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Islanda, una rivoluzione a metà Nuova cosmologia: verso l’Infinito e oltre Il Mistero della Natività e l’Era dell’Avvento Astana: una capitale del Nuovo Ordine Mondiale? powered by N. 2, vol. 2 - 2011/12 GEOPOLITICA ECONOMIA SALUTE SCIENZA & TECNOLOGIA 8,00 - Supplemento al nr. 95 di Nexus New Times Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD PUNTOZERO L’auto elettrica dà i numeri Concept One, una supercar da 1088 cv e 305 Km/h

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In questi tempi sempre più frenetici, durante i quali tenere il passo degli eventi dal punto di vista mediatico e inquadrarli in un contesto coerente diventa sempre più difficile, si è reso necessario espandere la qualità delle informazioni pubblicate dall’edizione italiana della rivista NEXUS New Times tramite un supplemento semestrale tutto nuovo. PuntoZero si presenta con una veste grafica raffinata, scorrevole, a colori, e contenuti all’altezza delle aspettative dei numerosi estimatori che da anni apprezzano le tematiche e gli articoli proposti da NEXUS, grazie anche al prezioso contributo di prestigiosi collaboratori internazionali. Siamo certi che PuntoZero saprà guadagnarsi un posto di rilievo nel panorama editoriale nazionale, a partire dal primo numero che da maggio sarà in distribuzione nelle migliori edicole e librerie.

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Islanda, una rivoluzione a metà

Nuova cosmologia: verso l’Infinito e oltre

Il Mistero della Natività e l’Era dell’Avvento

Astana: una capitale del Nuovo Ordine Mondiale?

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l’auto elettrica dà i numericoncept One, una supercar da 1088 cv e 305 Km/h

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In retrospettiva, la rivolta del popolo islandese contro il potere finanziario internazionale è stata una grande lezione sociologica per tutti noi e uno sprone a intraprendere iniziative analoghe, ma purtroppo le fondamenta di quella rivoluzione sono assai meno solide di quanto possa sembrare.

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Un’immagine delle proteste in Islanda. Foto: Magnus Fröderberg/norden.org

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Della rivoluzione islandese i mass media hanno parla-to poco, perché controllati dal capitalismo contro i cui interessi e affari si è mosso il popolo islandese. Infor-mare Greci, Irlandesi, Portoghesi, Spagnoli, Italiani, ma anche i Tedeschi, di quei fatti, del modo in cui gli Islandesi si sono tolti la morsa del debito, potrebbe compromettere i piani di gestione e sfruttamento di quelle nazioni, così brillantemente avviati, negli ulti-mi tempi, col Fondo Salvastati (Efsf ) che, senza salva-re la Grecia o l’Euro, procurerà agli speculatori bancari un profitto sicuro a carico dei cittadini dell’Eurozona. Ma la rivoluzione islandese appare incompleta, zoppa, a causa di una lacuna strutturale della nuova carta co-stituzionale che si sono dati a seguito della rivoluzio-ne. Una lacuna che probabilmente riflette un vuoto di consapevolezza della natura, o meglio delle possibili nature, della moneta e dell’attività bancaria. Una lacu-na che verosimilmente, se non colmata, porterà entro qualche anno l’Islanda a perdere quanto ha conquista-to: la libertà dall’usura e la prospettiva di un domani decente.Agli inizi dello scorso decennio l’Islanda adottò le ricette neoliberiste e globaliste. Privatizzò completa-mente il sistema bancario. Le principali banche ini-ziarono ad attrarre depositi dall’estero (soprattutto da Gran Bretagna e Olanda) offrendo elevati tassi di interesse. I depositi e i conti amministrati sono, per le banche, debiti verso i clienti. Il reddito nazionale crebbe notevolmente per diversi anni. Rapidamente, però, il debito totale delle banche islandesi verso i clienti stranieri ascese a un multiplo del PIL islandese.

Nel 2008, era il nonuplo. I banchieri islandesi usava-no i soldi depositati (la c.d. raccolta) per eseguire pre-stiti anomali in favore di soggetti a loro collegati e per speculare sui mercati finanziari mondiali realizzando i loro profitti – ma, evidentemente, non rimettendoli nel patrimonio delle banche. Nessuna autorità mone-taria vigilava sul loro operato.Allorquando i mercati finanziari crollarono, ovvero intorno alla metà del 2008, le banche islandesi di-vennero insolventi, incapaci di restituire i depositi ricevuti. I depositanti, sia cittadini che imprese che fondi d’investimento e previdenziali, nonché pubbli-che amministrazioni, si ritrovarono a rischio di per-dere tutto. I governi britannico e olandese promisero di indennizzarli di tale perdita, ma pretendevano che l’Islanda li rimborsasse. La Corona islandese si svalutò dell’85%, la borsa del 90%, il PIL calò nettamente, il debito pubblico passò dal 28 al 90% del PIL. Il FMI intervenne offrendo i suoi “aiuti” per un piano di pa-gamento che sarebbe costato una condanna alla pover-tà. Una socializzazione dei danni causati dai banchieri islandesi e non nella loro attività di predazione frau-dolenta, che le autorità preposte – ripetiamo – non avevano sorvegliato né tantomeno bloccato.Il governo conservatore, allora in carica in Islanda, fu sostituito da uno di “sinistra”, che però aderì alle ri-chieste straniere di rimborso per oltre 5 miliardi di Euro (al 5,5% annuo di interesse), pari al 6% del PIL per 15 anni, 100 euro al mese a persona. Il parlamento a maggioranza di “sinistra” approvò, il 28 agosto 2009, il piano di sacrifici per la gente e gli aiuti del FMI. Il

L’autoreMarco Della Luna, 1958, laureato in legge e in psicologia, avvocato, studia gli strumenti di dominazione sociale, economica, psicologica. Ha particolarmente approfondito la problematica delle sette, delle religioni, dei condizionamenti sociali operati attraverso il sistema monetario, la moneta-debito e il signoraggio. Le sue opere hanno suscitato o ispirato numerose iniziative e associazioni miranti alla liberazione del pensiero e della persona dalle illusioni attraverso cui vengono limitate, pilotate e sfruttate. Autore di best sellers come Euroschiavi e Neuroschiavi, con Nexus Edizioni ha pubblicato, oltre a Il Codice di Mâya, La Moneta Copernicana e Polli da Spennare.

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popolo però si sollevò contro il parlamento, e il Presi-dente della Repubblica dovette porre il veto alla legge e rimettere la decisione alla volontà popolare, median-te un plebiscito, tenutosi nel marzo 2011. L’esito fu il 93% di “no” al piano, nonostante le minacce di isola-mento e boicottaggio da parte della predetta finanza, del FMI, e soprattutto della Gran Bretagna, che aveva ordinato addirittura il congelamento dei beni islandesi sul proprio territorio, applicando le norme predispo-ste contro il terrorismo (8 ottobre 2008).Il popolo islandese scese nelle piazze per opporsi alla socializzazione dei danni prodotti dai banchieri, com-batté a lungo contro la polizia che difendeva i parla-mentari e i politici, che a loro volta, anche quelli se-dicenti di sinistra, sostenevano quel piano. Combatté corpo a corpo coi “tutori dell’ordine” o “della legge”, e alla fine vinse la battaglia contro quello stesso “or-dine”, quella stessa “legge”, e fondò una nuova legali-tà – una legalità democratica, almeno nelle intenzio-ni. Il governo fu costretto a sostituire il governatore della banca centrale, a nazionalizzare le banche o ad assumere il loro management, a fare un rimpasto, a

perseguire penalmente i banchieri predoni (che però fuggirono all’estero), a consentire la convocazione di un’assemblea costituente, a cui potevano partecipare esclusivamente cittadini non iscritti a partiti politici – perché la gente aveva capito che i partiti politici erano compromessi con i finanzieri sovranazionali che ave-vano causato il danno e ora volevano approfittarne per dominare il paese.Il consiglio costituente, aprendosi all’apporto di tut-ti via Internet, ha recentemente elaborato una nuova Carta Costituzionale. Intanto, nel 2010 la recessione è finita e ora l’economia è in ripresa.Nelle scadenti traduzioni che ho potuto consultare, ho trovato questa nuova carta costituzionale alquan-to deludente, perché essa mostra che i suoi redattori non hanno riflettuto sulle cause strutturali di quanto era successo, sulla natura del credito, sul ruolo delle banche, sulla sovranità monetaria. Non hanno capi-to la natura della moneta e dell’attività bancaria, né l’origine del problema (mondiale e non specificamen-te islandese) del debito e delle maxi-frodi finanziarie. Infatti non si trovano, nel testo costituzionale, articoli

Il popolo islandese scese nelle piazze per opporsi alla socializzazione dei danni pro-dotti dai banchieri, combatté a lungo contro la polizia che difendeva i parlamentari e i politici, che a loro volta, anche quelli sedicenti di sinistra, sostenevano quel piano.

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che regolino la titolarità della sovranità monetaria e il suo esercizio. Quei rivoluzionari non hanno stabilito, cioè, che la sovranità economica e monetaria appar-tiene ai cittadini; che il potere di emettere denaro e di fissare il tasso di interesse è esercitato da essi attraver-so appositi organi costituzionali; che la proprietà del denaro e del potere d’acquisto in esso incorporato, al momento dell’emissione, appartiene ai cittadini; che la valuta nazionale e tutti gli strumenti monetari pub-blici sono emessi da un organo dello stato e non presi a prestito da banche private; che le banche possono raccogliere depositi ed erogare finanziamenti, ma non possono creare strumenti monetari.La normativa islandese stabilisce soltanto che la banca centrale è un istituto pubblico posseduto dallo Sta-to e sottoposto al ministro dell’economia nonché al controllo di una commissione parlamentare. Inoltre, si tratta solamente di una legge ordinaria del 1961 (la

n. 36), non di norme di rango costituzionale. E non è esplicitato che la moneta emessa da questa banca centrale è, al momento dell’emissione, di proprietà dei cittadini. Né è stabilito che la moneta nasca senza generazione di debito. Né è regolata la creazione della moneta-credito bancaria. Per il resto, a quanto sembra dalla lettura della legge sulla banca centrale islandese,

questa funziona come le altre, in quanto alla creazio-ne monetaria – cioè genera debito. Quindi, sostan-zialmente, la sovranità monetaria non è normata ed è lasciata alla interpretazione e alla prassi dei tecnici finanziari.Le anzidette lacune nell’ordinamento giuridico e nella comprensione della sovranità monetaria (che meglio sarà lumeggiata nel proseguimento) aprono la porta al ritorno o all’insorgere dell’indebitamento pubblico tendenzialmente inestinguibile e illimitato (come quel-lo della gran parte dei paesi), delle insolvenze bancarie, dei credit crunch e delle conseguenti recessioni indotte. Ciò che si trova, nel testo costituzionale, è solo una norma, l’art. 72, 2°C., che esclude che lo Stato possa garantire l’adempimento di obbligazione di privati, se non per legge e in base al pubblico interesse. Questa norma deriva chiaramente dall’esperienza recente, in cui i partiti politici, su pressione estera, avevano deciso

che lo Stato facesse fronte alle obbligazioni delle ban-che private insolventi verso i depositati stranieri.Che cosa ha dimostrato o confermato la vicenda della rivoluzione islandese? Ha dimostrato:Che la ricetta liberista non garantisce efficienza né sta-bilità né equilibrio dei mercati, ma si presta agli abusi dei cartelli (bancari, in questo caso) che manipolano il mercato (non libero);Che il potere monetario e bancario è usato per domi-nare e sfruttare i popoli, e al contempo per guidare la politica;Che la comunità bancaria pianifica operazioni di me-dio termine che producono, all’inizio, incremento dei redditi, quindi consenso e sostegno popolare per far approvare certe linee politiche, ma poi produco-no grandi profitti per loro e grandi devastazioni per la gente (vedi aiuti della Banca Mondiale e del FMI, soprattutto nel Terzo Mondo e in Sud America);Che la comunità bancaria ricorre al divide et impera, ossia crea contrapposizione di interessi tra cittadini islandesi e risparmiatori stranieri (britannici, olan-

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La normativa islandese stabilisce soltanto che la banca centrale è un istituto pubblico posseduto dallo Stato e sottoposto al ministro dell’economia nonché al controllo di una commissione parlamentare.

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desi), così da non apparire essa stessa come causa dei problemi e così da far esplodere i conflitti tra soggetti diversi da essa stessa, che è la vera responsabile;Che essa è sostenuta dal FMI, dalle autorità finanzia-rie e dai governi, nonché dai partiti politici, anche da quelli che si presentano come popolari o di sinistra;Che il popolo, fintantoché le cose vanno bene in su-perficie, non si chiede se, sotto la superficie, siano in corso processi che preparano disastri finanziari;Che le istituzioni pubbliche preposte ai controlli con-tro gli abusi finanziari non esercitano tali controlli per prevenire quei disastri, ma intervengono solo dopo l’esplosione della crisi;Che il parlamento formalmente eletto dal popolo non è leale al popolo ma agli interessi del potere finanziario e va contro gli interessi del popolo, quindi il presup-posto della democrazia rappresentativa non funziona;Che il popolo, quando si accorge di un grave e im-

minente male che lo sta per colpire o l’ha già colpito, può reagire con la forza e in massa fino ad abbattere l’ordinamento politico-economico;Che un popolo (o perlomeno un popolo piccolissimo e su un’isola remota) può sottrarsi ai programmi di sfrut-tamento e impoverimento attraverso la morsa del debi-to, se insorge contro i poteri pseudo-rappresentativi del-le istituzioni e se è disposto a combattere materialmente contro le forze di polizia che proteggono gli interessi della grande finanza col pretesto della legalità formale;

Che il popolo è però miope e non riesce ad avere una visione profonda e sistemica, fermandosi alla consi-derazione dei problemi con cui è venuto in contatto diretto, e non andando alle loro cause sottostanti;Che in tal modo il popolo lascia aperte le porte a un’a-zione tecnica di medio-lungo termine, da parte della grande finanza, mirante al ripristino delle condizioni strutturali di sfruttamento: una cosa analoga avven-ne con gli USA e la loro Guerra di Indipendenza dal Regno Unito – una guerra combattuta e vinta per sottrarsi a un sistema di sfruttamento bancario-mo-netario, ma che fu persa nel lungo termine via via che la comunità bancaria britannica riuscì a riprendersi la sovranità monetaria con strumenti tecnici, quindi poco riconoscibili dai non-specialisti, e attraverso l’u-so delle stesse istituzioni federali degli USA. La storia degli USA è sostanzialmente la storia di questa ricon-quista e delle perdenti lotte per opporsi ad essa, come

brillantemente esposto da Ellen Brown nel suo recente saggio Web of Debt.Alcune fonti hanno esortato a replicare la rivoluzio-ne islandese nei paesi europei oppressi dal processo di indebitamento e recessione. Indipendentemente dai suddetti limiti dei suoi risultati, la riforma Islandese non è però trasferibile alla Grecia e all’Eurozona in ge-nerale, per diverse ragioni, a cominciare dalle seguenti:1) I paesi soggetti all’Euro e alla BCE in forza del Trat-tato di Maastricht non possono fare una politica ban-caria e monetaria propria, avendo ceduto la relativa sovranità; gli stati nazionali, aderenti alla zona euro, hanno alienato la loro possibilità di esercitare una po-litica monetaria, che sarebbe stata indispensabile per combattere l’inflazione in quei paesi ove si è manife-stata ed ove si manifesterà.2) L’Islanda aveva un problema di indebitamento verso l’estero delle proprie banche private, mentre il problema principale dei paesi dell’Eurozona è l’inde-bitamento pubblico, con i titoli del debito pubblico in buona parte detenuti da soggetti privati e bancari interni all’Eurozona stessa.

Democrazia in rete: i cittadini islandesi contribuiscono alla nuova costituzione

Alcune fonti hanno esortato a replicare la rivoluzione islandese nei paesi europei oppressi dal processo di indebitamento e recessione.

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Gli stati membri dell’UE definiti P.I.I.G.S. hanno subito l’esercizio centralizzato della politica moneta-ria da parte della BCE, ricorrendo MALISSIMO alla sola politica fiscale (senza l’appartenenza alla zona euro, in assenza di una fiscalità comune unica, gli stati avrebbero potuto ricorrere sia alla politica fiscale che a quella monetaria). In effetti i paesi P.I.I.G.S. hanno aumentato addirittura la spesa pubblica producendo maggiori deficit (propagandati alla plebe come “deficit spending”, che hanno addirittura generato moltipli-catori monetari negativi) e maggior debito pubblico delle P.A. La BCE ha nello statuto il fine istituzionale di proteggere il potere d’acquisto dell’Euro ma, sotto il pretesto di perseguire tale fine, ha prodotto l’opposto. La politica monetaria espansionistica della BCE, inve-ce di controllare i vari livelli d’inflazione (e l’adozione di un tasso d’interesse comune non permette di rag-giungere questo obiettivo!), ha generato altri gravissi-mi focolai di aumento dei prezzi, con la creazione di bond europei e, quindi, di base monetaria. I paesi vir-tuosi, in soccorso dei paesi P.I.I.G.S., subiranno, pri-ma o poi, la propagazione dell’inflazione dei paesi non virtuosi, tenendo conto delle pecche della Germania,

le cui banche, come quelle francesi, sono detentrici di grandi quantità di titoli del debito pubblico.Stante questa premessa, era ab initio logicamente pre-vedibile che la BCE non avrebbe potuto e non può ora controllare “i diversi livelli d’inflazione” nei singoli paesi. Questo ci fa comprendere come fossero e come continuino ad essere impreparati i dirigenti della BCE e dell’UE. La BCE, paradossalmente, rifiuta di rivelare quanti euro ha emesso. A diretta richiesta di Marco Saba, in data 3 maggio 2011, concernente il volume di crediti erogati, la BCE ha risposto: “As far as your query is concerned, first of all, we regret to inform you that we do not release data on credit lines.” Eviden-temente tiene nascosti i dati quantitativi per sostenere l’Euro: volendo rimpiazzare con il suo Euro il Dollaro USA, sta percorrendo la stessa identica strada del dol-laro, la cui consistenza globale (quantità di moneta in senso lato) è del tutto ignota agli operatori finanziari, oltreché alla FED.Eliminare per via puramente contabile i debiti pub-blici non si può. C’è una via di mezzo, che è quella di incominciare gradualmente, se non si vuol causare un disastro, a compensare il valore dei titoli nei singoli

La BCE ha nello statuto il fine istituzionale di proteggere il potere d’acquisto dell’Eu-ro ma, sotto il pretesto di perseguire tale fine, ha prodotto l’opposto.

Il primo ministro islandese Johanna Sigurdardottir

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portafogli, come si fa nelle stanze di compensazione degli istituti di credito per gli assegni. Ma questo lo possono fare le “autorità”, e non lo faranno: vi è un pa-lese conflitto di interessi tra i cittadini dell’Eurozona e i banchieri privati che fanno la politica della BCE a fa-vore delle banche che essi rappresentano. Un conflit-to di interessi gigantesco e distruttivo, che ridicolizza tutti gli altri conflitti di interessi di cui si parla tanto.Quello che in teoria potrebbero fare, invece, i popoli di Eurozona e di altri paesi (in primis USA e Giappo-ne), è sollevarsi come quello islandese, fino a impor-re una riforma monetaria che trasformi la moneta da strumento per dominare e sfruttare la gente e i pro-duttori di ricchezza, come è ora, in strumento per il benessere e lo sviluppo della gente. Si tratterebbe di passare da un sistema di moneta-debito a uno di mo-neta senza debito; e di togliere la sovranità monetaria alla comunità sovranazionale dei banchieri e al loro

monopolio (cioè alla BCE, alla FED, alla BIS, alle varie banche centrali nazionali che sono a direzione, quando non anche a capitale, interamente privata), per trasferirla allo stato.Fare ciò, peraltro, richiederebbe che la gente, i popoli europei, americano, giapponese etc., si organizzasse-ro per una lotta rivoluzionaria in grande stile – cosa del tutto impossibile su tale scala, mentre era possibile nella piccola Islanda – e che, ancor prima, capissero i meccanismi profondi della moneta e della sua creazio-ne – cosa forse altrettanto improbabile.Gli islandesi hanno avuto bisogno di capire una cosa molto più semplice, e sono riusciti a capirla, anche a livello di massa: ossia, che i banchieri truffatori aveva-no fatto i loro propri interessi riempiendo di debito le banche islandesi, e che era ingiusto che i cittadini islandesi, che non avevano alcuna responsabilità in questa maxi-truffa, fossero costretti a pagare ad altri i danni con essa cagionati; e che il parlamento, deci-so a costringerli a ciò, rappresentava gli interessi dei banchieri e non quelli degli elettori. E che quindi il popolo doveva insorgere contro il parlamento e le isti-

tuzioni dei politici che cercavano di imporre loro di pagare, mentre i politici stessi erano colpevoli di non aver vigilato e di non aver impedito le truffe. Quello che gli Islandesi ci hanno realmente insegnato, in fon-do, è una lezione sociologica, non finanziaria – ossia, che il potere serve sé stesso anche quando, scherman-dosi dietro una costituzione, finge di rappresentare e servire il popolo, e che quindi il popolo, per non soccombere, deve e può fare le rivoluzioni e fondare una nuova legalità. E scrivere una nuova costituzione. Quello che però non sa fare, è cambiare le cose che non capisce, ossia le cose veramente importanti. Ne consegue che, dalle sue rivoluzioni, il popolo ottiene benefici instabili, se ne ottiene.Ma quali sono le cose più complesse, rispetto a questo, che i cittadini europei, nipponici, americani dovreb-bero capire prima di insorgere, circa la natura della moneta, del credito, dell’azione bancaria a livello ma-

croeconomico, così complesse che è inverosimile che arrivino a capirle? Qui possiamo solo accennarne, rin-viando alla bibliografia per trattazioni più adeguate.Innanzitutto le implicazioni del fatto che quasi tutto il mondo sta affondando nell’indebitamente pubbli-co e privato perché usa una moneta-debito, ossia una moneta, o meglio mezzi monetari, o money supply, generati accendendo un debito che produce interessi passivi composti: l’implicazione è una crescita espo-nenziale dell’indebitamento, quindi degli interessi da pagare sul debito, rispetto alla quantità di denaro di-sponibile – da qui, un mondo destinato a ricorrenti esplosioni di insolvenza, e alla necessità di distruggere l’eccesso di credito (mediante guerre, iperinflazioni o bolle finanziarie che, scoppiando, distruggono il ri-sparmio, che è credito, e sovente è collocato in car-tolarizzazioni di crediti bancari). Pertanto le crisi, le bolle, le maxi-frodi, non sono accidentali, ma inevita-bili. E le politiche di risparmio, tagli, razionalizzazioni sono strumenti qualitativamente inidonei a risolvere il problema, perché non lo toccano. Sono strumenti che cercano di salvare un sistema che si autodistrugge

Si tratterebbe di passare da un sistema di moneta-debito a uno di moneta senza de-bito; e di togliere la sovranità monetaria alla comunità sovranazionale dei banchieri e al loro monopolio per trasferirala allo stato.

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per la sua stessa natura, un sistema che dunque non può essere curato, ma solo azzerato (quando non ce la fa più) con una grande distruzione (game over) e poi rilanciato (new game) fino alla successiva esplosione. Così si sta facendo da secoli, oramai. I popoli dovreb-bero parallelamente capire che esiste però la possibilità di liberarsi da questo meccanismo perché è possibile emettere una moneta generata senza creazione di debi-to, con o senza copertura in oro o altre commodities; esiste altresì la possibilità di usare, soprattutto negli scambi internazionali, un sistema di unità di conto, come il Bancor di Keynes, che previene l’accumulo di debito e non richiede copertura in oro o monete na-zionali forti o supposte tali.In secondo luogo, dovrebbero capire le implicazioni del fatto che il denaro che usiamo (money supply) è pressoché interamente emesso, sia sotto forma di car-tamoneta (valuta legale) che sotto forma di denaro creditizio o contabile, da una sorta di cartello banca-rio privato sovranazionale, che opera in condizioni di monopolio, e che lo emette a costo zero e senza coper-tura o convertibilità, ma se lo fa pagare come se fosse una merce dotata di valore (e costo) intrinseco. In tal modo il monopolio bancario non solo estrae dalla so-cietà una quota via via crescente del valore prodotto del suo lavoro, ma inoltre ha la sovranità monetaria ed economica, quindi il potere politico, senza peraltro assumersi la responsabilità politica, che lascia ai parla-menti e ai governi.In terzo luogo, dovrebbero capire il fatto che le banche di credito, anziché agire da intermediarie come la leg-ge le autorizza, ossia anziché raccogliere il denaro dei depositi e prestarlo a un interesse maggiorato, come dice la legge, in realtà creano il credito dal nulla (a costo zero) e lo trattano come denaro. Ci spieghiamo: l’atto di erogazione di un finanziamento, la loan exten-sion, è un atto di creazione di mezzi monetari (denaro bancario, o putativo, come l’ho chiamato io), ma non del VALORE, o meglio del POTERE D’ACQUISTO incorporato in questo denaro bancario. La banca, at-traverso l’atto della loan extension, ESTRAE, prende a sé, toglie, potere d’acquisto alla società, con un atto analogo a una raccolta di tributi, solo che è una rac-colta compiuta in modo non palese (non compreso dal resto della società) e senza ricorso al potere statuale. Essa è possibile perché la società FA CREDITO ALLE

PROMESSE DI PAGAMENTO EMESSE DALLA BANCA PER ATTUARE LA LOAN EXTENSION – fa credito non nel senso che PRESTI alla banca qualcosa, ma nel senso che dà credito, dà fede, alla banca accettando come vero denaro il suo denaro contabile. In tal modo la società TRASFERISCE in-consapevolmente potere d’acquisto da sé alla banca. La quale realizza un ricavo netto come trasferimento ricevuto dal resto del corpo sociale. Il ricavo è simul-taneo all’entrata-uscita finanziaria dell’importo appa-rentemente prestato, e all’entrata del credito verso il “mutuatario”. Cioè, quando la banca eroga un “presti-to” di 100 al suo cliente mutuatario e riceve da questi in cambio una promessa di pagamento di 100 capitale (non parliamo degli interessi, che sono ratei a scadere, anche se la banca può venderli subito, ricavando un prezzo), la banca non realizza soltanto il ricavo di 100 del credito che acquisisce verso il cliente, ma realizza anche l’introito di quel potere di acquisto che presta al cliente, e lo realizza a carico della società. Quindi ha uscite di 100, ed entrate di 100 + 100. Solo che non dichiara l’introito di potere d’acquisto, quindi occulta un ricavo pari al capitale “prestato”, non vi paga sopra le tasse, e di questi fondi può disporre per costituire fondi neri tramite i noti canali Euroclear, Clearstream. I fondi neri possono riaffiorare nei paradisi protetti delle Cayman Islands e simili. Possono essere usati per aggiotaggio e per regolare i pagamenti nelle operazioni di c.d. dark pool finance.Su queste basi di consapevolezza diffusa, sarebbe im-maginabile una vera rivoluzione monetaria. Quella islandese non lo è.

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