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I PUNTI STRATEGICI DEL COMMERCIO PETROLIFERO

La carta tematica “Vie cruciali di rifornimento” identifica i passaggi attraverso i quali passano i flussi petroliferi mondiali ed identifica anche il peso geo-economico che le diverse macro-aree anno relativamente a questo bene.

Come si vede il Medio Oriente, nel panorama mondiale, detiene 753,36 miliardi di barili/annui ( il barile è l’unità di misura del petrolio che è pari a 159 l. di greggio - 7,3 barili= 1 t.), seguito dall’America Anglosassone con 204,74, dall’America Latina con 124,64, dall’Africa con 119,11, dall’Asia centrale con 98,89 e dall’Asia orientale con 40,14.

Lo Stretto di Hormuz è di gran lunga il più strategico poiché vi transitano circa 17 milioni di barili di petrolio al giorno, 2/5 del trasporto marittimo energetico del pianeta.

Attraverso lo Stretto di Hormuz ( Golfo Persico e il Golfo di Oman e il Mar Arabico nel suo punto più stretto misura appena 21 miglia) transita il 15,5% del commercio mondiale (circa il 20% del petrolio trasportato via mare che rappresenta la metà del totale del greggio in movimento).La maggior parte del petrolio che lo attraversa ha per destinazione l’Asia ed in misura ridotta gli Stati Uniti e l’Europa.

Oggi, 3/4 dell’import giapponese proviene da quest’area e viaggia su petroliere in grado di contenere fino a due milioni di barili, le cosiddette Very Large Crude Carriers (VLCC).

Una eventuale chiusura di Hormuz costringerebbe all’utilizzo di rotte più lunghe e ad un inevitabile impennata dei costi di trasporto. Le rotte alternative oggi percorribili sono: la Est-West Pipeline per l’Arabia Saudita con una capacità di trasporto pari a 5 milioni di barili al giorno e la

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Abqaiq-Yanbu Pipeline sempre attraverso l’Arabia Saudita con una capacità pari a 290.000 barili al giorno; un’altra soluzione potrebbe essere la riattivazione della Iraq Pipeline (IPSA) che, sempre via Arabia Saudita, raggiungerebbe una capacità di 1.65 milioni di barili al giorno e della Tapline via Libano che arriverebbe ad una capacità massima 500 mila barili al giorno.

Lo stretto di Bab al Mandeb (Penisola Arabica e la costa eritrea, mette in comunicazione il Golfo di Aden e il Mar Rosso) da cui passa il 3,2% del petrolio; E’ al centro tra Yemen, Djibouti ed Eritrea e connette il Mar Rosso con il Golfo di Aden ed il Mar Arabico. Tutto l’export del Golfo Persico passa di qua prima di attraversare Suez e raggiungere la destinazione di porti europei ed americani. Nel 2006 hanno preso questa direzione circa 2.1 milioni di barili di petrolio al giorno.

La chiusura di questo stretto costringerebbe infatti le navi al periplo dell’Africa. Dopo l’attacco ad una nave francese al largo delle coste yemenite nel 2002, la sicurezza è diventata la priorità per tutte le compagnie di trasporto internazionali

Il Canale di Suez, inaugurato nel 1869, mette in comunicazione il Mediterraneo con il Mar Rosso e quindi l’Oceano Indiano. E’ un capolavoro di ingegneria lungo 120 miglia. Nei primi anni Novanta lungo i 195 km. che uniscono Porto Said a Suez sono transitate annualmente circa 18.000 navi, per una stazza complessiva prossima ai 400 milioni di tonnellate. Il trasporto del greggio che passa attraverso gli oleodotti dalla penisola araba a nuovi terminali sul Mediterraneo avrebbe dovuto togliere via via importanza al Canale di Suez. Negli ultimi vent’anni, i ripetuti lavori di ampliamento e di manutenzione, unitamente alla costruzione di più moderne infrastrutture di servizio alle navi in transito, hanno rilanciato nel corso degli anni Ottanta il ruolo del canale, confermandolo come uno dei principali passaggi marittimi del mondo.

Il traffico del petrolio ha manifestato qualche declino: fra il 1990 e il 1995 è sceso da 159 milioni di tonnellate di petrolio a 93, e da 3.954 navi petroliere a 2.473; infatti le superpetroliere che non riuscivano passare per il canale, sono ritornate sull’antica rotta del Capo.

I carichi petroliferi del Golfo lo attraversano per raggiungere i porti europei e quelli americani. Nel 2006, circa 3.9 milioni di barili al giorno lo hanno percorso in direzione nord mentre 0.6 milioni di barili sono stati tradotti verso sud.Più di 3000 (tre mila petroliere) percorrono questo canale ogni anno. Con solo 1.000 piedi di larghezza nel punto più stretto, le petroliere più grandi non hanno via d’accesso. L’Autorità che controlla il canale ha in programma un suo allargamento per consentire il passaggio anche delle VLLC e delle Ultra Large Crude Carriers (ULCC).

La Sumed Pipeline, lunga 200 miglia, collega Mar Rosso e Mar Mediterraneo attraverso il nord dell’Egitto e rappresenta un’alternativa concreta a Suez con una capacità di circa 3.1 milioni di barili al giorno. Nel 2006, quasi tutto il petrolio saudita ha percorso questa direttrice energetica, di proprietà della Arab Petroleum Pipeline Co., una joint venture tra EGPC (Egitto), Saudi Aramco (Arabia Saudita), ADNOC (Abu Dhabi) ed alcune società kuwaitiane.

La chiusura di Suez e della Sumed Pipeline costringerebbe le petroliere alla circumnavigazione del Capo di

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Buona Speranza, con 6.000 miglia di rotta marittima in più intorno al continente africano

Lo stretto del Bosforo e Dardanelli

L’aumento dell’export dall’ Asia Centrale e dal Mar Caspio ha fatto diventare lo Stretto del Bosforo uno dei passaggi energetici più strategici al mondo, attraverso il quale circolano circa 2.4 milioni di barili di petrolio al giorno.

Unisce il Mar Nero al Mar di Marmara mentre i Dardanelli uniscono il Mar di Marmara al Mar Egeo ed al Mar Mediterraneo (Il transito petrolifero si è ridotto dal 2006 in conseguenza della preferenza russa per i porti baltici. Questo calo verrebbe, tuttavia, compensato da un aumento nell’export di Azerbaigian e Kazakistan).

Con appena mezzo miglio di larghezza nel punto più stretto, questi due stretti in Turchia formano uno dei passaggi più critici per la loro geografia sinuosa che li caratterizza. Li varcano più di 50.000 navi all’anno, rendendoli uno dei passaggi energetici più trafficati al mondo.

Pur non essendoci rotte alternative verso l’Europa dal Mar Nero e dal Mar Caspio, sono in fase di sviluppo diversi progetti di pipeline. Nel 2008, è prevista la costruzione della pipeline Albania-Macedonia-Bulgaria (AMB), lunga 570 miglia con una capacità di trasporto di circa 750 mila barili di petrolio al giorno, che collegherebbe il porto di Burgas nel Mar Nero con il porto albanese di Vlore. In più, la Federazione Russa ha iniziato trattative con Bulgaria e Grecia per una pipeline di 173 miglia.

LE STRADE E LE AUTOSTRADE DEL MARE

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La carta tematica “ Le strade e autostrade del mare” evidenzia come gli stretti marittimi siano determinanti nel trasporto del petrolio e come la sicurezza energetica globale serva a mantenere stabile l’approvvigionamento energetico. Nel 2007, il petrolio trasportato via mare ha raggiunto i 45 milioni di barili al giorno, circa la metà dell’intera produzione mondiale.

Lo stretto di Hormuz nel Golfo Persico e lo stretto di Malacca che collega l’Oceano Indiano al Pacifico sono i più importanti. Non meno strategici risultano gli altri, il Canale di Suez che unisce Mar Rosso e Mar Mediterraneo, lo stretto di Bab el-Mandab tra il Golfo di Aden ed il Mar Rosso, lo stretto del Bosforo che lega la regione del Mar Nero e del Mar Caspio al Mar Mediterraneo ed il Canale di Panama che congiunge l’oceano Atlantico al Pacifico.

Premesso che la sicurezza è uno dei fattori chiave nel trasporto energetico mondiale, si capisce come un blocco, anche solo temporaneo, di uno di questi stretti possa far alzare in modo sostanziale i costi con effetti rilevanti sui prezzi del petrolio. Le ridotte dimensioni rendono gli stretti particolarmente vulnerabili a furti di pirati, attacchi terroristici e turbolenze politiche quali guerre o altre forme di ostilità, così come ad incidenti tra navi che possono provocare ingenti fuoriuscite di greggio.

LO STRETTO DI MALACCA

Lo Stretto di Malacca

Lo stretto di Malacca, nel mezzo tra Indonesia, Malesia e Singapore, congiunge l’Oceano Indiano al Mar Cinese meridionale e all’Oceano Pacifico.

E’ la rotta marittima più vicina al mercato asiatico di Cina, Indonesia, Giappone e Corea del Sud.

Sono passati circa 15 milioni di barili al giorno nel 2006Nel suo punto più stretto, il Phillips Channel, misura 1,7 miglia, creando un bottleneck naturale, obiettivo potenziale per collisioni tra navi ed attacchi (rapporti recenti dell’International Chamber of Commerce indicano una concentrazione in questa zona degli attacchi pirateschi).Più di 50.000 navi attraversano ogni anno Malacca.

Se questo stretto dovesse restare chiuso, le due uniche rotte alternative sarebbero l’arcipelago indonesiano attraverso lo Stretto di Lombok o lo Stretto della Sonda tra Java e Sumatra (VEDI SCHEDA SINGAPORE).

LO STRETTO DI MALACCA mette in comunicazione i M. delle Andemane (O. Indiano)/ M. Cinese Meridionale (Porti George Town, Malacca, Singapore).

2)LO STRETTO DELLA SONDA tra Sumatra e Giava mette in comunicazione l’O. Indiano/M. di Giava

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3)LO STRETTO DI LOMBOK tra il M. di Giava e l’O. Indiano

4)LO STRETTO DI BALABAC tra isola di Balabac (Filippine) e il Borneo mette in comunicazione M. Cinese Meridionale/ M. di Sulu (Filippine).

Società saudite, malesi ed indonesiane hanno siglato nel 2007 un contratto di 7 miliardi di dollari per la costruzione di una pipeline che, attraversando il nord della Malesia ed il sud della Thailandia, ridurrebbe del 20% il traffico che registra oggi Malacca.

Il Canale di Panama rappresenta un passaggio importante che collega l’Oceano Pacifico con il Mar dei Caraibi e l’Oceano Atlantico. Gli Stati Uniti sono il primo paese di origine e di destinazione di tutto il trasporto energetico che attraversa il Canale di Panama.

Secondo la Panama Canal Authority, sono transitati mezzo milione di barili di petrolio nel 2006. Tuttavia, la rilevanza di questo canale è diminuita, in quanto le navi più moderne sono di stazza più grande rispetto alla capacità massima del canale. La nave più grande che può percorrere senza difficoltà il canale è nota con il nome di PANAMX-size (navi da 50.000 a 80.000 t. di stazza e lunghe non più di 108 piedi).

Il Canale di Panama è lungo 50 miglia e largo solo 110 piedi nel suo punto più stretto, il Culebra Cut. Sono circa 14.000 le navi che attraversano il Canale ogni anno, metà delle quali destinate al mercato americano.

Nel settembre 2007 il governo di Panama ha iniziato i lavori per un progetto di espansione del Canale di 5 miliardi di dollari. Verrà aggiunta una terza linea di transito che consentirà l’attraversamento alle navi di dimensioni maggiori, incrementando di più del doppio l’attuale volume di traffico. Gas naturale liquefatto e carbone proveniente dalla Colombia troverebbero la loro strada facilitata da questo nuovo passaggio.

La chiusura del Canale di Panama incrementerebbe enormemente i tempi ed i costi di trasporto, aggiungendo ben 8.000 miglia di tragitto. Le navi dovrebbero passare per lo Stretto di Magellano, Capo Horn e per il Passaggio di Drake in Sud America.

Archivio Limes 1993-2006 di Lorenzo Gadaleta

Leggi anche La sicurezza energetica Usa è in pericolo

Guarda la videocarta Hormuz e il rischio incidenti

Leggi Il raddoppio di Panama )

I PAESI IMPORTATORI DELL’IRAN

Il greggio iraniano pari a 2.154.000 di barili al giorno (dato 2010) viene esportato in Cina 20%, Giappone 17%, India 16%, Italia 13,2% Corea del Sud 9%, altri 28% ( Fonte: Us energy information administration).

L’Italia importa il 13,2% dall’Iran, il 5% dall’Iraq, il 3,8% dall’Angola, il 6,7% dalla Libia, il 16,2% dalla Russia, il 17,9% dall’Azerbaigian, il 23% da altri.

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La decisione di chiudere le frontiere dell'Europa all'import del petrolio iraniano non scatta subito per i contratti già conclusi ma dal 1° luglio.

L'Unione Europea consente così agli Stati di trovare fonti alternative di approvvigionamento. L'Iran è per l'Italia la quarta fonte di petrolio e, tra i Paesi dell'Unione Europea, il primo mercato di sbocco dopo Cina, Giappone e India.

Il regime di Teheran ha criticato ieri aspramente la decisione europea di imporre un embargo al greggio iraniano. Alcuni esponenti politici del Paese islamico hanno minacciato il blocco dello stretto di Hormuz, nel Golfo Persico. Il prezzo del petrolio è salito oltre i 110 dollari al barile, sulla scia di una scelta controversa, sia dal punto di vista politico che in un'ottica economica.Il Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione ha annunciato un embargo ai prodotti petroliferi iraniani, rafforzando sanzioni decise in dicembre. «L'Unione ha deciso di bandire l'import di greggio iraniano e di prodotti petroliferi», si legge in un comunicato. «Il divieto riguarda le importazioni, le acquisizioni, e il trasporto di questi prodotti». I contratti già conclusi potranno rimanere in essere fino al 1° luglio.Dietro alla decisione - frutto di lunghi negoziati tra i Governi nazionali - c'è il desiderio di indurre il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ad abbandonare gli esperimenti nucleari, che secondo l'Unione Europea hanno l'obiettivo di dotare il regime islamico di armi nucleari da utilizzare eventualmente contro Israele.

Oltre all'embargo petrolifero, i Governi europei hanno anche congelato le attività della Banca centrale iraniana. Da Teheran la reazione non si è fatta attendere. Il portavoce del ministero degli Esteri Ramin Mehmanparast ha definito la decisione europea «guerra psicologica». E ha aggiunto: «Imporre sanzioni economiche è illogico e ingiusto. Non fermeranno la nostra nazione nel perseguire i suoi diritti».Alcuni membri del Parlamento iraniano non hanno escluso rappresaglie, come il blocco dello stretto di Hormuz, un passaggio cruciale nel trasporto del petrolio a livello mondiale. Mohammad Kowsari, vice presidente della Commissione affari esteri, ha spiegato che l'Iran «certamente chiuderà lo stretto di Hormuz» se ci dovesse essere «un'interruzione o problemi alla vendita di petrolio iraniano».A Bruxelles Catherine Ashton, l'alto rappresentante europeo per la politica estera, non ha voluto commentare. D'altro canto, la scelta europea è controversa. Non tutti sono convinti della colpevolezza del regime iraniano. Altri si chiedono se l'Europa, in crisi economica, possa permettersi di interrompere l'approvvigionamento di petrolio iraniano (ieri l'annuncio europeo ha provocato un aumento del prezzo del petrolio).Non è un caso se l'embargo entrerà in vigore formalmente il 1° luglio e se la signora Ashton ha confermato che in aprile il consiglio dei ministri farà una valutazione sulle conseguenze economiche della decisione annunciata ieri. Commentando la scelta, il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi ha spiegato che l'impatto dell'embargo petrolifero contro l'Iran «sarà trascurabile, vorrei dire nullo, per l'Italia». Dal canto loro, ieri sera il premier inglese David Cameron, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno affermato che non accetteranno «mai che l'Iran si doti di armi nucleari». Nel contempo dal loro comunicato traspare il desiderio di evitare conseguenze negative per l'economia europea: «La porta - si legge - è aperta perché l'Iran inizi trattative serie e significative».

Sole 24Ore del 24 Gennaio 2012

Iran, intesa Ue su embargo graduale del petrolio. Teheran minaccia di chiudere Hormuz

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23 gennaio, 2012

Bruxelles - (Adnkronos) - Accordo trovato tra i ministri Esteri Ue riuniti a Bruxelles, sempre più preoccupati per il programma nucleare di Teheran. I Paesi europei non potranno più stipulare nuovi contratti con l'Iran per la fornitura di petrolio, mentre potranno continuare ad acquistare greggio fino al primo luglio sulla base dei contratti esistenti. Secondo quanto deciso a Bruxelles dai capi delle diplomazie dei 27, i Paesi europei non potranno più stipulare nuovi contratti con l'Iran per la fornitura di petrolio, mentre potranno continuare ad acquistare greggio fino al primo luglio sulla base dei contratti esistenti.

I ministri degli Esteri dell'Unione Europea, "tenuto conto della preoccupazione crescente" per il programma nucleare di Teheran, hanno dunque esteso oggi le sanzioni contro l'Iran, con l'obiettivo di restringere le sue "fonti di finanziamento". L'Ue ha così deciso di vietare le importazioni di greggio e di prodotti petroliferi provenienti dalla Repubblica islamica, divieto che entrerà subito in vigore, a eccezione delle importazioni sulla base dei contratti esistenti, che potranno continuare fino al prossimo primo luglio. Un riesame delle misure riguardanti il petrolio avverrà prima del primo maggio prossimo, si legge in una nota del Consiglio affari esteri.

I ministri degli Esteri dell'Ue, ribaditi i loro "seri e profondi timori" sul programma nucleare iraniano, hanno denunciato in particolare il rifiuto di Teheran di "rispettare i suoi obblighi internazionali e di cooperare pienamente con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica". Il Consiglio, poi, riaffermando "l'impegno di lunga data a lavorare per una soluzione diplomatica della questione iraniana sulla base dell'approccio del doppio binario", ha sottolineato come le misure restrittive decise oggi "sono destinate a colpire il finanziamento del programma nucleare e non sono contro il popolo iraniano". Infine, i ministri hanno rinnovato l'appello a Teheran a "rispondere positivamente all'offerta di dialogo per negoziati sostanziali" fatta il 21 ottobre scorso dall'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, a nome del 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania).

I ministri degli Esteri dell'Ue hanno anche vietato l'importazione di prodotti petrolchimici e l'esportazione di tecnologie essenziali per questo settore e hanno deciso il congelamento dei beni della Banca centrale iraniana ed il divieto del commercio d'oro, metalli preziosi e diamanti con gli organismi pubblici iraniani e la Banca centrale. Infine, il Consiglio ha imposto un congelamento dei beni e un bando sui visti ad altre tre personalità del regime e ad altre otto entità.

"Se ci sarà qualsiasi perturbazione della vendita di petrolio iraniano, lo Stretto di Hormuz sarà chiuso definitivamente". La minaccia arriva dal vice presidente della commissione Esteri e Sicurezza nazionale del parlamento iraniano, Mohammad Kossari, in un breve commento all'agenzia Fars sul nuovo pacchetto di sanzioni. Già in passato vari esponenti del regime iraniano avevano minacciato la chiusura dello stretto che porta al Golfo Persico, attraverso il quale transitano gran parte delle navi che portano petrolio verso i paesi occidentali. L'Iran ha inoltre condotto di recente esercitazioni militati di terra e nel Golfo.

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In ogni caso una delegazione di alto livello dell'AIEA sarà in Iran da domenica prossima al 31 gennaio. Lo ha confermato la stessa agenzia. ''Obiettivo dell'AIEA è risolvere tutte le questioni di rilievo'', hanno fatto sapere da Vienna. Alla guida della delegazione dell'AIEA che a fine mese si recherà a Teheran ci saranno il capo degli ispettori, Herman Nackaerts, e il numero due Rafael Grossi. Secondo fonti diplomatiche vicine all'AIEA citate dall'agenzia di stampa Dpa, obiettivo della missione non è visitare gli impianti nucleari iraniani, ma rilanciare i colloqui sul dossier.

Sulle sanzioni e sull'embargo petrolifero contro l'Iran "noi siamo certamente con l'Europa", aveva rivendicato il ministro degli Esteri Giulio Terzi, sottolineando come l'Italia sia stata "elemento di impulso per spingere sulla prosecuzione della politica del doppio binario (dialogo e sanzioni), effettuando pressioni finché l'Iran non si convincerà a tornare al tavolo del negoziato, riconoscendo che deve adempiere alle risoluzioni dell'ONU e sospendere il programma di arricchimento dell'uranio".

GLOSSARIO

EMBARGO

Nel Diritto internazionale (dallo spagnolo embargar, detenere) è l’ordine dato a una nave mercantile di non salpare ( o di non attraccare) dal porto dello Stato in cui si trova. In senso più ampio, si intende il blocco degli scambi commerciali deciso da uno o più Paesi nei confronti di un paese terzo per motivi politici o economici. Si tratta di una misura di limitazione della libertà di decisione degli Stati vittima del provvedimento. Alcuni modi per aggirare un embargo sono le triangolazioni e l’installazione di presidi operativi direttamente nel Paese oggetto d’embargo. Tramite le triangolazioni la compravendita è mediata da un Paese terzo che non aderisce ai trattati e funge da intermediario per gli scambi di merci e dei pagamenti fra il paese produttore e quello sottoposto a embargo.

AIEA

L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (detta anche AIEA o in inglese International Atomic Energy Agency - IAEA) è un'agenzia autonoma fondata il 29 luglio 1957, con lo scopo di promuovere l'utilizzo pacifico dell'energia nucleare e di impedirne l'utilizzo per scopi militari.

Per il suo impegno l'agenzia ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2005, insieme al suo direttore Mohamed ElBaradei.

Very Large Crude Carriers (VLCC) / Ultra Large Crude Carriers (ULCC)Le petroliere in grado di contenere fino a due milioni di barili.

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L'impatto dell'embargo sull'Italia

di Roberto Bongiorni 24 gennaio 2012 Sole 24Ore

Nessuno, o quasi, mette in dubbio la legittimità di una simile misura. Non sono in pochi, però, a essere perplessi sulla sua reale efficacia. Quasi tutti, infine, temono le conseguenze negative sulle già alte quotazioni del greggio e sull'industria della raffinazione. L'embargo petrolifero europeo contro l'Iran - per quanto aggiustato con meccanismi tesi a salvaguardare i contratti già firmati e a consentire la diversificazione degli approvvigionamenti - sta mettendo in difficoltà le raffinerie dei Paesi europei più dipendenti dal greggio iraniano. I quali sono proprio Italia, Spagna e Grecia (che rappresentano quasi l'80% dell'import europeo di greggio iraniano, circa 450mila barili al giorno, il 20% dell'export di Teheran), i Paesi dell'Eurozona in questo momento più vulnerabili.

Da gennaio a novembre 2011 l'Italia - secondo i dati rilasciati dall'Unione petrolifera italiana - ha acquistato dall'Iran, suo quarto fornitore, il 13,2% del suo import di greggio. Di recente ha ridotto gli acquisti, ma non è un'operazione rapida.Per il sistema della raffinazione italiano – come sottolineano gli operatori – il petrolio di Teheran è fondamentale. Ci sono impianti capaci di processare quasi solo quel tipo di greggio. “Le nostre raffinerie hanno una certa flessibilità per processare altri greggi – ha precisato Dario Scaffardi, direttore generale di Saras - ma per il settore italiano della raffinazione, i cui margini sono già davvero bassi, la preoccupazione resta». Anche gli impianti Eni non dovrebbero avere difficoltà. «C'è un problema di qualità del greggio, dovremmo fare qualche cambiamento – ha detto Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'Eni - ma le nostre raffinerie saranno in grado di far fronte a queste carenze».

Greggi simili all'iraniano sono il russo Ural, alcuni sauditi e una parte degli iracheni. Anche quelli della Siria (fino a inizio anno rappresentava il 5% del nostro import). Ma l'export da Damasco è da mesi sotto embargo. Si dovrà dunque ridisegnare la strategia degli approvvigionamenti. «Ma non è un'operazione che si fa su due piedi - precisa Scaffardi – perché la disponibilità di greggio Ural è limitata. Si può acquistarlo sul mercato spot, ma il prezzo è decisamente superiore. L'ultima cosa che ci voleva di questi tempi. Ci stiamo rivolgendo anche ai sauditi, ma i tempi non sono brevi e non sappiamo ancora le condizioni di prezzo». Riad, inoltre, sta ricevendo anche parecchie richieste dalle raffinerie della Turchia, il cui Governo è deciso a ridurre la sua alta dipendenza energetica da Teheran.L'Europa può ricorrere alle scorte strategiche. Alcuni paesi OPEC, poi, dispongono di una capacità di riserva sufficiente a colmare l'assenza del petrolio iraniano. In prima linea l'Arabia Saudita.

L'alternativa, dunque, si può trovare. Ma il costo sarà salato. Mentre il danno a Teheran potrebbe risultare solo parziale. Perché l'Iran cercherà di vendere parte del suo greggio a prezzi scontati a fornitori contrari all'embargo – come la Cina, suo primo acquirente - e a quelli che cercheranno di eluderlo. Come l'India, terzo acquirente, le cui raffinerie avrebbero proposto pagamenti in rupie, anziché in dollari (l'Iran ha risposto di preferire lo yen). Se così fosse, l'embargo, potrebbe giocare un brutto scherzo alle nostre raffinerie. Avvantaggiando invece quelle di alcuni Paesi asiatici le cui economie non si trovano certo alle prese con una recessione, anzi. Diversi impianti asiatici ricevono incentivi e sussidi da parte dei rispettivi Governi e non hanno gli stessi vincoli ambientali di quelli europei. Ciò consente costi produttivi decisamente inferiori. Il pericolo? L'esportazione, a prezzi distorti, di prodotti raffinati in Europa ottenuti, in parte, anche con il greggio iraniano. Quello sotto embargo.

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