Punti caratteristici · (dermatoglifi) sono unici ed individuali: essi si producono in modo...

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    - Punti caratteristici ………………………………..4 - Tecnica di esaltazione delle impronte papillari…5 - Identificazione dattiloscopica…………………….7 - Comparazione dattiloscopica……………………11 - Nuove prospettive in tema di identificazione

    dattiloscopica e valenza probatoria……………….…………………….….16

    - Conclusioni finali…..…………….………………36

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    L’identicazione dattiloscopica di un individuo è resa possibile

    dal fatto che le impronte papillari sono “uniche” e quindi non

    esistono due soggetti con impronte papillari uguali.

    Se le impronte papillari fossero costituite solo da linee

    continue esse non potrebbero essere utilizzate per l’identificazione

    certa di un individuo, in quanto le possibilità di ritrovare lo stesso

    disegno in persone diverse sarebbero numerose. Le impronte

    contengono invece delle caratteristiche particolari dovute

    all’interruzione o biforcazione delle creste papillari, che si possono

    riassumere nei quattro simboli sottoriportati:

    - linea interrotta a destra:

    - linea interrotta a sinistra:

    - biforcazione a destra:

    - biforcazione a sinistra 1-

    -

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    In fase di segnalamento (identità preventiva) le impronte

    digitali, ossia le impronte delle falangi distali delle mani, assieme

    alle impronte palmari sono riprodotte per contatto su supporto

    cartaceo (cartellino fotosegnaletico e scheda palmare) dopo aver

    ricoperto d’inchiostro le creste papillari, in tal modo avremo la

    riproduzione speculare dell’impronta e le creste saranno

    costituite dai dermatoglifi di colore nero, operazione analoga è

    eseguita mediante strumentazioni digitali.

    Con l’avvento dell’era digitale è possibile acquisire impronte

    che riproducano ad altissima definizione le creste papillari,

    mediante l’impiego di appositi scanner (vedasi figura

    sottostante).

    In materia d’identità giudiziaria, le impronte papi llari sul

    luogo del reato possono presentarsi sotto tre aspetti a) impronte

    visibili b) impronte modellate o per spostamento c) impronte

    latenti:

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    a) Le impronte visibili sono prodotte, per contatto, dalla

    superficie papillare imbrattata di sostanza ematica, vernice,

    grasso, ecc., oppure per semplice contatto con superfici ricoperte

    di polvere o altre sostanze, nel qual caso si ha un’asportazione di

    sostanza ad opera delle linee papillari e l’impronta che ne risulta

    è appunto detta “per asportazione”. Questi tipi di impronte non

    richiedono, per essere rilevate, d’alcuna preparazione e devono

    essere fotografate direttamente.

    b) Le impronte modellate o per spostamento si hanno, invece,

    quando il contatto avviene con sostanze malleabili, come cera,

    resina, ecc. Tali impronte possono anch’esse essere fotografate

    direttamente, con opportuna illuminazione obliqua o radente.

    c) Le impronte latenti, costituiscono il più importante gruppo

    d’impronte papillari, esse si riproducono per deposizione di una

    sostanza eliminata dai pori situati sulla sommità delle creste

    dermiche, sugli oggetti con cui vengono a contatto. Tale sostanza

    è un composto variabile, formato per la maggior parte d’acqua

    (995xmille), urea, cloruro di sodio, clorato e carbonato di

    potassio, acidi grassi volatili, fosfati di magnesio e di calcio, ecc.

    Per la ricerca, l’esaltazione e la documentazione delle impronte

    latenti, è possibile procedere attraverso l’adozione di svariate

    metodiche la cui scelta dipende da molti fattori. Principalmente,

    in ogni modo, deve essere presa in considerazione la natura della

    superficie di ricerca, nonché il tempo trascorso dal momento in

    cui si ritiene che l’impronta sia stata lasciata. Le tracce papillari,

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    infatti, non sono permanenti, ma degradano nel tempo più

    velocemente quanto maggiore è l’influenza esercitata dalle

    contaminazioni esterne. quali la polvere, l’umidità ed altre

    sostanze presenti nell’ambiente.

    � L’IDENTITA’ è resa dalla classica equazione di Locard 0=0, la quale afferma che l’identità è la qualità di una cosa che fa sì che

    essa sia quella sola e si differenzi da ogni altra. Questo è il principio

    dell’identità assoluta: nulla si ripete in natura. Il concetto d’identità relativa è la possibilità di raffronto esistente fra due termini di

    paragone che possono considerarsi identici fra loro, poiché modi di

    essere di una medesima realtà.

    � L’IDENTIFICAZIONE è quell’attività tecnico-scientifica diretta a stabilire le identità di una persona o di una qualsiasi

    materialità, identità che saranno a loro volta differenziabili da altre.

    � MORFOLOGIA, la pelle che ricopre il corpo umano, presenta sulla superficie dei palmi delle mani (zona volare) e

    delle piante dei piedi (zona plantare) una struttura particolare, caratterizzata da piccole sporgenze dette creste papillari,

    intervallate da altrettante depressioni, denominate solchi. Tali

    disegni si formano già durante la vita intrauterina del feto, al quarto mese della gestazione e non mutano fino alla morte,

    poiché trovano la loro origine negli strati profondi del derma.

    Possono essere alterati soltanto da cicatrici profonde e da gravi

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    malattie cutanee. Inoltre i disegni delle creste papillari

    (dermatoglifi) sono unici ed individuali: essi si producono in

    modo accidentale e non si ripetono mai.

    La dattiloscopia, che studia appunto le creste papillari al fine dell’identificazione personale, poggia le sue solide basi sui due

    principi prima enunciati, l’immutabilità e la varia bilità.

    Le impronte papillari assumono la denominazione d’impronte digitali, palmari o plantari a seconda che riproducano,

    rispettivamente, il disegno delle creste dei polpastrelli o falangi delle

    dita, delle palme delle mani o delle piante dei piedi.

    Ciascun tipo d’impronta ha dimensione, morfologia e

    caratteristiche dattiloscopiche proprie:

    a) Impronte digitali o impronte delle falangi distali a

    differenza delle impronte palmari e di quelle plantari, sono

    classificabili. La premessa da cui parte Sir Francis GALTON

    (1822-1916) massimo teorico della dattiloscopia, è che nelle

    impronte digitali sono riconoscibili tre sistemi di linee: il basale, il

    marginale ed il centrale. La configurazione del sistema centrale

    determina l’appartenenza delle impronte digitali ad uno dei

    quattro tipi fondamentali di figura di seguito rappresentati:

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    Nell’impronta adelta si osservano

    soltanto il sistema basilare e quello

    marginale. L’assenza o la scarsa definizione

    del sistema centrale fa sì che non s’individui

    il “delta”, mancando il punto di convergenza

    dei tre sistemi di linee papillari.

    Nell’impronta monodelta si osserva un

    solo “delta” ed il sistema centrale è costituito

    da linee che originandosi da un lato del

    polpastrello, dopo aver assunto uno sviluppo

    ad ansa, tendono a fuoriuscire dallo stesso

    lato; è detta, perciò, figura aperta.

    Nell’impronta bidelta si osservano due

    “delta” ed il sistema centrale è di tipo chiuso,

    essendo costituito da cerchi, spirali e simili.

    Nell’impronta composta si osservano

    ugualmente due “delta” (raramente tre) ma il

    sistema centrale è sdoppiato in due sistemi di

    linee.

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    b) Le impronte palmari sono costituite da tre zone:

    � ZONA SUPERIORE O SOTTODIGITALE, che

    comprende la prima e la seconda falange delle dita della mano

    nonché la regione sottostante, ed è separata dalle zone tenare ed

    ipotenare dalla linea immaginaria che partendo dalla piega del

    pollice taglia orizzontalmente la mano;

    � ZONA TENARE, che è costituita dalla sporgenza interna

    della mano che dal centro va al pollice ed è caratterizzata da

    numerose rughe quasi parallele alla piegatura delle dita;

    � ZONA IPOTENARE che è costituita dalla sporgenza

    interna della mano che dal centro va al mignolo e contiene

    disegni che assumono uno sviluppo leggermente obliquo

    all’esterno.

    c) Le impronte plantari, come quelle palmari, non sono

    classificate ed hanno un’utilizzazione molto limitata anche nel

    settore della dattiloscopia giudiziaria perché raramente si

    rinvengono sul luogo del reato (essendo generalmente i piedi

    calzati). Soltanto nella zona anteriore, che coincide in parte con la

    regione metatarsica, possono notarsi dermatoglifi di un certo

    livello, mentre sulla restante superficie della pianta le linee papillari

    hanno scarsa o nessuna definizione.

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    Impronte papillari assunte in momenti diversi possono essere

    messe a confronto per stabilire se provengano o meno da un

    medesimo soggetto.

    E’ necessario però accertare preventivamente se le

    impronte da comparare abbiano o meno i requisiti minimi di

    utilità.

    A tal fine si opera una valutazione qualitativa –

    quantitativa, nel senso che un’impronta è utilizzata per confronti

    solo se possiede particolarità dattiloscopiche tali, per numero e

    qualità, da renderla idonea a risalire al soggetto dal quale

    proviene.

    Completato quest’esame preliminare, si procede a mettere

    a confronto i due termini, che dovranno naturalmente essere

    omogenei, per accertare se sussistano analogie per ciò che

    riguarda la morfologia generale e se esistano corrispondenze

    relativamente ai caratteri di dettaglio. Una volta individuata una

    comune morfologia generale si può passare al confronto di

    dettaglio, iniziando col ricercare un punto di riferimento

    d’interesse dattiloscopico, che abbia evidente corrispondenza

    nelle due impronte; si procede, quindi, all’esame analitico delle

    loro linee papillari in modo da localizzare un numero sufficiente

    di caratteristiche comuni.

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    Se a conclusione dell’indagine, oltre alle analogie nella

    morfologia generale, sono state rilevate sufficienti corrispondenze

    anche negli anzidetti caratteri particolari, sul piano tecnico, non

    può che pronunciarsi un giudizio d’identità tra le due impronte

    (o frammenti d’impronte) esaminate e in altre parole che esse

    provengono dal medesimo dito (se digitali), dal medesimo palmo

    (se palmari) o dalla medesima pianta (se plantari).

    In Italia, l’identificazione personale è ritenuta sicura

    quando, anche in una sola porzione d’impronta, vi si riscontri

    una combinazione di almeno 16 o 17 punti caratteristici uguali

    per forma e posizione. Tale certezza deriva dal fatto che trovare

    una combinazione di così elevata quantità di caratteristiche nel

    disegno papillare di una seconda persona è assolutamente

    remota, tenendo sempre in considerazione che due impronte

    uguali non esistono in natura nemmeno nei gemelli monozigoti. A

    questo proposito appare opportuno approfondire tale

    affermazione che è supportata da un calcolo matematico e da

    nozioni legate al calcolo delle probabilità.

    Partendo dal valore puramente numerico di tali particolarità

    e considerando una porzione di impronta che contenesse cento

    punti, Victor BALTHAZARD (1850-1931), professore di

    Medicina Legale alla Sorbona di Parigi, elaborò una teoria

    matematica dalla quale ricavò elementi utili per stabilire quanti

    punti di corrispondenza si dovessero avere in due impronte a

    confronto per poter affermare che dette impronte

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    appartengano allo stesso individuo. Sulla premessa di una

    porzione di impronta che contenesse 100 punti caratteristici, che

    possono ridursi a quattro tipi (biforcazione in alto ed in basso e

    interruzione in alto e verso il basso) egli afferma che il numero

    delle varietà delle impronte e, in altre parole, la casistica di esse

    secondo la disposizione dei punti è uguale alla potenza che ha per

    base il numero “4” (numero delle varietà) e per esponente il

    numero “100” (numero dei punti presi in considerazione) il che

    darebbe varietà dell’ordine di un numero costituito da ben “61”

    cifre.

    Ora, supposto che due impronte presenteranno un numero

    “n” di corrispondenze, potrà affermarsi che tale evenienza

    ricorrerà in un numero di impronte che potrà ricavarsi dalla

    formula 1/4n, ed in conseguenza avremo il seguente grafico:

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    Numero di caratteristiche Numero di probabilità

    2 16

    3 64

    4 256

    5 1.024

    6 4.096

    7 16.384

    8 65.536

    9 262.144

    10 1.048.576

    11 4.194.304

    12 16.777.216

    13 67.108.864

    14 268.435.456

    15 1.073.741.824

    16 4.294.967.296

    17 17.179.869.184

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    1664

    2561024

    409616384

    65536262144

    10485764194304

    1677721667108864

    2684354561073741824

    429496729617179869184

    1

    10

    100

    1.000

    10.000

    100.000

    1.000.000

    10.000.000

    100.000.000

    1.000.000.000

    10.000.000.000

    100.000.000.000

    probabilità

    punti

    Andamento logaritmico delle probabilità in funzione delle

    caratteristiche

    Da questo grafico si evince che la possibilità che 17

    corrispondenze si riproducano in due impronte diverse è di una

    su 17.179.869.184, tenendo conto che la popolazione della terra è

    di circa 6.000.000.000 di persone si può affermare che la

    possibilità di trovare una corrispondenza di 17 punti

    caratteristici in due impronte diverse si avvicina di molto allo

    zero. Naturalmente tale principio può essere esteso sia a porzioni

    d’impronta digitali che palmari.

    Tale calcolo, tuttavia, tiene conto solamente delle

    combinazioni che possono avere tra loro i punti caratteristici

    secondo la variabile assunta, non tiene di fatto conto della

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    posizione che ogni punto può assumere rispetto a quello contiguo

    e, più in generale, nello spazio.

    Per far comprendere quanto fin’ora accennato faremo un

    semplice esempio: utilizziamo una scacchiera, che astrattamente

    sostituisca la superficie delle impronte papillari ed un tetraedro

    le cui facce di colore diverso rappresenteranno le 4 variabili

    (biforcazione dx e sx ed interruzione dx e sx).

    Cercheremo quindi di simulare concretamente quello che si

    verifica durante la “creazione” di un impronta completa, cioè

    durante la distribuzione casuale di punti nello spazio, e

    soprattutto cercheremo di dimostrare come la formula del

    Balthazard fornisca un numero di variabili di gran lunga

    inferiore a quello realmente esistente.

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    Immaginiamo di tirare i 10 tetraedri (numero puramente

    casuale, e poniamo che le quattro facce colorate di rosso, verde,

    giallo e blu corrispondano alle 4 variabili biforcazione ed

    interruzione a dx e sx) sulla scacchiera. Questi si disporranno in

    modo del tutto casuale e la base a contatto con la scacchiera

    potrà ovviamente avere colorazioni diverse, così come si può

    osservare nella figura seguente:

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    Come abbiamo già affermato, la natura, in modo del tutto

    casuale, quindi senza nessuna costante o condizione, dispone in

    una struttura riconducibile alle quattro figure (adelta,

    monodelta, bidelta e composta) i punti caratteristici che possono

    assumere 4 variabili (interruzione e biforcazione a dx e sx), allo

    stesso modo avviene nel lancio dei tetraedri sulla scacchiera; per

    ottenere quindi il numero totale delle possibili combinazioni che

    possono assumere i 10 tetraedri all’interno della struttura in

    questione ci rifaremo alla formula:

    Dove il numero “4” rappresenta le varie colorazioni (verde,

    giallo, rosso e blu), “K” rappresenta il numero delle caselle, ed

    “N” il numero dei tetraedri (nr.10 tetraedi corrisp ondenti a 10

    punti caratteristici).

    Per calcolare quindi la probabilità che una determinata

    disposizione dei dadi si ripresenti in un numero “X” di lanci,

    quantificabile per analogia al calcolo effettuato per le impronte,

    basterà rapportare il numero dei lanci al numero delle possibili

    combinazioni:

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    Balthazard, nel suo calcolo, pose una condizione che nella

    realtà non può esistere: rifacendoci all’esempio della scacchiera

    egli presuppone che ad ogni lancio i tetraedri si dispongano

    sempre allo stesso modo, cioè nella stessa posizione nello spazio, e

    calcola le possibili combinazioni tenendo conto unicamente della

    variabile costituita dai quattro colori (corrispondenti alle 4

    variabili biforcazione a dx e sx ed interruzione a dx e sx),

    ottenendo quindi la formula:

    Questo esempio ci fa comprendere come l’affermazione che

    10 punti caratteristici in una porzione di impronta possano

    assumere in modo del tutto casuale 1.048.576 ( vedi tabella a

    pag.12) di combinazioni è errata, perché a tale conclusione si può

    giungere solo se si pongono delle condizioni che vanno in

    contrasto con il principio di casualità. Ricorreremo ora ad un

    altro esempio al fine di comprendere meglio tale principio:

    trasformeremo la disposizione dei punti caratteristici in una

    sequenza alfanumerica, contrassegnando le 4 variabili con le

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    lettere “A-B-C-D” (vedasi paragrafo “PUNTI

    CARATTERISTICI”):

    Tale frammento sarà rappresentato dalla sequenza

    Ora, secondo il BALTHAZARD variando il valore di ogni

    singolo punto potremmo avere le sequenze

    Ect .. Per un totale, applicando la formula 4n, di 64 sequenze.

    Ma a questo punto dovremo considerare le dimensioni ovvero

    le “ proiezioni ” delle varie linee che compongono il frammento

    preso in esame, e anche in questo caso rimandiamo la

    comprensione ad un esempio pratico, prendendo in esame due

    frammenti che possiedono le stesse caratteristiche ma con

    A A A

    B A A

    C A A

    D A A

    A B A

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    dimensioni o “ proiezioni ” diverse delle interruzioni di linee (

    punti caratteristici ): otterremo quindi la sequenza A-A-A = A-A-

    A (vedasi figura 1).

    Figura nr.1

    L’uguaglianza tra i due frammenti, teorizzata da

    BALTHAZARD, com’è evidente in realtà non esiste. Dovremo

    quindi inserire nelle due sequenze ulteriori elementi che

    differenzino le stesse, utilizzando degli “ indici ” da assegnare ad

    ogni interruzione.

    Sarà quindi proprio l’attribuzione dei vari indici che ci

    consentirà di avere l’esatta varietà che i punti caratteristici

    possono assumere nello spazio. A tal proposito disegneremo una “

    griglia teorica ” della grandezza di un centimetro e suddivisa in

    celle di mm.1 (Fig. nr.2), nella quale sistemeremo una linea che si

    interrompe a destra (simbolo A) ed attribuiremo, a seconda della

    cella in cui essa terminerà, un indice numerico:

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    Figura nr.2

    Il calcolo fino ad ora effettuato è riferito ad una porzione di

    impronta con una struttura ben definita la cui unica variabile è

    costituita dalla forma che un punto caratteristico può assumere (A-

    B-C-D) e dal suo sviluppo, ma non abbiamo tenuto conto della

    posizione che le minuzie possono assumere all’interno della

    medesima porzione. Anche in questo caso faremo uso di

    raffigurazioni per spiegare meglio tale affermazione (fig.3):

    Figura nr.3

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    Le due sequenze A5A3A6 sono uguali ma non sono in grado di

    esprimere le reali differenze esistenti tra i due frammenti.

    Differenze determinate appunto dalla posizione dei vari punti

    rispetto alle linee continue che saranno identificate dal simbolo

    “0”: in considerazione di ciò avremo la nuova sequenza

    alfanumerica A500A3A6≠0A5A3A60.

    Ritorniamo ora alle impronte digitali e prendiamo, a titolo di

    puro esempio, una porzione di impronta di un cm² con all’interno

    nr.10 punti caratteristici ( numero medio di minuzie presente in

    una porzione di tale dimensione), vedasi figura nr.4:

    Figura nr.4

    Per ottenere il numero esatto delle probabili combinazioni,

    dovremo considerare tutte le variabili che ha a disposizione la

    natura nella “ creazione “ di detta porzione, variabili che, per

    l’appunto, conferiscono la proprietà di variabilità ed unicità.

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    Le variabili saranno costituite dai punti caratteristici

    (interruzione a destra, interruzione a sinistra, biforcazione a

    destra e biforcazione a sinistra), dal loro sviluppo (assegneremo,

    quindi ad ogni minuzia degli “indici” che nel caso della porzione

    di un cm² sarà un numero compreso tra 1-10) e dalla loro

    collocazione all’interno della struttura. Sarà quindi considerata

    la loro posizione rispetto alle linee continue presenti nel

    frammento.

    Il numero totale delle varietà che la natura può inserire in

    tale porzione sarà dato dalla formula:

    Dove il numero 40 si ottiene moltiplicando il numero delle

    variabili (4) per il numero degli indici (10), “K” rappresenta il

    numero totale delle linee (16), “N” il numero dei punti

    caratteristici.

    Come possiamo osservare tale numero si discosta di molto

    dal numero delle variabili che si ottiene applicando la formula di

    Balthazard, che per 10 minuzie prevede 1.048.576 combinazione

    diverse.

    Considerando ora che l’intera superficie delle mani di un

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    individuo si può racchiudere in un riquadro di 20 cm² (superficie

    considerata per eccesso così come si può osservare dalla figura

    nr.5), e quindi in 400 porzioni di 1 cm², e considerando che la

    popolazione mondiale è composta da circa 6.000.000.000 di

    persone, avremo circa 2.400.000.000.000 di porzioni.

    Figura nr.5

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    Rapportando tale numero alla cifra delle variabili calcolata

    prima, avremo

    Possiamo affermare quindi, che la probabilità di ritrovare

    una porzione di impronta di un cm² contenente al suo interno 10

    punti caratteristici, nelle impronte dello stesso individuo o in

    quelle di uno dei 6.000.000.000 di individui presenti sul globo

    terrestre, è pressoché uguale a “0”.

    La teoria, elaborata nel 1911 dallo studioso BALTHAZARD,

    all’epoca non poteva essere supportata da una adeguata

    statistica, sia per il numero esiguo di persone sottoposte a

    fotosegnalamento, sia per la difficoltà oggettiva di raffrontare tra

    loro le varie impronte. La situazione oggigiorno è ben diversa,

    basti pensare che solo in Italia sono state fotosegnalate oltre

    4.000.000 di persone e grazie all’impiego dell’A.F.I.S., acronimo

    di Automatic Fingerprint Identification System, è possibile

    raffrontare il totale delle impronte inserite nel sistema con le

    impronte del candidato in esame.

  • 27

    Questa circostanza ha reso possibile uno studio statistico,

    condotto su un numero rilevante d’impronte, il cui scopo era

    quello di rilevare la probabilità che un numero imprecisato di

    minuzie si possa riproporre su impronte diverse.

    A tale fine abbiamo preso in esame una porzione

    d’impronta digitale, che contenesse almeno 16 minuzie, dalle

    caratteristiche generali comuni a quasi tutte le impronte. Si è

    scelto a tal proposito una porzione riproducente la zona

    marginale, che presenta un andamento delle linee papillari

    comune in tutte le impronte digitali (così come si può notare

    nella figura nr.6 in cui sono riprodotte tutte le tipologie di

    impronte, adelta-monodelta-bidelta-composta, e nel riquadro

    rosso la zona interessata)

    Figura nr.6

    Dall’inserimento di alcune migliaia di frammenti, e dal

    successivo confronto tramite l’A.F.I.S. ( giova precisare che ogni

    frammento inserito nel sistema è stato confrontato con le

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    impronte delle oltre 4.000.000 di persone fotosegnalate, il che

    vuol dire effettuare una comparazione con circa 40.000.000

    d’impronte digitali) è emersa solo in rarissimi casi, la

    corrispondenza di “ 6 ” punti caratteristici uguali per forma e

    posizione, in impronte che sono risultate poi appartenenti a

    persone diverse. Tali porzioni d’impronta presentavano una

    sostanziale diversità nel confronto delle restanti minuzie, si

    trattava inoltre di frammenti di ridotte dimensioni (circa 4mm²)

    e con caratteristiche particolari comuni riconducibili solo a

    termini e biforcazioni e senza linee continue interposte (vedasi

    figura nr.7):

    Figura nr.7

    Gli esiti di questo studio trovano piena corrispondenza e

    conforto nello standard minimo adottato dalla maggioranza dei

    paesi europei di 10 punti caratteristici, numero di solito adottato

    anche in quei paesi (come gli Stati Uniti) in cui non è previsto

    alcuno standard (vedasi fig. nr8).

  • 29

    Val la pena di precisare che oramai tutti i paesi adottano un

    sistema automatizzato per l’identificazione delle impronte, ciò

    presuppone che ogni impronta inserita venga confrontata con

    tutte quelle presenti in archivio, e quindi si dispone di un elevata

    base statistica e, alla data odierna, non risultano e non sono state

    segnalate impronte con una corrispondenza di oltre 10 minuzie,

    risultate poi appartenere ad individui differenti.

    Figura nr.8

    1122 PPuunntt ii EEEEEEEEIIIIIIIIRRRRRRRREEEEEEEE

    1122 PPuunntt ii RRRRRRRREEEEEEEEPPPPPPPP........ CCCCCCCCEEEEEEEECCCCCCCCAAAAAAAA

    1122 PPuunntt ii BBBBBBBBEEEEEEEELLLLLLLLGGGGGGGGIIIIIIIIOOOOOOOO

    1100 PPuunntt ii UUUUUUUUNNNNNNNNGGGGGGGGHHHHHHHHEEEEEEEERRRRRRRRIIIIIIIIAAAAAAAA

    1100 PPuunntt ii SSPPAAGGNNAA

    1100 PPuunntt ii OOLLAANNDDAA

    1100 PPuunntt ii DDAANNIIMMAARRCCAA

    88 PPuunntt ii BBUULLGGAARRIIAA

    NNeessssuunnoo ssttaannddaarrdd SSLLOOVVAACCCCHHIIAA

    NNeessssuunnoo ssttaannddaarrdd NNOORRVVEEGGIIAA

    NNeessssuunnoo ssttaannddaarrdd MMOONNAACCOO

    NNeessssuunnoo ssttaannddaarrdd LLUUSSSSEEMMBBUURRGGOO

    NNeessssuunnoo ssttaannddaarrdd SSVVIIZZZZEERRAA

    NNeessssuunnoo ssttaannddaarrdd GG.. BBRREETTAAGGNNAA

    SSTTAANNDDAARRDD MMIINNIIMMOO

    SSTTAATTOO

    1177 PPuunntt ii IITTAALLIIAA

    1166 ppuunntt ii GGIIBBIILLTTEERRRRAA

    1166 PPuunntt ii CCIIPPRROO

    1144 PPuunntt ii MMAALLTTAA

    1122 PPuunntt ii AAUUSSTTRRIIAA

    1122 PPuunntt ii SSVVEEZZIIAA

    1122 PPuunntt ii SSLLOOVVEENNIIAA

    1122 PPuunntt ii RROOMMAANNIIAA

    1122 PPuunntt ii PPOORRTTOOGGAALLLLOO

    1122 PPuunntt ii PPOOLLOONNIIAA

    1122 PPuunntt ii GGRREECCIIAA

    1122 PPuunntt ii GGEERRMMAANNIIAA

    1122 PPuunntt ii FFRRAANNCCIIAA

    1122 PPuunntt ii FFIINNLLAANNDDIIAA

    STANDARD STATO

  • 30

    Di recente anche l’I.A.I. (International Association for

    Identification) si è espressa circa il numero complessivo delle

    minuzie in rapporto al fine probatorio. Secondo l’ I.A.I. per una

    corretta identificazione dattiloscopica sono sufficienti sette o otto

    punti caratteristici uguali per forma e posizione. In altri paesi

    invece, come gli Stati Uniti d’America ed il Canada, non viene

    richiesto uno standard minimo, e il giudizio viene lasciato

    all’esperienza e all’etica professionale del tecnico dattiloscopista.

    Cercheremo ora di applicare la teoria fino ad ora esposta a

    un caso reale.

    Si tratta di un frammento con caratteristiche generali con

    andamento delle linee papillari di tipo composto; la figura, così

    come si può notare, riproduce un “delta”; sarà dunque

    opportuno dividere lo stesso in due porzioni. Questa operazione

    sarà in grado di semplificare il calcolo delle varietà.

    Abbiamo suddiviso il frammento in esame (vedi figure nr.9-

    10) in due riquadri, all’interno dei quali sono presenti,

    rispettivamente nr. 3 e nr. 10 punti caratteristici, l’asse centrale

    di colore azzurro servirà a definire gli indici che differenzieranno

    le minuzie a secondo se le stesse siano posizionate sopra o sotto

    l’asse. A differenza dell’esempio precedente che considera una

    porzione di un centimetro (con 10 indici per ogni variabile, in

    quanto abbiamo considerato variazioni di lunghezza di 1 mm),

    abbiamo preferito utilizzare solo due indici, in modo da

  • 31

    considerare solo variazioni di lunghezza significative, al fine di

    escludere o meglio ridurre al massimo l’incidenza di minime o, se

    si preferisce, infinitesime eventuali variazioni di proiezione delle

    linee, teoricamente (ma, ribadiamo, solo teoricamente) causate

    dalla differente pressione esercitata o alla natura del supporto, al

    momento del rilascio dell’impronta:

    Figure nr. 9-10

    Provvederemo a calcolare inizialmente il numero delle

    combinazioni per ogni singola porzione, considerando le variabili

    contenute al loro interno:

  • 32

    Figura nr.9

    In questa porzione le variabili sono:

    - nr.3 punti caratteristici (contrassegnati dai punti di colore

    rosso)

    - nr.11 linee continue

    - nr.2 indici (a seconda che il punto si sviluppi sotto o sopra

    l’asse di colore azzurro)

    sviluppando la formula di cui al precedente paragrafo avremo:

    8³ x 14! _ = 186.368 di possibili combinazioni

    3! X (14-3)!

    8 = numero delle variabili (interruzione e biforcazione a dx e sx)

  • 33

    moltiplicato per il numero degli indici (2);

    3 = esponente dato dal numero dei punti caratteristici;

    14 = numero totale delle linee papillari (11 linee continue più 3

    linee con interruzioni o biforcazioni)

    Figura nr. 10

    In questa porzione le variabili invece saranno:

    - nr.10 punti caratteristici

    - nr.5 linee continue

    - nr.2 indici

  • 34

    Formula:

    8¹º x 15! _ = 3.224.446.697.472

    10! X (15-10)!

    Per ottenere il numero totale delle combinazioni che le due

    porzioni possono assumere, considerandole come unico frammento,

    basterà moltiplicare le due cifre ottenute, avremo quindi:

    600.933.682.114.461.696

    totale delle possibili combinazioni

    Considerando ora che predetto frammento è stato lasciato in una

    determinata circostanza di tempo e di luogo, sarebbe assolutamente

    improbabile ricondurne l’appartenenza ad una dei sei miliardi di

    persone dell’intero globo terreste, nonché ricondurre la paternità ad

    una delle persone presenti sul territorio italiano in quella determinata

    circostanza, a tal proposito la cifra di 100.000.000 (numero ottenuto

    sommando alla popolazione italiana stimata intorno alle 60.000.000 di

    unità la presenza di circa 40.000.000 di presenze riferite a persone non

    censite o occasionalmente presenti sul nostro territorio) offrirebbe

    ampia garanzia di attendibilità.

    Dobbiamo ora considerare le porzioni di impronta che presentino

    il tipico disegno definito “delta”. Detta conformazione delle linee

    papillari è presente solo nelle impronte classificabili come

  • 35

    monodelta (nelle quale vi è solo un delta), bidelta e composta, è assente

    invece in quelle adelta, anche in questo caso considereremo per

    eccesso tale numero quantificabile in 2.000.000.000 di porzioni.

    Rapportando ora tale numero al numero delle possibili

    combinazioni, avremo che la probabilità che una tale porzione si possa

    ripetere è pressoché uguale a zero.

    Anche in questo caso, a conferma del calcolo delle probabilità,

    abbiamo eseguito una verifica statistica inserendo tale frammento nel

    sistema AFIS e confrontandolo con le oltre 40.000.000 di impronte

    digitali, allo scopo di verificare l’eventuale esistenza di ulteriori

    frammenti con le stesse caratteristiche generali e particolari.

    Da predetto accertamento dattiloscopico è emerso un dato

    estremamente significativo, e cioè: escludendo l’impronta

    appartenente all’imputato, il sistema ha rilevato, a conferma di

    quanto effettuato, la corrispondenza di soli 4 punti caratteristici

    uguali per forma e posizione in un impronta risultata poi differente in

    seguito all’analisi delle rimanenti minuzie.

  • 36

    Sulla base di quanto sopra esposto si evince come,

    indipendentemente dal concetto astratto del cosiddetto “ convincimento

    personale dell’esperto ”, 10 punti di identità permettono di considerare

    l’identificazione dattiloscopica pienamente probante.