Psicologo Domani volume1 -...

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PREMESSA (di Dario F. Romano) 9 INTRODUZIONE GENERALE 13 INDICAZIONI PER LA LETTURA 17 CAP. 1 IL «RUOLO» DELLO PSICOLOGO 19 Mappa conoscitiva 19 Introduzione Le professioni psicologiche: un po’ di storia Il Codice deontologico Esercitazioni guidate 28 Traccia 1-3 Alcune prove già assegnate 32 Bibliografia 34 CAP. 2 PSICOLOGIA COME SCIENZA 37 Mappa conoscitiva 37 Le origini Una breve panoramica storica Conclusioni Tracce svolte 45 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 54 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 60 Bibliografia 62 CAP. 3 L’INTERVENTO DELLO PSICOLOGO 65 Mappa conoscitiva 65 Introduzione La professionalità dell’agire psicologico L’analisi della domanda Tracce svolte 71 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 83 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 89 Bibliografia 91 Indice

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PREMESSA (di Dario F. Romano) 9

INTRODUZIONE GENERALE 13

INDICAZIONI PER LA LETTURA 17

CAP. 1 IL «RUOLO» DELLO PSICOLOGO 19 Mappa conoscitiva 19 Introduzione Le professioni psicologiche: un po’ di storia Il Codice deontologico Esercitazioni guidate 28 Traccia 1-3 Alcune prove già assegnate 32

Bibliografi a 34

CAP. 2 PSICOLOGIA COME SCIENZA 37 Mappa conoscitiva 37 Le origini Una breve panoramica storica Conclusioni Tracce svolte 45 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 54 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 60

Bibliografi a 62

CAP. 3 L’INTERVENTO DELLO PSICOLOGO 65 Mappa conoscitiva 65 Introduzione La professionalità dell’agire psicologico L’analisi della domanda Tracce svolte 71 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 83 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 89

Bibliografi a 91

I n d i c e

CAP. 4 GLI STRUMENTI DELLO PSICOLOGO 93 Mappa conoscitiva 93 Introduzione I test Il colloquio, l’intervista e il questionario L’osservazione Il focus-group La misurazione dell’attività psicofi siologica Aspetti d’attenzione trasversale Tracce svolte 101 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 111 Traccia 4-8 Alcune prove già assegnate 120 Bibliografi a 121

CAP. 5 INTELLIGENZA, APPRENDIMENTO E MEMORIA 123 Mappa conoscitiva 123 Introduzione Intelligenza Apprendimento Memoria Tracce svolte 135 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 145 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 152

Bibliografi a 153

CAP. 6 EMOZIONI E MOTIVAZIONE 155 Mappa conoscitiva 155 Emozioni Le teorie evoluzioniste Le teorie neurofi siologiche Le teorie cognitiviste La classifi cazione delle emozioni Genesi, sviluppo e funzioni delle emozioni Controllo ed espressione delle emozioni Motivazione Motivazione, istinto e bisogno «Pulsione x abitudine» e «aspettativa x valore» Motivazione estrinseca e intrinseca

Prospettiva temporale Self-effi cacy (Autoeffi cacia) La distinzione tra teorie del contenuto e del processo Ambiti di applicazione Tracce svolte 166 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 177 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 183

Bibliografi a 184

CAP. 7 COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO 187 Mappa conoscitiva 187 Introduzione Teorie sulla comunicazione Teorie sull’acquisizione del linguaggio Sviluppo del linguaggio Tracce svolte 194 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 205 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 212

Bibliografi a 213

CAP. 8 SVILUPPO E PERSONALITÀ 215 Mappa conoscitiva 215 Sviluppo Personalità Tracce svolte 220 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 230 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 237

Bibliografi a 238

CAP. 9 IDENTITÀ, GRUPPI ED ESPERIENZA DELL’ALTRO 241 Mappa conoscitiva 241 Parte 1. Teorie sullo sviluppo dell’identità e la costruzione del Sé La prospettiva della psicologia sociale Lo sguardo della Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni: l’identità professionale

Parte 2. Il gruppo Tipologia dei gruppi Il gruppo come oggetto di conoscenza: le matrici teoriche Psicologia Sociale Psicoanalisi Gruppo come strumento di lavoro Ulteriori indicazioni Tracce svolte 257 Traccia 1-3 Esercitazioni guidate 266 Traccia 4-7 Alcune prove già assegnate 270

Bibliografi a 271

APPENDICE A – TESTO DEL CODICE DEONTOLOGICO DELLO PSICOLOGO 273

APPENDICE B – ALCUNE NORMATIVE DI RIFERIMENTO PER LO PSICOLOGO 281

APPENDICE C – ELENCO DELLE UNIVERSITÀ SEDI DI ESAME 287

2PremessaDario F. Romano

L’esame di Stato è, nel nostro Paese, il corollario del valore legale del titolo di studio: una competenza professionale viene uffi cialmente certifi cata dallo Stato così da permettere l’accesso agli ordini (agli albi) che regolano l’esercizio di quella competenza. Ciò sottende due preliminari convinzioni. In primo luogo, che la competenza professionale derivi (in maniera più o meno additiva) da un sapere teorico o libresco (testimoniato dal titolo di studio) e da un suo esercizio pratico sotto una guida esperta (il tirocinio). In secondo luogo, che la certifi cazione sia compito, oltre che dell’università, anche dell’ordine professionale, così da permettere a quest’ultimo di controllare l’accesso alla professione (benché nel caso della psicologia tale controllo sia, almeno per ora, assai meno restrittivo che in altri ordini). Ciò aiuta, tra l’altro, a capire perché l’esame di Stato comprenda comunemente prove teoriche oltre che pratiche.

Sotto questo profi lo l’esame di Stato per gli psicologi appare assai simile a quello per altri mestieri (architetti, medici, avvocati, ingegneri, ecc.). Vi sono però anche ragioni che suggeriscono di portare l’attenzione sulle peculiarità dei primi. Ciò vale soprattutto ove si tenga presente che gli ordini professionali nascono eminentemente come difesa corporativa o di funzioni connesse alla pubblica amministrazione (notai, avvocati) o di applicazioni del sapere scientifi co-naturale (ingegneri, medici, biologi).

Lo psicologo, per cominciare, non si confi gura solitamente né come un esperto di procedure (giuridiche, amministrative, contabili, ecc.) né come un tecnico. Anzi instaura una relazione professionale in cui rimarcare con forza la posizione dell’esperto o del tec-nico può essere controproducente. Si pensi alle innumerevoli situazioni in cui lo psicologo interviene per promuovere apprendimento, sviluppo, benessere dei propri clienti; in simili frangenti il rimarcare l’asimmetria tra la posizione del professionista e quella del cliente sovente non giova al risultato. Per il semplice motivo che il risultato è in larga misura affi dato alle risorse (cognitive ed emotive) del cliente stesso. In parole diverse, lo psicologo non esercita per lo più il proprio mestiere offrendo soluzioni, per così dire, chiavi in mano o applicando un sapere dato che è e resta sostanzialmente estraneo all’altro.

Inoltre, il sapere di base a cui ovviamente anche lo psicologo si riferisce non è uni-voco. Contrariamente alla medicina, alla ingegneria, alla avvocatura, la psicologia mette

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quasi sempre in campo un corpo di conoscenze pluri-paradigmatico. Che si tratti di servizi clinici alla persona oppure di interventi sulle comunità oppure di sviluppo organizzativo, lo psicologo, pur optando per un certo approccio teorico e pratico, ha nel proprio orizzonte disciplinare una molteplicità di teorie (paradigmi) equivalenti (almeno nel senso che sono in uso nella comunità professionale), ma sovente tra loro inconciliabili. Certo, anche il medico che cura lo scompenso cardiaco o l’ingegnere che disegna un ponte fanno scelte, prendono decisioni e trovano soluzioni che possono essere di caso in caso differenti. Ma il sapere di base retrostante è tendenzialmente univoco. E questa circostanza non è priva di conseguenze per il modo in cui l’evidenza è disponibile alla pratica professionale e per come essa viene generata e accumulata. Una evidenza non univoca infatti resta in qualche misura problematica, non solo e non tanto per ragioni epistemologiche generali, quanto perché comporta l’esigenza di esser di volta in volta dettagliata e ancorata alle circostanze entro cui si manifesta. In altri termini l’operare dello psicologo e la sua relazione con il cliente richiedono spesso di essere compresi, piuttosto che «in generale» (cioè rispetto a norme universali), nello specifi co della situazione presente.

Infi ne la psicologia compare sulla scena degli ordini professionali in tempi piuttosto recenti e l’istituto dell’esame di Stato non ha ancora compiuto due decenni. Non è per-tanto da meravigliarsi se le procedure in uso non si sono ancora del tutto sedimentate, se le formulazioni delle diverse prove variano ancora da sede a sede, se le commissioni interpretano ancora il proprio compito in maniera non uniforme.

Le considerazioni svolte permettono di cogliere prerogative e novità del volume qui presentato. Esso nasce innanzitutto da una ricerca condotta dagli autori sulle prove pro-poste nelle diverse sedi di esame dal 2001 a oggi. Ciò permette ai candidati di orientarsi nella varietà dei temi e delle tracce che circoscrivono il perimetro entro cui le commissioni hanno tradizionalmente svolto le loro valutazioni. Ciò permette però anche alle stesse commissioni di considerare l’assetto che le diverse prove hanno assunto nel corso del tempo. L’auspicio è che, al di là della preparazione dei giovani, si sedimenti una storia e una consapevolezza che gradualmente porti maggiore omogeneità di intenti e di indirizzi anche entro una comunità scientifi co-professionale giovane, quale è la nostra.

La suddivisione in due volumi (il primo sulla prova teorica, il secondo su quelle pra-tiche) rifl ette poi la declinazione dell’esame di Stato nelle sue due parti. Merita soffermarsi sull’impianto del primo volume che, al di là dei contenuti tipici della psicologia generale, dedica ampio spazio alla posizione dello psicologo stesso quale professionista (si vedano i capitoli su «ruolo», «intervento», «strumenti»). Quanto ciò sia opportuno discende dalle breve rifl essioni iniziali sulla specifi cità dell’agire psicologico. Merita comunque aggiungere una ulteriore nota che riguarda il passaggio dall’università alla professione.

Parlando con i tirocinanti che svolgono il loro praticantato nelle aziende o negli ospe-dali (cioè lontano dal mondo accademico e in contesti non di «libera professione» in senso stretto) capita spesso sentirli lamentare come le cose apprese in università non abbiano alcuna rilevanza applicativa o, se si preferisce, non servano nella pratica quotidiana. E, per inciso, ciò è quanto affermano anche gli psicologi da anni al lavoro, allorché si chieda loro di valutare la rilevanza degli studi universitari per la loro attuale pratica professionale.

Questo svilire l’educazione universitaria rappresenta, a mio avviso, in parte una formazione reattiva ai lunghi e noiosi «anni di scuola». Esso contiene però anche un innegabile nucleo di verità. I corsi di laurea in psicologia, anche quelli oggi chiamati ma-gistrali, si presentano più come scaffali di saperi disgiunti che come organiche proposte

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di modelli professionali. Il tempo passato a mostrare agli studenti come tante e diverse conoscenze possano coniugarsi nella soluzione di un unico problema è molto poco. E ancora minore quello speso a raccontare quali siano nel mondo i problemi per cui quelle conoscenze sarebbero rilevanti.

Rifl ettere sul perché ciò accada porterebbe troppo lontano. Si può però ribadire che, almeno allo stadio dell’esame di Stato, non ha senso alcuno riproporre questioni «generali» (cioè costruite sulla divisione del sapere accademico) senza che queste siano state prima mediate e confezionate tenendo conto dei temi e delle questioni che uno psicologo normalmente affronta nel proprio agire professionale. È questo, come dicevo, un non piccolo pregio del primo dei due volumi qui in esame.

Quanto al secondo volume, la distinzione tra «progetti» e «casi», la loro declinazione nelle tre aree canoniche (clinica, sviluppo, lavoro) e l’ulteriore distinzione tra temi «locali» e «trasversali» riprendono fedelmente lo stato dell’arte dei nostri esami di stato. Bisogna dare atto agli autori di aver colto con precisione la condotta effettiva delle commissioni e di aver tentato di connettere queste categorie ancora distinte e forti mediante lo stimolo fornito dalla proposta delle mappe concettuali. Credo però che in prospettiva questo punto meriti una breve rifl essione.

Negli ultimi anni sono state condotte diverse ricerche (a cura sia degli ordini regio-nali sia di quello nazionale) da cui risulta con una qualche chiarezza come il mestiere di psicologo si vada confi gurando, pur tra molte incertezze e diffi coltà. A titolo di esempio mi limito al caso della psicologia clinica, che resta tuttora il baricentro del nostro impianto professionale. Qui è ormai opportuno distinguere tra la presa in carico diretta delle persone (a sua volta scissa tra ambito privato e ambito pubblico) e l’intervento (di sostegno come di riabilitazione) su pazienti in carico ad altri professionisti (per lo più medici e in ospedale). Attività, sia la prima che la seconda, ormai ben demarcate (sul piano dei modelli profes-sionali e delle carriere individuali) dalle attività territoriali (nei servizi socio-assistenziali, nel terzo settore, ecc.) volte al ricupero e all’affi ancamento della sofferenza generata dalla diversità, dall’emarginazione, dalle dipendenze e simili.

Rispetto a un panorama di questo tipo l’articolazione delle prove pratiche appare, non solo e non tanto un po’ riduttiva, quanto ancora una volta generata dalle pratiche di tirocinio e dalle loro ascendenze accademiche, piuttosto che dallo stato effettivo del nostro mestiere. Ci si potrebbe allora interrogare su quale sia il modello professionale della «psicologia generale e sperimentale». Su come si confi guri la sovrapposizione tra «psicologia clinica e di comunità». Se dietro la separazione tra «progettazione» e «casi» non corra effettivamente un diverso modo di intendere le competenze professionali. In breve, l’attento lavoro di ricostruzione fi lologica dell’«esame» fatto da Caterina Gozzoli e da Cesare Kaneklin pone a tutti noi un problema. Se la certifi cazione vada intesa in rapporto e in funzione di quanto faranno gli psicologi nel mondo; oppure quale ratifi ca di un processo di produzione di competenze non sempre e necessariamente in sintonia con le richieste del mondo. E saranno gli utenti di questo volume (candidati psicologi e commissioni) che sapranno offrire una soluzione (grazie anche all’ausilio dello stesso volume).

2Introduzione generale

Come docenti universitari e come psicologi che si occupano del mondo lavorativo, il tema dell’identità adulta al lavoro e del progetto professionale ci stanno molto a cuore.

Da anni ci stiamo occupando con alcuni colleghi di una proposta formativa univer-sitaria che non dimentichi, o rimandi a tempi successivi, la questione dell’identità profes-sionale. A diverso titolo da più di dieci anni abbiamo contribuito a sviluppare nel nostro Ateneo dispositivi formativi1 che hanno posto al centro proprio il tema della professione psicologica.

Il rischio presente ieri ma ancor oggi forte è quello del riduzionismo della professio-nalità a un accumulo e assorbimento di saperi e tecniche. È questa una via per certi versi rassicurante perché richiede e si accontenta di una minor messa in gioco, sia da parte degli studenti, sia da parte del sistema universitario medesimo.

Grazie all’esperienza di questi anni, ci appaiono oggi più chiari quegli aspetti che dicono della possibilità o meno di generare nuova conoscenza e professionalità, così come viene tematizzato nel capitolo 1 del primo volume «Il “ruolo” dello psicologo». Tali elementi sono generati entro processi non semplici, non lineari, entro spazi e tempi che richiamano continuamente saperi, metodi e tecniche al senso e al signifi cato che possono o non possono avere nella relazione concreta con l’altro/i, nei diversi contesti in cui si andrà a operare.

Entro questo sguardo gli anni di università, il tirocinio e l’esame di Stato assumono una connotazione particolare, in stretta connessione e intrecciati l’un l’altro.

1 Per un approfondimento di tali dispositivi si vedano: Kaneklin C., Scaratti G. e Bruno A. (2006), La formazione Universitaria, Roma, Carocci; Kaneklin C. e Gozzoli C. in G. Venza (a cura di) (2008), La qualità dell’Università, Milano, FrancoAngeli; Kaneklin C. e Gozzoli C. (2008), Fare formazione universitaria oggi: contesti, persone, vincoli e risorse. Un’esperienza di didattica tutoriale. In G. Venza (a cura di), La qualità dell’Università. Verso un approccio psicosociale, Milano, FrancoAngeli.

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Tale accezione viene rinforzata se recuperiamo il signifi cato del termine tirocinio. Esso deriva dal latino Tirònes, vocabolo con cui i romani indicavano i giovani soldati che facevano la prima campagna indossando la toga al diciassettesimo anno con grande solennità tra il giubilo dei parenti. La voce sembra derivare anche dal greco Tèrèò — guar-do, tutelo, prendo in cura — poiché i giovani Tironi dovevano per un anno frequentare il campo di Marte ove fare esercizi militari e ginnici, sotto la tutela e la protezione del popolo. Quest’ultimo durante l’anno di prova doveva vegliare sul giovane e osservare le sue attitudini e la sua condotta, per poter un giorno con cognizione di causa concedergli o negargli il proprio appoggio quando egli, fatto adulto, avesse concorso ai pubblici uffi ci.

A nostro avviso, il rischio più grande appare, dunque, da un lato che l’esame di Stato si articoli solo sulle conoscenze acritiche, lontane dal campo in cui porle in uso; o dall’altro pensarlo legato in modo esclusivo al fare che diviene la sola misura dell’effi cacia. Pensiamo invece che la sfi da sia provare a cercare continue connessioni, convergenze e diversità tra percorso universitario, tirocinio ed esame di Stato, entro il delinearsi di un progetto personale.

Anche le commissioni valutative sono coinvolte in questa sfi da e tanto più sosterranno la proposta di un esame di Stato diverso dall’esame scolastico, tanto più favoriranno il processo di passaggio dalla scuola al lavoro e all’esercizio della professione. Se l’obiettivo dell’esame di Stato infatti è quello di concludere il periodo di tirocinio e di autorizzare l’esercizio della professione, esso sarà necessariamente un’esperienza utile ai candidati tanto più sarà occasione di apprendimento e di rifl essione su di sé in un’ottica professio-nalizzante.

Ecco perché abbiamo pensato a questi volumi. Data la ricchezza della disciplina e la continua evoluzione, l’intento non è ovviamente quello di essere esaustivi nell’affrontare tematiche e questioni, ma quello di proporre esempi per organizzare e affrontare alcune di esse con chiarezza logica ed entro uno sguardo personale e rifl essivo.

Al lavoro hanno collaborato un gruppo di giovani psicologhe che da poco tempo hanno affrontato e vissuto l’esame di Stato; si tratta di giovani professioniste che, entro e fuori il contesto universitario, si stanno specializzando in diverse discipline e che abbiamo scelto di coinvolgere in virtù dei loro diversi interessi entro l’ambito della psicologia. A loro un ringraziamento per la propositività e le ricche rifl essioni condivise, e a Elena Stanchina per il prezioso lavoro di confronto e revisione.

Con loro abbiamo lavorato fi n dalle prime fasi di ideazione e strutturazione dei testi, un primo volume più teorico, che accompagni nella stesura della «prima prova» dell’Esame di Stato, e un secondo volume più applicativo, su cui vorremmo spendere qualche altra rifl essione.

Rispetto al senso dell’esame di Stato, infatti, le cosiddette «prove pratiche» hanno grande rilevanza, anche se spesso sono sottostimate sia da parte dei candidati che chiedono «ingresso» nella comunità professionale, sia da parte delle stesse commissioni giudicatrici, o almeno da quelle che tendono a privilegiare la prima prova.

Di fatto la centratura sulle pratiche professionali rinvia a un interrogativo inerente a quali siano le categorie conoscitive di tipo psicologico utili per costruire della conoscenza per l’intervento in situazioni duali, di gruppo, organizzative. Questione che riproponiamo qui in premessa poiché proprio i nuovi psicologi, sostenitori motivati, ma necessariamente poco esperti della disciplina, corrono il rischio di diventare un buon esempio di come,

INTRODUZIONE GENERALE 15

a fronte di problemi umani e sociali «aperti», si possa cadere intrappolati in percorsi di conoscenza autoreferenziali, riduttivi e sempre più distanzianti, chiusi e infecondi.

In questi casi, come già Winnicott magistralmente ci insegnava nel 1971, è come se il sapere psicologico venisse assunto come «un bagaglio di nozioni che fortifi ca chi le possiede e che viene sfruttato senza poter essere usato».2

Diversamente la conoscenza psicologica può essere una conoscenza che ci immette nella complessità dei sistemi psicosociali. Si tratta, come dice Laura Ambrosiano,3 di un approccio alla conoscenza come «processo interattivo di ricerca e costruzione di signifi cati» sempre parziali e provvisori.

Ciò richiede allo psicologo di sopportare, a fronte di situazioni problematiche speci-fi che, e a fronte di una realtà che non è solo esterna al soggetto osservante, dei cammini conoscitivi relativamente incerti, indiziari, non necessariamente subito appaganti, in cui non vi sono protocolli validi a priori su cui cominciare ad avviare l’agire professionale.

Agire e agire professionale non sono la stessa cosa. Se non si tratta tanto di ap-plicare schemi e nozioni già ben defi nite, si tratta allora di sopportare, anche per breve tempo, in modo ricorrente, di sospendere l’azione4 per avviare e sviluppare processi di pensiero complesso, e per verifi care e/o riorientare le ipotesi di intervento. Concludiamo ricordando che un vertice conoscitivo è «psicologico» non perché il professionista aderisce a una teoria psicologica, ma in quanto egli tiene conto di ciò che avviene nelle «menti», ovvero nel funzionamento psichico di singoli, di gruppi e organizzazioni, compreso quello che si genera nella relazione tra psicologo e altri attori coinvolti.

Per concludere ci sembra importante fornire al lettore alcune note rispetto alle mo-dalità con cui ha lavorato il gruppo costituitosi per la stesura dei due volumi, rimandando poi alle specifi che «indicazioni per la lettura» riferite a ciascuno dei due volumi maggiori dettagli.

Per l’identifi cazione dei capitoli in cui suddividere i volumi si è scelto di partire dall’analisi delle tracce assegnate dal 2001 (anno della riforma) ad oggi nelle diverse uni-versità italiane sede dell’esame di Stato (per lo meno quelle a cui è stato possibile accedere tramite i siti Internet), per suddividerle poi per tematiche. Da questo lavoro di analisi delle tracce è derivata la suddivisione in capitoli dei due volumi.

Si è poi valutato di mantenere una struttura unitaria per lo svolgimento di tutti i capitoli, struttura condivisa prima della fase di stesura degli stessi; così il gruppo di lavoro si è suddiviso in base alle aree di maggiore competenza per la prima stesura di ogni ca-pitolo. Infi ne nella fase fi nale di accorpamento dei capitoli tutto il gruppo è intervenuto nella rilettura e analisi critica di ogni specifi co capitolo.

Questo lavoro a più mani rappresenta a nostro avviso uno dei valori aggiunti dei volumi proposti, in quanto è frutto di uno sforzo di esplicitazione e sintesi di ognuno dei passaggi logici sottesi a ciascun capitolo.

2 Winnicott D.W. (1971), Playing and Reality, London, Tavistock Publications, trad. it. Gioco e Realtà, Roma, Armando, 1985, p. 163.

3 Ambrosiano L., Clinica medica e clinica psicologica, «Vivere oggi», anno II, n. 3, p. 21.4 Si vedano in proposito: Zanarini G. (1985), L’emozione di pensare. Psicologia dell’informatica,

Milano, CLUP-CLUED; Carli R. (1987), Psicologia clinica. Introduzione alla teoria e alla tecnica, Torino, UTET.

2Indicazioni per la lettura

I nove capitoli del primo volume sono il frutto, come detto, dell’analisi delle tracce assegnate come «prima prova» all’esame di Stato. Si aprono tutti con una sintetica trat-tazione di tipo teorico dei temi in oggetto, contributo che è poi sintetizzato in specifi che «mappe concettuali» che hanno l’obiettivo di aiutare il lettore nella fase di ripasso e di messa a fuoco delle teorie fondamentali per ognuno dei temi.

Per i motivi già esposti, le mappe concettuali non possono considerarsi esaustive e privilegiano la sintesi, perciò è consigliabile un ripasso sui manuali degli studi universitari dei concetti per i quali il lettore sente di avere bisogno di una maggiore preparazione. Nelle bibliografi e presenti al termine di ognuno dei capitoli è infatti possibile trovare indicazioni utili in tal senso.

Si può poi passare alla lettura di alcune tracce svolte, prestando attenzione in parti-colare alle note a margine, che richiamano i passaggi fondamentali dello svolgimento: una sorta di «scaletta» che ha l’intento di aiutare il lettore a mettere a fuoco i passaggi logici che dovrebbero guidare nella stesura di un tema (ad esempio: defi nizione dell’oggetto, identifi cazione della teoria di riferimento, metodologie d’indagine, risvolti applicativi). Come si potrà vedere, lo svolgimento delle tracce è piuttosto articolato per rendere l’idea di ciò che si potrebbe scrivere, ma è verosimile che lo svolgimento sia anche più breve.

Segue poi la proposta di alcuni temi «facilitati», tracce svolte cioè in modo parziale, secondo una modalità che guidi il lettore per poi provare a stendere in forma completa il tema con l’aiuto delle indicazioni.

Anche per le specifi che tematiche trattate all’interno delle tracce svolte o «facilitate» è possibile trovare alcune indicazioni bibliografi che, suddivise per argomenti, nella parte fi nale di ogni capitolo. Per il lettore è poi possibile sperimentarsi nello svolgimento di altre tracce tra quelle indicate assegnate negli ultimi anni nelle diverse Università italiane, mantenendo come riferimento la metodologia suggerita nei temi svolti.

L’ultima parte del volume contiene inoltre il testo del Codice deontologico dello psicologo (Appendice A), alcune normative di riferimento (Appendice B) e l’elenco delle Università sedi di esame, con l’indicazione dei recapiti (Appendice C).

Sviluppo e personalità

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Quando si parla di «sviluppo psicologico» ci si riferisce ai cambiamenti che si veri-fi cano nel comportamento e nelle capacità dell’individuo durante l’intero ciclo di vita, i più signifi cativi però riguardano l’infanzia, la fanciullezza e l’adolescenza. Questi periodi sono pertanto i più studiati dagli psicologi dello sviluppo. Nel corso del capitolo saranno presi in considerazione diversi approcci e teorie dello sviluppo.

Sviluppo

Quando si parla di «sviluppo psicologico» ci si riferisce ai cambiamenti che si veri-fi cano nel comportamento e nelle capacità dell’individuo durante l’intero ciclo di vita, i più signifi cativi però riguardano l’infanzia, la fanciullezza e l’adolescenza (Camaioni e Di Blasio, 2007).

Ogni teoria dello sviluppo cerca di rispondere a tre quesiti di base:

1. Qual è la natura del cambiamento che caratterizza lo sviluppo?2. Quali processi causano questo cambiamento?3. Si tratta di un cambiamento continuo e graduale, o viceversa discontinuo e improvvi-

so?

Tre approcci teorici: comportamentismo, teorie organismiche, approccio psicanalitico

In tabella 8.1 sono indicate le risposte che tre approcci teorici (comportamenti-smo, teorie organismiche, approccio psicanalitico) danno ai tre quesiti di base appena indicati.

Sono inoltre riportate le metodologie di riferimento di ognuno dei tre approcci e i principali autori.

MAPPA CONOSCITIVA

SVILU

PPO

E P

ERSO

NAL

ITÀ

> MAPPA CONOSCITIVA

216 PSICOLOGO DOMANI – VOLUME 1

TABELLA 8.1Lo sviluppo psicologico secondo comportamentismo, teorie organismiche e approccio psicanalitico

Comportamentismo Teorie organismiche Approccio psicanalitico

Domanda1

Natura quantitativa:graduale accumulo di cambiamenti nel tem-po, bambino come organismo plasmato dalle esperienze e dall’apprendimento

Natura qualitativa:il bambino è un attivo co-struttore delle proprie capa-cità: infl uenze interne

Considera l’individuo come un organismo simbolico, capace di attribuire signifi cati a se stesso e al mondo; ricostruisce la sto-ria personale degli individui e cerca i nessi signifi cativi

Domanda2

Comportamento del bambino modellato da infl uenze ambien-tali

Lo sviluppo è determinato dall’interazione tra condizio-ni ambientali e doti naturali proprie

Il cambiamento è visto come l’esito dei confl itti interni, ad esempio tra amore e odio, unione e separazione

Domanda3

Sviluppo come pro-cesso continuo e graduale

Sviluppo discontinuo che avviene per stadi(vedi Piaget e compresenza di continuo e discontinuo)

Lo sviluppo procede secondo stadi ben precisi e distinti (ad es. gli stadi psicosessuali di Freud).

Metodo L’osservazione con il massimo controllo e l’esperimento di labo-ratorio rappresentano il metodo ottimale.

Osservazione e sperimenta-zione con grado moderato di controllo; confronto tra bambini di età diverse per individuare i cambiamenti evolutivi e vasta gamma di comportamenti per formu-lare ipotesi

I metodi di indagine sono ca-ratterizzati dal minimo grado di controllo, come l’osservazione naturalistica, il colloquio clinico e l’osservazione della relazione osservatore-osservato

Autori Skinner: lo sviluppo è una lunga sequenza di esperienze di ap-prendimento (condi-zionamento classico o operante).

Piaget: si veda lo svolgimen-to della Traccia 4Vygotskij: evoluzione attra-verso mediatori simbolici, lo sviluppo consiste nell’ap-propriarsi dei signifi cati della cultura; zona di sviluppo prossimale e scaffolding

Freud: Io, Es, Super Io; fase orale, anale, fallica, periodo di latenza, genitaleAnna Freud: importanza attri-buita all’Io, nuovi meccanismi di difesa, metodo dell’osserva-zione del bambino, normalità e patologia

Bandu ra : Teo r i a dell’apprendimento: l’apprendimento può derivare dall’osserva-zione senza che vi sia rinforzo (si veda il capitolo 5)

Werner: il pensiero assume una funzione di selezione dei dati senso-motori, percetti-vi e immaginativi: tramite interpretazioni e giudizi; percezioni fi sionomiche con-nesse alla realtà esterna; completa autonomia delle funzioni psichiche inferiori e di quelle superiori

Klein: non parla di stadio ma di posizione (schizoparanoidea e depressiva), accento sulla relazione madre-bambino, svi-luppo dell’Io come un proces-so di continua introiezione e proiezioneMahler: fasi di sviluppo (auti-smo normale, fase simbiotica normale, fase della separazione-individuazione); i fattori innati hanno un ruolo innegabile, ma l’aspetto cruciale del processo evolutivo è la capacità della madre di rispondere in modo sensibile e adattivo ai bisogni interni del bambino

(continua)

SVILUPPO E PERSONALITÀ 217

SVILU

PPO

E P

ERSO

NAL

ITÀNelson: il processo di con-

cettualizzazione si collo-ca all’interno del suo più ampio sviluppo cognitivo; impor tanza del contesto esperienziale (esperienze che consentono di costruire nessi e relazioni e che ren-dono signifi cativo il contesto stesso), concetto di script

Bowlby: attinge dalla psicoana-lisi l’importanza evolutiva del legame affettivo precoce; lega-me di attaccamento, predispo-sizione biologica e motivazione intrinseca e primaria, base sicura, fasi e comportamento di attaccamentoErikson: si veda lo svolgimento della Traccia 2

L’ecologia dello sviluppo

Fino agli anni Settanta, gli psicologi tendevano a considerare il bambino in un con-testo molto ristretto, privilegiando gli esperimenti di laboratorio. Questi esperimenti però implicano situazioni non familiari al bambino e di breve durata, che possono scaturire in comportamenti insoliti e diffi cilmente riscontrabili in altri contesti.

Da questo punto di vista, una svolta fu la teorizzazione dell’approccio ecologico dello sviluppo (Bronfenbrenner). L’autore individua all’interno dell’ambiente ecologico una serie ordinata di strutture incluse l’una dentro l’altra: microsistema, mesosistema, esosistema, macrosistema.

La psicologia del ciclo di vita

Un altro cambiamento concettuale che ha interessato l’ambito dello sviluppo, è stata la comparsa di nuovi modi di pensare ai cambiamenti legati all’età, quali la psicologia del ciclo di vita (Life-Span-Developmental Psychology) (Scabini, 1995). Non si tratta di una teoria né di un insieme di teorie del cambiamento, ma di un approccio che si pone come obiettivo quello di studiare, dalla nascita fi no alla morte, i cambiamenti che avvengono nei singoli individui. I presupposti di tale approccio sono stati formalizzati da Baltes e Reese (1986) in cinque punti: continuità e discontinuità; variabilità intercomportamentale; plasticità intraindividuale; infl uenza socio-culturale; pluralismo esplicativo.

Personalità

Il termine personalità si applica per indicare sia la costanza che la variabilità osser-vabile nel comportamento intraspecifi co di un organismo. Nel passaggio dagli organismi più semplici a quelli più complessi ha luogo un progressivo indebolimento del ruolo degli istinti nella regolazione del comportamento, ciò consente il sorgere della personalità e delle differenze individuali.

Alcune questioni che da sempre hanno guidato gli studiosi della personalità possono essere così esplicitate: è possibile valutare il comportamento delle persone e costruire tipologie differenziali? Quali sono in questo caso i parametri di misurazione che si pos-sono utilizzare?

(continua)

218 PSICOLOGO DOMANI – VOLUME 1

Anche se da sempre l’uomo ha elaborato teorie sulla personalità e le differenze individuali, è tuttavia solo nel secolo scorso che la ricerca psicologica ha affrontato la questione con rigorosa strumentazione teorica ed empirica, producendo così una grande quantità di proposte interpretative.

Per schematizzare e riassumere le teorie che hanno contribuito allo sviluppo degli studi della personalità, di seguito si propone il modello dei «quadranti della personalità» elaborato dal prof. Dogana durante gli anni di insegnamento di Psicologia della personalità presso l’Università Cattolica di Milano.

Secondo tale schematizzazione, tutte le teorie prendono posizione, in modo più o meno esplicito, rispetto a due grandi interrogativi circa le variabili che regolano il com-portamento, e da cui possono appunto avere origine le differenze individuali:

– Il comportamento umano è sotto il controllo della biologia o della cultura (o di entram-be)? Siamo cioè condizionati prevalentemente dal nostro sostrato genetico o veniamo modellati soprattutto dalle molteplici infl uenze sociali e culturali?

– Il comportamento umano è deterministicamente controllato da determinanti biologiche e/o ambientali, o possiede una sua capacità di autodeterminazione? Qual è il ruolo dell’io e della soggettività?

Se si ipotizza che questi due interrogativi, biologia/cultura e soggettività/deter-minismo, costituiscano due assi cartesiani che attraversano e permettono di ordinare le varie teorie della personalità, dall’incrocio di questi due assi risultano delineate alcune aree concettuali che, pur semplifi cando inevitabilmente, possono risultare utili al fi ne di caratterizzare i differenti approcci e punti di contatto e di divergenza tra essi.

Si delineano così l’area del riduzionismo biologico (tipologie costituzionali, genetica comportamentale, ecc.), quella del riduzionismo ambientale (approcci prevalentemente sociologici e culturali), l’area in cui emergono i fattoti della soggettività (teorie psicodina-miche, teorie dei tratti), e quella in cui essi sono ancora più intensi (teorie socio-cognitive e umanistico-esistenziali).

Si è scelto di proposito di non fare riferimento a una trattazione specifi ca riguardante i disturbi di personalità (che potrebbero più facilmente rientrare nelle richieste di analisi di caso della terza prova applicativa). Chi fosse però interessato potrebbe approfondire tale argomento in testi specifi ci quali: DSM-IV, Ammaniti (2002), Kernberg (1987) e Gabbard (2007).

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Teorie umanistiche(Rogers, Maslow, May)

Area del riduzionismo biologico

(Eysenck, Gray, Strelau, Cloninger)

Area del riduzionismo ambientale

(McMartin, Cantor, Terman e Miles)

AUTONOMIA

DETERMINISMO

CULTURABIOLOGIA

Teorie socio-cognitive(Mischel, Bandura, Rotter,

Weiner, Festinger)

Teorie dei tratti(Allport, Cattell, Eysenck,

Wiggins, Bales)

Teorie psicodinamiche(Fenichel, Freud, Adler,

Rank, Reich, Jung)

220 PSICOLOGO DOMANI – VOLUME 1

TRACCIA 1

Ipotesi di svolgimento

Fino a pochi anni fa i processi maturativi e i cambiamenti tipici dell’adolescenza erano stati teorizzati secondo la prospettiva psicoa-nalitica classica, che sottolineava il bisogno evolutivo dell’adolescente di prendere le distanze sul piano emotivo e fi sico dai propri genitori. Ciò avrebbe portato a quel necessario quanto ineludibile processo di separazione-individuazione il cui risultato fi nale consisterebbe nell’acquisizione di un’identità più integrata e coesa e di un senso più stabile di sé. Un interessante approccio allo studio dell’adolescenza viene dalla Teoria dell’attaccamento. Se in una prima fase la ricerca aveva mes-so a fuoco e raccolto osservazioni empiriche solo sull’infanzia, negli ultimi anni, si è sviluppata un’attenzione crescente allo studio delle strategie di attaccamento in tutte le fasi del ciclo di ciclo di vita. Lo stesso Bowlby aveva concepito l’attaccamento come una funzione che evolve nel corso degli anni, e ipotizzava che nel corso dell’ado-lescenza si verifi cassero dei cambiamenti nella gerarchia delle fi gure di attaccamento, dove il partner sentimentale prendeva sempre più il posto delle fi gure di attaccamento primarie.Si crea, quindi, nell’adolescenza un nuovo tipo di relazione tra genitori e fi gli, che pone spesso le basi su una concomitanza di crisi e cambia-menti: da una parte i fi gli si trovano ad affrontare il diffi cile compito di costruirsi una propria identità, allontanandosi dai genitori e cercando l’appartenenza a un gruppo; i genitori dal canto loro si trovano ad affrontare loro stessi un momento particolare della loro esistenza (primi problemi fi sici, cosiddetta «crisi di mezza età», ecc.). Spesso infatti molte letture sulla «crisi» adolescenziale non tengono conto che questa si inserisce all’interno di un sistema relazionale più ampio, in cui altri soggetti stanno vivendo contemporaneamente cam-

Introduzione

La Teoria dell’attaccamento nell’adolescenza

La crisi

> Crisi, processi maturativi, cambiamenti di ambiente e di ruolo sollecitano spesso l’intervento dello psicologo nei contesti formali e informali. Il can-didato scelga una fase del ciclo di vita in relazione a un contesto (famiglia, scuola, lavoro, ecc.) e delinei alcune rifl essioni teoriche e metodologiche inerenti la specifi cità.

(Università degli Studi di Torino, 2004)

TRACCIA 1

Crisi processi maturativ

> TRACCE SVOLTE

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ITÀbiamenti, transizioni ed evoluzioni. Il termine «crisi» deriva dal greco

Krísis, che letteralmente signifi ca «separazione», «scelta», «giudizio»: le crisi quindi rappresentano momenti decisivi, perché implicano una scelta tra la sicurezza della situazione attuale e l’avventura verso una situazione nuova e quindi sconosciuta. Come momento straordinario e nello stesso tempo «drammatico» e inevitabile, la crisi adolescenziale si inserisce nello sviluppo dell’individuo come evento normale che ogni fase della vita obbliga a incontrare.L’adolescenza conduce, inoltre, a un nuovo assetto mentale che, con il maturare delle facoltà introspettive e autorifl essive, permette di rifl ettere su di sé e, per la prima volta nella vita, di spostare il proprio punto di vista in un campo di riferimenti diverso. L’adolescente ha la possibilità di dislocarsi al di fuori di se stesso e di percepire il proprio sé che cambia in relazione al proprio corpo e al sistema di relazioni che cambiano. Questo processo si snoda attraverso la ridefi nizione del legame parentale e l’intensifi carsi dei rapporti tra pari: a essere determinanti non sono tanto i contenuti di questa nuova forma di conoscenza, ma la qualità del legame che si crea all’interno di queste relazioni.La relazione tra genitori e fi gli viene a essere basata su un piano meno asimmetrico; ciò può stimolare le capacità dell’adolescente di fronteggiare le sfi de evolutive, in cui i genitori continuerebbero a costituire delle fi gure di attaccamento o, come sostiene Weiss, delle «fi gure di attaccamento di riserva».Il progressivo distacco dalle fi gure di attaccamento primarie è carat-terizzato da separazioni sempre più lunghe e frequenti, ma anche da periodiche riattivazioni dell’attaccamento ai genitori. È proprio durante queste separazioni che si realizza il cambiamento di ruolo: l’adolescente mette alla prova le proprie capacità e si basa sulle proprie strategie, pensieri, idee e azioni per organizzarsi e re-lazionarsi con il mondo in modo autonomo. Ammaniti et al. (1999) afferma che in questa fase prende corpo una dialettica fra autonomia e attaccamento.I legami di attaccamento tuttavia permangono nel corso dell’adole-scenza, anche se i comportamenti di attaccamento verso i genitori vengono attivati meno frequentemente, con minor intensità e urgenza rispetto all’infanzia e sono sempre più controllati da processi cognitivi di ordine più complesso. L’attaccamento continua a garantire la sicurezza all’adolescente nelle circostanze di vulnerabilità, di paura e di stress ordinarie e straordinarie della vita quotidiana. I genitori continuano a rappresentare una «base sicura», sia in modo ravvicinato nei momenti di bisogno e di stress sia a distanza come fonte di aiuto potenziale (interiorizzato), e la loro disponibilità attiva il sistema comportamentale dell’esplorazione. È importante quindi che i genitori incoraggino un appropriato livello di autonomia del fi glio, associato a una presenza empatica e alla sicurezza

Processi maturativi

Cambiamenti nelle relazioni e nel ruolo

La ridefi nizione del legame di attaccamento

222 PSICOLOGO DOMANI – VOLUME 1

della loro presenza. I genitori sensibili a questo livello sono disponibili al contatto emotivo e allo stesso tempo promuovono attivamente e forniscono un supporto agli sforzi dell’adolescente per acquisire una fi ducia personale, una propria auto-organizzazione, una propria identità e autonomia (Ryan e Lynch, 1989). Secondo Ryan e Lynch «l’individuazione non è qualcosa che avvie-ne come presa di distanza dai genitori, ma piuttosto qualcosa che avviene insieme a loro».Queste affermazioni trovano riscontro in alcune ricerche sui diversi stili di attaccamento riscontrati nell’adolescente: sicuro, distanziante, preoccupato-invischiato, disorganizzato (Bartholomew e Horowitz, 1991). È emerso che gli adolescenti con uno stile di attaccamento sicuro mostrano un atteggiamento positivo verso di sé e nei confronti degli altri, sono capaci di creare e mantenere relazioni intime con-servando una certa quota di autonomia; gli adolescenti distanzianti, al contrario, presentano un’elevata considerazione di sé e una bassa considerazione degli altri, ma non si mostrano capaci di fi ducia e intimità verso gli altri. Gli adolescenti preoccupati-invischiati sono molto dipendenti e incoerenti nel creare e mantenere le proprie relazioni; infi ne gli adolescenti disorganizzati forniscono valutazioni negative di sé e degli altri, evitano le relazioni per paura del rifi uto e non hanno fi ducia negli altri.Secondo alcuni studi, una relazione sicura con i propri genitori con-tinua ad avere un effetto positivo sull’adattamento dell’adolescente e la qualità del legame con loro sarebbe il fattore più determinante dell’adattamento del ragazzo, perfi no in grado maggiore del legame con i coetanei (anche se in altri lavori di ricerca questo dato non emerge).L’interesse per la lettura dei processi dell’adolescenza secondo la Teo-ria dell’attaccamento ha generato la creazione di inventari e strumenti di ricerca ad hoc, come ad esempio l’Intervista sull’Attaccamento in Latenza (IAL) e la versione dell’Adult Attachment Interview (AAI; Main e Goldwyn, 1994) adattata per questa fascia d’età. Rispetto a quest’ultimo strumento, la struttura e la sequenza delle domande sono rimaste invariate rispetto all’AAI, tuttavia il linguaggio è stato adattato all’età. Inoltre sono state eliminate le domande relative alla paura della perdita del proprio fi glio e ai desideri su di lui e sono state aggiunte alcune domande relative alle relazioni con i pari, che tuttavia non hanno avuto un peso nella valutazione dell’attaccamento (Ammaniti et al., 1999).Da questa prospettiva di studio emerge come l’attaccamento non va solo a condizionare le modalità relazionali con i propri genitori, ma infl uenza anche la costruzione dell’identità, i rapporti con i coetanei, la possibilità di creare e mantenere una relazione intima, e infl uenza in modo considerevole lo sviluppo di funzioni e competenze mentali complesse.

Stili di attaccamento nell’adolescente

Strumenti di indagine

230 PSICOLOGO DOMANI – VOLUME 1

TRACCIA 4

Ipotesi di svolgimento

– Introduzione Un approccio che si presta in particolar modo a un’analisi critica su tutti e tre i livelli

indicati nella traccia è la teoria di Piaget, questo perché metodo, teoria e applicazione in questo autore sono estremamente collegati tra loro.

– Teoria di Piaget Nella descrizione della teoria di Piaget è importante sottolineare gli assunti di base della

sua teoria defi nita organismica: • lo sviluppo è comprensibile all’interno della storia evolutiva della specie, di cui l’or-

ganizzazione biologica e psicologica dell’individuo costituisce l’apice; • l’organismo è attivo costruttore delle proprie conoscenze e si modifi ca attraverso gli

scambi con l’ambiente; • lo sviluppo consiste nella trasformazione di strutture che non sono innate, ma si co-

struiscono grazie all’attività dell’individuo. L’intelligenza è quindi formata da strutture variabili e funzioni invarianti (equilibrio e adattamento);

• lo sviluppo è concepito sia come discontinuo poiché suddiviso in stadi il cui passaggio è segnato da modifi cazioni strutturali rilevanti; sia come continuo all’interno dello stadio per la successione di assimilazione e accomodamento.

– Descrizione degli stadi • Periodo senso motorio: vengono elaborate le substrutture cognitive che serviranno

da punto di partenza per le ulteriori costruzioni percettive e intellettive. – Stadio dell’esercizio dei rifl essi (dalla nascita ai 2 mesi). – Stadio delle prime abitudini o delle reazioni circolari primarie (da 2 a 4 mesi): la

reazione circolare primaria va intesa come una condotta casuale che permette al bambino di avere risultati interessanti sul proprio corpo e di ripetere attivamente i risultati ottenuti (prime abitudini).

– Stadio delle reazioni circolari secondarie (da 4 a 8 mesi): il bambino cerca di con-servare un’azione eseguita sull’ambiente esterno attraverso la sua ripetizione.

– Stadio della coordinazione degli schemi secondari e dell’applicazione a situazioni nuove (da 8 a 12 mesi): il vero progresso consiste nella distinzione del fi ne dai mezzi, nell’intenzionalità, nella coordinazione degli schemi e nelle nuove combinazioni di schemi.

> Il candidato illustri una teoria dello sviluppo mettendone in risalto i punti di forza e di debolezza in ambito teorico, applicativo e di ricerca.

(Università degli Studi di Napoli, 2004)

TRACCIA 4

Il candidato illustri una t

> ESERCITAZIONI GUIDATE

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ITÀ – Stadio delle reazioni circolari terziarie (da 12 a 18 mesi): in questo sottostadio si

assiste a una sperimentazione attiva e guidata nella direzione degli oggetti desiderati, dedicando molto tempo a esplorare l’ambiente.

– Stadio dell’inizio dell’interiorizzazione degli schemi e dell’invenzione di mezzi nuovi per la combinazione mentale (oltre i 18 mesi): il bambino diventa capace di trovare mezzi nuovi non più soltanto mediante sperimentazioni esterne o materiali ma per mezzo di combinazioni interiorizzate.

• Stadio pre-operatorio (2-6 anni) – riconoscimento di Sé – lo sviluppo del linguaggio – caratteristiche: egocentrismo, concentrazione (una cosa alla volta), irreversibilità,

ragionamento primitivo o trasduttivo, identità dell’oggetto, l’inizio della capacità di classifi cazione

– operazioni mentali specifi che: realismo, animismo, pensiero magico, artifi ciali-smo.

• Stadio operatorio concreto (6-12 anni): – nozione d’identità – operazioni mentali specifi che: classifi cazione, ordinamento in serie, giudizio morale,

strategie mnemoniche, concezione del tempo, causalità. • Stadio operatorio formale (da 12 anni in poi): logica formale e sviluppo della per-

sonalità.

– Il metodo Il metodo utilizzato è il colloquio clinico, in cui Piaget combina alcune caratteristiche sia

dell’intervista sia dell’osservazione naturalistica. Egli defi nisce il suo metodo piuttosto complesso e diffi cile da applicare, a seguito di un lungo addestramento. Le varianti che Piaget ha adottato nel colloquio sono l’analisi del disegno, il completamento di storie o frasi, il proporre problemi concreti da risolvere manipolando oggetti o materiali (liquidi, plastilina). Il rischio del colloquio sperimentale risiede nell’essere troppo suggestivo, e le risposte potrebbero essere infl uenzate erroneamente. Attualmente i ricercatori che si ispirano a Piaget preferiscono adottare interviste di tipo semistrutturato che prevedono una lista predefi nita di domande e approfondimenti caso per caso.

– Punti di forza • riconoscimento del ruolo centrale della cognizione • teoria euristica • caratteristiche del pensiero infantile • ampia portata della teoria • validità ecologica.

– Critiche e punti di debolezza • Supporto inadeguato alla nozione di stadio: il concetto di sviluppo è stato rivisto;

si nega la linearità del processo a vantaggio di un processo a U, per cui si possono avere progressi, ma anche regressi.

• Scarsa attenzione allo sviluppo sociale ed emotivo e alle variabili ambientali. • Scarsa sistematicità delle osservazioni: le sue ricerche, in particolare quelle sui bambini

piccoli, fanno riferimento alla crescita dei suoi fi gli. Le sue ricerche ripetute, spesso, portano a risultati contraddittori (cfr. modalità di strutturare la prova nell’esperimento delle tre montagne).

232 PSICOLOGO DOMANI – VOLUME 1

• Secondo Bruner, Piaget non ha prestato suffi ciente attenzione al linguaggio. • L’introduzione del computer nella vita quotidiana dei bambini ha portato a rivedere

il modello di sviluppo dal concreto all’astratto, in particolare i criteri di distinzione fra animato e inanimato. Il movimento non è più un elemento caratterizzante.

TRACCIA 5

Ipotesi di svolgimento

– Introduzione Prospettive teoriche sullo sviluppo cognitivo: se volessimo considerare come gli psico-

logi hanno descritto lo sviluppo cognitivo, occorrerebbe identifi care quattro prospettive fondamentali (Camaioni e Di Blasio, 2007).

– Approfondimento delle prospettive teoriche • Maturazionismo. In questa prospettiva, la maturazione è il meccanismo fondamentale

che regola la comparsa delle nuove abilità con il procedere dell’età. Arnold Gesell è stato il più importante sostenitore di questa prospettiva e ha affermato l’importanza biologica nel determinare gli schemi generali di sviluppo (le abilità del bambino sono il prodotto di un programma genetico predeterminato). Secondo lo stesso studioso, lo sviluppo dovuto alla maturazione si verifi ca indipendentemente dalla pratica e dall’eser-cizio. A differenza di Gesell, Chomsky, pur ritenendo che la capacità di acquisire il linguaggio sia innata, l’esperienza gioca comunque un ruolo importante nel processo di acquisizione della lingua materna. Per esempio non serve insegnare a camminare e nulla deve essere fatto affi nché inizi la pubertà. Tuttavia questi schemi di maturazione possono essere alterati da condizioni ambientali estreme quali la denutrizione o il ve-rifi carsi di incidenti (ad es. una ragazza denutrita può non presentare mestruazioni).

• Comportamentismo. Le caratteristiche generali del comportamentismo si rifanno in gran parte all’approccio comportamentista trattato precedentemente. I due nuovi con-cetti introdotti in questa teoria sono il riduzionismo e la parsimonia. Per riduzionismo si intende la riduzione a una serie di comportamenti semplici di un comportamento complesso affi nché si possa isolare e spiegare le singole unità comportamentali; inoltre se un comportamento può essere spiegato in termini di meccanicismi generali essi vanno preferiti a spiegazioni più complesse e specifi che: parsimonia.

• Costruttivismo. Questa prospettiva teorica si afferma verso gli anni Sessanta grazie alla diffusione della teoria di Piaget, il quale sostiene che il pensiero infantile è quali-

TRACCIA 5> Lo sviluppo cognitivo del bambino: prospettive a confronto.

(Università di Milano Bicocca, 2007)

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> Lo sviluppo in età evolutiva: il candidato ponga a confronto due teorie scien-tifi camente condivise, ne illustri la metodologia e le possibili applicazioni professionali, ne presenti gli aspetti convincenti e quelli più problematici. (Università Cattolica del Sacro Cuore, 2001)

> Illustrare le tappe salienti dello sviluppo cognitivo indicando una o più teorie di riferimento e gli approcci metodologici relativi. (Università degli Studi di Firenze, 2003)

> Una delle fasi del ciclo di vita riguarda il passaggio dall’adolescenza al ruolo di giovane adulto. Il/la candidato/a descriva: i cambiamenti a livello emoti-vo; i cambiamenti a livello relazionale; i cambiamenti a livello cognitivo; le differenze in base al genere. (Università di Bologna, 2003)

> Il candidato scelga un modello di riferimento e, dopo averne individuato gli aspetti teorici e metodologici fondamentali, illustri come tale modello possa considerare i momenti di crisi e di cambiamento all’interno del ciclo di vita. (Università degli Studi di Torino, 2004)

> Il candidato delinei da un punto di vista cognitivo, o da un punto di vista psi-codinamico, o da entrambi i punti di vista, le potenzialità teoriche necessarie per lo sviluppo della personalità. (Università degli Studi di Palermo, 2004)

> Determinanti psicologiche e sociali dello sviluppo e del benessere della per-sona. Il candidato prenda come riferimento un modello teorico e ne delinei aspetti salienti e implicazioni per la pratica professionale dello psicologo. (Università degli Studi di Parma, 2004)

> Crisi, processi maturativi, cambiamenti di ambiente o di ruolo sollecitano spesso l’intervento dello psicologo nei contesti formali e informali. Il/la candidato/a scelga una fase del ciclo di vita in relazione a un contesto (fami-glia, scuola, lavoro, ecc.) e delinei alcune rifl essioni teoriche e metodologiche inerenti la specifi cità della funzione dello psicologo. (Università degli Studi di Torino, 2004)

> Individuo e contesto sociale nello sviluppo della persona: delineare i principali aspetti della loro interdipendenza. (Università degli Studi di Bologna, 2005)

> Nell’ambito della psicologia dello sviluppo il candidato ponga a confronto due teorie rilevanti e ne illustri le metodologie adottate e le possibili applicazioni. (Università di Milano Bicocca, 2007)

> Il candidato analizzi sinteticamente un contesto applicativo nel quale il tema della personalità sia rilevante. Il candidato descriva una delle teorie di riferimento, specifi cando: i principali contenuti, variabili e costrutti presi in considerazione dalla teoria; le implicazioni applicative della teoria riguardanti il contesto preso in considerazione. (Università degli Studi di Roma «La Sa-pienza», 2003)

> Lo sviluppo in età evotifi camente condivise,professionali, ne pres(Università Cattolica d

> ALCUNE PROVE GIÀ ASSEGNATE

238 PSICOLOGO DOMANI – VOLUME 1

> BIBLIOGRAFIA

Letture consigliate per approfondire le tematiche riguar-danti lo sviluppo psicologico e la personalità

> Per una trattazione più specifi ca di alcune teorie e ambiti di applicazione riguardanti lo sviluppo affrontate nel capitolo si vedano:

American Psychiatric Association (1996), DSM-IV: manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 3a ed. italiana a cura di V. Andreoli, G.B. Cassano, R. Rossi, Milano, Masson.

Ammaniti M. (2002) (a cura di), Manuale di psicopatologia dell’adolescenza, Milano, Cortina.

Ammaniti M., Tambelli R., Zavattini G.C., Vismara L. e Volpi B. (1999), Attaccamento e funzione rifl essiva in adolescenza, «Psicologia clinica dello sviluppo», vol. 3, n. 1, pp. 155-175.

Bartholomew K. e Horowitz L.M. (1991), Attachment styles among young adults: A test of a four-category model, «Journal of Personality and Social Psychology», vol. 61, pp. 226-244.

Baltes P.B. e Reese H.D. (1986), L’arco della vita come prospettiva in psicologia evo-lutiva, «Età evolutiva», vol. 23, pp. 66-96.

Bosma H. (1985), Identity development in adolescence: Coping with commitments, Groningen, University of Groningen.

Bowlby J. (1988), A secure base: Parent-child attachment and health human develop-ment, New York, Basic Books, trad. it. Una base sicura, Milano, Cortina, 1989.

Camaioni L. e Di Blasio P. (2007), Psicologia dello sviluppo, Bologna, Il Mulino.Erikson E.H. (1963), Childhood and Society, 2a ed., New York, Norton.Erikson E.H. (1982), The life cycle completed. A review, New York, Norton, trad. it. I

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ITÀ> Rispetto ai temi riguardanti la psicologia della personalità si vedano in particola-

re:

De Beni R., Carretti B., Moè A., Pazzaglia F. (2008), Psicologia della personalità e delle differenze individuali, Bologna, Il Mulino.

Dogana F. (1999), Tipi d’oggi, Firenze, Giunti.Dogana F. (2002), Uguali e diversi. Teorie e strumenti per conoscere se stessi e gli

altri, Firenze, Giunti.Kernberg O.F. (1987), Disturbi gravi della personalità, Torino, Bollati Boringhieri. Pervin L.A. e John O.P. (2003), La scienza della personalità, Milano, Raffaello Cor-

tina.