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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 75 (48.399) Città del Vaticano giovedì 2 aprile 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!&!"!?! Il Signore che passa nel tempo del coronavirus - 4 Sacerdoti senza essere preti TEMPORE F AMIS Nei panni di Tommaso: la scuola in tempo di pandemia di GIOVANNI RICCIARDI I n questi tempi di forzate di- stanze il mondo degli inse- gnanti si è svegliato dal torpo- re della lezione frontale. I banchi sono vuoti. I ragazzi non ci sono più. Occorre trovare vie nuove, vie che in teoria già si conoscono, abi- tuati come siamo all’efficacia delle connessioni virtuali. Ma il popolo dei prof è sempre un po’ in ritardo — dicono — mai a suo perfetto agio in forme di didattica a distanza. Manca la carne, nella scuola, e a rincorrere le classi via web ci sen- tiamo avventurieri un po’ spaesati. Abbiamo torto? Sta di fatto che, presi in contro- piede dall’emergenza, siamo stati catapultati — in queste settimane — in un tempo in cui il virtuale so- stiene e quasi rimpiazza il reale e ai contatti in carne e ossa si sostitui- scono contatti digitali. Non c’è al- tro modo. E anzitutto, la prima co- sa, quella che brucia di più, è l’as- senza fisica, il non poter percepire immediata la risposta dei volti alla nostra proposta, le espressioni an- noiate e a volte irridenti dei nostri alunni, di fronte alle quali abbiamo provato disagio, stanchezza, fasti- dio. Almeno una volta. Eppure ci mancano. Vivere l’insegnamento, lo dice Platone, è vivere un dialogo quoti- diano, concreto, fisico. Tant’è vero che Socrate — il maestro della pa- rola “detta”, della maieutica come metodo di vita — non ha lasciato nulla di scritto, limitandosi — ma è vero limite? — a coltivare tenace- mente l’arte della parola. La scrit- tura era il web di 2500 anni fa, quella tecnologia, oggi come allora, stupefacente che tuttavia, agli oc- chi degli stessi antichi rischiava di snaturare la vita reale. Tant’è vero che in un passo famoso del Fedro di Platone il dio Teut viene rim- proverato per averla inventata. Gesù non fu da meno. Anch’egli non scrisse nulla. Il Vangelo ce lo mostra una sola volta intento a tracciare col dito qualcosa sulla sabbia, mentre scribi e farisei lo provocano a una risposta di fronte alla donna sorpresa in flagrante adulterio. Chissà se fossero lettere o disegni. In greco il verbo graphein vuol dire entrambe le cose. Ma c’è anche un’antica e bellissi- ma tradizione che gli attribuisce una lettera, in risposta al re Abgar di Edessa, che gli chiedeva di veni- re da lui per guarirlo dalla sua ma- lattia. Gesù, a quanto pare, gli ri- spose, promettendogli d’inviargli un discepolo dopo la sua Ascensio- ne. E così qualche anno dopo l’apostolo Tommaso, quello che a distanza e in absentia proclamava che non avrebbe mai creduto, quel- lo che desiderava — a buon diritto? — vedere e toccare, soprattutto toc- care, che non accettava la notizia virtuale — quanta verità nel suo er- rore — ma voleva averla di persona, quell’apostolo avrebbe mandato a Edessa tramite un suo discepolo il mandylion, che raffigurava il volto di Gesù, e con quell’immagine “virtuale”, al suo solo tocco, Abgar sarebbe guarito. Il re Abgar non poté vederlo nel suo Vero Corpo ma restò in attesa, leggendo e rileggendo quella lette- ra, finché il tocco della sua presen- za viva gli arrivò, attraverso quell’immagine. Anche noi siamo un po’ tutti come lui. All’udienza generale il Papa prosegue le catechesi sulle Beatitudini Purificati nelle prove della vita E nella messa a Santa Marta chiede a quanti lavorano nei media di non far sentire isolate le persone «Per tutti coloro che lavorano nei media» — «perché la gente non si trovi tanto isolata» — e «per l’educa- zione dei bambini»: è la duplice in- tenzione di preghiera elevata dal Pa- pa all’inizio della messa di mercoledì mattina, 1º aprile, celebrata in diretta streaming nella cappella di Casa Santa Marta. Come fa ogni giorno da quando è iniziata la pandemia da coronavirus, il Pontefice ha ricordato alcune specifiche categorie di perso- ne — nel caso odierno gli operatori della comunicazione e gli educatori — per far sentire a tutti la propria vi- cinanza e «aiutare a sopportare que- sto tempo di chiusura». Successivamente all’omelia ha commentato il passo del Vangelo di Giovanni (8, 31) «Se rimanete nella mia Parola, siete davvero miei disce- poli», sottolineando come il disce- polo sia un uomo libero, perché ri- mane nel Signore. E «rimanere nel Signore — ha spiegato — significa la- sciarsi guidare dallo Spirito Santo». Una convinzione, questa, che è poi riecheggiata nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano, do- ve dall’11 marzo scorso Francesco tiene le udienze generali senza la presenza dei fedeli. Riprendendo le catechesi sulle Beatitudini, ha commentato la sesta: «Beati i puri di cuore, perché ve- dranno Dio». E si è chiesto: cosa vuol dire cuore “puro”?». È il risul- tato, è stata la risposta, «di un pro- cesso che implica una liberazione e una rinuncia. Il puro di cuore non nasce tale» ma è colui che ha impa- rato «a rinnegare in sé il male». E questo — ha chiarito il Pontefice — è «un lavoro che fa lo Spirito Santo» se «siamo aperti» alla sua azione nelle prove della vita. PAGINA 8 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Bloemfontein (Sud Africa), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Jabulani Adatus Nxumalo, O.M.I. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Bloemfontein (Sud Africa) Sua Eccellenza Monsignor Zolile Peter Mpam- bani, S.C.J., finora Vescovo di Kokstad. A quindici anni dalla morte di san Giovanni Paolo II Sono passati quindici anni dalla morte di Karol Wojtyła. Restano indi- menticabili i giorni che segnarono il passaggio alla casa del Padre di san Giovanni Paolo II, morto il 2 aprile 2005 dopo una lunga malattia vissuta con una esemplarità cristiana che attrasse non solo i credenti ma anche molte persone lontane dalla Chiesa. Dell’attualità di quell’insegnamento parla il cardinale Angelo Comastri nell’intervista che pubblichiamo oggi insieme alla testimonianza personale di un nostro collega. Lo stesso Papa Francesco, alla vigilia della ricorrenza anniversaria, ha ricordato la figura del predecessore, invitando in particolare i fedeli polacchi collegati in di- retta streaming per l’udienza generale ad affidarsi alla sua intercessione «in questi giorni difficili». Mattarella esprime vicinanza e solidarietà a tutti gli italiani Oms, rafforzare i sistemi sanitari GINEVRA, 1. «La migliore difesa contro qualsiasi epidemia è un forte sistema sanitario». Questo il monito lanciato ieri sera dal direttore gene- rale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adha- nom Ghebreyesus, annunciando le linee guida per aiutare i paesi a mantenere i servizi sanitari essenzia- li durante l’emergenza covid-19. La pandemia «rivela quanto siano fra- gili molti dei servizi sanitari del mondo, costringendo i paesi a fare scelte difficili». Anche se «siamo nel mezzo di una crisi, i servizi sanitari essenziali devono continuare», ha detto Ghe- breyesus. «Focolai precedenti — ha proseguito — hanno dimostrato che quando i sistemi sanitari sono so- praffatti, anche la mortalità per ma- lattie prevenibili con il vaccino e al- tre condizioni curabili possono au- mentare notevolmente. Durante l’epidemia di Ebola 2014-2015, l’au- mento del numero di decessi causati da morbillo, malaria, Hiv/Aids e tu- bercolosi attribuibili a guasti del si- stema sanitario ha superato i decessi per Ebola». Per questo, l’Oms ha pubblicato un aggiornamento delle linee guida sulla pianificazione ope- rativa per bilanciare le richieste di risposta diretta a covid-19 che inclu- de una serie di azioni mirate «che i paesi dovrebbero prendere in consi- derazione a livello nazionale, regio- nale e locale per riorganizzare e mantenere l’accesso a servizi sanitari essenziali di alta qualità per tutti». L’allerta nel mondo continua a essere elevata: sono oltre 800 mila i casi di contagio. Secondo la Johns Hopkins University, il numero delle vittime sfiora invece quota 38 mila a 37.878. I guariti sono 166.768. Gli Usa sono il Paese con i maggior nu- mero di contagi (164.610). Intanto in Europa continua il di- battito sulle misure da mettere in campo. Questa mattina il presidente della Repubblica italiana, Sergio Matta- rella, è intervenuto nuovamente per esprimere vicinanza e solidarietà ai suoi concittadini. «Supereremo, as- sieme, questo difficile momento», «questo periodo così travagliato della storia della nostra Repubbli- ca» ha detto Mattarella. GIAMPAOLO MATTEI E ALESSANDRO GISOTTI A PAGINA 7 A colloquio con clarisse di Camerino Chiedere aiuto a chi c’è già passato SILVIA GUIDI A PAGINA 5 Intervista al segretario generale di Caritas Internationalis Aprire i cuori in una fraternità globale FRANCESCO RICUPERO A PAGINA 6 ALLINTERNO di MARCO RONCONI «N on dire: “Di che cosa ho bisogno e di quali beni disporrò d’ora in- nanzi?”[…] Nel tempo della pro- sperità si dimentica la sventura ma nel tempo della sventura non si ricorda la prosperità» (cfr. Sir 11, 23.25). E così, da un giorno all’al- tro, vissuto nel timore di una crescente oscuri- tà, senza diventare preti, ha preso luce quanto dal Battesimo abbiamo ricevuto, la nostra identità di popolo sacerdotale. Non è poco. Alcuni sentono così insopportabile l’assenza dei preti e dell’eucaristia, da estorcere al reale tutto quello che possono. Li capisco. Sfrutta- no la tecnologia per condividere, se non i cor- pi, almeno uno sguardo e una voce. Qualcuno si inginocchia davanti all’immagine di un tele- visore senza — almeno ci sembra — commette- re atto di idolatria, mentre qualcun altro fissa in un angolo del monitor un prete imporre le mani, ritenendo che la actuosa participatio di tanti individui in chat potesse essere un adat- tamento liturgico adeguato, addirittura profe- tico. Accanto a questi ce ne sono altri che, altret- tanto feriti dall’assenza dell’eucaristia e dei preti, sembrano monaci, ma senza noviziato. Sono rassegnati a non voler colmare vuoti in- colmabili e provano a resistere rivolgendosi al- la vita — proprio questa qui, claustrofobica ne- gli spazi e impazzita nei tempi — cercando da rabdomanti quella grazia la quale, non più di- sponibile nei sacramenti, non sono disposti a credere abbia lasciato il mondo. Affinano i sensi per lasciarsi trovare. Disimparano le re- gole della conversazione per impararne un’al- tra, come quando si videoconnettono e in- ciampano su parole fuori sincrono, per cui au- mentano le pause, sostano con gli sguardi ed esercitano la pazienza della ripetizione. Visto che monaci si ha da essere, non cercano il ca- risma di un fondatore, ma pratiche di una re- gola da declinare e praticare, non importa in che ordine, basta sia comune. «Nei monasteri il tempo del lavoro non è tempo sottratto alla preghiera, né il tempo della preghiera è sottratto al lavoro. Non si prega meno perché si lavora, né si lavora me- no perché si prega. Per realizzare questa al- chimia […] i monaci inventarono il “tempo- qualità”: mentre l’horologium scandiva rigoro- samente il “tempo-quantità”, il chronos , un al- tro orologio che i greci avrebbero chiamato kairos , allargava questo stesso tempo» (Luigi- no Bruni) indirizzandolo verso l’infinito. So- prattutto le monache, non potendo barare a causa del genere, impararono che — è vero — si poteva assumere la forma di Cristo diven- tando misteriosamente ciò che si mangiava, ma lo si poteva anche vivendo semplicemente ciò che si faceva, come un corpo. Non poten- do darsi l’eucaristia, trovarono e parteciparo- no la grazia in luoghi insospettati e comuni: nell’ospitalità, nel frutto del lavoro (birra e formaggio, ad esempio), in giardini ordinati, in miniature e profumi, persino nella convi- venza da consorti, senza poter fuggire, nella salute e nella malattia, credendo che in quel tempo Dio sta. Liturgia delle Ore: i monaci che l’hanno in- ventata non sono tirchi, non l’hanno tenuta per loro, ma non è solo il titolo del libro che ogni battezzato ha tutta la dignità e l’autorità per aprire e usare. È piuttosto l’azione di un popolo che offre il tempo a Dio, per sé e per gli altri. Per i monaci è un dovere, o non reg- gerebbero il mondo. Forse anche per noi, og- gi. All’ora mediana si recita un frammento del Salmo 118 (119) e alla prima ora della notte ci si accuccia sotto le parole del vecchio Simeo- ne. Ma all’ora quarta (diciamo le 10) si orga- nizzano gli spazi e i compiti, e non è una pas- seggiata; e all’ora undecima (le 18), almeno nelle grandi città, è convocato sui balconi un coro improvvisato di sconosciuti che prova a agirsi come un tutto. E ovviamente, a qualsia- si ora, quando arriva una chiamata da un ami- co bisognoso di parole, ci si ferma, anche solo per condividere una lacrima e tenere viva una promessa. È vero, le case delle chiese sono chiuse e i preti presiedono con frazioni di popolo minu- scole, ma la Chiesa non smette di celebrare. Io, per fatica o per vizio, posso smettere. E per fortuna anche essere riaccolto. Ma i santi e le sante, che della Chiesa fanno parte piena, non interrompono mai il loro canto di lode all’Altissimo e di intercessione per il Popolo di Dio che cammina lungo le strade della sto- ria. E la storia è fatta di urgenze, mai evidenti e confuse come oggi. Se le vivessimo per quel- lo che sono e le presentassimo all’Altissimo per quello che si mostrano alla luce della Pa- rola di Dio, forse, faremmo solo cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza. Sa- cerdoti, senza essere preti. «Di grande sta av- venendo qualcosa che alla fede non deve sfug- gire, e che, nell’esperienza cristiana, rivela una sacramentalità che non dipende esclusivamen- te dai sacramenti» (Giuseppe Bonfrate).

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 75 (48.399) Città del Vaticano giovedì 2 aprile 2020

.

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Il Signore che passa nel tempo del coronavirus - 4

Sacerdoti senza essere preti

TEMPORE FAMIS

Nei panni di Tommaso:la scuola

in tempo di pandemiadi GI O VA N N I RICCIARDI

In questi tempi di forzate di-stanze il mondo degli inse-gnanti si è svegliato dal torpo-

re della lezione frontale. I banchisono vuoti. I ragazzi non ci sonopiù. Occorre trovare vie nuove, vieche in teoria già si conoscono, abi-tuati come siamo all’efficacia delleconnessioni virtuali. Ma il popolodei prof è sempre un po’ in ritardo— dicono — mai a suo perfetto agioin forme di didattica a distanza.Manca la carne, nella scuola, e arincorrere le classi via web ci sen-tiamo avventurieri un po’ spaesati.Abbiamo torto?

Sta di fatto che, presi in contro-piede dall’emergenza, siamo staticatapultati — in queste settimane —in un tempo in cui il virtuale so-stiene e quasi rimpiazza il reale e aicontatti in carne e ossa si sostitui-scono contatti digitali. Non c’è al-tro modo. E anzitutto, la prima co-sa, quella che brucia di più, è l’as-senza fisica, il non poter percepireimmediata la risposta dei volti allanostra proposta, le espressioni an-noiate e a volte irridenti dei nostrialunni, di fronte alle quali abbiamoprovato disagio, stanchezza, fasti-dio. Almeno una volta. Eppure cimancano.

Vivere l’insegnamento, lo dicePlatone, è vivere un dialogo quoti-diano, concreto, fisico. Tant’è veroche Socrate — il maestro della pa-rola “detta”, della maieutica comemetodo di vita — non ha lasciatonulla di scritto, limitandosi — ma èvero limite? — a coltivare tenace-mente l’arte della parola. La scrit-tura era il web di 2500 anni fa,quella tecnologia, oggi come allora,stupefacente che tuttavia, agli oc-chi degli stessi antichi rischiava disnaturare la vita reale. Tant’è veroche in un passo famoso del Fe d rodi Platone il dio Teut viene rim-proverato per averla inventata.

Gesù non fu da meno. Anch’eglinon scrisse nulla. Il Vangelo ce lomostra una sola volta intento atracciare col dito qualcosa sullasabbia, mentre scribi e farisei loprovocano a una risposta di frontealla donna sorpresa in flagranteadulterio. Chissà se fossero lettereo disegni. In greco il verbog ra p h e i n vuol dire entrambe lecose.

Ma c’è anche un’antica e bellissi-ma tradizione che gli attribuisceuna lettera, in risposta al re Abgardi Edessa, che gli chiedeva di veni-re da lui per guarirlo dalla sua ma-lattia. Gesù, a quanto pare, gli ri-spose, promettendogli d’i n v i a rg l iun discepolo dopo la sua Ascensio-ne. E così qualche anno dopol’apostolo Tommaso, quello che adistanza e in absentia pro clamavache non avrebbe mai creduto, quel-lo che desiderava — a buon diritto?— vedere e toccare, soprattutto toc-care, che non accettava la notiziavirtuale — quanta verità nel suo er-rore — ma voleva averla di persona,quell’apostolo avrebbe mandato aEdessa tramite un suo discepolo ilmandylion, che raffigurava il voltodi Gesù, e con quell’immagine“virtuale”, al suo solo tocco, Abgarsarebbe guarito.

Il re Abgar non poté vederlo nelsuo Vero Corpo ma restò in attesa,leggendo e rileggendo quella lette-ra, finché il tocco della sua presen-za viva gli arrivò, attraversoquell’immagine. Anche noi siamoun po’ tutti come lui.

All’udienza generale il Papa prosegue le catechesi sulle Beatitudini

Purificati nelle prove della vitaE nella messa a Santa Marta chiede a quanti lavorano nei media di non far sentire isolate le persone

«Per tutti coloro che lavorano neimedia» — «perché la gente non sitrovi tanto isolata» — e «per l’educa-zione dei bambini»: è la duplice in-tenzione di preghiera elevata dal Pa-pa all’inizio della messa di mercoledìmattina, 1º aprile, celebrata in direttastreaming nella cappella di CasaSanta Marta. Come fa ogni giornoda quando è iniziata la pandemia dacoronavirus, il Pontefice ha ricordatoalcune specifiche categorie di perso-ne — nel caso odierno gli operatoridella comunicazione e gli educatori— per far sentire a tutti la propria vi-cinanza e «aiutare a sopportare que-sto tempo di chiusura».

Successivamente all’omelia hacommentato il passo del Vangelo diGiovanni (8, 31) «Se rimanete nellamia Parola, siete davvero miei disce-poli», sottolineando come il disce-polo sia un uomo libero, perché ri-mane nel Signore. E «rimanere nelSignore — ha spiegato — significa la-sciarsi guidare dallo Spirito Santo».Una convinzione, questa, che è poiriecheggiata nella Biblioteca privatadel Palazzo apostolico vaticano, do-ve dall’11 marzo scorso Francescotiene le udienze generali senza lapresenza dei fedeli.

Riprendendo le catechesi sulleBeatitudini, ha commentato la sesta:

«Beati i puri di cuore, perché ve-dranno Dio». E si è chiesto: cosavuol dire cuore “p u ro ”?». È il risul-tato, è stata la risposta, «di un pro-cesso che implica una liberazione euna rinuncia. Il puro di cuore nonnasce tale» ma è colui che ha impa-

rato «a rinnegare in sé il male». Equesto — ha chiarito il Pontefice — è«un lavoro che fa lo Spirito Santo»se «siamo aperti» alla sua azionenelle prove della vita.

PAGINA 8

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledell’Arcidiocesi di Bloemfontein(Sud Africa), presentata da SuaEccellenza Monsignor JabulaniAdatus Nxumalo, O.M.I.

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato

Arcivescovo di Bloemfontein(Sud Africa) Sua EccellenzaMonsignor Zolile Peter Mpam-bani, S.C.J., finora Vescovo diKo k s t a d .

A quindici anni dalla mortedi san Giovanni Paolo II

Sono passati quindici anni dalla morte di Karol Wojtyła. Restano indi-menticabili i giorni che segnarono il passaggio alla casa del Padre di sanGiovanni Paolo II, morto il 2 aprile 2005 dopo una lunga malattia vissutacon una esemplarità cristiana che attrasse non solo i credenti ma anchemolte persone lontane dalla Chiesa. Dell’attualità di quell’insegnamentoparla il cardinale Angelo Comastri nell’intervista che pubblichiamo oggiinsieme alla testimonianza personale di un nostro collega. Lo stesso PapaFrancesco, alla vigilia della ricorrenza anniversaria, ha ricordato la figuradel predecessore, invitando in particolare i fedeli polacchi collegati in di-retta streaming per l’udienza generale ad affidarsi alla sua intercessione«in questi giorni difficili».

Mattarella esprime vicinanza e solidarietà a tutti gli italiani

Oms, rafforzare i sistemi sanitariGINEVRA, 1. «La migliore difesacontro qualsiasi epidemia è un fortesistema sanitario». Questo il monitolanciato ieri sera dal direttore gene-rale dell’Organizzazione mondialedella sanità (Oms), Tedros Adha-nom Ghebreyesus, annunciando lelinee guida per aiutare i paesi amantenere i servizi sanitari essenzia-li durante l’emergenza covid-19. Lapandemia «rivela quanto siano fra-gili molti dei servizi sanitari delmondo, costringendo i paesi a farescelte difficili».

Anche se «siamo nel mezzo diuna crisi, i servizi sanitari essenzialidevono continuare», ha detto Ghe-breyesus. «Focolai precedenti — haproseguito — hanno dimostrato chequando i sistemi sanitari sono so-

praffatti, anche la mortalità per ma-lattie prevenibili con il vaccino e al-tre condizioni curabili possono au-mentare notevolmente. Durantel’epidemia di Ebola 2014-2015, l’au-mento del numero di decessi causatida morbillo, malaria, Hiv/Aids e tu-bercolosi attribuibili a guasti del si-stema sanitario ha superato i decessiper Ebola». Per questo, l’Oms hapubblicato un aggiornamento dellelinee guida sulla pianificazione ope-rativa per bilanciare le richieste dirisposta diretta a covid-19 che inclu-de una serie di azioni mirate «che ipaesi dovrebbero prendere in consi-derazione a livello nazionale, regio-nale e locale per riorganizzare emantenere l’accesso a servizi sanitariessenziali di alta qualità per tutti».

L’allerta nel mondo continua aessere elevata: sono oltre 800 mila icasi di contagio. Secondo la JohnsHopkins University, il numero dellevittime sfiora invece quota 38 mila a37.878. I guariti sono 166.768. GliUsa sono il Paese con i maggior nu-mero di contagi (164.610).

Intanto in Europa continua il di-battito sulle misure da mettere incamp o.

Questa mattina il presidente dellaRepubblica italiana, Sergio Matta-rella, è intervenuto nuovamente peresprimere vicinanza e solidarietà aisuoi concittadini. «Supereremo, as-sieme, questo difficile momento»,«questo periodo così travagliatodella storia della nostra Repubbli-ca» ha detto Mattarella.

GI A M PA O L O MAT T E I E ALESSANDRO GISOTTI A PA G I N A 7A colloquio con clarisse di Camerino

Chiedere aiutoa chi c’è già passato

SI LV I A GUIDI A PA G I N A 5

Intervista al segretario generaledi Caritas Internationalis

Aprire i cuoriin una fraternità globale

FRANCESCO RICUPERO A PA G I N A 6

ALL’INTERNO

di MARCO RONCONI

«N on dire: “Di che cosa ho bisognoe di quali beni disporrò d’ora in-nanzi?”[…] Nel tempo della pro-

sperità si dimentica la sventura ma nel tempodella sventura non si ricorda la prosperità»(cfr. Sir 11, 23.25). E così, da un giorno all’al-tro, vissuto nel timore di una crescente oscuri-tà, senza diventare preti, ha preso luce quantodal Battesimo abbiamo ricevuto, la nostraidentità di popolo sacerdotale. Non è poco.Alcuni sentono così insopportabile l’assenzadei preti e dell’eucaristia, da estorcere al realetutto quello che possono. Li capisco. Sfrutta-no la tecnologia per condividere, se non i cor-pi, almeno uno sguardo e una voce. Qualcunosi inginocchia davanti all’immagine di un tele-visore senza — almeno ci sembra — commette-re atto di idolatria, mentre qualcun altro fissain un angolo del monitor un prete imporre lemani, ritenendo che la actuosa participatio ditanti individui in chat potesse essere un adat-tamento liturgico adeguato, addirittura profe-tico.

Accanto a questi ce ne sono altri che, altret-tanto feriti dall’assenza dell’eucaristia e deipreti, sembrano monaci, ma senza noviziato.

Sono rassegnati a non voler colmare vuoti in-colmabili e provano a resistere rivolgendosi al-la vita — proprio questa qui, claustrofobica ne-gli spazi e impazzita nei tempi — cercando darabdomanti quella grazia la quale, non più di-sponibile nei sacramenti, non sono disposti acredere abbia lasciato il mondo. Affinano isensi per lasciarsi trovare. Disimparano le re-gole della conversazione per impararne un’al-tra, come quando si videoconnettono e in-ciampano su parole fuori sincrono, per cui au-mentano le pause, sostano con gli sguardi edesercitano la pazienza della ripetizione. Vistoche monaci si ha da essere, non cercano il ca-risma di un fondatore, ma pratiche di una re-gola da declinare e praticare, non importa inche ordine, basta sia comune.

«Nei monasteri il tempo del lavoro non ètempo sottratto alla preghiera, né il tempodella preghiera è sottratto al lavoro. Non siprega meno perché si lavora, né si lavora me-no perché si prega. Per realizzare questa al-chimia […] i monaci inventarono il “temp o-qualità”: mentre l’h o ro l o g i u m scandiva rigoro-samente il “temp o-quantità”, il c h ro n o s , un al-tro orologio che i greci avrebbero chiamatok a i ro s , allargava questo stesso tempo» (Luigi-no Bruni) indirizzandolo verso l’infinito. So-

prattutto le monache, non potendo barare acausa del genere, impararono che — è vero —si poteva assumere la forma di Cristo diven-tando misteriosamente ciò che si mangiava,ma lo si poteva anche vivendo semplicementeciò che si faceva, come un corpo. Non poten-do darsi l’eucaristia, trovarono e parteciparo-no la grazia in luoghi insospettati e comuni:nell’ospitalità, nel frutto del lavoro (birra eformaggio, ad esempio), in giardini ordinati,in miniature e profumi, persino nella convi-venza da consorti, senza poter fuggire, nellasalute e nella malattia, credendo che in queltempo Dio sta.

Liturgia delle Ore: i monaci che l’hanno in-ventata non sono tirchi, non l’hanno tenutaper loro, ma non è solo il titolo del libro cheogni battezzato ha tutta la dignità e l’autoritàper aprire e usare. È piuttosto l’azione di unpopolo che offre il tempo a Dio, per sé e pergli altri. Per i monaci è un dovere, o non reg-gerebbero il mondo. Forse anche per noi, og-gi. All’ora mediana si recita un frammento delSalmo 118 (119) e alla prima ora della notte cisi accuccia sotto le parole del vecchio Simeo-ne. Ma all’ora quarta (diciamo le 10) si orga-nizzano gli spazi e i compiti, e non è una pas-seggiata; e all’ora undecima (le 18), almeno

nelle grandi città, è convocato sui balconi uncoro improvvisato di sconosciuti che prova aagirsi come un tutto. E ovviamente, a qualsia-si ora, quando arriva una chiamata da un ami-co bisognoso di parole, ci si ferma, anche soloper condividere una lacrima e tenere viva unap ro m e s s a .

È vero, le case delle chiese sono chiuse e ipreti presiedono con frazioni di popolo minu-scole, ma la Chiesa non smette di celebrare.Io, per fatica o per vizio, posso smettere. Eper fortuna anche essere riaccolto. Ma i santie le sante, che della Chiesa fanno parte piena,non interrompono mai il loro canto di lodeall’Altissimo e di intercessione per il Popolodi Dio che cammina lungo le strade della sto-ria. E la storia è fatta di urgenze, mai evidentie confuse come oggi. Se le vivessimo per quel-lo che sono e le presentassimo all’Altissimoper quello che si mostrano alla luce della Pa-rola di Dio, forse, faremmo solo cosa buona egiusta, nostro dovere e fonte di salvezza. Sa-cerdoti, senza essere preti. «Di grande sta av-venendo qualcosa che alla fede non deve sfug-gire, e che, nell’esperienza cristiana, rivela unasacramentalità che non dipende esclusivamen-te dai sacramenti» (Giuseppe Bonfrate).

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Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

Illustrati per la prima volta i modelli statistici e le proiezioni sulla diffusione del virus

Decisive negli Stati Unitile prossime due settimane

Riflessioni sul personale medico al tempo del coronavirus

Figure di riferimentonon solo operatori sanitari

WASHINGTON, 1. «Attraverseremodue settimane molto, molto doloro-se». Così il presidente degli StatiUniti, Donald Trump, ha conclusoieri il briefing serale sulla situazionenel paese in relazione al coronavirus.Durante l’incontro con i giornalistialla Casa Bianca il presidente, ac-compagnato dal dottor AnthonyFauci, immunologo a capo del teamdi medici della task force che stafronteggiando l’emergenza sanitaria,ha illustrato, per la prima volta, imodelli statistici e le proiezioni deimedici sulla diffusione del virus peril prossimo mese nel paese.

Negli Stati Uniti, se si seguiràl’esempio di Italia e Spagna e saran-no rispettate le misure di distanzia-mento sociale, sono previsti da 100mila a 240 mila morti. Fino a dome-nica il limite massimo di contagi in-dicato dal presidente era di duecen-tomila vittime. Senza alcuna restri-zione, invece, sarebbero da 1,5 a 2,2milioni. Secondo i dati presentati ie-ri il picco è previsto per la metà diaprile, con una media giornaliera dioltre 2000 decessi legati al covid-19,contro la media di questi giorni chesi attesta intorno alle 600 vittime.

Ormai il numero di contagi staper raggiungere inesorabilmentequota duecentomila negli States. Ieriil numero complessivo delle vittimecon coronavirus ha superato le 4000unità, un numero maggiore a quelloprovocato dall’attentato alle TorriGemelle dell’11 settembre 2001.

«Voglio che tutti gli americani sia-no pronti per i giorni difficili che ciaspettano», ha detto ieri sera il pre-sidente Trump rivolgendosi alla suagente, incoraggiandola al tempostesso sul fatto che dopo le prossimedue-tre settimane sarà possibile «co-minciare a vedere la luce in fondo altunnel» di questa pandemia. Il pre-sidente ha fatto marcia indietro ri-spetto ad alcune sue dichiarazioniiniziali sul virus. Ieri davanti ai gior-nalisti ha pubblicamente ammessoche il covid-19 «non è una sempliceinfluenza».

Il presidente ha anche reso notoche, dopo aver prolungato domenicale linee guida sul distanziamento so-ciale per tutto il mese di aprile, sono

ora in corso di valutazione anchenuovi provvedimenti come il divietodei viaggi da e verso altri Paesi tracui il Brasile. Si è poi pronunciatoanche sull’uso delle mascherine di-cendo che se la gente vuole usarle«certamente non nuoce», consiglian-do però di usare «una sciarpa oqualcos’altro». «Stiamo producendomilioni di mascherine ma vogliamoche vadano agli ospedali», ha spie-gato.

Le dichiarazioni di Trump nonsembrerebbero esser piaciute ai mer-cati. Tra i listini asiatici Tokyo hachiuso con un pesante -4,5 per cen-to, Seoul ha perso il 3,9 e HongKong ha ceduto il 2,7. Anche le bor-se europee sono partite in ribasso.Milano ha aperto con un -1,63 percento, Londra con un iniziale -3,92,Francoforte -3,13 e Parigi -3,69.

Intanto questa mattina la Russiaha annunciato che un aereo cargo«con a bordo mascherine e materialemedico, è partito per gli Stati Uni-ti». Lo ha riferito in un comunicatoda Mosca il ministero della Difesa.Secondo il portavoce del CremlinoDmitri Peskov, questi aiuti erano sta-ti menzionati nella conversazione te-lefonica di lunedì fra il presidenterusso Vladimir Putin e il presidenteUsa Donald Trump in «pieno spiri-to di partenariato e assistenza reci-pro ca».L’immunologo a capo del team di medici della task force statunitense Anthony Fauci (Reuters)

di CARLO BELLIENI

Solo un mese fa l’«IndianJournal of Psychiatry» titola-va: «Violenza contro i medici:

un’epidemia?» e in gennaio il «Bri-tish Medical Journal» riportavache un terzo dei medici soffre diburnout, cioè insoddisfazione ai li-miti della depressione. Ora d’im-provviso invece, nell’ombra del ne-fasto coronavirus, non si fa che leg-gere di medici eroi: il 24 marzo laCnn addirittura titolava «I verieroi moderni sono gli operatori sa-nitari» riferendosi ai casi cinesi eitaliani. Dalle stalle alle stelle, paredi dover dire, invertendo il celebreassioma, come se qualcuno final-mente si fosse accorto che il me-stiere di medico e di infermiere èun mestiere speciale.

Già, perché la tendenza finora èstata quella di assimilare il campomedico a qualunque altro lavoromisurandone costi, effetti e soddi-sfazione dell’utenza. Insomma, ilrapporto medico-paziente è diven-tato un rapporto contrattuale, cosìcome lo sancisce anche il nuovocodice deontologico italiano o re-centi leggi, che affermano che «ilcentro del rapporto medico–pazien-te è il consenso informato», comese invece i concetti di fiducia, di ri-spetto, di onestà ne fossero un insi-gnificante corollario. Il centro è lafirma del contratto che il pazientelegge e il sanitario sottoscrive; poisi verifica se quanto sancito è statoottenuto. E tremila anni di storiamedica basata sul concetto ippo-cratico di beneficenza sono statimessi in un armadio e chiusi benea chiave. Ma se il rapporto medi-co-paziente è diventato quello traoperatore e cliente, se la sanità è«dare il massimo dei servizi con laminima spesa», se gli ospedali so-no diventati «aziende», è chiaroche scatta la diffidenza, poi l’in-soddisfazione, e infine l’intolleran-za. Perché è cambiato il criterio disanità, come ben spiegava Peter Il-lich nel suo Nemesi Medica: avendocessato di curare la persona e ini-ziato a curare le malattie, il mestie-re del medico si rivolta contro sestesso in una sorte di nemesi, deri-va di una società che vede tuttonell’ottica dei protocolli e delle leg-gi da seguire, dei contratti e delleistruzioni operative, e non dellapersona che vuole anche — scrivevaIllich — «trovare negli occhi delmedico un riflesso della propria an-

goscia e un qualche riconoscimentodell’unicità del proprio soffrire».

Ora è avvenuto l’imp ensabile:con la minaccia mortifera del coro-navirus la gente si è sentita sola,impaurita e ha visto che ci sonodelle figure di riferimento che nonsono solo degli «operatori sanita-ri», ma persone che ora l’immagi-nario collettivo identifica come eroiche hanno a cuore tutta la loropersona, che sanno dare tempo inpiù, che rischiano qualcosa in più acontatto col flagello in corso. Trop-pa idealizzazione, diciamo noidall’interno di questa mega struttu-ra sanitaria onnivora e burocratiz-zata; ma è interessante che questofenomeno sia avvenuto. È la rina-scita delle virtù contro la societàdei protocolli, che la gente sta in-vocando, e la trova in queste figurefinora neglette. Ricorda il grido«Dottore mi salvi!» che nel film diElia Kazan Viva Zapata! il dittatoreCarranza rivolge al suo medico epoi, alla fine del film viene rivoltodal nuovo dittatore che ha spode-stato il primo: come se, indipen-dentemente dalle convinzioni, cia-scuno cercasse nel medico unacompagnia ferrea, una sicurezzacristallina. Certamente questo va aldi là di quanto un medico può fa-re, ma conferma la necessità che lafigura medica non sia solo il «for-nitore di un servizio» a pagamentoe dietro garanzia.

Per secoli il medico è stato unalleato e un confidente, un padre eun controllore; poi è crollata la fi-ducia, forse per troppo paternali-smo, forse però anche perché tuttodoveva essere protocollato e buro-cratizzato, spersonalizzato e com-mercializzato. Il medico è entratoin un meccanismo di produzione,di incentivi, di orari da rispettare,di formalismi e di burocrazie. Bastiricordare la figura amara del dottorGuido Tersilli nel film Il Medicodella Mutua interpretato da AlbertoSordi, che aveva appreso che se perun semplice taglio metteva un pun-to di sutura in più gli scattava l’in-centivo e veniva pagato come «in-tervento chirurgico».

Il medico passa dall’essere sottoattacco alla glorificazione; ma ri-cordiamoci che Bertoldt Brecht di-ceva: «Sfortunato quel Paese cheha bisogno di eroi», non dileggian-do chi eroe è, ma compatendo chine ha bisogno perché vive una vitasolitaria, burocratica e senza spe-ranze. Sicuramente oggi noi medicie infermieri siamo in trincea, a con-tatto con un brutto nemico, moltidanno molto più di quanto vienerichiesto dai protocolli e molti so-no incitati a farlo, basti vederequanti gesti di solidarietà interre-gionale e internazionale si svelanoin questi giorni.

Ma forse anche questa glorifica-zione da eroi è eccessiva: se noncambia il sistema anche gli slancipersonali sono destinati ad averebreve respiro. Ma noi vorremmotutti, medici e pazienti, un mondomedico sulla misura di questi gior-ni: in cui il rapporto curante-curatonon si basasse tutto su rapide edestorte informazioni, in cui non cisi nascondesse dietro pagine freddedi consensi illeggibili da firmare, incui i sanitari avessero continue mo-tivazioni, e in cui ci fosse più al-leanza e meno contratti.

Oltre mille contagiin Argentina

Perú e RepubblicaD ominicana

BUENOS AIRES, 1. Argentina, Perú eRepubblica Dominicana hanno su-perato nelle ultime ventiquattro orela soglia dei 1.000 contagi ciascunoda covid-19, con un totale di 108morti. Finora i Paesi latinoamericanicon oltre 1.000 casi erano stati Brasi-le, Ecuador, Cile, Messico e Panama.Il ministero della Sanità argentinoha segnalato un incremento di 88casi ieri, per un totale di 1.054, men-tre sono 27 i decessi. In Perú, secon-do l’ultimo bilancio, sale a 1.065 ilnumero dei contagiati e a 30 quellodei morti. Con un ritmo di pari in-cremento di casi la Repubblica Do-minicana ha comunicato le cifre del-le ultime ventiquattro ore: 1.109 icontagiati e 51 morti.

In Brasile sale invece a 5.717 il nu-mero di casi confermati. L’i n c re m e n -to è di 1.138 unità rispetto a lunedìscorso. Il numero dei decessi è a og-gi di 201 unità, con 42 nuove vittimenella giornata di ieri, pari ad un tas-so di mortalità del 3,5 per cento. Loha reso noto il bollettino del mini-stero della Sanità. La maggior partedei casi confermati sono concentratinegli Stati del sudest del Paese, con3.407 pazienti. Lo Stato di San Pao-lo, il più popoloso, continua ad ave-re il maggior numero di casi (2.339)e di decessi (136).

Infine in Cile sono stati superati i2.700 casi, mentre le vittime sono almomento dodici. Sono 289 i nuovipositivi rispetto al precedente bilan-cio, riferisce il ministero della Salutecileno.

Fino al 13 aprile

L’Italia estende le misure restrittive

Treno in partenza per evacuare i pazienti da Parigi verso la Bretagna (Reuters )

L’Unhcr rafforza le iniziative per rispondereall’emergenza causata dalla pandemia

ROMA, 1. «Attenzione ai facili otti-mismi che possono vanificare i sa-crifici fatti: non dobbiamo confon-dere i primi segnali positivi con unsegnale di cessato allarme». È que-sto il monito del ministro della Sa-lute italiano, Roberto Speranza,pronunciato oggi durante l’informa-tiva al Senato. «La battaglia è an-cora molto lunga — ha detto — esbagliare i tempi o anticipare misu-re sarebbe vanificare tutto». Perquesto l’Italia resterà “ferma” finoal 13 aprile per cercare di contenerela diffusione del coronavirus. «Sen-za il vaccino non sconfiggeremomai definitivamente covid-19» haaggiunto. «Proteggere il personalesanitario è la nostra prima e più ri-levante priorità» e per questo, oltread assicurare i dispositivi di prote-zione, «va monitorato il loro statodi salute, anche attraverso un usointelligente e costante dei tampo-ni».

Ieri in Italia si sono registrati2.107 malati e 837 vittime in più ri-spetto a due giorni fa. Gli espertiregistrano una diminuzione dell’in-cremento dei ricoverati e nelle tera-pie intensive, con numeri in conte-nimento. L’Istituto superiore di sa-nità ha fatto sapere che il picco deicontagi è vicino.

Intanto, l’emergenza resta alta intutta Europa. Ieri in Francia sonostati registrati 499 nuovi decessi; iltotale è 3.523 decessi. Il numerodei contagiati è di 52.128, secondoil direttore generale della Sanità in

Francia, Jerome Salomon. Di que-sti, 22.757 sono ricoverati in ospe-dale e 5.565 sono nei reparti di ria-nimazione (558 in più rispetto alleultime 24 ore). I guariti, dimessidagli ospedali, salgono a 9.044.Oltre 1.700 sono i decessi nel Re-

gno Unito. Ha destato particolareeco la morte di un ragazzo di 13anni che non presentava patologiepregresse. Dopo essere risultatopositivo al virus, il giovane è dece-duto in un ospedale nel sud diLondra.

GINEVRA, 1. Resta alta la guardia difronte al diffondersi della pandemiada covid-19 e anche l’Agenzia delleNazioni Unite per i rifugiati(Unhcr) corre ai ripari. Ieri l’o rg a -nismo dell’Onu ha specificato unaserie di misure nelle proprie opera-zioni sul campo al fine di continua-re ad assicurare assistenza e prote-zione ai rifugiati in questa fase diemergenza in modo da prevenireulteriori contagi.

«Sono profondamente preoccu-pato dagli effetti di questa pande-mia senza precedenti e dal suo im-

patto sui rifugiati e sulle comunitàdi accoglienza» ha dichiarato Filip-po Grandi, Alto commissariodell’Unhcr, sottolineando comequesta crisi abbia già costretto amodificare rapidamente il modo dilavorare. Nello specifico le misureadottate mirano a rafforzare lestrutture per l’erogazione di acquae servizi igienico-sanitari (Wash),sostenere i governi nell’implementa-zione di misure di prevenzione delcontagio e di risposta dell’assisten-za sanitaria, distribuire materialiper gli alloggi e beni di prima ne-

cessità, offrire orientamento e infor-mazioni, attenuare gli effetti socio-economici negativi della pandemiae assicurare diritti delle persone co-strette alla fuga.

Dando seguito all’appello di piùampia portata rivolto il 26 marzoscorso dalle Nazioni Unite, l’Unhcrha lanciato inoltre la raccolta di 255milioni di dollari da destinare invia prioritaria a quei Paesi che ne-cessiteranno di interventi specifici.Difatti sebbene il numero di casi dicontagio da coronavirus registrati econfermati tra i rifugiati resti basso,

oltre l’80 per cento della popola-zione rifugiata mondiale e quasi latotalità degli sfollati interni vivonoin Paesi a reddito basso o mediodove è difficile garantire le adegua-te misure di prevenzione in terminiigienico-sanitari.

«Abbiamo bisogno immediato difinanziamenti tempestivi e flessibili,anche per le operazioni umanitariein corso» ha rimarcato Grandi,concludendo che «un sostegno in-ternazionale coordinato è nell’inte-resse di tutti e assolutamente fon-damentale».

Page 3: Purificati nelle prove della vita Nei panni di Tommaso: la ... · mente l’arte della parola. La scrit-tura era il web di 2500 anni fa, quella tecnologia, oggi come allora, stupefacente

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 2 aprile 2020 pagina 3

Proposta una transizione politica come condizione per eliminare le sanzioni economiche

Washington annuncia un pianoper il futuro del Venezuela

WASHINGTON, 1. Gli Stati Unitihanno annunciato ieri le condizioniper l’eliminazione delle sanzioni alVe n e z u e l a .

Nella proposta statunitense per un«periodo di transizione politica» inVenezuela, si chiede al presidente Ni-colás Maduro e al presidente dell’As -semblea nazionale Juan Guaidó, ri-conosciuto da parte della comunitàinternazionale quale presidente adinterim, di fare un passo indietro.L’idea è stata illustrata dall’inviatospeciale degli Usa nel paese, l’amba -sciatore Elliot Abrams, in un articolopubblicato ieri sul «The Wall StreetJournal». Il diplomatico afferma cheè basata su una «soluzione per il ri-pristino della democrazia», con ilrinnovo delle principali istituzioni ve-nezuelane e con il coinvolgimentodelle Forze armate.

Abrams ha poi dichiarato che,nella transizione, sarà necessariocreare una commissione elettorale«indipendente ed equilibrata», cosìcome nominare una Corte supremadi giustizia per sostituire quella at-tuale controllata dal governo delpresidente Maduro.

In quest’ottica, gli Stati Unitihanno chiesto a Maduro di rinun-ciare al potere esecutivo, per far sìche venga instaurato, temporanea-mente, un «consiglio di stato» desi-gnato da «membri eletti dell’Assem-blea nazionale di entrambe le parti»,ha dichiarato il segretario di StatoUsa, Mike Pompeo. All’o rg a n i s m ospetterebbe il compito di organizza-re nuove elezioni presidenziali e le-gislative «libere e giuste» nel giro di6-12 mesi.

Dalla Casa Bianca hanno chiestoanche a Guaidó, di fare un passo in-

dietro e rinunciare almeno tempora-neamente alla presidenza ad interimdel Venezuela nel quadro di una«transizione democratica». Guaidóconserverebbe in questa fase la cari-ca di presidente del Parlamento.

Pompeo ha pure affermato cheGuaidó, già leader dell’opp osizione,potrà successivamente candidarsi al-la presidenza. «È il politico più po-polare in Venezuela, e se oggi ci fos-sero le elezioni, avrebbe un risultatodecisamente buono», ha dichiaratoil capo della diplomazia statunitensein conferenza stampa, aggiungendoche Washington ha continuato a so-stenerlo negli ultimi 14 mesi. Daquando gli Usa per primi lo hannoriconosciuto presidente ad interim.

«Le nostre sanzioni rimarranno invigore e saranno rafforzate, fino a

quando il regime di Maduro non ac-cetterà una vera transizione politi-ca», ha avvertito ancora Mike Pom-peo. In questi mesi gli Stati Unitihanno aumentato le sanzioni neiconfronti del governo di Caracas.

L’attuale presidente dell’assem-blea nazionale, da parte sua, ha rin-graziato gli Stati Uniti e ha esortatoil presidente Maduro ad accettare laproposta Usa di formare un governodi transizione in cambio della revocadelle sanzioni, perché «è l’unicaopzione per superare la crisi». Ma-duro deve «assumersi la responsabi-lità ed accettare l’offerta fatta dallacomunità internazionale, è l’unicaopzione per superare la crisi, faremotutto il possibile per proteggere levite del nostro popolo», ha conclusoGuaidó.

Nel pomeriggio di ieri è arrivatala replica del governo di Maduro. Ilministro degli Esteri venezuelano,Jorge Arreaza, ha risposto con unsecco «no» alla proposta avanzatadal segretario di Stato americano.«Le decisioni del Venezuela si pren-dono a Caracas, perché non siamosotto tutela né di Washington, né dialtre capitali» ha detto Arreaza, se-condo cui gli Stati Uniti «si stannoperdendo nel loro stesso labirinto».

Il ministro ha voluto sottolineareche tutte le proposte saranno esami-nate «sempre e quando siano basatesulla Costituzione». Arreaza haquindi assicurato che non esiste al-cuna possibilità che Maduro abban-doni la presidenza perché «ha vintole elezioni nel 2018» e «non tradi-rebbe mai la fiducia del popolo».

Con l’intensificarsi di fenomeni legati ai cambiamenti climatici

L’accesso all’acquaemergenza globale

di SI LV I A CAMISASCA

In tempo di emergenza, occorrevigilare che problematiche al-trettanto urgenti, in quanto for-

temente impattanti sulla salute pub-blica, ma “s t ru t t u r a l i ”, essendo inattesa di risposta da lungo tempodalla comunità internazionale, nonentrino nel cono d’ombra del silen-zio, soprattutto se i dolori che af-fliggono il pianeta e l’umanità chelo abita sono strettamente legatiall’eventualità, sempre meno remo-ta, di epidemie o eventi incontrolla-bili. Tra le emergenze globali piùpressanti, per gli effetti sulla salutedi milioni di individui, rientra quel-la legata all’accesso all’acqua.

A tal proposito, il centro di coor-dinamento delle Nazioni Unite am-monisce che l’intensificarsi dei fe-nomeni legati ai cambiamenti cli-matici inciderà pesantemente, neiprossimi decenni, sulla già scarsadisponibilità di fonti di buona qua-lità a livello mondiale, determinan-do, a catena, gravi ripercussioni sul-lo stato di salute di milioni di indi-vidui e sulla loro possibilità di po-ter usufruire dei diritti primari disopravvivenza.

È l’Organizzazione mondiale del-le sanità (Oms), infatti, a denuncia-re che solo il 71 per cento della po-polazione mondiale può contare suun servizio di fornitura di acquapotabile sicuro, costante e privo dicontaminazioni, mentre ben 2,2 mi-liardi di persone convive con l’in-sufficienza di acqua, dovuta ad unarete di distribuzione inefficiente, econ la presenza di contaminanti na-turali e chimici nelle sorgenti, inparticolare, di batteri di origine fe-cale.

«Il collegamento tra scarsa quali-tà delle risorse idriche e salute pub-blica è molto stretto — r i m a rc aMassimiliano Montini, professoredi Diritto dell’Unione europea esviluppo sostenibile all’Universitàdi Siena e Vice-Chair Elga (Ecolo-gical Law and Governance Associa-tion) —. L’acqua contaminata, infat-ti, causa la trasmissione di malattiecome diarrea, colera, dissenteria, ti-fo e poliomielite, dalle implicazioniletali, soprattutto sulle fasce piùvulnerabili della popolazione»: sti-me Oms parlano di 485 mila deces-si ogni anno per diarrea dovute allacontaminazione di fonti potabili.

All’aspetto qualitativo si aggiun-ge quello quantitativo: secondo leproiezioni riportate dall’Oms, nel2025 metà della popolazione mon-diale vivrà in aree soggette a stressidrico, ossia caratterizzate da quan-tità insufficienti di acqua potabile.Una carenza che, molto probabil-mente, sarà intensificata da unaconcomitanza sinergica di fattori,quali i cambiamenti climatici, l’au-mento demografico e l’urbanizza-zione crescente.

Fondamentale sarà lo sviluppo ditecnologie innovative legate al ri-sparmio idrico ed al riuso dell’ac-qua di scarico (wastewater), princi-palmente per l’agricoltura, settoremaggiormente responsabile del con-sumo idrico, a livello mondiale. Idati forniti dalla piattaforma Aq u e -duct del World Resources Institute(Wri) mostrano che, dal 1960 adoggi, i prelievi idrici sono più che

raddoppiati, sia per la crescita dellapopolazione che per l’i n c re m e n t odella richiesta di prodotti alimenta-ri.

Non solo: i 17 Paesi (Qatar,Israele, Libano, Iran, Giordania, Li-bia, Kuwait, Arabia Saudita, Eri-trea, Emirati Arabi Uniti, San Ma-rino, Bahrein, India, Pakistan,Tu r k menistan, Oman, Botswana),che ospitano un quarto della popo-lazione mondiale, rientrano in unacondizione di massimo stress idrico.D’altra parte, il 28 luglio 2010, conla Risoluzione 64/292, l’Assembleagenerale delle Nazioni Unite ha ri-conosciuto l’accesso all’acqua e aiservizi igienico-sanitari prerogativaessenziale alla realizzazione di tuttigli altri diritti primari dell’uomo.

«Questo tema ricorre anchenell’enciclica Laudato si’, in cui lapossibilità di disporre universal-mente di acqua è definita indispen-sabile per la vita umana e per soste-nere gli ecosistemi terrestri e acqua-tici (§ 28), e si sottolinea come peri più poveri la scarsa qualità dell’ac-qua è causa di malattie e morte, inparticolare, dissenteria e colera, do-vute a servizi igienici e riserve diacqua inadeguati» specifica Monti-ni.

L’Obiettivo 6 degli SD Gs (Obiet-tivi di sviluppo sostenibile delleNazioni Unite) richiama tutti gliStati della comunità internazionalead uno specifico impegno teso arendere, entro il 2030, alla portatadi ogni essere umano l’accesso afonti idriche sempre disponibili eincontaminate.

Sempre le Nazioni Unite pubbli-cano annualmente un rapporto suiprogressi dei singoli Paesi nel rag-giungimento dei 17 obiettivi SD Gs:dall’ultimo emerge che, malgrado irecenti segnali positivi, ancora mi-liardi di individui non dispongonodi acqua potabile e di idonei serviziigienici, così che — per raggiungereil 6° obiettivo entro il 2030 — o ccor-rerebbe raddoppiare l’attuale tassoannuale di progresso. «Le implica-zioni connesse alla carenza, siaquantitativa che qualitativa, di ac-qua sono frutto dell’intersecarsi divarie problematiche, che devononecessariamente essere trattate inmodo integrato, per rispondereadeguatamente a quella grande par-te della popolazione mondiale an-cora in grande sofferenza» sottoli-nea Montini.

Acqua significa anche svilupposostenibile: una sostenibilità in cuisi combinano le dimensioni econo-mica, sociale ed ambientale e unosviluppo che è diretta conseguenzadel soddisfacimento del primo dirit-to, quello dell’accesso all’acqua,conditio sine qua non ad ogni altrodiritto umano. «Come dimostra ladiffusione di epidemie su scala glo-bale, i rischi connessi alla marcatascarsità di acqua, in particolar mo-do quelli legati alla salute pubblica,sono irrimediabilmente incisivi perla sorte dei più poveri, pertanto,costituiscono capitoli che non pos-sono essere considerati secondari ri-spetto a nessuna altra emergenzaglobale: per questo, auspico sia co-stantemente e assiduamente in cimaall’agenda internazionale» concludel’esp erto.

Monitorerà l’applicazione dell’embargo Onu sulle armi

Parte la nuova missione europeaper la pace in Libia

Giornalistauccisa

in Messico

CITTÀ DEL ME S S I C O, 1. Ancora vio-lenze contro i giornalisti in Messico.Sicari a bordo di una motociclettahanno ucciso ieri a colpi d’arma dafuoco la giornalista messicana MaríaElena Ferral, corrispondente del«Diario de Xalapa», a Papantla, nelnord dello Stato di Veracruz. Secon-do una prima ricostruzione dell’omi-cidio, la donna, che aveva 50 anni, èstata raggiunta in varie parti del cor-po da proiettili sparati da due uomi-ni che si sono dileguati dopo l’attac-co. Operata d’urgenza, è morta setteore dopo l’attentato in un ospedalecittadino.

La polizia ha aperto un’inchiestasull’accaduto. Al momento, dicono imedia locali, non è chiaro se la don-na sia stata uccisa da gruppi legatial narcotraffico o alla criminalità or-ganizzata.

Con un denso curriculum di 30anni di attività televisiva, per lastampa scritta e i media digitali, Fer-ral è la seconda giornalista uccisa inMessico nel 2020. Tre settimane fa èstata Mireya Ulloa, cronista di «LaOpinión De Poza Rica», nello stes-so Stato di Veracruz, ad essere ucci-sa a coltellate da sconosciuti.

L’Is tornaa colpire in Siria

DA M A S C O, 1. Il sedicente stato isla-mico (Is) torna a colpire nella Siriacentrale, orientale e sud-occidentalecon una serie di attacchi registratinelle ultime 24 ore nelle regioni diHoms, Dayr az Zor e Suwayda. Loriferisce l’Osservatorio nazionaleper i diritti umani in Siria (vocedell’opposizione in esilio a Lon-dra), secondo cui cellule dell’Ishanno preso di mira esponenti mili-tari delle forze curdo-siriane a estdell’Eufrate e militari governativinella regione di Homs. Inoltre, gliuomini dell’Is hanno attaccato mili-ziani legati al governo di Damasconella regione di Suwayda, nel sud-ovest del paese. Sui social networkl’Is ha diffuso nelle ultime ore unnuovo video delle sue azioni contromilitari governativi siriani nella re-gione di Homs.

La situazione, nel frattempo, si fasempre più complessa nella regione

di Idlib, dove sono stati registratianche ieri combattimenti tra gruppidi ribelli e militari siriani. Scarseg-giano anche gli aiuti agli sfollati alconfine con la Turchia. Pochi gior-ni fa l’Onu aveva lanciato un ap-pello internazionale per raccogliererisorse umanitarie.

Intanto, secondo la stampa loca-le, l’aviazione israeliana avrebbecolpito nelle ultime ore una basemilitare aerea nella Siria centrale.In questa base — secondo le stessefonti, rilanciate dalle agenzie inter-nazionali — «sarebbero stati ospitaticarichi di armi provenienti dall’Irane destinati alle milizie filo-iranianepresenti in Siria». L’agenzia gover-nativa siriana Sana non conferma enon smentisce queste informazioni,che non possono essere verificate inmaniera indipendente sul terreno.Israele, dal canto suo, non ha com-mentato la notizia.

TRIPOLI, 1. L’Ue avvia ufficialmen-te la missione militare Irini, per farrispettare l’embargo Onu sulle armialla Libia. È il primo atto davveroconcreto dell’Unione dopo la con-ferenza di Berlino, per contribuireal processo di pace, mentre la situa-zione nel Paese martoriato dallaguerra si fa sempre più difficile, at-tanagliato dalla morsa degli scontrie dalla minaccia del coronavirus.

«La diplomazia non ce la puòfare se non è sostenuta da azionicome questa» chiarisce l’Alto rap-presentante Ue per la politica este-ra e di sicurezza comune, JosepBorrell, illustrando la missione.«La situazione è critica, ed è urgen-te intervenire» è il suo monito, maal tempo stesso chiarisce, Irini«non è la pozione magica di Aste-rix, solo una parte della soluzio-ne».

Anche il presidente del Consiglioeuropeo, Charles Michel, parla diun «passo verso una soluzione po-litica» di una crisi che si prolungada diversi anni.

Un avvio complesso quello dellanuova operazione, costato lunghetrattative, soprattutto per la diffi-coltà di trovare un accordo su sbar-co e distribuzione di eventuali mi-granti soccorsi in mare, e per i ti-mori che le navi europee possanoavere un “effetto richiamo” p ernuovi flussi. La soluzione è statatrovata grazie alla Grecia, che hamesso a disposizione i propri porti.Gli Stati partecipanti (tra questiFrancia, Germania, e Finlandia), subase volontaria, si faranno caricodelle persone salvate. Questa è —dicono gli analisti — una quadratrovata anche grazie ad un mecca-nismo che prevede lo stop dellapresenza delle navi qualora si rive-lassero un “pull factor” (fattore diattrazione).

All’Italia, che non sarà interessa-ta dalla questione sbarchi, resta pe-rò il comando dell’operazione, natasulle ceneri di missione Sophia(che ora viene archiviata in mododefinitivo).

Il quartier generale di EunavFor-Med Irini rimane infatti a Roma,col coordinamento del comandanteFabio Agostini, e potrà contare sunavi e mezzi aerei e satellitari.L’Italia fornirà una serie di assetti,e gran parte del personale dellamissione, che pattuglierà soprattut-to il quadrante di mare ad est dellaLibia, lontano dalle rotte migrato-rie. Tra i compiti secondari dellamissione (il cui mandato iniziale èdi un anno) sono previsti anche ilmonitoraggio e la raccolta di infor-mazioni sull’export illegale di pe-trolio e proseguirà nell’addestra-mento dei guardacoste e dei milita-ri della marina libica.

La Farnesina ha espresso «soddi-sfazione» per la decisione di lancia-re la nuova operazione europea nelMediterraneo. L’operazione è «unrisultato importante» volto «in pri-mo luogo a sostenere gli sforzi in-ternazionali a sostegno di una du-ratura ed equilibrata soluzione delconflitto in Libia» si legge in unanota.

L’alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell annuncia la nuova missione (Ansa)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 2 aprile 2020

Xavier de Maistre e l’arte di viaggiare con la mente

Cameracon vista

Il canto prima e dopola tempesta

Il conforto nei versi di Giacomo Leopardi

In un momento come questoin cui ci minaccia una tempestanuova, improvvisa e impensabilela riflessione leopardianaè preziosa come modo per guardarealla tempesta senza farsene inghiottire

Xavier de Maistre raffigurato in una stampa dell’epoca (XVIII secolo)

Edvard Munch, «Verso la foresta II» (Museo Munch, Oslo, 1915)

Simon Vouet, «Euterpe» (XVII secolo)

Nei quarantadue giorni costretto in casamobili e oggetti presenti nella stanzagli servono a evocare dolci ricordie al contempo sono lo spuntoper intrecciare gustosi aneddotie profonde riflessioni sulla vita

causa: il fatto che l’uomo non sa starsene tran-quillo in camera sua.

Ma sicuramente Pascal sarebbe stato fierodel connazionale scrittore e militare Xavier deMaistre, fratello del più celebre Joseph, che,circa un secolo e mezzo dopo, sciolse un veroe proprio inno al valore della stanza, e delgrande potenziale in essa contenuto, nella bennota opera Viaggio intorno alla mia camera(1794).

Ventiseienne, aiutante maggiore di battaglio-ne del reggimento di fanteria La Marina, Xa-vier, nel 1790, ebbe una vertenza d’onore a To-rino con l’ufficiale Patono de Meyran con il

Quando si va in terre lontanesi è tutti presi dal desiderio di vederegrandi monumentie panorami che tolgono il fiatoMa chi si fermerà a contemplareun fiore sul bordo di una stradaper sentirne il seducente profumo?

due colori perché favoriscono il riposo dellamente, soprattutto quando essa è vessata daun turbinio di pensieri.

Allo scoccare del quarantaduesimo giorno diconfinamento, Xavier, nel proclamare la sua ri-vincita, con giustificato orgoglio scrive: «Oggistesso certe persone da cui dipendo hanno lapretesa di ridarmi la libertà. Come se mel’avessero tolta! Come se avessero potere di ru-barmela un solo istante e di impedirmi di per-correre a mio piacimento il vasto spazio sem-pre aperto dinanzi a me. Mi hanno vietatouna città, ma mi hanno lasciato l’universo in-t e ro » .

di PAOLA PETRIGNANI

Cantare, canto, canti: paro-le antiche, lontane, che ri-percorrono una tradizioneprofonda, radicata nel-l’immaginario antico del

poetare e della creazione di versi chesiano più di semplici parole, ma sen-sazioni, immagini, musica collettiva euniversalmente condivisa. Il cantodell’aedo ispirato dal canto delle mu-se; una galassia immaginativa ormai anoi lontanissima, ma ancora in un cer-to senso afferrabile, palpabile nellestrutture profonde di quelle favole vi-talistiche che rapiscono con i lorosuoni e la sinuosità del loro progredi-re. Una musicalità che si fa immagini,e immagini che prendono vita proprioin virtù di questa loro intrinseca musi-calità.

La rapidità e la vitalità di quellamusica di certo non sfuggì al giovaneGiacomo Leopardi, il quale decise dipoggiarvi i più importanti aspetti del-la propria poetica, basata sul “ritorno”a quel tipo di poesia intessuta di illu-sioni naturali, non intellettualizzata,fluida e rapidissima, e che era ormaipreclusa all’uomo moderno, corrottodal proprio intelletto e dalla propria«disseccante» visione di un mondoora tutto da «dissezionare» alla ricer-ca di leggi assolute.

Pertanto, non ci sorprende comeproprio Leopardi abbia scelto la paro-la Canti come titolo della sua raccoltapoetica. Una raccolta che vide unaprima pubblicazione nel 1831, a Firen-ze, dopo anni di progettazione e ac-corgimenti volti alla creazione di undisegno che fosse il più possibilecompiuto e organico (la sua mente,attentissima e precisissima, non pote-va permettersi di lasciare quei compo-nimenti senza struttura). Un disegnoche sfuggiva però a una qualsiasi defi-nizione, tanto da portare il poeta re-canatese a rimaneggiarvi continua-mente non solo fino alla morte (nel1837, a Napoli) ma anche dopo, attra-verso appunti e indicazioni lasciatiall’amico Ranieri ai fini di un’ultimis-sima pubblicazione (avvenuta poi aFirenze nel 1845). Titolo — è bene ri-cordarlo — ancora del tutto ineditoall’interno della produzione letterariaitaliana per raccolte di versi e poesie.

Ovviamente ogni libro scolasticoche si rispetti spiegherà la scelta deltitolo guardando al carattere squisita-mente lirico delle poesie, le quali siaccentrano — e al tempo stesso sem-brano animarsi di una propria forzacentrifuga — nell’intima soggettività diun “Io poetico” che prima proietta sestesso e i propri sentimenti nella natu-ra che lo circonda (come per i primiIdilli), e poi diventa il veicolo privile-giato per una riflessione di ben piùampio respiro, slanciandosi verso unadimensione universale e, ormai, pro-fondamente disillusa e senza più alcu-na speranza.

Ma è qui che ci poniamo un dub-bio: e se la parola “canti” andasse benoltre il richiamo dell’antico e della di-mensione lirica? Se indicasse, piutto-sto, qualcosa di più intrinseco e na-scosto nella mente di Leopardi? Perrispondere a queste domande, dobbia-mo spostare la nostra attenzione versoil “diario” del genio recanatese (anchese definirlo “diario” è incredibilmenteriduttivo): lo Zibaldone.

In esso, infatti, ritroviamo un fram-mento molto interessante; uno deitanti piccoli componimenti mai riuti-lizzati e sviluppati, e che sembranopiuttosto imprimere sulla carta il mo-mento stesso nel quale l’ispirazionecoglie il poeta: «Si come dopo la pro-cella oscura / Canticchiando gli au-gelli escon del loco / Dove cacciogli ilvento (nembo) e la paura; / E il villa-nel che presso al patrio fuoco / Stasospirando il sol, si riconforta (si ras-serena) / Sentendo il dolce canto e ildolce gioco».

Allora il canto non ha solo la sem-plice funzione di riconfortare e rasse-renare, ma a guardar bene, si fa ancheazione primaria di una necessità di“nascondimento”, di auto-persuasionee, quindi, auto-illusione: il canto na-sconde l’uomo all’apparire del male(della morte).

La radice profonda dell’azione poe-tica — del canto, appunto — si riporta,così, a una questione più intima discontro/non-scontro con il male, conquella tempesta oscura che non è al-tro che l’apparir del vero e che, qual-che anno più avanti, scopriremo esse-

La tempesta (la «procella») è unodei temi maggiormente ricorrenti inLeopardi, legata a un immaginario didisastro astronomico-universale che ri-troviamo sin nei primissimi tentativipoetici, e che si presenterà sempre piùannichilente e senza scampo a mano amano che si va avanti nella sua pro-duzione poetica.

Ma qui è quel «canticchiando» acatturare la nostra attenzione: il can-ticchiare degli uccelli dopo il passag-gio della tempesta oscura rasserena ericonforta dal pericolo — dalla pauradella distruzione. La funzione princi-pale qui è quella del conforto, quindi:attraverso il canto è possibile scrollarsidi dosso la sensazione della distruzio-ne passata.

Ma per comprendere appieno laforza di questo «dolce canto», do-vremmo muoverci verso un altro fram-mento zibaldonico poco successivo,dove si affronta lo stesso tema da unanuova prospettiva più generale: «Il

di GABRIELE NICOLÒ

Chissà come Pascal avrebbe apo-strofato quanti oggi scalpitano,impazienti, per uscire di casa, poi-ché costretti dal coronavirus a ri-manervi. A prescindere dalla con-

tingente opportunità delle attuali misure logi-stiche dirette a contenere l’epidemia, il pensa-tore francese — con la lungimiranza che lo ca-ratterizzava e lo nobilitava — aveva messo inguardia l’umanità asserendo, con perentoria si-curezza, che tutti i mali del mondo, pur nellaloro diversità e molteplicità, hanno un’unica

cantare che facciamoquando abbiamo pauranon è per farci compa-gnia da noi stessi comecomunemente si dice, néper distrarci puramente,ma (...) per mostrare edare a intendere a noistessi di non temere».Cantare diventa qui unatto non solo di auto-consolazione, ma propriodi auto-persuasione; unatto connaturato all’uo-mo perché «all’asp ettodel male noi cerchiamod’ingannarci e di credereche non sia tale».

Di fronte alla paura, alpericolo, ci persuadiamo— ci illudiamo — che ilmale che abbiamo davan-ti non sia effettivamentetale. O per meglio dire:attraverso il canto di-straiamo noi stessi cosìda non affrontare in pie-no petto il pericolo cheabbiamo di fronte ai no-stri occhi; lo dissimulia-mo, quindi, ne evitiamolo sguardo e il contatto.

za di opinioni riguardo alle diverse questionipassate in rassegna. Ma la divergenza di fondoè sempre gestita con grazia e signorilità. Nes-suno ha il diritto di turbare la quiete, al con-tempo confortante e creativa, che regna inquella stanza.

Non c’è stampa e non c’è quadro che nonsusciti nella mente dell’autore un ricordo che,a ben guardare, si configura come una lezionedi vita che il saggio saprà poi tesaurizzare. Ecome ogni collezione che si rispetti, c’è il pez-zo forte. In questo caso si tratta dello specchioil quale, scrive de Maistre, è «sempre impar-ziale e vero, rimanda agli occhi dello spettato-

quale andò a duello, vincendolo. Ma una pu-nizione gli venne comunque inflitta: fu messoagli arresti domiciliari. Qualche anno primaXavier aveva sperimentato l’ebbrezza del volocompiendo un’ascensione di duemila metri inmongolfiera. Era uno spirito avventuriero, ilsuo, dunque. Eppure l’imposizione ingiuntaglinon l’avvertì come una soffocante limitazione,ma come una straordinaria quanto inedita op-portunità da valorizzare. Confinato in casa perquarantadue giorni, tanti sono i capitoli del li-bro, l’autore — con lo stesso spumeggiante spi-rito che lo aveva fatto salire sulla mongolfiera— percorre la sua camera in lungo e in largo,nonché in diagonale e zigzagando. Non volen-dosi poi alzare dalla poltrona, la sposta facen-dola muovere sulle gambe posteriori. Dunque,quarantadue giorni costretto a casa: in un arcodi tempo così esteso si sarebbe potuto fare unbel viaggio, per giunta in un Paese esotico.Ma Xavier non si lascia irretire da questa ten-tazione alla quale oppone un suo proprio viag-gio, che consiste nel far volare la propria men-te sulla scia dei ricordi evocati dai mobili e da-gli oggetti presenti nella stanza. Questa strate-gia, tiene a sottolineare l’autore, non è affattoun ripiego. Né una magra consolazione o unmodesto compromesso. Tutt’a l t ro .

E lo dimostra concretamente perché nell’in-trecciare sapientemente gustosi aneddoti, ri-flessioni morali e motti arguti lo scrittore rie-sce a creare uno scenario così dinamico e coin-volgente che ci si dimentica di stare chiusi en-tro quattro anguste mura e sembra di respirarel’aria del mondo e di esso goderne il fascino ele bellezze. Il suo è un monologo che, in real-tà, nel corso del viaggio si sviluppa in un dia-logo tra due parti di sé: l’anima e quella che èdetta “l’altra”, cioè il corpo. Tra i due interlo-cutori nascono battibecchi legati alla differen-

sostanza vera sottesa a uno spostamento e aun itinerario il cui valore non si misura in chi-lometri. E non ha certo bisogno di fare le vali-gie, tanto meno di stiparle con tanti abiti. Alcontrario, gli basta rimanere in pigiama di cui,tra l’altro, è ben fiero. Il suo elegante pigiamaè rosa e bianco, gli stessi colori delle morbidelenzuola: con disarmante candore, egli si diceorgoglioso di questa armonia tanto da consi-gliare al lettore di indossare abiti con questi

dopo la disillusione sarà anche il suoritorno alla vita dopo la tempesta, ilsuo R i s o rg i m e n t o (titolo del componi-mento che apre alla seconda, grande,stagione poetica). Un ritorno che noncoincide totalmente con lo sguardodiretto e annichilente alla tempesta,ma piuttosto con un atto di conforto,di consolazione dopo lo scontro conl’«arido vero»; un atto di auto-persua-sione intrinseco al canto poetico eche, ora sappiamo, funge quasi damediazione.

In un momento come questo doveuna tempesta tutta nuova, improvvisae impensabile minaccia il nostro quie-to vivere, la riflessione leopardiana sipropone come l’ennesimo ramo a cuiappigliarsi: il “canto”, il “c a n t a re ” e,quindi, la poesia tutta, si pongonoora più che mai come alternativa, per-suasione e consolazione. Una modali-tà di sopravvivenza che è anche l’uni-co modo per guardare alla tempestasenza farsene inghiottire.

re l’omicida dietro lamorte di Silvia. Solo ilpoeta sopravvive; solo ilpoeta sa cosa sia l’«aridovero», perché si è con-frontato con esso neglianni della disillusione,affrontandolo e svisceran-dolo — guarda caso —non in forma poetica, main quella prosa dissacran-te e terribilmente onestadelle Operette morali.

Il ritorno alla poesia

re le rose della giovinezza e le rughedell’età, senza calunniare né lusingarenessuno». E non meno incisiva è la ri-flessione elaborata, sempre sprofonda-to comodamente nella sua amata pol-trona, sul valore e l’importanza dellarosa. In un cassetto di un mobile ri-posa una rosa secca: questo nudo fat-to offre lo spunto per richiamare lastoria di un cavalier servente che vedeignorato il fiore offerto con tanto can-dore alla sua dama perché tutta occu-pata a pettinarsi. Povero fiore! sembraesclamare de Maistre il quale fa pre-

sente che quando si viaggia e si raggiungonoterre lontane, si è tutti presi dal desiderio divedere grandi monumenti, fantastiche attrazio-ni, e di contemplare panorami che tolgono ilfiato.

Tutto giusto e legittimo, a dire il vero, machi, una volta approdato in lande remote, sifermerà a fissare un fiore sul bordo di una via,per sentirne il profumo, per godere della suabellezza e per nutrirsi del suo seducente in-canto?

De Maistre dunque, pur chiuso nella suastanza, non solo sa viaggiare lontano, ma saanche e soprattutto cogliere e apprezzare la

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 2 aprile 2020 pagina 5

A colloquio con madre Chiara Laura Serboli e le altre clarisse di Camerino

Chiedere aiutoa chi c’è già passato

La storia di Camilla, martire dell’epidemia di peste del Cinquecento

Una preghiera contro il virus

Il convento delle clarisse di Camerinoprima del terremoto del 2016

Anonimo, «Camilla Battista da Varano» (XVII secolo, particolare)

Il convento di Camerino gravemente danneggiato dal terremoto del 2016

«Attingendo alle preghiere scritte in questo tempo con voi — si legge nel sito delleclarisse di Camerino — eleviamo la nostra invocazione: “In questi tempi difficili checi vedono fragili e smarriti ci rivolgiamo a te santa Camilla Battista e chiediamo latua intercessione presso il Signore. Dona anche a noi di saper accogliere, come haifatto tu, la forza dello Spirito, per affrontare questa prova. Aiuta a non sentirsi solicoloro che sono in isolamento. Unisci noi tutti nella potenza della preghiera e neltuo amorevole abbraccio; santa Camilla, tu che sei sempre stata vicino ai sof f e re n t i ,sostieni chi è malato e accompagnalo con premura verso la guarigione. Tu che haisuperato molti dolori, accogli in Cielo tutti coloro che hanno perduto la vita a causadel virus e porta conforto alle loro famiglie, donandogli la pace del cuore. Fa ’ chealle istituzioni e al personale sanitario non manchino energie e porgi loro la tuamano, santa Camilla, perché possano lavorare al meglio per la vita. Sostieni con latua intercessione anche chi si trova in difficoltà per le conseguenze sociali edeconomiche del virus. Aiutaci, santa Camilla, presenta al Padre il nostro bisogno disperanza e guidaci a un domani migliore. Amen”».

di SI LV I A GUIDI

«D ifenditi, fai qualcosa!Non restare lì a fartiammazzare, combat-ti!». Camilla da Vara-no, in uno dei suoi

scritti autobiografici, racconta la reazione dise stessa bambina davanti allo scandalo inac-cettabile della morte di Gesù: ribellione,rabbia, incredulità, desiderio di fare qualcosadi concreto subito, per difendere un Figliodi Dio così potente e così incomprensibil-mente passivo.

Camilla esprime tutto il suo sconcerto inun italiano antico, cerimonioso ed elegantis-simo (nasce nel 1458, figlia del principe Giu-lio Cesare da Varano) che abbiamo qui tra-dotto con frasi immediatamente comprensi-bili per il lettore, sacrificando lo stile allapraticità. Educata nella raffinata corte dei si-gnori di Camerino, Camilla cerca di stare ilpiù possibile alla larga da sacerdoti e religio-si; le persone consacrate la irritano e le fan-no perdere il buonumore, ammette con can-dida sincerità.

Ma il mistero della Croce non cessa di in-terrogarla; e il fastidio che prova guardandopreti e suore nasce in realtà proprio dal desi-derio (rimosso, censurato, combattuto inogni modo) della vita claustrale. Il 14 no-vembre 1481 cede al pressante invito del suo“sposo divino” ed entra nel monastero delleSorelle povere di santa Chiara a Urbino,prendendo il nome di suor Battista. Pochianni dopo, con otto consorelle, lascerà Urbi-no per il monastero di Camerino, dove vivrà(dopo un periodo di esilio, causato dalle fai-de scatenate contro la sua famiglia dal ducaValentino, Cesare Borgia) per tutto il restodella sua vita terrena, fino al 31 maggio 1524.Le circostanze della sua morte fanno sì chesanta Camilla Battista (canonizzata dieci an-ni fa, nell’ottobre del 2010) venga ricordatain modo particolare in questo periodo così

la nostra preghiera affidandosi all’i n t e rc e s -sione di Camilla Battista si innalza con fidu-cia e perseveranza, a custodia dell’uomo delnostro tempo dalla città di Camerino che ol-tre all’emergenza terremoto che ancora nonci abbandona, vive in prima linea anchel’emergenza covid-19, in quanto punto ospe-daliero di accoglienza per tutti i contagiatidel nostro territorio.

bontà di Dio Padre, che è fedele e stabilecome la roccia. Solo questo può dare sostan-za e rendere efficace qualcosa che per suanatura, abbiamo detto, porta in sé una notadi precarietà. Si tratta forse di imparare achiedere, anziché qualche grazia, la Grazia,per affrontare l’ora della prova con la spe-ranza nel cuore. Preghiamo quindi non per-ché il Signore smetta di “castigarci con que-sto flagello”, come se il coronavirus fosseuna punizione di Dio che usa il dolore e ilterrore per vendicarsi della nostra infedeltà epiegarci alla sua volontà. Piuttosto invochia-mo il Signore perché illumini gli scienziatiaffinché scoprano presto l’antidoto e i gover-nanti perché compiano scelte buone e giu-ste; doni forza agli operatori sanitari, sosten-ga i malati, consoli chi piange i propri mor-ti, apra il cuore di tutti a condividere il do-lore e a non rinchiudersi in sé stessi.

“Sentinelle” a guardia della città, come voleva ilduca Spaccaferro...

I contemplativi una volta erano simboleg-giati dai gufi che, con i loro occhi grandi,sono capaci di vedere anche nella notte. Uncuore orante è quello di chi, custodendodentro di sé il dolore che lo circonda, samantenere uno sguardo penetrante per scor-gere la presenza discreta ma efficace della te-nerezza del Signore anche nelle situazionipiù difficili. Qualche tempo fa il Papa, par-lando della preghiera, propose l’esempio diMosè che in un serrato “faccia a faccia” conDio intercede per ottenere il perdono delsuo popolo che si era costruito un vitellod’oro. Quello che emerge è l’audacia pazien-te e coraggiosa di Mosè. Dalle sue paroletraspare il coinvolgimento e l’amore per ilpopolo. «E quando Dio vede una persona»ha detto il papa «che prega e prega e pregaper qualcosa, o per qualcuno, Lui si com-muove. Questa, spiega «è la preghiera di in-tercessione: la preghiera di un cuore corag-gioso che condivide e che si lascia commuo-vere, di un cuore paziente che non si stancadi bussare. Se io voglio che il Signore ascoltiqualcosa che gli chiedo, devo andare, e an-dare, e andare, e bussare alla porta del suocuore. E posso fare questo solo se il miocuore è coinvolto! Ma se il mio cuore non sicoinvolge con quel bisogno, con quella per-sona per la quale devo pregare, non sarà ca-pace neppure del coraggio e della pazien-za». Un cuore orante allora è quello di chisi fa carico delle necessità dei fratelli, depo-

nendole nella preghiera ai piedi del Signore,e lì attinge quella Parola di speranza e con-forto da donare poi a quanti bussano, men-dicanti di consolazione, tramite telefonate,email o messaggi.

Che cosa significa per voi non poter parteciparealla celebrazione eucaristica?

Nei primi giorni, quando le ordinanzeerano meno restrittive, abbiamo potuto cele-brare l’eucaristia, prima con pochi fedeli e

quando prega lo fa sempre come membro diquel Corpo che è la Chiesa.

Come vivere questo tempo di clausura esteso atutti? Qualche consiglio per chi non è abituatoal silenzio e all’isolamento; e alla fatica di unaconvivenza “s t re t t a ” con i familiari.

In questo momento in cui siamo tutti co-stretti a una vita in qualche modo monasti-ca, la preghiera, la riscoperta dell’interioritàe delle relazioni più strette diventano unasfida e un’opportunità per re-imparare a ri-manere con se stessi e con gli altri. Noi tuttisiamo immersi in una cultura fatta di spazidilatati e tempi ristretti: immagini, notizie,sono visti e letti in tempo reale in ogni partedel globo; incontri, impegni ed eventi si sus-seguono a un ritmo incredibile, in una corsacontinua. La frenesia del mondo digitaleschiacciato sul dinamismo dell’istantaneitàimmediata ci ha fatto dimenticare che la mi-sura dell’umano è un’altra: l’uomo e il mon-do biologico hanno ritmi diversi, più lenti,più lunghi, che chiedono di essere rispettati.È come se l’uomo fosse salito su un treno adalta velocità da cui non è più in grado discendere. L’uomo contemporaneo, infatti,non sa più fermarsi. Si ferma solo se è fer-mato. Fermarsi liberamente è diventato quasiimpossibile. Solo i contrattempi spiacevoliriescono a fermarci nella nostra corsa affan-nosa per approfittare sempre più della vita,del tempo e spesso anche delle persone. Og-gi, a causa di un virus invisibile il mondo siè fermato, come per una Quaresima univer-sale. La situazione drammatica che stiamoaffrontando ha, così, il sapore di un frenod’emergenza tirato all’improvviso, che ci co-stringe a una presa di coscienza della nostraprecarietà e fragilità e a una necessaria inver-sione di marcia e di polarità. La nostra vitadi sorelle povere, accogliendo l’invito delsalmista «Fermatevi e sappiate che io sonoDio» sta tutta nel rimanere ai piedi del Si-gnore. Ed essendo caratterizzata da spazi ri-stretti e tempi dilatati si colloca all’opp ostodi questo incalzare frenetico. Proprio perquesto crediamo che possa offrire uno spun-to di riflessione nell’affrontare le sfide chequesta situazione oggi ci pone. Infatti, il ri-schio di un’esistenza che si muove tra lecoordinate di uno spazio infinitamente dila-

duro e difficile, così segnato dal mistero del-la malattia e della morte. Ma facciamocispiegare il motivo di questo revival camillia-no direttamente dalle consorelle che, cinquesecoli dopo, vivono nel suo stesso monaste-ro, madre Chiara Laura Serboli e le altre cla-risse di Camerino.

Perché chiedere aiuto in particolare a santa Ca-milla Battista da Varano, in tempo di pande-mia?

Storicamente nelle epidemie si invocavanoalcuni santi “sp eciali”: santa Rita, san Roc-co, sant’Antonio abate, san Cristoforo e sanSebastiano, le cui vicende in qualche modosono legate a situazioni di malattia o guari-gioni miracolose. Al di là del santo a cui cisi rivolge, queste invocazioni sottolineano undato comune: la fiducia nella forza dellapreghiera e la consapevolezza che i santi so-no nostri amici. Nella nostra preghiera di in-tercessione ci siamo rivolte a santa CamillaBattista Varano, il cui corpo è custoditopresso il nostro monastero, perché la sentia-mo nostra amica “sp eciale” ed è normale chenel momento del bisogno si chieda aiutoagli amici. Lo facciamo anche perché santaCamilla Battista non solo ha vissuto unarealtà simile a quella che noi ora stiamo at-traversando, ma ne è anche stata vittima,morendo di peste il 31 maggio 1524. Lei che,contagiata dalla peste, morì «sola sul lettodella croce», fu sepolta tra la calce viva perevitare un ulteriore contagio e il suo com-miato venne fatto all’aperto per il divieto diassembramenti, certamente sa cosa sta attra-versando chi ha contratto il virus e lo affron-ta nella solitudine di un ospedale. Conosceil dolore dei familiari e quello di noi tutti.Per questo siamo certe che intercede pace esalute per ciascuno, lei che promise «DalCielo, non mi dimenticherò mai di voi».Quando alla fine del Trecento a Camerinovennero ristrutturate le mura cittadine, il du-ca Giovanni Spaccaferro volle che a ogniporta d’ingresso, oltre a un presidio armatoa protezione dai nemici fisici, venisse postaanche una comunità religiosa a custodia dainemici spirituali o invisibili, proprio come lapeste, quasi a creare una sorta di cintura spi-rituale. Raccogliendo questa tradizione, oggi

Nella mentalità mainstream, segnata da un ra-zionalismo che lascia poco spazio all'invisibile,la preghiera, il più delle volte, non viene perce-pita come un aiuto concreto; perché è così im-portante invece in tempo di crisi?

La preghiera per sua stessa natura appar-tiene all’ambito del desiderio e come ognidesiderio ha per oggetto qualcosa che cimanca. Per questo nasce da una condizionedi privazione, di povertà, di fragilità, di limi-te. La radice della parola preghiera è la stes-sa della parola “p re c a r i o ” che in latino signi-fica “sosp eso”, “incerto”, dipendente dallavolontà altrui. Preghiamo, infatti, perché av-vertiamo la precarietà della nostra condizio-ne; perché ci sentiamo vacillanti, sospesi nelvuoto, nel buio; perché la vita ci viene menoe insieme ci stringe alla gola; perché abbia-mo paura e ci sentiamo smarriti, perché tut-to attorno a noi ci sembra insensato. Lamolla quindi è questo profondo desiderio di

quello che è il nostro specifico nella Chiesa,essere “ministri del grido” nell’umile mendi-canza della salvezza, seguendo l’esempio diChiara nell’essere orante sostegno dellemembra deboli e vacillanti del suo corpo,con la continua preghiera di intercessioneche diviene grido: «Salva il tuo popolo Si-gnore, guida e proteggi i tuoi figli!». Vorreiperò aggiungere che ognuno di noi sa cheogni giorno i sacerdoti stanno celebrandol’Eucaristia per noi, anche se non con noi fi-sicamente. Ogni Eucaristia è un’Eucaristiacelebrata sul mondo, in cui il mondo stessodiviene patena dei fermenti dell’umanità, ca-lice d’ogni pena e d’ogni povertà, nell’offer-ta del pane fragrante dei giorni e del vinoardente del tempo. Inoltre, nell’Antico Te-stamento, il Sommo Sacerdote, quando of-friva il sacrificio, portava un particolare abi-to che aveva sulle spalle due pietre di onice,incastonate nell’oro, con sopra incisi, comesigillo per il ricordo, i nomi degli israeliti.Queste, con delle catene, erano legate a unpettorale dorato ricoperto di dodici pietrepreziose, che corrispondevano anch’esse alledodici tribù d’Israele. Ci piace pensare cheanche i nostri sacerdoti, quando si recano di-nanzi all’altare, come il sommo sacerdotedell’Antico Testamento lo fanno portandosulle proprie spalle tutto il popolo di Dio,così come fa il Buon Pastore che porta su disé la pecorella perduta. E sappiamo che pos-sono farlo nella misura in cui custodiscononel loro cuore, come pettorale dorato e pre-zioso, i volti dei fedeli conosciuti e di tuttigli uomini. Questo ci ricorda che la preghie-ra anche quando è personale o fatta da soli,non è mai privata, perché il cristiano sa che

tato e di un tempo concentrato è quello divivere lo spazio nell’esclusiva dimensioneorizzontale, ristagnando così in un’ansiosasuperficie o superficialità, ed eludendo la di-mensione verticale, cioè quella della profon-dità, dell’interiorità e della spiritualità. Perl’uomo frenetico e in fuga da se stesso abita-re e accogliere la straordinarietà del fermarsioffre la possibilità di ri-scoprire la segretabellezza del vivere, come per Francesco eChiara, in “altissima povertà e santa unità”.Certo tutto questo non è facile e non si im-provvisa: chiede un’educazione alla continuaricerca di un equilibrio interiore ed esterioree alla capacità di riconoscere nelle relazionigomito a gomito una risorsa feconda. È lafatica che ognuna di noi ha imparato e scel-to di apprendere appena entrata in monaste-ro! Ma è davvero solo fermandoci, come chisi ferma davanti a un tramonto o a un’op erad’arte, che potremo riscoprire, con stupore,la bellezza di quanto è in noi e intorno anoi, delle persone che ci circondano, cheamiamo e che ci amano e che spesso diamoper scontate. Questa pandemia, pur nellasua drammaticità che non può essere sminui-ta in nessun modo, può diventare per noitutti un’occasione per scoprire una “b ellezzacollaterale”, per fermarci davvero, non soloperché costretti, ma perché invitati dal Si-gnore a rientrare in noi stessi, a stare davantia Lui, e a riconoscere che Lui, proprio ora,ci viene incontro in mezzo alla tempesta del-le nostre angosce e paure, dicendoci «Co-raggio, sono io, non abbiate paura!» affin-ché accada che anche noi possiamo cammi-nare con Lui e insieme ai fratelli sulle acqueburrascose della vita.

poi a porte chiuse. Ma quandola situazione è esplosa anchenoi abbiamo dovuto sospende-re le celebrazioni perché in co-munità abbiamo una sorellagiovane immunodepressa e congravi problemi respiratori, per-ciò ad alto rischio in caso dicontagio. Quindi il digiunoeucaristico vale anche per noi.Di fatto questo contagio ci sta,volenti o nolenti, esiliando dal-la terra della nostra vita. Que-sto ci fa pensare all’esp erienzabiblica dell’esilio. La stessa co-sa vale per noi oggi: nell’esilioderivato da questa pandemia ilSignore ci indica nel silenzio enell’ascolto della sua Parola,nella pazienza e nella perseve-ranza, nella preghiera e nellacarità vicendevole, le armi peraffrontare questa nuova batta-glia della vita e della fede. Ilnon poter partecipare all’Euca-ristia è uno stimolo a far sì chetutta la nostra vita assuma unostile eucaristico nella riscopertadella bellezza della comunionedei santi, ossia dell’amiciziacristiana che non è rotta nep-pure dalla distanza fisica, spa-ziale o temporale. Per noi tuttoquesto ha significato concreta-mente un impegno ancora piùardente e assiduo nel vivere

vita, di luce e di senso. Manon una luce qualsiasi, unavita qualsiasi, un sensoqualsiasi: tutte cose che ab-biamo già, ma che non cibastano. Noi cerchiamo edesideriamo Qualcosa oQualcuno che non sia pre-cario, come noi e come tut-to nella realtà che ci circon-da. Qualcosa o Qualcunoche ci liberi dalla nostraprecarietà e dall’insensatez-za della vita, dal limite chetanto ci angoscia. Partendo,allora, dalla complessità,dalla contraddittorietà dellasituazione che stiamo attra-versando, e abbracciandonela drammaticità, è nellapreghiera che possiamoscoprire la presenza del Si-gnore che, come Buon Pa-store ci accompagna, men-tre camminiamo nella valleoscura. Per questo la pre-ghiera è fonte di speranzacerta, perché si fonda sullafiducia che l’ultima parolasu quanto viviamo è la

TEMPORE FAMIS

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 2 aprile 2020

L’emergenza vista da Aloysius John segretario generale di Caritas Internationalis

Aprire i cuoriin una fraternità globale

di FRANCESCO RICUPERO

«I n questa situazione diemergenza sanitaria CaritasInternationalis è in prima

linea per attuare un piano contro ildiffondersi della pandemia, ma èfondamentale una cooperazione glo-bale»: è l’appello che, tramite l’O s-servatore Romano, lancia il segreta-rio generale di Caritas Internationa-lis, Aloysius John, il quale teme chela crisi pandemica possa «portare al-la stigmatizzazione dei malati di co-vid-19, nonché alla discriminazionedi gruppi vulnerabili della società,come migranti e rifugiati». Di fronteall’escalation di contagiati e di mortiin ogni angolo del pianeta, John au-spica dunque una coralità di intentiche coinvolga «non solo i governilocali e le agenzie internazionali, maanche la società civile e i gruppi re-ligiosi».

In che modo le organizzazioni collegatealla Caritas stanno cercando di garan-tire il maggior numero possibile di ser-vizi a chi ha bisogno?

In questo momento di forte crisi epersino di tragedia, Caritas Interna-tionalis continua a lavorare per ac-cogliere, accompagnare e aiutare co-loro che sono colpiti direttamente oindirettamente. Per affrontare al me-glio il covid-19, la raccolta di infor-mazioni e la sensibilizzazione sonoun obiettivo chiave. Le persone, inparticolare quelle più vulnerabili,devono avere diritto all’informazionee ricevere il giusto orientamento perevitare di essere infettate. Ciò vienefatto attraverso l’utilizzo dei mediacome le radio e i giornali gestiti dal-la Chiesa cattolica. In Rwanda, peresempio, la Caritas trasmette mes-saggi di sensibilizzazione della Chie-sa alle comunità per renderle consa-pevoli del rischio. A Singapore, laCaritas locale ha messo in atto servi-zi di vigilanza ricordando a tutti lanecessità di adottare misure indi-spensabili per una buona igiene per-sonale. In Italia, l’ente caritativocontinua la sua missione con i pove-ri attraverso le mense, la distribuzio-ne di pasti caldi, i dormitori. Inol-tre, fornisce un servizio “da remoto”agli anziani attraverso l’aiuto deigiovani volontari. In Caritas Inter-nationalis, abbiamo messo in attouna cellula di crisi covid-19 e istitui-to una task-force per monitorare, se-guire e fornire informazioni e assi-stenza alla nostra rete. Il servizio aipoveri non può essere fermato dalvirus. Cercando di essere creativi eprendendo tutte le precauzioni, con-tinueremo ad assistere i più vulnera-bili.

Ritiene che sia giunto il momento direalizzare una rete di responsabilitànella quale ognuno può intervenire inaiuto degli altri?

Siamo interconnessi e anche fragi-li; lottare contro la propagazione delvirus è soprattutto una responsabili-tà collettiva. Allo stesso tempo, dob-biamo andare incontro alle esigenzedi coloro che non sono infettati, masono vittime collaterali di questa cri-si. Mi chiedo come le migliaia dicittadini del Bangladesh, che lavora-no nei mercati all’aperto, stiano ge-stendo questo particolare momento.In Caritas Internationalis, siamo an-che preoccupati per i lavoratori deiPaesi più poveri che rischiano dinon percepire più uno stipendioperché non possono continuare laloro attività. E che dire poi di queilavoratori precari che non hanno al-cuna sicurezza sociale. Penso che siagiunto il momento di mostrare soli-darietà, amore e cura. Venerdì scor-so, Papa Francesco ci ha detto che ilcoronavirus deve anche far emergereil meglio di noi; ebbene sì, deve faremergere l’umanità perché siamotutti esseri umani e dobbiamo viverein solidarietà come un’unica comu-nità umana. Ciò potrebbe esserepossibile attraverso la condivisionedi mezzi, aiutando quanti hanno bi-sogno di sostegno, come fanno leCaritas del sud del mondo. Questospirito sarà tanto più necessarioquando usciremo da questa tragedia.Inoltre, spero che ciò che sta acca-dendo in Europa non ci impedirà diprenderci cura e di condividere dalontano i problemi e le difficoltà de-gli altri.

Cosa stanno facendo le Caritas peraiutare le popolazioni in Africa e inAs i a ? .

Per fortuna, al momento, la pan-demia non ha ancora raggiunto inmaniera così seria l’Africa, dove sista riflettendo su come coinvolgerela Chiesa locale e i suoi organismi,compresa la Caritas, per affrontarequesta crisi. In Asia, penso a India eSri Lanka, i governi hanno adottatomisure drastiche. La Caritas insiemealla Chiesa sta contribuendo a crea-re consapevolezza, informando lepopolazioni sul giusto atteggiamen-to da adottare al fine di impedire al

virus di propagarsi. A livello di con-federazione stiamo valutando glistrumenti mediatici a disposizionedella Chiesa in modo da intrapren-dere un’azione rapida qualora do-vesse esserci un focolaio. È un mo-mento in cui abbiamo bisogno dicoordinamento e immaginazione.Una delle specificità della rete Cari-tas è quella di offrire servizi di pre-ghiera. Dobbiamo avere il coraggioe l’umiltà di credere che Dio può fa-re l’impossibile. Infatti, in Sri Lan-ka, Filippine e India sono stati orga-nizzati servizi di preghiera.

In questo particolare momento i volon-tari sono disponibili a intervenire?

Hanno buona volontà e voglionocontinuare a lavorare. Ma dobbiamoimporre a tutti il principio di pre-cauzione e inventare altri modi perpoter continuare a servire, ma dob-biamo prestare molta attenzione. Sulsito web Caritas Internationalis hadato istruzioni rigorose riguardo alcovid-19 e ha fornito misure precau-zionali a tutti.

La crisi pandemica globale può portarealla discriminazione di gruppi vulnera-bili, come migranti e rifugiati?

Il covid-19 ci ha impartito una le-zione: l’umanità non ha confini, et-nia, casta, religione o status econo-mico. Papa Francesco ci esorta a vi-vere il meglio che è in noi, tirandofuori l’umanità in ciascuno di noi.Dobbiamo essere consapevoli delfatto che non siamo immortali e ilcoronavirus ci ha mostrato come intre mesi l’intero pianeta sia nel pani-co: bloccato e isolato. È giunto ilmomento di aprire i nostri cuori inuna fraternità globale di spirito perricevere e accogliere l’altro. Il covid-19 ci ha dimostrato quanto siamovulnerabili. Ci ha fatto capire cheabbiamo bisogno l’uno dell’altro percombattere un nemico comune. La

memoria futura dovrà indurci a or-ganizzare meglio come combatterecontro il virus dell’egoismo, controil peccato dell’indifferenza e soprat-tutto come custodire il valore dellapersona umana. Questo è qualcosasu cui la Caritas deve continuare al a v o r a re .

In che modo Caritas Internationalisintende raggiungere tutte le fasce socialimeno fortunate del pianeta?

Quando diciamo Caritas, inten-diamo implicitamente la Chiesa lo-cale. La Caritas, che è il serviziodella Chiesa locale, è presente inmodo capillare ed è in contatto di-retto con le comunità parrocchiali.Inoltre, collabora con tutte le comu-nità religiose. In Mauritania, peresempio, il vescovo di Nouakchottha diffuso un comunicato a soste-gno delle decisioni del governo e hachiesto alla popolazione di rispettar-le. Questo è un modo per dialogarecon la società locale e la Caritascontinua a sostenerlo. Quando di-ciamo Caritas Internationalis, stiamoparlando dei 165 membri che coral-mente possono agire in modo effica-ce ed efficiente.

Può la pandemia distogliere l’attenzio-ne su altre questioni critiche come po-vertà, violenza e persecuzioni?

Questa pandemia deve essere unmomento di k a i ro s . Il mondo nonpotrà funzionare come prima. Per ilfuturo dovremo orientare le nostreriflessioni per cercare di essere piùcreativi e mantenere quello slanciodi solidarietà che abbiamo speri-mentato durante il c0vid-19. Dob-biamo cercare un nuovo ordine, eco-nomico ed ecologico, che deve esse-re integrale. L’approccio frammenta-rio non può più continuare. Dob-biamo combattere la povertà con lastessa determinazione con la qualestiamo affrontando la pandemia. Il

virus della povertà è persino piùgrave di covid-19. Dobbiamo vederecome il debito internazionale deiPaesi poveri o in via di sviluppopossa essere cancellato e come potràessere utilizzato localmente il denaroper aiutare gli indigenti a realizzaremicroprogetti e uscire dalla situazio-ne di povertà. La Chiesa può essereun attore importante insieme allaCaritas perché ha le infrastrutture, lacapacità e i mezzi per farlo. Ma tut-to questo deve essere affrontato conurgenza. La paura della morte, pro-vocata da covid-19, e tutto ciò cheabbiamo fatto per salvare vite uma-ne, deve convincerci a smettere diuccidere attraverso la guerra e laviolenza. Da un lato, vogliamo pro-teggerci dalla morte, ma dall’a l t ro ,continuiamo la guerra che provocapiù vittime del virus. Quanto siamoincoerenti e quanto egoisti? Quandotutto finirà dobbiamo subito pro-grammare una conferenza interna-zionale per fermare la violenza; e ileader mondiali devono farsi caricodelle proprie responsabilità. È unaspetto importante che dobbiamocoltivare perché tutti sanno cosa si-gnifica vivere nella paura della mor-te, perdere un familiare e questo è ilmomento di fermare le guerre.

Gli aiuti saranno accessibili a tutti?Come evitare le ingiustizie?

Il Santo Padre ha detto che ab-biamo bisogno di un nuovo ordine,un nuovo paradigma di sviluppo.Mentre, Sean Callaghan, presidentedi Catholic Relief Services, ha di-chiarato che «dobbiamo chiedere ainostri capi di governo di consultarela rete cattolica per promuovere atti-vità di microsviluppo e di sviluppoumano integrale». È attraverso talistrumenti di patrocinio e di acquisi-zione dei mezzi che possiamo conti-nuare a servire e combattere il virusdell’ingiustizia.

La LambethC o n f e re n c e

rinviataal 2021

LONDRA, 1. Era prevista dal 22luglio al 3 agosto a Canterburyma è stata rinviata all’estate del2021: anche la Lambeth Confe-rence — l’assemblea decennale ditutti i vescovi della Comunioneanglicana, giunta alla quindicesi-ma edizione — fa i conti con lapandemia di coronavirus. La de-cisione è stata presa nei giorniscorsi dal primate anglicano Ju-stin Welby, arcivescovo di Can-terbury, a seguito di una consul-tazione con le parti interessate,tra cui i fiduciari della LambethConference Company, l’o rg a n i z -zazione di beneficenza che gesti-sce l’evento. «Il posto di un ve-scovo in un momento di difficol-tà — ha dichiarato Welby in unvideomessaggio — è quello delpastore quando il lupo sta attac-cando il gregge di pecore. È conesse. Al loro fianco. Per amarle esoffrire con loro. A causa del co-ronavirus, è fortemente limitatoviaggiare per il mondo e la dura-ta di queste limitazioni è scono-sciuta», aggiunge.

Le nuove date della prossimaLambeth Conference non sonostate ancora definite ma, «quan-do ci riuniremo, sarà in un mon-do rimodellato da ciò che sta ac-cadendo in questo momento, edè sempre più importante che ciincontriamo per pregare, studiarele Scritture, ascoltare la parola diDio, confortare, ottenere unanuova visione di cosa significhiessere la Chiesa di Dio per ilmondo di Dio». Il primate an-glicano ricorda che la LambethConference del 1920, posticipatadal 1918, si svolse «nell’ombradella prima guerra mondiale», eche quella del 1948 si tenne do-po i disastri della seconda guerramondiale. In entrambi i casi «sitratta di eventi terribili. Che Diofaccia sì che non vediamo nulladel genere. Ma ricordiamoci chequando ci riuniremo e condivi-deremo la nostra saggezza — sot-tolinea — avremo bisogno di sen-tire lo Spirito attraverso gli uni egli altri per pensare, meditare estudiare, adorare e pregare».

La Lambeth Conference Com-pany, dopo attenta riflessione, siè adeguata alle misure restrittiveimposte dalle autorità sanitariedel Regno Unito. «Sappiamoche questo rinvio rappresentauna delusione» ma «la salute ela sicurezza dei partecipantiall’evento sono la nostra massi-ma priorità», conclude l’a rc i v e -scovo.

Rappresentanti di tutte le fedi riuniti sulla rete per una preghiera

Nessuna frontieradi religione

NEW YORK, 1. Un momento di«preghiera, cura e compassione»online che riunisce oltre cinquecen-to rappresentanti di tutte le fedi. Èquello organizzato oggi, mercoledì1° aprile dall’organismo internazio-nale Religions for Peace in rispostaagli appelli di Papa Francesco e deileader religiosi di tutto il mondo.Bahai, buddisti, cristiani, indù, isla-mici, ebrei, sikh e diverse altre con-fessioni si sono uniti spiritualmenteper 20 minuti, collegandosi in oltrecento città del mondo per condivi-dere messaggi di speranza e di soli-darietà di fronte all’e m e rg e n z amondiale causata dal covid-19.Hanno confermato la partecipazio-ne all’evento il rabbino di Gerusa-lemme David Rosen, presidentedell’International Council of Chri-stians and Jews (Iccj), Vinu Aram,leader del movimento indù ShantiAshram, il presidente della Federa-zione delle associazioni zoroastrianedel Nord America, Homi Gandhi, eil cardinale John OlorunfemiOnaiyekan, arcivescovo emerito diAbuja.

A conclusione della preghiera èstato letto un manifesto ispirato aivalori di ogni tradizione religiosaper esprimere l’impegno comune adifesa e sostegno di tutte le vittimedella pandemia. È stato dedicatoanche un hashtag, #Unitedbyhop e,alla giornata e per i messaggi Twit-ter che tutti sono stati invitati acondividere sui social insieme a unariflessione spirituale.

L’iniziativa si aggiunge a quellalanciata da Religions for Peaceall’inizio della crisi del coronavirus,consistente in una raccolta di buo-ne pratiche messe in atto dalle co-munità religiose di tutto il mondoper fare fronte al diffondersidell’emergenza. Di fronte a tragediecome quella del covid-19 «tutte lefrontiere tra le religioni sono debel-late», ha dichiarato in un’intervistaa Vatican News il cardinale Olorun-femi Onaiyekan. Non si tratta piùsemplicemente di cristiani, musul-mani, buddisti, induisti, né di nige-riani, italiani o spagnoli, bianchi oneri, ha sottolineato il porporato.«Tutta l’umanità è adesso sulla stes-sa barca, in balìa della tempesta cheè il coronavirus, nessuno può resta-re indifferente. Da parte nostra,pregheremo il Signore, che è Dio ditutti gli uomini, affinché ci liberi daquesta grande tragedia». Un’invo-cazione che si leva «ovunque ci sitrovi», ha aggiunto il cardinale,aprendo il cuore al Signore ognunosecondo la propria tradizione reli-giosa, seguendo le intenzioni delPontefice. «Bastano pochi minuti.È un’iniziativa simbolica ma moltoforte. Dal momento che adesso nonpossiamo organizzare una grande

riunione a Roma o a New Yorkperché ognuno deve stare a casa,usciamo grazie alla tecnologia e aimoderni mezzi di comunicazione eci incontriamo virtualmente». Leiniziative di preghiera del Santo Pa-dre, ha puntualizzato il porporato,ricordano al mondo di oggi chenon basta solo assumere precauzio-ni, fare ricerche, lavorare instanca-bilmente ed eroicamente come stan-no facendo tutti gli operatori sani-tari. Il discorso portato avanti dalPontefice richiede infatti il concorsodi tutti per «trarre speranza dallaprossima Pasqua, in quanto risurre-zione dalla morte».

Sant’Abbondio di Como

Un protettore in tempo di pandemia«Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, co-raggioso ancor meno, s’era dunque accorto, pri-ma quasi di toccar gli anni della discrezione,d’essere, in quella società, come un vaso di terracotta, costretto a viaggiar in compagnia di moltivasi di ferro». Non è certo il ritratto di un uomocoraggioso quello che Alessandro Manzoni trac-cia del suo personaggio de I promessi sposi. Uncurato che invece di amare e proteggere il suogregge pensa piuttosto a se stesso e si comportacome un povero diavolo che non ha né tempra,né carattere per affrontare le difficoltà. L’opp ostodi quel sant’Abbondio, patrono di Como, dalquale Manzoni mutuò il nome per il suo parrocoletterario.

Da una parte, quindi, l’Abbondio debole e vi-le, dall’altra il santo vescovo che spese la sua vitaper il popolo a lui affidato. Tanto più che il verosant’Abbondio riveste un’importanza particolareper gli abitanti di Como, del contado e delle valliche giungono fino a Lugano. Infatti, nel 1630,quando imperversava un’epidemia di peste, i co-maschi ricorsero all’intercessione del santo e fece-ro il voto di raffigurare il loro patrono sugli avvi-si e le bollette di sanità. Da allora, il vero Ab-bondio è entrato ancor più nei cuori della gentedel luogo, nonostante non fosse neppure di origi-ni lombarde, ma greche. Non così, nell’immagi-nario collettivo, è successo per l’altro Abbondio,al quale Papa Francesco di recente ha fatto riferi-mento per invitare i sacerdoti a non tirarsi indie-tro, ma a sacrificarsi per il gregge a loro affidato,soprattutto in questo tempo di epidemia. Questicoraggiosi pastori troveranno sicuramente nelsanto un autentico protettore e un esempio da se-g u i re .

La tradizione vuole che Abbondio fosse origi-nario di Tessalonica (attuale Salonicco), dovenacque in una data imprecisata del V secolo. Laprima data certa è, invece, quella del 17 novembre

440, quando il vescovo di Como, sant’Amanzio,gli conferì l’ordinazione episcopale. A quel tem-po, il territorio della diocesi di Como era moltovasto e comprendeva non solo la città e i suoidintorni, ma anche l’attuale provincia di Sondrio,buona parte di quella di Varese, il Canton Ticinoe alcune valli del Cantone dei Grigioni. Allamorte di sant’Amanzio, nel 450 circa, Abbondiodivenne il quarto vescovo di Como.

Intanto, per la sua padronanza con il greco,Leone Magno pensò a lui per un’importante mis-sione diplomatica in Oriente, dove a quel temposi era diffusa l’eresia nestoriana, che sosteneval’esistenza, in Gesù Cristo, di “due persone”, ol-tre che di “due nature”. Sebbene la dottrina diNestorio fosse stata condannata come eretica dal

concilio di Efeso del 431, Eutiche (378-454),un’archimandrita di un famoso monastero di Co-stantinopoli, l’aveva ripresa e riformulata. Sulpiano teologico, Eutiche sosteneva la negazionedelle due nature (umana e divina), fino ad affer-mare che solo la natura divina rimanesse dopol’unione delle due (monofisismo).

Il patriarca di Costantinopoli, Flaviano, nel449, indisse il secondo concilio di Efeso per con-dannare il monofisismo. Purtroppo, i sostenitoridi Eutiche riuscirono a destituire i più importantiteologi a lui contrari con l’accusa di nestorianesi-mo, e a scomunicare sia Flaviano, che venne lapi-dato a morte, sia Leone I. Da parte sua PapaLeone dichiarò nullo il concilio, ma l’imp eratoreTeo dosio II lo ritenne valido. Fu allora che LeoneMagno nel 450 inviò Abbondio in Oriente a ca-po di una missione. Il santo vescovo riuscì a otte-nere che il successore di Flaviano, Anatolio diCostantinopoli, accettasse la posizione contrariaal monofisismo.

Morto Teodosio, fu indetto nel 451 a Calcedo-nia un nuovo concilio, nel quale il monofisismovenne condannato: Eutiche fu esiliato, Flavianoproclamato martire della fede e la scomunica aPapa Leone dichiarata nulla. Rientrato da Co-stantinopoli, nel 451 Abbondio si fermò a Romada Leone Magno, il quale lo ricevette con tuttigli onori. Gli venne affidata una nuova missione:partecipare a un concilio indetto a Milano, dove,a nome di Leone Magno, fece proclamare al ve-scovo di Milano Eusebio l’adesione al concilio diCalcedonia e condannare le dottrine di Nestorioed Eutiche.

Rientrato in diocesi di Como, si occupò dievangelizzare quei territori dove le popolazionierano ancora pagane. Secondo la tradizione, Ab-bondio morì un giorno di Pasqua dopo la predi-ca festiva, forse nel 468 o nel 469. (nicola gori)

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 2 aprile 2020 pagina 7

A quindici anni dalla morte

Giovanni Paolo IIti scrivo

In una lettera del cardinale segretario di Stato ai capi dicastero della Curia romana

Il grazie del Papa ai dipendenti vaticani

Il cardinale Comastri ricorda Karol Wojtyła

Trasformò la sua crocein amore

di ALESSANDRO GISOTTI

Sono passati 15 anni dalla morte diKarol Wojtyła. Indimenticabili igiorni che segnarono il passaggio

alla casa del Padre di san Giovanni Pao-lo II, dopo una lunga malattia vissutacon una testimonianza cristiana che at-trasse non solo i credenti ma anche per-sone lontane dalla Chiesa. Propriosull’insegnamento che il Papa polaccopuò darci oggi, in un momento di gran-de sofferenza globale a causa della pan-demia, si sofferma il cardinale AngeloComastri, vicario generale del Papa perlo Stato della Città del Vaticano, in que-sta intervista con i media vaticani.

Cardinale Angelo Comastri, il 2 aprile di15 anni fa, dopo una lunga malattia vissu-ta offrendo una straordinaria testimonianza,moriva san Giovanni Paolo II. Cosa ci of-fre oggi, in un contesto drammatico comequello che stiamo vivendo a causadell’emergenza coronavirus, la vita e l’esem-pio di Karol Wojtyła?

Il dilagare dell’epidemia, la crescitadei contagiati e il bollettino quotidianodel numero dei morti ha trovato impre-parata la società e ha messo in luce ilvuoto spirituale di molte persone. Ilgiornalista Indro Montanelli, poco primadi morire, uscì con questa considerazionelucida e onesta: «Se debbo chiudere gliocchi senza sapere da dove vengo e dovevado e che cosa sono venuto a fare suquesta terra, valeva la pena che aprissigli occhi? La mia è una dichiarazione difallimento!». Queste parole di Montanel-li fotografano la situazione di una partedell’attuale società. Anche per questo,l’epidemia spaventa: perché in tanta gen-te si è spenta la fede. Giovanni Paolo IIera un credente, un credente convinto,un credente coerente e la fede illuminavail cammino della sua vita.

Nonostante molte sofferenze vissute e la lun-ga malattia, Karol Wojtyła dava sempre lasensazione a chi lo incontrava di essere unuomo in pace e pieno di gioia...

Giovanni Paolo II sapeva che la vita èuna veloce corsa verso la “grande festa”:la festa dell’abbraccio con Dio, l’“infini-tamente felice”. Ma dobbiamo prepararciall’incontro, dobbiamo purificarci per es-sere pronti all’incontro, dobbiamo toglie-re le riserve di orgoglio e di egoismo chetutti abbiamo, per poter abbracciare Co-lui che è Amore senza ombre. GiovanniPaolo II viveva la sofferenza con questospirito: e, anche nei momenti più duri —come il momento dell’attentato — non hamai perso la serenità. Perché? Perchéaveva sempre davanti la meta della vita.Oggi molti non credono più nella metadella vita. Per questo motivo vivono ildolore con disperazione: perché non ve-dono al di là del dolore.

Giovanni Paolo II ha sempre trovato nelleesperienze di sofferenza, di dolore, una di-mensione di speranza, di speciale occasionedi incontro con il Signore. Ricordiamo sututto la lettera apostolica «Salvifici dolo-ris». Una sua riflessione su questo partico-lare carisma del Papa polacco?

Il dolore indubbiamente fa paura atutti, ma quando è illuminato dalla fedediventa una potatura dell’egoismo, dellebanalità e delle frivolezze. Di più. Noicristiani viviamo il dolore in comunionecon Gesù Crocifisso: aggrappati a Lui,noi riempiamo il dolore con l’amore e lotrasformiamo in una forza che contesta evince l’egoismo ancora presente nel mon-do. Giovanni Paolo II è stato un veromaestro del dolore redento dall’amore etrasformato in antidoto dell’egoismo e inredenzione dell’egoismo umano. Ciò èpossibile soltanto aprendo il cuore a Ge-sù: soltanto con Lui si capisce il dolore esi valorizza il dolore.

Quest’anno a causa dell’emergenza attuale,vivremo una Pasqua “inedita” per rispettarele disposizioni di contrasto al contagio. An-che l’ultima Pasqua di Giovanni Paolo II

fu segnata dalla malattia, dall’isolamento.Eppure ne abbiamo tutti un ricordo indele-bile. Quale insegnamento possiamo trarre daquell’ultima Pasqua di Papa Wojtyła guar-dando a quello che succede oggi?

Tutti ricordiamo l’ultimo Venerdì San-to di Giovanni Paolo II. Indimenticabileè la scena che abbiamo visto in televisio-ne: il Papa, ormai privo di forze, tenevail Crocifisso con le sue mani e lo guarda-va con stringente amore e si intuiva chediceva: «Gesù, anch’io sono in croce co-me te, ma insieme a te aspetto la risurre-zione». I santi sono vissuti tutti così. Milimito a ricordare Benedetta Bianchi Por-ro, divenuta cieca e sorda e paralizzata amotivo di una grave malattia, morta sere-namente il 24 gennaio 1964. Poco tempoprima, ebbe la forza di dettare una mera-vigliosa lettera per un giovane handicap-pato e disperato di nome Natalino. Eccocosa uscì dal cuore di Benedetta: «CaroNatalino, ho 26 anni come te. Il letto or-mai è la mia dimora. Da alcuni mesi so-no anche cieca, ma non sono disperata,perché io so che in fondo alla via Gesùmi aspetta. Caro Natalino, la vita è unaveloce passerella: non costruiamo la casasulla passerella, ma attraversiamola te-nendo stretta la mano di Gesù per arri-vare in Patria». Giovanni Paolo II era suquesta lunghezza d’onda.

In questo periodo segnato dalla pandemia,ogni giorno in diretta streaming su Vaticannews e sui media che lo ritrasmettono, tan-tissime persone si uniscono in preghiera allarecita dell’Angelus e del Rosario. Viene na-turale pensare a Giovanni Paolo II legato aMaria fin dallo stemma episcopale...

Sì, Giovanni Paolo II aveva voluto sulsuo stemma come motto queste parole:Totus tuus Maria. Perché? La Madonna èstata vicina a Gesù nel momento dellacrocifissione e ha creduto che quello erail momento della vittoria di Dio sullacattiveria umana. Come? Attraversol’amore che è la forza onnipotente diDio. E Maria, poco prima che Gesùconsumasse il Suo sacrificio di amoresulla Croce, ha sentito le parole impe-gnative che Gesù le ha rivolto: «Donna,ecco tuo figlio!». Cioè: «Non pensare ame, ma pensa agli altri, aiutali a trasfor-mare il dolore in amore, aiutali a credereche la bontà è la forza che vince la catti-veria». Maria da quel momento si preoc-cupa di noi e quando ci lasciamo guida-re da Lei siamo in mani sicure. GiovanniPaolo II ci credeva, si è fidato di Maria econ Maria ha trasformato il dolore in oc-casione di amore.

C’è da ultimo un aneddoto, una parola cheGiovanni Paolo II le ha rivolto e che a 15anni di distanza vuole condividere anchecome segno di speranza per tante personenel mondo, che soffrono, che hanno amato econtinuano ad amare Karol Wojtyła?

Nel marzo 2003, Giovanni Paolo IIm’invitò a predicare gli esercizi spiritualialla Curia romana. Anche lui partecipò aquel corso di esercizi spirituali con esem-plare raccoglimento. Al termine degliesercizi, mi ricevette con tanta bontà emi disse: «Ho pensato di regalarle unacroce come la mia». Io giocai sul doppiosenso della parola e dissi a GiovanniPaolo II: «Padre Santo è difficile che mipossa dare una croce come la sua...».Giovanni Paolo II sorrise e mi disse:«No... la croce è questa», e mi indicòuna croce pettorale che voleva donarmi.E poi aggiunse: «Anche lei avrà la suacroce: la trasformi in amore. Questa è lasaggezza che illumina la vita». Non hopiù dimenticato questo meraviglioso con-siglio che mi ha dato un santo.

di GI A M PA O L O MAT T E I

Q uel 2 aprile di 15 anni faho perso mio padre per laseconda volta. Lo stesso

giorno di primavera. Ventidue an-ni prima avevo perso il padre chemi aveva generato nella carne. Il2 aprile 2005 ho perso il padreche mi ha ri-generato nella fede.Li ho persi e so dunque di averliaccanto a me. Per sempre. La loromorte è avvenuta nell’orbita diPasqua: il lunedì dell’Angelo del1983 e i primi vespri della dome-nica in Albis del 2005.

Papa Giovanni Paolo II, scrivo,in prima persona, questa letteraper te. Con l’umile presunzionedi dar voce un po’ a tutti. Ag-giungendo subito un’altra presun-zione: che questo suggerimento diguardare oggi dentro se stessi,proprio attraverso la tua testimo-nianza, serva sul serio a rendercipersone migliori. Almeno un po’.Altrimenti ricordarti a quindicianni dalla tua morte sarebbeun’opportunità sprecata.

Padre santo, confesso subito lamia inadeguatezza: scrivo questalettera per te senza la preoccupa-zione di dire cose eccezionali, masolo per dirti grazie, per dirti cheti ho voluto e ti voglio bene. Inrealtà, non saprei proprio cosascrivere per raccontare anche solouna briciola del tuo pontificato.Sì, intervistare chi ti ha conosciu-to più da vicino; o, persino, sa-rebbe interessante oggi far parlaredavvero chiunque, anche chi nonha titoli ecclesiastici o accademici.

In realtà tutti noi siamo tue re-liquie. Tu sei stato co-autore, per

la sua testimonianza eroica di«medico cristiano».

Riprendo oggi in mano vecchitaccuini che straboccano di ap-punti e di stati d’animo che mihai fatto vivere. Mi brucia ancoranel petto il fuoco di quelle espe-rienze di grazia perché un pelle-grinaggio, un incontro, un’udien-za di Pietro continua sempre.Non termina mai. Papa Francescolo ha ricordato nel libro che rac-coglie la sua testimonianza su dite: San Giovanni Paolo II Ma g n o .

Padre santo, oggi ti scrivo per-ché voglio stare ancora un po’con te. Ho provato a raccontare ituoi passi in mille articoli sul tuogiornale — e tu mi hai insegnatocosa significa lavorare all’O sserva-tore — ma ora ogni parola mi pa-re «poco». Inadeguata. Scopro,scavandomi, che le uniche paroleadatte a te, ora, che mi vengonodritte dal cuore sono quelle dellapreghiera. Sbagliato per un gior-nalista? Penso di no. Sono le pa-role dell’impegno a convertirsi aCristo, ogni istante della vita. Oalmeno a provarci. Ecco quelloche ti scrivo adesso sul mio tac-cuino, come ai vecchi tempi, eche riporterò poi sul portatile.

E approfitto sfacciatamente, pa-dre santo, di questa opportunitàdi parlarti. Ti chiedo di aiutarmia essere, da cristiano, padre di fa-miglia e giornalista. Uomo. Miaccompagna un tuo gesto che miha segnato per sempre. Visitando,molti anni fa, la Casa Dono diMaria che hai affidato a madreTeresa in Vaticano, mi hai chiestose mia moglie era arrabbiata conte «per il troppo lavoro». Avevivisto, padre santo, l’anello

al dito “ancor prima del matrimo-nio: ma, allora, sei ancora solo...un seminarista!». E giù una risa-ta. E da allora quante volte — nel-le visite alle parrocchie romane,nelle udienze e nei viaggi — mihai guardato e, con un sorrisoquasi di complicità, hai accennatoal gesto di sfilarti e di rinfilarti aldito il tuo anello.

Sì, quasi un messaggio in codi-ce per una catechesi molto praticasul valore dell’anello, sulla forza,che non ha scadenza, di ogni sa-cramento. Padre santo, ho sosti-tuito poi, come sai, quell’anello difidanzamento con l’anello nuzia-le. Conservo il primo come segnoe benedizione della mia vocazio-ne in famiglia. E anche come tuare l i q u i a .

Per diciannove anni ti ho se-guito quasi ogni giorno. Per iltuo andare sempre incontro agliuomini, mi hai fatto percorrerestrade imprevedibili per uno diparrocchia di viale Marconi a cac-cia della sua poesia nella vita:dalle steppe del Kazakhstan allependici del monte Ararat, davantialla Sindone e in Terra Santa,nelle “catacomb e” ucraine e nellatua casa a Wadowice, negli slumsdi Calcutta, nelle capanne delBiafra e tra le macerie della Bo-snia ed Erzegovina. E, sì, anchenelle stanze del policlinico Ge-melli: nel tuo ultimo tratto distrada, in quell’ospedale ci hoquasi vissuto anche io, fisso.

Mi hai spedito a Calcutta per ifunerali di madre Teresa «perchéla intervistavi sempre» hai detto.E hai benedetto tracciandoci, so-pra il segno della croce, quell’arti-colo con la provenienza «Mosca»,scritto a macchina — i mezzi era-no quelli e la cortina di ferro an-cora non del tutto rimossa — cheavevo inviato per fax quando miavevi chiesto, espressamente, di«far parlare i testimoni», soprat-tutto giovani della chiesa di SanLuigi dei francesi che era propriodavanti alla famigerata Lubjanka,la sede del Kgb. Lo conservoquell’articolo dattiloscritto. Anchequello come tua reliquia.

Insomma, padre santo, mi haimesso a tu per tu con una voca-zione che se ci penso mi tremanole gambe. Riconosco la mia pic-colezza. L’ho ingoiata tutta d’unfiato questa vocazione — in fami-glia e nel giornale del Papa —provando a non aver paura. Co-me hai insegnato tu fin da subito:«Non abbiate paura!». E io ciprovo a non aver paura, padresanto, perché mi sono fidato di teche ti fidavi tenacemente di Dio edi sua Madre: me ne sono resoconto quando ti ho visto parlare— onestamente, persino alzare lavoce come fossi arrabbiato,sbattendo il pugno — faccia a fac-cia con l’immagine della Madon-na di Kalwaria, a te cara fin dabambino.

Mi hai testimoniato che devointrecciare il lavoro, il mio servi-zio con la mia vita. E tu adessogià lo sai dove vado a parare. Be-nedetta. Sì, mia figlia. Anche lei è

una tua reliquia. Fin da quando,dopo la messa celebrata a Pente-coste a Rijeka, in Croazia, nel tuocentesimo viaggio internazionale,hai saputo che sarebbe nata, tunon hai mai smesso di esserci pa-dre. Lo sei stato quando l’ho do-vuta battezzare io, di corsa, appe-na venuta al mondo, prima di undelicatissimo intervento chirurgi-co. Era piccola piccola, ma lo hacapito anche lei quando le arriva-vano quei cioccolatini tipici dellatua terra di origine e quella pallanatalizia con su scritto “Kraków”.E non sono reliquie?

Mi hai detto di aver pregatoper lei, in quei giorni, guardandole nove lettere che compongono ilsuo nome scritte su un foglio dicarta che hai tenuto nel cassettodell’inginocchiatoio nella tua cap-pella. L’ultima parola che mi hairivolto, con una voce che ormainon era più neppure voce, il no-me di mia figlia: lì c’era propriotutto.

Ci avevi lasciato da pochi mesi,e forse anche per questo ci seistato ancora di più padre, quandoBenedetta ha affrontato quell’ag-gressiva leucemia. In quei giorniho fatto memoria e tesoro delletue parole: «Affidati ai santi chehai conosciuto perché intercedanoe stiano accanto ai medici».

Ritorna la missione del medico.Ritorna il dottor Edmund Wo-jtyła. Ci hai fatto capire, padresanto, che una figlia con la sin-drome di Down e alle prese conl’esperienza della malattia non èuna cartella clinica. Non è venutamale: Benedetta è perfetta, esatta-mente così com’è. Il problema,piuttosto, è essere degni di Bene-detta: questo l’ho imparato da te.Ecco, per davvero hai intrecciatola grande storia dell’umanità, inte, con le nostre piccole storie.Con una nota: mi accorgo cheviene naturale parlare di vita an-che quando si deve ricordare, co-me oggi, la morte di un Papa. Eforse, padre santo, quello è statol’unico «sbaglio» che proprio nonsi poteva «corriggere».

Iniziativa della Pontificia Academia Mariana Internationalis

Marianel patto educativo globale

Il tempo del silenzio come tempo della ri-connessione. Si tiene il 2aprile una giornata di studio in preparazione al seminario di alta ri-cerca «Maria nel “patto educativo globale”? Esperienze, contenuti,prospettive» organizzata dalla Pontificia Academia Mariana Inter-nationalis (Pami) e dall’Osservatorio per le Policy InterdisciplinariInternazionali (Ospti). Oltre trenta studiosi e autorità istituzionali,culturali e religiose si collegheranno, in video conferenza attraversointernet, per confrontarsi su come la figura di Maria rifletta e rilanci«stili, valori, idee ed azioni capaci di orientare il bene comune dellaplurale famiglia umana e della stessa “casa comune” che è il Creatoin un’ottica multiculturale e interreligiosa». L’incontro internaziona-le nasce dal “Global compact on education” promosso da PapaFrancesco, che ha spinto l’Accademia a interrogarsi «sull’esistenzadi un simile potenziale educativo legato alla figura di Maria, siadentro che fuori il cristianesimo».

«Il ringraziamento del Santo Padre» èstato espresso dal cardinale segretariodi Stato Pietro Parolin — insieme aquello suo «personale» — a «ciascunlaico, religioso e sacerdote che prestaservizio presso la Santa Sede» in que-sto periodo drammaticamente segnatodalla pandemia provocata dal corona-v i ru s .

Attraverso una lettera inviata neigiorni scorsi ai capi dicastero dellaCuria romana, il porporato rivolge aidipendenti vaticani un incoraggiamen-to ad affrontare il «sacrificio che vienechiesto», dicendosi — nella consapevo-lezza delle «preoccupazioni», delle«difficoltà» e delle «fatiche» quotidia-

ne — grato «per lo spirito di disponi-bilità» con cui essi proseguono il «la-voro, seguendo con attenzione le mi-sure cautelative che sono state dispo-ste per limitare il più possibile il con-tagio».

La missiva si apre ricordando che«sono trascorse diverse settimane daquando in Italia sono stati confermatii primi casi di infezione da Covid-19».Da allora, prosegue il cardinale Paro-lin, il virus, «aggressivo e difficilmentearrestabile», non ha risparmiato nean-che «lo Stato della Città del Vaticanoe la Curia romana». Nonostante ciò —puntualizza — pur cercando di «salva-guardare la salute» delle persone, «i

dicasteri sono rimasti aperti, al fine digarantire l’esercizio del Ministero pe-trino». E pur riaffermando la necessitàdi «isolarsi», il porporato evidenziacome sia stato chiesto al personale dicontinuare, anche se «in misura ridot-ta, alternata e flessibile» a «recarsi inufficio» oppure, «ove possibile, disvolgere attività da casa». Aspetto —questo del lavoro delocalizzato — che,«perdurando la criticità», il segretariodi Stato raccomanda «con insistenzadi favorire e di implementare il piùpossibile», prima di concludere assicu-rando vicinanza nella preghiera ancheai famigliari del personale.

all’anulare della mia mano sini-stra.

Con un filo di voce, strappatoall’imbarazzo, ti ho risposto chenon ero ancora sposato: il mio eral’anello di fidanzamento. Mi rega-lasti un sorriso, padre santo, tuche sul valore degli anelli nuzialihai scritto la storia della «bottegadell’orefice». Mi hai detto cheavevo preso «proprio un bell’im-pegno cristiano» con quell’anello

un lungo tratto di strada,della biografia di ciascu-no di noi. Anche dei piùlontani dalla tua fede.Anche di coloro che, perragioni anagrafiche, nonhanno incrociato i tuoipassi sulle loro strade.

Finisco per accogliereil suggerimento dei colle-ghi della redazionedell’Osservatore Roma-no, e da figlio eccomi quia rivolgermi a te comepadre nella fede. Oltre-tutto in un’ora drammati-ca per la pandemia: maio ti ho visto piangere, asinghiozzi, padre santo,quel 22 maggio 1995 nel-la tua Polonia, davantialla lapide che ricordatuo fratello, il medicoEdmund, morto il 4 di-cembre 1932 in prima li-nea per non lasciare soli imalati colpiti dall’epide-mia di scarlattina,nell’ospedale di Biełsko-Biała dove era aiuto-pri-mario. Aveva 26 anni.

Epidemia... sembrauna notizia di oggi, pa-dre santo. E resto con-vinto che non si possacapire la tua testimonian-za personale sul valore salvificodella sofferenza — a te il Signoreha tolto il camminare e il parlare,due tue straordinarie leve di forza— senza far riferimento a Ed-mund. «Era un bravo medico eaveva un senso di humor mio fra-tello» dicesti quel giorno, in Po-lonia, piangendo a dirotto, com-mosso, perché a Edmund vennededicata una lapide per ricordare

L’attualità della testimonianzadel fratello medico Edmund, morto per non lasciare soli

i malati nell’epidemia di scarlattina

Giovanni Paolo II - Cappella Redemptoris Mater

Page 8: Purificati nelle prove della vita Nei panni di Tommaso: la ... · mente l’arte della parola. La scrit-tura era il web di 2500 anni fa, quella tecnologia, oggi come allora, stupefacente

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 2 aprile 2020

Nella messa a Santa Marta il Papa chiede di rilanciare l’informazione e anche la missione educativa soprattutto con i bambini

Chi lavora nei medianon faccia sentire isolate le persone

«Oggi vorrei che pregassimo pertutti coloro che lavorano nei media,che lavorano per comunicare oggi,perché la gente non si trovi tantoisolata; per l’educazione dei bambi-ni, per l’informazione, per aiutare asopportare questo tempo di chiusu-ra». È perché si svolga davvero ilservizio della comunicazione edell’educazione — non lasciando iso-late le persone, nonostante le limita-zioni imposte dalla pandemia — chePapa Francesco ha offerto mercoledìmattina, 1º aprile, la messa trasmessain diretta streaming dalla cappella diCasa Santa Marta.

Libertà — e cioè «rimanere nel Si-gnore» senza farsi prendere da ideo-logie — è la parola chiave suggeritadal vescovo di Roma nella sua medi-tazione, aperta in realtà dai versi 48e 49 del salmo 18 — «Tu mi liberi,Signore, dall’ira dei miei nemici. Tumi innalzi sopra i miei avversari, emi salvi dall’uomo violento» — p ro -clamati come antifona d’i n g re s s o .

È partendo dal passo del Vangelodi Giovanni (8, 31-42) che Francescoha centrato la meditazione sulla veraidentità del cristiano. «In questigiorni la Chiesa ci fa ascoltare il ca-

pitolo ottavo di Giovanni: c’è la di-scussione tanto forte tra Gesù e idottori della Legge» ha subito fattopresente il Papa. «Soprattutto — hacontinuato — si cerca di far vedere lapropria identità: Giovanni cerca diavvicinarci a quella lotta per chiarirela propria identità, sia di Gesù, co-me l’identità che hanno i dottori». E«Gesù li mette all’angolo, facendoloro vedere le proprie contraddizio-ni». Così i dottori della Legge «allafine non trovano altra uscita che l’in-sulto: è una delle pagine più tristi, èuna bestemmia. Insultano la Ma-donna».

«Parlando dell’identità — ha dettoancora il Pontefice — Gesù disse aigiudei che avevano creduto, consi-glia loro: “Se rimanete nella mia pa-rola, siete davvero i miei discepoli”».Qui, ha spiegato, «torna quella pa-rola tanto cara al Signore, la ripeteràtante volte e poi nella cena: rimane-re. “Rimanete in me”. Rimanere nelS i g n o re » .

In realtà, ha affermato Francesco,il Signore «non dice: “studiate bene,imparate bene le argomentazioni”;questo lo dà per scontato». Lui «vaalla cosa più importante, quella che,

se non si fa, è più pericolosa per lavita: rimanere. “Rimanete nella miap a ro l a ”». Perché, ha insistito il Papa,«coloro che rimangono nella paroladi Gesù hanno la propria identitàcristiana: “Siete davvero miei disce-p oli”».

«L’identità cristiana — ha rilancia-to il Papa — non è una carta che di-ce: “io sono cristiano”, una cartad’identità, no. È il discepolato». Edunque «tu, se rimani nel Signore,nella Parola del Signore, nella vitadel Signore, sarai discepolo». Ma«se non rimani — ha aggiunto — sa-rai uno che simpatizza con la dottri-na, che segue Gesù come un uomoche fa tanta beneficenza, è tantobuono, che ha dei valori giusti». Pe-rò «il discepolato è proprio la veraidentità del cristiano».

E «sarà il discepolato che ci daràla libertà: il discepolo è un uomo li-bero perché rimane nel Signore» haaffermato Francesco. Suggerendo su-bito una meditazione in più: ma«cosa significa “rimane nel Signo-re ”»? Vuol dire «lasciarsi guidaredallo Spirito Santo». E «il discepolo— ha detto il Pontefice — si lasciaguidare dallo Spirito; per questo il

discepolo è sempre un uomo dellatradizione e della novità, è un uomolibero». Libero perché «mai sogget-to a ideologie, a dottrine dentro lavita cristiana, dottrine che possonodiscutersi». Il discepolo «rimane nelSignore» ed «è lo Spirito che ispira:quando cantiamo allo Spirito, gli di-ciamo che è un ospite dell’anima,che abita in noi, ma questo soltantose noi rimaniamo nel Signore».

Il Papa ha invitato a chiedere «alSignore che ci faccia conoscere que-sta saggezza di rimanere in Lui e cifaccia conoscere quella familiaritàcon lo Spirito», perché «lo SpiritoSanto ci dà la libertà». E proprio«questa è l’unzione: chi rimane nelSignore è discepolo, e il discepolo èun unto, un unto dallo Spirito, cheha ricevuto l’unzione dello Spirito ela porta avanti».

In sostanza, ha proseguito il Pon-tefice, «questa è la strada che Gesùci fa vedere per la libertà e ancheper la vita; e il discepolato è l’unzio-ne che ricevono coloro che rimango-no nel Signore».

Concludendo l’omelia, Francescoha suggerito di pregare il Signoreperché «ci faccia capire questa sag-

gezza dell’unzione dello Spirito San-to che ci fa discepoli». Si tratta diqualcosa che «non è facile», ha rico-nosciuto. Tanto che, come raccontail Vangelo di Giovanni, «i dottorinon l’avevano capito». Il fatto è che«non si capisce soltanto con la te-sta» ma «si capisce con la testa econ il cuore».

Successivamente, con la preghieradel cardinale Merry del Val il Papaha invitato «le persone che non pos-sono comunicarsi sacramentalmente»a fare la comunione spirituale. Con-

cludendo la celebrazione con l’ado-razione e la benedizione eucaristica.Per poi affidare alla Madre di Dio lasua preghiera, sostando davantiall’immagine mariana nella cappelladi Casa Santa Marta, accompagnatodal canto dell’antifona Ave ReginaCaelorum.

Successivamente, a mezzogiorno,nella basilica Vaticana il cardinalearciprete Angelo Comastri ha rilan-ciato la preghiera del vescovo di Ro-ma guidando la recita dell’Angelus edel rosario.

All’udienza generale il Pontefice riprende le catechesi sulle Beatitudini

Nelle prove della vita un cammino di purificazione

Ai fedeli polacchi

L’aiuto di san Giovanni Paolo II in questi giorni difficiliNomina episcopale

in Sud AfricaZolile Peter Mpambani

arcivescovo di Bloemfontein

Nato il 20 febbraio 1957, a Umlamli, nelladiocesi di Aliwal, ha emesso la professionereligiosa nella congregazione del Sacro Cuoredi Gesù (dehoniani) il 28 gennaio 1982. Hastudiato filosofia e teologia presso il semina-rio maggiore di Saint Joseph, a Cedara, edè stato ordinato sacerdote il 25 aprile 1987, ri-coprendo i seguenti incarichi: vicario nellaparrocchia di Sterkspruit (1987-1990); parrocoa Burgerdorp (1990-1993); maestro del pre-noviziato della provincia dehoniana (1994-1997); consigliere generale per Africa e Ma-dagascar del governo centrale del suo istitu-to, a Roma (1998-2003). Dopo un anno sab-batico (2004-2005) è stato maestro del pre-noviziato, superiore locale della comunità diBethulie e direttore della Dehonian House, aScottsville - Pitermartizburg (2005-2010),quindi ha svolto il ministero (insieme al Vica-rio generale) nella parrocchia di Sterks p ru i t ,in diocesi di Aliwal (2011-2013). Da febbraioa maggio 2013 è stato superiore della provin-cia sudafricana della sua congregazione. No-minato vescovo di Kokstad il 6 maggio 2013,ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 3 ago-sto successivo. In seno alla Conferenza deivescovi dell’Africa meridionale si occupadell’ufficio per la formazione, la vita e l’ap o-stolato dei laici.

Al termine della catechesi, prima di recitareil “Pater noster” e impartire la benedizioneapostolica, il Pontefice ha rivolto espressionidi saluto ai fedeli che lo seguivano attraversoi media.

Saluto cordialmente le persone di linguafrancese. Fratelli e sorelle, approfittiamo diquesto tempo di Quaresima per ascoltarequesta sete di Dio che abita in noi. Conti-nuiamo il nostro cammino di liberazioneche, attraverso le prove e le purificazionidella vita, ci conduce alla gloria del cielo.Dio vi benedica.

Saluto i fedeli di lingua inglese collegatiattraverso i mezzi di comunicazione socialenel nostro cammino quaresimale verso laPasqua. Su di voi e sulle vostre famiglie in-voco la forza e la pace che vengono dal Si-gnore Gesù Cristo. Dio vi benedica!

Rivolgo un saluto cordiale ai fedeli dilingua tedesca. Contempliamo in questo pe-riodo di prova il volto del Signore crocifis-so e morto per noi, affinché riconosciamonella sua Croce la fonte della vera speranzae gioia, attraverso la quale Egli ha vintoogni male.

Saludo cordialmente a los fieles de len-gua española, que siguen esta catequesis através de los medios de comunicación so-cial. Pidamos al Señor que nos conceda pu-

reza y sencillez de corazón para descubrirsu Providencia en los sucesos de la vida co-tidiana. Y tengamos presentes, en estos mo-mentos de prueba y oscuridad, a todosnuestros hermanos y hermanas que sufren,y a quienes los ayudan y acompañan conamor y generosidad. Que Dios los bendiga.

Cari ascoltatori di lingua portoghese, visaluto tutti e invito a vivere con l’interaChiesa, in pensiero e di cuore, la prossimaSettimana Santa, che presenta ai nostri oc-chi la Croce dove Gesù ha preso su di sé eha sopportato ogni tragedia dell’umanità.Non possiamo dimenticare le tragedie deinostri giorni, perché la Passione del Signorecontinua nella sofferenza degli uomini. Ivostri cuori trovino, nella Croce di Cristo,sostegno e conforto in mezzo alle tribola-zioni della vita; abbracciando la Croce co-me Lui, con umiltà, fiducia e abbandono fi-liale alla volontà di Dio, avrete parte allagloria della Risurrezione.

Saluto tutti i fedeli di lingua araba! Carifratelli e sorelle, per poter vedere Dio dob-biamo purificare e liberare i nostri cuori dainostri peccati di invidia, di ira, di falsità, diodio, di egoismo, di incredulità... attraversola preghiera, la carità e la misericordia. IlSignore vi benedica tutti e vi protegga sem-pre dal maligno!

Saluto cordialmente i Polacchi. Fratelli esorelle, l’uomo di oggi scorge i segni dimorte divenuti più presenti sull’orizzontedella civiltà. Vive sempre più nella paura,minacciato nel nucleo stesso della sua esi-stenza. Quando vi sentirete in difficoltà, ilvostro pensiero corra allora a Cristo: sap-piate che non siete soli. Egli vi accompagnae mai delude. In questi giorni difficili chestiamo vivendo, vi incoraggio ad affidarvi

alla Divina Misericordia e all’i n t e rc e s s i o n edi San Giovanni Paolo II, alla vigilia del 15°anniversario della sua morte. Di cuore vib enedico.

Saluto cordialmente i fedeli di lingua ita-liana. Il mio pensiero va, in particolare, aigruppi che da tempo si erano prenotati peressere presenti oggi. Tra questi, i ragazzidella professione di fede della Diocesi diMilano, collegati a questo incontro tramite imezzi di comunicazione sociale. Cari ragaz-zi, anche se il vostro pellegrinaggio a Romaè solo virtuale, mi sembra quasi di percepi-re la vostra gioiosa e rumorosa presenza, re-sa concreta anche dai tanti messaggi scrittiche mi avete inviato: ne avete inviati tanti, esono belli! Sono belli, belli i messaggi.Grazie tante. Grazie per questa unione connoi. Pregate per me, non dimenticatevi. Viringrazio e vi incoraggio a vivere sempre lafede con entusiasmo e a non perdere la spe-ranza in Gesù, l’amico fedele che riempie difelicità la nostra vita, anche nei momentidifficili.

Saluto infine i giovani, i malati, gli anzia-ni e gli sposi novelli. L’ultimo scorcio deltempo quaresimale che stiamo vivendo pos-sa favorire un’adeguata preparazione allacelebrazione della Pasqua, conducendo cia-scuno ad una ancor più sentita vicinanza aCristo. A tutti la mia Benedizione.

Pubblichiamo di seguito il testo dellacatechesi pronunciata dal Papa all’udienzagenerale svoltasi mercoledì mattina,1° aprile, nella Biblioteca privata delPalazzo apostolico Vaticano, senza lapresenza di fedeli per contrastare l’e m e rg e n z ada coronavirus. Riprendendo il ciclo diriflessioni sulle Beatitudini, il Pontefice si èsoffermato sulla sesta: «Beati i puri dicuore, perché vedranno Dio» (Mt 5, 8).

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Oggi leggiamo insieme la sesta beatitudi-ne, che promette la visione di Dio e hacome condizione la purezza del cuore.

Dice un Salmo: «Il mio cuore ripete iltuo invito: “Cercate il mio volto!”. Il tuovolto, Signore, io cerco. Non nasconder-mi il tuo volto» (27, 8-9).

Questo linguaggio manifesta la sete diuna relazione personale con Dio, nonmeccanica, non un po’ nebulosa, no: per-sonale, che anche il libro di Giobbeesprime come segno di un rapporto since-ro. Dice così, il libro di Giobbe: «Io ticonoscevo solo per sentito dire, ma ora imiei occhi ti hanno veduto» (Gb 42, 5). Etante volte io penso che questo è il cam-mino della vita, nei nostri rapporti conDio. Conosciamo Dio per sentito dire,ma con la nostra esperienza andiamoavanti, avanti, avanti e alla fine lo cono-sciamo direttamente, se siamo fedeli... Equesta è la maturità dello Spirito.

Come arrivare a questa intimità, a co-noscere Dio con gli occhi? Si può pensa-re ai discepoli di Emmaus, per esempio,che hanno il Signore Gesù accanto a sé,«ma i loro occhi erano impediti a ricono-scerlo» (Lc 24, 16). Il Signore schiuderà illoro sguardo al termine di un camminoche culmina con la frazione del pane edera iniziato con un rimprovero: «Stolti elenti di cuore a credere in tutto ciò chehanno detto i profeti!» (Lc 24, 25). Quel-lo è il rimprovero dell’inizio. Ecco l’origi-ne della loro cecità: il loro cuore stolto elento. E quando il cuore è stolto e lento,non si vedono le cose. Si vedono le cosecome annuvolate. Qui sta la saggezza diquesta beatitudine: per poter contemplareè necessario entrare dentro di noi e farspazio a Dio, perché, come dice S. Ago-stino, «Dio è più intimo a me di me stes-so» (“interior intimo meo”: Confessioni, III,6, 11). Per vedere Dio non serve cambiareocchiali o punto di osservazione, o cam-biare autori teologici che insegnino ilcammino: bisogna liberare il cuore daisuoi inganni! Questa strada è l’unica.

Questa è una maturazione decisiva:quando ci rendiamo conto che il nostropeggior nemico, spesso, è nascosto nelnostro cuore. La battaglia più nobile èquella contro gli inganni interiori che ge-nerano i nostri peccati. Perché i peccaticambiano la visione interiore, cambianola valutazione delle cose, fanno vederecose che non sono vere, o almeno chenon sono così v e re .

È dunque importante capire cosa sia la“purezza del cuore”. Per farlo bisogna ri-cordare che per la Bibbia il cuore nonconsiste solo nei sentimenti, ma è il luogopiù intimo dell’essere umano, lo spaziointeriore dove una persona è sé stessa.Questo, secondo la mentalità biblica.

Lo stesso Vangelo di Matteo dice: «Sela luce che è in te è tenebra, quanto gran-de sarà la tenebra!» (6, 23). Questa “lu-ce” è lo sguardo del cuore, la prospettiva,la sintesi, il punto da cui si legge la realtà(cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium, 143).

Ma cosa vuol dire cuore “p u ro ”? Il pu-ro di cuore vive alla presenza del Signore,conservando nel cuore quel che è degnodella relazione con Lui; solo così possie-de una vita “unificata”, lineare, non tor-tuosa ma semplice.

Il cuore purificato è quindi il risultatodi un processo che implica una liberazio-ne e una rinuncia. Il puro di cuore nonnasce tale, ha vissuto una semplificazioneinteriore, imparando a rinnegare in sé ilmale, cosa che nella Bibbia si chiama cir-concisione del cuore (cfr. Dt 10, 16; 30, 6;Ez 44, 9; Ger 4, 4).

Questa purificazione interiore implicail riconoscimento di quella parte del cuo-re che è sotto l’influsso del male — “Sa,Padre, io sento così, penso così, vedo co-sì, e questo è brutto”: riconoscere la partebrutta, la parte che è annuvolata dal male— per apprendere l’arte di lasciarsi sem-pre ammaestrare e condurre dallo SpiritoSanto. Il cammino dal cuore malato, dal

cuore peccatore, dal cuore che non puòvedere bene le cose, perché è nel peccato,alla pienezza della luce del cuore è operadello Spirito Santo. È lui che ci guida acompiere questo cammino. Ecco, attraver-so questo cammino del cuore, arriviamo a“vedere Dio”.

In questa visione beatifica c’è una di-mensione futura, escatologica, come intutte le Beatitudini: è la gioia del Regnodei Cieli verso cui andiamo. Ma c’è an-che l’altra dimensione: vedere Dio vuoldire intendere i disegni della Provvidenzain quel che ci accade, riconoscere la suapresenza nei Sacramenti, la sua presenzanei fratelli, soprattutto poveri e sofferenti,e riconoscerlo dove Lui si manifesta (cfr.Catechismo della Chiesa Cattolica, 2519).

Questa beatitudine è un po’ il fruttodelle precedenti: se abbiamo ascoltato lasete del bene che abita in noi e siamoconsapevoli di vivere di misericordia, ini-zia un cammino di liberazione che duratutta la vita e ci conduce fino al Cielo. Èun lavoro serio, un lavoro che fa lo Spiri-to Santo se noi gli diamo spazio perchélo faccia, se siamo aperti all’azione delloSpirito Santo. Per questo possiamo direche è un’opera di Dio in noi — nelle pro-ve e nelle purificazioni della vita — e que-sta opera di Dio e dello Spirito Santoporta a una gioia grande, a una pace ve-ra. Non abbiamo paura, apriamo le portedel nostro cuore allo Spirito Santo perchéci purifichi e ci porti avanti in questocammino verso la gioia piena.