PSICOSINTESI n. 22 - Ottobre 2014

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IN QUESTO NUMERO

INTERVISTA SUL SÉL’ORIZZONTE

COMPRENSIONE AMOREVOLEVEDO, SENTO, PARLO E...IL DOLORE E LA GIOIA

LA BELLEZZA SIMBOLO DEL VEROL’ACCETTAZIONE NEL PROCESSO DI CRESCITA

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Psicosintesi

Il metodo che uso, e che chiamo psicosintesi, riunisce vari elementi presi dai migliori metodi

 psicoterapici che esistono attualmente. Esso mira ad armonizzare ed a disciplinare i vari elementi

 psichici coscienti e subcoscienti ed a riunirli in una sintesi equilibrata e feconda, con una

regolarizzazione dell’attività dei centri nervosi, e quindi di tutte le funzioni organiche.

Esso è essenzialmente un’opera complessa di rieducazione psichica e nervosa e di riadattamento alla vita.

(da una lettera)

Psychosynthesis

The method I use, that I call psychosynthesis, brings together various elements taken fromthe best psychotherapeutic methods currently existing. It aims to harmonize and regulate the

various conscious and subconscious psychic elements and to combine them into a balanced and

 fruitful synthesis, with a regularization of the nerve centres activity, and therefore of all organic

 functions. It is essentially a complex nervous and mental rehabilitation and a readjustment to life.

(from a letter)

Roberto Assagioli nel suo giardino - Firenze 1973

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EDITORIALE

 Patrizia Bonacina

Cari lettori e care lettrici

la nostra rivista rappresenta lo specchio di

tanti modi di vivere la prassi psicosintetica e

mi auguro che diventi un crocevia da dove si

diffonda un dibattito sempre aperto.

 In questo numero potrete trovareun’interessante intervista a Roberto Assagioli

risalente ai primi anni ’70 e numerosi articoli

che impongono riessione ed apertura

a nuovi orizzonti.

 E a tal proposito vi suggerisco di leggere la

 Lettera al Direttore subito dopo l’intervista.

 Potrete trovare anche notizie sul Convegno

 Nazionale 2014 ad Ancona e indicazioni del

Convegno Nazionale 2015 a Firenze e del

Congresso Internazionale 2016 a Taormina.

 L’Archivio della memoria propone a partire

da questo numero articoli di Sergio Bartoli,

allievo di Assagioli, con spunti sempre attuali

e direzionati verso il futuro che non dovrete

 perdervi.

 La rubrica Libri in vetrina vi darà modo di

accorgervi come la creatività, la ricerca,

la prassi e la voglia di conoscere siano in fermento tra i soci.

 Nuove rubriche si sono già aperte come

 I cammini spirituali ad invogliarci non solo a

leggere, vedere ed ascoltare, ma ad attivare

la bio-psicosintesi verso la nostra meta.

 Ma non perdete di vista le proposte di incontri

 presso Casa Assagioli che permettono di vivere

intensamente alcuni momenti di nostra ricerca

interiore e di trovare tracce che ci indicano

risposte o nuove mappe di interpretazione.

Come vi sarete accorti la rivista vive i palpiti

di tutti noi.

 Buona lettura

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SOMMARIOISTITUTO DI PSICOSINTESIFONDATO DAROBERTO ASSAGIOLIRivista di autoformazione,educazione, rapporti interpersonalie sociali, terapia.ANNO XXIXOTTOBRE 2014 N. 22

[email protected] Rienza, 2 - 21100 Varese - Italia

DIRETTORE RESPONSABILEPatrizia Bonacina

COMITATO DI REDAZIONEPiermaria Bonacina, MargheritaFiore, Lina Malfore, Silvia Trolli,

Silvio Valisa

TRADUZIONE TESTI Achille Cattaneo, Kylie DrewMike Malagreca, Susan RosselliMassimo Rosselli, Silvia Trolli

COMITATO SCIENTIFICO Aldo Scarpulla, Gaetano Russo

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Piermaria Bonacina, ElisabettaCappon, Laura CerasaroDaniele De Paolis, Margherita FioreSergio Guarino, Fulvio Leoni, LinaMalfore, Maria Masuzzo

Stefano Pelli, Giuliana PellizzoniMaria Vittoria Randazzo, DianaVerzicco

STAMPA comunicarte - MozzateTel. 0331 833831www.comunicarte.eu

Pubblicazione semestrale registratapresso il Tribunale di Firenzeil 28 Luglio 1984 al n° 3248

Ed. Istituto di PsicosintesiEnte Morale D.P.R.1 Agosto 1965 n° 1721Via San Domenico 16 - 50133 FirenzeTel. (+39) 055 578026Fax (+39) 055 [email protected]

Gli articoli sono pubblicati sotto l’esclusiva responsabilità degli autori.Le idee sono personali e non

 impegnano la Direzione della rivista“Psicosintesi”.

The opinions expressed are those

of the authors and are not the responsibility of the board of directorsof the “Psicosintesi” magazine.

EDITORIALE P. BONACINA PAG. 3

ARCHIVIO ASSAGIOLI 

INTERVISTA SUL SÉ PAG. 5

LETTERE AL DIRETTORE - RIFLESSIONI F. LEONI PAG. 17

L’ORIZZONTE P.M. BONACINA PAG. 20

XXIX CONVEGNO NAZIONALE 2015 - FIRENZE

LA SPIRITUALITÀ NEL QUOTIDIANO   PAG. 22

COMPRENSIONE AMOREVOLE L. MALFIORE PAG. 23

VEDO, SENTO, PARLO E... S. PELLI PAG. 26

IL DOLORE E LA GIOIA M. MASUZZO PAG. 30

LA BELLEZZA SIMBOLO DEL VERO S. GUARINO PAG. 34

L’ACCETTAZIONE NEL PROCESSO DI CRESCITA D. DE PAOLIS PAG. 39

I CAMMINI SPIRITUALI

IL CAMMINO DEI MAGI M. FIORE PAG. 42

VIVERE LA PSICOSINTESI: I SOCI RACCONTANO

CREDERE AGLI ALTRI E. CAPPON  PAG. 44

LA BELLEZZA DEL NOSTRO CENTRO D. VERZICCO PAG. 46ARCHIVIO DELLA MEMORIA

LA GIOIA S. BARTOLI PAG. 47

VIVERE LA PSICOSINTESI

INCONTRI ALLA CASA ASSAGIOLI PAG. 49

NAMASKARA PAG. 50

UNA SOCIA AL XXVIII CONVEGNO NAZIONALE 2014 L. CERASARO  PAG. 52

RELAZIONE DEL PRESIDENTE D. DE PAOLIS  PAG. 55

PREMIO GIULIANA GASTONE D’AMBROSIO  PAG. 57

CONGRESSO INTERNAZIONALE 2016 - TAORMINA

PSICOSINTESI PER IL FUTURO PAG. 59

LETTERA DEL PRESIDENTE M.V. RANDAZZO PAG. 60CRONOLOGIA DELLE CARICHE ISTITUZIONALI PAG. 61

FINESTRE SUL MONDO G. PELLIZZONI PAG. 62

IMMAGINI PER L’ANIMA M. MALFIORE PAG. 63

LIBRI IN VETRINA PAG. 64

LETTERA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO PAG. 66

ISTITUTO DI PSICOSINTESI: CENTRI IN ITALIA PAG. 69

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* For the articles in English see on the other side of the revueCopertina Galassia a spirale / Spiral galaxy

Per l’invio degli scritti si ricordano le seguenti impostazioni:

File Word - carattere: Times New Roman - Dimensione: 11 - stile: normale - interlinea: singola - num. pag.: max 3We would like to inform those who send writings to the editor the following settings:File Word - Font : Times New Roman - Size: 11 - Style: normal - Spaced pages: single - Pages: no more than 3

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5A= Roberto AssagioliI= Intervistatore

A.Il Sé è il soggetto centrale del discorso. Questa è unaapertura appropriata ad una iniziale identicazione oaffermazione di identità con il Sé. Può sembrare stranoche questo fatto centrale della nostra esistenza ed espe-rienza, la nostra consapevolezza più intima e immediatasia generalmente ignorata o perno negata. Potrei direche spiritualmente è uno scandalo, ma psicologicamen-te è del tutto comprensibile e ciò è dovuto alla direzioneestrovertita della Civiltà Occidentale, i cui risultati na-li possiamo osservare dappertutto. E quindi, è tempo di proclamare e celebrare il Sé, e forse in un certo senso è

questo il massimo servizio che possiamo rendere. Natu-ralmente, in Oriente, non le masse, ma una minoranzailluminata si è da sempre resa conto di questo e la Bha-gavad Gita mostra chiaramente e scienticamente la di-stinzione fra il soggetto che conosce, la conoscenza, eil campo della conoscenza. Sembra un ovvio, diciamo buon senso spirituale, che non ci possa essere conoscen-za o campo di conoscenza senza il conoscitore che cono-sce. Tuttavia in Occidente si parla di conoscenza senzaalcuna consapevolezza di un conoscitore, in noi stessicome in altri.Pongo la questione in modo piuttosto franco per mo-strare questa situazione e incoraggiare il cambiamen-to, insieme al grande compito e servizio che abbiamo

riguardo a ciò. E come al solito, come con la pace nelmondo, cominciamo da noi stessi. La prima cosa è checiascuno di noi sia individualmente che come gruppo sirende pienamente conto della realtà del Sé. Poiché tuttisiamo mentalmente convinti di questo o altrimenti nonsaremmo qui! Ma questo è solo un inizio. Si potrebbedire che è come vedere dalla valle la cima della monta-gna illuminata dal sole. E almeno sappiamo che c’è unamontagna, che c’è una cima e che c’è un sole sopra diessa. Ma n dall’inizio è una sda.

Così cordialmente invito all’avventura di scalare lamontagna. Dunque è chiaro, ripeto, che tutte questecose sono da voi conosciute a livello mentale. Ma dob-

biamo aiutarci a vicenda a realizzarle. E questa realiz-zazione è rivoluzionaria, trasformatrice, trasgurante.

Perno una chiara nozione mentale del compito è diaiuto. Cerchiamo prima di comprendere che la realizza-zione del Sé avviene a diversi livelli o ottave. Primaa livello della personalità. Dobbiamo comprendere cheil Sé non si presenta all’inizio dalla cima, comincia in basso. È un’esperienza puramente psicologica. Ma get-ta solide fondamenta per tutto il resto. Data l’analogia,sarà necessario liberare il campo di coscienza, la nostracoscienza personale di tutti i suoi contenuti sia quelli co-siddetti cattivi che quelli cosiddetti buoni. E talvolta icontenuti buoni possono essere più difcili da eliminare!

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INTERVISTA SUL SÉUna conversazione con Roberto Assagioli Questo scritto è la traduzione di una trascrizione della registrazione di un incontro di Roberto Assagiolicon visitatori e studenti americani che si svolse a Firenze nei primi anni ’70 sotto forma di domande e risposte sultema del Sé: “Talks on the Self: A conversation with Roberto Assagioli”.

 Il tema era particolarmente caro e stimolante per Assagioli in quegli ultimi anni della sua vita in cui ulteriorichiaricazioni ed elaborazioni sul Sé e il transpersonale stavano trovando espressione nella preparazione del

libro: “The Self and Height Psychology” da lui stesso pregurato in questo incontro e rimasto incompiuto alla sua scomparsa. Il materiale da lui no allora elaborato fu pubblicato postumo come “Lo Sviluppo Transpersonale”

(1988) in seguito tradotto in lingua inglese come “Transpersonal Development”. Il testo (traduzione a cura di Massimo e Susan Rosselli) non pubblicato troverà presto spazio nella pubblicazionedella edizione riveduta e ampliata de “I Nuovi paradigmi della Psicologia: il Cammino della Psicosintesi”, a cura di

 Massimo Rosselli, Cittadella Edizioni e nella versione originale anche nella edizione in lingua inglese, di prossima pubblicazione” The Way of Psychosynthesis- Origins and Developments” di Massimo Rosselli.

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Certo, se all’inizio possiamo farlo per cinque minuti, ègià molto! Comincerei con solo pochi minuti, per nonscoraggiarsi e poi arrivare ad un periodo più lungo. È piùimportante farlo per periodi più brevi piuttosto che consforzo. E quindi fatelo ripetutamente e anche imperfet-tamente; abituatevi a spostare la consapevolezza di sé alcentro. Questa non è una “esperienza della vetta”. Molti

adesso desiderano ardentemente meravigliose esperien-ze delle vette, anche con mezzi discutibili e trascurano il primo gradino o livello. Qui c’è ancora un’altra incom- prensione basilare da eliminare. Qui potrei dire che lacolpa o piuttosto la causa non sta nella cecità della no-stra civiltà materialistica, ma nel linguaggio usato, sia inOriente che in Occidente: “distruggete il sé, distruggetel’ego, liberatevi dell’ego, è tutta un’illusione” e così via.Questo naturalmente provoca una reazione violenta da parte della personalità che manifesta il disaccordo esi-stente fra i contenuti della personalità, l’identicazionecon i contenuti e il punto di auto-consapevolezza.

Se eliminiamo il contenuto, noi rimaniamo. Il Sé rima-ne: pura autocoscienza, non estatica, ma che ha in sé unsenso di rassicurazione, di certezza interna, sicurezza, permanenza che è già molto. Ma è una cosa silenziosa,sottile. Perciò tutte le asserzioni: “non c’è alcun ego” de-vono avere una specicazione… Che cosa si intende perego? Se vuol dire l’intera personalità, naturalmente, lamaggior parte di questa se ne deve andare. Ma se ci siriferisce al sé, il punto di autocoscienza rimane stabile,immutabile, permanente.Questa semplice chiaricazione che vi trova consen-

zienti, lo vedo dalle vostre facce, aiuta a liberarci da unaquantità di errori, di incomprensioni, di falsi atteggia-menti e tentativi. Così penso che il primo compito siachiaricare quello che ho detto. Invito a farlo in tutte leoccasioni e sempre a partire da sé stessi.Questa, se vi piace, può divenire l’essenza della psico-sintesi personale, poiché non ci può essere una sintesi dielementi senza un centro sintetizzatore. Così penso chequesto potrebbe bastare per oggi: avere cioè questo chia-ro. Ma vado un passo oltre. Perché il sé al livello della personalità ha questa qualità? Perché è il riesso del Sé

Superiore, del Sé transpersonale, e riette sia pur palli-damente, le stesse qualità della sua Sorgente. Se guar-date al riesso del sole su uno specchio, o sull’acqua,

vedete la luce e la qualità del sole, innitesimale, ma

 pur sempre la qualità del sole. Questo spiega perchéanche a livello della personalità il sé è stabile, sicuro eindistruttibile.Qui entriamo nell’area che è chiamata psicosintesi spiri-tuale. Ma come sapete recentemente il termine transper-sonale è stato usato, soprattutto da Maslow, ed io ed altri

lo abbiamo adottato, perché molto appropriato. È neu-trale. Può essere accettato da chiunque. Dapprima signi-ca oltre il livello ordinario, qualsiasi cosa possa essere.

La parola spirituale ha vari signicati, e alcuni piutto-sto dubbi e naturalmente suscita opposizione in quelliche sono puramente mentali e intellettuali. Così è mol-to meglio usare il termine “transpersonale”.WilliamJames ha detto con umorismo che “le anime sono fuorimoda”.

I. Ad alcuni non piace l’idea di dire  Io ho un corpo, ma

non sono il corpo o altri contenuti di coscienza. Lo sen-tono come un riuto.A. Questa è una delle tante incomprensioni, conse-guenza di una incomprensione centrale. Non c’è nessunriuto, ma mettiamo le cose al loro posto, pur senza ri -utare niente. Abbiamo bisogno di corpi qui e dovrem-mo prenderne cura e apprezzarli. Non soltanto misticio persone religiose che non hanno il giusto concetto,ma anche gli intellettuali che trascurano il corpo, chenon hanno alcun senso del loro corpo, che non ne fan-no esperienza e non ne sono nemmeno consapevoli.

Così dobbiamo pienamente apprezzare il corpo, senzafare l’errore di dire  Io sono quello. Qual’é la differen-za? Posso apprezzare una mela, ma io non sono la mela!Possiamo apprezzare molte cose senza poi essere quel-le. Così noi apprezziamo il corpo, ne facciamo buon usoe chiediamo perdono per i peccati che commettiamocontro questo, senza dire  Io sono quello. Sembra ov-vio. C’è una spiegazione per quell’ errore. Attualmente per molte persone è il corpo che le possiede. Esse sonoschiave del loro corpo. Così come prima reazione, for-se c’è bisogno psicologicamente di una fase separativa.Potrebbe essere necessario andare all’estremo opposto per un po’ per raggiungerlo. E questo è vale per ognitipo di possesso. Dobbiamo comprendere che siamo

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Leonardo Da Vinci Ottaedro tronco vacuo - Biblioteca Ambrosiana Milano

continuamente posseduti, perno ossessionati da tutti icondizionamenti originari e della vita attuale. E anchea proposito di quelli che sono chiamati i nostri beni ma-teriali, noi non li possediamo, essi ci possiedono. Quelliche sono attaccati al denaro, sono posseduti dal dena-ro; essi non possiedono il denaro. E così, per tutto il re-sto dei contenuti della nostra personalità, non esserne posseduti ma possederli è il giusto modo senza attacca-mento, ma apprezzandoli e utilizzandoli. Lo stesso vale per il denaro. La svalutazione del denaro, l’attacco con-tro il denaro, è solo una fase per il distacco. Il denaroè sostanza divina cristallizzata, è energia in una formaconveniente da gestire. Tutto dipende dal nostro atteg-giamento interno.

I. Io sono così grato per essere qui. Il Sé, il transpersonale,è un grande passo. Potrebbero volerci anni, perno una vita

intera. A. Oh sì, non c’è ne alla realizzazione: dal personale altranspersonale, dal transpersonale al Sé di gruppo, da lìal Sé Universale. Così ci si può divertire!

I. Ieri qualcuno ha menzionato che spesso i terapeuti so-no inclini a diventare forse troppo coinvolti e preoccupatisoltanto con gli aspetti teorici della psicosintesi e, di con-seguenza, pongono troppa poca enfasi sull’applicazione  pratica dei principi psicosintetici. Può gentilmente spie-gare per favore alcuni degli elementi psicodinamici e/odelle cause che sono alla base di questa tendenza.A. È molto vero quello che è stato detto, ma si potrebbechiamare l’illusione o la delusione dell’intellettualismo.

Di nuovo, l’intelligenza è una cosa meravigliosa, mal’intelletto non dovrebbe possederci! Dovremmo cer-

care di essere il più intelligenti possibile (e possiamoessere più intelligenti e usare la nostra intelligenza),ma non esserne posseduti.

E soprattutto comprendere che ogni formulazione intel-lettuale o teoria è semplicemente una descrizione, nonuna cosa reale.

I. Di quale Sé stava parlando: del sé con una “s” minu-scola o con una maiuscola “Sé”?A. Parlavo del sé in generale, senza specicare, perché

esiste il principio di un centro di consapevolezza, un cen-tro vivente di consapevolezza a tutti i livelli, inclusi sia ilsé personale che il Sé spirituale. Poiché essenzialmenteessi non sono separati, come ho detto a proposito dell’a-nalogia del riesso della Sorgente di Luce. Dobbiamoinsistere sul fatto centrale che siamo soggetti, soggettiviventi. Ogni essere umano è un soggetto vivente. Cosìsemplice e così difcile da realizzare. Bisogna sempretornare a quella consapevolezza-realizzazione. C’è unaltro modo di porre la cosa e questo risponde alla que-stione delle dottrine e così via. In psicologia e losoa, ein genere, parliamo di Volontà, Amore, Mente, Pensieroecc., ma tali cose “non ci sono”. Ci sono solo soggettiche vogliono, esseri viventi che amano.

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Il resto è solo pura astrazione intellettuale, utile per sco- pi didattici, ma non durano tanto a lungo. Abbiamo per-sone che amano ma non esiste un’entità amore, un’entitàvolontà. Ed io cerco di chiarirlo nel mio libro sulla Vo-lontà, che non è un libro sulla Volontà. Il titolo è “L’At-to di Volontà” e un atto presuppone un attore; un attoreche compie atti di volontà. Questo è basilare da ricorda-

re sempre. Risparmia un sacco di discussioni e rigiri eulteriore confusione. È un atteggiamento esistenziale ilfatto di entità, esseri viventi e così via a tutti i livelli. Co-sì prima lo comprendiamo a livello della personalità, cheva abbastanza bene per il momento, ma poi cerchiamodi ritornare alla sorgente della riessione. Così procedolentamente in modo che tre punti essenziali possano es-sere compresi. Poi possiamo volare più in alto. (risate)Consideriamo il Sé transpersonale. Ci sono punti e con-cetti confusi. Si parla (dal punto di vista di esperienze più elevate) di illuminazione, intuizione e tutte le altrecosiddette esperienze di coscienza cosmica ecc. come se

fossero la stessa cosa. Non lo sono. La differenza basila-re è che tutti questi sono processi, processi viventi. Essiappartengono al mondo del divenire ed anche a livellotranspersonale c’è questo meraviglioso processo del di-venire, della crescita di tutte le fasi del superconscio.

Ma il Sé si contraddistingue perché è stabile, fermo,permanente e, per usare una espressione losoca, on-

tologico. È Puro Essere. Puro Essere non è divenire e ildivenire non è Puro Essere. C’è bisogno di intuizioneper afferrare questo, o anche di una mente illuminata,

ma esse sono insieme comunque.

Inoltre, ad un livello mentale più elevato e diciamo lamente razionale può vedere questa differenza, molti -loso hanno puntualizzato la differenza tra essere e di-venire, processo e entità.Ebbene questa è stata la meravigliosa intuizione diMaslow con il titolo del suo libro “Towards a Psycho-logy of Being” Pertanto egli ha visto quando si rag-giunge la ne della nostra ricerca psicologica, cioè dovenoi “saremo”, ma la psicologia attuale può andare sol-tanto verso questo, così come noi stessi possiamo anda-re soltanto verso questo. Ciò mi fornisce l’occasione diconsigliarvi caldamente di fare uno studio approfondito

di Maslow. I suoi libri di base e “Towards a Psychologyof Being” (Verso una psicologia dell’Essere) e il nuovo:“The Farther Reaches of Human Nature” ( Le RicercheUlteriori della Natura Umana).Maslow è stato un grande pioniere che ha aperto la stra-

da, ma non ha avuto la possibilità di svilupparla tutta.È un iniziatore, non fornisce una mappa, né pretende difarlo. Egli è un ricercatore di sentieri. Li indica e su al-cuni di essi ha fatto parecchia strada, ma non no in fondo

ed esistono infatti altri sentieri. Pur essendo sulla via mo-stra sentieri, fornisce indicazioni. In pratica l’intera esplo-razione richiede un approccio sistematico e scientico.

Le testimonianze di esperienze abbondano, ma non esi-ste una mappa generale e consistente del nostro spaziointerno. Sta a tutti noi darci da fare e crearlo. Sentiamola meraviglia di essere pionieri insieme ad una crescenteminoranza di altri. Quindi non soltanto la mappa non èil territorio, ma al momento attuale non c’è neanche unamappa. In un certo senso questo è positivo, poiché essere

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 Annotazione di Roberto Assagioli 

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in possesso solo di una mappa abbozzata potrebbe crea-re limitazioni. E ancora dovremmo essere contenti chenon c’è una mappa, perché questo ci offre l’occasione ditracciarla. Ricordate che sempre di una mappa si tratta.Quindi per favore studiate Maslow approfonditamente.Un capitolo speciale nel suo ultimo libro, che è stato pri-ma pubblicato nel Journal of Transpersonal Psychology,

è “I 32 Signicati della Trascendenza”. Questo è un per -fetto esempio delle dozzine e dozzine di signicati dellastessa parola ed egli coraggiosamente ha affrontato que-sta parola “trascendenza”, che naturalmente non è an-cora una questione per la psicologia. Quindi studiandoMaslow, io posso riferirmi a questo nel presente e nel fu-turo, ma può essere il nostro buon compagno e no a uncerto punto guida nelle nostre esplorazioni del mondointerno. Inoltre egli non sempre chiarisce la distinzionefra essere e esperienze delle vette. Sarebbe troppo chie-dergli di darci il quadro completo e perfetto. Ci ha datocosì tanto, ma mentre lo leggete, siate consapevoli che

spesso non è molto chiaro.Ora potete vedere quante cose implica il Sé. La confu-sione, la naturale inevitabile confusione dapprima fraesperienze transpersonali, esperienze delle vette e il Sé èillustrata molto bene dall’astronomia.

Diciamo correntemente che noi vediamo il sole. Manon vediamo il sole! Noi vediamo la luce emanata dalsole. È qualcosa di completamente diverso. Non ve-diamo il sole. Non sappiamo che cosa il sole è dietroil velo brillante di irradiazione, e gli astronomi hanno

recentemente compreso questo e qualcuno in parti-colare afferma questo, non ricordo chi ora, ma non èimportante.

Se guardiamo attraverso il lago le luci e le lampadesull’altra riva, naturalmente diciamo che vediamo lelampade. Ma non vediamo niente di questo genere - lelampadine sono invisibili - vediamo la luce emanata dal-le lampadine, ma non vediamo le lampadine stesse. Co-sì anche a questo livello non vediamo mai direttamentel’essenza centrale, la sorgente che è là, immobile, irra-diante e che risplende. Quello che potete vedere sono leirradiazioni che vengono da tutto ciò. Così ogni divenireè una irradiazione dall’Essere.

I. È la libertà dai contenuti della personalità, quelli “buo-ni” e quelli “cattivi”, compiuta dalla disidenticazione?A.  Naturalmente, questo è il signicato più profondodella disidenticazione. Tutto quello che ho detto que-sta mattina è un tipo di commento e spiegazione del fat-to basilare della disidenticazione, e ripeto quello cheho detto: talvolta è un lavoro più difcile disidenticarsi

dai cosiddetti punti positivi che dai cosiddetti punti ne-gativi e, ad un livello superiore, dalle cosiddette espe-rienze delle vette.

I. Come possiamo celebrare il Sé?A. Anche qui esiste un paradosso. Essenzialmente non possiamo celebrare il Sé, tranne che essere il Sé. Ma alivello di relatività, il sé personale, il sé, il riesso delSé a livello della personalità, noi possiamo davvero ce-lebrare il Sé Superiore. Così il sé personale può celebra-re il Sé Superiore. Ma quando è unito con esso non c’è più celebrazione, ma come modalità per avvicinarvisi,

 per innalzarsi verso di esso, la celebrazione è molto uti-le per proclamare e celebrare il Sé. Nello stesso senso si può onorare il sole, in senso buono, senza conoscerlo di-rettamente, ma soltanto attraverso la irradiazione. Questisono tutti modi diversi di vedere la stessa cosa. Forse si potrebbero scrivere circa quarantotto modi di vedere ilsole.

I. Lei ha detto che non ci può essere una sintesi di ele-menti senza un centro sintetizzatore. Questo sembra es-sere un punto così centrale per il nostro tema e per la

 psicosintesi. Potrebbe per favore sviluppare questo pun-to un po’ di più?A. Naturalmente non ci può essere niente senza un nu-cleo, un centro. Non ci può essere un atomo senza uncentro. Non ci può essere alcun organismo vivente senzauna vita centrale che organizza la vita stessa, ai ni della permanenza e della crescita.Si deve dire che è sempre inevitabile un centro, equello che ho fatto è solo applicare questo alla psico-sintesi dell’essere umano, sia a livello personale chetranspersonale.

Non ci può essere alcun ordine, alcuna armonia e vitareale della personalità senza un centro sintetizzatore. 

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Ma la personalità non è ancora sintetizzata. È una co-stante drammatica interazione tra i centri sussidiari del-le sub personalità, oppure le loro pulsioni o tutti i tipi dicontenuti della personalità e il centro sintetizzatore cheha un compito molto difcile. Ma è là, e comunque par -ziale e insoddisfacente sia no ad un certo punto nel co-siddetto individuo normale, che esso svolge la funzione

di coordinare e portare assieme gli elementi. Pertanto la psicosintesi, punto primo, secondo e terzo, è lavoraredal centro. Quel centro che vedete sta sintetizzando nonin se stesso. Lo ripeto è un essere statico, puro, ma agi-sce. Questo è un paradosso, un altro punto centrale dacomprendere ed è abbastanza per oggi. Il Sé irradia. Ari-stotele lo ha chiamato, in un bel paradosso, il Motore im-mobile. È immobile, ma mette in movimento qualunquealtra cosa. Vi suggerisco di meditare sul motore immo- bile e il nostro centro il sole, quella sconosciuta miste-riosa entità manda un’enorme irradiazione attraverso ilnostro intero sistema solare e oltre. Anche un gioiello è

statico, ma brilla. Il gioiello riceve luce e la riette e larinvia di nuovo, o anche un semplice specchio riette lamaggior parte della luce che riceve, in tal modo non ècosì difcile comprendere questo paradosso del moto-re immobile. Questi sono i punti su cui riettere primae poi comprendere gradualmente per giorni, settimane,mesi, anni e decadi.Suggerisco che per alcuni giorni continuiamo con unasemplice affermazione e comprensione del Sé. Oggi lo possiamo fare un po’ più a lungo: quanti minuti riu-scite a sopportare? Cinque, sette, otto non di più. Use-

remo questo timer da cucina con una suoneria. Serve per controllare il tempo di cottura per le uova, ma la possiamo sublimare e usare per segnare il tempo del-la meditazione. Questo è un esempio divertente di co-me possiamo utilizzare qualsiasi macchina per nalità

spirituali. Le macchine sono indifferenti. Questi regi-stratori si prestano a messaggi spirituali e a spiare. Falo stesso per la macchina. Comprendiamo questo. Cosìnon ha alcun senso protestare contro le macchine, maci sono quelli che fanno un cattivo uso di esse. Dicia-mo che ogni acquisizione di una macchina, è una pro-va che è indirizzata male. Dovrebbe essere rinviata almittente.Dunque meditiamo. Con la disidenticazione.

Rilassiamo il corpo, chiedendogli gentilmente di resta-re in silenzio per otto minuti. Lo stesso per le emozioni,calmiamole, senza alcuna attività. Ora indirizziamocialla mente irrequieta. E’ più difcile, poiché noi l’ab- biamo usata no a due minuti fa e risente del fatto di

esserle stato richiesto di andare avanti a pieno regimee poi di essere silenziosa. Deve essere addomesticata,

così chiediamo alla nostra mente: “lavorerai bene piùtardi, ma ora fai silenzio per cinque minuti”. Questoè il modo che abbiamo bisogno di usare per le nostrevarie parti: in modo gentile, ma fermo. Adesso abbia-mo creato un po’ di spazio nella coscienza, affermiamoe proclamiamo: “Io sono Io, un centro di pura autoco-scienza e di volontà”. “Noi siamo quel Sé. Quel Sé sia-mo noi”. Cerchiamo di realizzarlo in uno stato d’animotrionfante. Questa è una verità suprema e prevarrà.

Non combattete gli elementi intrusivi che vengono dal

corpo, dalle emozioni, e dalla mente, non combatteteli

attivamente, ma teneteli alla periferia della coscienzacosì per dire. Riportate la consapevolezza, l’attenzione,

al centro irradiante, al centro di pura autoconsapevo-

lezza.

 Non siate scoraggiati se non ci riuscite. Questo è un al-lenamento verso. Non illudiamoci di riuscire. Altrimen-ti svanisce, nisce. E’ proprio l’inizio di un allenamento

verso. Naturalmente non possiamo azzittire tutti i nostrielementi della psiche, ma dobbiamo cominciare, cosìnon scoraggiamoci assolutamente. Semplicemente speri-

mentate e un allenamento elementare è tutto ciò che puòessere fatto al momento presente realisticamente. Nonchiedete troppo alla personalità.

I. Lei ha detto che la volontà non è un’entità, né lo è l’a-more. Non si può semplicemente meditare sulla Volontàcome un’entità o una importante qualità della vita?A. Naturalmente c’è un’entità dell’amore e un’entità dellavolontà. Quello che volevo dire è che non c’è un concet-to astratto dell’amore, né un concetto teorico o losoco

della volontà o dell’amore e così via: sono delle grandientità cosmiche, degli archetipi. Sono tutte entità. Inne

la rilevante affermazione che lo Spazio è un’entità. È co-sì naturalmente. Ma sono entità nel senso che sono esseri

“IL SÉ IRRADIA... DUNQUE MEDITIAMO”

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viventi, soggettivi, coscienti.Ma quando i loso o gli psicologi discutono sull’amore,

non pensano all’amore come un’entità - essi pensano a unconcetto di amore - una descrizione teorica dell’amore.Questa è la distinzione che io volevo rendere chiara. Nonc’è alcun concetto losoco o psicologico - puro concetto

mentale- proprio perché sono delle entità viventi.

Divertitevi con i vostri Sé.

I.  Nella sua discussione circa la confusione fra espe-rienze trascendenti, esperienze delle vette e il Sé, ci hafatto esempi della luce dal sole e quella che emana dal-le lampadine attraverso il lago. In questi esempi vedia-mo soltanto due degli aspetti sopra menzionati. Vorrebbechiaricarci questi punti, per favore.

A.  Cercherò di riassumere la questione. Voglio dire chenon vediamo mai il centro, ma solo emanazioni da esso. Non sappiamo neanche che cosa è il centro del Sé, mala sua irradiazione. Così lo stesso, non vediamo mai la

lampadina o la spirale nella lampadina attraverso il lago.Vediamo solo la luce. Penso non ci sia nient’altro da diresu questo.

Le differenze basilari fra il centro e la irradiazione dal

centro sono l’essenza del Sé - l’essere - e i suoi raggi e

irradiazioni. Tutte le nostre esperienze transpersonali

sono esperienze di irradiazioni, qualità, energie del Sé,

ma non dello stesso Sé . E’ chiaro?

I. Che cosa è l’esperienza della vetta e dove si colloca in

questa analogia?A.  “Peak experience” ( Esperienza della vetta) è solo untermine generale usato da Maslow per indicare qualun-que tipo di esperienza transpersonale: mistica, esteticaecc. Qualsiasi vetta signica altezza, un’esperienza ol-tre il livello normale di coscienza (o coscienza persona-le). Non qualcosa di specico, ma un nome generale per

qualsiasi tipo di esperienza oltre il livello ordinario. Maessenzialmente è questo. Potrei dire che uno pensa che, paradossalmente, il sé non può conoscere sé stesso, per-ché la conoscenza è un atteggiamento dualistico: il Cono-scitore e qualcosa che è conosciuta. Ma il Sé È! Non ha bisogno di conoscere sé stesso in una modalità umana. Èessere - puro essere - essenza: questo, io penso, lo rende

sempre più chiaro.Ora mi piacerebbe aggiungere qualcosa alla celebra-zione del Sé. Mi è stato già chiesto di parlare dellacelebrazione del Sé ed io ho già dato una risposta ge-nerale riguardo a ciascuno di noi. Celebrare il Sé signi-ca diventare sempre più consapevoli che noi siamo

il Sé. Ma ci sono più specici modi di celebrazione,

specialmente per altri. Proporrò una formula che poicommenterò.“Proclamare e celebrare il Sé in pensieri, parole e ope-re, in vita e in morte”. Questo richiede un commento,soprattutto l’ultima frase.“In pensieri” è proprio quello che stiamo facendo. Com- prendere anche mentalmente il più possibile, il meno possibile, qualcosa dell’essenza di quello che il sé è. Ein meditazione: una meditazione vitale sul sé è procla-marlo e celebrarlo nel pensiero.“In parole” è proprio quello che sto facendo io e quelloche farete voi e quello che siete invitati a fare quando

tornate a casa, tutte le volte che potete. Se posso sug-gerirlo sia i lavori parlati che scritti sono per così direcampioni del Sé. Poiché è ben più difcile proclamareil Sé nei fatti. Potete cominciare dall’uso costante dellatecnica dell’agire come se. Cerchiamo di essere quanto più possibile “come se” fossimo identicati con il Sé. Edopo la preparazione della visualizzazione, immaginia-moci identicati nel Sé, come ci comporteremmo nellevarie situazioni. Così semplice a comprendere, ma noncosì semplice da fare …

Ora “in vita e morte”. Dal punto di vista transpersonalela vita è oltre il corpo. Il transpersonale non è identi-cato con il corpo. Perché la vita è una gioiosa proclama-zione della vita del Sé. Così quando diciamo “in vita emorte” pensiamo alla vita e alla morte. Così potete usarequesto in tutto il vostro lavoro sul Sé, con il Sé e con glialtri.

I. Potrebbe parlare delle sub-personalita?A. Penso che sia bene parlare delle sub-personalità, per-ché è una tecnica essenziale e non tutti hanno un’ideachiara di esse. Le sub-personalità possono essere consi-derate in due modi. In maniera generale si potrebbe direche come il sole si riette in innumerevoli specchi, così

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il Sé può riettersi non solo in un ego personale centralema anche in altre parti. E’ difcile da comprendere, maogni sub-personalità che è sviluppata abbastanza da ave-re una volontà, da essere consistente, da pensare, da sen-tire, è una personalità in miniatura ed ha le stesse qualitàdella personalità generale. Una sub-personalità è una piccola personalità in sé stessa che vive in acque profon-

de. Esiste il principio di personicazione, ma non entre-rò in questo, perché è un punto più teorico e io aborro lateoria. Ma dopo tutto non è una teoria, è un processo di personicazione. Ogni elemento psicologico, special-mente ogni gruppo di elementi psicologici, per esem- pio quelli che in psicologia sono chiamati “complessi”,tendono a personicarsi. Fino a questo punto non è una

teoria, è un’osservazione. Prendiamo il più semplicedegli esempi, i ruoli. Una donna spesso si identica con

la sua funzione materna no al punto che sente e agisce

 prevalentemente come madre. Così questa è una sub- personalità in sé che può essere in conitto con i tratti

femminili. Uno dei temi che ha importanza pratica, nonentro in questo ora, è il conitto fra il ruolo di moglie

e quello di madre. Possiamo riprendere questo tema unaltro giorno, ma questo mostra che ogni sub-personalitàha una specie di ego.Ora menzionerò una questione teorica. Si potrebbe con-cepire una sub-personalità come un riesso diretto delSé, come ho detto, del Sé Superiore o come un secondoriesso dell’ego.

Il primo forse è più corretto a dirsi dal punto di vista

metasico, ma il secondo è più utile per ragioni pratichein educazione e terapia, poiché questo aiuta a riassor- bire ogni sub-personalità all’interno di una personalitàintegrante. Così ai ni della psicosintesi, dell’attualiz-zazione di sé, dell’educazione e della terapia, è meglioadottare questo secondo punto di vista, che per ora è va-lido. Succede! Si può riassorbire e diciamo riposizio-nare un ruolo, una sub-personalità attraverso ciascunafunzione del ruolo. E’ molto diverso se si dice: “Io sonola madre” o invece si dice: “Esercito il ruolo della ma-dre meglio che posso”. Questo è diverso. La madre nonè più indipendente, auto affermativa ecc., ma è un ruo-lo secondario della personalità globale. Questo fa tuttala differenza, in pratica. Può anche essere espresso in

termini di disidenticazione. Disidenticazione signi-ca mettere al giusto posto ogni elemento, ruolo, sub-

 personalità. Così non si annulla, non si critica, niente ditutto questo. È dare ad ogni parte la sua giusta posizioneo funzione, sotto la guida del sé personale dapprima edeventualmente del Sé Superiore o i due insieme. Così idiversi approcci si completano l’un l’altro da varie pro-

spettive. Ma questo è uno degli approcci più pratici, sesoltanto ce ne ricordiamo. E’ facile comprendere e piùfacile dimenticare.

Ora, la consapevolezza. Io parlo molto di consapevo-lezza. La consapevolezza è proprio questo: essere con-sapevoli tutto il tempo non è “pura consapevolezza” oqualcosa di trascendente. C’è anche quello naturalmen-te. Ma la prima consapevolezza è essere consapevolidell’interazione dei fattori nella personalità.

Io presento questi punti intenzionalmente in un modo

non sistematico, rispondendo ai bisogni del momento, perché è più diretto, più vitale. Poi sta a voi mettere ordi-ne in questa situazione caotica. Così c’è qualcosa da fa-re. Nel vostro lavoro è consigliabile non servire mai “la pappa già scodellata”. Fornite semplicemente gli ingre-dienti dicendo “mettetevi a cucinare”. Infatti la maggior parte delle cose di questo genere richiede la cooperazio-ne e l’impegno delle persone direttamente interessate. Equelli che non si impegnano, semplicemente non sonomaturi. Lasciateli perdere a fare i loro giochi e sfogarsi.Così vedete come i vostri commenti mi stimolano e mi

danno l’occasione di dire alcune cose.

I. Questo processo signica che il divenire della perso-nalità (divenire che cosa? – integrata, sintetizzata, attua-lizzata?) è un’irradiazione dell’essere del Sé?A. Questo mostra come è difcile divenire consapevolidi queste cose. Sembrano semplici, ma il lavoro è dif-cile. Io davvero lo apprezzo. Se lo trovate troppo facile,comincio ad avere dei dubbi. Naturalmente la persona-lità è divenire, divenire che cosa? integrata, si; sintetiz-zata, si; attualizzata, sì; è un’irradiazione dell’essere delSé, sì!

Il fattore integrante nella personalità è il sé personale,

“CERCHIAMO DI ESSERE QUANTO PIÙ POSSIBILE‘COME SE’ FOSSIMO IDENTIFICATI CON IL SÉ”

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il riesso del Sé Superiore o Sé Transpersonale. Senzaquel fattore integrante, sintetizzante non ci sarebbe alcu-na personalità reale, alcuna integrazione. Questo è statoespresso bene come un aspetto, in un certo senso, dellaLegge Universale della sintropia. I sici, no a poco fa,hanno parlato come se ci fosse solo l’entropia, che è ildegradarsi dell’energia no a che ogni cosa muore. Un

quadro molto tragico, fortunatamente completamentefalso. Ora hanno scoperto con nuove ricerche, sia nellasica subatomica che nell’astronomia, che c’è un pro-cesso di sintropia che aumenta il potenziale , la tensione.È quello che Teilhard de Chardin chiama il Punto Ome-ga. Questo è stato dimostrato come reale.

In un senso, soltanto in un senso, ciò potrebbe esse-re considerato come un aspetto della legge di gravità,dell’attrazione verso il centro, ma in movimento e in di-venire, soprattutto nel movimento rapido c’è l’altra ten-denza alla dissipazione, alla difuenza.

Così la vita sia cosmica che individuale è un buonequilibrio o dovrebbe essere un buon equilibrio tra latendenza alla concentrazione e alla diffusione.

Se ci fosse solo concentrazione la morte sarebbe assi-curata. Se ci fosse solo diffusione, anche. Riassumendo, possiamo sempre osservare in termini empirici, che cisono due tendenze. La tendenza alla concentrazione equella alla dispersione. In parte corrisponde all’intro-versione e all’estroversione. E come nell’integrazione

della personalità e in psicosintesi la mèta è l’ambiversio-ne, cioè essere capaci di alternare estroversione e intro-versione da un punto più alto di consapevolezza..

È il sé, anche al livello della personalità, che attraver-so la funzione regolatoria della Volontà, può equilibra-re l’alternanza di introversione e estroversione secondo i bisogni, le opportunità e i compiti. Questa è la semplice, personale, diciamo, manifestazione dell’amore cosmico,dell’equilibrio fra gravitazione e espansione. È chiaro?

I.  Potrebbe dire qualcosa sull’ambiverso? E’ una ti- pologia della personalità che indica integrazione eambiversione?

A. Sto per darvi l’appendice del mio libro sulla Volontà,sulla psicologia differenziale. Là io ho chiarito che nonesistono in un certo senso tipi ssi. Introverso, estro-verso ecc. non sono etichette. Semplicemente signica-no una direzione di interesse vitale, è un processo nonqualcosa di statico. Perciò non dovremmo etichettare nénoi stessi né alcun altro come estroverso o introverso,

invece facciamo questo tutto il tempo ed è un’etichettalimitante. Fortunatamente non c’è nessuno al cento percento introverso, forse sarebbe un grave psicotico, né uncento per cento estroverso. Sebbene molti uomini mo-derni, uomini di affari, ecc. pericolosamente arrivanovicini ad essere cento per cento estroversi, ma fortuna-tamente essi non possono raggiungere questo punto, poiqualche crisi arriva in maniera beneca a tirarli indie-tro. Pertanto, introversione, estroversione e ambiversio-ne sono soltanto condizioni temporanee, o potrei dire, percentuali del usso di energia.

Anche biologicamente, mentre dormiamo, siamo biolo-gicamente introversi, ma molte attività continuano, equando siamo molto attivi sicamente, emotivamente,nella ginnastica o sport, siamo sicamente estroversi.Così a tutti i livelli c’è una momentanea direzione dellamaggiore percentuale di energia vitale, psicologica espirituale.

Perciò non esistono etichette, ma solo una condizioneesistenziale che cambia comunque e che possiamo pren-dere nelle nostre mani e dirigere. Naturalmente, nella

migliore delle ipotesi, chi ha una personalità integrata hail potere di essere ambiverso se vuole. Può essere unodei due secondo la propria volontà.

I. I termini sé individuale, sé di gruppo sono solo termi-ni, dal momento che tutto è uno? Dobbiamo sperimen-tare prima l’individuo, poi il gruppo sulla via per essereUno?A. Ora questo mi dà l’opportunità di sollevare un altro punto essenziale della psicosintesi, quello dei vari livel-li di realtà. Ci sono vari livelli, o, se vi piace il terminemoderno, campi di energia. Ciascuno ha le sue propriequalità e leggi. Per esempio certe leggi chimiche al livel-lo atomico, non sono più valide a livello subatomico, ma

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non sono abolite, non sono superate, soltanto all’altrolivello altre leggi operano. Qui c’è un salto, lasciando da parte fasi intermedie che potete trovare. “Tutto è Uno”è una profonda verità metasica a quel livello, ma sfor -tunatamente molti portano quella meravigliosa realtà ailivelli umani, o altri livelli in manifestazione, dove sem- plicemente non opera, e molti dei cosiddetti movimenti

metasici e anche alcuni approcci Orientali non pren-dono in considerazione differenze basilari. Tutto è Unoin essenza; ma nel divenire, in manifestazione, in quel processo di vita ci sono innumerevoli aspetti. Non entroora in questo problema. “Tutta la vita è Uno” ha scelto diriettersi in innumerevoli modi. Se Egli ha fatto questo,

 possiamo dedurre che Egli avesse molte buone ragioni,ma sono affari Suoi non nostri. Quello che possiamo di-re è che il grande processo di involuzione è culminò nelmondo minerale, per quanto ne sappiamo, poi è comin-ciato il movimento contrario o processo di evoluzione.Forse ottimisticamente possiamo dire che siamo a un

 punto di mezzo. Siamo passati attraverso i minerali,i vegetali, gli animali e in parte gli umani. Così siamoandati in questo lavoro evolutivo verso l’ “Uno”, ma es-so è ancora lontano. E qui emerge la confusione fra idue sé che crea così tanti problemi. Quando diciamo: “Iosono quel Sé” assolutamente vero, io sono l’Uno, manon sono per niente quello nella vita di tutti i giorni: ciòsarebbe paranoia. Come ho scritto, alcune paranoie as-sumono questo alla lettera e quando hanno un barlumedella realtà pensano di essere Dio. Così vedete tutto que-sto torna con i livelli di realtà. Ora potete lavorarci bene

con la vostra mente attiva. Scrivete qualcosa su questotema. E anche oggi penso di aver dato abbastanza.

L’uovo comincia a cuocersi. Potremmo dire scherzandoche è una questione di condensazione del tuorlo dell’uo-vo ovvero del centro.Ma anche con il Sé possiamo usare ogni giorno per unmomento, prima un rapido collegamento con il sé per-sonale, facendo silenzio il più possibile in breve tempo,rilassando il corpo, acquietando le emozioni, chiedendoalla mente di essere così gentile da rimanere ferma. E poi nella misura in cui riusciamo a fare questo, l’attra-zione elastica o il lo fra il sé personale e il Sé tran -spersonale può essere considerato dotato di una buona

elasticità. E quando tutto quello che lega il sé personaleal livello ordinario è eliminato in una certa misura, l’at-trazione continua ad essere operante e il sé personale ègioiosamente tirato in alto verso il Sé. Nel silenzio cerchiamo, quanto più è possibile, di avvi-cinarsi al Sé, senza sforzo o ansia, ma con calma, gioio-samente e con facilità, aiutati dall’affermazione centrale:

Noi siamo quel Sé Quel Sé siamo noiCerchiamo di realizzare questo nel silenzio.

I. Lei ha parlato molto del Sé. Io ho riettuto in que-sti ultimi giorni sulla distinzione fra il Sé e la mente.Sono un po’ confuso. Se può avere pazienza con me

 per un momento, vorrei chiederle questo. È la menteil Sé ad un particolare livello di sviluppo evolutivooppure è la mente nient’altro che il veicolo del centrodi pura autoconsapevolezza del Sé sul piano menta-le, il piano della mente? A me sembra che la mente

sia un organo creativo. Perciò non è semplicementeun veicolo ntanto che il punto di autoconsapevolez-za è stato innalzato a un livello più elevato così che

 può imprimere la mente da un livello superconscio oastratto con la sua volontà e il suo scopo. Pertanto, at-traverso il ragionamento deduttivo, la mente, secondome, è un organo creativo, attivo, energizzante con l’Ioconsapevole. Il punto di auto-consapevolezza è statospostato consapevolmente dalla volontà in un centro

 psicologico più elevato o centro spirituale. In altre pa-role, quando la mente è un veicolo per il Sé, e quan-

do è il Sé che si manifesta attraverso le sue qualità ecampo di energia?A. Rispondo a questo in linguaggio puramente psico-logico, perché è possibile. Ecco, la mente, mettiamo-lo in modo estremizzato, non ha niente a che fare conil Sé. Gli animali hanno una qualche forma di men-te. Talvolta sono furbi e intelligenti. Questo a parte ilfatto che c’è una mente intelligente nella nostra vita,e così via, ma questo non ha niente a che fare con ilSé. La mente è veramente uno strumento nel senso

 più elevato. Possiamo psicologicamente distinguerela mente concreta e la mente più elevata che è ragio-ne, “nous” in greco. Ma psicologicamente si può direche c’è la mente analitica, la mente concreta, la mente

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scientica, e ad un altro livello c’è la mente astratta,quella più losoca che tratta il livello universale, ve-di ad es. Kant, Platone ecc., ma tutto ciò non ha nientea che fare con il Sé. Ci sono loso molto intelligenti

che negano o ignorano il Sé. Lei dice che la mente ècreativa. In un certo senso uno strumento può essereun organo creativo. E’ creativo nel suo proprio modo.I processi della mente, induzione e deduzione sonocreativi. Inoltre la mente è spesso associata con l’im-maginazione e il sentimento, talvolta con l’intuizione,così la loro combinazione è particolarmente creativa,

ma non ha niente a che fare con il Sé. E’ chiaro? Il Séè una dimensione completamente differente. C’è untermine matematico: “incommensurabile”.

Il Sé è incommensurabile con qualsiasi altra dimen-

sione della Psiche. Penso di avere chiarito questo. E’

bene chiarire questo punto per tutti quelli presenti

e per tutti quelli a cui insegnerete e avrete in cura.

Fa parte di tutto ed io metto ogni cosa al suo posto.

Questo non signifca completa separazione, ma chiara

distinzione di funzioni. E’ chiaro?

I. Quando una persona sente di essere fuori dal corposenza intenzione o controllo attraverso qualche forma dimeditazione, come possiamo aiutarla ad ancorarsi?A.  L’aiuto immediato può essere scuotere la persona,gettando acqua fredda sul volto, ma la cura è spesso puramente preventiva verso le persone cioè non per-dere la coscienza e la consapevolezza e la consapevo-lezza dell’Io. Infatti non è per niente necessario; si puòavere il più elevato stato di coscienza, mantenendo-si vigile, senza alcuna ragione di privarsi di tale dono prezioso, faticosamente ottenuto attraverso la pratica

dell’autoconsapevolezza.

C’è una frase molto bella, in sanscrito che affermaquesto chiaramente:“Sat chit ananda”. Sat   è la verità,l’ultima realtà, l’universale, il trascendente. Chit   è laconsapevolezza mentale di questo. E il risultato è anan-da, la beatitudine. Non è possibile avere beatitudine senon si è consapevoli. Così ricordatelo e usatelo per voistessi: Sat, Chit, Ananda. Beata consapevolezza del-la realtà. Ma consapevolezza, consapevolezza coscien-te di sé. Questo libera da tutti i timori di perdersi nella

totalità, di essere la goccia nell’oceano e così via. Que-ste sono espressioni che sviano. Nel mio prossimo librotratterò molto di più questo, della fusione della coscien-za individuale e universale.

I. Nel diagramma dell’essere umano il Sé Superiore nonè il costrutto del Super-io e neanche un concetto “feno-menologico” del Sé. Invece è puro essere, essenza, nonuna costruzione intellettuale. E’ corretto questo? Può larealtà del Sé transpersonale essere “provata” scientica-mente? Voglio dire come entità, non in senso junghiano.Ciò può essere ottenuto presentando esercizi attraverso iquali sia possibile soggettivamente realizzare il Sé, e poilasciar parlare le testimonianze o ci si aspetta che esista

Leonardo Da Vinci Ottaedro stellato vacuo - Biblioteca Ambrosiana Milano

   A   R   C   H   I   V   I   O    A

   S   S   A   G   I   O   L   I

       F       I       R       E       N       Z       E

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anche una prova più “oggettiva”?A.  Questo è assolutamente corretto. Il Sé Superiore è puro essere ed essenza, non una costruzione intellettua-le. Dobbiamo essere d’accordo con questo. Lei ha chie-sto come può essere provato scienticamente. Tuttodipende da cosa consideriamo scientico. Attraverso lascienza ordinaria non può essere provato, poiché non c’è

alcuna prova a quel livello concettuale. Ma se prendetel’atteggiamento scientico e il metodo nel modo comel’ho posto, allora sì. E’ provato dalla sua esperienza di-retta. E’ una di quelle esperienze primarie che costitui-scono evidenza di per sé, proprio come il colore, il sensodi bellezza, o altro: non hanno bisogno di spiegazione.Sono esperienze primarie e perciò hanno pieno valorescientico, nel senso più ampio. Il punto è che si devonocreare le condizioni necessarie per avere l’esperienza egli scienziati nora non se ne sono occupati. Dovrebbeessere l’ABC del metodo scientico. Il modello è: fac-ciamo un’ipotesi e vediamo se i fatti la confermano o

no. Se soltanto avessimo abbastanza buon senso da farel’ipotesi che il Sé esiste, allora il passo successivo sa-rebbe di fare gli esperimenti giusti per vedere se c’è ono. Soltanto tali esperimenti non possono essere fatti inlaboratorio con metodi quantitativi. In un certo sensosono difcili, come per esempio l’esercizio di disiden-ticazione e il creare spazio per l’esperienza dell’iden-ticazione con il Sé. L’esercizio esiste ed è ben denito;soltanto dovremmo prendere l’impegno di farlo. Qui esi-ste una strana cecità, ebbene non strana, può essere spie-gata, ma non è di alcuna utilità. La sola risposta è che

esistono centinaia di migliaia di persone di ogni tipo econtinente che hanno avuto questa esperienza e hanno proclamato e fornito testimonianze di ciò, naturalmentein modo indiretto, poiché è in sé stessa ineffabile. Vale la pena di cercarla con forza se è un’esperienza vera. Nonc’è niente altro da dire su questo. O si sperimenta la ma-teria o la accantoniamo. Non ci può essere alcuna provaoggettiva, poiché sarebbe una contraddizione in termini.Perciò sarebbe inutile fare un tentativo per graticarli. Non funzionerebbe.

I.  Così il Sé è irradiante, è il motore immobile. Come può il Sé essere immobile se in meditazione diciamo cheinnalziamo il centro di coscienza al suo più alto livello?

Dico sé con la s minuscola qui. Aristotele parlava del Sé(maiuscolo) qui? Il Dr. Assagioli dice che sono un tutt’u-no. Posso vedere questo a livello della mente, ma trovo poi un’altra parte che li differenzia. Il sé o il Sé Superio-re entrambi sembrano muoversi in senso sico. Uno su e

l’altro giù e su. Mi piace l’idea di un lo elastico che li

connette. Come è il Sé immobile? E’ un paradosso. O c’è

un signicato diverso di immobile? Immobile signicaforse una centralità non mutevole? Non mutevolenel motivare movimento in altri corpi (quelli della personalità)? Non mutevole nell’irradiazione? Nelloscopo? Ma non mutevole, sembra di no, in senso sico.

Il Sé irradia tutto il tempo. E’ una costante sorgente di ir-radiazione e energia. Sebbene non sia sempre attraversola personalità. Talvolta la personalità sembra più impor-tante della irradiazione interna. Così il Sé non è visto onon è apparente. D’altro lato, però, il Sé può essere ri-esso nella personalità che si apre. Che paradosso e che

 pasticcio!A.  Sì, lei ha coraggiosamente affrontato il più difcile problema che riguarda il Sé e la realtà in generale. Co-raggiosamente! Ed ha fatto emergere vividamente tutte leapparenti contraddizioni e paradossi; ed è bene rendersiconto di questo prima di arrivare a delle soluzioni. Tal-volta abbiamo l’illusione di comprendere il mistero. E’ bene invece rendersi conto di essere confusi e perplessi.E’ uno stadio assai necessario e utile e penso che anchealtri si possano trovare in questo stato. E’ un problemacha ha affascinato per lungo tempo gli esseri umani, an-che in Oriente. Proprio stamani mi è capitato di notare

che questo problema è stato sollevato in tre Upanishads.Questo conferma la nobiltà della questione. Grazie perle vostre domande.

   A   R   C   H   I   V   I   O    A

   S   S   A   G   I   O   L   I

       F       I       R       E       N       Z       E

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LETTERE AL DIRETTORE RIFLESSIONI

La rivista raccoglie da tempo riessioni ed esperien-ze sui molti temi che la teoria psicosintetica pone alla

nostra attenzione ed in particolare, in questo momento,vorremmo sottolineare una questione teorica e culturaledi estrema rilevanza che, riteniamo, richieda una nostracomune riessione.

John Firman e Ann Gila nel loro bel libro “ La ferita pri-maria” hanno pubblicato una variante dell’Ovoide assa-gioliano in cui il simbolo del Sé Superiore o ‘Stella’ èstato tolto (immagine 1) e a questo proposito, a pag 180dell’edizione italiana (L’Uomo Edizioni), scrivono : “Nel diagramma il Sé non è rappresentato, ma è in-

teso che pervada tutta l’area. In altre parole, proprio

come l’Io è trascendente-immanente nel processo e

nei contenuti del qui e ora, così il Sé è trascendente-

immanente in ogni processo e contenuto psico-somati-

co. Sviluppando quindi una intima relazione con il Sé,

diventando una sempre più accurata immagine del Sé, potremo sempre più aprirci alle altezze e alle profondità

dell’esperienza.”

In seguito Molly Young Brown, a pag. 47 del suo libro“Growing Whole” (Psychosynthesis Press) riproducelo schema dell’Ovoide privato del Sè Superiore (im-magine 2) dichiarando di essere d’accordo con J. Fir-man e A. Gila ed aggiunge, nella nota 3 di pag. 189,che “ La posizione graca originale in cui fu colloca-

to il Sé è troppo limitativa e può dare l’impressione

che il Sé sia più vicino al Superconscio e più remo-

to dall’Inconscio inferiore. Ciò potrebbe spingerci -

 prosegue M. Yuong Brown - a disprezzare il nostro

Cari lettori,ho ritenuto opportuno spostare questa rubrica subito dopo la preziosa intervistaa Roberto Assagioli in quanto la richiesta pervenuta alla Redazioneriguarda l’apertura di un futuro dibattito.

 immagine 1

Inconscio Superiore“Io”

Campo della

Coscienza

e Volontà

Inconscio Inferiore

Inconscio Medio

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corpo in favore delle nostre qualità intellettuali oppure

allontanarci dalla ‘natura’…. (mentre invece)  il Sé è

 sottostante e permea tutte le dimensioni della nostra

coscienza e del nostro inconscio, sia individuale che

collettivo.”

Ebbene, a mio parere, la sottrazione del simbolo del Sédalla Mappa psicologica di Roberto Assagioli non è que-

stione che possa essere risolta così brevemente, né sul piano teorico che esperienziale.Ritengo infatti che l’assenza di una precisa e signicantevisibilità del Sé possa determinare la caduta di uno degliaspetti teorici caratterizzanti la Psicosintesi che, a mio parere, si fonda proprio su una relazione dialettica trail Sé e l’Io, in grado di relazionarsi ed esprimersi al piùalto dei livelli nelle molteplici espressioni del Superco-sciente, cioè in quello spazio ‘spirituale’ che caratterizzal’essere umano e lo rende assolutamente diverso da tuttigli altri animali.Ed infatti è proprio nella complessa connessione tra

Sé Superiore ed Io, indicata nella tratteggiata che col-lega i punti 5 e 6 dell’Ovoide, che lo spirito umano si

esprime ed agisce nel mondo : dal misticismo alla cre-atività artistica, dal sogno utopico all’ideologia, dallacapacità empatica a quella della compassione, no agli

slanci di altruismo eroico di cui ci parla Assagioli.Osservando l’Ovoide ci rendiamo immediatamenteconto che esso è la ri-organizzazione dei materiali chela cultura psicologica andava elaborando all’inizio del

‘900, con particolare riferimento alla grandi intuizio-ni di S. Freud sull’Inconscio individuale e di C.G. Jungsull’ Inconscio Collettivo, a cui R. Assagioli aggiunseuna terza forma di inconscio, assolutamente innovativae specica, che chiamò Inconscio Superiore.Ponendo, al suo estremo superiore, il simbolo del Séstrettamene connesso con una linea tratteggiata all’Ioche, nei sui scritti e appunti, chiama anche Sé Inferiore,  per sottolinearne la diversità e simultaneamente l’omo-geneità con il Sé superiore.A me non sembra che si possa togliere il simbolo del Sédall’Ovoide assagioliano dicendo solo che il “ Sé per-

mea ogni parte della coscienza e dell’inconscio “, per-ché la sua assenza pone a rischio l’intera interpretazione

 immagine 2

“I”

Superconscious

Collective

Unconscious

Basic

Unconscious

Middle Unconscious

Field of awareness

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 psicosintetica dell’Essere Umano che trova, proprio nel-la costante interrelazione tra il Sé Superiore, l’InconscioSuperiore e l’Io uno dei suoi più preziosi ed importanticoncetti. Né si può concordare con i dubbi avanzati da M. YoungBrown sulla posizione in cui Assagioli ha posto il Sè Su- periore - cioè sulla linea di congiunzione tra l’ Inconscio

Superiore individuale e l’Inconscio Collettivo - perché è proprio sul piano esperenziale che il Sé sembra davverocostituire una inter-relazione tra la nostra individualità biosica e l’universo sociale-culturale-spirituale in cuinasciamo.

Va ricordato inoltre che lo stesso Assagioli propose, inaccordo con Maslow, di sostituire al concetto di Spiri-tuale il concetto di Transpersonale, perché proprio nellarelazione dialettica tra Io, Sé e Supercosciente l’uomosupera il suo isolamento di individuo, per porsi in rela-zione con tutti gli altri esseri umani, in un dialogo poten-

te e silenzioso fatto di relazioni impalpabili ma capaci dicambiare la nostra storia personale e quella dell’interogenere umano.In sintesi, a me sembra che il Sé debba continuare adessere rappresentato nell’Ovoide e debba essere rappre-sentato esattamente lì dove lo ha posto Roberto Assa-gioli perché altrimenti, oltre a porre a rischio l’essenzastessa dell’interpretazione psicosintetica dell’EssereUmano, si nisce per mimetizzarsi e confondersi conmolte altre, pur interessanti, interpretazioni psicologhe.

Altra e diversa questione è invece il voler approfondi-re il signicato, il ruolo e la stessa natura biosca di ciòche chiamiamo Sé Superiore, che per molti aspetti attie-ne ancora al Mistero e al dubbio scientico. Per questo è importante tornare a ragionare sul concet-to del Sè ad un secolo di distanza dalle sue prime for-mulazioni, e farlo sia sulla base degli oggettivi progressiscientici delle neuro scienze che sulla base dell’evo-luzione culturale che il genere umano ha compiuto nelcorso di un secolo travagliato da due guerre mondiali emolti conitti, attraverso le successive teorie culturalidel Moderno, poi del Post Moderno ed inne, delle piùrecenti riessioni ipertecnologiche del Post Umano daun lato e del Nuovo Realismo dall’altro. Fulvio Leoni

Un indagine di approfondimento e verica non certo direinterpretazione.Inne, ma non ultimo, vorrei sottolineare che solo l’ ac-cettazione del concetto di Inconscio da parte della cultu-ra occidentale ha consentito alla Psicoanalisi freudianadi dare i suoi frutti e potersi sviluppare in molteplici di-rezioni e studi.

Analogamente solo l’affermazione e l’accettazionedell’esistenza del Sé e il riconoscimento del suo agire/interagire con l’Io verso sintesi complesse, può con-sentire uno sviluppo della coscienza individuale ecollettiva, verso quei valori più alti dell’essere umanoche appartengono specicatamente al territorio dell’In-conscio Superiore.Riservandomi di sviluppare in altra sede queste mie bre-vi considerazioni si ritiene importante che l’Istituto diPsicosintesi fondato da R. Assagioli e la rivista Psico-sintesi si esprimano su quanto scritto da Firman, Gilae Young Brown vericando quanto, come e se queste

 posizioni siano effettivamente condivisibili oppure daconfutare, con adeguate risposte a livello internazionale.Risposte non polemiche o oppositive quanto meditate,approfondite e costruttive, capaci di aggiornare, alle so-glie del nuovo secolo e millennio, il dibattito su uno de-gli aspetti più importanti della teorica psicosinteticaA questo scopo ho chiesto di pubblicare un testo non an-cora edito in Italia di R.Assagioli, registrato nel 1970 inoccasione di una visita a Firenze di studenti americani einvitiamo chiunque fosse interessato ad inviare alla sededella rivista - [email protected]  - le proprie ries-

sioni, esperienze, documentazioni inerenti l’importanzao meno della presenza del simbolo del Sé nell’Ovoideassagioliano e, quindi, il suo ruolo e signicato nella te-oria e nella pratica psicosintetica.Il materiale inviato sarà raccolto per realizzare una gior-nata di studio presso la sede dell’Istituto a Firenze, daorganizzarsi eventualmente in una Tavola Rotonda i cuiesiti saranno poi pubblicati nel prossimo numero dellarivista e costituiranno la base per una o più risposte arti-colate da portare nelle opportune sedi internazionali.

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Vi è oggi ampia convergenza della psicologia nellospiegare il modo di pensare ed essere in funzione de-gli schemi interpersonali vissuti nell’infanzia. Nell’otti-ca evolutiva è possibile comprendere le manifestazionidel comportamento e i pensieri che guidano il sogget-to nell’oggi attraverso la valutazione dei suoi processidi sviluppo e di come questi abbiano dato luogo a spe-

ciche organizzazioni psichiche conoscitive e operati-ve. L’essere umano in questa prospettiva è consideratocome un sistema conoscitivo complesso che evolve neltempo mantenendo una propria denita coerenza inter -na, un senso di sé e una corrispondente percezione del-la realtà che trovano origine nelle qualità delle relazioni primarie con le gure parentali e sociali. Le sue strutture psichiche cha hanno preso origine nella prima infanziaguidano l’elaborazione delle informazioni, le aspettativesu se stesso, sugli altri. I rapporti relazionali vissuti sonoda considerarsi simboli recepiti dal bambino, che qualisimboli attivano le modalità psichiche corrispondenti. Si

dispone ormai di una descrizione approfondita degli iti-nerari di sviluppo percorribili dal bambino in funzionedei simboli affettivi in cui è stato immerso.L’idea di strutture profonde deputate ad organizzare,anticipare e rappresentare l’esperienza esistenziale ha preso l’avvio da quanto scrisse Freud: “Ogni uomo haacquisito, per l’azione congiunta della sua disposizionecongenita e degli inussi esercitati su di lui durante glianni dell’infanzia, una determinata indole che caratteriz-za il modo di condurre la vita, vale a dire le condizioniche egli pone nell’amore, le pulsioni che lo soddisfano

e le mete che si pregge. Ne risulta per così dire un cli-ché che nel corso dell’esistenza viene costantemente ri- petuto, ristampato nella misura in cui lo consentono lecircostanze esterne e la natura degli oggetti d’amore ac-cessibili…” Da qui l’importanza dell’approfondimentodella propria vita infantile, attuato attraverso il raccon-to o la scrittura della autobiograa e la sua analisi criti-ca. Ciò, se attentamente valutato, permette di far propriconcetti e dimensioni valoriali no a quel momento sco-nosciuti o minimizzati. Nel processo di indagine ed ana-lisi del mondo del bambino, oltre all’importanza basilaredelle gure parentali, è altresì opportuno porre attenzio-ne nella autobiograa ad un’altra componente: lo spaziosico circostante nei primi periodi di vita.

Per comprendere l’organizzazione psichica è necessariofar emergere dalle memorie dell’infanzia anche l’oriz-zonte sico che ha circondato il bambino. L’orizzonte,quale contenitore spaziale degli avvenimenti esistenzia-li infantili, non è mai un contenitore neutro, ma inuisceindirizzando i processi delle singole funzioni psichiche.Un orizzonte di spoglie pareti, di grigi e monotoni con-

domini, di verdi boschi, di campagne, di mare, di cate-ne montuose ha proprietà simboliche ed energetiche che plasmano selettivamente la psiche e la conducono inspeciche strade di pensiero, strade che saranno presup- posti interpretativi del futuro essere nel mondo. Guide-ranno gli interessi profondi e intimi del soggetto, anchese, per necessità esistenziali, cambierà ambienti di vita eorizzonti.L’orizzonte spaziale è dunque un simbolo con cui il bambino viene in contatto e come ogni simbolo operasulla sua vita psicologica. I simboli operano, pur se noncompresi. Le leggi psichiche della volontà, secondo il

modello psicosintetico, lo esplicitano. Il simbolo di unorizzonte, introdotto nella psiche con la visualizzazio-ne ripetitiva giornaliera cosciente o inconscia, è condi-zionante. La reiterazione nell’osservarlo, consolida ilsimbolo risvegliando sentimenti, idee o comportamentiafni anche nei primi periodi di vita.Offrire al bambino un orizzonte idoneo con cui rappor-tarsi ha signicato analogo ad offrirgli il simbolo rac-chiuso, ad esempio, nella carezza. Le qualità proprie delsimbolo sono assorbite, si imprimono e stimolano aspet-ti della futura personalità .

Il signicato dell’orizzonte vissuto primariamente è pertanto da reperire e chiarire nell’analisi personale inquanto opera nell’oggi. L’orizzonte può essere un sim- bolo positivo che orienta verso il futuro o, all’opposto,un grigiore che attrae nell’involuzione. Verdi distese ocatramosi asfalti, ambienti ricchi di colori o anonime pa-reti, spazi aperti o anonimi caseggiati non sono simbolisenza signicato esistenziale.L’orizzonte come le parole, gli oggetti, le musiche hauna sua specica carica energetica che richiede attentavalutazione allorché la si propone al bambino.Ogni simbolo, sico,verbale, emotivo, visivo, spaziale,nessuno escluso, ha una sua specica qualità che produ-ce vibrazioni analoghe in chi lo riceve.

L’ORIZZONTE

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La ricerca attenta di «alimenti» non nocivi riguarda ilcorpo e, ancor più, la psiche. Il contatto con simboli sot-tovalutati nella loro valenza energetica, innesca, soven-te, processi intrapsichici indesiderabili. Tali dinamiche psichiche si instaurano, anche se il soggetto non ne èconsapevole, anzi ancor più.La linea dell’orizzonte con le sue qualità modella i

 pensieri e i sentimenti dell’adulto. Le qualità del gri-gio o dell’ azzurro, dell’innito o del limitato, del ver -de o dell’opaco, del rumore o del silenzio, del chiaro odell’oscuro assorbite dall’orizzonte in epoca infantilecolorano le riessioni psichiche dell’adulto. Il processodi analisi della propria esistenza richiede, dunque, cheuno spazio sia riservato alla ricerca dell’antico orizzonteinfantile valutando quali processi abbia indotto nel per-corso evolutivo. Importanti e signicative componentidella personalità vi ritrovano la loro origine.

Il percorso esistenziale attinge a piene mani dagli episo-di affettivi e relazionali che hanno lastricato il camminonei primi anni di vita, ma la sua strada è inserita nell’o-rizzonte in cui sono avvenuti.Se si rintraccia il simbolo dell’orizzonte infantile e sicomprendono le attività dinamiche che ha indotto nel-la personalità, non ci si accontenti e, come Leopardi, si

vada oltre… si cerchi il simbolo dell’orizzonte Innito.

Ferdinand Hodler – Il lago di Ginevra la sera visto da Chexbres – 1895 Kunsthaus Zurigo

Piermaria Bonacina

sempre caro mi fu quest’ermo colle

e questa siepe

che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

ma sedendo e mirando

interminati spazi 

di là da quella

e sovrumani silenzi 

e profondissima quiete io nel pensier mi ngo

ove per poco il cor non si spaura

e come il vento odo stormir tra queste piante

io quello innito silenzio a questa voce vo comparando

e mi sovvien l’eterno e le morte stagioni 

e la presente e viva

e il suon di lei 

così tra questa immensità s’annega il pensier mio

e il naufragar m’è dolce in questo mare.

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Via Iacopone da Todi 12 - 055 508 801850133 Firenze

FIRENZE – 25/26 APRILE 2015

XXIX CONVEGNO NAZIONALE

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COMPRENSIONE AMOREVOLE:

L’APERTURA DEL CUORE ALLE ORIGINI DELL’ALTRO

La comprensione amorevole è fondamentale per creare buoni rapporti tra gli individui.Essa non è né scontata né semplice da acquisire, ma frut-to di molto lavoro interiore e di una lunga pratica delladisidenticazione.In questo articolo analizzeremo che cosa essa è, cosa nonè, quali sono gli ostacoli più frequenti che si incontra-

no, quali aiuti ci possiamo dare e quali qualità possiamosviluppare per aiutarci nel difcile compito di esprimerecompiutamente questa qualità che è Transpersonale.Come prima denizione, ma vedremo che è molto di più, troviamo che deriva da “comprendere”, dal latino cum = insieme + prehendere = prendere, portare den-tro di sé.Amorevole, considerando ciò che si è compreso con be-nevolenza, è cioè la capacità di considerare con animotollerante i sentimenti altrui.A sua volta “comprendere” ha come sinonimi contene-re, racchiudere, includere, abbracciare, capire, intende-

re, per estensione giusticare, perdonare.La comprensione amorevole è la capacità di andare ol-tre le apparenze e “prendere dentro di sé” le motivazioniche stanno dietro il comportamento dell’altro.L’opposto della comprensione amorevole è il giudizio,la critica, il riuto, la reazione emotiva, la distruzionedell’altro col pensiero.Pratichiamo la comprensione amorevole quando siamodisidenticati dai “mutevoli contenuti della coscienza” eauto-identicati nell’Io.“Passiamo dal giudizio e dalla critica alle domande

«perché mi sta dicendo questo?” “perché sta facendoquesto?”.L’attiva energia della comprensione amorevole suscitauna potente reazione contro l’avversione.È l’Empatia, la chiave magica per aprire ogni cuore,il mezzo irresistibile per dissipare malintesi, antipatie,ostilità, conitti e separatività.

La chiave magica per stabilire retti rapporti umani inogni campo della vita consociata: dalla famiglia algruppo all’intera umanità, poiché si comprendono i

 bisogni e le ragioni degli altri. Quindi è la cura più ef-cace per guarire i rapporti umani.

Senza comprensione non ci potrà mai essere Fratel-lanza, cioè senso di Unità con tutti. La comprensione

amorevole è il punto di incontro tra l’intelligenza el’amore: possiede quindi qualità di cuore e qualità dimente. È il risultato dell’unione di mente e cuore.Il Cuore è il mediatore, in esso tutti gli opposti sifondono e sintetizzano.Per esprimerla occorre un attodi volontà.

Proseguendo nella nostra analisi rendiamoci conto primadi tutto di cosa essa non è e, al contrario, di cosa essa è. Non è buonismo, al contrario è Volontà di Bene. Non è acquiescenza passiva, anzi è un atto forte per-ché porta in sé la capacità della mente di capire e la benevolenza del cuore; è accoglienza del cuore e lucedell’intelligenza. Non è giusticare, ma è accettare le multiformi e varieespressioni della vita. Non è una forma di debolezza, ma è un atto di Volontà. Non è ignoranza rispetto ai torti degli altri, ma è andareoltre le apparenze tenendo ben separati il “peccato” dal

“peccatore”. Non è rinuncia alla difesa, ma è comprendere le ragionie poi cercare le misure adatte ad affrontare la situazione. Non è un obbligo di “frequentazione”, ma è sicuracomprensione.La comprensione amorevole inizia con l’ascolto e l’at-tenzione all’altro.Prosegue nella parola consapevole, nell’accettazione enell’aiuto consapevoli.La comprensione non ha nulla di sentimentale, ma na-sce da un livello che è mentale e allo stesso tempo è in-

telligente, tende a: far vedere un altro punto di vista, farsorgere la risposta dall’interno dell’individuo poichénella domanda è già insita la risposta, nel problema lasoluzione.È deporre il pensiero nel cuore: pensare col cuore e ama-re con la mente.

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 Naturalmente la comprensione va data innanzi tutto a sestessi poiché la comprensione verso gli altri va di pari passo con quella che siamo in grado di dare a noi stessi.Per comprendere occorre fare spazio dentro di sé, da quil’importanza del lavoro interiore.Per comprendere occorre conoscere.Per comprendere occorre contattare il proprio dolore e

 poi il dolore di ogni essere umano dietro le maschereconsuete.Una giusta comprensione scorge anche la soluzione o lavia da percorrere per superare quel dolore.

Un altro capitolo importante da considerare sono gliostacoli che vi si frappongono:• Orgoglio (paura di mostrarsi per quello che si è per

timore di non essere accettati)• Ostinazione e pretese egoistiche. Suo corollario è

l’egocentrismo…io, io, io• Separatività (attenzione eccessiva al sé personale)

• Criticismo che nasce dall’ideologia• Attaccamenti, per esempio al bisogno di cercare il

“colpevole esterno”, alle opinioni, alla rabbia• Aspettative – come le cose/persone dovrebbero essere• Accampare scuse per non cambiare se stessi• Egoismo• Bisogni disattesi (di appartenenza, di essere

riconosciuti, di apprezzamento…) che creanomancanze

• Frustrazioni• Paure

• La sete di potere• Pregiudizi

Grandi aiuti possono venire dallo sviluppo delle qualitàdel Cuore, della Mente e della Volontà (vedi riquadro).Voler comprendere è naturalmente il primo passo. Comesappiamo bene la volontà è il fattore fondamentale perqualunque scelta noi facciamo e per qualunque qualitàvogliamo sviluppare ed esprimere.L’impersonalità è un altro passo che ci viene chiesto dal-la stessa comprensione. Come possiamo comprendere profondamente gli altri se siamo continuamente con-centrati su noi stessi e i nostri problemi. L’impersonali-tà si può denire come l’atteggiamento interiore che dà

attenzione agli altri ritirandola dall’identicazione con-tinua su se stessi o, con altri termini, il distacco dall’iodrammatico.Un sincero e genuino interesse verso gli altri ci è natu-ralmente di aiuto.La comprensione amorevole è facilitata dalla riessionesu tre sentimenti:

• Compassione: antitesi della passione, che è avida edegoista• Tenerezza: antitesi dell’egotismo, sempre rigido e

chiuso in sé• Imparzialità: antitesi della bramosia o del desiderio.• Quando questi tre sentimenti sono compresi e

 praticati, si è in rapporto con l’anima di tutti gliuomini.

La Compassione sposta l’attenzione dagli interessiegoistici e ci rende partecipi della sofferenza altrui. Ciarmonizza con le necessità del prossimo, porta a condi-

videre ciò che alberga nel cuore.Si ottiene intonandosi all’amore dell’anima, principiounicante che apre tutti i cuori.La compassione, infatti, è la capacità di identicarsi congli altri in tutte le condizioni esterne.La Tenerezza porta una qualità di altruismo, cioè volgeall’esterno ed ispira il desiderio di servire e aiutare. Que-sto sentimento è talvolta chiamato misericordia, e con-trassegna tutti coloro che soccorrono l’umanità.Implica aiuto positivo, intento altruistico, saggio discer-nimento e attività amorevole. Non è mossa da desiderio

di ricompensa e riconoscimento.L’Imparzialità distacca dai risultati dell’attività in fa-vore altrui. Essa libera dal desiderio.L’imparzialità è più mentale della compassione e dellatenerezza.

Ricapitolando vediamo che i passaggi per sviluppare lacomprensione sono:• Fermare le reazioni personali• Acquietare le emozioni• Fermare il giudizio• Mettersi in una posizione di ascolto• Domandarsi perché, quali sono le cause di un certo

comportamento

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• Comprendere che è più che capire. Capiamo conl’intelletto, più freddo e distaccato, chirurgico, mentrequando comprendiamo portiamo dentro, includiamo, permettiamo alle cose di far parte di noi stessi

• Inne rispondere, essere cioè attivi – emissivi.

La vita è difcile per tutti; non è quindi più sensatoaiutarci a vicenda anziché combatterci?

Un altro passo verso la comprensione amorevole è com- prendere che gli esseri umani non sono tutti uguali. Gliesseri umani sono equivalenti, hanno tutti quanti lo stes-so valore ma non sono uguali.

Se comprendiamo che esistono dei livelli evolutivi, pos-siamo comprendere che certi comportamenti a cui as-sistiamo sono quasi “obbligati” rispetto al livello dicoscienza al quale l’individuo si trova.Di conseguenza, questa conoscenza ci permette di elimi-nare il giudizio e di sviluppare la comprensione che gliindividui possono fare solamente quello che il livello dicoscienza permette loro.Proseguendo ancora si giunge a capire e accettare chein realtà non c’è nulla da comprendere, nel senso cheogni evento ha il diritto di esistere come espressione del-le mille e mille condizioni umane e delle esperienze che

ognuno fa. È un po’ come il perdono, arriva il giorno incui si comprende che non c’è nulla da perdonare perchéognuno fa quello che può.Le antiche tradizioni spirituali chiedevano all’aspirantedi rispettare la seguente Regola.

 “Entra nel cuore del fratello tuo e vedi il suo dolore.Poi parla. Le tue parole infondano in lui la potenteforza di cui ha bisogno per spezzare le sue catene. Manon gliele spezzare tu stesso. L’opera tua è di parlarecon comprensione intelligente. Dalla forza che riceverà

sarà sorretto nel suo lavoro”.

Quando la parte critica della nostra mente impara il si-lenzio e l’umiltà, ci fa riconoscere le qualità e i pregi dicoloro con cui entriamo in relazione, allora la nostra vi-ta è riscaldata dal calore della comprensione amorevoleche regala dolcezza ai nostri rapporti.

Qualità del Cuore

Sincerità GenerositàUmiltà EquanimitàGratitudine Benevolenza/CaritàPerseveranza AspirazioneRecettività FiduciaPace PerdonoCoraggio AttesaBuona volontà SaggezzaCooperazione CondivisioneResponsabilità LibertàDirezione SintesiAmore Unione

Fratellanza Appartenenza umanaCompassione PazienzaTrasmutazione Comprensione

Qualità della Mente

Intelligenza DiscriminazioneComprensione Collegamento(stabilire relazioni logiche/analogiche tra i pensieri e i fenomeni)

Elaborazione Ricerca delle causeVisione oltre le apparenze Discernimento(per es. del bene dal male, del giusto dall’errore)Interpretazione e spiegazione Osservazione econsapevolezza(del mondo esterno ed interno)Memoria ImmaginazioneProgettualità Correzione degli erroriAnalisi Gestione delle emozioni

Qualità della Volontà

Intenzione AscoltoFare spazio ConcentrazioneAttenzione FocalizzazioneDominio ControlloDisciplina SopportazioneCoraggio Integrazione

Organizzazione Sintesi

Lina Malore

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Un passo dopo l’altro, siamo arrivati ad una tappa cru-ciale del nostro percorso: dalla base sicura o ambien-te favorevole  dei primi mesi e anni di vita, attraversola grande crisi di individuazione della pubertà e dell’a-dolescenza, siamo ora giunti a considerare uno dei piùfondamentali diritti dell’essere umano, quello in cui l’A-nima afferma la sua potenza, la sua forza e il diritto che

esprime la volontà di esserci e di affermarsi, di prenderespazio nell’esistenza.Questa dimensione esistenziale che potremmo denire“adulta” (pur con le necessarie considerazioni che ho proposto nell’articolo precedente), interessa vari livellie funzioni dell’individuo, coordina e integra diversi pia-ni che si sono via via strutturati diventando elementi co-stitutivi della personalità.Prima di tutto la capacità di percepire la realtà esternain quanto “oggetto”, distinguendola dal Sé personale: la

funzione del vedere, o meglio dell’osservare, ha a chefare con la mentalizzazione e con la capacità di distingue-re e discriminare in modo più rafnato il “fuori di sé”.E’ questa una funzione dell’area subcorticale del nostrocervello che però, guarda caso, si occupa prevalente-mente di governare funzioni squisitamente corporee. Gliormai noti studi sui neuroni- specchio confermano tuttala teoria psicodinamica delle relazioni oggettuali, il ri-specchiamento affettivo, la costruzione dell’empatia, lacapacità di distinguere e apprezzare il proprio conne a partire dal riconoscimento visivo dell’altro (la madre),che viene trasformato quindi in immagine interna, maanche la capacità di percepire un’azione e comprenderne

il signicato, che è appunto condizione per lo sviluppodell’intersoggettività. 1)Così, quando parliamo di empatia, stiamo descrivendola funzione del sentire come ulteriore passaggio dellaconsapevolezza, in particolare della scoperta di una ca- pacità originale e propria dell’essere umano di stare nel-la relazione: sentire il proprio dentro per sentire l’altro,dopo aver vissuto l’esperienza precoce del sentire il ca-lore, la voce, l’odore, il gesto d’amore dell’altro, dell’a-dulto-madre, attraverso cui si può cominciare a sentire il proprio Sé personale come un esserci nel bene.E’ questa l’esperienza primaria di identità che costitu-isce anche la premessa della successiva capacità di au-to-identicazione, grazie alla quale ci si può accorgere

veramente che l’Anima è contenuta in noi ma nello stes-so tempo ci contiene.Potremmo anche considerare tutto questo come dina-mica dell’Eros, ricordando la semplice e bellissima de-scrizione che ne fa Roberto Assagioli: “impulso vitale

 primordiale, la tendenza che dà origine agli istinti fon-damentali, che si differenzia poi nei vari impulsi e desi-

deri umani, che si afna nei sentimenti, che si sublimanelle aspirazioni: vita palpitante, amma travolgente,

 forza propulsiva, calore, fuoco”. 2)Inne la funzione della parola, la dinamica del Logos,del diritto all’espressione, della capacità di ordinare edirigere l’Eros, di orientarlo a partire dalla concettua-lizzazione del bisogno e del principio del piacere comeistanze fondamentali che vengono riconosciute, espres-se e “narrate”, passando per l’auto-riconoscimento della propria capacità di amare, della voglia di essere veico-lo attivo di amore, no ad esercitare il diritto di esserevero, onesto,  signicativo. Come ci propone Massimo

Rosselli nella sua “Carta dei diritti dell’Anima”, “la ve-rità e la conoscenza sono alla base di questo diritto, cheimplica la ricerca di signicati nell’esistenza, insieme a

un’esigenza di profonda onestà nelle manifestazioni del-la vita. Si direbbe che l’Anima è a casa nella verità, sot-to le varie forme che essa prende”. 3)Viviamo in una società e in un’epoca che continuano adesasperare la vita esteriore. La parcellizzazione, la se- parazione frammentata di sé (sia nei ruoli familiari, la-vorativi e sociali, che nelle relazioni fra di essi) portaad una drammatizzazione dell’isolamento e della pau-

ra di vivere che viene amplicata dal momento di crisisocio-economica contingente e, potremmo dire,  perma-nente (aumento dei suicidi, dell’uso di psicofarmaci e disostanze psicotrope, di violenze domestiche improntateal femminicidio, all’omofobia, all’angoscia di perdita).In particolare, nell’ambito della famiglia, la relazionemadre-glio è spesso sovraccaricata del peso educati-vo, o meglio di quell’impegno educativo che diventa un peso insostenibile poiché sommato a quello dell’accudi-mento iniziale, con un investimento emozionale sempre più proiettato e ricercato nel fuori di sé, in un individua-lismo narcisistico divenuto addirittura normale, almeno per la letteratura clinica più recente (cioè rappresenta-to dalla diffusa mitologia delle graticazioni materiali,

VEDO, SENTO, PARLO E...LA SEMPLICE TOTALITÀ DELL’ ESSERCI

Questo articolo è l’ultimo di una “trilogia” (vedi riviste Psicosintesi n.20 e n.21)che ripercorre alcuni momenti fondamentali dell’esistenza.

Lo scritto è ispirato - quindi successivo - a tre conferenze tenute dall’autorefra Mantova e Grosseto.

È quindi arricchito di tutti gli inussi, le risonanze e le restituzionidelle persone che hanno animato tali eventi.

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dell’euforia per le conferme esterne e per i facili traguar-di consumistici), accompagnato dal progressivo dissol-vimento della gura paterna: cioè di quel modello di

 pater (= patrimonio) capace di assumere in sé e di ar-monizzare il successo autorealizzativo autentico insiemecon l’ideazione e promozione del bene comune.La fase di crisi ci riporta invece a focalizzare l’attenzio-

ne sul dentro di sé. E questo può essere un bene, unaricca opportunità. Che cosa scopriamo allora? Quale pa-norama ci si presenta?Se ogni processo di conoscenza (da co-nasco = nascereinsieme) è in primo luogo un’esperienza emotiva, quin-di corporea, cioè se ogni processo educativo e formati-vo è accompagnato dall’acquisizione di nuovi contenutidi conoscenza (sia di se stessi che del mondo esterno)ltrata dalla relazione con l’altro, ecco che diviene fon-damentale acquisire l’abilità di apprendere dall’espe-rienza e dare il proprio contributo creativo, costruttivo,mediante la capacità di tollerare e contenere l’inevitabi-

le ansia ed incertezza che vengono stimolate dall’espe-rienza del “non sapere”, “non capire”. Ma tali capacità si possono appunto acquisire solo nella relazione con l’al-tro, con un tu capace e presente nella relazione stessa.Spesso nei giovani si riscontrano invece un senso pro-fondo di incapacità e di inadeguatezza.Stiamo parlando di un’esperienza di contenimento e dirispecchiamento,  senza la quale si forma un senso difallimento della relazione che in primo luogo è rivol-ta a tutte le parti di sé, legate principalmente al mondoemozionale.

Spesso nel colloquio terapeutico e in quello di counsel-ling accade che le persone parlino molto degli “altri”, per evitare di riconoscere una grande difcoltà a ri-ferire del proprio mondo interno. In fondo non è pro- prio questa la funzione ri-socializzante e anti-panico del pettegolezzo?

Soprattutto gli adolescenti, cresciuti nella comunica-zione virtuale e nell’isolamento video-centrico, sonospesso affetti da una sorta di “analfabetismo emozio-nale”. Non saper descrivere il motivo per cui ci si senteoffesi, feriti dagli amici, oppure il perché si ama un’amica e non un’altra, magari senza essere corrispo-sti, oppure si odia un insegnante o un genitore, è una

condizione che può amplicare molto la sofferenza,rendendola incontenibile e inconsolabile soprattuttose vissuta nella solitudine e nell’isolamento.

Ma se l’isolamento emotivo è anche un meccanismodi difesa che preserva dall’irruzione di contenuti emo-zionali sconosciuti, misteriosi e per questo vissuti co-

me pericolosi (e che spesso sono effettivamente riferitia traumi) di fronte ai quali la sub-personalità “evitante”o “negazionista” si attiva, l’alessitimia (= mancanza di parole per esprimere l’emozione) è invece la condizione preesistente che indica il fallimento del rapporto di in-corporazione e rispecchiamento tra madre “sufciente-mente buona” e bambino. Si palesa cioè la violazione diquei diritti dell’anima primari, conseguente al fallimentodella sintonia madre-bambino, rilevabile nel corso dellosviluppo e della crescita personale, proprio sotto formadi traumi e ferite. In tale dimensione relazionale il cor- po è da subito protagonista, in quanto espressione diretta

del Sé e dei suoi diritti e bisogni.Se la madre non “digerisce e restituisce” tali bisogni conil proprio corpo (sguardi, voce, contatto, ecc.) stabilen-do una sintonia con quello del bambino, tutto rimanea livello delle cosiddette proto-emozioni (o “elemen-ti beta”, secondo Bion), che sono elementi psichici noncomunicabili e non esprimibili. 4) Da qui anche le cosid-dette “somatizzazioni”, in quanto rappresentazioni sim- boliche (oltre che neuro-biologiche) di tali bisogni, ditali espressioni del Sé, che sono comunque un tentativodi integrazione del disagio nel campo della coscienza e

quindi di adattamento.Per Daniel Siegel, psichiatra statunitense che ha svi-luppato l’approccio della mindsight (presenza consa- pevole), esiste una “nestra di tolleranza” costituitada funzione adattiva e armonia, che si apre e si allarga proprio a partire dal successo della sintonizzazione ini-ziale madre-bambino. Fuori dai conni della nestra,noi diventiamo disfunzionali e andiamo o verso il caos,la confusione, la dispersione; oppure verso la rigidità,l’isolamento, la contrazione. 5)La funzione materna  (funzione “alfa”) è proprio quel-la di centro unicatore che permette al corpo del bam- bino di integrarsi armonicamente, di divenire testimonecredibile, parlante ed autorevolmente espressivo di sé,

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anche nel suo sviluppo cognitivo futuro, sperimentando proprio la funzione adattiva e l’armonia. Ma anche muo-vendosi verso i conni della nestra dove si percepiscela disfunzione, il pericolo, dove la sicurezza “non è maitroppa”, cioè dove il cambiamento è possibile.In caso di fallimento della sintonia primaria madre-glio,

 può essere recuperata la funzione “alfa”? La risposta è si,

 proprio in quanto funzione e quindi non esclusivo mono- polio legato ad una singola capacità individuale. Questorecupero può avvenire infatti nel rapporto con fgure so-

 stitutive (amico, insegnante, parente, allenatore, animali,natura, ecc.) che svolgano la funzione di centri unica-tori esterni; oppure nella relazione terapeutica, dove il

terapeuta può svolgere inizialmente una funzione mater-na o anche funzione di révèrie, cioè capacità di recepirecomunicazioni preverbali o verbali e di elaborarle-re-stituirle come simboli strutturanti. In questo senso è digrande aiuto ed efcacia anche l’ampio ventaglio di tec-niche immaginative, così centrale in Psicosintesi, inne

il gruppo adolescenziale, il clan, ma soprattutto il grup-

 po di crescita personale e spirituale, che fa da conne,contenitore. Esso diviene la rappresentazione del propriomondo interiore, colorato e molteplice ma anche conte-nuto e denito da una sorta di “io-pelle”.

Diviene cioè spazio-tempo condiviso per sperimentare la possibilità di entrare in contatto con le proprie emozioni,

René Magritte – Irène Hamoir – 1936 – Collezione Privata

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Stefano Pelli

 per renderle concepibili anche a livello mentale e per promuovere un’espansione dell’affetto, del cuore.Questo signica poter ri-processare la crescita del-la ducia nel contattare la propria totalità, a partire dalcentro più intimo e semplice di noi stessi, riesso diun’Anima presente e capace di affermare i propri diritti.Quindi di una personalità capace di stare al mondo nella

sua semplice totalità. Non potremmo concludere questociclo di esperienza se non con dei puntini di sospensio-ne, perché da qui in poi entriamo nell’area psichica delsupercosciente e del Sé superiore con le sue capacità dicomunicazione e diffusione energetica, con il suo essere,secondo Roberto Assagioli,  fusione paradossa di  indi-vidualità e universalità 6) di fronte alla quale, potrem-mo aggiungere accordandoci sulla stessa nota di umiltà,spesso è solo possibile “balbettare”. L’esperienza del Séè infatti personale, unica e originale, e si può manifesta-re attraverso numerose vie: bellezza, poesia, arte, amore,natura, conoscenza, altruismo, impegno sociale, ricer-

ca spirituale, meditazione, tutte afuenti a quel sensodi universale, di non efmero, di permanente, di uniti-vo che fa parte dell’esperienza esistenziale di ognuno dinoi. Quello che come esseri umani possiamo e voglia-mo davvero sperimentare, rappresentandoci in quanto iovivente 7), ha bisogno dunque di un processo graduale per svelarsi alla luce della coscienza e per realizzarsi.Ogni sintesi parziale e momentanea porta in sé la real-tà e il valore dei nostri conitti, della fatica e del dolorecome possibili elementi dinamici, propulsivi a compie-re il passo successivo, ma anche porta in sé l’energia

attrattiva del nostro centro di coscienza che riette unPrincipio di Amore universale e stabile, istintivamente proiettato nell’azione e nella piena manifestazione di sé,in divenire.Afnchè tale rispecchiamento del Sé superiore nel cen-tro della coscienza venga sperimentato e “assaporato”,in almeno una delle sue forme, è necessario riconoscerela funzione di quei centri unicatori esterni che posso-no contribuire a mantenere viva la scintilla del desiderioe, insieme ad essa, la possibilità che nuove azioni sia-no capaci di mantenerne vivo il signicato, lo scopo e il progetto. Più precisamente, come sostiene Roberto As-sagioli, questo centro unicatore esterno costituisce “unindiretto ma forte legame, un punto di connessione tra

la persona ed il suo Sé superiore, che è riesso e rappre- sentato in quell’oggetto…”. 8)Senza la scintilla del desiderio la volontà non si accen-de; senza realizzazione volitiva i sogni restano fantasmisiderali: il de-sideris rimane un’aspirazione idealizza-ta, una sintesi concepita solo “nella mente di Zeus” manon ancora in-spirata, cioè non ancora discesa e incar-

nata nell’esperienza umana personale e quindi inservi- bile nella costruzione della vita, di una qualsiasi vita,soprattutto se intesa come ricerca e azione voluta da unio vivente.Il senso di ciò che può divenire la nostra esperienza esi-stenziale, la pienezza di signicato che può conquistarea se stessa e per se stessa può rappresentare anche unriesso di speranza per le nuove generazioni affamatedi prospettiva, di progettualità, di futuro. Soprattutto dimodelli che restituiscano il senso della possibilità di sta-re nel presente, a volte davvero “nonostante tutto”, concreatività e apertura al nuovo; ma anche per imparare a

“portare” la ferita e affrontare la perdita, il disagio, lasofferenza con coraggio, ducia e amore.

 Bibliograa

1) Racalbuto A. (1994), So quel che fai. Il cervello cheagisce e i neuroni specchio, R.Cortina, Milano

2) Assagioli R. (1993), Per l’armonia della vita,

Astrolabio, Roma3) Rosselli M. (2008), Disturbi di personalità, Sintesi -Studi di psicoterapia psicosintetica, SIPT

4) Solano L. (2001), Tra mente e corpo. Come sicostruisce la salute, Raffaello Cortina, Milano

5) Siegel D. (2013), Il terapeuta consapevole,Istituto di Scienze Cognitive, Sassari

6) Assagioli R. (1973), Il supercosciente e il Sé,Giornale di Psicosintesi, C.S. R. Assagioli

7) Assagioli R. (1977),  L’atto di volontà,Astrolabio, Roma

8) Firman J., Gila A. (2004), La ferita primaria,L’Uomo Edizioni, Firenze

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IL DOLOREE LA GIOIA 

“Trasformare i dolori”: questa frase pronunciata da un’an-ziana signora durante una condivisione seguita all’ascoltodi una lezione su Panikkar, è stata per me l’inizio di unlunga elaborazione che mi ha portato ad una presa di co-scienza che desidero condividere.La signora si riferiva alla suocera la cui vita era stata unsusseguirsi di eventi luttuosi a cui lei reagiva spostando-

si ad un livello di coscienza più alto che le permetteva disuperare le prove cui era periodicamente sottoposta. “Miasuocera era in grado di trasformare i dolori” disse la si-gnora seria, convinta, e ad un certo punto assorta, come acercare di carpire un segreto relativo alla capacità dell’al-tra, segreto che non aveva mai colto sino in fondo.Avrei voluto sentire di più, sapere come una donna del primo novecento, senza bisogno di fare percorsi analiti-ci o psicosintetici fosse in grado di attraversare il dolore,attribuendogli un senso oppure trascendendolo in qualchemodo, ma il conduttore cambiò discorso ed io rimasi so-spesa e anche incapace di ascoltare quanto gli altri man

mano andavano dicendo. Una vecchietta magari senzacultura, senza che avesse mai fatto terapia, era in gradodi vivere in pienezza nonostante molteplici accidenti. Èsempre così, mi dissi, la semplicità e la saggezza e una vi-talità fuori dal comune fanno sì che alcune persone siano più forti di altre. Come al solito tutto ciò mi producevastupore e incantamento. Nel corso della serata, la frase riferita dalla nuora, mi si piantò in testa come fa un seme trasportato dal vento,quando si concca nella terra in attesa di manifestare la

sua essenza.

L’indomani mi venne in mente quanto avevo studiato sul-la resilienza, motivata dalla necessità di cercare di au-mentare la mia forza d’animo per tener testa ad alcunieventi della mia esistenza.

Oggi sempre più spesso si parla di resilienza.

Di cosa si tratta? Il termine deriva dal latino resilire chesignica saltare, rimbalzare. Adottato dalla sica, il ter -mine indica la proprietà di un materiale di resistere agliurti senza spezzarsi. Per trasposizione, in psicologia laresilienza è la capacità di un individuo di far fronte adeventi negativi e traumatici e, senza capitolare, di riorga-nizzare positivamente la propria vita.

Il termine resilienza viene usato da tante e diverse disci- pline: per l’informatica è la qualità di un sistema che gli

permette di continuare a funzionare correttamente, in

presenza di guasti ad uno o più elementi costitutivi;

 per l’ecologia esprime l’attitudine di un ecosistema a ri- prendersi più o meno rapidamente da un cataclisma, co-me nel caso della ricostituzione di una foresta dopo un

incendio.Si parla anche di resilienza biologica, sportiva, geriatrica, aziendale.

Boris Cyrulnik è uno dei maggiori esperti sull’argomen-to. Egli analizzò i tre fattori che concorrono a determi-narla: 1) il temperamento sul versante individuale; 2)l’attribuzione di signicati sul versante socioculturale; 3)

il sostegno sociale sul versante relazionale.Il primo fattore ci è dato ed è costituito da capacità intel-lettive, di comunicazione, di ottimismo, umorismo, sensodi autoefcacia.

Il secondo fattore è costituito dalla capacità tutta umanadi sapere attribuire signicato agli eventi. La signicazio-

ne è un atto, un lavoro che trasforma, tramite il cervello,le informazioni tratte dal reale e le carica di una connota-zione affettiva, che incide poi profondamente sulle con-vinzioni personali e di conseguenza sulla qualità dellavitaIl terzo fattore include una buona rete di relazioni socialiod anche la presenza di un adulto signicativo al di fuori

della famiglia, una comunità supportante capace di elar-gire servizi efcienti come scuole, parrocchie, biblioteche

ecc.Altri studiosi di resilienza hanno cercato di denire quali

sono i fattori protettivi che consentono ad una persona disostenere con forza d’animo disagi di vario genere. Han-no chiamato questi fattori: tutori di resilienza. Il tutor è colui che si pone come guida e garante di una persona, i tutori di resilienza sono quei fattori, che entran-do in campo, garantiscono che la persona agirà efcace-mente e reggerà gli urti.Eccone un elenco non esaustivo, la ricerca continua:

“Buon attaccamento ai genitori nelle prime fasi divita; tratti caratteriali e personali in grado di pre-gurare evoluzioni positive; avere affetti consolida-ti; avere dei valori; autostima; capacità di pospor-re le gratificazioni; senso dell’umorismo; senso di

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appartenenza;ottimismo; capacità di collaborare;fede; mantenere le cose in prospettiva; inserire gli

eventi stressanti in un ampio contesto e adottare unaprospettiva di lungo periodo; accettare i cambiamenti;sapere rispondere alla vita, piuttosto che chiedere con-tinuamente; buone relazioni sociali; saper trasformarele esperienze dolorose in apprendimento; nei momentidi massima crisi, pensare che una vita più vasta ci con-tiene tutti, se ci lasciamo andare a tale vita più vasta,non siamo più ossessionati, ma ispirati.”

La costruzione della resilienza è possibile anche quando per natura e cultura si parte svantaggiati, l’infanzia non èdestino.Come? Ravvivando il senso della propria identità, au-mentando la ducia in se stessi e nelle proprie risorse, ma

anche guardando alle modalità con cui persone resilientice l’hanno fatta a ricostruirsi dopo traumi di vario genere.Un altro metodo consiste nell’imparare ad avere atteggia-menti costruttivi e orientati verso la crescita.  Il tutto sembra non dissimile da quanto affermato dal-la psicologia umanistica in generale, ma lo sguardo mi-rato alla forza d’animo, gli esempi numerosi di quanti ce

l’hanno fatta a rimanere integri di fronte ad eventi trauma-tici, la visione sistemica che tiene conto non solo dell’in-dividuo, ma anche della sua cultura di riferimento e delleistituzioni socio-sanitarie, educativo-scolastiche, politi-che ed economiche cui può fare riferimento nei momentidi crisi, ne fanno un campo di studio molto interessante.Personalmente ho tratto benecio dalla lettura di alcuni

testi ed ho anche tenuto dei corsi sull’argomento. D’al-tronde ciò che più mi interessa nella vita è contribuire atrovare mezzi per vivere meglio.Quali sono gli strumenti per gestire le forti emozioni, pernavigare nel mare della vita, per soffrire meno, per ama-

re di più e poi gioire di tutto questo? Rispondere a questadomanda è ciò che più mi interessa nella vita. Si può di-ventare sempre più umani, che per me vuol dire sempre più abili a governarsi conoscendosi, a rispettarsi aman-dosi, ad empatizzare relazionandosi, ad ascoltare ascol-tandosi, a comprendere sempre di più se stessi e gli altrivivendo?Questo è quello che più mi interessa nella vita.Fortemente motivata da istanze di questo genere, dopo icorsi sulla resilienza mi resi conto che si poteva fare di più rispetto al favorire la nascita di una capacità di re-

sistere alle avversità e al conseguente dolore che esseiniggono.

E sono tornata alla Psicosintesi, in realtà non l’avevo

mai scordata, essa è la griglia di riferimento entro la

quale entra, senza nessuna forzatura, tutto il nuovo a

cui mi accosto.

Questo è possibile perché la psiconsintesi ha una visionedell’uomo così onnicomprensiva di ogni livello - biologi-co, siologico, psichico, spirituale - che tante altre visioni

si possono riportare ad essa senza che né la stessa, né lealtre teorie ne risultino in alcun modo diminuite. Natural-mente quando si tratta di visioni orientate al benessere e

“MA LIBERTÀ DA CHE COSA?”

Salvador Dalì – Paesaggio di Port Lligat – 1950

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allo sviluppo personale, in questo caso accostarsi ad es-se apporta un arricchimento che suffraga quanto afferma-to da Roberto Assagioli. Un pò come guardare all’essereumano cambiando il punto d’osservazione, la prospetti-va: cosa assolutamente utile, anzi indispensabile per noncristallizzarsi.Roberto Assagioli ha continuamente ribadito nelle sue

opere e testimoniato nella sua vita che anche di fronte ai più gravi disastri – sofferenza di vario genere, malattia,morte – ciò che è importante e che ogni uomo è in gradodi fare, è quello di assumere l’atteggiamento giusto chelo aiuti a reggere quanto gli capita o il destino gli asse-gna, senza capitolare. “Collaborare con l’inevitabile” èl’invito del nostro autore, ma ogni uomo troverà un suo personale atteggiamento che metterà in luce “come sof-fre” piuttosto che “perché soffre” e il come richiama allasua personale responsabilità nei confronti di ciò che staaffrontando, nel come e quindi nell’adottare un atteggia-mento, egli diventa protagonista e non più vittima. Come

tale, può utilizzare le energie residue rispetto alla tragicitàdi ciò che sta vivendo, che mai sarà negata anzi consape-volmente attraversata, investendole nella vita che ancoravuol vivere in lui o lei, mai dimenticando passioni, inte-ressi, voglie perché, anche quando davvero non c’è più possibilità di dare corpo ai desideri, c’è sempre la fantasiae l’immaginazione che possono sopperire ed aiutare.La disidenticazione è l’altro cardine della psicosintesi,

consiste nell’operare il distacco rispetto agli eventi del-la nostra vita, guardarli dall’esterno come se stessimoguardando un lm, senza giudizio e invece con amore e

compassione.Ma… ma a volte di fronte a tempeste emotive, molti di

noi vivono la frustrazione di non farcela a disidenticarsi,

tutto è chiaro a livello teorico, quando sei nel bel mezzodell’uragano tutto si fa difcile. In che cosa sono forte -mente identicato? E riesci a trovare la sub in questio-ne. Quali sono le emozioni in ballo, quale la principale,quanto spazio della coscienza occupano? E dai un nomealle emozioni e visualizzi l’invasione e disegni e scrivialla parte e chiedi al Sé. E magari avviene poco, un pocodi sollievo, ma non tutto il sollievo, perché solo quellovorresti, tutto il sollievo per poter respirare bene e vivere bene ed essere felice. Essere felice è la rivendicazione piùgrossa che abbiamo nei confronti della vita.

A volte ci comportiamo come falene impazzite, cerchia-

mo un rimedio, un balsamo immediato che ci impedisca

di sentire il dolore, poi quanti di noi hanno fatto un

percorso di crescita personale, si ricordano che questo è

proprio ciò che non si deve fare, che bisogna accettarlo il

dolore, aspettare che esso riveli la lezione che custodisce

al suo interno.

Ci proviamo, ma quando ci sono situazioni di disagiocronico, la pazienza vacilla e l’istanza di felicità o per-lomeno di serenità si fa pressante. “Basta!” è l’urlo cheattraversa la nostra interiorità e si riversa nella situazionenon arrecando niente di buono.Presso il Centro di Psicosintesi di Milano un gruppo diformatori si riunisce insieme a me ogni quindici giorni per approfondire i temi del Corso di Autoformazione. So-no argomenti che ci toccano profondamente e ci spingo-no a volte a parlare di noi, con semplicità e autenticità;ci raccontiamo sapendo che nessuno giudicherà alcunché

e che ciascuno manifesterà risonanze con il mondo inte-riore dell’altro e in questo modo si produce un effetto diamplicazione dei sentimenti, delle emozioni, delle im-magini, che induce, in chi ha detto di sé, un’espansione dicoscienza e a volte degli insight.Ricordo che una volta abbiamo affrontato il tema delleemozioni troppo forti o ricorrenti e ci siamo detti che pergestirli occorre fare spazio dentro - lo spazio è correla-to all’amore, alla compassione - in modo da avere uncontenitore grande e un Io centrato in grado di non farsiinvadere.

Poco tempo dopo mentre leggevo un testo di un monaco buddista, mi sono imbattuta in un aneddoto che mi fececapire meglio l’importanza del contenitore: “Se butti uncucchiaino di sale in un piccolissimo bicchiere d’acqua, acausa delle ridotte dimensioni del contenitore, il cucchia-ino di sale avrà un grande effetto sull’acqua; tuttavia se passiamo ad una distesa d’acqua più grande, per esempioun lago, e vi poniamo dentro il cucchiaino di sale, que-sto non avrà un effetto della stessa intensità, a causa dellagrandezza e della vastità del recipiente che lo contiene.Anche se il sale rimane lo stesso, la spaziosità del conte-nitore cambia ogni cosa…”

Bello! pensai, ma come fare a fare diventare grande, sem- pre più grande il nostro contenitore/ coscienza?

“DIRIMPETTO AL DOLORE”

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 Nel frattempo continuava a martellarmi la domanda: co-me fare a trasformare il dolore? Attraversavo un perio-do piuttosto travagliato e cercavo soluzioni. Continuandoa leggere il testo buddista, mi imbattei in una rivelazio-ne del Buddha che indica quattro stati della mente - lagentilezza amorevole, la compassione, la gioia compar-tecipe, l’equanimità - denominandole Dimore Divine e

invitando gli esseri umani a coltivarle per giungere allaliberazione del cuore. Io subisco la fascinazione di certemetafore, questa in particolare mi ha conquistato, comeuna sirena suadente di tanto in tanto mi attira avvolgendo-mi, facendo diventare rotondo il mio pensiero, sorridenti imiei occhi, felice il mio cuore. Sento che lì c’è una verità profonda, quegli stati mentali ci sollevano da abitudinicieche e, facendoci fare un salto quantico, ci trasportanonel regno del transpersonale. Inoltre questi stati mentalisono espansivi, distendono, appagano, graticano, men-tre stati mentali come rabbia, paura, attaccamento, produ-cono contrazione, separazione, ristrettezza mentale.

 Non tardai ad accomunare questo incontro con le DimoreDivine a quanto stavo elaborando sulla necessità di farelargo al dolore e una sera una sorta di piccola illuminazio-ne: il contenitore – che è lo spazio dell’interiorità presie-duto dalla coscienza – si può allargare se frequentiamo leQuattro Dimore Divine perché se lo facciamo: gentilezzaamorevole, compassione, gioia compartecipe ed equani-mità detteranno atteggiamenti e comportamenti nella for-ma di sorrisi, gesti gentili, benedizioni, azioni rivolte al bene comune e tutto ciò espanderà la coscienza, la qualeci regalerà la sensazione luminosa e benevola di essere

interconnessi, interdipendenti, partecipi al comune cam-mino evolutivo della nostra specie. In altre parole si tratta di fare, nei momenti di crisi, qual-cosa di signicativo a prescindere da come ci si sente; la

situazione che ci fa soffrire appartiene ad un certo ambito(famiglia, lavoro, studio), essa avrà bisogno di tempo peressere sanata, nel frattempo il mondo ci aspetta e ci vuolesinceri, aperti, trasparenti, in grado di dirigere l’attenzio-ne dove vogliamo perché un’attenzione uttuante ci ren-de liberi.

Se anche nel bel mezzo di situazioni critiche invece diimpantanarci in esse, non dimentichiamo di essere amo-revoli, di prevedere i bisogni o i desideri di chi ci sta

accanto e di aiutarli a soddisfarli, di essere felici della fe-licità degli altri, di vivere seguendo i nostri valori pro-fondi e non assecondando il disagio e identicandosi in

esso, noi trarremmo da ciò forza sufciente per metterci

“dirimpetto al dolore” in posizione non subordinata, madignitosamente, efcacemente, empaticamente, amore-volmente a tu per tu.

Se lasciassimo spazio all’esuberanza dello Spirito e quin-di alle qualità di cui sopra e a tutte le altre di cui par-la il nostro Assagioli , succederebbe che riceveremmodai nostri interlocutori continui rispecchiamenti nel-la forma di un ringraziamento, di un sorriso, di un gestoaffettuoso,infatti a gentilezza si risponde con gentilez-za, ad amore con amore, il bene richiama il bene. Questocontinuo rimbalzare di ciò che esce da noi e di ciò che anoi ritorna ci renderebbe più ricchi, produrrebbe espan-sioni di coscienza ed ecco – e il cerchio si chiude – chedentro di noi crescerebbe la capacità di far fronte aglieventi e di contenerli.

 In una coscienza abitata dalle più alte qualità umane e dacapacità di rinnovamento, le afizioni in entrata saranno

incluse come il cucchiaino di sale nel lago, non avrannoil potere di sconvolgerci. Il dolore ne uscirà trasformato perché, ridimensionato, perderà la sua carica aggressiva,esso sarà il controaltare della nostra ricerca di signicato.

La vertiginosa abbondanza che è propria del Sé, la gran-dezza della Vita, ci faranno relativizzare ciò che di spia-cevole ci accade. Altro ci attende e si aspetta che noi lorealizziamo.

Bibliografa

Assagioli R. – L’atto di volontà – Ed. AstrolabioCyrulnik B. – Costruire la resilienza – Ed. EricksonMalaguti E. – Educarsi alla resilienza - Ed. Erickson

Maria Masuzzo

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  LA BELLEZZA SIMBOLO DEL VERO

La prima immagine con cui mi piace cominciare que-sta conversazione è l’ immagine del Cristo velato nellacappella del principe di San Severo a Napoli (g.1). Ilsimbolo rappresentato è evidente, Cristo è la verità, mala verità è a noi velata. Viene in mente la domanda diEraclito, perché la natura, la verità delle cose, si nascon-de? Molti loso ma anche molti mistici hanno rispo-

sto a questa domanda affermando un mondo sottile, unmondo delle cause, che soggiace al mondo apparente, ilmondo degli effetti. Oggi le ultime scoperte della sicasembrano confermare una realtà che porta al superamen-to della dicotomia cartesiana soggetto – oggetto, dicoto-mia già superata dalla esperienza transpersonale.L’uomo ha iniziato questa ricerca molti secoli fa ed intutte le prime civiltà la prima scienza è stata una scienzaoggi spesso derisa, l’astrologia. L’astrologia allora eratutt’uno con l’astronomia, e lo studio dell’ ordine cele-ste fu d’ esempio all’uomo per la realizzazione di un or-dine terrestre. Cosi nascono le civiltà, ad imitazione di

un ordine, di un’armonia superiore, e non a caso Kant parla di “cielo stellato sopra di me, legge morale dentrodi me” perché la legge morale è stata ispirata all’ uomodall’armonia del creato. La stessa parola “Estetica” vuoldire ciò che è oltre l’ Etica, ciò da cui “abbiamo impara-to” l’Etica, dall’ armonia del creato e da quello celestein particolare; non è etico ciò che crea disarmonia in un

ordine sociale che diventa tale sforzandosi di riprodurrel’ordine celeste. Nei suoi primi miti l’uomo ci parla di quando terra e cie-lo erano una cosa sola, ed avevano l’aspetto di una mon-tagna. Per i Sumeri è Enlil dio del vento a separarli, pergli egizi gli dei Geb (Terra) e Nut (Cielo) vengono divisida Shu, dio del vento anch’esso, mentre in Grecia Uranoe Gaia vengono divisi da Crono, dio del Tempo.Dopo questa separazione tra le due polarità, maschi-le e femminile, essenza e sostanza, invisibile e manife-sto, è compito dell’ uomo ritrovare la strada dell’unità.Una di queste strade è la ricerca dell’ armonia nell’arte,

Giuseppe Sammartino - Cristo Velato- 1753 Cappella di S. Severo Napoli.

(gura 1)

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quando la bellezza di espressione si fonde in manieracompiuta con la profondità del signicato simbolico econsente all’osservatore di accedere ad una condizionedi comprensione ultrarazionale. Le prime opere in que-sto senso furono le piramidi e gli ziggurat, montagne ar-ticiali che evocavano la primordiale. Gli ziggurat in particolare avevano sette livelli che rappresentavano i

sette cieli collegati ai sette pianeti allora conosciuti chel’ uomo doveva attraversare per raggiungere il ‘settimocielo’ il piano divino. Questa rappresentazione è ripetu-ta nel caduceo (g.2), presente in quasi tutto l’occiden-te antico,simbolo delle energie che salgono e scendonolungo la spina dorsale simboleggiando l’evolversi dellacoscienza e che trae origine dall’antico tantrismo, il cuirito serpentino rappresenta la risalita di Kundalini lungola spina dorsale consentendo l’apertura dei sette chakra.Simbolo analogo la scala degli egizi che va dalla terra alcielo come quella di Giacobbe, dove gli angeli salgono escendono proprio come le energie dei Nadi e per gli an-

tichi ebrei gli arcangeli sono sette.In questo affresco che fa parte della cappella Sistina Mi-chelangelo dipinge il serpente tentatore rappresentan-dolo come il caduceo (g.3). Il mito di Adamo ed Evarappresenta (e di questo Michelangelo mostra di esser-ne ben consapevole con la sua rappresentazione simbo-lica) il momento della conquista della capacità razionalee analitica dell’uomo (diavolo da diaballo: divido, ana-lizzo) e di affrancamento dell’uomo dalla precedentecondizione di unità col creato. Con la conquista della ca- pacità analitica l’uomo si individualizza, non è più uno

con la natura, perde capacità istintuale e acquista quellamentale e con essa il senso del bene e del male. Stessosignicato ha il mito di Prometeo. Prometeo, il primouomo, ruba il fuoco, la luce della autocoscienza, che si-no ad allora avevano avuto solo gli dei. Prometeo vuoldire colui capace di prevedere, ma anche di pre-occu- parsi, l’uomo simboleggiato da questo mito è anch’essol’uomo che acquista un livello di coscienza superiore daquello animale. Come Adamo questa conquista non lorenderà più felice, ma al contrario lo inchioderà ad unasofferenza morale sconosciuta alla sua condizione pre-cedente. È quello che ci mostra in questo dipinto un epi-gono di un altro Michelangelo, Merisi detto Caravaggio,Dirk Van Baburen (g.4), che come il suo maestro evita

ogni stilizzazione per esprimere pienamente la soffe-renza di Prometeo e trova, forse non a caso, l’occasio-ne di rappresentare insieme ad esso un caduceo. L’uomoche acquista una maggiore coscienza rispetto all’anima-le, cade in una maggiore sofferenza, perché la sua è unaconquista a metà, si è individuato, ma ciò che lo muo-ve, come l’animale da cui si è affrancato solo in parte,

è sempre il desiderio e la paura e in quest’altro quadrodi Tiziano (g.5) vediamo rappresentato proprio questo,il desiderio di Eva e la paura di Adamo. La soluzione ènaturalmente un’ulteriore evoluzione della coscienza. Sel’albero di Adamo ed Eva rappresenta la conquista dell’individuazione dovuta alla mente analitico-razionale,l’albero di Bodi, della illuminazione di Buddha rappre-senta la riunicazione con il Tutto di chi, senza perde-re l’ individualità, conquista il piano sovramentale. Inquesto stupa di Amaravati (g.6), che vediamo danneg-giato, ma ancora ben visibile, c’è la rappresentazione diquesta conquista. Kama e Mara, rispettivamente divinità

Caduceo (gura 2)

Michelangelo Buonarroti -Adamo ed Eva – 1510Cappella Sistina - Roma (Particolare) (gura 3)

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del desiderio e della paura, tentano di legare Buddha allacondizione esistenziale terrena, Mara col suo esercito didemoni, Kama attraverso la seduzione delle sue affasci-nanti glie. Ma non vi riusciranno, perché Buddha, co-me testimonia il suo scranno vuoto al centro dello stupa,non è più di questo mondo e “il suo ego era tramontatocome tramonta il sole”.

Un’ immagine simile, di un ego che deve tramontare perché il divino possa apparire, lo troviamo nell’episo-dio di Arjuna nella Bagavaghita. Arjuna si appresta acombattere la battaglia di Kurukshetra, ma è preso daidubbi perché nell’ esercito che deve affrontare militanotanti suoi parenti e amici. Krishna ,il suo auriga, gli dice:“Combatti. L’uomo non viene al mondo per rinunciareall’ azione, l’importante è restare uguali nella vittoria enella scontta”. Krishna rappresenta il divino nell’ uo-mo, l’Auriga a cui Arjuna ha ceduto la guida del suocarro, simbolo della personalità che si abbandona al vo-lere Divino, alla Guida Interiore. Simbolismo simile tro-

viamo nel quadro del S. Giorgio di Raffaello (g.7).

Dirk Van Baburen - Prometeo incatenato da Vulcano – 1623Rijksmuseum Amsterdam

Tiziano Vecelio - Adamo ed Eva – 1550Museo del Prado Madrid (gura 4) (gura 5)

In questo opera Raffaello ci mostra la lotta tra S. Gior-gio ed il drago e questo per un preciso motivo simbo-lico. Cosi infatti il candido cavallo e l’oscuro drago sivengono a trovare in posizione simile e semi sovrappostie nella lotta S. Giorgio sembra estrarre a colpi di spadail suo destriero dal drago. E’ un quadro in cui Raffaellomostra la sua lotta che è quella di tutti noi, la trasforma-

zione della personalità istintuale ed ego-centrata, in undocile ed utile strumento del nostro Essere Interiore.Restiamo nel Rinascimento mostrando la Pala di Mon-tefeltro di Piero della Francesca (g.8). Abbiamo unquadro con la solita iconograa, la Madonna, il pic-colo Gesù attorniato dai santi e in ginocchio, il nobileche ha commissionato il dipinto. Il particolare interes-sante è l’uovo di struzzo che domina dall’ alto, là do-ve ci aspetteremmo la colomba dello Spirito Santo. Lostruzzo allora era considerato ermafrodito e l’uovo rap- presenta cosi la pura potenzialità, l’emanazione che procede da Dio e precede l’incarnazione, il Logos che

 precede l’incarnazione di Gesù. È un’ immagine che ci

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riporta alle parole di San Giovanni Evangelista: “All’i-nizio era il Verbo, ed il Verbo era accanto a Dio, ed ilverbo era Dio”. Parole che danno il senso di una inver-sione temporale: Il Verbo che è emanato da Dio e con-sente la creazione era sin dall’inizio, il Creato esiste dasempre, ha le sue radici nell’eterno.

Capita anche che un insieme di opere siano ideate per il-lustrare un cammino iniziatico, come ha scoperto il mioamico losofo Lucio Galdo. È quanto avviene osservan-do le sculture delle fontane allineate centralmente nellareggia di Caserta. Sono quattro fontane, in salita, che sisuccedono in un preciso ordine. Nella prima troviamosculture di delni, nella seconda il dio Eolo circondatoda statue rappresentanti i venti e da caverne, nella ter-za Adone che lascia Afrodite e parte per la caccia, nellaquarta Atteone che si sta trasformando in cervo e vieneattaccato dai suoi cani (g.9). Sembrano sculture senzaalcun collegamento tra loro, ma non è cosi per chi haletto gli Eroici Furori. Negli “Eroici Furori” GiordanoBruno, dopo aver indicato ne “Lo Spaccio della Bestia

Stupa di Amaravati – II sec. A.C. India(Particolare)

Raffaello Sanzio - S. Giorgio e il Drago - 1505Museo del Louvre Parigi (PARTICOLARE?)

(gura 6)

(gura 7)

Trionfante” la Costellazione del Delno come simbo-lo della sensualità, aggiunge che nel “lavoro eroico” sidovrebbe ottenere di portare i delni sugli alberi e glianimali terrestri “sotto i marini scogli”, chiara allusionealla necessità di far aforare alla coscienza gli elementiistintuali e inconsci della psiche, ed ampliare la consape-volezza ai territori dell’ inconscio. In altre parole Gior-

dano Bruno ci raccomanda che prima di incamminarci inun sentiero iniziatico dobbiamo aver compiuto un buonlavoro di autoanalisi, per avanzare senza elementi di di-sturbo. Più avanti Bruno parla delle caverne di Eolo edice che i due lumi del nostro petto (cioè le due energie,l’ascendente e la discendente che si incontrano a livellodel cuore) “dirigeranno lo aspirare e lo spirare. In questomodo” aggiunge Bruno “ i venti che prima erano chiu-si nelle caverne, per cui diventavano violenti e tempe-stosi ora sono aperti e danno quiete”. Con queste paroleil losofo nolano sembra parlarci di un vero e proprioPranayama meditativo, che consente al soggetto, tramite

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tecniche respiratorie, di acquietare le turbolenze emo-tive e consentire quella che noi deniamo EsperienzaTranspersonale. Poi Bruno passa al racconto del mitoche è centrale negli Eroici Furori, quello di Diana e At-teone. Questo mito narra di Atteone, eccelso cacciatore,che un giorno segue a lungo, con i suoi cani, una cerva.Ad un certo punto questa cerva si rivela essere la stes-

sa Diana, dea della caccia. Nel momento in cui la dea sirivela trasforma Atteone in un cervo che viene sbranatodai suoi stessi cani. Questa caccia per Bruno rappresen-ta il desiderio di conoscere del losofo, che indirizza lasua attenzione ed i suoi pensieri verso l’Assoluto. Manello stesso momento in cui lo coglie, lo scopre in séstesso, i suoi pensieri vengono riassorbiti in lui: “Cosii cani, pensier delle cose divine, vorano questo Atteonefacendolo morto al volgo, sciolto dai nodi delli perturba-ti sensi, onde non vegga più come per forami e nestrela sua Diana, di sorte che tutto guarda come uno”. Il -losofo non cerca più la Verità attraverso i sensi, ma la ri-

trova in sé nella esperienza dell’Unità.

Per chiudere vorrei proporvi un’ultima espressione diarte, che riesce ad essere tale solo quando esprime unaverità sovra-mentale, la poesia. Vorrei citare la mia tan-to amata Simone Weil quando dice “Pregare è nutrirsidi fame”. Pregare, meditare, è navigare verso l’Irrag-giungibile, ma proprio in questo risiede la bellezza e lanobiltà dello spirito religioso. Simon Weil, ebrea con-vertita, paragona la scoperta della bellezza al ricevereun sacramento:“La bellezza del Mondo è il sorriso di te-

nerezza di Dio per noi attraverso la materia. Egli è re-almente presente nella bellezza dell’ Universo. L’amoredi questa bellezza procede da Dio, presente nelle nostreanime, e va verso Dio, presente nell’Universo. Anchequesto è qualcosa di simile ad un sacramento”. Nella Bellezza il Divino riconosce sé stesso.

Sergio Guarino

Piero della Francesca - Pala di Montefeltro - 1471-Pinacoteca di Brera Milano

Paolo Persico, Tommaso Solari,

 Angelo Brunelli Fontana di Diana e Atteone,1753 Reggia di Caserta

(gura 8)

(gura 9)

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L’ACCETTAZIONENEL PROCESSO DI CRESCITA 

Considero l’accettazione una fase cruciale, una condi-zione imprescindibile per la propria crescita reale e perla risoluzione di molti conitti interni ed esterni.Distinguo un’accettazione di sé, come stadio primario, eun’accettazione dell’altro (del prossimo, del mondo) co-me conseguenza.Ritengo l’accettazione la base, l’unica piattaforma va-

lida da cui - come da un trampolino - l’uomo possa prendere lo slancio per andare ad immergersi più genui-namente, più autenticamente nella vita.In psicosintesi la fase dell’autoaccettazione è stretta-mente connessa con quella dell’inventario. Inventario,come per i commercianti, signica registrare, cataloga-re, fare un elenco di ciò che riusciamo ad osservare dinoi stessi. E in ottemperanza al fatto per cui l’osservato-re è diverso da ciò che osserva, quest’inventario richiededisidenticazione.Il lavoro di auto-conoscenza è molto spesso lungo e dif-cile, ma non servirà che a ben poco se non seguirà il

momento dell’accettazione. La vera accettazione ha, perquanto ho potuto riscontrare, un potenziale dinamicoenorme che permette di liberare gran parte della crea-tività dell’individuo (creatività connaturale ma bloccataa causa del costo energetico dei meccanismi di difesa).C’è un rapporto inversamente proporzionale tra il livellodi autoaccettazione di una persona e i suoi meccanismidifensivi, e la cosa risulta ovvia, come vedremo tra un po’.Parlavo di “vera” accettazione per intendere che ne esi-stono vari gradi, e raggiungere la piena accettazione di

sé è un traguardo difcile. So per esperienza persona-le e attraverso il lavoro di psicoterapeuta come, quasisempre, i momenti di accettazione siano parziali: l’ac-cettazione infatti più che una tecnica è un processo, ègraduale, ed è come togliere un sipario dopo l’altro, unamaschera dopo l’altra, per arrivare a vedere il propriovolto originale.Un’accettazione superciale, incompleta, ci dà talvoltaun po’ di euforia, che si smorza ben presto: spesso nonsi tratta che di una subpersonalità che osserva e accetta ilimiti di un’altra.La vera accettazione deve scendere in profondità ed es-sere totale: solo allora sprigionerà quella forza creativa e propulsiva di cui dicevo.

L’accettazione è connessa all’osservazione e allo studiodi sé continui. Ma soprattutto accettazione signica de-cidere di convivere col proprio equipaggiamento tempe-ramentale, col tipo psicosico cui si appartiene. Spessoil processo dell’accettazione è un viaggio dalla patologiaalla tipologia. Del resto non possiamo fare altro, come loscultore, che trarre qualcosa di buono dal materiale che

abbiamo, ma resta pur vero che lavorando nel modo giu-sto sulla nostra “materia prima” possiamo trasformare - per dirla con gli alchimisti - i nostri metalli in oro.L’accettazione non è rassegnazione, anche se ho potutoconstatare che per tante persone, per lungo tempo, questidue termini sono sinonimi. Invero l’accettazione è pro- prio il contrario della rassegnazione perché, pragmati-camente parlando, rende le persone libere e in grado diandare duciosamente verso la vita.Accettazione quindi non deve signicare indulgere ver -so se stessi, restare passivi di fronte ai propri limiti co-me di fronte a un qualcosa di ineluttabile. L’accettazione

non solo precede, ma rende possibile la trasformazione;essa è proprio l’inizio della trasformazione (e viene, an-cora una volta, in mente la “preparazione” della materia prima degli alchimisti per le successive trasmutazioni).Solo chi ha accettato se stesso, la sua attuale situazioneintrapsichica ed esterna, può permettersi di lavorare perun cambiamento.La rassegnazione è statica, l’accettazione dinamica. Larassegnazione resta ancorata al passato, non salda i con-ti: l’accettazione si proietta verso il futuro.L’accettazione, inoltre, ci riconduce al concetto e all’e-

sperienza della totalità, e possiamo ben vedere che il perfezionista è proprio colui che non accettandosi perquello che è, cerca in tutti i modi di ostentare un “sé ide-alizzato”. Questo sé idealizzato è soprattutto tiranniconella sua esigenza di perfezione, e contribuisce alla crea-zione di “giganti dai piedi di argilla”.Chi vive presumendo di essere il proprio sé idealizza-to (falsa immagine di sé) ed è con questo identicato,

è costantemente costretto a difendere questa falsa im-magine; deve difenderla e preservarla coercitivamente proprio perché è falsa e quindi inconsistente, senza basireali.Sappiamo che le difese costano, e quando si tratta didifese nevrotiche esse hanno un costo così elevato che

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depauperano l’individuo di gran parte della sua ener-gia, sottraendola ad impieghi creativi. Il nevrotico vivesempre all’erta, sempre sulla difensiva ventiquattro-re su ventiquattro, e contro tutti. Usando un’analogia, potremmo dire che assomiglia a uno sprovveduto chelascia costantemente acceso il suo sistema d’allarme,invece di limitare ciò a quando è fuori casa. E un si-

stema d’allarme sempre acceso consuma molta energia.Osserviamo allora un circolo vizioso: più la persona sidifende più ha bisogno di difendersi, proprio perché as-sottigliando giorno dopo giorno il suo potenziale ener-getico ben poco gli rimane per una vita più piena e piùvera. E più nutre la falsa immagine, più si allontana dalsuo vero io.

L’accettazione interrompe questo circolo vizioso modi-cando questo perverso meccanismo alla base. Infatti chisi accetta veramente cessa di vedere la vita solo comeuna lotta e può permettersi di essere spontaneo, natura-

le. Semmai, come dice Maslow, passa dai falsi problemiai veri.

Perché non ci si accetta? Le radici della non accetta-zione possiamo ritrovarle spesso nella famiglia, spe-cialmente in quelle famiglie in cui vige il malvezzo difare confronti e paragoni. Intendo riferirmi a quei padrie a quelle madri che instaurano nei loro gli il germedell’inferiorità o della diversità, con frasi come: “Hai vi-sto quanto è più brava la glia di Tizio?” o “Dovrestiessere come Caio!”; e nell’ambito familiare: “Tuo fra-

tello è più portato di te per gli studi” o “Guarda tua so-rella come si presenta bene!”, ecc. È ovvio che il brutto anatroccolo o la cenerentola si sentiranno svantaggiati e poco dotati.Chi non si accetta evidentemente non riesce a farlo e,in un certo senso, non può farlo. Egli vede in sé qual-cosa di spiacevole, brutto, sporco, debole, falso, ecc. Evivendosi così inaccettabile, così incompiuto, tenderà aricercare nevroticamente un modus vivendi, uno stile divita che compensi i suoi difetti. Ecco che allora diverràtalvolta eccessivamente etero-dipendente, nel senso chegli altri sono chiamati a colmare le sue lacune, a com- pletarlo, a vivicare la sua immagine idealizzata e falsa;talaltra tenderà all’isolamento (soprattutto al ne che il

suo bluff   non venga scoperto), chiudendosi agli altri evivendo nell’intimo della sua immaginazione un sensodi superiorità. Ancora, potrà adottare soluzioni ipercom- pensative e pretenderà di manipolare il suo prossimo aseconda delle sue esigenze nevrotiche.Il problema di chi non si accetta è come essere accettatodagli altri.

Una buona educazione è quella che fa sentire al bambi-no come ciascuno è unico e irripetibile, e l’atteggiamen-to più sciocco e fonte di sofferenze è voler essere diversida ciò che si è. Proprio perché ciascuno “deve” essereunico e irripetibile non esiste proprio nessuno con cuisia lecito paragonarsi. Non esiste uno “standard” di per-sonalità, semmai si può parlare di identità tra gli uomininel senso dell’unanimità.

L’accettazione ci riporta - se è autentica - a riconoscereed esprimere il nostro peculiare equipaggiamento bio-psi-

co-morfologico, ad estrinsecare quindi il nostro tempera-mento. Tutto ciò si manifesta con spontaneità, scioltezza,creatività e gioia di vivere; soprattutto con innocenza,qualità tipica del bambino ancora non condizionato e, co-me è scritto nei Vangeli, dovremmo tornare come bambi-ni per realizzare il Regno dei Cieli.Accettazione signica ancora ne della lotta, abbandono

attivo alla guida del proprio Sé. E vivere qui e ora, giornodopo giorno, senza pre-occupazioni per il futuro o ram-marichi per il passato.

In termini psicoanalitici, accettazione signica anche in-terrompere il meccanismo della rimozione, perché si hail coraggio di guardare in faccia il “rimosso” e di accet-tarlo come parte di noi. In questo modo “re-integriamo”elementi e forze che ci appartengono ma che avevamochiuso in cantina: ridiamo loro libero accesso nella nostracasa (personalità).

È esperienza comune, in psicoterapia, che una volta guar-dato in faccia, il rimosso non fa più paura, non è più unmostro o il diavolo dietro la porta. Spesso noi, col repri-mere parti vitali di noi stessi, come istinti e impulsi, nia-mo col creare l’inferno in noi: ci dividiamo in due, una parte buona e una cattiva, ma è un’operazione indebita

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 perché ambedue le parti fanno parte della nostra totalità.Col conne tra il buono e il cattivo all’interno di noi cre-iamo la guerra civile e disperdiamo energie preziose, per-ché ogni conitto costa.

L’accettazione pone termine al conitto perché annullala divisione tra parti di noi: le parti negative allora ven-gono reintegrate e trasformate, e noi siamo più ricchi dal

 punto di vista psicospirituale.Tra i vari tipi e campi di accettazione abbiamo: accet-tazione di sé (di cui s’è detto), accettazione di fattori edeventi naturali (per esempio accettare che d’inverno fac-cia freddo, che oggi piova, ecc.), accettazione dei limi-ti di energia e di tempo che ciascuno di noi si trova adavere (e questo ci induce a ricercare l’essenzialità e lasemplicità), accettazione del tempo che passa (in altritermini dell’invecchiamento e della morte: ogni stagione

Daniele De Paolis

ha i suoi frutti, la morte fa parte della vita ed è trasforma-zione), accettazione del dolore e della sofferenza (a voltesolo il dolore, se accettato, può scuoterci dalle comoderoutine e farci rivolgere a valori più importanti: accettareil dolore signica poterlo utilizzare e trasformare), accet-tazione dell’altro.Accettazione è, inne, ritrovare il proprio posto nel

mondo fra gli altri e volerlo vivere, talvolta rivendicarlo.Inoltre, solo chi si accetta può amarsi: infatti come po-tremmo mai amare (e lo vediamo meglio con cose o per-sone) ciò che non accettiamo? Accettare-amare sé stessi porta ad accettare-amare il proprio prossimo (e la vita)consequenzialmente. Perché accettarsi signica anchediventare umili e pienamente umani; constatare che esi-stono in noi, come nell’ altro, pregi e difetti, vizi e virtù,limiti e potenzialità, ritmi di crescita diversi dai nostri.Per concludere queste brevi note vorrei aggiungere chel’accettazione non deve diventare un alibi per derespon-sabilizzarsi nella vita, un dire: tanto sono fatto così…!

Bisogna accettare solo ciò che non si può cambiare,ciò che invece è suscettibile di modica, qualora nonci piaccia, quando sia opportuno, dobbiamo sforzarcidi cambiarlo. Ma l’accettazione stessa, come già detto,è l’inizio della trasformazione e conduce a quella posi-zione esistenziale di totalità che è l’unica coerente conl’esistenza.

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   I   C   A   M   M

   I   N   I   S   P   I   R   I   T   U   A   L   I

Di solito un cammino percorre un pezzo di strada per ar-rivare ad una meta. Noi del cammino dei Magi conosciamo la meta, ma nonconosciamo il percorso. Sappiamo poco del paese di provenienza. Matteo, nel suo Vangelo, lo cita generica-mente “da Oriente… ab Oriente” , come se non volessecircoscrivere una regione, la Mesopotamia forse, oppu-

re la Siria o la Media, come inizio del cammino perchéquesto avrebbe tolto l’universalità di questo primo pelle-grinaggio. Sappiamo che Betlemme è la meta, la nascitadi un sovrano preannunciata da segni del cielo. I re Magi possono essere considerati i primi pellegrini della storiae sono entrati nel mito e nell’immaginario collettivo.La parola mago che si usa per indicare questi personag-gi non va identicata con il signicato che oggi noi dia-mo. Il vocabolo deriva dal greco magoi e sta ad indicarei membri di una casta sacerdotale persiana che si inte-ressava di astronomia e astrologia. Nell’antica tradizio-ne persiana i Magi erano i più fedeli ed intimi discepoli

di Zoroastro e custodi della sua dottrina. L’idea del tem- po che ciclicamente si rinnova conduceva il mazdeismoo Zoroastrismo (religione della Persia preislamica) allacostante attesa messianica di un “Soccorritore divino” ilcui ruolo sarebbe stato quello di aprire un’era di rinno-vamento e di rigenerazione dopo la fase di decadenzache l’aveva preceduta. Molte leggende accompagnava-no il mito del “Soccorritore”, tra le quali quella che unastella lo avrebbe annunciato. Tenendo conto di questocontesto culturale, non fa meraviglia il comportamentodei Magi nella descrizione del vangelo di Matteo.

<<… Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusa-

lemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è

nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo ve-

nuti per adorarlo”… Allora Erode, chiamati segre-

tamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il

tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Bet-

lemme esortandoli: “Andate e informatevi accu-

ratamente del bambino e, quando l’avrete trovato,

 fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”.

Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella,

che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, fnché

 giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bam-

bino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima

 gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria

 sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i lo-

ro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’al-

tra strada fecero ritorno al loro paese>> (Mt., 2, 1-12).

Dalle fonti ufciali quindi sappiamo poco o niente.

 Non sappiamo i loro nomi, non sappiamo se effettiva-mente sono tre (possiamo dedurlo dal numero dei doni,ma è una deduzione), non sappiamo cosa ne è di lorouna volta tornati alle loro case. Quanto scrive Matteo èsobrio e rapido: nessun episodio della Bibbia lo anticipa,tanto che potremmo persino immaginare che sia un par-ticolare indifferente, lasciato cadere a caso.Ma, pochi anni dopo l’età dei Vangeli, la vicenda deiMagi diventa la più grande leggenda mitica del NuovoTestamento: qualcosa di sacro e di festoso. Il popolo vitrova tutto ciò che desidera: lo scintillio delle grandi ric-chezze, la misteriosa saggezza dell’Oriente, i particolari

della vita di Gesù, una sorta di festa che nutre non solola fantasia dei bambini ma colpisce il mondo dell’im-maginario in un periodo particolare dell’anno solare, esoprattutto l’idea del cammino percorso da uomini chelasciano le loro terre mossi dalla fede e dalla speranza diuna nascita, di un rinnovamento, di una nuova era.

In realtà tutta l’iconograa sui Re Magi compresi i loro

nomi deriva dai racconti contenuti nei cosiddetti vange-li apocri che, a parte quelli palesemente in contrasto

con l’insegnamento della Chiesa, anche se non accettati

ufcialmente erano ben diffusi e tollerati dalle autoritàecclesiastiche visto che molti di loro son stati la base per decorazioni di edici religiosi. Dai Vangeli apocri

conosciamo molti dettagli del viaggio dei re e del ritor-no alle loro terre. Ci vengono svelati i nomi, le paren-tele, i loro ruoli, i doni ricevuti da Maria e i racconti presso le loro genti. Torniamo però al vangelo di Matteodove si parla anche di un tempo, la domanda di Erodesul tempo del sorgere della stella permette di interpreta-re in forma storica precisa e non allegorica l’esistenzadei Magi.Tutte le più grandi divinità dell’antichità sono legateagli astri e lo studio della stella dell’Annunciazione ha portato a formulare diverse ipotesi.

IL CAMMINODEI MAGI

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4volte, il 28 maggio, il 1 ottobre e il 5 dicembre.Essa era importante soprattutto per gli avvenimen-ti della storia e del mondo, in quanto i movimenti di

Saturno erano facilmente calcolabili. Saturno, il pia-neta più lontano secondo gli antichi, era il simbolodel dio del tempo Crono e permetteva immediate de-duzioni sul corso della storia. Una congiunzione diGiove e di Saturno in una precisa posizione dello zo-diaco aveva certamente un signicato tutto particolare.Betlemme si trova a pochi chilometri da Gerusalemme, proprio nella direzione in cui la luce nella costellazio-ne dei Pesci poteva essere percepita da viaggiatori chegiungessero da Oriente. Tradizione, documenti archeo-logici e calcoli astrosici confermano che fu soltanto,

ed esattamente nel 7 a.C. che nei cieli della sponda me-ridionale del Mediterraneo e in Mesopotamia si veri-cò un fenomeno luminoso nettamente percepibile congli stessi caratteri di quello dell’episodio dei Magi.Questa ipotesi sembra affascinante; tuttavia diversi bi- blisti preferiscono seguire una diversa impostazione.Essi sostengono che si trattò di una meteora specialeche non si muoveva secondo le leggi naturali... La stellavista in Oriente si presentava con caratteristiche ecce-zionali; la sua apparizione non si può spiegare in nes-sun modo come fenomeno comune ed ordinario; resta pertanto esclusa ogni interpretazione puramente natura-listica... I Magi compresero bene che si trattava di qual-cosa al di sopra dell’ordine naturale. I Magi non hanno

nito il loro viaggio tornando nei loro paesi d’origine,

tornando in Oriente, dopo morti anche le loro spogliesono state soggette ad un karma di nomadismo. Dopoessere stati trasferiti da Sant’Elena a Costantinopoli, iloro resti furono portati a Milano per volontà del vesco-vo Eustorgio che fece edicare una chiesa per trovare

sepoltura accanto ai re. L’attuale Basilica di Sant’Eu-

storgio è tuttora luogo di culto di quanto resta delle spo-glie dei Magi, dopo che Federico Barbarossa durantel’assedio di Milano nel 1162 sottrasse le reliquie. Dueanni più tardi l’arcivescovo di Colonia si impossessòdei corpi e attraverso Lombardia, Piemonte, Borgogna eRenania le fece portare no al Duomo di Colonia dove

tuttora sono conservate. Ancora viaggio, dunque, ancorasoste presso locande, osterie dove non è difcile trovare

le iniziali GMB incise nei muri oppure nomi evocativicome “Ai tre re”, “Le tre corone”, “Alla stella”; propriola stella diventa simbolo del percorso e di un alloggio di prestigio, la stella che in principio sta ad indicare che le

spoglie dei Re sono transitate da quel luogo diventa neitempi moderni il simbolo della qualità dell’accoglien-za. Tutta la vicenda dei Magi è carica di simbolismi emolti signicati sono stati attribuiti ai tre personaggi: in

essi si rispecchiano le età dell’uomo, il giovane, l’adul-to e il vecchio; le tre razze umane, l’asiatica, l’europeae l’africana che incarnano i continenti allora conosciu-ti; le fasi del tempo cosmico, passato, presente e futuro,le virtù teologali, fede, speranza, carità. Il cammino deiMagi percorre strade sconosciute e misteriose che tra-scendono la vita terrena, alzano lo sguardo al cielo per

trovare segnali e risposte, sono uomini ricchi di sapien-za, uomini che sanno “vedere”, che si mettono in viag-gio. Essi sanno riconoscere il tempo e vanno...

Il loro cammino ci accompagna n da quando, bambini,aggiungiamo al nostro presepe le tre statuette che li raf-gurano, re in mezzo a pastori in ginocchio davanti aduna mangiatoia. 

   I   C   A   M   M

   I   N   I   S   P   I   R   I   T   U   A   L   I

Margherita Fiore

 Andrea Mantegna - Adorazione dei Magi – 1497 circa -Getty Museum Los Angeles

Per alcuni si tratterebbe di una Nova o Supernova, feno-meno di straordinaria luminosità ma che non si potevaripetere lungo il cammino dei Magi.Una seconda ipotesi è quella di una cometa, alcuni l’hanno identicata con quella di Halley già segnalata in

numerosi studi cinesi. Oggi, però, sappiamo che essa siripropone ogni settantasei anni e quindi sarebbe passa-ta attorno al 12 a.C. data piuttosto lontana da quella in-dicata da Dionigi il Piccolo per la Natività. Molto più

 probabile è che si fosse trattato di una congiunzione in particolare tra Giove e Saturno avvenuta nella costel-lazione dei Pesci. Secondo calcoli fatti da Keplero, nel7 a.C. questa congiunzione si sarebbe vericata ben tre

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   V   I   V   E   R   E

   L   A   P   S   I   C   O   S   I   N   T   E   S   I  :

   I   S   O   C   I

   R   A   C   C   O   N   T   A   N   O

CREDERE AGLI ALTRI

Quando si nasce si è un’anima pura, libera ed integra. Cisi relaziona con gli altri e con l’ambiente circostante inmodo del tutto naturale e spontaneo, senza paure e ci simostra limpidamente e duciosamente per ciò che si é.La tipologia individuale è ben chiara, come altrettantochiara è la via che si vuole perseguire. Le convenzio-ni morali e del buon senso comune non esistono, esi-

ste solo ciò che siamo, ciò che piace e che si riesce afare bene, senza alcuno sforzo. Sopraggiunge ben pre-sto però un freno inibitorio dato dai genitori. L’inuenzadell’adulto, prima del genitore e poi delle gure educati-ve che il bambino incontra nella sua giovane vita, spezzail libero e continuo uire energetico creando una sorta di“addomesticamento” al convenzionale. Si installa così ilgerme del “torpore e annebbiamento” della visione para-disiaca nella quale il bambino vive e si muove. L’esse-re “bravi e buoni” per cercare di conseguenza di essereaccettati getta nel bimbo del “reale”. I bambini inizianocosì a mettersi in dubbio e a difdare anche di ciò che

realmente sono: “Perché forse non va bene alla mammae al papà”. Sottilissima breccia che infrange la purezzadando origine alla sofferenza tra ciò che si è e ciò che sivorrebbe che fossimo.Per ottenere di sentirsi accettati e benvoluti, di far par-te di una famiglia che ci ama e approva, anche se a di-scapito di ciò che realmente siamo e in visione di ciòche dobbiamo dimostrare per non deludere le aspettati-ve, ci si allontana dal cammino dell’anima, poiché es-

sa per vivere ha bisogno di nutrirsi d’amore. Si inizia a percorrere una piccola deviazione che ci conduce lon-tani da noi stessi seppur avvicinandoci un po’ di più achi amiamo. Nasce così “un’agitazione” interiore, del-le corde che vibrano di un’ intonazione simile ma nonuguale alla nostra e che non consente di vivere serena-mente, in armonia con l’ anima. Ci si allinea, poco alla

volta, in visione di un bene che non ci appartiene, mache permette di essere accettati dal mondo e dagli altri.Si inibisce volutamente ciò che si è assumendo una ma-schera per coprire la luce. Si ha paura e si soffre senzacapirne, soprattutto in un bambino, il motivo. L’eccessi-va e prolungata tensione porta ad un’ esplosione. Scop- pia quell’energia interiore e stagnante che non permettedi essere liberi e che, nell’uniformarci agli altri, ci iso-la interiormente poiché non consente all’anima un realecorrispettivo nella sua incarnazione terrena. “Inconte-nibile, impulsivo, oppositivo, provocatorio”, oppureancora “non collegato alla realtà”. Persino la reale intel-

ligenza può venire decitata dal non poter esprimere ciòche per natura liberamente saremo e di conseguenza sisoffre di un handicap imposto e autoimposto. La volon-tà reale viene modicata da quella condizionante dellamediocrità condivisa, non si può essere né di più né dimeno, ma uguali o afni ad essa. In ogni caso si cau-sa un blocco, una frustrazione profonda che nel tempotende alla naturale ribellione voluta dall’anima, ma non più comprensibile alla mente che si è assopita al suo re-

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   V   I   V   E   R   E

   L   A   P   S   I   C   O   S   I   N   T   E   S   I  :

   I   S   O   C   I

   R   A   C   C   O   N   T   A   N   O

ale volere. Non riusciamo più a capire dov’è la nzione,che stiamo mettendo in atto per essere accettati, e dov’èla realtà, la nostra essenza, e ci spezziamo, frantumiamoin più parti, in più pezzi di un unico puzzle. Tutto que-sto nei bambini è causa di un senso di perdita, pensanodi essere cattivi, poiché inadeguati alle aspettative de-gli adulti e di conseguenza proiettano all’esterno ciò che

non riescono a contenere (come nel caso dei bambinicon decit di attenzione, iperattività). A volte vivono orivivono parti dei genitori non a loro proprie, aspettativeche erano state espresse ancora prima della loro nasci-ta, o sogni che i genitori non hanno visto realizzati e chevorrebbero inconsciamente realizzassero per loro. Ma il bambino non sa decodicare in maniera critica un giudi-zio reale, sa solo “sentire” e di conseguenza “assorbire”la sofferenza e l’amore, sperando sempre di trasformareil “male” nel “bene”, il dolore in amore, piegandosi luistesso per la mamma e il papà. Il Sé però, anche se silen-te, non smette mai di chiamare e richiamare l’anima al

suo progetto iniziale. A volte, per via intuitiva, ci riman-da il nostro reale progetto di vita per l’autorealizzazione.Un raggio di luce nel buio che tenta di penetrare nellacoltre formatasi nella mente.

Se, lungo la via, si ha la fortuna di incontrare delle per-sone che affermano con un esempio di vita saggio eamorevole la conoscenza di tutto questo, si ha la pos-sibilità, attraverso il loro modello, di riconoscersi per la Elisabetta Cappon

splendente creatura che siamo. L’allontanamento, il di-stacco e il non ascolto del canale spirituale porta depres-sione e isolamento ma l’incontro con chi a noi si rivolge parlando da cuore a cuore riaccende la amma che illu-mina il nostro cammino di ricerca verso ciò che siamo,verso la nostra potenzialità. L’amore, nel lasciare esserechi è per ciò che talentuosamente è, permette un lento

ma continuo risveglio dal torpore della convenzione. Isensi si riaccendono e nulla ci sembra poi così buio e pauroso. Affermiamo con orgoglio ciò che siamo e checi permette di brillare unici ed irripetibili. Serve forza,amore e saggezza nel perpetuare la causa dei più fragi-li che è però quella di un futuro più luminoso e di realecollaborazione e cooperazione, non solo tra persone maanche tra nazioni. La frustrazione che si provava nel non permetterci, per amore, di manifestare la nostra essenza,diviene gioia nella consapevolezza di essere proprio ciòche siamo.

Da qui il pensiero per la possibilità della nascita di unaformazione o di un aggiornamento- perfezionamento digure professionali già esistenti quali gli insegnanti ver -so un’educazione differenziale. Un’educazione che miriallo sviluppo dei talenti, delle tipologie reali, del proget-to del Sé che ha come ne l’autorealizzazione di se stes-si, ma anche di potenziali leader positivi per il futuro.

“ L’amore è la sostanza di tutto ciò che esistein quanto vibrazione coesiva dell’intero Universo. È indispensabile per ascendere nella coscienza,

ma lo si trova puro solo nello spirito. Deve essere consapevole, solenne e forgiato nel fuoco

della generosità e dell’oblio di sé. Produce coraggio e devozione e nobilita gli esseri umani con il sacricio econ il perdono, unicandoli e fondendoli con tutto il Creato in memoria di

un sublime insegnamento: amatevi l’un l’altro.”

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LA BELLEZZA DEL“NOSTRO CENTRO”

C’è Napoli, al Vomero, un piccolo locale al pianterreno,con una nestrella sempre ricca di piante orite (di soli-to ciclamini), una porta con una targa in ceramica che siintitola: Psicosintesi per l’armonia della vita.

 Niente di particolare, di speciale, di appariscente. Vi sisvolge una quotidianità di incontri, di gruppi, che si al-

ternano nella ricerca della Verità, nella complicità del-la condivisione, nel fervore della crescita interiore chenon nisce, nella comprensione del senso della Vita edell’Amore.

E’ Bello tutto questo, una bellezza che traspare nei vol-ti sorridenti di chi parla e condivide o di chi si trovacon attenzione ad ascoltare. Una bellezza che si avver-te nell’energia buona che circola e pare sciogliere ogniconitto, che si manifesta anche nei commenti di perso-ne che arrivano per la prima volta e che, sentendosi ac-colte, rimangono coinvolte nell’energia stessa.

E’ Bello che molte di noi… (over 60 diciamolo!) è an-cor vivo il sentimento di non arrendersi mai al vecchio,al conosciuto, al passato pieno di condizionamenti e diconvinzioni statiche, e di andare avanti senza pregiudiziverso l’incognita del nuovo, non desiderando emozioniforti o realizzazioni esteriori, ma scoperte e meravigliecontinue che sorgono dalla nostra interiorità mai abba-stanza esplorata.

E’ Bello che in questa sorta di appartenenza psicosin-

tetica  di amiche ed amici  storici, spesso compare unafolata di rinnovamento, portata da giovani soci, proprioladdove parevano sorgere ostacoli e difcoltà alla sussi-stenza stessa del Centro.

 Ne nascono gesti, modi, atteggiamenti, che sono cele- brazioni di una consapevolezza intensa, acquisita e sem- pre rinnovata, dell’esistenza di una energia di Bene chevuole attrarre ed unicare sempre più, soci e non soci,credente e non credenti, esseri umani tutti in camminosenza esclusioni e senza giudizi.

Ed io sento e vorrei comunicare sempre di più la Bellez-za di questa ineffabile energia di Bene che contribuiamo

tutti a creare nel nostro Centro e che ci eleva un po’ di più oltre i nostri piccoli “io”. Anche se di poco. Ma l’i-nizio, l’umile poco, è passo fondamentale per il  più, ilmolto, il Tutto.

   V   I   V   E   R   E

   L   A   P   S   I   C   O   S   I   N   T   E   S   I  :

   I   S   O   C   I

   R   A   C   C   O   N   T   A   N   O

Diana Verzicco

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LA GIOIA 

La psicosintesi la gioia è una vera e propria “prescrizione” esistenziale da utilizzare e consigliare come regola di vi-ta. È quella particolare saggezza che accende il fuocodell’entusiasmo per il futuro e fa scoprire la bellezza deimondi lontani nello sconnato orizzonte dell’uomo. È il proclama a cui tutti dovremmo aderire per vivere felici e pieni di gratitudine nella comunità umana.

Stranamente l’esperienza della gioia parte dall’abbando-no per essere conquistata. Inizia nel superamento gioio-so delle vecchie abitudini per ricercare il nuovo; apparenella certezza gioiosa di saperci gestire e contenere, li- berandoci dai condizionamenti e dagli impulsi regres-sivi; si manifesta nell’aderire con entusiasmo all’idealedel bene comune, staccandoci dalle aspettative e dai pri-vilegi personali.La gioia perciò è una qualità da insegnare ai giovani le-gandoli all’amore per il nuovo.È infatti legata alla realizzazione di tutto ciò che appar-tiene al divenire, che talvolta può apparire lontano, ma

se accettato e compreso ci riscalda tanto profondamenteda permetterci di affrontare con forza e serenità le bufe-re della vita.La strada della gioia si costruisce pazientemente e gra-dualmente attraverso la conoscenza del “fenomeno esi-stenziale” e quindi solo la ferma volontà di capire spingel’uomo verso quel sentiero. Una volta che la meta dellavita è posta nella comprensione, è inevitabile prima o poi l’esperienza della gioia. Questa, una volta percepi-ta, va trattenuta e accumulata, perché è ancora tanto ra-ra sulla terra da rappresentare un minerale prezioso da

estrarre e custodire con estrema cura.Illudersi che la gioia derivi dall’ozio o dalle conquistemateriali è assolutamente illogico perché tutto nella na-tura è in continua trasformazione e niente è inattivo estatico. La vita di una qualsiasi pianta, di un qualsiasianimale e, perché no, di un qualsiasi uomo è sufcientea dimostrarlo. È per questo che la gioia non è mai legataal passato ma è sempre unita al fuoco del coraggio perl’“avventura umana”, avventura che ci rende inevitabil-mente distaccati da ciò che è transitorio e già acquisito. Né è da confondere e ricercare nel piacere, perché è pro- prio dopo aver superato qualche ostacolo che la gioiacomincia talvolta ad apparire.È facile allora intuire come un atteggiamento gioioso

   A   R   C   H   I   V   I   O    D

   E   L   L   A   M   E   M   O   R   I   A

Sergio Bartoli (1929-2009), medico e psicote-rapeuta romano, è stato allievo e stretto collabo-ratore di Roberto Assagioli. Avendone intuito lacapacità nel lavoro formativo con i gruppi e le do-ti organizzative, Assagioli lo spinge fortemente adaprire a Roma nel 1968 il primo Centro di Psico-

 sintesi  in Italia. Bartoli ne mantiene la carica didirettore per più di un ventennio, contribuendo inquegli anni in modo signicativo alla diffusionedella psicosintesi.Dopo aver ricoperto per parecchi anni caricheall’interno del direttivo dell’Istituto di Psicosinte-si, Bartoli fonda nei primi anni settanta con altriallievi la SIPT (Società Italiana di Psicosintesi Te-rapeutica), di cui sarà per molti anni didatta e pre-sidente per i primi tre mandati.

All’inizio degli anni ottanta, Bartoli matura lavolontà di abbandonare la pratica terapeutica etrasferirsi stabilmente in Umbria per dedicar-si totalmente alla ricerca spirituale. Da lì a pocodà vita a Città della Pieve (PG) alla comunità di

 Poggio del Fuoco, centro residenziale orientatoallo studio e diffusione dell’aspetto transpersona-le della Psicosintesi. Ne costituiscono da subito,quale asse portante, l’insegnamento della Medita-zione creativa, e un nuovo modello ideale di vita

ispirato ad alcuni Principi e Leggi fondamentalidell’Era dell’Acquario. Alla ne degli anni no-vanta la Comunità assume il nuovo nome mante-nuto a tutt’oggi di Comunità di  Etica vivente diCittà della Pieve.

La visione di Bartoli sempre orientata al futuro siconcretizza negli anni con la costituzione a Pog-gio del Fuoco di varie scuole di formazione - Tipiumani,  Meditazione creativa,  Educazione, Servi-

 zio, Focalizzatori – e che, anche dopo la sua mor-

te, proseguono l’attività da lui iniziata

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nell’affrontare le inevitabili avversità della vita rappre-senti un vero e proprio allenamento alla gioia.Assumere la responsabilità di esistere e tendere all’evo-luzione del proprio modello umano è una missione chedà gioia perché rappresenta l’ineluttabile destino dellanostra manifestazione.Può capitare qualche volta che la gioia abbia un volto se-

vero, e questo perché, dando la giusta valutazione dellecircostanze, ci impegna maggiormente al gravoso com- pito che ci attende. Abbiamo detto che la gioia è legataal mondo delle possibilità, e pur constatando che è piùfacile negare tutto quello che esce dall’ordinario piutto-sto che osservarlo, è proprio nell’impegno a realizzarel’inconsueto che dobbiamo cercare la fonte della gioia.C’è poi un “vivaio” naturale della gioia che è rappresen-tato da ogni manifestazione della bellezza. Dalla bellez-za della luce alla bellezza di ogni foglia che si ridestaalla vita, è estraibile un “palpito” di gioia, che si distil-lerà dentro di noi se ci trasformeremo da indolenti con-

sumatori ad accorti raccoglitori del tesoro della bellezzadella natura. L’esperienza della gioia è comunque indi-spensabile perché è la sola che ci lega al nostro avveni-re. Va pertanto cercata e accumulata, ma non certo neldolore e nella nevrosi o nelle intossicazioni giornalieredi una vita senza senso ma, come abbiamo già detto, neitesori della bellezza che la natura comunque ci mette adisposizione. Perché se è vero che il mondo attuale è perlo più un pozzo asciutto che non può dissetare, è altret-tanto vero che esistono ancora delle fonti montane ca- paci di rinfrescare e di rigenerare chiunque ci si accosti.

È stato detto che la gioia appare nel sacricio di sé, ed èallora giusto unire causa ed effetto nella nostra coscien-za per costruire il ponte del nostro perfezionamento checi condurrà verso l’assoluta gioia dell’innito.Se riettiamo bene, soltanto abitudini secolari priva-no gli uomini dell’esperienza della gioia trattenendolinell’ignoranza e nella paura dell’esistenza.È indispensabile imparare a seminare gioia perché comedolore chiama dolore, così la gioia rinnova se stessa esi propaga agli altri. Questa gioia che inizia con fatica e pericoli, una volta conquistata dissolve gli ostacoli e il-lumina con la sua radianza chi la possiede.Ricordo che fu proprio un bagliore di gioia percepito ne-gli occhi di Roberto Assagioli a farmi cogliere, anni fa,

il pieno valore di una vita realizzata. Mi sembrò alloradi aver scoperto la gioia della rinuncia delle antiche re-ligioni e delle vecchie losoe, la vera gioia che scorrelungo quella sottile linea che separa la soddisfazione disé dal lavoro per l’Umanità.

La conoscenza, man a mano che si realizza, esige re-

sponsabilità sempre più complete, e queste vanno vis-sute con gioia crescente. È la gioia di combattere senzaaiuto e di resistere agli assalti degli elementi avversi conla sola forza della propria comprensione e della propriavolontà. È la gioia del lavoro che rappresenta la ammamigliore dello spirito, che si accende con l’intensicar -si dell’impegno e dell’attività. È per questo che lavora-re con gioia facilita il successo, perché libera una formaspeciale di “energia” che amplica i risultati.È importante inoltre ricordare che la gioia non sta nelconcludere bensì nell’iniziare, perché come l’ini-zio corrisponde al moto, così la continuità è generata

dall’inerzia.È così che distruggere diventa talvolta un atto creativo,quando ha in sé la coscienza del futuro. È spesso neces-sario infatti abbattere la staticità delle costruzioni uma-ne per liberare l’energia in essa trattenuta e utilizzarla per la creazione del nuovo. Attualmente si parla moltoe si auspica dovunque un rinnovamento dell’uomo e delmondo, ma è certo che questo non potrà mai scaturiredall’inattività e dalla cristallizzazione esistenziale de-gli individui. È indispensabile manifestare movimentosia nel pensiero che nelle azioni, e anche se la ricerca

della via del rinnovamento è lunga e difcile, una voltaintrapresa ci permette di utilizzare le nostre forze nel-la conquista del futuro, e ogni passo in quella direzionediventa una gioia. All’inizio è come se fossimo chiama-ti ad attraversare un abisso, quello che separa il nuovodal vecchio, ma anche questo ipotetico pericolo producegioia perché ciò che è “inespresso” accende magicamen-te la luce sull’Innito.

“LA GIOIA È UNA QUALITÀ DA INSEGNARE AI GIOVANILEGANDOLI ALL’AMORE PER IL NUOVO”

 

Sergio Bartoli

   A   R   C   H   I   V   I   O    D

   E   L   L   A   M   E   M   O   R   I   A

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INCONTRIALLA CASA ASSAGIOLI

la psicosintesi alle sue origini come esperienza di contatto alle radici di sè 

... per chi si occupa da anni della psicosintesi e vuole approfondirne i temi

... per chi ha l’ha conosciuta più recentemente ed è attratto da stimoli nuovi

… per chi è impegnato come collaboratore e vuole approfondire le sue radici

... per chiunque senta un richiamo verso lo spirito fondante della psicosintesi

proponiamo tre incontri a Firenze nelle date:

15-16 novembre 201417-18 gennaio 2015

21-22 marzo 2015

per informazioni e iscrizioni: http://incontricasaassagioli2014-15.blogspot.it

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Dattiloscritto di Roberto Assagioli

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NAMASKARA 

Un bellissimo saluto indiano che può essere così tradotto:

Io saluto il Divino che è in te

Si tratta di un saluto che ha come ne quello di evocare la fondamentale divinità che è innoi. Se lo usiamo con costanza, ci può essere di aiuto nel ricordarci di relazionarci gli unigli altri come anime, non come personalità; un saluto che suona come una nota di reve-

renza e di coscienza spirituale che esso ispira.Possiamo dirigerlo al nostro Sé, come il saluto della personalità al Divino che è in noi,soprattutto al risveglio, a mezzogiorno, nel raccoglimento del tramonto e di quando an-diamo a dormire.Ogni volta che incontriamo un amico, possiamo onorarlo con la parola NAMASKARA,invece di dirgli “ciao”. Invece di dire solo “arrivederci”,possiamo aggiungere NAMA-SKARA; possiamo anche usare questo tipo di saluto quando scriviamo le lettere, chiu-dendole con NAMASKARA.Dal momento che “ l’energia segue il pensiero”, esso ci aiuta a contattare il Sé entro noistessi e negli altri e ad evocarlo.Quando è possibile, questa parola Induista dovrebbe essere pronunciata ad alta voce, conl’accento sull’ultima sillaba, NAMAKA’RA, senza pronunciare l’ ultima “A”. Cionono-

stante, in molte altre occasioni non sarebbe indicato pronunciarla ad alta voce; in questocaso possiamo rievocarla silenziosamente.Per esempio, quando siamo arrabbiati,impazienti, critici con noi stessi o con gli altri,quando facciamo nuove conoscenze, quando siamo al lavoro con colleghi, con superiorio con subalterni, ci aiuta a strutturare un atteggiamento interiore che crea relazioni umanearmoniche.Come genitori ed educatori NAMASKARA ci mette in contatto con la realtà interiore del bambino e dell’adolescente, favorisce la comprensione amorevole della natura profondadei nostri gli e promuove la loro crescita interiore.In varie situazioni in cui cerchiamo di aiutare un essere umano angosciato e stressato o dirisolvere delle tensioni interpersonali, NAMASKARA può agire da saluto silenzioso per

metterci in sintonia con le energie spirituali creative che possono risiedere dietro il distur- bo apparente. NAMASKARA è anche una metodologia atta a sviluppare e dimostrare nelle attività quo-tidiane la modalità di dualismo della nostra vita, secondo la quale noi possiamo funzio-nare simultaneamente e in piena coscienza ai due livelli: quello della Personalità e quellodell’Anima.

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UNA SOCIA AL XXVIII CONVEGNONAZIONALE DI PSICOSINTESI

Portonovo - 2014All’ingresso dell’hotel, accanto al manifesto del conve-gno “ Oltre il mito della certezza”, ci ha accolto la scrit-ta : “Lasciate ogni certezza voi che entrate” … la frasedell’Inferno di Dante, corretta e adattata: l’incertezzaracchiude in sé uno stimolo vitale, la perdita di speranzano!  Un anno è volato dall’incontro di Catania… e cin-

que ne sono trascorsi dalla mia prima esperienza di Con-vegno, che si svolse sempre a Portonovo nel 2009.L’ immersione nel clima psicosintetico è avvenu-ta quasi immediatamente e dalle prime relazioni in poiè stato un susseguirsi di stimoli, emozioni, condivi-sioni (come ogni anno, del resto!), impossibili da ri- portare in poche righe! Un collegamento uido diopinioni diverse tra loro, eppure profondamente uni-te nella ricerca comune di consapevolezza e armonia… Nell’accettazione dei differenti punti di vista, pur conqualche inevitabile contrasto sui concetti “mente - cer-vello- anima”, dovuto alla diversa formazione: tecni-

co-scientica o umanistica-spirituale dei partecipanti.Una delle prime domande emerse è stata sulla pos-sibile esistenza di certezze, soprattutto in questa so-cietà “liquida”, che non ha identità e si adattacome l’acqua… che corre sempre di più, per -dendo di vista l’unico traguardo veramente impor-tante: quello di stare bene con se stessi e con gli altri!La ne dell’ideale positivista ha gettato gli uomininell’incertezza, mettendo in crisi la presunzione di “po-ter controllare tutto” attraverso la tecnica: ora diventadavvero necessario ricominciare a vivere con “ il mi-

stero” e cercare di integrarlo con il processo scientico.Quest’ultimo, comunque, continua a essere il risulta-to di “verità” che cambiano nel tempo e vengono mes-se in discussione dalle nuove, innumerevoli, verichee scoperte.

Si sono aperti scenari diversi, ad esempio i “campi mor-fogenetici”, intesi come forza invisibile presente nelsistema cosmico e responsabile dell’aggregazione, dif-ferenziazione, organizzazione e forma sica di tutti gli

elementi. Un’energia che, attingendo dalla memoria col-lettiva di ogni specie, ne permette l’evoluzione attraver-so un processo di “risonanza” e quindi di trasmissionedell’esperienza vissuta. 

Come avviene anche per le emozioni e i pensieri chesono inuenzati, e inuenzano, il nostro esistere.La scienza quindi non dovrebbe essere “arrogante”, an-che perché non è in grado di spiegare tutti i fenomeniche avvengono. La specializzazione, che continua ad au-mentare, rischia di creare frammentazione, di far perderecompletamente di vista “ l’insieme” - anche dell’essere

umano -, con conseguenti conitti e sofferenze: si studiail “come” nella speranza di conoscere il “perché” , manon sempre si riescono a spiegare gli effetti con le cause.Anche le conoscenze attuali sulla psiche non permet-tono una comprensione, se non parziale, dei fenomenimentali.

Potrebbe esserci, alla base di tanti problemi psichiatriciuna spiritualità negata, e forse la psicosi potrebbe averein sé un meccanismo di auto-trascendenza?

Sicuramente la relazione è terapeutica, ma nulla si ri-

solve se non si lavora su mente-corpo insieme, sul dia-logo tra essere ed esistere, sulla possibilità di un loro“intrecciarsi”.Lo strumento dell’incertezza è profondamente valido in unrapporto, soprattutto curativo, perché impedisce la cristal-lizzazione pericolosa di un’idea limitante, di preconcettiche non permettono di cogliere i messaggi più profondi.La psicologia oggi ha bisogno di nuovi metodi per in-dagare i suoi fenomeni e le neuroscienze, permettendolo studio delle emozioni attraverso tecniche vericabiliscienticamente, stanno dando il loro contributo per una

comprensione sempre maggiore dei processi mentali.

Tra i tantissimi argomenti si è parlato anche di sicaquantistica, che si collega alla coscienza umana e aisuoi livelli di espressione sico/emotivo/ mentale e spi-rituale - attraverso una funzione razionale. La coscienzache interviene nella materia, la quale ha una sua propriacoscienza in un contesto di “non località” e sovrapposi-zione di “stati” (argomenti per me davvero molto com- plessi!), di presenza simultanea in punti diversi, con unrisultato modicabile dall’osservatore.

Siamo molteplici, ma ci percepiamo UNO, consideria-mo la materia come “solida”, invece si tratta di energia.

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Tutto è connesso, come l’essere umano, in una rete direlazioni e l’uomo può essere considerato un “modu-lo cosciente” di trasformazione dell’energia tramite lavolontà.Coscienza signica sperimentazione, sia la scienza chela religione hanno bisogno di modelli e tutto questo puòessere “falsicato” perché necessita di un credo che non

 può essere messo in discussione. Le religioni e i lorodogmi aiutano certamente ad affrontare le paure e a da-re un senso alla sofferenza, però rischiano di bloccare il“desiderio di capire”.Altra cosa è la spiritualità che richiede ricerca, coraggioe che rappresenta l’essenza di tutte le religioni.Spesso si vuole credere alle presunte certezze con la ce-cità del desiderio “che tutto sia davvero come vorremmoche fosse”; ma la pace-certezza interiore non è mante-nibile, dato che la nostra vulnerabilità ci riporta sempreai vissuti nascosti, alle nostre ferite, delle quali è neces-sario prendere coscienza per poter raggiungere la nostra

 parte più profonda e più vera, per riuscire a trasformare ilimiti in opportunità. La volontà va intesa come “essen-za di imprevedibilità”, per permettere il libero arbitrio equindi la conoscenza-accettazione dell’essere umano, intutti i suoi aspetti e funzioni, nella sua interezza e soprat-tutto nella bellezza delle sue imperfezioni.Si è poi parlato di anima, come punto di partenza e di ar-rivo con conni inniti e niti!“Finiti” perché esiste l’individualità, esperienza di inter-connessione che tutela l’essere umano e il suo corpo, mase ci si chiude troppo, senza l’apertura all’esterno, all’in-

nito, le difese impediscono “il respiro” e rischiano dicreare sofferenza. E’ necessario mantenere l’identità e ilsenso di partecipazione al mondo-universo, avvicinan-dosi di più all’arte e alla creatività!Troppo spesso noi usiamo la nostra energia per bloccareil cambiamento, invece dovremmo riuscire ad ascoltareil nostro processo interiore a unire il pensiero deduttivoa quello creativo.

Ad un certo punto, tra i vari interventi, ci si è chiesti sela Psicosintesi possa essere un elemento di intersezionecon il mondo, rappresentando volontà e molteplicità?Assagioli è riuscito a interagire con tutte le “altre espres-sioni psichiatriche e spirituali” senza rinunciare a se

stesso e senza proporre verità ottuse, basate sull’elimi-nazione delle idee diverse.Anzi, accettando nuovi scenari e integrandoli, ha am- pliato le possibilità di arricchimento e di benessere degliesseri umani, con modelli attuabili attraverso la cono-scenza di se stessi, un profondo lavoro di trasformazionecon gli strumenti della volontà, della disidenticazione e

una continua ricerca di sintesi.

La certezza “cristallizza”, impedisce di crescere e diven-ta il presupposto di ogni paura, creando attaccamento.Quando perdiamo una certezza, vera o presunta, si fran-tuma la nostra identità e spesso non riusciamo a coglie-re, nella crisi, l’opportunità che nasconde.

Abbiamo bisogno di estrarre dalla vita la nostra espe-rienza, perché” vivere” è sperimentare, tenendo contodel limite legato al nostro “essere umani”: momento permomento, abbiamo bisogno di elementi di sostegno ,di

“certezze parziali”, ma più diventa ampia e valida la no-stra visione, più siamo capaci di confrontarci, di accetta-re l’incertezza e quindi di evolvere.

Laura Cerasaro

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XXVIII CONVEGNO NAZIONALE

“OLTRE IL MITO DELLA CERTEZZA 

L’UOMO E LA SCIENZA ”

PORTONOVO 25 - 27 APRILE 2014

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Portonovo, 26 aprile 2014Cari soci, cari amici,eccoci di nuovo insieme, ancora una volta (la sesta perl’esattezza), nella splendida cornice del Conero, qui ri-uniti per il nostro consueto appuntamento di ne aprile:l’Assemblea annuale dei soci dell’Istituto di Psicosintesi.Si chiude con questo Convegno il triennio di attività so-

ciale iniziato a Varese nell’aprile del 2011.A nome del Consiglio direttivo porgo a voi tutti un carosaluto e ringrazio ancora per la squisita ospitalità LuciaAlbanesi e i soci collaboratori del Centro di Psicosintesidi Ancona che hanno contribuito all’organizzazione diquesto XXVIII Convegno. Ringrazio poi relatori e con-duttori di workshop per il loro prezioso contributo.L’Ordine del Giorno di questa Assemblea contempla iseguenti punti:• Relazione del presidente sull’anno appena trascorso• Relazione economica• Dibattito e votazione nale su relazione e bilanci

• Comunicazione nuova Giunta di Presidenza e suoinsediamento

•  Nomina del Collegio dei Sindaci Revisori Nell’accingermi a relazionare sul lavoro svolto in questidodici mesi dal Consiglio Direttivo, voglio iniziare dalConvegno “Etica e bellezza”, organizzato dal Centro diCatania ad Acicastello esattamente un anno fa.L’evento è stato molto apprezzato e verrà ricordato damolti di noi sia per i contenuti scientici proposti sia per la qualità dell’accoglienza. Ancora complimenti agliorganizzatori.

Venendo ai principali atti del Consiglio in questo annosociale, c’è senza dubbio il consolidamento dell’orga-nizzazione dei Gruppi di Lavoro dell’Istituto, realtàoperative costituite e formalizzate nel 2012 per ottimiz-zare le molteplici attività che hanno luogo prevalente-mente a “Casa Assagioli ”. A settembre si è svolto il primo incontro tra il Consiglio direttivo e i coordinato-ri dei gruppi stessi. Erano presenti: Luce Ramorino peril Gruppo Archivi, Paola Marinelli per il Gruppo Eventi,Rosella D’Amato per il Gruppo Biblioteca Storica, Stefa-no Viviani per il Gruppo Biblioteca Nuova, Piero Righelli per il Gruppo “Il Portale” e Patrizia Bonacina per il Grup- po Rivista.Come Consiglio direttivo abbiamo ascoltato con interesse

l’articolata esposizione che ciascun coordinatore ha fattodell’attività del proprio gruppo, recependo eventuali pro- blemi e criticità. Riguardo al lavoro dei suddetti gruppi,mi fa piacere ricordare gli appuntamenti organizzati consuccesso dal Gruppo Eventi nel 2013 e nel marzo 2014. Nel giugno scorso c’è stata la giornata riservata ai socicollaboratori dei Centri dal titolo “Porte aperte all’Ar-

chivio e alla Biblioteca Storica di Casa Assagioli ”; asettembre, in lingua inglese ma aperto anche agli italia-ni, si è svolto l’incontro “Third International Meeting

at Casa Assagioli” , un’interessante opportunità per en-trare in contatto con l’Archivio Assagioli e confrontarsicon psicosintetisti provenienti da altri paesi. E poche set-timane fa il seminario rivolto agli italiani: “ Entrare nella

coscienza planetaria”.Continua poi, da parte del Gruppo Archivi, il lavoro dicatalogazione e collocazione on line di scritti, appuntie brevi note di Roberto Assagioli con relativa regola-mentazione per la consultazione del materiale; procede

il lavoro di ampliamento della Biblioteca Nuova con at-tenzione all’attualità e al progresso delle scienze uma-nistiche e continua l’organizzazione della BibliotecaStorica. Il Gruppo “Il Portale”, concepito al Congressodi Roma, si sta invece occupando dell’interscambio viaInternet tra le varie realtà di psicosintesi nel mondo. Nel corso dell’anno sociale che stiamo esaminando han-no avuto luogo i due consueti incontri del Gruppo For-matori del CdA: quello estivo di Vallombrosa e quello dimarzo scorso a Firenze, aperto, stavolta, anche ai Con-duttori. Due le novità: la prima è il “restyling” del Corso

Triennale di Autoformazione che diviene Corso di Au-toformazione (CdA), togliendo quel “triennale” che noncorrisponde sempre alla durata del corso nei vari Centri,con la realizzazione di immagini-logo che lo identichi-no (nei dépliant, nei libretti e nei diplomi di completa-mento corso). Si mostra invece ancora valida ed attualela struttura didattico-formativa del CdA articolata nellevarie lezioni; la seconda novità è l’apertura di parte del-la prossima riunione estiva dei Formatori ai Conduttorinell’ottica di un reciproco arricchimento.La Scuola di Conduzione e Counselling di Gruppo – in-sieme al Corso di Autoformazione – rappresenta la pro- posta formativa/autoformativa principale dell’Istituto.Vi ricordo che il 31 agosto prossimo, alle ore 15.00,

RELAZIONEDEL PRESIDENTE

ISTITUTO DI PSICOSINTESIFondato da Roberto Assagioli

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in sede a Firenze, si svolgerà l’esame di ammissione alnuovo corso della Scuola: ovviamente è necessario fareun colloquio preliminare col docente di riferimento e poi prenotarsi per l’esame entro il mese di luglio.

Voglio poi ricordare come i rapporti tra Istituto e SIPT proseguano in modo armonico anche grazie alle riunio-

ni dell’apposita Commissione di cui fanno parte, per l’I-stituto, M. Vittoria Randazzo e Patrizia Bonacina. Lasinergia tra Istituto e SIPT si sta aprendo sempre più ainteressanti iniziative comuni. Entrambe le associazio-ni, per es., in collaborazione con la Verso, associazioneche realizza progetti educativi in Italia, India e altre partidel mondo, stanno organizzando incontri di meditazio-ne: ha già avuto luogo quello con Corrado Pensa ed èvicino quello con Padre Alessandro Barban (14 e 15 giu-gno prossimi) sempre a La Chiara di Prumiano in Vald’Elsa (FI), mentre Piero Ferrucci terrà il suo incontro insettembre. Referenti della Verso sono Andrea Bocconi e

Franca Fabbri.

I Centri dell’Istituto  tornano ad essere quindici: diamoinfatti il benvenuto e formuliamo i migliori auguri al ne-onato Centro di Venezia e al suo Comitato Direttivo, presieduto da Maria Rosa Mazzolini. Come sapete sulterritorio italiano ci sono vari Gruppi di soci afferenti aun Centro di Psicosintesi. Centri e Gruppi sono parti diuna stessa unità, l’Istituto fondato da Roberto Assagioli,e questo spirito unitario va sempre più sperimentato e potenziato da parte di quanti sono attivi all’ interno della

nostra associazione, tenendo però presente l’ ideale dell’“unità nella diversità”.L’ assetto a cui siamo pervenuti oggi riguardo alla strut-tura dell’Istituto e la funzionalità che questo assetto può garantire nei prossimi anni ci consentono di apri-re, con maggior decisione ed impegno, un vecchio, masempre nuovo campo di riessione e di scambio all’in-terno del Consiglio Direttivo, che potremmo chiamare“ L’Istituto di Psicosintesi verso il futuro”.Il Consiglio Direttivo è chiamato ad un impegno pro-grammatico per il tempo a venire, ad un confronto sunuovi modi di vivere dei Centri, nuovi modi di pro- porre la psicosintesi e di attivare scambi col territorio,nonché di collegare sempre più la psicosintesi alla vita

quotidiana, alla cultura, alla società e all’arte.Avviandomi alla conclusione di questa mia relazione,voglio ringraziare per la consueta e puntuale attenzionealla gestione dell’Istituto le segretarie Siria Spolveri eLucia Bassignana coadiuvate in determinate occasionida Kylie Drew.Ringrazio di cuore, come sempre, i miei amici del Con-

siglio Direttivo per l’impegno comune profuso. Un particolare ringraziamento va a tutti quei soci e simpa-tizzanti che hanno devoluto all’Istituto il cinque per mil-le: il loro contributo si rivela sempre più prezioso.Ci tengo poi a informarvi della giornata in memoria diDaniela Ducci che il Centro di Firenze ha organizzato per sabato 17 maggio nella sede dell’Istituto.

Mi fa piacere condividere con voi la gratitudine perl’opportunità che mi è stata data di presiedere il Consi-glio Direttivo dell’Istituto per questi sei anni: sono sta-ti per me anni intensi, talvolta impegnativi, ma sempre

vissuti all’insegna del piacere di contribuire, per quan-to possibile, a gestire al meglio la preziosa eredità diRoberto Assagioli. Ho ritenuto però, e l’ho comunica-to ai miei amici del C.D., che due mandati fossero un periodo giusto e sufciente e ho sentito la bellezza delrinnovamento.Lasciate quindi che vi presenti la nuova Giunta di Pre-sidenza in carica per il triennio 2014-2016. Il Consigliodirettivo – all’unanimità – ha eletto Presidente MariaVittoria Randazzo, Vice-presidente Patrizia Bonacina eSegretario-tesoriere Adele Amatruda; i due membri di

Giunta sono Annalisa Gemma Gasperi e Giuditta Greco.

Passo ora la parola a Carlo Veglio, che ringrazio per ilsuo venticinquennale incarico di presidente del Collegiodei Sindaci Revisori, svolto con competenza e spiritodi servizio encomiabili. Carlo ci illustrerà la situazioneeconomico-patrimoniale dell’Istituto.Dopo il dibattito assembleare siete chiamati all’approva-zione della relazione del presidente, della relazione eco-nomica e del nuovo Collegio dei Sindaci Revisori.

Daniele De Paolis

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Quest’anno hanno partecipato alla seconda edizione del premio sette progetti, non solo tutti ben ancorati aduna meditata lettura del tema e ad una consonanza con lo spirito del premio, ma tutti così ricchi e variegatida far venire la voglia di premiarli tutti e sette. Il che dimostra che si vanno diffondendo nell’anima dell’I-stituto una attenzione e una capacità progettuale assolutamente apprezzabili, come ulteriore variazione sullemodalità di presentazione attiva della psicosintesi.La giuria, però, fedele al suo compito valutativo, ha ritenuto meritevole del premio, quest’anno, il progettoAmore 2.0, presentato dal centro di Ancona.

 Non soltanto il tema trattato è fondamentale nel percorso formativo dei nostri giovani, ma ci è sembratomolto efcace il modo in cui viene proposta la sperimentazione di sé insieme agli altri, ai ragazzi e ragaz-ze coinvolti. L’integrazione di un aspetto mediale (o meglio “multimediale”) con i contenuti corporei inadolescenza, in questa fase storica, si pone senz’altro come un’interessante sda e una proposta evolutivamolto centrata. Soprattutto se si parla di “amore”, e quindi di sessualità intesa come “incontro con l’altro”,superando gli approcci stranianti, scoraggiantemente poveri e unidirezionali offerti dalla quasi totalità del-la comunicazione sociale odierna. L’idea di creare poi un video che sia rappresentativo del percorso, quin-di una narrazione di gruppo sul tema, sembra particolarmente stimolante, da favorire senz’altro anche perla riproducibilità e quindi riproponibilità in diversi contesti.Rimane, a chi ha potuto apprezzare tutti gli elaborati -che comunque saranno disponibili per tutti i cen-tri- la concreta speranza di una ulteriore proliferazione dei progetti, con la loro ricaduta variegata, sicurorimedio contro il rischio di autoreferenzialità e ricompensa appagante per chi ha iniziato a percorrere, pio-

nieristicamente, questa strada.Giuliana sarebbe veramente contenta.

Portonovo di Ancona, 25-27 aprile 2014.

AMORE 2.0: l’affettività nell’era delle relazioni virtuali  è un progetto inserito nei percorsi di psicosintesieducativa del Centro di Ancona. Nell’era delle relazioni mediate attraverso i codici della comunicazione digitale e delle narrazioni crossme-diali, si impone una necessaria “riessione” per recuperare la consapevolezza delle emozioni, la capacitàdi narrarle e di condividerle, attraverso il più originario strumento di comunicazione: il corpo, recuperandoquell’integrità bio-psico-spirituale che è alla base della salute dell’individuo umano e delle sue relazioni.In un contesto che spingerebbe alla negazione del corpo, privilegiando estremi opposti quali il superamen-to del contatto sico, e la sovraesposizione di forme, depredate da identità reali, il percorso di riessioneintende guidare i partecipanti ad un approccio più integrato e naturale alle tematiche dell’affettività e alla possibilità di incontri creativi, che favoriscano l’autorealizzazione relazionale dei giovani.Il progetto, che mira ad integrare i linguaggi multimediali con quelli psico-corporei, prevede la realizza-zione di un breve video, inteso come elemento di condivisione con un “pubblico” e rappresenterà un mes-saggio consapevole, un punto di arrivo del percorso di indagine su di sé, condotto attraverso i contributiesperienziali mediati dalle tecniche di espressione del Laboratorio Teatrale e da quelle della Psicosintesi.

PREMIOGIULIANA GASTONE D’AMBROSIO

2014

MOTIVAZIONE

AMORE 2.0

Vito D’Ambrosio

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FinalitàIl progetto si propone di:• favorire nei giovani lo sviluppo di competenze emotive, affettive, cognitive e comunicativo- relazionali.• Fornire ai ragazzi elementi e strumenti di consapevolezza, nel momento fragilissimo dell’esposizione

alle nuove relazioni affettivo-sessuali.• Promuovere la conoscenza di sé e della propria responsabilità nei confronti di sé e degli altri.• Il progetto si pregge non solo di proporre una modalità originale di lavoro che metta in relazione

competenze diverse, ma anche di produrre, attraverso un lavoro di editing parallelo al Laboratoriostesso, un piccolo prodotto mediale che raccolga le testimonianze dei partecipanti e le veicoliall’esterno, attingendo alle modalità espressive sperimentate.

Obiettivi• Sviluppare capacità di auto ascolto;• Sviluppare capacità di ascolto e rispecchiamento dell’altro;• Acquisire strumenti di conoscenza di sé;• Acquisire la capacità di espressione di sé attraverso codici Non Verbali;• Veicolazione in termini di narrazione dei propri vissuti;• Maturazione di intenzionalità nella comunicazione;• Condivisione di elementi della ricerca personale con i coetanei (attraverso la diffusione del video).DestinatariL’attività è rivolta a giovani di età compresa tra i 16 e i 19 anni.AttivitàL’attività sarà strutturata in due momenti:• Incontri laboratoriali con i ragazzi• Realizzazione video• Incontri con i ragazzi N. 7 incontri della durata ciascuno di 2 ore circa.Il percorso si svilupperà da domande aperte che daranno modo ai partecipanti di orientare il per-corso in base alle reali necessità del gruppo.TempiIl Progetto sarà realizzato nella sede del Centro di Psicosintesi di Ancona e potrà essere sviluppato negli

anni successivi coinvolgendo associazioni e strutture operative nell’ambito della Regione Marche che sioccupano di editoria e diffusione di produzioni multimediali.Punti di forza del progettoL’attività di ricerca psicologica personale potrà avvalersi del linguaggio del video, molto familiare ai gio-vani, ed acquisire attuali strumenti di comunicazione.Il prodotto potrà essere veicolo di diffusione dei principi della Psicosintesi e delle iniziative dedicate aigiovani.EspertiL’esecuzione del progetto Amore 2.0 è afdata a collaboratori del Centro di Psicosintesi di Ancona 

Lucia Albanesi(Direttore Centro Psicosintesi Ancona)

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GIARDINI NAXOSTAORMINA

TAORMINA – 2/5 GIUGNO 2016

CONGRESSO INTERNAZIONALE INTERNATIONAL CONFERENCE 

PSICOSINTESI PER IL FUTURO PSYCHOSYNTHESIS FOR THE FUTURE

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PRESIDENTI

1964 - 1974 Roberto Assagioli1974 - 1981 Ida Palombi1981 - 1982 Francesco Brunelli

1982 - 1984 Giorgio Fresia1984 - 1985 Giuseppe La Boria1985 - 1990 Vincenzo Liguori1990 - 1993 Gaetano Russo1993 - 1996 Piermaria Bonacina1996 - 2002 Maria Grazia Giovanna Sassi2002 - 2005 Vincenzo Liguori2005 - 2008 Gaetano Russo2008 - 2014 Daniele De Paolisdal 2014 Maria Vittoria Randazzo

VICEPRESIDENTI

1964 - 1972 Gabriello Cirinei1972 - 1973 Ida Palombi1973 - 1974 Giorgio Pratesi1975 - 1978 Sergio Bartoli

1978 - 1981 Piero Rossi-Ferrucci1981 - 1982 Giorgio Fresia1984 - 1985 Vincenzo Liguori1985 - 1990 Gaetano Russo1990 - 1993 Maria Luisa Macchia Girelli1993 - 1996 Maria Grazia Giovanna Sassi1996 - 2002 Vincenzo Liguori2002 - 2005 Luce Ramorino2005 - 2011 Elena Morbidelli2011 - 2014 Vincenzo Liguoridal 2014 Patrizia Bonacina

Vi siete mai chiesti chi negli anni ha dato il suo lavoro volontarioper permettere all’Istituto di crescere e seguire il suo ne?

Abbiamo pensato, come redazione e con l’aiuto della segreteria,di ricordarvi i nomi dei:

Presidenti e Vice PresidentiSegretari-Tesorieri

del Consiglio Direttivo dell’Istituto di Psicosintesi

nonché i Segretari Amministrativi

SEGRETARI - TESORIERI

1972 - 1973 Vittorio Arzilla1973 - 1974 Ida Palombi1974 - 1975 Alberto Alberti

1975 - 1978 Giorgio Fresia1978 - 1981 Matilde Santandrea1981 - 1983 Vittorio Arzilla1984 - 1987 Giulio Ciotti1987 - 1988 Anna Baldini1988 - 1999 Sandro Maneschi1999 - 2002 Maria Letizia Zecca (Segretaria)

Vittorio Viglienghi (Tesoriere)2002 - 2005 Gaetano Russo2005 - 2006 Rosa Maria D’Amato2006 - 2014 Cinzia Ghidinidal 2014 Adele Amatruda

SEGRETARI AMMINISTRATIVI

1964 - 1972 Ida Palombi1972 - 1974 Ida Palombi  coadiuvata da Vittorio Arzilla1973 - 1980 Vittorio Arzilla

  (esecutore testamentario di Assagioli)1981 - 1989 Grazia Borselli Santini1990 - 2011 Silvia Spolveridal 2012 Lucia Bassignana

Da ricordare l’opera preziosa di:

• Carlo Veglio Revisore dei Contie Presidente del Collegio Sindacaledall’ aprile 1990 all’aprile del 2014

• Wanda Carboncini che si è occupatadelle trascrizioni dattilograche e delle traduzionidei testi di Assagioli dal 1964 al 1981.

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“Leggere è spalancare fnestre sul mondo. Contemplare mondi interiori ed esplorare

continenti incontaminati. Leggere è dipanare quelle trame che chi scrive ha intessuto.

Leggere è dialogare con tutte le voci del mondo. Leggiamo insieme,, 

“Quelli che bruciano i libri, che mettono al bando e ucci-dono i poeti, sono ben consapevoli di ciò che fanno. E’ in-calcolabile il potere indeterminato dei libri”.L’incipit deltesto, semplice, chiaro e drammaticamente vero, ci ponesubito nel cuore della questione. Perché, come sottolineaancora l’autore “i libri sono la chiave d’accesso di cuidisponiamo per arricchire la nostra esistenza”. E allora, possiamo chiederci, come stia arricchendo la propria vita

l’uomo? Con libri che sviliscono la coscienza e l’intelli-genza, che incitano le pulsioni più disordinate e separa-tive o con libri che al contrario irradiano luce, tolleranzae bellezza? Infatti, prosegue Steiner, dobbiamo renderciconto che è necessaria la fattiva collaborazione tra testoe lettore, poiché “il lettore impegnato collabora con l’au-tore”, ovvero si crea quella commistione intima tra noiche leggiamo il libro e, più profondamente, il libro chelegge noi, una commistione capace di evocare la nostramigliore immaginazione, i nostri pensieri più alti, le no-stre emozioni più limpide. In questo libro scorrono sotto inostri occhi varie “immagini” che altro non sono che sug-

gerimenti per la riessione: la connivenza tra dittatura ecultura nell’Europa del 20. secolo, la tradizione orale cheha sostenuto il messaggio dirompente di Socrate e Cristo,il futuro del libro stampato di fronte a quella “bibliothecauniversalis” che è ormai diventato il Web e inne la po-tenza “straordinaria” che la narrativa esercita su ciascunodi noi e che, sotto certi aspetti, ci rende impotenti, o inca- paci, alla “vita ordinaria”. Per chiudere con questa esorta-zione: “Più che mai abbiamo bisogno di libri, ma anche ilibri hanno bisogno di noi. Quale privilegio più grande senon quello di essere al loro servizio?”.

I LIBRI HANNO BISOGNO DI NOISteiner, George

Garzanti, 2013

Un libro pieno di folgoranti domande, questo.

Un libro che, mentre traccia, secondo le ultime cono-scenze e scoperte, il disegno della nascita dell’Universo,del nostro Sistema solare, della Terra e della vita inse-diata su di essa, lascia qua e là evidenti tracce luminose.Tracce di bellezza, di comprensione, di saggezza.

Tracce che per noi uomini, presi quotidianamentedall’indaffarata vita lavorativa e di relazione eppur voltiverso orizzonti sconnati, sembrano ponti per l’innito.Qual è l’origine del cosmo? E della vita?Qual è la natura del tempo?Qual è la causa dello splendore dell’universo, che purammiriamo stupiti la notte?E il ruolo dell’uomo sulla Terra e nel Cosmo, qual è?

Ecco la risposta, forse non l’unica, ma certo luminosacome il Sole: “Il nostro destino di uomini è diventareil cuore dell’universo, in grado di abbracciare la comu-

nità della Terra in tutte la sua interezza. Non siamo cheun minuscolo puntino nell’universo, eppure riusciamoa provare una comprensione che comprende tutto, inmezzo ad un oceano di conoscenza intima. Ed è que-sta la direzione da seguire per diventare più pienamenteuomini”.

IL VIAGGIO DELL’UNIVERSO

Swimme, B. – Tucker, M.E.Fazi, 2013

FINESTRE SUL MONDODI GIULIANA PELLIZZONI

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Difcile scegliere un lm sull’Amore.E poi quale Amore? Amicizia, Eros, Affetto o Carità?L’amore universale di Madre Teresa di Calcutta o l’amo-re di coppia con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni?

Voglio rischiare e scegliere la seconda opzione, un lmdirei conosciuto e noto del 1993, un diario della vita diJack S. Lewis, l’autore delle famose “Cronache di Nar-nia”, quindi una storia che ha il sapore della verità.

Si narra dell’amore maturo tra il professore e una sua

ammiratrice americana, Joy Gresham: la loro unio-ne, profonda e autentica, è purtroppo breve a causa diuna malattia che li dividerà non prima di una completatrasformazione.

La vita si svolgeva tranquilla e sicura prima di questo in-contro, le lezioni del professore erano cariche di saggez-za e di losoa, si parla di sofferenza, di gioia, di Dio. Niente di più lontano dall’esperienza però.Quando Lewis si trova a soffrire in prima persona, ad es-sere coinvolto totalmente la prospettiva sui discorsi fatticambia totalmente. L’amore è una sorta di puricazionedell’anima, scuote e ribalta, annulla le certezze e trasfor-ma nel profondo. Chi l’ha provato sa.

VIAGGIO ININGHILTERRA

Richard Attenborough

 Anno 1993

Gran Bretagna

L’amore è Trasformazione, è nascita e morte, quindi ciallena alla sofferenza e alla crescita.Vi invito a non cogliere solo il lato drammatico di questastoria, cosa ne sarebbe stato della vita del protagonistase nulla fosse accaduto?

“Il diletto che non svanisce mai, l’incanto che è eterno”

, denizione teorica dell’amore di Lewis, muta dopo chefa esperienza di un rapporto concreto, tangibile, non fat-to di sole parole; infatti, durante il viaggio verso “la val-le d’oro” con la moglie, Lewis afferma che “non so cosac’è al di là della valle e di questa vita, e non mi interessa.Sono arrivato no a qui e tanto mi basta; sono felice co-sì... Ho fatto i conti con un pezzetto di esperienza. L’e-sperienza è una maestra brutale. Ma si impara…mio dioquanto si impara”.

Una dolcezza particolare emana il paesaggio inglesericco di poesia e di soavità.

Buona visione.

IMMAGINI PER L’ANIMADI MARGHERITA FIORE

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STORIA DELL’USIGNOLO TRILLOMARIELLA LANCIAEdizioni Narrativa Aracne - www.narrativaracne.it

Un libro per bambini (età 3-8) di Mariella Lancia, Edi-zioni Aracne, Collana Il Ragno Magico.Attraverso la storia di un uccellino, in maniera delicata

e con un approccio adatto all’età, vengono affrontati iltema della vecchiaia, quello della morte e quello dellarinascita della vita.

Gli acquerelli della pittrice Mirella Tomasini aggiungo-no alla aba un tocco di poesia e di dolcezza.

LIBRIIN VETRINA 

Collana Ragno Magico

Mariella Lancia

L’INTELIGENZA IN ATTESASTEFANO VIVIANIEdizioni ETS

Il racconto dell’esperienza pedagogica e umana vissutada un insegnante con i suoi studenti. Un metodo sempli-ce e innovativo, basato sull’uso di tecniche introspettivee sulla meditazione.Attraverso le voci dei ragazzi emergono le loro inso-spettate capacità intuitive, la disponibilità ad indagare sestessi e il mondo che li circonda, il desiderio di com- prendere. Una straordinaria intelligenza, frutto di una

dimensione interiore da esplorare e scoprire insieme eche può condurre tutti, insegnanti e studenti, a vivere lascuola con più senso e felicità.

Edizioni ETS

Stefano Viviani

L’intelligenza  inattesaInteriorità

e meditazione

a scuola

 

   i   i

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ALLA SCUOLA DEL SÉ.MARIA CASTIGLIONE, MARIA TERESA MARRAFFAEdizioni Centro di Milano 2013

Questo manuale si rivolge a conduttori e formatori digruppi di Psicosintesi, ma anche a tutti coloro che sonointeressati alla teoria e alla pratica della stessa. Il librosegue il percorso psicosintetico di base attraverso i te-

mi dell’animo molteplice, della disidenticazione e autoidenticazione, la volontà, il Sé, il modello ideale, con proposte di esercizi da applicare in gruppo. Comprenderiferimenti alla storia e alle dinamiche di gruppo, fatto-ri evolutivi, ruolo e funzioni del conduttore/formatore.L’intenzione delle autrici, sulla base della loro esperienzadi conduzione, è di offrire un manuale di facile consulta-zione e applicabilità. Entrare in un gruppo di Psicosintesiè ogni volta una splendida avventura e apertura a possi- bilità trasformative.

LIBRIIN VETRINA 

ESPERIENZE DI FORMAZIONE IN PSICOSINTESI.M. CASTIGLIONE, M. T. MARRAFFA, E. DURANTI,

E. MORBIDELLI, M. L. ZECCAEdizioni Centro di Milano 2014 Questo libro tratta le lezioni del primo modulo del cor-so di autoformazione in Psicosintesi, sulla Psicosintesi personale. L’intento che ha mosso e guidato le autriciè quello di fornire degli strumenti utilizzabili nel corsodi autoformazione, stimoli che ogni formatore può fare propri, apportando un’innità di varianti, sulla base del-la propria creatività, competenza, esperienza, tipologia,o creandone di nuovi del tutto. Il libro è diretto anchealle persone che stanno seguendo o hanno terminato ilcorso di autoformazione, perché possano trovare tracce

 per proseguire autonomamente la conoscenza, la crea-zione e trasformazione di sé.

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ISTITUTO di PSICOSINTESIFondatore Roberto Assagioli

V. San Domenico, 16 – 50133 Firenze

Tel 055 578026-Fax 055 570499

www.psicosintesi.it  – e-mail [email protected] 

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi

Al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini

Al Consiglio dei Ministri

Oggetto: Scuola - promuovere “LE ABILITÀ PER LA VITA” (Life Skills) : un provvedimento imprescindibile

Gentile Presidente del Consiglio, gentili Ministri,

nei giorni 28-31 agosto 2014 a Vallombrosa (Fi) l’Istituto di Psicosintesi (Ente Morale riconosciuto con DPR

n. 1721 del 1.08.1965) fondato da Roberto Assagioli, ha tenuto l’annuale incontro di aggiornamento.

Da questo lavoro è emersa l’urgenza di dare un forte stimolo all’importante progetto di

rinnovamento e riforma della scuola annunciato dal Governo, nella consapevolezza che il nostro apporto

scaturisce non solo dall’esperienza maturata in campo educativo, ma anche e soprattutto dalla visione

psicosintetica dell’Uomo, inteso come individuo bio-psico-spirituale, dotato di Volontà e Senso di

Responsabilità, verso se stesso e gli altri.

Dopo gli agghiaccianti fatti di cronaca nazionali e internazionali degli ultimi giorni, sui media sonoapparsi commenti di esperti che hanno individuato, fra le cause di gesti così violenti ”incapacità di gestire le

proprie emozioni, di assumersi responsabilità parentali, di reggere frustrazioni, egocentrismo, ecc.” . 

Ci siamo sentiti, quindi, chiamati dalle nostre Coscienze ad avanzare l’accorata richiesta di

INTRODURRE NEI PROGRAMMI MINISTERIALI PERCORSI di “LIFE SKILLS”  nelle scuole di ogni ordine e

grado attinenti alle aree:

  EMOTIVA- riconoscimento e gestione delle emozioni, gestione dello stress.

  COGNITIVA - consapevolezza di sé, risolvere i problemi, prendere decisioni, senso critico, creatività.

  SOCIALE - empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci, progettualità.

Riteniamo fondamentale che tali attività abbiano a coinvolgere tutti  gli attori implicati nel contestoeducativo-scolastico, compresi genitori e insegnanti affinché, la scuola possa ottemperare a pieno al suo

compito di agenzia educativa eformativa e abbia la possibilità di rispettare profondamente la natura

dell’essere umano che aspira a valori universali di Autorealizzazione e di Armonia.

La scuola in questo momento storico di trasformazione, più che mai, deve curare la formazione del l’uomo

nella sua dimensione relazionale. Le attuali emergenze socio-ambientali lo impongono.

Non pensiamo ad interventi tampone su disagio o devianze (con progetti occasionali o lasciati all’illuminata

iniziativa dei singoli istituti scolastici), ma vogliamo immaginare un programma strutturale di promozione

del Benessere a scuola e della crescita armonica della personalità dell’alunno, finalizzato a formare cittadini 

a- competenti nella gestione di conflitti,

b- abili a promuovere iniziative prosociali

c- orientati alla costruzione della PACE.

Con spirito di servizio l’ISTITUTO DI PSICOSINTESI  fondatore Roberto Assagioli,  nell’ottica della

partecipazione attiva della cittadinanza, si rende disponibile a condividere conoscenze, esperienze e

competenze.

Confidando in un attento ascolto e in un pronto riscontro della nostra istanza, porgiamo i migliori saluti e gli

auguri di buon lavoro.

Firenze, 5 settembre 2014

Maria Vittoria Randazzo

Presidente dell’Istituto di Psicosintesi 

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Incontro dei Formatori

Vallombrosa - Saltino

28 - 31 agosto 2014

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INCONTRO DEI COLLABORATORI

FIRENZE 14 GIUGNO 2014

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CENTRO DI ANCONA VIA PALESTRO N. 46 - 60124 ANCONA

DIRETTORE LUCIA ALBANESI TEL. 327 3285090 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI AVELLINO CORSO VITTORIO EMANUELE N. 39 - 83100 AVELLINO

DIRETTORE BARBARA LANZARA TEL. 328 6881925 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI BOLOGNA VIA SAN GERVASIO N. 4 - 40121 BOLOGNA

DIRETTORE FRANCESCA CIPRIANI CIRELLI TEL. 051 521656 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI BOLZANO VIA PORTICI N. 51 - 39100 BOLZANO

DIRETTORE ANNALISA GEMMA GASPERI TEL. 0471 972241 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI BRESCIA E BERGAMO CORSO MAGENTA N. 33 - 25121 BRESCIA

DIRETTORE  BARBARA PIROLA TEL. 348 772898 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI CATANIA CORSO ITALIA N. 59 - 95129 CATANIA

DIRETTORE SERGIO GUARINO TEL. 095 7159220 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI FIRENZE VIA SAN DOMENICO N. 16 - 50133 FIRENZE

DIRETTORE MARIA GIUDITTA GRECO TEL. 055 574667 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI GROSSETO VIA LAGO DI VARANO N. 71 - 58100 GROSSETO

DIRETTORE FRANCESCA PISELLI TEL. 0564 22898 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI MILANO VIA B. EUSTACHI N. 45 - 20129 MILANO

DIRETTORE VINCENZO LIGUORI TEL. 02 29532454 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI NAPOLI VIA SANTA MARIA DELLA LIBERA N. 34 - 80127 NAPOLI

DIRETTORE ADELE AMATRUDA TEL. 345 3280075 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI PADOVA VIA SCARDEONE N. 24 - 35128 PADOVA

DIRETTORE CINZIA GHIDINI TEL.049 8071611 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI PALERMO VIA SARDEGNA N. 76 - 90144 PALERMO

DIRETTORE MARIA VITTORIA RANDAZZO TEL. 091 346090 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI ROMA VIA L.MANCINELLI N. 25 SC.A/INT.25 - 00199 ROMA

DIRETTORE DANIELE DA PAOLIS TEL. 06 80692272 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI VARESE VIA RIENZA N. 2 - 21100 VARESE

DIRETTORE PATRIZIA BONACINA TEL. 0332 333211 - E-MAIL: [email protected]

CENTRO DI VENEZIA CALLE DELLA TESTA, CANNAREGIO 6262/B - 30121 VENEZIA

ISTITUTODI PSICOSINTESI FONDATO DA ROBERTO ASSAGIOLI