ospedaliero (figu-ra 4).Nel 59% dei casi il bambino è arrivatoallo specialista senza esservi stato invia-to dal proprio PdF. La richiesta di accer-tamenti, ematochimici e/o strumentali, èlargamente prevalente nei casi trattati inospedale (86%) rispetto a quelli seguitidai PdF (14%, p<0,001), con una più fre-quente prescrizione degli esami emato-chimici da parte dello specialista in ospe-dale (73% vs 25%). Analoga, invece, è lafrequenza con la quale vengono prescrit-ti gli esami strumentali, ma con alcunedifferenze nella tipologia degli esami(figura 5). L’EGDS è prevalentementeutilizzata dai PO, mentre il ricorso all’e-cografia gastrica riscuote particolari con-sensi tra i PdF.Al termine degli accertamenti che sonorisultati patologici in 10/14 del gruppoPdF (23% di tutti i pazienti di questogruppo) e in 19/28 del gruppo ospedalie-ro (30% del totale), i trattamenti avviatisono riassunti nella figura 3. In questocaso c’è stata una maggiore uniformità dicomportamenti tra territorio e ospedale,anche se persiste una tendenza al mag-giore utilizzo territoriale dei provvedi-menti non farmacologici (73% vs 40%, p = 0,002), ma un analogo utilizzo deifarmaci rispetto all’ospedale (39% vs48%, p = 0,4). Il trattamento farmacolo-gico successivo poggia ancora e sembraulteriormente concentrarsi sugli IPP e glianti-H2 senza sostanziali variazioni tra ibambini trattati in ospedale o dai PdF(figura 4).

DiscussioneRiteniamo che la discussione relativa aquesta esperienza possa essere condottasu due piani solo apparentemente distin-ti. Il primo sarà quello relativo a unodegli obiettivi che ci eravamo inizial-mente posti, e cioè rivedere le nostreconsuetudini nell’approccio diagnostico-terapeutico al RGE. Il secondo prenderàin esame le difficoltà incontrate nel con-durre una ricerca che, di fatto, non hariscosso adesioni sufficienti per poteressere portata a conclusione.I dati raccolti confermano che l’età piùcritica per il manifestarsi dei sintomi diun possibile RGE resta il primo anno divita. Il PdF, in particolare, si trova a fron-teggiare la maggior parte dei lattanti cherigurgitano, vomitano, sono irritabili o

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FIGURA 3: PROVVEDIMENTI (% PAZIENTI) PRESI PRIMA (PRE) E DOPO (POST) GLIACCERTAMENTI

FIGURA 4: UTILIZZO DEI FARMACI (% PAZIENTI) PRIMA (PRE) E DOPO (POST) GLIACCERTAMENTI

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crescono poco. Lo fa in maniera più omeno ortodossa – cercheremo di capirlopoi – ma comunque efficace, se conside-riamo che l’impegno dei pediatri ospeda-lieri in questa fascia d’età è senz’altromolto contenuto. Questo appare logico ein linea, tutto sommato, con quanto si èormai appreso sulla sostanziale benignitàdel fenomeno RGE nel primo anno divita e sulla possibilità di affrontarlo erisolverlo quasi sempre a livello ambula-toriale [12]. Più in generale, i PdF dichia-rano di prescrivere raramente (14% deicasi) accertamenti in prima battuta e diinviare allo specialista circa un terzo deibambini visti per questo problema. Sulversante del pediatra ospedaliero, emer-ge che più della metà dei bambini giuntiin consulenza arriva spontaneamente“scavalcando” il proprio pediatra. Lasensazione è che, sia per il PdF che per igenitori, la gestione di un bambino conRGE (complicato o meno) rappresentiancora un valido motivo di ricorso allospecialista e che arginare la “marea” delreflusso non sia stato facile, nonostante ilodevoli tentativi di evitarne l’eccessivamedicalizzazione. Non trascurabile è laprevalenza dei problemi respiratori allapresentazione (circa un bambino su tre,ma spesso in associazione con altri sinto-mi gastrointestinali).È un dato su cui avevamo già puntatol’attenzione in precedenza e che non stu-pisce, considerando la grande attenzionededicata dalla letteratura internazionalealla MRGE con espressività extraesofa-gea (asma, bronchite ricorrente, laringite,apnea, otite e sinusite), sempre sostenuta,peraltro, da evidenze poco convincenti[1-7-13-14]. Talora sono i colleghi ORLche propongono una diagnosi di MRGEa seguito di una laringoscopia con segniaspecifici di infiammazione sovraglotti-ca. La predittività di questo esame è, inrealtà, molto scarsa e la letteratura sco-raggia qualsiasi facile associazione inquesto senso [11].Qual è stato il nostro primo approccio aun bambino con sospetta MRGE? Quil’atteggiamento dei PdF sembra esserepiù articolato poiché attinge in variamisura sia ai provvedimenti non farma-cologici che a quelli farmacologici. Sonosemplici provvedimenti pedagogici e disupporto per i genitori che vanno sempreadottati e che consentono, spesso, di con-tenere i sintomi di un RGE fisiologico

[11]. Nel lattante, il latte addensato puòavere l’effetto (cosmetico, ma non perquesto trascurabile) di ridurre i rigurgitivisibili e un breve (2-4 settimane) perio-do di formula idrolisata aiuta a dirimereil dubbio relativamente a una intolleran-za alle proteine del latte. Nel bambinopiù grande (non in età da SIDS) la posi-zione rialzata e/o prona o sul fianco sini-stro durante il sonno, la riduzione delpeso in eccesso e qualche precauzionesull’entità del pasto serale possono ridur-re gli episodi di RGE. I pediatri ospeda-lieri, invece, sono più propensi a utilizza-re il trial farmacologico, con ranitidina oIPP, come prova indiretta dell’esistenzadi una MRGE. È una pratica, questa, che il pediatra hamutuato dalla gastroenterologia dell’a-dulto, ma che ha dimostrato una variabi-le sensibilità e specificità in dipendenzadel contesto nel quale viene utilizzata.Studi recenti sottolineano l’assai dubbiaefficacia degli IPP nel trattamento deisintomi da MRGE nel lattante e anche ilprofilo di sicurezza richiederebbe ulte-riori verifiche, soprattutto nelle terapie alungo termine [6-12-16]. Le stesse racco-mandazioni NASPGHAN-ESPGHANsconsigliano la somministrazione exiuvantibus di IPP nel lattante con sospet-ta MRGE, mentre la terapia empirica perun massimo di 4 settimane mantiene unasua validità di supporto diagnostico nelbambino più grande e nell’adolescentecon sintomi suggestivi [11].

Come abbiamo visto, il pediatra ospeda-liero non solo è più generoso nel ricorsoai farmaci, ma lo è anche nella prescri-zione degli accertamenti ematochimici ostrumentali (86% vs 14%). Il contestonel quale opera rende, naturalmente, piùpropensi all’invasività ed è anche ragio-nevole pensare a una selezione deipazienti verso forme di malattia piùimpegnative rispetto alla pratica ambula-toriale del PdF. Ne emerge, quindi, unpiù frequente ricorso all’EGDS che, es -sendo generalmente eseguita in sedazio-ne, rende pressoché obbligatorio un“pas saggio” attraverso lo specialistaospedaliero. D’altra parte, alcuni PdFsembrano nutrire ancora fiducia nell’e-cografia esofago-gastrica, verosimilmen-te perché gestibile ambulatoriamente eperché, nonostante non vi sia alcuna evi-denza a favore, un certo numero di eco-grafisti (e pediatri) in strutture pubblichee private continua a proporla come testdiagnostico di RGE patologico. Su que-sto punto, le recenti Linee Guida sonochiare: «Al momento, l’ecografia non haalcun ruolo come test diagnostico di rou-tine nella diagnosi di MRGE nel bambi-no» [11]. Compiuti gli accertamenti estabilita una diagnosi, la scelta tra terapianon farmacologica e farmacologica è orapiù uniforme e, pur rimanendo inalteratol’utilizzo di anti-H2 e IPP, anche in ospe-dale si presta maggiore attenzione a queiprovvedimenti che, da soli, possono con-tenere o addirittura risolvere il disturbo.

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FIGURA 5: ACCERTAMENTI STRUMENTALI PRESCRITTI

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Un’osservazione che vale per tutto quan-to è stato fin qui detto è che il campionedi casi ambulatoriali e ospedalieri da noiesaminato non è certamente rappresenta-tivo di quello che è stato l’atteggiamentodei pediatri italiani nei confronti dellaMRGE negli ultimi anni. Innanzituttoperché la ricerca è stata condotta all’in-terno dell’ACP e con la collaborazione dipediatri comunque vicini all’asso cia -zione. Proprio per la sua natura di asso-ciazione che si propone di “fare cultura”tra i propri appartenenti, possiamo presu-mere che il livello di adesione alle buonepratiche cliniche anche su questo tema sisituasse nella fascia alta di un’ipoteticacurva di distribuzione. In secondo luogo perché la natura volon-taristica della partecipazione, la relativadiscrezionalità nella scelta dei casi dasegnalare, la scarsa numerosità delle ade-sioni e della casistica (largamente infe-riori alla numerosità del campione calco-lata) e, purtroppo, una certa incompletez-za nella trasmissione dei dati richiesticonsigliano molta prudenza nell’inter-pretazione dei risultati. Volendo, comunque, trarre qualche indi-cazione dal complesso dei nostri com-portamenti, potremmo dire che c’è spa-zio (soprattutto per il pediatra in ospeda-le) per fidarci un po’ più di noi stessi edei genitori per un approccio meno far-macologico rivolto al bambino con RGE,che occorre puntare di più sull’evidenzadi una MRGE prima di utilizzare farma-ci importanti come gli IPP e che, in que-sto, l’EGDS e in minor misura la pH-metria esofagea (ma non l’ecografia)sono strumenti che possono aiutarci acapire meglio l’entità del problema. Insintesi, una maggiore adesione a quantoriportato nelle recenti Linee Guidapotrebbe ridurre il margine di inappro-priatezza diagnostica e terapeutica cheancora caratterizza il tema della MRGEnel bambino. Il lattante che rigurgita rap-presenta ancora il paziente-tipo per moltidi noi ed è su questo campo che ci gio-cheremo (almeno numericamente) granparte della nostra coerenza nell’approc-cio al RGE. Le scelte clinico-terapeuti-che dei pediatri che hanno partecipatoall’indagine ci sono parse, a parte che peralcuni aspetti già evidenziati, equilibratee questo rende forse meno pressante l’e-sigenza di proseguire nella fase prospet-tica dello studio.

E qui introduciamo il secondo argomen-to della discussione, quello relativo alledifficoltà incontrate nel portare a compi-mento la ricerca. Ricerca che riteniamosi debba considerare conclusa con la faseretrospettiva di cui abbiamo dato qui ilresoconto. In estrema sintesi, dobbiamoprendere atto che lo studio (per il temaproposto? le modalità di promozione econduzione? la lunghezza temporale? ladifficoltà nel ricostruire le storie clini-che?) abbia riscosso scarso interesse.L’argomento è apparso, oggettivamente,un po’ vecchio, abusato, secondo alcunilargamente superato (“Ormai la MRGEvera non costituisce più un problema,abbiamo capito che è talmente rara chequasi non la vediamo più”). E questo è sicuramente tanto più veroquanto più ci rivolgiamo a un ambientepediatrico che ha seguito con attenzionel’evoluzione delle evidenze su questaproblematica negli ultimi 10 anni. I ripe-tuti inviti alla partecipazione non hannosostanzialmente scalfito questa impres-sione. L’aspetto organizzativo dellaricerca in sé è un altro tema su cui riflet-tere. Tenere le fila di una ricerca multi-centrica, diffusa (almeno nelle intenzio-ni) su tutto il territorio nazionale, delladurata prevista di almeno due anni, purnella sua relativa semplicità concettuale,richiede un discreto sforzo organizzativoche deve assicurare assistenza e conti-nuità dal momento della stesura del pro-tocollo a quello della elaborazione edivulgazione dei risultati.Tutti noi sappiamo che la ricerca richie-de molto tempo-uomo, gli studi multi-centrici ne richiedono moltissimo e permolti di noi la ricerca è un lusso che nonsempre possiamo permetterci. Non erastato previsto il coinvolgimento deicomitati etici – forse avremmo dovuto –ma se lo avessimo fatto la ricerca sareb-be divenuta subito ingestibile in assenzadi uno staff di persone a questo dedicato.Occorre realizzare che la ricerca, oggi,per essere indipendente e di buon livellocome è stato nel passato e come è tuttoranel presente dell’ACP, ha bisogno nonsolo di tenere alta la motivazione, maanche di potersi avvalere di specifichecompetenze scientifiche e organizzative.In sostanza, ha bisogno di risorse e diprofessionalità. In un momento in cui l’ACP sta rifletten-do su questo, cercando di darsi nuove

regole e rinsaldando collaborazioni im -portanti, riteniamo che anche questaesperienza possa avere il valore di unutile contributo. u

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