Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

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NATURA E CAUSE SVILUPPO 1) Natura del cambiamento ? Quantitativa -> graduale cambiamento nel tempo -> COMPORTAMENTISMO: b. è organismo plasmato da esperienze e apprendimento Qualitativa -> comparsa di nuove capacità o trasformazione di capacità presenti -> TEORIE ORGANISMICHE (Piaget-Vygotskij): b. attivo costruttore sue capacità e sviluppo causato da influenze interne non da fattori ambientali. 2) Processi che causano cambiamento ? Fattori ambientali COMPORTAMENTISMO ->influenze ambientali modellano il comportamento in modo da determinare le naturali abilità che si sviluppano ed il ritmo. Fattori genetici: il b. si sviluppa a causa della programmazione genetica (teoria di Chomsky sull’acquisizione linguaggio) TEORIE ORGANISMICHE: posiz. Intermedia : sviluppo= interazione di condizioni genetiche e ambientali 3) Cambiamento graduale e continuo/improvviso e discontinuo ? Continuo e graduale = cambiamenti quantitativi Discontinuo = camb. Qualitativi , es. comparsa di nuove capacità come deambulazione e linguaggio. Teorie Diverse : a) cambiamento continuo all’interno di uno stadio , discontinuo nel passaggio da 1 stadio a altro. Piaget: funzioni che rimangono invarianti durante lo sviluppo (continuità), ma strutture cognitive cambiano tra uno stadio e altro (discontinuità) APPROCCI TEORICI SVILUPPO Approccio COMPORTAMENTISTICO Individuo ha capacità illimitata di apprendere, è plasmabile dall’ambiente xché ripete comportamenti che hanno avuto conseguenze positive (rinforzo positivo) e elimina quelli che non le hanno avute (rinf. Negativo) Metodo indagine: sperimentazione e osservazione – massimo controllo – esperimento di laboratorio è metodo ottimale 2 correnti : a) comportamentismo radicale: influenza di Skinner, sviluppo è lunga sequenza di esperienze di apprendimento. 2 processi: condizionamento classico e operante. b) teoria apprendimento sociale (Bandura): l’apprendimento può derivare anche da osservazione, senza rinforzo e spiega vari comportamenti che i b. imparano osservando le persone. L’apprendimento non è automatico ma influenzato da aspetti del comportamento osservato cui si presta attenzione e da capacità di ricordarli e interpretarli.

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Appunti di Psicologia dello Sviluppo

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NATURA E CAUSE SVILUPPO

1) Natura del cambiamento? Quantitativa -> graduale cambiamento nel tempo -> COMPORTAMENTISMO: b. è organismo

plasmato da esperienze e apprendimento

Qualitativa -> comparsa di nuove capacità o trasformazione di capacità presenti -> TEORIE

ORGANISMICHE (Piaget-Vygotskij): b. attivo costruttore sue capacità e sviluppo causato da

influenze interne non da fattori ambientali.

2) Processi che causano cambiamento? Fattori ambientali

COMPORTAMENTISMO ->influenze ambientali modellano il comportamento in modo da

determinare le naturali abilità che si sviluppano ed il ritmo.

Fattori genetici: il b. si sviluppa a causa della programmazione genetica (teoria di Chomsky sull’acquisizione linguaggio)

TEORIE ORGANISMICHE: posiz. Intermedia: sviluppo= interazione di condizioni genetiche e ambientali

3) Cambiamento graduale e continuo/improvviso e discontinuo? Continuo e graduale = cambiamenti quantitativi

Discontinuo = camb. Qualitativi, es. comparsa di nuove capacità come deambulazione e

linguaggio.

Teorie Diverse:

a) cambiamento continuo all’interno di uno stadio, discontinuo nel passaggio da 1 stadio a altro. Piaget: funzioni che rimangono invarianti durante lo sviluppo (continuità), ma strutture

cognitive cambiano tra uno stadio e altro (discontinuità)

APPROCCI TEORICI SVILUPPO

Approccio COMPORTAMENTISTICO

Individuo ha capacità illimitata di apprendere, è plasmabile dall’ambiente xché ripete comportamenti che hanno avuto conseguenze

positive (rinforzo positivo) e elimina quelli che non le hanno avute (rinf. Negativo) Metodo indagine: sperimentazione e osservazione – massimo controllo – esperimento

di laboratorio è metodo ottimale 2 correnti:

a) comportamentismo radicale: influenza di Skinner, sviluppo è lunga sequenza di esperienze

di apprendimento. 2 processi: condizionamento classico e operante.

b) teoria apprendimento sociale (Bandura): l’apprendimento può derivare anche da

osservazione, senza rinforzo e spiega vari comportamenti che i b. imparano osservando le

persone.

L’apprendimento non è automatico ma influenzato da aspetti del comportamento osservato cui

si presta attenzione e da capacità di ricordarli e interpretarli.

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B. crede nei rinforzi intrinseci, derivanti dall’interno non da esterno (soddisfazione per successo

in compiti faticosi)

Approccio ORGANISMICO

Individuo è attivo teso a realizzare sue potenzialità Cambiamento è la caratteristica primaria del comportamento E’ guidato da leggi che regolano la sequenza dei cambiamenti: il b. costruisce

gradualmente la sua comprensione e quella degli altri attraverso un continuo scambio con ambiente.

Ogni nuova acquisizione non deriva da disposizione innata né da influenza dell’ambiente, ma dalla coordinazione di essi.

Strategia di ricerca: evolutiva e induttiva -> si confrontano b. di età diverse x individuare cambiamenti evolutivi .

Teorie dello svil. Cognitivo: Piaget, Vygotskij, Werner

Approccio PSICOANALITICO

L’individuo è simbolico, capace di attribuire significati a sé e al mondo. Il cambiamento è l’esito di conflitti interni. Lo sviluppo è cambiamento qualitativo e procede secondo stadi (stadi psicosessuali

di Freud). Metodo di indagine: osservazione con minimo controllo, osserv.

Naturalistica, colloquio clinico e osservazione della relazione osservatore-osservato. Ricostruisce la storia personale e ne ricerca i nessi significativi, quindi non interessato a

cause e conseguenze del comportamento

MATURAZIONISMO

Regola la comparsa delle nuove abilità con il procedere dell’età attraverso il programma

genetico.

Arnold Gesell: regolarità con cui compaiono le prime abilità motorie del b., quindi sequenza

temporale di tali abilità sono la conseguenza di un programma genetico

predeterminato= sviluppo dovuto a maturazione si verifica indipendentemente dalla pratica.

Es. non serve insegnare a camminare e nulla si deve fare affinché inizi la pubertà.

Ma ciò può essere alterato da condiz. ambientali estreme: denutrizione o incidenti.

Teoria CHOMSKY_ sostiene che capacità di acquisire il linguaggio è innata e specifica

dell’essere umano, ma l’esperienza influisce sull’acquisizione della lingua materna

COMPORTAMENTISMO

Solo i comportamenti esterni e osservabili possono essere oggetto di indagine scientifica.

Principi ispiratori:

Riduzionismo e Parsimonia _ Poiché il comport. complesso si può ridurre a comport. semplici, bisogna studiare le singole unità comportamentali

Se un comportamento può essere spiegato in termini di meccanismi generali come il condizionamento operante o il rinforzo, vanno rifiutate spiegazioni di meccanismi + complessi e specifici.

I meccanismi dell’apprendimento operano allo stesso modo per l’intero ciclo vitale = non è necessario confronto tra soggetti in momenti diversi dello sviluppo.

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Critiche:

L’apprendimento non funziona in modo uniforme, non è indipendente dal materiale appreso e dalle relazioni che esso ha con le conoscenze già acquisite.

Le prestazioni cognitive sono influenzate dal contesto e dal significato del compito. Se sappiamo come si apprende del materiale “senza senso” in laboratorio, non potremo

capire come avviene l’apprendimento di materiale significativo in contesti di vita quotidiana. Il cambiamento evolutivo influenza le capacità di apprendimento e memoria xché cambia

le strategie usate x i compiti cognitivi.

COSTRUTTIVISMO

Si afferma anni ’60 con Piaget.

Piaget nega che psicologia sviluppo = psicol. Apprendimento xché pensiero infantile

qualitativamente diverso da quello adulto.

Il b. costruisce gradualmente la comprensione della realtà attraverso interazioni con l’ambiente

(inizialmente crede che versando un liquido in contenitori diversi, cambi la quantità)

Il sistema cognitivo subisce profonde trasformazioni che corrispondono a strutture intellettive

dette stadi di sviluppo che compaiono secondo una sequenza invariante e universale.

Critiche:

Teoria stadiale è una ipersemplificazione -> riduce lo sviluppo all’evoluzione di singole strutture.

Le descrizioni che P. fornisce delle strutture intellettive – operazioni concrete e astratte – non corrispondono a processi che il sogg. mette in atto risolvendo un compito, sono lontani dal comportamento reale.

Non viene considerato il contesto sociale in cui si svolge l’attività cognitiva.

ECOLOGIA DELLO SVILUPPO

Fino agli anni ’70 il contesto in cui si sviluppa il b. si limitava al rapporto madre-bambino o alla

relazione con i compagni di gioco.

In seguito si è ampliato il concetto di contesto grazie a Bronfenbrenner, fondatore

dell’approccio ecologico allo sviluppo.

All’interno dell’ambiente ecologico vi è una serie di strutture, incluse l’una nell’altra.

1° livello – microsistema: situazione ambientale in cui è inserito il soggetto che si sviluppa, es.

la relazione col genitore nella famiglia.

2° livello – mesosistema: relazione fra microsistemi, es. l’imparare a leggere può dipendere

non solo da come viene insegnato al b. ma anche da legami esistenti tra scuola e famiglia.

3° livello – esosistema: lo sviluppo è influenzato da eventi che si verificano in situazioni

ambientali in cui il b. non è presente, come il tipo di attività lavorativa dei genitori.

L’esosistema è influenzato dal macrosistema, cioè dalle politiche sociali e dei servizi di una

comunità, es. introdurre un nuovo tipo di assistenza alla maternità non solo influenza la

relazione madre-neonato, ma produce degli effetti sullo sviluppo del b.

DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLO SVILUPPO

Le differenze individuali intese sia come

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1. differenze nello sviluppo di individui diversi (interindividuali) 2. differenze tra aspetti dello sviluppo in uno stesso individuo (intraindividuali) si

manifestano nel temperamento e nel linguaggio. Il temperamento, lo stile di comportamento di un soggetto quando interagisce con l’ambiente,

è presente sin dalla nascita e possiede quindi l’adattabilità a nuove esperienze, l’intensità delle

risposte, lo stato d’animo e il livello di attività.

Analizzando il livello di attività, si possono notare differenze individuali di temperamento (b.

vivace, che si muove molto e b. calmo, che fa giochi tranquilli…).

E’ importante la compatibilità tra il temperamento del b. e quella del genitore, con un livello

di attività molto diverso le cose possono non andare molto bene.

Altro aspetto in cui si osservano differenze individuali è la popolarità nell’interazione con i

coetanei, i soggetti popolari piacciono perché si comportano in modo positivo con gli altri,

cercano di dare una mano e non sono aggressivi.

L’acquisizione della lingua materna può variare molto: a 8-9 mesi si possono pronunciare le

prime parole oppure a 18-20 mesi.

Il b. che parla tardi non evidenzierà in seguito un ritardo del linguaggio.

Spesso la precocità linguistica è frequente nel sesso femminile, in primogeniti e appartenenti a

classi medio-alte.

Come descrivere i cambiamenti in funzione dell’età

Si ricorre a 2 disegni di ricerca:

Disegni di ricerca longitudinali: lo stesso gruppo viene osservato x un certo periodo, di

solito alcuni anni.

Vantaggi:

si segue lo sviluppo individuale nel tempo e si controlla la stabilità del comportamento Utile anche x determinare gli effetti di esperienze antecedenti sullo sviluppo successivo.

Svantaggi:

metodo costoso in investimenti ed energie Si rischia di perdere i soggetti nel tempo Possibile confusione tra cambiamenti legati a età e quelli di tipo sociale e storico che si

verificano nel corso della ricerca = difficile stabilire se soggetti sono cresciuti o sono cambiate le loro condizioni di vita. Sono comunque stati molto usati -> diari sullo sviluppo infantile di Darwin che descrisse le

espressioni emotive del figlio e la loro evoluzione, Wilhelm Preyer ne L’anima del bambino

riportava le osservazioni sulla figlia.

Durata:

a breve termine – si valutano gli stessi soggetti in almeno due punti di età, senza specificare l’intervallo temporale tra questi punti.

A lungo termine – durata di almeno 3 anni e almeno 3 osservazioni ripetute nel tempo.

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Disegni di ricerca trasversali – gruppi di individui di età diversa confrontati nello stesso

momento temporale.

Vantaggi:

è poco costoso e veloce nell’esecuzione.

Svantaggi:

Si identificano differenze tra età ma non si possono osservare cambiamenti individuali in

funzione del tempo.

L’ESPERIMENTO - Nella sperimentazione il ricercatore interviene attivamente, manipolando le

variabili indipendenti e rileva se la modificazione influenza il comportamento indagato

(variabile dipendente)

Nell’esperimento classico ci sono almeno 2 gruppi ai quali i soggetti vengono assegnati

casualmente: un gruppo sperimentale viene sottoposto alla manipolazione della variabile

indipendente, l’altro gruppo “di controllo” non riceve nessun trattamento oppure un

trattamento diverso.

Se i cambiamenti previsti nella variabile dipendente si rilevano solo nel gruppo sperimentale,

l’ipotesi della ricerca viene confermata.

L’esperimento è condotto in laboratorio se è richiesta un’apparecchiatura speciale (strumenti x

registrare tempi reazione o movimenti oculari) o in ambiente naturale.

Vantaggi:

possibilità di stabilire relazioni causa-effetto tra variabili indipendenti e dipendenti facilità di replicazione, ottenendo conferme o disconferme dell’ipotesi iniziale.

Svantaggi:

i soggetti osservati in condizioni di controllo potrebbero comportarsi diversamente nella realtà.

La conseguenza è che difficilmente i risultati possono essere generalizzati al di fuori

dell’ambiente controllato in cui sono stati raccolti, tale generalizzabilità corrisponde alla validità

esterna: minore è la generalizzabilità maggiore è la validità esterna dell’esperimento.

Tuttavia di solito l’esperimento gode di una buona validità interna, nel senso che se le

condizioni sperimentali sono ben controllate, la relazione tra variabili indipendenti e dipendenti

è quella ipotizzata dal ricercatore.

In alcuni casi non si possono manipolare le variabili indipendenti o assegnare casualmente i

soggetti ai gruppi sperimentali e di controllo: se il ricercatore è interessato agli effetti del

maltrattamento, malnutrizione, etc. non è evidentemente possibile x motivi etici riprodurre tali

esperienze traumatiche.

Il ricercatore deve trovare b. in cui la variabile da studiare sia presente naturalmente e li

confronti con un altro gruppo il + possibile simile al primo x tutte le caratteristiche all’infuori di

quella indagata = disegni quasi-sperimentali in cui si confrontano fra loro gruppi la cui

composizione non è casuale.

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Il disegno correlazionale si usa quando non è possibile individuare gruppi che differiscono per

l’aspetto che interessa oppure si è interessati a descrivere il rapporto tra due variabili, cioè se

ai cambiamenti di una variabile corrispondono cambiamenti nell’altra variabile.

Questo metodo permette di misurare il grado di associazione tra variabili senza manipolarle

sperimentalmente.

Es. si può misurare la quantità di spettacoli violenti che ragazzi guardano quotidianamente e

registrare l’aggressività comportamentale; è così possibile verificare se le 2 misure sono

associate, cioè se all’aumento degli spettacoli violenti corrisponde un aumento di

comportamenti aggressivi (correlazione positiva tra variabili).

L’obiettivo dell’uso dei disegni correlazionali è puramente descrittivo e non consente di ricavare

conclusioni sulla relazione causa-effetto tra variabili: ragazzi che manifestano + spesso

comportamenti aggressivi a scuola potrebbero essere geneticamente predisposti o essere

esposti a episodi di aggressività in famiglia che li spinge a preferire la visione di spettacoli

violenti.

L’OSSERVAZIONE – E’ la selezione di un fenomeno degno di interesse su cui vengono

raccolte informazioni in modo completo e accurato, è quindi metodo complesso e impegnativo,

soggetto a distorsioni derivanti dalla soggettività dell’osservatore.

Diversa dalla sperimentazione: non controlla le variabili indipendenti perché il comportamento

potrebbe alterarsi o non manifestarsi se si cerca di modificarlo intenzionalmente.

Indaga le relazioni che esistono tra 2 o + variabili, mentre la sperimentazione è interessata

alle relazioni che potrebbero esistere tra le variabili in risposta alle manipolazioni sperimentali.

Si pone scopi descrittivi piuttosto che esplicativi e quindi non può verificare la presenza di

relazioni causa-effetto.

Può essere condotta in vari modi:

Studi sul campo_ condotti negli ambienti di vita quotidiana del b. che prevedono o meno un intervento del ricercatore;

osservazioni in laboratorio che possono essere o meno strutturate.

2 forme di osservazione:

Naturalistica: il ricercatore esercita minimo controllo sul proprio oggetto di studio L’osservazione etologica, grazie agli studi di Lorenz e Tinbergen, osserva il comportamento

nell’ambiente naturale in cui si manifesta e lo descrive obiettivamente.

Per non influenzare la spontaneità del comportamento l’osservatore si nasconde adottando

un’osservazione dissimulata.

Controllata: l’osservatore interviene attivamente anche se senza manipolare la variabile indipendente, esercitando un grado medio o max di controllo e fornisce stimoli per evocare il comportamento da studiare: Piaget, non solo registrava i comportamenti significativi nei suoi figli, ma proponeva anche delle stimolazioni per far emergere le risposte x lui interessanti. Tale tipo di osservazione può essere condotta sia in laboratorio che nell’ambiente naturale.

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Validità dell’osservazione

3 fasi:

1) selezione fenomeno da osservare

2) registrazione fenomeno individuato

3) codifica dati registrati

Bisogna riconoscere le fonti di errore e controllarle:

A) Soggetti osservati - possono reagire alla presenza dell’osservatore e comportarsi in

modo innaturale.

La reattività può essere controllata abituandoli alla presenza dell’osservatore o adottando

tecniche non invasive come l’osservazione partecipante o mascherando la presenza

dell’osservatore dietro uno specchio unidirezionale

B) Osservatore - Il comportamento degli osservatori può variare a seconda delle condizioni

psicofisiche e delle capacità personali (consapevolezza di sé o assenza di pregiudizi)

L’osservatore reagisce anche alla valutazione dell’attendibilità di ciò che registra (migliora la

prestazione se sa di essere valutato), per ovviare a ciò si possono effettuare controlli casuali

dell’attendibilità

C) Ricercatori – possono influenzare l’osservazione formulando aspettative e facendo

commenti valutativi, adottando schemi di codifica eccessivamente complessi e difficili da

applicare, soluzione -> definizioni operative chiare delle categorie di codifica e addestrare i

codificatori a utilizzare uno schema prima di iniziare il lavoro di codifica

Interviste e questionari – utilizzate x interrogare i b. e gli adulti sul comportamento e la

personalità dei b.

Importante accertarsi che i b. abbiano buona capacità di comprensione e produzione del

linguaggio -> quindi non usare tali tecniche con b. inferiori a 3 anni quando si intervista – non

usare questionari scritti a b. sotto 7-8 anni.

I b. e adolescenti possono opporre resistenza a comunicare sentimenti, opinioni e rifiutare di

essere intervistati -> soluzione: stimolare curiosità e interesse instaurando clima di fiducia.

Importante che i soggetti abbiano un livello cognitivo adeguato alla comprensione delle

domande dell’intervistatore.

Quando si interrogano adulti il rischio è che esprimano giudizi soggettivi, cercando di

conformarsi alle aspettative dell’intervistatore o di apparire adulti competenti.

I loro giudizi sulle capacità del b. a diversi stadi dello sviluppo sono soggetti a errori

sistematici: sottovalutano le capacità del b. in età prescolare e le sopravalutano in età scolare -

> quindi è importante intervistare gli adulti sulle capacità attuali del b. piuttosto che sulle

capacità pregresse, x essere + sicuri che essi forniscano info veritiere.

Nell’intervista e nel questionario le domande possono essere:

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• chiuse (sì-no/vero-falso) -> interviste e questionari strutturati, dove porre domande chiuse è vantaggioso per codificare facilmente le risposte e ridurre le risposte irrilevanti come “non so” • aperte – quando non si conoscono le diverse modalità di risposta o se le domande riguardano argomenti complessi

Svantaggi: codifica laboriosa e raccolta di info potenzialmente irrilevanti e inutili, inoltre i

soggetti devono possedere buona padronanza della lingua materna orale o scritta.

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SVILUPPO FISICO E MOTORIO

Sviluppo prenatale – Nonostante l’ambiente uterino protegga e nutra il feto, lo mantenga a

una temperatura costante ed il liquido amniotico lo preservi dagli urti, attraverso il sangue

materno passano anche sostanze chimiche, ormonali e virus che possono lasciare tracce sullo

sviluppo successivo.

Oggi si sa molto sugli agenti teratogeni, cioè su quei fattori ambientali che causano un danno

congenito nell’embrione e nel feto, come la mancanza di nutrimento adeguato o l’introduzione

di sostanze nocive, l’ingestione di talidomide nei primi 2 mesi può causare gravi

malformazioni, la nicotina e alcune droghe.

2 fasi nello sviluppo prenatale:

1) lo sviluppo dell’embrione

2) “ del feto.

Periodo embrionale – Va dall’inizio della 3^ alla fine dell’8^ settimana di gestazione,

l’embrione diventa feto, cioè organismo con caratteristiche umane.

4^ settimana - si sviluppano le cellule del sangue, si forma il sistema nervoso e il cuore.

5^ “ cervello e midollo spinale, occhi, orecchie, naso, reni e polmoni.

Alla fine del 2° mese l’embrione è lungo circa 2,5 cm.

Periodo fetale - tale periodo ha inizio con il 3° mese di gravidanza (9^ settimana).

In questo periodo la testa che era grande quanto il resto del corpo, cambia in proporzione e

diviene pari a ¼ alla fine della gestazione.

Il corpo, prima raggomitolato, si distende e durante il 4° mese, la madre percepisce

distintamente i movimenti del feto.

4-5 mese raggiunge una lunghezza di 15 cm e pesa circa 250 gr – polmoni ben sviluppati ma

con liquido amniotico e non ancora funzionanti.

4 mese periodo di crescita + veloce.

Dopo 5 mese la pelle è completamente sviluppata e compaiono capelli e unghie.

6 mese apre gli occhi e presto distingue la luce dall’oscurità

Negli ultimi mesi si completa l’accrescimento degli organi.

Il feto sembra meno attivo xché crescendo ha meno spazio all’interno dell’utero, quindi si

posiziona con la testa verso il basso per sfruttare al massimo lo spazio disponibile.

Al termine del 6°mese (26^ e 28^ settimana) il feto supera il limite minimo di

sopravvivenza in caso di nascita prematura, poiché il sistema respiratorio e il sistema nervoso

centrale sono abbastanza perfezionati.

Diagnosi prenatale – Ecografia fetale consente di valutare l’età gestazionale, crescita feto e

malformazioni.

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Metodi di analisi dei tessuti fetali (amniocentesi)- aspirazione liquido amniotico al 2°

trimestre di gravidanza (4°mese)

Prelievo dei villi coriali - + vantaggioso perché avviene attraverso la vagina e può essere

eseguito già all’8^ sett. di gestazione.

Tali esami sono raccomandati nel caso di malattie genetiche nei genitori o nelle loro famiglie

oppure se la madre ha superato i 40 anni.

LA NASCITA E IL NEONATO

Il passaggio dall’ambiente intrauterino a quello extrauterino non è facile perché il n. deve

respirare ossigeno attraverso i polmoni anziché tramite il cordone ombelicale, nutrirsi con la

bocca anziché dal sangue materno, anche se è vero che il b. può ingerire cibo grazie ai riflessi

di suzione, la termoregolazione ha ancora qualche problema, poiché mancano i tessuti adiposi.

Può già respirare poiché il riflesso respiratorio mette subito in funzione i polmoni evitando

l’ipossia (carenza di ossigeno), che viene scongiurata grazie alla produzione di livelli elevati di

ormoni dello stress, che proteggono il n. da situazioni sfavorevoli.

Nella fase neonatale è importante l’attenzione ai bisogni fondamentali per lo sviluppo, tra i

quali il rapporto madre-bambino e un precoce attaccamento al seno, in quanto l’attaccamento

al seno presenta vantaggi sia nutrizionali e di difesa contro le infezioni, sia psicologici.

La nascita dolce – Sebbene il parto in ospedale è una difesa contro la mortalità neonatale e

perinatale, presenta dei rischi per il tipo di manipolazione del n. piuttosto rude e l’uso di

tecniche dannose.

Leboyer suggerì una tecnica di parto x rendere graduale e dolce il passaggio dal grembo

materno all’ambiente esterno: attenuare le luci e rumori, adagiare il n. x alcuni minuti

sull’addome materno, recidere il cordone soltanto dopo che il b. ha cominciato a respirare

autonomamente.

Ricerche hanno mostrato che una gravidanza e un parto sereni predicono che la madre

sceglierà di allattare il b. al seno e che l’allattamento durerà abbastanza a lungo.

CRESCITA PRIMA E DOPO LA NASCITA

Crescita = a) moltiplicazione cellulare che determina l’aumento di volume dell’organismo

b) Differenziazione e sviluppo delle diverse funzioni corporee e psichiche in senso funzionale e

biochimico.

Asimmetria nella crescita -> tessuti e organi non si sviluppano assieme e con la stessa

velocità.

L’età del lattante e la pubertà sono 2 periodi in cui la velocità della crescita è + rapida.

Periodo pre - natale di crescita.

Velocità crescita = primi 6 mesi alta 1,8mm/g – rallenta dalla 35^ sett.

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Modifica delle proporzioni corporee: a 2 mesi lunghezza testa pari a metà della lungh.totale,

alla nascita si riduce a ¼ di questa.

Periodo neonatale = nascita al 28° g.

Prima infanzia = 0-2 anni

Seconda infanzia = 2-6 anni

Terza infanzia = 6-10 anni

Adolescenza = 10 anni a completamento svil. sessuale

Dopo Nascita = lung. 50 cm peso 3,4 kg – circonf. cranio 35 cm

AUMENTO PONDERALE :

al 5° MESE raddoppia peso

a 1 ANNO lo triplica

STATURA:

A 1 ANNO : AUMENTA DEL 50%

2 ANNI: aumenta di 1 cm al mese e decresce anni successivi

CIRCONF. CRANIO: aumenta di 12 cm nel 1° ANNO

Dal 2 anno e per tutta l’infanzia la crescita prosegue meno rapidamente

Nella pubertà aumenta di nuovo la crescita

Movimenti pre-natali

I movimenti pre-natali sono di natura spontanea più che riflessa, con fasi di attività e riposo.

Il feto reagisce a stimoli sonori soprattutto, ma non è certo che possa memorizzare le

caratteristiche sonore, come quelle della voce, della musica.

I primi movimenti avvengono alla 7^ settimana di gestazione, seguiti da rapide

contrazioni degli arti (sussulti) e da movimenti lenti che coinvolgono tutti i muscoli del corpo.

In seguito, schemi motori: movimenti braccia, gambe, dita e capo,stiramenti, movimenti di

suzione, singhiozzi…

Prima del parto si nota immobilità fetale, perché il feto sta maturando periodicità di momenti di

attività e riposo che si troveranno nel neonato.

Durante la fase di sonno agitato il feto sperimenta una forma di vita mentale, rielaborando le

sensazioni derivanti dal suo movimento

Nelle ultime settimane di gravidanza i periodi di tranquillità diventano + lunghi, diminuisce

il sonno agitato e aumentano i periodi di veglia, ciò prosegue anche dopo la nascita

Cosa sa fare il neonato

Postura con il capo ruotato e arti flessi a causa spazio ridotto ultime sett. gestazione

Presenta riflessi, cioè risposte motorie primitive involontarie (rotazione del capo, suzione,

riflesso del moro:quando sente un rumore forte o subisce uno shock fisico, contrae i muscoli

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dorsali con abduzione ed estensione degli arti; babinsky se gli si accarezza pianta piede,

prima stende le dita e poi le richiude; presa, marcia automatica)

I riflessi primitivi, cioè involontari non sono tali nel neonato, infatti già nelle prime fasi dello

sviluppo il sistema nervoso può produrre spontaneamente movimenti ritmici (suzione e

respirazione) o fasici.

Tra la concezione neurofisiologica classica e quella moderna vi è grande differenza: il neonato

visto come insieme di meccanismi inerti fino a che non vengono stimolati e il neonato visto

come organismo attivo, composto da sottoinsiemi interconnessi, pronto a modulare la sua

attività in funzione delle condizioni ambientali.

Riflesso del Moro: in alcuni animali i piccoli sono spesso tenuti sospesi al ventre della madre

o sugli alberi, in tale situazione una risposta di abbracciamento dopo stimolazioni brusche e

improvvise è senza dubbio utile per impedire al piccolo di cadere.

La presenza di alcuni movimenti nel neonato umano può essere dunque spiegata come un

residuo di abilità utili ad altre specie ma che nell’uomo hanno perso significato, infatti

scompaiono dopo le prime settimane di vita.

Il b. alla nascita non è sordo, cieco e insensibile; la ricerca dedicata alla vista è + ampia di

quella relativa alle altre modalità sensoriali.

Ciò che il neonato è capace di percepire dipende da quello che chiamiamo il suo stato: se

dorme oppure è sveglio…

Prechtl distingue 5 diversi stati di coscienza: sonno profondo, sonno attivo, veglia

tranquilla, veglia attiva, pianto e irrequietezza che si ripetono in modo ciclico durante la

giornata, in media ogni 2 ore.

Per stabilire uno scambio sociale con il n. il momento migliore è quando si trova nella veglia

tranquilla, dopo essere stato nutrito.

Sviluppo motorio

In pochi mesi il b. passa da una quasi totale dipendenza dall’adulto a una relativa autonomia,

grazie a cambiamenti del sistema nervoso e in particolare nella corteccia cerebrale.

Secondo la teoria classica in seguito alla maturazione del sistema nervoso comportamenti

inizialmente controllati dai centri sottocorticali, come i riflessi primitivi, passano sotto il

controllo di strutture corticali più evolute. Si spiega così come il riflesso di presa evolva nella

prensione volontaria di oggetti.

Lo sviluppo motorio segue la legge della progressione cefalo-caudale (il controllo del capo e

dell’asse corporeo precede quello degli arti) e prossimo-distale (lo sviluppo dei movimenti

delle parti prossimali precede quello delle parti distali degli arti).

Secondo l’approccio HIP, che vede la mente umana simile a un pc, lo sviluppo delle diverse

funzioni corrisponde alla costruzione di un sistema gerarchico di routine, schemi e

rappresentazioni che diventa sempre + complesso in funzione delle interazioni con gli stimoli

esterni.

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Secondo la teoria dei sistemi dinamici, lo sviluppo motorio è dovuto non tanto all’intervento di

un singolo sistema, quanto all’interazione di vari sistemi fra i quali anche i fattori ambientali

(forza di gravità) e le caratteristiche biomeccaniche dell’individuo (forze inerziali e forze

dipendenti dal movimento).

L’acquisizione di una nuova condotta, es. deambulazione, dipende dalla cooperazione tra

diversi sottosistemi.

Il modello maturativo classico prevede che la marcia automatica venga inibita dalla progressiva

maturazione dei centri nervosi che controllano il movimento, che generano la capacità matura

di camminare.

Viceversa la teoria dei sistemi dinamici ipotizza l’influenza di altri fattori di natura non

neurologica per spiegare lo sviluppo del cammino.

La scomparsa della marcia automatica e la sua ricomparsa come deambulazione è dovuta a

fattori fisici: nel lattante infatti la forza dei muscoli delle gambe non è più sufficiente a

sostenere il peso del corpo.

Nei primi 2 anni il b. conquista le principali abilità motorie riuscendo ad esplorare l’ambiente e

conquistare la posizione eretta, in modo da avere le mani libere per fare cose interessanti

anziché usarle per appoggiarsi o camminare.

Postura e deambulazione

Il neonato presenta una ipertonia dei muscoli flessori degli arti (braccia e gambe piegate),

mentre il tono dell’asse del corpo, dal quale dipende la postura, è quasi inesistente.

La prima tappa riguarda il sostenimento della testa che nei primi giorni è ciondolante.

Quando è coricato sul ventre, il b. solleva prima il mento, poi testa e spalle (2 mesi) e si

appoggia sugli avambracci (3 mesi).

4-5 mesi il b. sta seduto con un appoggio minimo, anche se l’ipotonia del tronco gli fa

assumere una posizione curva.

6 mesi sa mantenere tale posizione a lungo: la schiena è diritta ma il tronco è ancora inclinato

in avanti.

Fino alla fine del 6 mese il b. non sa spostarsi autonomamente, quindi si aiuta strisciando

con le gambe, camminando carponi, anche se alcuni b. raggiungono la deambulazione eretta

senza passare attraverso tale fase.

7 mesi sa stare seduto per un momento da solo, ma la posizione seduta senza appoggio è

raggiunta completamente verso i 9 mesi.

La posizione eretta rappresenta una nuova tappa, che il bambino comincia ad acquisire mentre

ancora perfeziona la posizione seduta già raggiunta.

Page 14: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

9 - 10 mesi è capace di tenersi in piedi sorretto o appoggiandosi e compie qualche passo,

sostenuto sotto le ascelle o appoggiandosi.

11-12 mesi sa stare in piedi da solo.

Lo sviluppo della deambulazione procede parallelamente a quello posturale, ma inizia più tardi.

1 anno sa camminare se tenuto x mano, 13-14 mesi cammina da solo.

Manipolazione - Si sviluppa durante il primo anno e mezzo e il suo progresso dipende dalla

maturazione neuromuscolare e dall’esercizio.

Alla nascita c’è una forma primitiva di prensione, il riflesso di presa, che durante il 1 mese si

indebolisce e scompare verso i 2 mesi, quando il b. sviluppa la prensione vera e propria, che si

differenzia dal riflesso poiché sotto il controllo volontario.

Nello sviluppo di tale capacità si individuano 3 tipi di avvicinamento corrispondenti alla

progressiva utilizzazione delle 3 articolazioni: spalla, gomito e polso:

1. All’inizio il b. usa solo la spalla, mentre la mano è fissa – 5-6 mesi

2. A 7-8 mesi l’articolazione del gomito consente lo spostamento dell’avambraccio e della mano avanti e indietro.

3. A 8 mesi le 3 articolazioni sono coordinate tra loro, consentendo alla mano di arrivare all’oggetto.

Prensione – all’inizio l’oggetto viene afferrato dalla parte cubitale della mano (sotto il

mignolo) senza usare il pollice (prensione cubito-palmare).

In seguito esso viene condotto verso il palmo e afferrato con 3 dita insieme, pollice, indice e

medio (prensione digito-palmare).

Infine l’oggetto viene posto sotto l’indice e la prensione implica l’opposizione fra pollice e indice

(prensione radio-digitale)

La percezione visiva ha un ruolo importante di guida all’azione della mano: il riflesso di presa

neonatale scompare verso il 2° mese e si ripresenta nei mesi successivi ma + evoluto.

Nel neonato il semplice vedere un oggetto causa l’avvicinamento del braccio ad esso, in

seguito alla maturazione fra i due canali sensoriali, l’attivazione di uno di essi (la vista) porta

ad un’inibizione dell’altro (prensione), infine quando i 2 canali sensoriali si coordinano, il

movimento di orientamento verso l’oggetto ricompare sotto il controllo visivo.

Dopo avere imparato ad afferrare e manipolare l’oggetto, il b. impara a lasciarlo andare:

inizialmente perde l’oggetto perché la mano si riapre involontariamente quando si distrae, ma

tra i 6-8 mesi, impara a lasciare l’oggetto volontariamente.

Soprattutto nel 1° semestre la prensione e la manipolazione permettono di entrare in

contatto con l’ambiente, provocando delle trasformazioni.

Page 15: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

La prensione si coordinerà ad altre capacità quali la vista e la suzione.

Differenze individuali sviluppo motorio

Ogni b. ha il proprio ritmo di sviluppo e sceglie tempi e modi che si adattano al suo stile di

movimento e ai suoi obiettivi: alcuni sono veloci nell’imparare a stare in piedi, altri + lenti, altri

saltano tappe motorie o dimenticano una competenza già acquisita e la riscoprono

successivamente.

Cause: maturazione neurologica, fattori fisici e meccanici (modifiche di ossa e muscoli),

ambientali (esperienze, motivazioni e sollecitazioni)

Naturalmente vi sono tappe importanti da rispettare: se a 4 mesi un b. non riesce a sollevare il

capo avrà un ritardo nella manipolazione, alterazioni nella percezione visiva possono condurre

a ritardi nello sviluppo posturale.

SVILUPPO SESSUALE

Al momento della fecondazione si stabilisce il sesso cromosomico dell’embrione.

All’8^ settimana di gestazione diventano riconoscibili i testicoli e alla 9^ si differenziano

dentro i testicoli le cellule che producono il testosterone, ormone responsabile della formazione

dei genitali maschili.

La gonade femminile non richiede uno stimolo ormonale specifico per differenziarsi, basta che

non venga prodotto il testosterone.

Nella pubertà si raggiunge la maturità sessuale, grazie a complessi cambiamenti ormonali.

5 FASI secondo Tanner:

1) preadolescenza

2) cambiamento puberale

5) acquisizione di caratteristiche tipiche dell’adulto

L’ordine è lo stesso x tutti, varia l’età

Il dimorfismo sessuale (modifiche della differenza fra sessi) riguarda tutti gli organi e gli

apparati: spalle, statura, forza muscolare nel maschio, larghezza fianchi nelle femmine.

La velocità max di crescita x le femmine è intorno ai 12 anni, 14 x i maschi.

Per i maschi i cambiamenti puberali ritardano in media di 2 anni rispetto alle femmine.

Dopo la pubertà il ritmo di crescita diminuisce, ma non la crescita corporea che nei maschi

dopo i 17 anni può aumentare ancora del 2%, dopo i 15 nelle femmine.

SVILUPPO SISTEMA NERVOSO

Page 16: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Il cervello cambia morfologicamente in grandezza, peso e aspetto con l’età gestazionale: al 6°

mese di gravidanza è il 21% del peso corporeo, il 14% alla nascita e il 3% nell’età adulta.

Il suo peso raddoppia nei primi 9 mesi e raggiunge il peso del cervello adulto a circa 6 anni.

Alla nascita sono presenti la maggior parte dei neuroni, ma le connessioni tra neuroni

(sinapsi) sono ancora imperfette.

Sono presenti assoni e dendriti attraverso cui si ricevono e si inviano fra cellule sostanze

chimiche e informazioni.

All’inizio sinapsi, assoni e dendriti sono superiori al numero definitivo, infatti vengono

progressivamente eliminati parzialmente, lo stesso avviene per i neuroni (morte cellulare).

Altro processo è la mielinizzazione, che inizia con la gestazione fino all’età adulta.

La mielina è una sostanza che avvolge come una guaina le fibre nervose e aumenta la

velocità di trasmissione dell’impulso nervoso: alla nascita il midollo spinale non è del tutto

mielinizzato, quindi lo sviluppo del controllo muscolare nella parte inferiore del tronco e nelle

gambe è + lento

L’esperienza ha un ruolo importante nello sviluppo cerebrale.

Vi sono periodi critici, di solito nello sviluppo postnatale, in cui esperienze traumatiche possono

causare conseguenze sull’organizzazione cerebrale, es. esperienza visiva precoce

sull’organizzazione della corteccia visiva e comportamento (esper. se gatto neonato viene

privato della vista di un occhio, il cervello perde la capacità di fondere gli stimoli provenienti

dai 2 occhi, visione binoculare)

Page 17: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

SVILUPPO PERCETTIVO

Il mondo percepito non corrisponde esattamente al mondo reale, ma è il risultato di mediazioni

e attività svolte dall’organismo, la percezione consente di analizzare, selezionare, organizzare

in modo coerente i dati dell’ambiente.

Sensazione: effetto soggettivo e immediato provocato dagli stimoli sui vari apparati

dell’organismo (uditivo, visivo…), processo con il quale le info dell’ambiente vengono recepite

dai recettori sensoriali e trasmesse al cervello.

Percezione: processo attivo e dinamico di elaborazione degli stimoli sensoriali attraverso

l’analisi, selezione, coordinamento ed elaborazione delle info.

Secondo la teoria empirista della percezione, Helmholtz concepisce il neonato come una tabula

rasa, su cui si imprimono i dati dell’esperienza e dell’apprendimento, attraverso tali esperienze

si svilupperebbe la percezione vera e propria, processo che si affina progressivamente per

organizzare in modo significativo i dati forniti dalla sensazione.

James parla di un “ronzio indistinto” dei vari stimoli sensoriali sul neonato, che solo con

l’esperienza assume significato.

Nel secolo scorso, però, si è diffusa l’idea che la struttura percettiva della realtà contenga degli

elementi già organizzati a cui l’essere umano è predisposto e che può cogliere in modo

immediato grazie alla sua dotazione innata.

I b. nascono infatti con facoltà percettive e predisposizioni + ampie di quelle ipotizzate dagli

empiristi, anche se non vi è dubbio che la stessa capacità infantile di apprendere

dall’esperienza sia nettamente superiore a quella ipotizzata dagli innatisti.

Percezione gustativa e olfattiva

Sensibilità gustativa: fin dalle prime ore i n. sanno manifestare configurazioni facciali

differenziate ai sapori piacevoli o meno, che denotano soddisfazione, come x i sapori dolci, o

disgusto x sapori amari e acidi.

Le sensazioni gustative e olfattive sono importanti non solo x la nutrizione, ma hanno un

valore adattivo per il ruolo di mediazione nella relazione con l’adulto che si prende cura del b.

I n. discriminano tra varie concentrazioni di zucchero, le soluzioni salate aboliscono il riflesso di

suzione e quelle dolci lo provocano, segno di capacità discriminative tra i 2 sapori.

La sensibilità olfattiva è ben sviluppata alla nascita, il n. reagisce a vari tipi di odore, come

l’ammoniaca, l’anice o l’acido acetico e in particolare al latte della madre, che viene distinto

addirittura dall’odore del latte di altre donne e che sembra stimolare un’attività motoria

generale e movimenti orientativi del capo, necessari a guidare il piccolo verso il capezzolo.

Page 18: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Percezione uditiva

Nel n. la conformazione anatomica dell’organo recettore non presenta sostanziali differenze

rispetto all’adulto, anche se le dimensioni del condotto uditivo esterno, della membrana del

timpano e la cavità dell’orecchio medio non sono tali da consentire la trasmissione efficace

delle vibrazioni sonore.

Quindi nonostante i n. percepiscano gli stimoli sonori in modo attutito rispetto all’adulto, sono

reattivi ai suoni dopo la nascita e orientano la direzione degli occhi della testa verso un suono

ritmico soprattutto se testati al buio, senza stimoli visivi.

I n. discriminano suoni umani da altri tipi di suoni e preferiscono la voce materna.

Mostrano già a pochi giorni una sensibilità precoce al ritmo, intonazione, variazione di

frequenza e componenti fonetiche della lingua madre.

Attraverso registrazioni elettromiografiche delle reazioni, i n. mostrano una maggiore

rispondenza ai suoni simili al linguaggio umano piuttosto che ai suoni puri, segno che

l’apparato uditivo alla nascita è predisposto a recepire la voce, in particolare quella materna.

La preferenza per la voce materna alla nascita dipende dal fatto che tale stimolo uditivo viene

recepito già nella fase fetale (apprendimento prenatale), al contrario il feto non sa distinguere

la voce della madre da quella di un’estranea, quando entrambe giungano solo da canali

esterni.

Dopo la nascita predilige ancora il suono proveniente dagli organi interni, ma è già capace di

discriminare la voce normale della madre da quella di altre donne.

Il n. mostra preferenza per i suoni ritmici più che per i suoni isolati e capacità di distinguere

stimoli verbali e non verbali come quelli musicali.

Nei primi gg. è presente una forma di sincronia interattiva, una modulazione tra i movimenti

del b. e discorso dell’adulto che si verifica anche in risposta a conversazioni registrate nel ritmo

naturale della lingua parlata, ma non se lo stimolo è costituito da voci sconnesse oppure da

suoni come il tamburellare.

Caratteristiche fonologiche della lingua – I b. non solo discriminano i fonemi della propria

lingua, ma mostrano abilità anche nei confronti di altre lingue, discriminando tra categorie

fonetiche diverse, come le occlusive sonore (b,d,g) da quelle sorde (p,t,k), non vi sono quindi,

differenze sostanziali fra adulti e neonati.

Si tratta di un’abilità che deriva da una dotazione innata che permette al b. di riconoscere la

lingua parlata da altri tipi di suoni fin dalla + tenera età.

Con lo sviluppo, già a 4 anni, tale capacità innata di discriminazione fonetica diminuisce, ciò a

causa delle influenze dell’ambiente, può essere mantenuta solo se sostenuta dall’esperienza.

Page 19: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Percezione visiva

Il sistema visivo è ancora imperfetto a causa di una incompleta maturazione del sistema

visivo e nervoso: la macula lutea posta nella retina, ancora immatura, impedisce la acuità

visiva cioè la possibilità di percepire i dettagli. Ciò migliora intorno al 1° mese e si completa

al 4°.

La immaturità del sistema nervoso implica la imperfetta mielinizzazione delle fibre delle vie

ottiche che impedisce sia una rapida trasmissione dei messaggi al cervello, sia una adeguata

motilità oculare.

Fino a circa 1 mese il coordinamento binoculare (movimento sincronico di entrambi gli occhi

che consente la visione tridimensionale, cioè distanza e profondità) e l’accomodazione del

cristallino, che consente la messa a fuoco di oggetti posti a diverse distanze è minima.

I movimenti oculari consentono l’ispezione visiva dell’ambiente e sono governati dalla zona

motoria corticale che alla nascita è abbastanza sviluppata, come pure l’area corticale della

proiezione visiva situata nella zona occipitale: il n. può quindi percepire luci, buio, colori..

Egli può compiere i movimenti coniugati che consentono un’ampia esplorazione del campo

visivo, in direzione orizzontale + che verticale e i movimenti di inseguimento che gli

consentono di seguire uno stimolo che si sposta dal centro del suo campo visivo verso la

periferia.

Il riflesso pupillare indica che il n. è sensibile alle diverse intensità degli stimoli visivi.

La coordinazione e convergenza indispensabili per la messa a fuoco degli stimoli e per la

percezione della profondità, assenti alla nascita, compaiono poche ore dopo.

Inizialmente il n. mette a fuoco solo oggetti vicini (circa 25 cm), a 2-3 mesi percepisce

correttamente l’ambiente che lo circonda.

Il n. presenta una limitazione delle capacità attentive che gli impedisce di prestare attenzione

per lungo tempo agli oggetti e alle persone a lui vicini; un grande miglioramento avviene entro

i 3 mesi con lo sviluppo della visione binoculare e messa a fuoco degli oggetti con entrambi gli

occhi.

Percezione cromatica – Il b. percepisce le sfumature cromatiche, preferisce i colori + saturi,

rosso e blu e sa distinguerli indipendentemente dalla brillantezza.

Alla nascita discriminano il rosso, se messo a confronto col verde o blu; a 3 mesi possiedono

una buona visione tricromatica, poiché capaci di differenziare 3 tonalità, rosso, blu e verde.

A 4 mesi la percezione cromatica somiglia molto a quella adulta.

L’attenzione focalizzata

Page 20: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Nelle prime settimane i n. esplorano visivamente gli stimoli che attirano la loro attenzione,

interrompendo l’attività di suzione se incuriositi, segno di percezione dei cambiamenti

nell’ambiente.

L’attenzione selettiva indica che i n. di meno di 1 settimana preferiscono gli stimoli curvilinei a

quelli acuminati, anche se tale preferenza svanisce quando gli stimoli sono collocati su uno

sfondo omogeneo.

Anche i contorni attirano l’attenzione, maggiormente se curvilinei e le figure strutturate e

complesse rispetto a quelle uniformi e semplici.

L’attenzione focalizzata è segno di attività cognitiva: si ritiene che la direzione dello sguardo e

i tempi di fissazione nell’esplorare uno stimolo indichino un’attività cognitiva che seleziona,

elabora e immagazzina le info.

I n. sono attratti dalla novità dello stimolo e dalla sua complessità ed impiegano + tempo per

osservare oggetti complessi rispetto ad uno stimolo già noto o semplice.

L’elaborazione degli stimoli è + veloce col progredire dell’età perché i b. diventano capaci di

cogliere la relazione tra le singole unità di informazione e quindi impiegano meno tempo nella

percezione dello stimolo.

Esistono differenze individuali nelle strategie utilizzate per selezionare ed elaborare lo stimolo:

1. short lookers: b. con tempi di reazione brevi poiché analizzano prima gli aspetti generali e poi quelli particolari;

2. long-lookers: b. che analizzano elemento x elemento con tempi lunghi di fissazione anche se, quando le condizioni dello stimolo sono facilitanti, tale strategia cambia e si comportano come gli short-lookers, quindi come gli adulti -> le caratteristiche dello stimolo influenzano la strategia.

L’attenzione obbligatoria – Consiste nella fissazione protratta a lungo, con concentrazione,

nei primi mesi di vita, con difficoltà a distogliere lo sguardo, ciò dimostra il carattere coercitivo

che esclude la volontarietà nell’esplorazione.

In seguito il n. mostra segni di stress, irritabilità e di pianto.

I n. sono costretti a fissare gli stimoli a causa della imperfetta coordinazione tra sistema

oculomotorio e sistema attenzionale oppure a causa di una incompleta maturazione neuronale.

Secondo la prospettiva classica, la coordinazione tra il sistema attenzionale e quello

oculomotorio, separati alla nascita, si manifesta in seguito alla maturazione dai 3-4 mesi.

L’attenzione obbligatoria è causata da un controllo assente o carente, sul sistema

oculomotorio, da parte dei meccanismi centrali ancora immaturi alla nascita.

Secondo la prospettiva + recente l’attenzione obbligatoria è un fenomeno connesso alla

comparsa di un secondo circuito neurale che ha lo scopo di inibire l’orientamento verso stimoli

periferici ed inibisce temporaneamente il controllo oculomotorio.

Page 21: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Preferenza per il volto

E’ innata ed ha significato adattivo, cioè favorisce le relazioni tra gli esseri umani ed in

particolare il legame di attaccamento.

Secondo Schaffer esiste una predisposizione iniziale per il volto umano che stimola

l’attenzione selettiva, come per la voce umana-

La conoscenza del volto procede gradualmente e si fonda sull’abilità percettiva di individuarne

le caratteristiche invarianti, cioè percepirne gli aspetti salienti e comuni anche ad altre forme e

poi sull’abilità di discriminare tra diverse configurazioni facciali.

La percezione del volto – Il riconoscimento del volto implica la percezione globale

diversamente dalla scomposizione in singoli elementi che guida l’esplorazione degli oggetti.

Il volto attrae il n. per caratteristiche che lo contraddistinguono: la nitidezza dei contorni, il

movimento e forse la simmetria e la complessità: la esplorazione visiva è guidata dalle stesse

regole che accompagnano l’esplorazione di forme geometriche o oggetti.

I contorni marcati e nitidi vengono esplorati a 1 mese: i n. muovono gli occhi soprattutto nella

esplorazione delle zone di confine tra il collo e il mento e tra fronte e capelli, quindi sul

margine esterno delle forme, non effettuano un’esplorazione globale.

A 2 mesi il b. esplora gli elementi interni del volto, occhi e bocca in particolare.

Mentre prima la ricerca visiva si concentrava su singole caratteristiche, ora si focalizza su vari

elementi relativi ai dettagli interni e esterni.

Il b. è in grado di discriminare sempre + accuratamente, con capacità percettive globali che

non tengono + conto delle singole parti ma delle caratteristiche del volto nella sua globalità.

A 2 settimane, i n. sono attratti da volti in movimento e + avanti da volti le cui pupille si

muovono + rapidamente.

Il n. preferisce stimoli di forme varie e complessi (contrasto, luminosità o contorni) che

influiscono sui tempi di fissazione.

Secondo alcuni studiosi la complessità dello stimolo non sembra rilevante: quando il b. a 2

mesi è capace di discriminare tra vari stimoli, non è attratto dalla complessità e dalla

simmetria, ma da altri fattori, quali la somiglianza con un volto normale.

Infatti la regolarità del volto è altro elemento di attrazione ed il n. la preferisce anche quando

questo è messo a confronto con stimoli luminosi e nitidi.

L’ipotesi strutturale di Johnson e Morton considera il n. dotato di un meccanismo sottocorticale

detto Conspec, che lo rende selettivamente sensibile alle caratteristiche del volto e gli

Page 22: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

consente di discriminare tale stimolo dagli altri: -> anche il volto è percepito come un tutto e

non componendolo in parti.

Riconoscimento del volto – Vari studi hanno confermato che già a 4 giorni il n. guarda + a

lungo il volto della madre rispetto a quello di una persona non familiare.

I n. a 4 gg e fino a 3-4 settimane, sebbene guardino + a lungo il volto della madre non sono in

grado di discriminare in base ai soli dettagli interni del viso.

Infatti, se la madre e una persona estranea hanno la testa coperta falliscono nel compito.

B. + grandi, al contrario riescono a differenziare il viso della madre quando hanno il capo

celato da una sciarpa: ->fanno riferimento ai dettagli interni del viso.

Se però le donne hanno il viso coperto e si possono riconoscere solo in base a dettagli esterni,

la discriminazione non avviene prima dei 4 mesi.

La percezione delle caratteristiche interne non è indipendente da quelle esterne e quando si

trovano di fronte ad un volto completo, la discriminazione è precoce.

Con l’età cresce l’attenzione nei confronti dell’estraneo che, a partire dai 3 mesi, comincia ad

essere attentamente osservato.

Contemporaneamente si perfeziona anche l’attenzione ai segnali emotivi: a 3 mesi sanno

discriminare un volto sorridente da uno imbronciato e rivelano sensibilità alle diverse

espressioni del volto.

Tra i 3 e i 7 mesi capacità di riconoscere le diverse espressioni emotive, che attesta una certa

comprensione del significato di tali espressioni.

Sono attratti da volti attraenti intorno ai 3 mesi, in quanto con la maturazione cognitiva il b.

costruisce dei “prototipi del volto” in generale ed i visi attraenti sono considerati + vicini alla

rappresentazione che essi si costruiscono sulla base dell’esperienza.

Costanze percettive e percezione della profondità

I neonati possiedono anche le costanze percettive, la costanza della forma, cioè

percepiscono identiche delle sagome viste da angolature diverse, e della dimensione, ossia la

percezione che un oggetto è sempre lo stesso pur se a distanze diverse: essi percepiscono cioè

la forma e dimensione di un oggetto come invariate, pur al variare delle stimolazioni.

Dai 6 mesi il n. possiede la percezione della distanza e della profondità – v. precipizio visivo

di Gibson - tecnica comportamentale x studiare la percezione della profondità: impiegato solo

se il n. sa camminare o gattonare, viene fatto camminare su piano rialzato, che si prolunga con

un vetro trasparente dello stesso colore del pavimento per dare l’impressione di un precipizio,

se il b. si ferma mostrando timore quando arriva alla soglia del vetro dimostra percezione della

profondità.

Page 23: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Percezione forme - La percezione segue la legge della chiusura della forma che prevale sulla

continuità di direzione: i b. di 3-4 anni non danno peso alla continuità delle linee e descrivono

linee che si incrociano dando vita a forme chiuse che evocano immagini varie, come casette e

quadratini poiché vincolati alle forme che emergono.

Solo a 5-6 anni descrivono le linee continue come una linea greca attraversata da una retta,

vengono cioè percepite come margini figurali.

Tale percezione che assegna alle linee il significato di contorno viene adottata anche quando si

osservano figure o oggetti dal contorno tratteggiato (figure dal contorno lacunoso)

+ il b. è piccolo meno riesce a riconoscere una forma se il contorno è frammentato, anche se

aiutati, già a 3 anni e ½ migliorano le prestazioni.

Fino a 2 anni i b. preferiscono la forma allungata o a punta, al colore.

Fra i 3-4 anni preferiscono il colore, dopo i 4 anni si impone una preferenza per la forma,

anche se non in modo esclusivo.

Sincretismo percettivo – E’ l’incapacità di passare dal tutto alle singole parti dello stimolo.

Le linee non organizzate in una forma favoriscono una migliore riorganizzazione dell’insieme.

I b. con meno di 7 anni di fronte ad uno stimolo con una forma ben identificabile fanno fatica a

sostituire un elemento ombreggiato, inserito nella struttura, con un altro elemento della stessa

forma ma di colore diverso, inserito in un altro insieme.

Ciò perché la struttura unitaria polarizza l’attenzione del b. piccolo in quanto estrarre un

elemento da strutture percettive unitarie che vengono percepite come un insieme costringe ad

un’analisi che richiede + tempo.

Con l’età si affinano le capacità analitiche.

Non si tratta però di un problema legato alla visione, ma sono importanti le influenze derivanti

dall’esperienza e le proprietà strutturali degli stimoli, così come studiato nella Gestalt:

quando l’insieme corrisponde ad una forma semplice o forte, esso tende ad imporsi, ma se le

singole parti rappresentano oggetti familiari o particolari vistosi, vengono preferite all’insieme

non noto, i b. percepiscono i dettagli se significativi o vistosi.

Se mostriamo ad un b. il modello isolato di una figura e poi gli chiediamo di trovarlo in

un’immagine + grande dove è mascherato, fino a 5-6 anni i b. hanno grandi difficoltà a

risolvere il compito perché non sanno contrastare le forze percettive dell’organizzazione

usando una strategia analitica.

Quindi il sincretismo non è sinonimo di un generico globalismo, ma una difficoltà ad

organizzare gli stimoli in modo flessibile e quindi una tendenza a cogliere le strutture

spontaneamente prodotte, con + immediata evidenza.

Si distinguono 3 periodi nello sviluppo percettivo:

1. la percezione originariamente sincretica (globale – indifferenziata) diventerebbe 2. analitica per poi diventare 3. sintetica (globale – differenziata)

Mentre l’adulto percepisce un insieme strutturato, cioè organizzato nelle sue parti, nel caso del

b. il tutto o i dettagli sono distinti gli uni dagli altri senza un’integrazione.

Page 24: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Percezione visiva nella fanciullezza

Intorno a 6 anni c’è un’evoluzione nella percezione determinata dallo sviluppo cognitivo;

anche sul piano neurofisiologico, le vie di connessione tra le cellule della corteccia cerebrale

maturano come pure il potenziale bioelettrico cerebrale.

Le capacità analitiche consentono di superare il sincretismo, tra i 6-9 anni.

Nei compiti di individuazione delle figure mascherate è + facile svincolarsi dal dato percettivo

primario per riuscire a scomporre e ricostruire lo stimolo.

Si assiste alla articolazione gerarchica del campo fenomenico e alla capacità di adottare una

prospettiva reversibile che consente di esplorare il tutto per passare alle singole parti

tornando alla totalità.

La capacità di compiere una esplorazione esaustiva è segnalata dal numero di movimenti

oculari per esplorare forme diverse su cui esprimere un giudizio di uguaglianza.

Si perfeziona la capacità di raggruppare in classi, grazie alla plasticità dei sistemi percettivo e

cognitivo, che permette di utilizzare attributi concettuali e non veicolati dalla forma e dal

colore.

Durante la fanciullezza la costanza della grandezza progredisce, consentendo la percezione

di oggetti collocati a distanze sempre + ampie.

Si raggiunge la costanza perfetta e il fenomeno della supercostanza, cioè una tendenza

compensatoria per la quale si percepisce un oggetto distante come leggermente + grande di

quanto sia.

Tale fenomeno non si manifesta in tutte le condizioni: se la consegna è di tipo fenomenico,

all’interno di una condizione percettiva naturale, il fenomeno non si presenta, diversamente

dalle condizioni di laboratorio, caratterizzate da istruzioni restrittive e oggettive.

Anche la costanza della forma subisce un incremento positivo nella fanciullezza: se al soggetto

si chiede di individuare una forma non quale è, ma come la sua proiezione la fa apparire (es.

un rettangolo inclinato che appare come un trapezio), la costanza della forma decresce dai 5 ai

12 anni; con una consegna di tipo obiettivo, in cui si chiede al sogg. di individuare la forma

come è effettivamente, la percezione della costanza cresce con l’età, fino a completarsi

nell’adolescenza.

Page 25: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

LO SVILUPPO COGNITIVO

Secondo Piaget la conoscenza non deriva da una passiva ricezione di stimoli, ma dall’azione,

sia motoria, sia mentale (riprodurre col pensiero eventi o confrontare oggetti, contare,

trasformare immagini mentali…)

Respinge quindi la teoria innatista e quella ambientalista del comportamentismo.

Propone la teoria organistica:

1) lo sviluppo è comprensibile all’interno della storia evolutiva della specie;

2) l’organismo è attivo e si modifica con gli scambi con l’ambiente;

3) lo sviluppo consiste nella trasformazione di strutture che non sono innate, ma si costruiscono con l’attività dell’individuo

Secondo P. l’intelligenza è ASSIMILAZIONE -> uno dei modi in cui un organismo

interagisce con l’ambiente e al tempo stesso è ACCOMODAMENTO

Alla base dei progressi cognitivi ci sono gli invarianti funzionali, cioè le funzioni che

caratterizzano la vita stessa, essendo presenti in tutti gli esseri viventi.

Essi sono: l’equilibrio e l’adattamento, quest’ultimo diviso in:

1. L’assimilazione (tende alla conservazione) consiste nell’incorporare nei propri schemi i dati dell’esperienza, come avviene quando si applica ad un oggetto uno schema motorio (prendere in mano un oggetto).

2. L’accomodamento (tende alla novità)quando gli schemi attuali vengono modificati per adattarli ai nuovi dati = riguarda l’azione con cui l’ambiente costringe l’organismo a modificare le azioni, ad es. i movimenti delle dita per prendere un oggetto o modificare un concetto in modo da includere anche nuovi oggetti.

In alcuni comportamenti prevale l’assimilazione, come nel gioco; in altri, come l’imitazione,

prevale l’accomodamento, in quanto porta all’acquisizione di nuove abilità

L’adattamento c’è quando assimilazione e accomodamento sono in equilibrio, cioè

nessuno dei due predomina sull’altro.

STADI DI SVILUPPO

Le acquisizioni di uno stadio non si perdono passando allo stadio successivo, ma sono integrate

= integrazione gerarchica tra stadi.

La sequenza è la stessa in tutti gli individui, può variare solo la velocità con cui sono raggiunti i

vari stadi.

Page 26: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

P. ha condotto osservazioni sistematiche sui suoi figli, creando delle situazioni critiche (es.

nascondere un oggetto) x verificare la reazione del b.; tale tecnica è un metodo di indagine

utile x studiare lo sviluppo intellettuale quando il b. non può ancora fornire risposte verbali.

4 stadi

1. Stadio SENSOMOTORIO (dalla nascita a 2 anni circa) • i b. non sono ancora capaci di evocare mentalmente oggetti ed eventi • le loro azioni si limitano a percezioni ed azioni motorie guidati da schemi

sensomotori, piani di azione che collegano percezioni e movimenti, all’inizio molto semplici e privi di coordinamento che si trasformano in azioni sempre + complesse (prendere un oggetto e portarlo alla bocca, prendere uno sgabello, metterlo davanti alla credenza e salire x prendere qualcosa)

• il b. non fa progetti o si propone scopi, ma reagisce solo al presente immediato Tale periodo è diviso in 6 sottostadi, tanto sono numerose ed importanti le conquiste che i bambini riescono ad ottenere in questi primi due anni di vita

I stadio (0-1 mesi): esercizio dei riflessi – Nel 1° mese gli i. si limitano a esercitare gli

schemi di prensione, visione, fonazione, suzione in modo isolato l’uno dall’altro.

Non esiste ancora, secondo P, la coordinazione intermodale

Le uniche strutture di cui il b. è dotato alla nascita sono schemi riflessi, cioè coordinazioni

neuromuscolari innate; alcuni restano immutati (starnuto), altri (riflesso di Moro) scompaiono,

altri quali le azioni congenitamente organizzate come muovere la testa per cercare il capezzolo

(prima era solo in grado di succhiare quando il seno si avvicinava alla bocca), si modificano

dimostrando l’accomodamento.

Nasce la capacità di discriminazione: il n. sazio accetta di succhiare qualsiasi oggetto, mentre

se ha fame rifiuta qualsiasi sostituto del capezzolo.

In tale sottostadio il bimbo non differenzia fra sé e la realtà est.: egocentrismo assoluto o

radicale.

II stadio (1-4 mesi): reazioni circolari primarie (incentrate sul corpo, es. fare bollicine di

saliva, suoni) e i primi adattamenti acquisiti – E’ una sintesi di assimilazione e

accomodamento che porta all’acquisizione di nuovi schemi (le prime abitudini).

Grazie alle reazioni circolari primarie, quando il b. ottiene un risultato interessante cerca di

conservarlo attraverso la ripetizione (mentre sta smettendo di piangere è colpito da un suono

che sta emettendo e cerca di ripeterlo).

Inizia la coordinazione (o assimilazione reciproca) di vari schemi (gira il capo x guardare

nella direzione da cui proviene un suono, coordinando visione e audizione)

Non si parla ancora di intelligenza perché tali scoperte avvengono x caso, ma la capacità di

conservare i dati dell’esperienza trasforma l’organizzazione biologica in organizzazione

psicologica.

Page 27: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

III stadio (4-8 mesi): le reazioni circolari secondarie e i procedimenti per far durare

gli spettacoli interessanti. – Grazie alle reazioni circolari secondarie (il b. nota il suono

prodotto agitando un sonaglio e ripete i movimenti per udirlo ancora) si formano schemi

secondari, cioè che consentono di produrre effetti visivi o sonori scuotendo gli oggetti o

agitando le braccia per muovere la culla. (= INTERESSE PER REALTA’ EST.)

Arriva a coordinare la visione e la prensione, cioè a guardare le mani mentre le muove, a

portare davanti agli occhi qualcosa che ha afferrato.

Non conoscendo ancora i nessi causali secondo i quali le loro azioni provocano certi effetti, essi

usano delle azioni che in certi casi hanno avuto successo (se P. interrompeva un’azione che

suo figlio seguiva con interesse, questi per farla continuare eseguiva tutti gli schemi del suo

repertorio (agitare le braccia, sbattere le gambe, rizzarsi in piedi) che in passato avevano

provocato l’azione che il padre aveva interrotto).

Tali atteggiamenti denotano una causalità magico-fenomenistica.

IV stadio (8-12 mesi): coordinazione degli schemi secondari e loro applicazione a

situazioni nuove – In tale stadio il comportamento del b. è definito intenzionale, poiché lo

scopo è chiaramente distinto dal mezzo.

Gli schemi secondari vengono coordinati, uno funge da fine e l’altro da mezzo (se un

oggetto si trova dietro ad un altro, l’i. sposta quest’ultimo per afferrarlo; anche una persona

può fungere da mezzo: prendere la mano del genitore per far azionare un giocattolo).

La scoperta di un mondo fuori di sé e l’interesse per la novità, porta a comportamenti

esplorativi in cui ogni oggetto è assimilato a tutti gli schemi disponibili (es. battere, lanciare,

scuotere) allo scopo di conoscerlo.

Il b. cerca gli oggetti che nascondiamo davanti a lui, ma concepisce la realtà come un

prolungamento della propria azione: ritrovato un giocattolo nascosto sotto un cuscino, lo

cercherà nello stesso posto anche se ha visto nasconderlo in un altro.

V stadio (12-18 mesi): la scoperta di mezzi nuovi mediante sperimentazione attiva

I b. si impegnano attivamente nella ricerca di nuovi mezzi x raggiungere gli obiettivi.

Es. con vari tentativi scoprono che un oggetto può venire avvicinato in diversi modi (tirando il

supporto su cui si trova, usando un altro oggetto x spingerlo a sé).

La scoperta di schemi nuovi avviene mediante le reazioni circolari terziarie: quando trova

un risultato interessante il b. non lo ripete + semplicemente, ma lo modifica per

studiarne la natura (fanno continuamente cadere vari oggetti modificando ogni volta il

movimento del polso o la posizione del braccio, in modo da osservare come cambia la

traiettoria della caduta, fanno ruotare lentamente gli oggetti che tengono in mano, osservando

con attenzione il mutare del loro aspetto).

Sono esperienze per vedere, caratterizzate dall’interesse x la novità.

3 condotte tipiche:

Page 28: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

1. condotte del supporto (avvicinare un oggetto attirando a sé il supporto su cui poggia); 2. condotte della cordicella, utilizzata come prolungamento dell’oggetto, per entrarne in

possesso 3. condotte del bastone, utilizzato come strumento per raggiungere oggetti collocati fuori

del campo di prensione

Per quanto riguarda la ricerca dell’oggetto, non fanno + l’errore “A non B”, (L’errore “A

non B” consiste nella ricerca di un oggetto, che è stato nascosto prima in un posto A e poi in

un altro B, e viene cercato sempre nel primo nascondiglio A), ma cercano l’oggetto nel secondo

nascondiglio, a condizione che sia giunto lì attraverso spostamenti visibili.

In tal modo affinano la comprensione dei rapporti spaziali e causali.

Scoprono i diversi effetti delle loro azioni e le condizioni da rispettare per ottenere i risultati

desiderati (es. un bastone deve toccare un oggetto in modo diverso a seconda che si voglia

allontanarlo o avvicinarlo), l’esistenza di cause indipendenti dalle loro azioni, es. una pallina su

un piano inclinato rotola da sola senza bisogno di spinte.

La causalità appare così obiettivata ed esteriorizzata.

Si assiste alla differenziazione tra causalità psicologica e fisica: i b. non agiscono + sulle

persone come fossero oggetti inanimati, spingendone le mani x farle agire, ma comunicano i

loro desideri.

VI stadio (18-24 mesi): la scoperta di mezzi nuovi mediante sperimentazione

mentale – Emerge la funzione simbolica o semiotica o rappresentativa, capacità di

evocare mentalmente oggetti o situazioni non percettivamente presenti: di fronte ad

una situazione nuova i b. trovano la soluzione subito o dopo brevi esitazioni, senza mettere in

atto vari tentativi, cioè risolvono il problema nella mente (azioni interiorizzate),

immaginando diverse azioni e i loro esiti.

L’oggetto scomparso viene ritrovato anche a seguito di spostamenti invisibili: compare il

concetto di permanenza dell’oggetto, cioè la nozione di una realtà est. fatta di oggetti che

esistono anche se non sono percepiti.

La funzione semiotica produce progressi cognitivi anche:

nel concetto di spazio: i b. si rappresentano mentalmente percorsi anche se non li hanno visti

nella causazione, ai b. basta percepire un effetto per capire che qualcosa lo ha provocato, anche se in quel momento non lo percepiscono;

nel tempo, i b. possono ricordare vari eventi passati e prevederne o immaginarne di futuri.

2. Stadio PREOPERATORIO (2-6 anni), si formano gli schemi mentali, con la comparsa del linguaggio, del gioco di finzione, del disegno, che consentono di rappresentare mentalmente oggetti ed eventi; tuttavia vi è ancora incapacità di cooperare con gli altri, derivata da un egocentrismo intellettuale, cioè l’incapacità di differenziare il proprio punto di vista da quello degli altri (compito delle 3 montagne viste da varie prospettive)

La capacità rappresentativa si manifesta anche con:

Page 29: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

• l’imitazione differita, cioè eseguita per la prima volta a distanza di tempo da quando si è osservato ciò che si imita

• il gioco simbolico, si distingue dalla modalità di gioco degli stadi precedenti perché, non è più la vista di un oggetto che induce a riprodurre gli schemi (es. vista del letto), non vi è più la corrispondenza tra oggetti usati e schema, infatti i b. possono fingere che un cubo sia un letto, trattandolo come simbolo.

• l’uso del linguaggio, i b. usano le parole anche per descrivere cose non presenti, mostrando di saper utilizzare schemi verbali x designare una realtà che si rappresentano mentalmente (COMPITO DELLE 3 MONTAGNE viste da varie prospettive)

Le azioni mentali sono rigide e irreversibili e a causa di ciò ogni rappresentazione mentale

rimane isolata e non si coordina con le altre (pensiero prelogico o intuitivo)

Una fila di 6 gettoni blu: chiediamo di costruirne altra con 6 gettoni rossi:il b. in età prescolare

farà una fila della stessa lunghezza ma di numero diverso, valutando la quantità in base allo

spazio occupato.

Verso i 6 anni metterà un gettone rosso accanto a ciascun gettone blu: è l’uguaglianza delle 2

file che assicura la corrispondenza tra termini; ma se distanziamo i gettoni di una fila, il b. non

riconosce l’equivalenza delle due file perché non occupano + lo stesso spazio: valuta

l’equivalenza in base a indici visivi e non di ragionamento logico.

3. Stadio operatorio concreto (7-11 anni), vi è coordinazione degli schemi mentali che diventano operazioni concrete e sono caratterizzate dalla reversibilità, cioè ad ogni operazione ne corrisponde una inversa: il b. capisce che le azioni possono essere rovesciate fisicamente e mentalmente e successivamente tornare alla situazione iniziale (bicchiere d’acqua versato in altro bicchiere + stretto: riconosce che quantità è =) Acquisiscono il concetto di conservazione della sostanza e + tardi la conservazione del

peso e del volume (b. di 7-8 anni pur avendo riconosciuto che la salsiccia di plastilina ha

tanta pasta quanto la pallina, non dirà che essa pesa di +)

4. Stadio operatorio formale (dopo gli 11-12 anni), è la tappa più avanzata dello sviluppo dell’intelligenza, di tipo ipotetico-deduttivo, nella quale è possibile risolvere non solo i problemi presentati in forma verbale, ma anche quelli formulati in modo astratto (es. algebrici). Ipotetico perché individuati i fattori coinvolti in un fenomeno, li varia in modo sistematico per

verificare quali causino quel fenomeno.

Deduttivo perché consente di stabilire le relazioni logiche tra fatti e regole generali. Opera su

un piano astratto, non ha bisogno di supporti materiali.

Il b. deve incominciare a ragionare in termini di eventi possibili e non solo di fatti reali

(compito del pendolo: corde di varia lunghezza con appesi pendoli di vario peso, i b. devono

capire quale elemento, se peso, oggetto, forza della spinta, etc. influiscono sulla durata della

oscillazione del pendolo = la lunghezza della corda)

CRITICHE A PIAGET

I compiti di P. rendono difficile fornire risposte corrette, presentando situazioni più realistiche

della vita quotidiana, si ottengono migliori capacità di ragionamento.

Page 30: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Nel compito delle 3 montagne dove i b. di 8 anni in genere falliscono, è possibile che le loro

risposte egocentriche siano dovute al modo in cui il compito viene presentato, è astratto, non

tiene conto degli interessi e delle esperienze tipiche del b. di quest’età, al contrario del compito

del “ragazzo e il poliziotto”, dove la situazione + realistica, mostra che anche i b. di età

prescolare sanno tener conto del punto di vista altrui.

Non viene comunque negato l’egocentrismo e il ragionamento intuitivo, caratteristici

del periodo preoperatorio.

Le prestazioni inadeguate dei b. in età prescolare nei compiti piagetiani non sono dovute

necessariamente a mancanza di competenza, viceversa i modi + efficaci con cui i b. + grandi

risolvono compiti di classificazione, seriazione e conservazione, potrebbero derivare dal

possesso di maggiori conoscenze, non dall’età.

L’esistenza degli stadi: il test + diretto è verificare se il b. ha una prestazione costante

nell’eseguire i vari compiti che richiedono la stessa forma di logica, ovvero lo stesso stadio.

Se avesse ragione P., il b. dello stadio operatorio applicherà la stessa logica a vari problemi,

quindi una coerenza orizzontale; in realtà non c’è stabilità nelle risposte che un soggetto

fornisce a compiti diversi, infatti il b. può trovarsi in una certa fase per quanto riguarda un

compito e in un’altra x un altro compito.

Fisher propone una serie di livelli di sviluppo che esprimono il livello ottimale, cioè il massimo

rendimento di un b. in condizioni facilitanti (istruzioni chiare, alta motivazione).

In sintesi, tutti riconoscono che lo sviluppo cognitivo procede secondo sequenze universali e

che i b. acquisiscono i concetti fondamentali con lo stesso ordine.

Secondo P., il b. non è influenzato dal contesto socio-culturale in cui vive e dedica

un’attenzione esclusiva all’esperienza fisica e logico-matematica.

A Ginevra Willem Doise conducono esperimenti sugli effetti dell’interazione sociale: utilizzando

compiti piagetani di conservazione e trasformazione spaziale su b. di 5-9 anni, i b. valutati

come preoperatori a un test migliorano nella soluzione di questi compiti dopo aver lavorato

insieme a coetanei piuttosto che individualmente.

Quindi, accanto al conflitto intraindividuale proposto da P, agisce come fattore di sviluppo

anche un conflitto interindividuale: conflitto sociocognitivo.

Affinché tale conflitto generi progressi è necessario che:

• il b. venga esposto non a una soluzione + avanzata della propria, ma a una soluzione diversa con la quale confrontarsi;

• il livello iniziale di abilità individuale è importante, infatti solo i b. che hanno raggiunto una certa comprensione dei principi implicati nella soluzione corretta del compito possono beneficiare dell’interazione con i coetanei;

• si eviti rischio che un b. imponga la propria soluzione agli altri.

VYGOTSKIJ: LO SVILUPPO MENTALE COME INTERIORIZZAZIONE DI FORME

CULTURALI

Vygotskij famoso x la traduzione inglese di Pensiero e linguaggio e nel 1966 di quella italiana.

Page 31: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

E’ il fondatore della scuola storico-culturale, si interessò allo sviluppo delle funzioni psichiche

superiori nel b., all’influenza delle variabili culturali sui processi cognitivi e a ricerche

psicopedagogiche sul ritardo mentale.

Secondo V. lo sviluppo storico-culturale ha prodotto l’evoluzione della società grazie ai

mediatori simbolici (lingua scritta e parlata, calcolo, disegno), lo sviluppo ontogenetico è un

processo di interiorizzazione di attività che hanno favorito lo sviluppo della vita sociale e del

linguaggio.

V. è interessato non a ciò che il b. sa fare attualmente (capacità intraindividuale) ma a

quanto sa fare con l’aiuto di un adulto o coetaneo + competente =“zona di sviluppo

prossimale”, distanza fra il livello di sviluppo effettivo e quello potenziale, cioè la

differenza tra ciò che il b. può produrre da solo, e ciò che può arrivare a produrre con

l’aiuto dell’adulto.

Se il b. dimostra di saper fare da solo ciò che prima sapeva fare solo con la guida dell’adulto,

ciò prova che l’abilità in questione è stata interiorizzata, infatti b. con lo stesso livello di

sviluppo effettivo ma che hanno una Zsp + ampia, possono trarre maggior vantaggio

dall’insegnamento.

V. entrò in polemica con P., che nel libro Il linguaggio e il pensiero del fanciullo, aveva

ipotizzato che nelle prime fasi di sviluppo il pensiero e il linguaggio sono egocentrici, non

adattati alla realtà e non comunicabili agli altri.

V. invece afferma che il b. è da subito un protagonista attivo nelle relazioni sociali e il

primo uso del inguaggio è di tipo sociale.

In seguito, il linguaggio comincia ad assolvere una funzione intrapsichica, trasformandosi

gradualmente in linguaggio interiore o pensiero verbale.

Il b. commenta verbalmente le proprie azioni, poi tale linguaggio diventa interiorizzato.

Da un lato il linguaggio è strumento di comunicazione e dall’altro si interiorizza e diventa uno

strumento del pensiero che anticipa, guida e controlla il comportamento.

LO SVILUPPO COGNITIVO NELLA TEORIA DI JEROME BRUNER

Psicologo statunitense, Bruner è stato influenzato da Vygotskij ma anche dalla scienza

cognitiva, che studia i processi piuttosto che i prodotti della conoscenza.

Il b. passa attraverso 3 forme di rappresentazione:

• la rappresentazione esecutiva, nel 1° anno, la realtà è codificata attraverso l’azione • la rappresentazione iconica codifica la realtà attraverso immagini visive, uditive,

olfattive o tattili. L’immagine consente di evocare mentalmente una realtà assente ma non di descriverla

verbalmente.

La rappresentazione simbolica codifica la realtà con il linguaggio e altri sistemi simbolici, come

il numero e la musica.

Il linguaggio è arbitrario e consente di ragionare in termini astratti, mentre l’immagine ha

una stretta somiglianza con la realtà che rappresenta.

Page 32: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

Quando la rappresentazione iconica domina ancora il pensiero, il b. formula giudizi basati

sull’apparenza percettiva e ciò spiega i fallimenti nelle prove piagetiane di livello operatorio.

Grazie alla rappresentazione simbolica il b. sviluppa modi di trattare l’informazione che vanno

al di là dell’informazione data: formulano inferenze.

B. riprende il punto di vista di V. sostenendo che i processi mentali hanno un fondamento

sociale e sono influenzati dalla cultura, attraverso simboli, artefatti e convenzioni.

L’influenza della cultura avviene grazie alle relazioni sociali che il b. stabilisce

precocemente con chi si prende cura di lui, cioè l’adulto il cui ruolo di scaffolding

(“fornire l’impalcatura, cioè struttura temporanea che viene rimossa appena si finisce di

costruire l’edificio), consente al b. di farlo progredire.

L’idea di sviluppo come apprendistato è proposta da Kenneth Kaye, che afferma che il b. si

introduce gradualmente nella propria cultura partecipandovi insieme all’adulto, che gli

consente di diventare sempre + esperto, diminuendo parallelamente la sua supervisione.

I valori della cultura vengono trasmessi attraverso la narrazione, in particolare, che consente

di trasmettere significati.

Bruner ritiene che il pensiero narrativo rappresenti un modo per rappresentare gli eventi e

trasformarli in oggetto di analisi e riflessione.

SVILUPPO COGNITIVO SECONDO HIP

Tale approccio si rifà alle simulazioni dell’intelligenza su pc: la mente elabora e manipola le info

provenienti dall’ambiente, le conserva in memoria e le recupera.

L’analisi del compito serve a individuare le operazioni che il soggetto deve compiere x eseguire

un dato compito.

Nel processo di elaborazione vi sono limitazioni nel numero di unità di info a cui il soggetto può

prestare attenzione e che possono essere elaborate simultaneamente, inoltre le operazioni di

codifica, conservazione e recupero dalla memoria richiedono tempo x essere eseguite e

normalmente vengono eseguite in modo seriale.

Tale approccio pone l’enfasi:

• sulla prestazione piuttosto che sulla competenza, vede i cambiamenti nell’intelligenza come quantitativi e lo sviluppo come continuo • su “come” si sviluppa l’intelligenza piuttosto che su “cosa” si sviluppa • Le capacità cognitive sono “specifiche per dominio”, quindi vi possono essere molte intelligenze piuttosto che un’unica intelligenza.

In Piaget, invece, l’enfasi è :

• sulla competenza, su cosa il b. sa fare

• i cambiamenti “qualitativi” in funzione dell’età

• Su “che cosa” si sviluppa • I processi sono “generali per

dominio”, non ci sono molte intelligenze ma un’unica intelligenza

• discontinuità degli stadi, ciò che differenzia uno stadio di sviluppo dall’altro

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Le strategie di elaborazione diventano + complesse e potenti con l’età: i b. di 2-3- anni x

ricordare utilizzano forme di ripetizione o altre strategie, solo a 9-10 anni usano la ripetizione

silenziosa ed efficace.

All’inizio i b. non utilizzano strategie o se ne servono solo se qualcuno gliele insegna, poi le

usano spontaneamente.

Anche nella soluzione di problemi, con l’età si usano strategie: v. il compito della bilancia, ma

ciò non dipende solo dall’età, quanto dall’esperienza nel risolvere certi problemi, di fare

previsioni e verificarle, il b. + grande ovviamente accumulando + esperienze riesce a prendere

in considerazione più ragionamenti alla volta, operando in modo sistematico.

La metaconoscenza e metamemoria corrispondono alla consapevolezza circa i processi del

proprio pensiero e memoria.

Un sistema esecutivo centrale controlla i processi cognitivi dell’individuo, tale abilità cresce con

l’età.

In sintesi, la soluzione di problemi e gli studi sulla memoria sono il risultato di una maggiore

esperienza acquisita nell’eseguire compiti, si tratta quindi di cambiamenti quantitativi.

L’unico cambiamento qualitativo consiste nella complessità delle strategie utilizzate.

LO SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE

La teoria della mente studia come funzionano gli esseri umani in quanto diversi dagli oggetti

inanimati, poiché hanno desideri, scopi, credenze.

Il punto di partenza sono:

• le emozioni fondamentali (amore, odio, paura) e gli stati fisiologici (fame, sete, dolore, eccitazione) che generano i desideri

• le percezioni e le sensazioni, che generano le credenze Gli stati mentali chiave sono i desideri e le credenze, che causano sia le azioni che le reazioni

emotive.

Il desiderio (desidera 1 mela) è uno stato mentale + semplice della credenza (lui pensa che

questa sia 1 mela).

I b. di 2 anni possiedono una psicologia del desiderio, verso i 3 anni hanno una

psicologia della credenza-desiderio, sono in grado di prevedere che le azioni di qualcuno

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saranno guidate non solo dai suoi desideri ma anche dalle credenze, che possono essere vere o

false.

Inizialmente sono considerate solo le credenze vere, in seguito i b. mostrano una crescente

consapevolezza del fatto che le persone possono avere false credenze che non corrispondono

alla realtà.

Esperimento: 2 bambole A e B, A ha un cestino dove mette una biglia e B ha una scatola, A

esce e B sposta la biglia nella scatola, A ritorna, dove cercherà la biglia?

I b. di 4 anni rispondono correttamente indicando il cesto e non il luogo dove la biglia è stata

nascosta, dimostrando di comprendere la falsa credenza e che è presente una teoria della

mente che include la rappresentazione.

Fra i precursori della teoria della mente:

• il gioco simbolico, perché vi è la capacità di rappresentare una realtà diversa da quella percepita, nel giocare a “far finta “ ad un oggetto vengono attribuite proprietà diverse da quelle possedute

• l’intenzione comunicativa dichiarativa (alla fine del 1 anno), richiamare l’attenzione dell’adulto su un oggetto per condividerne l’interesse, il b. alterna lo sguardo fra l’oggetto e il volto dell’adulto, finché questi guarda nella stessa direzione.

Secondo alcuni la teoria della mente è un modulo che dipende da meccanismi dello

sviluppo cognitivo altamente specializzati, che si attivano a seguito della maturazione del

sistema nervoso; altri di approccio costruttivista, affermano che la t.d.m. si costruisce

dall’esperienza del mondo sociale, piuttosto che derivare da basi neurobiologiche.

LA VALUTAZIONE DELL’INTELLIGENZA

I test di intelligenza nascono alla fine dell’800 inizio 900 a seguito della scolarizzazione delle

società occidentali avanzate.

Per valutare le differenze individuali dell’intelligenza e individuare il ritardo mentale si ricorse

a strumenti diagnostici.

Nel 1904 il Ministero della Pubblica Istruzione francese decise di affidare alla commissione

presieduta da Binet, la costruzione di un test di intelligenza per le scuole elementari al fine di

valutare chi avrebbe potuto beneficiare di un programma di educazione speciale.

Nacque la scala Binet che distinse fra intelligenza normale e ritardo, differenziando 3 gradi di

ritardo mentale.

Sia la scala Binet sia altri test consentono di misurare il QI in età scolare, esso è il rapporto fra

l’età cronologica e l’età mentale.

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I test oggi + usati sono la versione aggiornata della Scala Stanford-Binet e la Wechsler

Intelligence Scale for Children-Revised che comprende 10 subtest, 5 verbali e 5 di

prestazione (capacità percettive e logica non verbale, come completam.figure).

Critiche ai test:

• La concezione di intelligenza è vista come unitaria e stabile, con cui il soggetto nasce e rimane costante nello sviluppo, non subisce influenze di condizioni ambientali diverse;

• possono essere usati per discriminare i b. meno dotati o appartenenti a culture minoritarie.

Gardner propone 6 tipi distinti di intelligenza: linguistica, musicale, logico-matematica,

spaziale, corporeo-cinestesica), 2 solo misurabili con test.

Sternberg propone una teoria triarchica, esistono 3 aspetti dell’intelligenza:

A. componenziale, ciò che si misura con i test; B. esperienziale, intuitiva e originale non prevedibile come l’intell. componenziale; C. contestuale o scaltrezza, rende possibile un buon adattamento sociale e la capacità di

sfruttare le situazioni a proprio vantaggio.

I test non possono essere usati con b. al di sotto dei 3 anni in quanto si basano sul linguaggio.

Negli anni ’30 studiosi cerarono di costruire test x valutare lo sviluppo mentale dal primo mese

di vita, ma la presunta validità predittiva non si verificò tale.

Negli anni ’40 furono ideati nuovi test di intelligenza infantile ma l’ipotesi che l’intelligenza sia

misurabile con un alto valore predittivo da un’età all’altra ha portato a vari fallimenti, proprio

perché l’intelligenza non è una capacità unitaria e stabile nel tempo, inoltre è influenzata

dall’ambiente e dalle esperienze.

Si è affermato un nuovo approccio ordinale alla valutazione dello sviluppo cognitivo.

Mentre i test tradizionali vedono lo sviluppo come cambiamento quantitativo in un organismo

che resta qualitativamente immutato, le scale ordinali concepiscono lo sviluppo come

trasformazione di capacità verso livelli + alti.

Per quanto attiene le cause dello sviluppo, i test tradizionali affermano che esso è il prodotto

di programmazione genetica o di condizioni ambientali, per l’approccio ordinale la causa del

cambiamento non risiede nell’organismo né nelle condizioni ambientali separatamente, ma

dall’interazione dei due.

Quindi si possono avere ritmi di sviluppo diversi dovuti a determinate condizioni ambientali

oppure alla capacità del soggetto di adattarsi a tali condizioni.

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Una eccessiva stimolazione visiva e uditiva è negativa, mentre un livello adeguato di

stimolazione e la possibilità di ascoltare suoni e parole in riferimento a specifici oggetti/azioni,

influisce positivamente sull’imitazione vocale e sullo sviluppo del linguaggio

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LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE

I b. imparano a parlare entro i 3 anni, in seguito la lingua si espande e si consolida fino

all’età scolare, quando si acquisisce la lingua scritta.

Per imparare a utilizzare efficacemente il linguaggio il b. deve:

1) analizzare i suoni x identificare le unità costituenti la propria lingua (fonemi, morfemi, parole e frasi);

2) padroneggiare i pattern articolatori necessari a produrre i fonemi 3) acquisire e ampliare il vocabolario 4) padroneggiare le regole morfologiche e sintattiche per comporre frasi

grammaticalmente corrette 5) imparare a conversare, in base al contesto e all’interlocutore

Il linguaggio possiede caratteristiche distintive:

la creatività, producendo vari messaggi nel combinare tra loro fonemi e parole

l’arbitrarietà, il significato non può essere ricavato dal suono e quindi deve essere appreso e trasmesso culturalmente da una generazione all’altra.

TEORIE DEL LINGUAGGIO

Innatismo - Chomsky riteneva che il linguaggio si basasse su meccanismi ad esso

specifici, innati e propri solo dell’uomo.

Egli ipotizza l’esistenza di un dispositivo innato LAD – language acquisition device – un

programma biologico per imparare a parlare che corrisponde ad una grammatica universale.

Il linguaggio è un insieme di regole che il b. deve scoprire partendo da un numero limitato di

conoscenze che sono innate.

C. crede che l’imitazione e l’insegnamento non abbiano un ruolo rilevante nello sviluppo

linguistico perché:

• il b. è creativo, cioè capace di produrre e capire espressioni mai ascoltate prima • il suo linguaggio è + ricco di quello a cui è esposto, visto che i discorsi degli adulti

contengono spesso frasi scorrette.

Critiche:

1. si considera il linguaggio indipendente dall’intelligenza e dalla capacità comunicativa 2. la conoscenza o competenza linguistica precede l’esecuzione, cioè il b. possiede le

regole prima di saperle usare 3. i discorsi che il b. ascolta sono irrilevanti x l’acquisizione della lingua, quindi il modo in

cui gli adulti parlano ai b. viene trascurato.

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Interazionismo – All’inizio degli anni ’70 si comincia a pensare che il linguaggio non si

sviluppa indipendentemente dalle capacità cognitive e sociali, infatti i b. devono sviluppare una

sufficiente conoscenza del mondo prima di cominciare a parlare.

Secondo l’ipotesi cognitiva, invece, Piaget sosteneva che il linguaggio è una capacità

simbolica che compare nel 6° stadio sensomotorio, quando il b. impara ad imitare azioni,

giocare a far finta, etc.

Secondo tale ipotesi lo sviluppo cognitivo precede il linguaggio, mentre il linguaggio deriva e

dipende dallo sviluppo cognitivo.

In merito alla competenza, C. sostiene che l’esecuzione venga prima della competenza: il

b. impara facendo e solo in seguito capisce ciò che fa.

Nella seconda metà degli anni ’70 emerge l’interesse per la pragmatica, cioè per gli usi e le

funzioni del linguaggio nel contesto, che coinvolge altre capacità del b. prima sottovalutate: le

capacità sociali e comunicative.

Sviluppo del linguaggio e contesto sociale

Saper parlare significa anche usare il linguaggio in modo contestualmente appropriato.

L’approccio funzionalista sostituisce al concetto di Chomsky di competenza, la nozione +

ampia di competenza comunicativa.

Il b. prima di saper parlare mostra capacità di comunicare -> tra la comunicazione

prelinguistica e la comparsa del linguaggio c’è continuità e non discontinuità.

Le prime espressioni verbali dei b. che Austin e Searl definiscono atti linguistici, mostrano la

differenza fra il contenuto proposizionale (significato locativo) e l’intenzione del parlante

(significato illocutivo) evidenziando come i due significati possono non coincidere (es.

“mamma calze” = le calze di mamma opp. Mamma mette le calze).

Quindi frasi strutturalmente identiche possono esprimere diverse relazioni semantiche =

l’analisi sintattica del linguaggio infantile non consente di cogliere il significato

intenzionale del b.

Il linguaggio che gli adulti rivolgono ai b., al contrario di quanto pensava C. ritenendolo

impoverito e scorretto, è un linguaggio adatto alle limitate capacità di comprensione, con frasi

brevi e semplici, intonazione esagerata, lessico concreto e molte ripetizioni.

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Bruner, sostiene che i b. apprendono il linguaggio nel contesto familiare degli scambi con chi li

accudisce e individua nei formati di “attenzione condivisa” e di “azione condivisa” (formati

di gioco o routine che madre e b. ripetono quotidianamente) le sequenze sociali più

significative per imparare e esprimere le proprie intenzioni e comprendere quelle altrui.

La teoria di B. si ispira alla teoria dello sviluppo cognitivo e linguistico di Vygotskij, piuttosto

che alla teoria piagetiana, che ritiene marginale il ruolo dell’esperienza sociale nella

costruzione delle capacità cognitive.

Secondo B. non esiste solo un LAD, ma anche un LASS – language acquisition support

system – sistema di supporto per l’acquisizione del linguaggio che corrisponde al ruolo

dell’adulto e del contesto sociale nello sviluppo del linguaggio e della cultura del b.

Esiste un periodo critico per imparare a parlare?

Fra i 2 anni e la pubertà = periodo critico per imparare la lingua materna.

Caso di Genie, b. americana segregata da genitori a vivere isolata, legata fino a 13 anni e di

Victor, ragazzo selvaggio di 12 anni, non si sa se ritardato.

Risultati: si può apprendere la lingua materna anche dopo la pubertà ma il sistema

linguistico rimane incompleto e con varie difficoltà.

FASE PRELINGUISTICA

I primi suoni del n. sono di natura vegetativa (sbadigli, ruttini) o legati al pianto che ha un

ruolo di regolazione dell’interazione del b. con gli adulti.

Diversi tipi di pianto: di fame, dolore, irritazione, che compare nella 3° sett. e significa

“richiesta di attenzione”.

Gradualmente le cause del pianto e i mezzi per inibirlo acquistano natura sociale e

psicologica: possiamo farlo cessare se di dolore o fame, distraendo il b. con qualcosa.

Tra i 2 e 6 mesi compaiono le prime vocalizzazioni o protoconversazioni che si inseriscono tra

i turni verbali del genitore, come se il b. rispondesse all’adulto.

Verso i 6-7 mesi compare la lallazione canonica: sequenze consonante-vocale con le stesse

caratteristiche delle sillabe spesso ripetute (dadada).

In questa fase compaiono alcune caratteristiche della lingua materna come la prosodia.

Verso i 10-12 mesi i b. producono sequenze sillabiche complesse (bada, dadu), cioè la

lallazione variata e i primi suoni simili a parole o proto-parole, che pur avendo una forma

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fonetica idiosincratica (tata o papa) assumono un significato specifico a seconda del contesto

(es. il suono “nanà” in situazioni di richiesta)

I b. differiscono tra loro non solo nei suoni che preferiscono produrre (preferenze fonetiche)

ma anche nella stabilità di tali preferenze ed utilizzano, nel formare le prime parole, le

sequenze fonetiche già sperimentate nella lallazione, sottolineando il ruolo attivo nella

produzione e nella percezione dei suoni.

Gesti comunicativi - Verso i 9-12 mesi il b. utilizza gesti deittici o performativi, come

indicare, mostrare, richiedere, che esprimono un’intenzione comunicativa.

Tali gesti sono inadeguati a raggiungere l’obiettivo direttamente ma possono comunicare tale

obiettivo ad un’altra persona.

Di solito sono prodotti a distanza (distali) e sono accompagnati dallo sguardo al destinatario

del gesto e alternativamente al bersaglio.

Caratteristiche:

1) sono usati con intenzione comunicativa 2) sono convenzionali 3) si riferiscono a un oggetto/evento esterno.

I gesti deittici sono utilizzati sia per chiedere l’aiuto dell’adulto (richiesta) sia per attirarne

l’attenzione e condividere l’interesse per un evento (dichiarazione).

I gesti referenziali – Nascono all’interno di routine sociali o di giochi con l’adulto e vengono

appresi per imitazione.

Non solo esprimono intenzione comunicativa ma rappresentano anche un referente specifico,

cioè il loro significato non varia sulla base del contesto.

Es. agitare le mani x significare “uccello”, aprirle e chiudere x dire “ciao”, scuotere la testa per

dire “no”.

In seguito si distaccano dai contesti originari e sono utilizzati sempre + x scopi comunicativi

(es. il b. all’inizio ballava solo quando sentiva una canzone, in seguito fa lo stesso gesto x

chiedere di accendere la radio)

Nello stesso periodo in cui il b. usa i gesti referenziali compaiono le prime parole, che

inizialmente sono legate, come i gesti, a situazioni specifiche.

Quando il linguaggio si espande, diminuisce l’uso dei gesti referenziali, ciò dipende anche

dall’ambiente che offre + modelli vocali che gestuali e il b. apprezza + i primi che i secondi.

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LE PRIME PAROLE

L’età varia, ma di solito è fra 11-13 mesi.

Inizialmente i b. tendono a parlare delle stesse cose, persone familiari, oggetti familiari, azioni

che compiono abitualmente (dormire, salutare, mangiare).

Tali parole sono usate in contesti specifici e ritualizzati, sono cioè legate a situazioni e eventi

che servono a significare (contestualizzate).

L’uso non referenziale delle parole diviene in seguito referenziale, dimostrando la capacità del

b. di comprendere il carattere arbitrario della relazione tra suono e significato (es.

l’espressione “ciao” usata quando si abbassa la cornetta del telefono, in seguito è usata ogni

volta che qualcuno se ne va).

Tale fenomeno di decontestualizzazione è evidente anche nella comprensione del

linguaggio.

A 8-10 mesi il b. comprende semplici frasi solo in contesti specifici (es. risponde a ordini del

tipo “non si fa!”).

La comprensione precede e influenza la produzione linguistica ed aumenta rimanendo

sempre + avanzata della produzione.

L’esplosione del vocabolario

2 fasi nello sviluppo lessicale:

1. 12-16 mesi: l’ampiezza del vocabolario in media è di 50 parole 2. 17-24 mesi: maggiore rapidità nell’acquisire nuove parole, esplosione di vocabolario

fino a raggiungere alla fine di tale periodo 300-600 parole Tale fase avviene quando il b. diventa capace di attribuire alle parole uno status simbolico e

capisce che tutte le cose hanno un nome.

Molti ritengono che l’esplosione del vocabolario non sia tappa universale: tale fenomeno è

stato accertato finora principalmente su b. di lingua inglese e si può verificare in tempi diversi

da un b. all’altro

Nel primo sviluppo lessicale la variabilità individuale è alta sia come ampiezza di

vocabolario, sia come presenza o meno di una fase di rapida accelerazione.

Al di sotto di 50 parole, si tratta x lo + di denominazioni che si riferiscono a persone, oggetti,

animali; quando si superano le 100 parole, aumenta il numero di verbi, aggettivi e parole con

funzione grammaticale (preposizioni, pronomi, articoli)

Tali nuovi elementi facilitano il passaggio dalla referenza, caratteristica della fase delle parole

singole, alla predicazione, caratteristica della fase delle combinazioni di parole.

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L’evoluzione del significato delle parole.

Il significato delle parole riflette la categorizzazione della realtà che il b. padroneggia.

Nel primo lessico infantile vi sono errori di:

1) sovraestensione (chiama cane qualsiasi quadrupede) 2) sottoestensione (chiama bambola solo la sua bambola preferita) 3) sovrapposizione (usa “aprire” per riferirsi non solo alla porta, ma anche all’azione di

accendere la luce).

Secondo alcuni il b. costruisce il significato delle parole sulla base delle somiglianze percettive

tra gli oggetti o eventi (forma, colore, suono), mentre secondo altri vengono categorizzate

all’inizio le somiglianze funzionali, cioè l’uso degli oggetti e le loro proprietà dinamiche (una

palla è tale perché rimbalza e rotola)

Secondo l’ipotesi del nucleo funzionale di Katherine Nelson, l’oggetto all’inizio viene conosciuto

attraverso l’azione che compie o che si compie su di esso (es. il cucchiaio è x mangiare).

Grazie alle continue interazioni con gli stessi oggetti, il b. aggiunge al nucleo funzionale la

conoscenza degli attributi percettivi.

In sintesi: nel costruire il significato delle prime parole, i b. utilizzano entrambe le modalità di

categorizzazione, percettiva e funzionale e in generale vi è un passaggio da criteri di tipo

funzionale a criteri di tipo percettivo-formale.

Barrett sostiene che alcune parole nascono legate al contesto e agli eventi (“chuff-chuff” viene

prodotto x spingere un trenino, quindi solo in quel contesto).

Altre parole nascono decontestualizzate e vengono prodotte in vari contesti, vengono associate

inizialmente con un concetto prototipico non ad uno schema (la parola papera x riferirsi non

solo alle papere nei suoi giocattoli, ma anche a papere, cigni nella vita reale)

Di solito i b. imparano nomi che sono a un livello–base di generalità, e solo dopo imparano

nomi + specifici (categorie subordinate) o nomi + generali e astratti (categorie

sovraordinate), ciò è dovuto anche agli adulti che tendono a generalizzare molti nomi di

oggetti per non confondere il b. e di evitare di sovraccaricare la sua memoria.

Il sistema semantico del b. all’inizio non è ancora convenzionale, ma lo diventa man mano

che si sviluppa.

LO SVILUPPO DELLA GRAMMATICA

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Lo sviluppo della grammatica nelle sue componenti morfologica (uso dei suffissi e prefissi

x formare il sing./plur.,masch/femm, coniugazione verbi, derivazione di parole, articoli,

pronomi) e sintattica (regole che governano l’ordine delle parole nella frase, regola

attivo/passivo) inizia alla fine dei 2 anni ma prosegue fino all’età scolare.

I b. producono le prime combinazioni di parole a 20 mesi, i + precoci a 14 mesi, i + lenti

dopo i 24.

I b. combinano 2-3 parole quando il loro vocabolario supera le 50 parole, non a seconda

dell’età cronologica.

Secondo i discepoli di Chomsky le regole della grammatica del primo linguaggio infantile sono

universali e valide per tutte le lingue, non vengono apprese dall’ambiente: infatti i b. spesso

usano ipercorrettismi (aprito, computo) che non hanno udito in precedenza..

Alcuni autori hanno individuato le regolarità nelle prime frasi dei b. raggruppando le parole in

classi:

classe perno – poche parole che ricorrono frequentemente e sempre a inizio frase

classe aperta – tutte le altre parole del vocabolario, meno ricorrenti e senza posizione fissa.

Critiche: esaminando lo sviluppo di b. che imparano lingue diverse dall’inglese, non è stata

confermata la presenza di classi perno e aperta, inoltre tali grammatiche descrivono la

struttura sintattica e trascurano l’aspetto semantico, cioè il significato che i b. cercano di

esprimere.

Secondo un’analisi semantica della produzione linguistica di b. di 2-3 anni che imparano

l’italiano, si sono individuati 2 stadi di sviluppo:

1) i b. producono espressioni di 2 o + parole costruite tutte allo stesso modo e contenenti la struttura nucleare della frase, cioè un predicato verbale con i suoi argomenti e l’intenzione (es. fare una richiesta, commentare, fare domande)

2) La struttura nucleare minima si amplia così da includere strutture facoltative, come gli avverbi e le frasi inserite, che completano il verbo della principale.

In sintesi, a 3-4 anni i b. padroneggiano le strutture semantiche fondamentali che vengono

acquisite + o – alla stessa età da tutti i b.

L’ambiente socioeconomico influenza le prestazioni soprattutto all’ingresso della scuola

elementare: i b. di livello socioeconomico alto non differiscono da quelli di livello basso nel

numero e lunghezza di frasi, ma producono + frasi subordinate e complesse.

Per valutare la crescita della complessità morfosintattica nelle produzioni infantili (solo fino a 3

anni, inadeguata in seguito) si utilizza la lunghezza media dell’enunciato (LME) introdotta da

Roger Brown, che ritiene che la complessità di una struttura linguistica può essere valutata in

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base al numero degli elementi che la compongono: per i b. di lingua inglese, la LME si ricava

calcolando il numero di morfemi, per i b. italiani si calcola il numero di parole (LMEp).

Lo sviluppo morfosintattico

Ogni lingua pone al b. differenti problemi di acquisizione.

Il b. acquisirà prima quegli aspetti della morfosintassi che appaiono chiari e regolari, mentre le

forme linguistiche irregolari e ambigue verranno padroneggiate + tardi.

I b. italiani utilizzano l’accordo soggetto-verbo entro i 3 anni e buona parte della morfologia

verbale.

Le forme plurali dei verbi compaiono dopo le singolari, la + lenta a comparire è la 2^ pers.

Plur.

Cominciano a utilizzare l’accordo soggetto – verbo come informazione rilevante x capire chi

compie l’azione espressa dal verbo solo verso i 7 anni.

I + piccoli utilizzano soprattutto l’info relativa al significato e solo tra i 5-7 anni scoprono

l’importanza dell’ordine delle parole nella frase.

Tale ritardo è dovuto al fatto che riconoscere l’accordo fra nome e verbo richiede di ricorrere

alla memoria di lavoro e comporta un notevole carico cognitivo.

La morfologia nominale (genere, numero) è padroneggiata a circa 3 anni, mentre gli articoli

non ancora, in particolare gli art. il e gli, in quanto le parole associate a tali articoli sono ancora

poche nel vocabolario infantile.

La morfologia pronominale (pronomi personali io, tu, me) è ben acquisita entro i 3-4 anni; si

notano usi erronei di pronomi che indicano l’oggetto (ho paura me (io)), o frasi in cui il b. si

riferisce a se stesso usando il suo nome anziché il pronome (Mangia P.?= Mangio io?).

Solo a 6-7 anni i b. padroneggiano aspetti morfologici che richiedono l’uso della memoria di

lavoro x capire il significato delle frasi, cioè accordi a lunga distanza (accordo soggetto-verbo)

che operano sull’intera frase piuttosto che sui suoi elementi.

Alcuni autori ritengono che tra i 4-6 anni si verifichi una riorganizzazione del sistema

linguistico con il passaggio da una grammatica “intrafrasale” a “interfrasale”.

I b. imparano a usare le regole grammaticali x ottenere la coesione del discorso, grazie anche

all’ingresso nella scuola che favorisce il passaggio dalla grammatica della frase alla grammatica

del discorso.

DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO

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Le tappe evolutive sono le stesse in tutti i b. (lallazione, gesti deittici/referenziali, esplosione

vocabolario), ma ogni b. ha ritmi e strategie diversi.

Differenze nello stile

Lo stile referenziale – sviluppo lessicale + rapido

Lo stile espressivo – + precoci nello sviluppo sintattico

Il b. ricorre a 2 approcci nell’imparare a parlare:

1) approccio analitico – gli consente di segmentare il linguaggio che ascolta nelle unità minime (parole)

2) approccio olistico – gli permette di riprodurre frasi + ampie senza analizzarle I b. differiscono nel grado in cui ricorrono all’uno o all’altro:

B. con uno stile referenziale – primogeniti e femmine, livello socioeconomico alto

Ciò prova che all’origine dei vari stili vi siano fattori individuali e contestuali

Fattori individuali:

b. referenziali - + interessati agli oggetti e al nominarli

b. espressivi - + interessati alle relazioni sociali, parlano x esprimere i sentimenti o per

influenzare gli altri.

Vi sono anche fattori temperamentali, come il livello di attività e l’approccio

impulsivo/riflessivo alla soluzione dei problemi, o la capacità articolatoria.

I b. impulsivi si buttano a parlare, camminare, ed hanno un’articolazione + povera e

primitiva; quelli riflessivi parlano solo se sicuri di ciò che vogliono dire e hanno

un’articolazione + ricca.

Le madri dei b. con lessico referenziale fanno commenti sugli oggetti e li nominano, le madri

dei b. con lessico espressivo preferiscono coinvolgere i figli in giochi e routine, in cui prevale

l’interazione e la conversazione.

I b. italiani in maggioranza acquisiscono un lessico bilanciato con elementi referenziali ed

espressivi.

L’iniziale prevalenza di nomi e l’acquisizione + tardiva di verbi sono caratteristiche tipiche della

lingua inglese.

La preferenza x i verbi si evidenzia nel periodo di esplosione del vocabolario che, nei bambini

di lingua coreana, è un’esplosione di verbi.

USI DEL LINGUAGGIO

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Competenza pragmatica: capacità di utilizzare la lingua appropriatamente nel contesto

sociale, di conversare e di tener conto del punto di vista dell’ascoltatore.

Imparare a conversare

I b. precocemente imparano a conversare usando l’intonazione appropriata e un limitato

numero di frasi fatte, aiutati dai genitori che conversando con loro si adattano alle loro limitate

capacità, seguendone gli interessi e sviluppando gli argomenti da essi introdotti.

A 4 anni i b. sanno adattare il loro stile in funzione dell’interlocutore, a seconda che si tratti di

un adulto o un coetaneo.

Quindi:

• nei confronti dei piccoli -> attegg. di controllo e poco disponibile, tendono a dare ordini espliciti, soprattutto disconferme e dimostrazioni, usano frasi semplici x mantenere viva la loro attenzione, non adottano spontaneamente uno stile “pedagogico” se non quando spinti dall’adulto.

• mentre quando si rivolgevano agli adulti mitigavano le loro richieste • Tra coetanei prevalgono la conferma e la chiarificazione

Negli scambi dialogici tra b. in età prescolare, risaltano soprattutto richieste in forma di comando ed espressioni di possesso, ma anche richieste di conferma (è tuo vero?).

Nella scuola materna si usano forme + cortesi di richiesta e molte richieste di informazione.

Nei b. di 3 anni non è presente la capacità di parlare del passato o del futuro, al contrario dei

b. di 5 anni.

Imparare a comunicare efficacemente

Secondo Piaget nella produzione verbale spontanea i b. fra i 2-7 anni fanno uso del

linguaggio egocentrico nel 40- 70% dei casi, cioè sembrano parlare per sé e ciò è collegato

alla natura egocentrica dell’intelligenza in età prescolare: i b. sono inconsapevoli delle

differenze tra la propria conoscenza e quella degli altri e non si sforzano di capire ed essere

capiti.

Negli anni ’70 molte ricerche hanno rivelato che i b. sono + consapevoli dei bisogni

dell’interlocutore di quanto pensava P., infatti si rivolgono diversamente all’interlocutore a

seconda che sia adulto o b.

Il b. in età prescolare comunica efficacemente quando il compito è semplice, ma quando il

compito si complica la capacità di comunicare efficacemente peggiora: ciò è dovuto al carico

cognitivo del compito.

Il fallimento comunicativo è dovuto a vari fattori determinanti x produrre un messaggio

comunicativo efficace:

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1) abilità percettive (differenziare gli attributi del referente da quelli dei non referenti) 2) abilità di confronto (identificare somiglianze e differenze tra referente e non

referente) 3) abilità di memoria (ricordare gli attributi criteriali per descriverli verbalmente) 4) abilità linguistiche (verbalizzare gli attributi criteriali)

Inoltre l’ascoltatore per rispondere adeguatamente deve:

1) comprendere quando i msg sono ambigui 2) comprendere che i msg ambigui non possono condurre a scelte adeguate 3) chiedere ulteriore info per risolvere i dubbi.

I b. tendono a prendere x buoni i msg ambigui anziché chieder info e quando si rendono conto

del fallimento comunicativo sono inclini ad affermare che il parlante “ha detto bene”.

Ciò avviene perché rendersi conto dell’ambiguità non significa essere in grado di risolverla:

spesso in famiglia i b. non ricevono informazioni esplicite circa il successo o fallimento dei

propri messaggi dai genitori, che in tal modo non li aiutano a capire perché i msg possono

risultare ambigui.

Fino a circa 8 anni i b. hanno prestazioni scarse nei compiti di comunicazione

referenziale, cioè producono msg raramente informativi, e ambigui.

L’informatività dei msg varia in funzione della semplicità/complessità dei referenti da

descrivere: i b. producono + facilmente msg informativi quando devono descrivere figure

familiari che variano x un numero definito di attributi, piuttosto che figure insolite che variano

in modo asistematico. Tale incapacità viene colmata intorno ai 9 anni

LA CONSAPEVOLEZZA METALINGUISTICA

Nei primi anni di vita il b. utilizza il linguaggio anche in assenza di stimoli comunicativi (anche

quando è solo), sia perché si diverte a giocare con i suoni e le parole, sia perché si esercita con

le forme linguistiche che sta imparando.

Troviamo i giochi con i suoni, basati su rime e allitterazioni ed esercizi grammaticali, ma si

concentra sulla forma trascurando il contenuto.

Quando deve tener presente sia la forma che il contenuto della frase il b. in età prescolare

incontra serie difficoltà, infatti fino a 5-6 anni tende a privilegiare ciò che si vuol dire rispetto

a ciò che si dice effettivamente.

Il b. piccolo ha difficoltà a comprendere correttamente il significato del verbo sapere così come

di altri verbi (credere, pensare, immaginare, dubitare) che si riferiscono a stati mentali.

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Tali verbi mentali appartengono al metalinguaggio, così come i verbi che si riferiscono a vari

atti linguistici (pregare, maledire, promettere, ordinare) e i termini con i quali ci si riferisce a

parti o unità del codice linguistico (parole, frasi, sillabe, lettere).

L’alfabetizzazione facilita la padronanza di un metalinguaggio + elaborato in quanto a scuola il

b. impara a trattare il linguaggio come un oggetto di analisi.

L’apprendimento della lingua scritta

Un’alta consapevolezza metalinguistica, cioè una buona capacità di riconoscere quali parole o

classi grammaticali si collocano in punti specifici della frase facilita l’apprendimento della

lettura.

Imparare a leggere e scrivere è un processo conoscitivo in cui il b. fa delle ipotesi che vengono

vagliate ed eventualmente abbandonate se entrano in conflitto con i dati dell’esperienza, finché

acquisisce le regole del sistema convenzionale adulto.

Sono 4 le fasi principali nel processo di conoscenza della letto-scrittura in età prescolare:

1) fase presillabica – il b. non differenzia la scrittura dal disegno, in quanto pensa che entrambi rappresentino un significato: si aspetta che la scrittura conservi alcune proprietà dell’oggetto che rappresenta (es. il segno x treno è + grande del segno x auto)

2) fase sillabica – il b. impara che il segno scritto esprime solo una forma sonora, il nome dell’oggetto e impara che la parola scritta presenta delle parti che corrispondono alle sillabe nel parlato (TOO = tavolo, PR = pera)

3) fase sillabico-alfabetica

4) fase alfabetica – in tale fase il b. deve capire che mentre la sillaba corrisponde ad un segmento acusticamente riconoscibile della parola, ciò non è vero per la lettera.

La padronanza della lettura e scrittura consentono l’accesso alla letteratura e modifica le

attività cognitive, nel modo di acquisire le info (attraverso la lettura anziché ponendo

domande), nel modo di immagazzinarle (scrivendo piuttosto che depositandole in memoria),

nel recuperarle (consultando libri, dizionari).

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SVILUPPO SOCIALE

Il b. vive immerso nelle relazioni sociali: dalle prime esperienze con gli adulti che offrono cure,

alle interazioni con i coetanei, etc.

Il termine sviluppo sociale ha preso il posto di socializzazione, poiché a lungo il b. era

considerato una tabula rasa da plasmare attraverso le pratiche educative.

Tale termine è impiegato perché il neonato è un essere sociale fin da subito e diventa sempre

+ competente grazie a processi bidirezionali di interazione.

Acquistano importanza sia i prerequisiti biologici, sia i comportamenti socialmente espressivi

che il b. produce spontaneamente e con cui influenza l’adulto, sia le relazioni affettive, sia i

processi mentali che lo guidano nel produrre azioni e valutare fatti e persone.

La dimensione sociale è una chiave di interpretazione trasversale dello sviluppo, da cui si

possono osservare le competenze cognitive e affettive nella loro dimensione relazionale.

Schaffer: l’ambito di studio dello sviluppo sociale riguarda essenzialmente “il modo in cui i b.

interagiscono con gli altri, gli schemi di comportamento, i sentimenti, gli atteggiamenti

manifestati dai b. e al modo in cui tali aspetti variano nella crescita”

Le relazioni affettive primarie, lo sviluppo delle emozioni sono determinanti per acquisire la

comprensione di sé e degli altri.

LA COMPRENSIONE DI SE’ E DEGLI ALTRI

Non è certo se compaia prima la conoscenza di sé o quella degli altri, ma è certo che la

comprensione sociale subisce un’importante svolta nel momento in cui il b. sviluppa la

distinzione fra sé e gli altri.

Si può supporre che la conoscenza degli altri e di sé progrediscano congiuntamente, che vi sia

un’interdipendenza.

La coscienza di possedere un’identità separata si basa sul processo di differenziazione e sulla

rappresentazione del Sé come entità oggettiva, da cui ha origine l’autoconsapevolezza e la

conoscenza sociale.

La coscienza di sé

All’inizio il b. non possiede la consapevolezza emotiva e cognitiva di Sé e degli altri, tali

concetti nascono nelle relazioni affettive nel corso del tempo.

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Lewis et coll. parla di un Sé esistenziale, la componente implicita del Sé e un Sé categorico,

la componente esplicita del Sé che deriva dall’autoconsapevolezza.

Vi è uno sviluppo graduale del Sé esistenziale nel primo anno, quando a 3 mesi il n. distingue

sé dagli altri e a 9 mesi percepisce il senso della propria continuità.

La comparsa del Sé categorico è intorno ai 2 anni, con l’autoriconoscimento e con la capacità

di utilizzare alcune categorie esteriori quali il sesso, l’età, l’aspetto fisico x identificare se

stesso.

La consapevolezza primaria (fisica) deriva dalle info sensoriali visive, acustiche,

cinestetiche e vestibolari e dalla comunicazione verbale e non verbale nelle interazioni

soprattutto diadiche.

La consapevolezza secondaria si basa invece sulla capacità di rappresentazione e

autoriflessione e coincide con il Sé categorico di Lewis, cioè con il concetto che il b. ha di se

stesso e può svilupparsi solo dopo i 2 anni, anche grazie alle competenze linguistiche.

In tale fase compare l’autoconsapevolezza e la percezione di sé come essere dotato di

qualità fisiche ed emotive.

Autoconsapevolezza e riconoscimento allo specchio

Generalmente si ritiene che l’uso di termini verbali (me, tu, nome proprio o di altri)siano gli

indicatori + attendibili del processo di decentramento mentale e di oggettivazione.

Non si esclude, però, una conoscenza di sé preverbale che si esprime con il comportamento:

riconoscere visivamente la propria immagine allo specchio richiede abilità mentali complesse e

simboliche,la sua immagine riflessa non rappresenta un altro ma l’oggettivazione di se stesso,

la differenza fra Sé oggettivo e Sé soggettivo.

Fino a 4-5 mesi i n. sono + attratti dall’immagine della madre allo specchio non dalla propria,

verso i 12-18 mesi acquisiscono la capacità di riconoscersi.

Per parlare di vero e proprio riconoscimento è necessario che il b. riconosca come stabile e

continua nel tempo e nello spazio la propria immagine fisica (esp. della macchia rossa sul naso

del b. inconsapevole x controllare la sua reazione allo specchio).

Notevoli differenze dovute all’età: fra i 9-12 mesi pur guardando la propria immagine allo

specchio, i b. non si toccano il naso, tra i 15-18 mesi lo fanno fino al 25%, tra i 21-24 mesi lo

fanno in maggioranza.

La consapevolezza di sé comincia intorno ai 15 mesi e si conferma tra i 21-24 mesi.

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La coscienza degli altri

La paura dell’estraneo, la familiarità intesa come identificazione dell’estraneo come diverso da

sé e dalle persone familiari è segno di riconoscimento degli altri.

Durante i primi mesi i n. non reagiscono agli sconosciuti, tra 6-8 mesi gli estranei suscitano

timore e paura.

Secondo la teoria dell’attaccamento, il comportamento di evitamento dell’estraneo è

interpretato in senso biologico adattivo, come risposta ad un segnale di pericolo e capace di

favorire i comportamenti di vicinanza alla madre, utili x la sopravvivenza della specie.

Ma non sempre si manifestano reazioni di evitamento: vi sono reazioni anche positive dovute

alla presenza della madre, alle caratteristiche fisiche e vocali, alle modalità che l’estraneo usa

nei confronti del b.

Per comprendere gli altri i b. usano schemi di conoscenza relativi al sé, la conoscenza che

hanno di se stessi e delle persone familiari e valutano gli altri come “simile a me” o “non simile

a me”(esp. Davanti a b. estraneo, adulto e nano preferisce b. estraneo xché valutato + simile

a sé)

La conoscenza dell’altro richiede anche l’elaborazione di un’immagine mentale che contenga:

la stabilità spazio-temporale: la stabilità degli oggetti/persone nel tempo e nello spazio, la permanenza della persona/oggetto che si esprime nella capacità di riconoscere e cercare specifiche persone/oggetti anche se non presenti visivamente, come ha asserito Piaget, si sviluppano nel periodo sensomotorio (12 mesi) e si esprimono chiaramente alla fine del periodo (18 mesi)-> il b. conosce oggetti/persone indipendentemente dall’esperienza sensoriale diretta

la comprensione delle proprie e altrui emozioni: verso i 18 mesi si afferma la comparsa delle emozioni sociali che indica la coscienza di sé. Colpa, vergogna, imbarazzo sono emozioni legate alle pratiche educative, al contesto

culturale e richiedono capacità cognitive di valutazione di sé, degli altri e delle aspettative

sociali.

Manifestare tali emozioni è segno di comprensione degli altri come dotati di stati psicologici

interni, diversi dai propri e della dinamica soggetto-oggetto.

la consapevolezza del punto di vista altrui: nonostante Piaget abbia asserito che fino a 5-6 anni il b. sia guidato da un pensiero egocentrico nella comprensione del mondo sociale, cioè sia incapace di considerare il punto di vista altrui, non è certo che il pensiero egocentrico si protragga così a lungo, ma la comprensione dello stato mentale altrui sia piuttosto precoce. Il b. usa fino a 3 anni parole o verbi x identificare gli altri in base a semplici categorie di

genere sessuale o età, dopo i 3 anni i b. sanno meglio identificare gli stati d’animo e mentali

altrui e introdurre nelle conversazioni termini emotivi (piacere, dolore), indicando che con lo

sviluppo del linguaggio si affina la comprensione degli altri.

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Evoluzione del concetto di sé e degli altri

Le elaborazioni sul Sé e sugli altri sono soggette a continue rielaborazioni, come esito delle

esperienze sociali.

Le rappresentazioni mentali sono aspetti dinamici che permettono di dare un senso

personale alle percezioni e alle immagini degli oggetti/persone.

I fattori che plasmano il concetto di sé e degli altri dopo la prima infanzia coincidono con lo

sviluppo di varie competenze sociali, affettive e cognitive.

Il senso dell’identità personale e il rapporto con gli altri è caratterizzato dallo spirito di

iniziativa e superamento del senso di inferiorità: il b. desidera imparare e dimostrare la sua

competenza, teme il giudizio degli altri, è quindi sensibile alle opinioni degli adulti che imita e

con cui si identifica.

Nel gioco, i b. spesso assumono il ruolo degli adulti, imparando a comprendere i diversi ruoli

ed a esprimere e capire ciò che provano.

A 7-8 anni compare il gioco con regole o gioco sociale, che indica lo sviluppo all’attenzione di

norme e al loro significato interpersonale.

La teoria dell’attaccamento sostiene che nell’infanzia la percezione delle esperienze e delle

persone siano filtrate dai modelli operativi mentali interni di sé e della figura di attaccamento,

formatisi nella relazione primaria.

La capacità di monitoraggio metacognitivo, cioè la consapevolezza dei meccanismi del

pensiero, lo sviluppo dell’abilità di immaginare stati mentali in sé e negli altri, sono connesse a

qualità dell’attaccamento e all’organizzazione del Sé nelle relazioni precoci.

Se il b. ha costruito un’immagine di sé e degli altri caratterizzata da insicurezza, le idee su se

stesso e sugli altri saranno dominate da sfiducia, impulsività o passività e dalla tendenza ad

interpretare in modo negativo i segnali provenienti dall’ambiente e dagli altri e a percepirsi non

degno di stima e affetto.

Ciò dipende dalla forte esigenza di essere accettati, nell’infanzia in particolare, dagli altri,

dalle cui opinioni dipende il senso di autostima, cioè l’insieme di valutazioni che riguarda

il Sé, nei vari aspetti Sé fisico, capacità sociale e identità: i b. infatti hanno un forte

senso dell’autorità e un rispetto unilaterale per le opinioni dell’adulto non ancora intaccate da

capacità critiche, quindi l’opinione dell’adulto ha una forte ripercussione sull’immagine che il b.

ha di sé.

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Un altro aspetto che determina il modo di percepire se stesso e gli altri deriva dall’abilità di

cogliere la prospettiva dell’altro e di confrontarla con la propria.

Selman ha classificato gli stadi dell’abilità di role-taking in cui si sviluppa la distinzione tra sé e

gli altri.

Dopo una fase egocentrica, fra i 6-8 anni il b. concepisce la soggettività dell’altro, ma non

mette ancora in relazione i diversi punti di vista.

Nello stadio di autoriflessione a 9 anni coglie la diversità dei punti di vista e riflette sul suo

comportamento; soltanto a 11 anni nello stadio sociale e convenzionale sarà capace di

differenziare le diverse prospettive sia degli individui sia dei gruppi.

Identità e tipizzazione sessuale

Già a 9-10 mesi i b. capiscono che le persone si suddividono in maschi e femmine.

A 1 anno prestano + attenzione a coetanei dello stesso sesso.

L’identità sessuale nasce dal riconoscere le proprie caratteristiche o delle persone familiari

negli altri; su tale base sono in grado di riconoscere anche la propria identità sessuale e capire

quali sono i comportamenti appropriati ai ruoli maschile e femminile

Gli studi sulle differenze sessuali sono stati molto influenzati dagli stereotipi sociali che hanno

guidato i ricercatori nella scelta di metodologie poco adeguate (basate su resoconti verbali di

adulti) sia nella interpretazione dei risultati.

Negli studi successivi basati su metodologie osservative meno influenzate dalle opinioni degli

intervistati emerge che le somiglianze sono più forti delle differenze.

Tali differenze si manifestano soprattutto in:

• preferenza scelta dei giochi • scelta dei compagni • stile relazionale

Nella scelta dei compagni i maschi prediligono stare assieme a coetanei dello stesso sesso e

dai 3 anni tale preferenza si esprime in una separazione che diviene + marcata negli anni

successivi e tende ad affievolirsi negli anni successivi per scomparire nel passaggio dalla

preadolesenza all’adolescenza, con l’affermarsi delle relazioni eterosessuali.

Nello stile relazionale all’interno dei gruppi, i maschi sono orientati alla affermazione di sé e

del proprio ruolo e da modalità comunicative + dirette a volte contrassegnate da episodi di

aggressione fisica, fattori che inibiscono la cooperazione e la buona riuscita delle interazioni;

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le bambine sono + disponibili alla collaborazione e portate ad atteggiamenti prosociali, non

inclini all’espressione diretta dell’aggressività -> stile comunicativo che favorisce lo scambio.

Le variabili biologiche sottolineano una certa influenza degli ormoni sessuali maschili nel

produrre un elevato livello di attività fisica, ma a ciò concorrono anche le influenze educative e

l’esposizione a modelli di comportamento sociale.

Importante il ruolo socializzante degli adulti: la psicoanalisi, attraverso le fasi dello

sviluppo psicosessuale, delinea una tendenza del b. a identificarsi con il genitore dello stesso

sesso e ad interiorizzarne il ruolo sessuale

La teoria dell’apprendimento sociale assegna un ruolo determinante all’imitazione del

comportamento degli adulti e all’esposizione ai modelli sociali.

Fin dalla nascita i b. e le b. vengono trattati in modo diverso, gli stessi modelli trasmessi dai

media sono fortemente stereotipati e concorrono a rafforzare le aspettative di genere.

Secondo Kohlberg la tipizzazione sessuale è un processo cognitivo che deriva dalla tendenza

dei b. a pensare per categorie.

Lo sviluppo della tipizzazione sessuale implica l’acquisizione della identità, della stabilità e della

congruenza di genere: a circa 3 anni il b. differenzia i maschi dalle femmine e stabilisce quindi

la propria identità di genere.

Le manifestazioni di preferenze sessuali verso giochi, attività indicano che il processo di

tipizzazione non può essere spiegato con l’identificazione con il genitore del proprio sesso come

assume la psicoanalisi, in quanto a tale età i b. di entrambi i sessi si identificano con la

madre.

Il meccanismo di identificazione non determina quindi la identità sessuale, ma indirizza le

preesistenti conoscenze in materia di identità sessuale verso l’assunzione di un preciso ruolo,

connesso alle aspettative sociali.

A circa 4 anni il b. comprende il concetto di stabilità di genere, cioè si rende conto che le

differenze sessuali non cambiano col tempo, solo a 6-7 anni, parallelamente al

raggiungimento delle operazioni concrete e all’acquisizione delle nozioni di conservazione, la

differenza di genere è intesa come una caratteristica biologica intrinseca e

immodificabile (congruenza di genere), pur al variare dell’aspetto e capisce che alle

differenze fisiche si associano caratteristiche stabili nel comportamento, nei ruoli e nelle qualità

psicologiche.

RELAZIONI TRA PARI

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La relazione verticale con gli adulti è deputata ad offrire cure, protezione, apprendimento,

mentre la relazione orizzontale è paritaria, fondata sulla reciprocità, sulla acquisizione di

capacità di negoziazione e di cooperazione.

Con l’età aumenta l’interesse per i coetanei e dalle relazioni con essi si sviluppano le relazioni

amicali.

Il rapporto di amicizia permette al b. di vedere se stesso attraverso gli occhi di un altro e di

sperimentare la vera intimità, promuovendo l’autoconsapevolezza e lo sviluppo della

socializzazione.

Il rapporto con i coetanei

Nell’età prescolare le interazioni tra coetanei hanno carattere unidirezionale, cioè all’azione del

primo b. non corrisponde l’azione coordinata del secondo.

Nei b. di 2-3 anni le competenze sociali si affinano sempre +, passando da uno scambio

caratterizzato da “imitazione speculare” a interazioni “complementari e reciproche”.

L’alternanza dei turni e la complementarità dei ruoli si acquisiscono verso i 3 anni.

Mentre i b. + piccoli tendono a fare la stessa cosa o contemporaneamente (interazione

speculare contemporanea), oppure imitando subito dopo l’azione dell’altro (interazione

speculare differita), a 3 anni nello svolgere un gioco utilizzano l’alternanza dei turni

(interazione complementare) e la complementarità dei ruoli (interazione reciproca), mostrando

di cooperare per un’attività comune.

Nel periodo prescolare sorgono le attività di gruppo, in cui i b. si suddividono

spontaneamente in base alle differenze di genere, con fenomeni di inclusione-esclusione,

anche se i b. sono consapevoli del significato morale dell’esclusione dal gruppo di un membro,

in particolare le b. sono + sensibili e permettono senza ostilità ai coetanei maschi di giocare

con loro.

I compagni vengono scelti in base alla comunanza di interessi e sull’affinità, vi è quindi

un’accurata scelta selettiva degli amici.

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I rapporti con i coetanei sono caratterizzati dal fenomeno della “segregazione sessuale”

soprattutto nel gioco, a causa dell’interesse per le competizioni, che comporta preferenze nella

scelta dei compagni con occasioni di rifiuto ed esclusione.

E’ importante il comportamento non verbale nelle relazioni tra b. nella dinamica accettazione-

rifiuto: i b. popolari, o leader, manifestano precocemente e mantengono nel tempo,

comportamenti rassicuranti e non aggressivi, con sorriso, leggera inclinazione della testa e

gesti di lieve sfioramento degli altri o degli oggetti che desiderano ottenere, sono capaci di

intervenire in difesa di b. aggrediti.

I b. rifiutati o “dominanti aggressivi” manifestano comportamenti di aggressione fisica, scarsa

concentrazione, comportamenti di minaccia attraverso movimenti bruschi e disordinati.

Essi hanno competenze sociali ridotte nel rapporto con i coetanei, che generano rifiuto e sono

predittive di problemi di apprendimento futuro e comportamenti antisociali

Nella preadolescenza e nell’adolescenza le relazioni con i coetanei risentono delle

esperienze pregresse ma al tempo stesso assumono una importanza per lo stimolo al confronto

e lo sviluppo dell’autostima.

Le relazioni amicali

Già a 8-10 mesi si possono notare, fra coetanei che hanno potuto familiarizzare stando

assieme, competenze sociali in termini di incremento di interazioni positive con gli oggetti e

legami preferenziali in cui l’amicizia è una relazione reciproca e stabile nel tempo,

caratterizzata dalla condivisione di un mondo comune (difesa dell’esclusività del legame,

chiedere e ricambiare l’attenzione, interesse x gli stati affettivi dell’altro)

Mentre a meno di 3 anni il bisogno di vicinanza e rassicurazione emotiva, in assenza di figure

adulte significative, è soddisfatto da un rapporto di amicizia, a 3-4 anni la curiosità x gli altri è

una spinta a stringere relazioni.

I legami preferenziali nei primi anni, come accade con l’attaccamento alla madre, possono

quindi essere interpretati come legami affiliativi, caratterizzati da ricerca affetto, di

prossimità fisica e reciprocità nella rispondenza ai segnali.

Nell’età prescolare l’amicizia assume un aspetto meno esclusivo e + flessibile, le interazioni si

basano sullo scambio verbale + che sulla ricerca di contatto fisico e di affetto.

L’amicizia favorisce la competenza sociale, favorendo comportamenti prosociali.

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Tali comportamenti sono di vario tipo, in età prescolare consistono nel donare, condividere e

cercare l’intimità e sono indirizzati + agli amici anziché agli altri compagni, le azioni di aiuto e

conforto dipendono dalla condizione del ricevente che se in stato di disagio viene aiutato.

Nell’amicizia si manifestano pattern comportamentali specifici di tipo prosociale che non

inibiscono l’emergere di altri sentimenti anche nei confronti dei non amici.

La relazione amicale infatti rappresenta un forte stimolo per incrementare la sensibilità verso

l’altro ed aiuta a superare emozioni negative come l’ira e la paura, rispetto alla semplice

conoscenza, caratterizzata da un maggior numero di risposte insensibili.

Il concetto di amicizia

Selman ha individuato 4 stadi di consapevolezza del concetto di amicizia che differiscono

qualitativamente l’uno dall’altro:

1) 3-5 anni, stadio 0, gli amici sono compagni di gioco momentanei, l’amicizia è vicinanza fisica.

Tale stadio coincide con l’egocentrismo nelle abilità di role-taking, non vi è comprensione

dei sentimenti altrui.

2) 6-8 anni, stadio 1, l’amicizia significa ricevere aiuto unilaterale che si pensa di dover ricevere da parte dell’amico, ritenuto capace di capire e intuire i desideri e soddisfare le aspettative.

Natura soggettiva del legame e considerazione delle caratteristiche psicologiche dell’altro.

3) 9-12 anni, stadio 2, amicizia è cooperazione in circostanze favorevoli, con la capacità di coordinare i vari punti di vista -> maggiore consapevolezza della reciprocità del rapporto. Si tiene conto dell’altro e si discutono valutazioni su opinioni, desideri e bisogni, ma se si

sviluppa un conflitto, l’amicizia rischia di rompersi poiché il mutuo equilibrio non è tale

da garantire stabilità alla relazione

4) Dai 12 anni, stadio 3, di condivisione mutualistica, l’amicizia è una relazione solida e duratura caratterizzata da fiducia reciproca. E’ necessaria una certa compatibilità psicologica negli interessi, nei valori affinché si possa

consolidare un legame, che resta stabile anche in presenza di conflitti.

La comprensione dell’amicizia si basa su 3 concetti:

1) incremento della capacità di assumere la prospettiva altrui; 2) percezione delle persone come entità psicologiche, non solo fisiche; 3) rapporti sociali duraturi

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Nelle aspettative dell’amicizia esistono 3 stadi:

1) stadio costi-benefici, tipico dei b. di 7-8 anni che desiderano svolgere attività comuni e

obiettivi comuni

2) stadio normativo 9-10 anni: condivisione di valori, regole e sanzioni

3) stadio empatico 11-12 anni: dominano la comprensione e la condivisione di interessi

SVILUPPO MORALE

La norma ha un significato affettivo-emotivo in quanto contiene indicazioni su come

l’individuo si sente nei casi in cui la rispetta o la viola, cioè dalle sensazioni morali che

comprendono le emozioni di colpa, imbarazzo, vergogna che derivano dal trasgredire una

norma, oppure da quelle di autostima, orgoglio nell’aderirvi.

Secondo la teoria psicoanalitica, che privilegia il significato della sensazione morale e dei

meccanismi di controllo interni che formano la coscienza, il b. inizialmente è dominato dal

principio di piacere e dalle pulsioni.

Sviluppa gradualmente, la capacità di controllare l’istintiva carica amorale, generando il Super-

io, che ha ruolo di censore interno ed interiorizza le norme e i divieti parentali.

Quindi, in caso di violazione delle norme nasce nel b. uno stato di autorimprovero e punizione

che confluiscono nel senso di colpa: quanto + il Super-io (coscienza) è saldo e coerente,

tanto + forte sarà l’adesione a norme morali.

La norma rappresenta anche una guida per la condotta poiché prescrive comportamenti

socialmente desiderabili e ne proibisce altri.

Il comportamentismo e le teorie dell’apprendimento sociale hanno privilegiato il ruolo

del rinforzo sociale con cui le regole vengono trasmesse e fatte rispettare: inizialmente i b.

acquisiscono le regole attraverso l’osservazione e l’imitazione di modelli.

L’approvazione, la punizione, l’incoraggiamento o il rinforzo determinano meccanismi di

attivazione o disattivazione dei controlli interni responsabili dei comportamenti sociali morali o

immorali.

La conoscenza delle norme, approfondita dal cognitivismo, rende possibile comprenderne i

significati espliciti o impliciti, tale aspetto è strettamente connesso allo sviluppo delle

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competenze intellettive, grazie alle quali è possibile valutare le diverse implicazioni sottese alle

regole.

Il ragionamento morale

Secondo Piaget e Kohlberg ogni azione può essere rilevante se intesa in senso morale.

Ogni evento subisce il vaglio dei processi cognitivi che selezionano, fanno gerarchie,

categorizzano e quindi la moralità non risiede solo nella giustezza dell’azione, ma nel

significato che ad essa l’individuo assegna.

Il livello cognitivo è una condizione necessaria ma non sufficiente per l’agire reale.

Lo sviluppo morale secondo Piaget

Piaget, attraverso il metodo clinico ha proposto a b. tra 6-12 anni alcuni problemi quotidiani

(dire bugie, assegnare premi e punizioni) chiedendo di dare un giudizio e ad operare un

confronto fra alternative diverse.

Attraverso l’osservazione diretta ha anche studiato il modo in cui i b. dai 4-13 anni

affrontano un gioco con applicazione di regole: il gioco delle biglie.

Ne ha desunto che fino a 3-4 anni i b. sono in un periodo premorale caratterizzato da

anomia, cioè assenza di regole, poi si formano 2 tipi di moralità:

dai 4-5 anni fino 8-9 il realismo morale, tipico del periodo preoperatorio e caratterizzato dall’adozione di un punto di vista egocentrico, in quanto i giudizi sono formulati adottando come criterio guida il danno reale e oggettivo, più che l’intenzionalità In tale stadio prevale un morale eteronoma, in cui la validità dei principi morali dipende sia

dall’autorità di colui che li ha promulgati sia dalla forza con cui vengono fatti rispettare.

La menzogna giudicata un comportamento sbagliato perché comporta una punizione, deve la

sua gravità non tanto all’intenzionalità ma al grado di discrepanza rispetto alla realtà (è

giudicato + colpevole chi racconta bugie + grosse)

Le conseguenze delle azioni (responsabilità oggettiva) sono + importanti delle intenzioni di

chi le compie (responsabilità soggettiva).

La fase del relativismo morale o soggettivismo morale ha una concezione meno rigida delle regole, considerate frutto di accordo e in quanto tali passibili di cambiamento. Dopo gli 8 anni troviamo una morale autonoma contraddistinta dalla progressiva importanza

attribuita agli elementi specifici della situazione e alle intenzioni.

La menzogna è azione immorale perché danneggia la fiducia reciproca e mina i rapporti

interpersonali compromettendo l’ordine sociale.

Page 60: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

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Le regole non sono ritenute immutabili, ma modificabili, le aspettative e il benessere altrui

sono + importanti del rispetto dell’autorità

Nella formulazione dei giudizi morali, il b. è + flessibile e critico: può prendere in

considerazione la situazione, le caratteristiche psicologiche dell’agente (intenzioni, sentimenti)

e la gravità del danno.

Secondo Piaget lo sviluppo della morale presenta 2 aspetti: la pratica della regola e la

coscienza e il significato della regola stessa.

Per quanto riguarda la pratica della regola, P. differenzia 4 stadi che dalle semplici abitudini

motorie giunge, dagli 11 anni in poi alla codificazione delle regole.

Il rapporto tra giudizio e azione si articola attraverso la presa di coscienza di una regola dopo

averla sperimentata in modo acritico per un periodo.

La maturazione delle concezioni morali procede parallelamente con lo sviluppo

cognitivo, progressivamente il b. comprende sempre + le nozioni morali, le rielabora e le

arricchisce giungendo a una significativa presa di coscienza e di integrazione tra pensiero e

azione morale.

Concetti di giustizia e sanzione secondo Piaget

P. ha individuato 2 nozioni di giustizia:

• retributiva - legata alla morale eteronoma, ci deve essere proporzione tra meriti e vantaggi, tra trasgressioni e punizioni: se la figlia è disobbediente, la mamma fa bene a preferire l’altra (ESPIAZIONE – 1° fase)

• distributiva – legata alla morale autonoma, si basa sull’eguaglianza fra individui: la mamma deve voler bene a tutti i figli allo stesso modo, il b. è piccolo e anche se ha commesso un errore non è giusto che paghi (UGUAGLIANZA 2° fase)

Nel b. emerge prima un concetto di giustizia che richiede l’espiazione, secondo il quale è giusto

ricevere in conformità a ciò che si è dato, e poi un concetto + evoluto di considerare

l’uguaglianza tra gli individui.

I + piccoli sono + inclini alla sanzione che prevale sull’uguaglianza.

Fasi della sanzione:

• la nozione di sanzione espiatoria (fino 6-7 anni), tipica del realismo morale, è dominata dal concetto di giustizia immanente: alla trasgressione deve seguire una punizione;

• la nozione di sanzione per reciprocità (7-10 anni)si sviluppa parallelamente alla consapevolezza dell’importanza del rispetto reciproco e della cooperazione e sfocia nel superamento del carattere espiatorio della punizione e nel riconoscimento della importanza della riparazione;

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• la nozione di equità (11-12 anni) consente di esprimere un giudizio sulla trasgressione e sulla sanzione tenendo presente il contesto.

La pena diventa secondaria rispetto al significato della trasgressione, in quanto atto che rompe

un legame sociale.

Lo sviluppo morale secondo Kohlberg

K. si oppone al comportamentismo secondo cui la morale è frutto di abitudine, imitazione e

apprendimento, ritenendo che il pensiero dirige l’azione non viceversa.

E’ interessato al tipo di motivazione e ragionamento posti alla base dei comportamenti e lo

sviluppo morale corrisponde al passaggio da strutture cognitive + elementari a quelle +

evolute.

L’idea delle sequenze di stadi dello sviluppo cognitivo e morale delineata da Piaget è sviluppata

da K. che identifica 3 livelli dello sviluppo morale che vanno dall’infanzia all’età adulta.

Per studiare le trasformazioni del giudizio morale, utilizza vari dilemmi in forma di storie, in

cui il protagonista può prendere decisioni diverse.

Il + famoso è quello in cui Heinz deve procurarsi x la moglie malata di cancro una medicina

costosa che il farmacista fa pagare molto + di quanto costi x fabbricarla.

H. dopo aver cercato inutilmente di ottenere il farmaco a prezzo inferiore, prova a rubarlo.

Domande: ha agito bene H.? perché?

Se la risposta è sì, si chiede: se non fosse stato affezionato alla moglie, o se al posto di questa

ci fosse stato il suo miglior amico, avrebbe dovuto rubare lo stesso il farmaco?

Se la risposta è no, si chiede: tu ruberesti la medicina se tu o tua moglie steste morendo?

I giudizi espressi sulla decisione di H. consentono lo sviluppo di 3 livelli di giudizio morale.

Livelli di giudizio morale

I 3 livelli ruotano attorno al concetto di “convenzione”, cioè attenersi alle regole e aspettative

della società.

Il b. del livello preconvenzionale non comprende ancora tali norme e le percepisce come

esterne a sé, mentre l’adulto del liv. Postconvenzionale ne comprende il significato e le accetta,

ma si orienta verso principi + generali che, a volte le includono, altre possono entrare in

conflitto.

1° liv. Preconvenzionale (meno di 9-10 anni)il bene e il male sono giudicati in base alle

conseguenze x il soggetto.

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Primo stadio è come quello della morale eteronoma di Piaget, in cui è + importante l’autorità che emana le norme, che le intenzioni dell’agente. Punto di vista egocentrico: non considera gli interessi degli altri o non riconosce che sono

diversi da quello del protagonista della storia

Secondo stadio ha come riferimento l’individualismo: il b. giudica utile osservare le norme solo se da esse deriva un vantaggio concreto x sé, quindi la prospettiva è individualistica e concreta, cioè ognuno ha degli interessi personali che possono creare dei conflitti, quindi nessuna azione è giusta in assoluto, la nozione di giustizia è relativa.

2° livello convenzionale è incentrato sui rapporti interpersonali e sui valori sociali

(preadolescenza fino tarda adolescenza).

Terzo stadio: scopo principale è vivere in conformità con le aspettative della propria cerchia sociale, non deludendo le aspettative degli altri. Prospettiva dell’individuo in relazione ad altri individui: sa che esistono sentimenti e accordi

condivisi che hanno priorità sugli interessi personali, coglie punti di vista diversi e si mette nei

panni degli altri.

Non sa ancora però considerare un sistema sociale astratto.

Il ragazzo intrattiene relazioni basate sulla fiducia, la lealtà, il rispetto e la gratitudine e tenta

di conformare il proprio comportamento ai modelli della maggioranza x ottenere approvazione

e soddisfare bisogni di affetto e appartenenza.

Quarto stadio: differenzia tra punto di vista sociale e motivazioni interpersonali: è giusto adempiere agli impegni assunti e dare proprio contributo sociale.

3° livello postconvenzionale: giudizi morali basati su principi di natura etica che possono

essere anche non condivisi dal proprio gruppo

Il comportamento giusto consiste nel seguire i principi a cui si aderisce intimamente e le leggi

e accordi sociali sono in genere validi perché basati su tali principi; nel caso in cui leggi e

principi siano in contrasto, agire secondo i principi universali della giustizia: uguaglianza dei

diritti umani, rispetto della dignità umana

Quinto stadio: consapevolezza che leggi e regole sono relative, frutto di accordi e negoziazione e devono essere rispettate e preservate.

Sesto stadio: le leggi e gli accordi sociali sono validi solo se basati su principi universali e su valori etici (di coscienza)e, in caso di conflitto tra leggi e principi etici, dà priorità ai principi etici (se H. rubasse non sarebbe biasimato dagli altri, ma dovrebbe fare i conti con la sua coscienza) Prospettiva morale: Il fondamento della moralità sta nel riconoscere che l’umanità in ogni

soggetto è un fine e non un mezzo

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Tale stadio, di difficile classificazione è stato raramente riscontrato nei soggetti delle ricerche di

K., quindi assume un valore teorico + che empirico.

Validità degli stadi di K. e regole morali e convenzionali

Molte ricerche hanno confermato la validità della sequenza stadiale in cui il ragionamento

preconvenzionale decresce con l’età e quello convenzionale aumenta in varie culture.

Il legame tra assetto cognitivo e morale è confermato: il ragionamento convenzionale implica

la capacità di porsi dal punto di vista degli altri, mentre quello postconvenzionale poggia sullo

sviluppo delle operazioni formali e del pensiero astratto.

Critiche sul concetto di stadi e sull’idea che i b. non siano capaci di distinguere tra le

convenzioni e le regole morali sono state avanzate da Turiel et al.

L’essenza della morale consiste nel fatto che, modelli di convivenza e di relazione sociale, cioè

le regole interiorizzate, vadano rispettati per il loro significato e non per paura delle punizioni.

Le norme assumono anche la forma di regole convenzionali, che si apprendono nella routine

quotidiana e nell’interazione sociale, a seconda delle abitudini familiari, dei gruppi e rivestono

una uguale importanza nello sviluppo della competenza sociale.

La distinzione tra regole morali e convenzionali si apprende già in età prescolare: i b.

conoscono la differenza fra comportamenti morali come rubare, non condividere un gioco e

comportamenti convenzionali come mangiare con le mani, non dire per favore…

Sono anche capaci di distinguere tra moralità e convenzioni e considerano le trasgressioni

morali + gravi e indipendenti dalle convenzioni.

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LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

Significato e funzioni delle emozioni

L’emozione non è un’esperienza a base solo biologica, ma un’esperienza complessa e

multidimensionale con funzione d’organizzazione cognitivo-affettiva e che media il rapporto tra

organismo e ambiente.

In generale, l’emozione è un allontanamento dal normale stato di quiete dell’organismo,

seguito da un impulso all’azione e alcune reazioni fisiologiche interne, ognuna delle quali si

esprime attraverso diverse risposte emotive (gioia, paura…)

Nello stesso tempo quindi, l’emozione è una risposta fisiologica, motivazionale, cognitiva

e comunicativa, sempre accompagnata da una dimensione sia soggettiva sia sociale.

L’emozione attiva reazioni fisiologiche: si attivano sia il sistema nervoso centrale e

autonomo, responsabili di reazioni corporee connesse alla manifestazione delle varie

emozioni, sia il sistema endocrino che, oltre ad attivare il sistema nervoso centrale, regola i

livelli di stress e ansia.

La dimensione cognitiva, media il rapporto con l’ambiente, valuta e da significato a ciò

che accade: così oltre a sentire, si può decidere se l’evento emotigeno è qualcosa di nuovo,

piacevole, doloroso e tale valutazione consente di attribuire significato alle reazioni che

l’organismo mette in atto e di stimolare l’individuo ad affrontare l’evento che ha scatenato

l’emozione.

Vi è infatti un livello motivazionale che orienta all’azione e modifica il comportamento a

seconda dei desideri e degli scopi.

A livello espressivo e comunicativo ogni emozione presenta una sua configurazione

comunicativa, proveniente essenzialmente da movimenti facciali, comuni a tutti gli esseri

umani e solo in parte determinati dalle differenze culturali; inoltre manifestazioni non verbali,

come i movimenti corporei, l’assetto tonico-posturale, il tono della voce arricchiscono il

significato delle reazioni individuali.

Le emozioni hanno una dimensione sociale: non si presentano mai senza una ragione, ma

sono causate da eventi o azioni di persone e sebbene non sia indispensabile essere fisicamente

a contatto con gli altri per provare emozioni, le relazioni interpersonali effettivamente

sperimentate o ricordate o pensate sono le cause principali delle risposte emozionali.

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Le emozioni hanno quindi un significato contestualizzato, situazionale che dipende dal contesto

e dalle relazioni ed assumono significati specifici a seconda della valutazione soggettiva e

intersoggettiva che viene attribuita all’evento emotigeno.

L’emozione è quindi costituita da una catena di eventi, come mostra Plutchik, che incomincia

con la percezione di uno stimolo e termina con un’interazione tra l’organismo e lo stimolo che

ha causato la catena di eventi.

Le maggiori componenti della catena sono una valutazione cognitiva dello stimolo,

un’esperienza soggettiva o “sentimento”, un’eccitazione fisiologica, un impulso

all’azione e un comportamento manifesto.

La teoria della differenziazione emotiva

Tale teoria si fonda sull’idea che da un iniziale stato di eccitazione indifferenziata, si

articolino specifiche emozioni, grazie allo sviluppo dell’attività cognitiva.

Da uno stato fisico di benessere generale nei primi 2 mesi di vita emergono risposte piacevoli

che si esprimono attraverso il sorriso endogeno, ma che non possono ancora essere definite

emozioni identificabili, come pure le reazioni di trasalimento o di pianto per fame o per sonno,

sono altrettanti precursori delle emozioni.

A partire da un iniziale stato di indifferenziazione si sviluppano diverse emozioni secondo 3

diversi percorsi:

1. sistema piacere-gioia – relativamente rapido si afferma a 3 mesi con reazioni emotive puntuali sostenute dal significato cognitivo attribuito allo stimolo: il b. sorride (sorriso sociale) alla persona o oggetto con cui entra in contatto, tale emozione nel 4 mese si delinea meglio come riso attivo e gioia. 2. sistema circospezione-paura – a 4 mesi le reazioni di disappunto e sorpresa rispetto a stimoli che intimoriscono ed evolvono dopo i 6 mesi in emozioni di paura.

3. sistema rabbia-collera – negli ultimi mesi del primo semestre appaiono reazioni di delusione e insoddisfazione quando viene sottratto al piccolo un oggetto e quando viene interrotta l’alimentazione, tali reazioni evolvono in risposte di rabbia e di collera nel secondo semestre di vita. In questo processo di differenziazione progressiva, i precursori emotivi legati alle prime

reazioni fisiologiche non si annullano del tutto, ma possono riemergere in condizioni di forte

stress.

La teoria differenziale delle emozioni

Diversamente dalla teoria della differenziazione, la teoria differenziale di Izard et al. sostiene

che il neonato possegga fin dalla nascita emozioni fondamentali differenziate, basate su

programmi innati e universali.

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I. individua 9 emozioni di base: interesse, gioia, tristezza, disgusto, sorpresa, collera,

disprezzo, paura e vergogna, ciascuna con valore adattivo.

Le diverse emozioni non nascono da uno stato indifferenziato iniziale, ma possiedono

qualità specifiche che ne permettono una facile identificazione; quindi l’emozione non è

semplicemente la risposta ad uno stimolo, ma una forma di organizzazione innata che

motiva il comportamento e gli affetti.

Il carattere rigido della componente innata che caratterizza le emozioni nella fase iniziale di

sviluppo, evolve verso forme + flessibili grazie all’influenza delle relazioni e alla

socializzazione: emozioni come lo sconforto, il trasalimento, il disgusto che alla nascita hanno

un valore adattivo poiché consentono al neonato di proteggersi dagli stimoli negativi, evolvono

in emozioni + articolate di gioia, rabbia e paura, + adatte a rispondere all’ambiente.

Alcune emozioni sono quindi già presenti alla nascita mentre altre emergono nello

sviluppo per assolvere un compito adattivo.

In sostanza, per la teoria differenziale le emozioni:

1. hanno un FORTE VALORE COMUNICATIVO: Nel 1° e 2° mese il b. manifesta espressioni sensorio-affettive negative e positive, di

interesse, disgusto, trasalimento essenzialmente x comunicare i propri bisogni e x stabilire un

contatto con le figure di allevamento.

2. sono DISTINTIVE: Intorno al 3° mese il n. manifesta un’attenzione specifica verso gli oggetti e le persone, quindi

processi percettivi-affettivi che danno origine a emozioni che consentono di reagire agli ostacoli

(collera) o di evitarli (paura) o reazioni derivanti da eventi inattesi (sorpresa).

3. concorrono alla CONSAPEVOLEZZA DI SÉ’: Dai 9 mesi, con lo sviluppo dei processi cognitivo-affettivi, il b. acquisisce una maggiore

consapevolezza di sé come agente e sviluppa una memoria degli eventi e una maggiore

coscienza dell’ambiente che lo circonda: grazie alla timidezza, la vergogna e la paura il b. può

acquisire una migliore padronanza sul mondo attraverso il processo di differenziazione tra sé e

gli altri.

4. caratterizzate da PRECISI CORRELATI ESPRESSIVI A BASE NEURONALE: Dai 2 anni i b. mostrano ciò che provano in accordo con le regole sociali e quindi diventano

capaci di esagerare, minimizzare, neutralizzare o simulare le espressioni emotive.

L’approccio funzionalista

Pone in evidenza il ruolo delle emozioni nella regolazione dei rapporti fra organismo e

ambiente.

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Diversamente dalla teoria differenziale di Izard, afferma che tutte le emozioni fondamentali

sono presenti fin dalla nascita e relativamente autonome dallo sviluppo cognitivo.

Le caratteristiche espressive delle emozioni, quali i movimenti facciali, i correlati fisiologici, le

azioni, sono intrinseche ma non invarianti e la loro associazione cambia in base all’interazione

tra individuo e ambiente.

Le emozioni sono quindi sistemi di azione che spingono ad esprimere e soddisfare bisogni che

hanno un significato adattivo.

Le funzioni delle emozioni sono espresse da 4 aspetti:

1. hanno il compito di regolare i processi psicologici interni e i comportamenti sociali e interpersonali, cioè orientano nella selezione delle informazioni, predisponendo l’organismo all’azione e

2. permettono di comprendere il significato da attribuire a comportamenti; 3. hanno un carattere distintivo rispetto alle altre forme istintuali poiché dotate di

specifiche configurazioni mimiche e vocali che ne consentono il riconoscimento; 4. utilizzano un processo comunicativo non codificato culturalmente, cioè vengono

prodotte e possono essere comprese indipendentemente dall’apprendimento. Tutte queste caratteristiche sottolineano la funzione di organizzazione.

La teoria funzionalista di Campos ha distinto le emozioni in “famiglie” che hanno lo stesso

obiettivo e funzione: la stessa funzione, pur facendo riferimento ad un’esperienza diversa,

svolge un’analoga funzione adattiva (es. le emozioni di paura hanno l’obiettivo di mantenere

l’integrità fisico-psicologica e di segnalare eventi pericolosi, le emozioni di rabbia hanno la

funzione adattiva di ristabilire le condizioni necessarie a superare l’ostacolo e a determinare

cambiamenti nei comportamenti altrui).

LO SVILUPPO DELLE EMOZIONI

Le emozioni fondamentali

Generalmente sono incluse fra le emozioni fondamentali la gioia, tristezza, rabbia, paura,

disgusto, interesse, sorpresa, vergogna.

Secondo Izard per essere considerata PRIMARIA un’emozione deve possedere uno specifico

substrato neurale, espressi attraverso una specifica configurazione facciale, essere collegata ad

una precisa esperienza emotiva che raggiunga la consapevolezza, derivare da un processo

biologico-evoluzionistico e avere proprietà motivazionali e organizzative finalizzate

all’adattamento.

Non tutti sono d’accordo sul fatto che esistano singole emozioni fondamentali, ma famiglie

di emozioni (Campos) e accomunate dal perseguimento di scopi e funzioni adattive analoghe.

Le espressioni facciali nei neonati testimoniano l’universalità delle emozioni.

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Le espressioni emotive del volto sono state anticipate dallo stesso Darwin, emozioni quali la

tristezza, felicità, sorpresa, paura, collera e disgusto vengono espresse nello stesso modo da

membri appartenenti a culture diverse e quindi riconosciute in modo universale.

In tale modo diventa possibile sia comunicare sia inferire lo stato d’animo dei partecipanti.

L’emergere delle emozioni

Primo periodo – reazioni emotive presenti alla nascita regolate da processi biologici

fondamentali per la sopravvivenza.

Il sistema edenico, grazie a sensazioni di piacere/disgusto, ha lo scopo di sollecitare il

sistema gustativo, le reazioni di trasalimento hanno lo scopo di proteggere da stimoli

luminosi/acustici intensi, le risposte di sconforto segnalano disagio agli stimoli dolorosi.

Tali risposte però non possono considerarsi ancora intenzionali forme di comunicazione.

Secondo periodo – dal 2 mese fino 1 anno, comporta grandi cambiamenti, grazie alle

interazioni sociali il b. comunica le intenzioni e attua le prime forme di controllo emozionale.

Campare il sorriso sociale non selettivo, in risposta alla voce umana (2 mesi) e alle

persone familiari (3 mese), il sorriso sociale selettivo (dopo 3 mesi) rivolto alla madre.

Tra le 6-10 settimane + evidenti le emozioni di sorpresa di fronte a stimoli nuovi e a 3-4

mesi si distinguono dall’espressione le emozioni di gioia, tristezza,collera.

A 5-7 mesi emerge l’emozione della paura e della circospezione a seguito dei progressi

locomotori e delle esigenze esplorative.

A 8-9 mesi compare la paura dell’estraneo che indica la presenza di un legame affettivo di

cura e protezione tra il b. e chi si occupa di lui.

Terzo periodo - Dopo il 1° anno appaiono le emozioni complesse, la timidezza, colpa,

vergogna, orgoglio e invidia che si completano attorno ai 3 anni.

Sono emozioni apprese non riconoscibili attraverso indicatori mimici specifici e possono

manifestarsi attraverso segnali comuni anche ad altre emozioni.

A differenza di quelle fondamentali, attivate da stimoli fisici diretti, quelle complesse hanno

origine da forme di autoriflessione o associazione mentale e richiedono

un’autoconsapevolezza che consenta di valutare il proprio sé e le proprie azioni in relazione alle

norme sociali.

I b. non ancora consapevoli di se stessi non sono in grado di reagire appropriatamente alle

situazioni imbarazzanti (l’imbarazzo è precursore della vergogna e dell’orgoglio), a 18 mesi

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con l’emergere di un senso del Sé, diventano evidenti prima le reazioni di imbarazzo e poi

quelle di colpa e vergogna.

ESPRESSIONI E RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI

Espressione delle emozioni nel bambino

Secondo la teoria differenziale le emozioni primarie sono facilmente riconoscibili per il loro

carattere universale e per il fatto che sono espresse attraverso segnali specifici e distinti.

Se tali espressioni indicano che il b. prova quella specifica emozione e se esse, come afferma

la teoria differenziale, sono le manifestazioni di schemi fissi di azioni universali non vi è

accordo.

Le prime reazioni di disgusto, piacere, etc. non sembrano nei primi mesi di vita denotare

specifiche emozioni ma sono comuni anche ad altre sensazioni o azioni motorie (la sorpresa

denotata con lo spalancamento della bocca e degli occhi si confonde con l’interesse).

Gli unici pattern mimici in grado di comunicare in modo universale uno stato emotivo

facilmente riconoscibile sono quelli di piacere-dolore, che segnalano un tono edonico

positivo o negativo espresso spesso dai segnali di sorriso e pianto.

Le altre espressioni emotive non sono distintive da subito, ma lo diventano grazie ai contatti

relazionali.

Riconoscimento e comprensione delle emozioni

Nel 1° anno il b. sa riconoscere gli stati emotivi altrui e sa reagire in modo appropriato.

Il riconoscimento delle espressioni altrui si realizza velocemente, mentre la comprensione

psicologica delle emozioni proprie e altrui richiede competenze cognitive e sociali +

affinate.

Riconoscimento delle espressioni altrui – L’interesse per il volto consente al b. di

differenziare le espressioni emotive: a 10 settimane i b. sanno reagire a 3 espressioni

facciali e vocali, gioia, tristezza e collera rispondendo alle mimiche della madre in modo

appropriato, con un sorriso agli stimoli gioiosi, con immobilità in caso di collera…

Tra i 4-7 mesi distinguono le variazioni di espressione emotive in foto che ritraggono gli stessi

volti che inizialmente manifestano sorpresa e poi atteggiamenti di gioia.

Comincia ad apparire una certa sensibilità ai cambiamenti espressivi nel volto della madre, ciò

dimostra che il riconoscimento delle emozioni è alquanto precoce.

Page 70: Psicologia Dello Sviluppo - Camaioni, Di Blasio (Riassunto)

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Il passaggio dal riconoscimento o identificazione delle espressioni emotive altrui, alla

comprensione del loro significato non è altrettanto rapido: nell’interazione fra madre e b. si

generano aspettative basate sul significato delle espressioni delle emozioni.

Se alla madre viene chiesto di essere inespressiva x alcuni minuti, si determina una sequenza

tipica, che accomuna tutti i b. , anche quelli fra 1-4 mesi: il b. si orienta verso la madre e la

saluta, ma se lei non risponde, il suo atteggiamento diventa cauto e circospetto, la fissa, le

sorride brevemente e alterna brevi occhiate alla madre e brevi momenti in distoglie lo sguardo,

controllando così il suo comportamento…

Tale comportamento fa pensare che esista un’anticipazione delle espressioni emotive che il b.

si aspetta di veder comparire sul volto della madre: è una forma parziale di comprensione

delle emozioni, poiché i b. sembrano rendersi conto dell’informazione trasmessa e ne traggono

indicazioni per regolare il proprio comportamento.

La comprensione delle emozioni

L’espressione emotiva della madre ha un carattere comunicativo che trasmette sicurezza o

paura e orienta il comportamento del bambino.

La tecnica del precipizio visivo è stata utilizzata con b. di 1 anno che normalmente non

attraversano la lastra di vetro che crea illusione di precipizio per la paura del vuoto indotta

dalla situazione sperimentale.

Se le madri mostravano, dall’altra parte del baratro, un’espressione serena, gran parte dei b.

lo attraversava, contrariamente se la madre aveva un’espressione preoccupata, nessuno

superava la paura del vuoto.

Tale fenomeno noto come riferimento sociale, richiede la capacità di comprendere le

emozioni altrui e orientare il proprio comportamento e appare dopo il 1 anno, prima dei 9-

10 mesi reagisce al contatto con un oggetto/persona in base al semplice effetto che tali stimoli

esercitano su di lui, mentre il riferimento sociale comporta che il b. di fronte ad uno stimolo

come un gioco, prima di agire non solo guardi il gioco, ma anche la persona di riferimento per

capire attraverso segnali la situazione, specialmente in situazioni ambigue.

Il riferimento sociale agisce anche nel contatto con persone estranee: se le madri sono

amichevoli con l’estraneo, i b. avranno reazioni + positive e viceversa.

Inoltre il rif. sociale ha carattere selettivo nel senso che solo adulti affettivamente

significativi costituiscono per il b. una risorsa per comprendere come reagire ai segnali

dell’ambiente.

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La comprensione delle emozioni è mediata, oltre che dall’adulto, anche dall’empatia, grazie alla

quale il b. può provare le emozioni degli altri, Eisenberg lo ha definito “contagio emotivo”,

infatti b. di 14 mesi sono capaci di chiedere e dare conforto ai fratelli in difficoltà e a 2 anni di

prevedere le reazioni emotive altrui per attivare comportamenti di consolazione e comprendere

cosa possa indispettire o provocare fastidio o per decidere di chiedere l’intervento dell’adulto.

Alla fine dei 2 anni appare la capacità di far finta e di padroneggiare l’ambiguità delle

espressioni emotive negli altri (se gli adulti fingono di essere cattivi con espressioni del

volto serie, i b. di 3 anni capiscono la differenza fra realtà e finzione).

Il b. impara anche ad aumentare o diminuire l’entità dell’emozione o simulare e

nascondere ciò che realmente prova, dimostrando di aver appreso quelle che Ekman ha

chiamato regole di ostentazione delle emozioni, adeguandosi alle circostanze sociali (b. che

scopre che il suo regalo è rotto, al rientro dell’adulto nasconde l’espressione emotiva di

delusione).

Il b. comprende verso i 4-5 anni che la prospettiva mentale dell’altro può essere diversa

dalla propria, mettendosi nei panni degli altri.

Tale capacità è importante per prevedere le reazioni emotive degli altri in funzione del contesto

e degli antecedenti situazionali, senza necessariamente provare le stesse emozioni; inoltre

verso i 5-6 anni riescono a spiegare i motivi che possono indurre gli altri a non

mostrare le emozioni che effettivamente provano.

Infine, i b. intorno ai 7-8 anni comprendono che si possono provare sia emozioni diverse

nello stesso tempo sia emozioni ambivalenti: capire che è possibile provare sentimenti

opposti nei confronti delle stesse persone/situazioni dai 3 a 6 anni è inconcepibile, infatti a

tale età si pensa che non ci si possa sentire tristi e felici contemporaneamente.

Tale difficoltà dipende dal fatto che bisogna sia capire se la natura dell’emozione è positiva o

negativa, sia se gli oggetti-bersaglio verso cui tale emozione è diretta sono + di uno (un

oggetto diverso x ogni emozione, oppure un solo oggetto x 2 emozioni compresenti)

Verso i 9 anni il b. è capace di unificare le emozioni di valenza opposta rispetto allo

stesso oggetto/evento e sarà in grado di comprendere che contemporaneamente può, ad

es. provare affetto e gelosia verso la sorellina minore.

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SVILUPPO AFFETTIVO

Emozioni e interazione sociale

Le emozioni non solo hanno lo scopo di esprimere stati d’animo ma assumono significato nelle

relazioni con l’adulto, infatti il gioco emozionale nella relazione tra adulto e b. ha lo scopo di

regolare le interazioni affettive ed è appreso precocemente, prima della prensione degli

oggetti e della piena rappresentazione di essi.

Le emozioni sono anche mediatori sociali, oltre che cognitivi: gli adulti normalmente si

rivolgono al neonato commentando le sue reazioni emotive, rispondendo ai suoi movimenti

corporei e al suo sorriso che interpretano come risposta sociale anche se in realtà è una

semplice reazione automatica, quindi attribuiscono intenzionalità alle espressioni del b.

Tale funzione è detta scaffolding e consiste nel rispondere in modo appropriato ai segnali del

b., modulando il comportamento in base al suo livello di sviluppo.

In generale, le emozioni vengono regolate secondo la cultura di appartenenza, attraverso la

socializzazione delle emozioni, cioè attraverso l’attribuzione di significato ad eventi e stimoli

interni ed esterni che attivano le emozioni, il b. impara quali sono le condotte emotive

appropriate nelle diverse situazioni e accettate dalla sua cultura di appartenenza e i

modi più consoni per manifestare le emozioni e per far fronte agli stimoli emotigeni.

La teoria dell’attaccamento

Elaborata da Bowlby è stata arricchita da Mary Ainsworth et coll. e al centro della quale c’è

l’idea che gli esseri umani hanno una tendenza innata a cercare la vicinanza e il

contatto di uno o + individui

B. ha contrapposto la sua teoria alla teoria dell’amore interessato,di Freud secondo la quale

il legame tra b. e madre deriva dal fatto che per il loro tramite vengono soddisfatti bisogni che

in origine non sono sociali

Tale punto di vista veniva proposto sia dalla psicoanalisi freudiana sia dalla teoria

dell’apprendimento sociale.

Il legame di attaccamento è una predisposizione innata e biologica del piccolo verso la persona

che gli assicura la sopravvivenza, sono il bisogno di contatto e conforto a muovere il piccolo

verso una figura di attaccamento privilegiata.

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L’attaccamento può essere definito come: comportamento che appare in una persona che

riesce a mantenere/ottenere la vicinanza di un soggetto preferito e tale comportamento viene

attivato dalla separazione /minaccia di separazione dalla figura di attaccamento ed eliminato o

mitigato dalla vicinanza di questa ultima.

B. ha offerto una visione diversa della natura umana:

Sebbene il cibo e il sesso svolgano un ruolo importante nelle relazioni di attaccamento, la

relazione svolge una funzione chiave per la sopravvivenza, una funzione di protezione.

Egli ha cercato di riformulare varie tesi della psicoanalisi richiamandosi all’etologia e alla

psicologia cognitivista: il bisogno di vicinanza con la madre è una conseguenza dell’essere

stati nutriti da lei, contrasta con il fatto che anche molti piccoli che già subito dopo la nascita

sono in grado di nutrirsi da sé seguono le loro madri o che le scimmie antropomorfe, come

dimostrano gli studi di Harlow negli anni ’50, hanno mostrato una tendenza a cercare il

contatto con un oggetto morbido anziché con quello che fornisce il cibo.

Esiste un sistema comportamentale, indipendente da quelli del sesso e dell’alimentazione, per

il mantenimento della vicinanza con individui particolari; tale comportamento presente nei

mammiferi e in varie specie di uccelli, è stato selezionato nel corso dell’evoluzione delle specie

perché ha offerto ai piccoli una preziosa difesa dai predatori.

Vi è differenza tra attaccamento come sistema comportamentale interno al b. non

osservabile, che organizza emozioni e sentimenti che prova verso se stesso e gli altri e il

comportamento di attaccamento, cioè le modalità attraverso cui si esprimono

esplicitamente tali sentimenti, è un’espressione osservativa, cioè inerente qualcosa di

osservabile che si fa x ottenere la vicinanza con qualcuno considerato + forte, + esperto:

chiamare, piangere avvicinarsi a gattoni, telefonare, inviare fiori.. E’ presente dall’infanzia

all’età adulta.

L’esplorazione dell’ambiente, il giocare con i coetanei, dedicarsi a diverse attività, è

considerata una componente antitetica del comportamento di attaccamento: quanto +

l’ambiente presenta pericoli tanto + si accrescono l’esigenza di ottenere protezione e

mantenere la vicinanza, quando invece il b. si sente sicuro tende ad allontanarsi dalla figura di

attaccamento x esplorare il mondo.

Entra in azione così, un sistema di controllo di tipo cibernetico detto sistema di attaccamento,

con lo scopo di mantenere un equilibrio omeostatico tra vicinanza ed esplorazione, cioè

mantenere la vicinanza con certi individui e mobilitare a tale scopo vari tipi di comportamenti

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SVILUPPO PSICOSESSUALE NELLA PSICOANALISI DI FREUD

La teoria psicoanalitica freudiana classica nasce da una attenzione prevalente per lo studio

degli adulti affetti da disturbi psichici e attribuisce importanza alle esperienze infantili per la

loro influenza sulla vita adulta.

La relazione oggettuale indica la forma di rapporto con le persone del mondo circostante (tra

cui la madre), che nasce dalla dinamica tra spinta interna (pulsione) e l’oggetto che ne

consente la realizzazione.

Freud ha concepito la relazione oggettuale a partire dallo sviluppo della sessualità infantile e

delle prime esperienze e bisogni corporei

Fasi dello sviluppo del legame di attaccamento

Bowlby differenzia 4 fasi dello sviluppo del legame di attaccamento:

1. Prima fase – primi 2 mesi, comportamenti di segnalazione e avvicinamento, senza discriminazione della persona: il b. produce segnali di attaccamento quali il pianto, il sorriso e allo scopo di indurre l’avvicinamento e il contatto di qualunque persona. Sono comportamenti con funzione biologica di assicurare benessere, sicurezza e

protezione.

2. Seconda fase – dai 3 ai 6 mesi, comunicazioni dirette verso persone discriminate (madre o chi lo cura)

3. Terza fase – 6 mesi fino 2 anni, appaiono segnali di mantenimento della vicinanza con la persona discriminata. Il b. impara a camminare, quindi può seguire la madre, allontanarsi, prendere l’iniziativa del contato fisico. Mantiene un contatto preferenziale con la figura di attaccamento, mentre le altre persone

familiari diventano figure di attaccamento secondarie e gli estranei suscitano reazioni

distaccate.

Si manifesta l’ansia da separazione e la paura dell’estraneo che indicano il timore di

essere lasciato solo e la capacità di riconoscere la propria figura di attaccamento.

4. Quarta fase - dai 2 anni in poi, relazione basata sul set-goal (scopo programmato, ossia mantenersi abbastanza vicino alla madre x usarla come base sicura x l’esplorazione), cioè nel perseguimento di scopi regolati dai feedback provenienti dall’ambiente. Secondo B. il sistema comportamentale del b. è simile ad un sistema di controllo (es.

termostato) che per raggiungere il suo scopo opera attraverso tentativi che richiedono

successive modificazioni in base alle info di ritorno.

I b. sono capaci di comportamenti intenzionali, di pianificare i propri obiettivi e tenere conto

delle esigenze altrui.

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Si stabilisce un rapporto reciproco, non + unidirezionale, in cui il b. intuisce e comprende i

sentimenti della madre e si adatta, in parte, alle sue esigenze.

Il riferimento specifico continua ad essere la fig. di attaccamento principale, ma vi sono anche

altre forme di attaccamento.

Dopo i 3-4 anni sorgono pattern relazionali + complessi, grazie alle nuove competenze

linguistiche e cognitive.

B. sottolinea l’importanza delle esperienze realmente sperimentate dal b. nel rapporto con la

figura di attaccamento e ritiene che il tipo di relazione affettiva che i genitori stabiliscono con i

figli avrà ripercussioni non solo sul legame ma anche nell’adattamento futuro.

Tipologie di attaccamento

Per comprendere se il b. ha sviluppato un legame gli indicatori significativi sono quelli che si

manifestano in caso di separazione.

Attraverso la Strange Situation, la Aisworth ha distinto 4 tipologie di attaccamento

corrispondenti a legami affettivi nel 1° anno di vita.

Attaccamento insicuro evitante – b. la cui figura di attaccamento si è mostrata insensibile

ai loro segnali e rifiutante sul piano fisico.

Non hanno fiducia in un’adeguata risposta materna e in sua assenza sono concentrati sui giochi

e attenti al compito, al suo rientro non si avvicinano o la evitano

Attaccamento sicuro – b. la cui fig. di attaccamento si è mostrata sensibile ai segnali di

disagio.

Sono capaci d equilibrare il comportamento esplorativo con quello di attaccamento.

Mantengono una sicurezza interna che consente di esplorare il mondo perché confidano nella

responsività della madre durante le situazioni di stress/paura.

In presenza della madre si concentrano sui giochi e esplorano l’ambiente.

Quando la madre si allontana, mostrano segni di disagio ma al suo rientro si fanno calmare per

tornare ad esplorare l’ambiente.

Attaccamento insicuro ansioso ambivalente – durante i primi mesi di vita, i b. hanno

avuto una madre imprevedibile nelle risposte: affettuosa per un proprio bisogno e rifiutante su

sollecitazione del b.

I b. incerti sulla disponibilità della madre nel fornire aiuto appaiono assorbiti dalla figura di

attaccamento, ma non riescono ad utilizzarla come base sicura per esplorare l’ambiente.

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Durante la separazione esprimono segni di stress e angoscia che non vengono placati al rientro

della madre, anzi quando rientra le si avvicinano x essere consolati, ma poi la rifiutano,

manifestando chiara ambivalenza di comportamenti aggressivi o lamentele inconsolabili.

Attaccamento disorganizzato o evitante–ambivalente – il b. è incapace di comportamenti

coerenti verso la figura di attaccamento, a causa del legame fallimentare con la madre e

mescola avvicinamento ed evitamento: movimenti ed espressioni non diretti, mal diretti,

incompleti, stereotipie, movimenti asimmetrici, posizioni anomale, immobilità, espressioni e

movimenti rallentati, comportamenti diretti ed espliciti di apprensione o spavento verso i

genitori.

Alcuni all’arrivo dei genitori mostrano reazioni di confusione o pianto.

In tale tipo di attaccamento la figura affettiva è dominata da esperienze traumatiche come

lutti, abusi sessuali nell’infanzia o il b. stesso ne è vittima.

Le strategie dell’attacc. disorganizzato e i modelli operativi interni che il b. struttura sono seri

precursori di problemi comportamentali che possono condurre a evoluzioni psicopatologiche.

Strange Situation

La Strange Situation è una procedura osservativa standardizzata ideata per valutare

l’equilibrio tra il sistema di attaccamento e il sistema di esplorazione e mettere in luce le

differenze individuali negli stili di attaccamento durante il 1° anno.

Si basa su 8 episodi di 3 min. ciascuno, durante i quali il b. si trova in situazioni di stress

perché è in un ambiente nuovo prima insieme alla madre, poi alla madre e ad un estraneo,

rimane da solo oppure si trova da solo con un estraneo.

La valutazione sulla sicurezza dell’attaccamento si basa su alcuni indicatori:

1) l’ansia da separazione, si esprime in segnali di disagio quando la fig. di attaccamento si

allontana;

2) l’esplorazione – modalità attraverso cui il b. entra in contatto con l’ambiente e i giochi: se

l’attaccamento è sicuro la capacità esplorativa è maggiore

3) la paura dell’estraneo – si manifesta nelle reazioni alla persona sconosciuta in

presenza/assenza della madre

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4) il ricongiungimento alla madre – i b. con attaccamento insicuro ignorano la madre o

reagiscono in modo ambivalente al suo rientro; in assenza della madre si mostrano indifferenti

e sembrano concentrati sui giochi, quando la madre ritorna evitano il contatto.

Modelli operativi interni

Il legame di attaccamento determina rappresentazioni mentali di sé e degli altri, modelli

operativi interni, che hanno la funzione di indirizzare l’individuo nell’interpretazione delle info

del mondo esterno e di guidare il suo comportamento nelle situazioni nuove.

I modelli mentali sono rappresentazioni mnestiche che derivano dalla memoria episodica e

semantica delle immagini che il soggetto ha costruito dei genitori e di se stesso.

Nella m. episodica, l’info è immagazzinata in termini di episodi datati cronologicamente o di

eventi accompagnati dalle relative relazioni spazio-temporali.

Nella m. semantica, l’info è immagazzinata sotto forma di enunciati generalizzati che

riguardano il mondo, derivato dalla esperienza personale di un individuo.

Nel pattern di attaccamento sicuro i modelli operativi si formano dalla rappresentazione della

fig. di attaccamento come disponibile a rispondere positivamente alle richieste di aiuto, quindi

la rappresentazione del Sé è caratterizzata dal senso di essere degni di amore e dall’idea che le

proprie esigenze di conforto hanno valore e potranno essere accolte.

Modelli mentali interni derivanti da relazioni di attaccamento con figure rifiutanti fanno sì che i

b. non imparino ad esprimere le loro emozioni in modo appropriato e percepiscano il mondo

come non amico e quindi ad una rappresentazione di sé non meritevole di amore.

I modelli primari formatisi nell’infanzia hanno una forte influenza sullo sviluppo successivo dei

modelli stessi sia sull’esperienza attuale della persona, anche se vari fattori legati alle

esperienze nella vita possono portare alla trasformazione dei modelli mentali.

Sviluppi della teoria dell’attaccamento

Il concetto di sensibilità materna non + concepita come il fattore centrale per lo sviluppo dei

legami affettivi.

Altri aspetti relazionali come la sincronia interattiva e la mutualità sono significativi nella

costruzione dei legami affettivi.

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Il concetto di monotropia, inteso da Bowlby come orientamento innato nei confronti della

principale fig. di attaccamento, si va stemperando poiché il b. è capace di stabilire relazioni con

vari adulti significativi.

Test x valutare lo sviluppo del legame di attaccamento nei b. da 5 a 9 anni come il

Separation Anxiety Test, ideato da Klagsbrun e Bowlby approfondisce le emozioni e le

modalità x far fronte a situazioni di separazione e le reazioni comportamentali: i b. con un

attaccamento sicuro provano ansia da separazione ma riescono a superarla, i b. insicuri invece

manifestano esagerate reazioni emotive o indifferenza e disinteresse.

I modelli operativi interni non sono sempre stabili nel tempo poiché la continuità

dell’attaccamento sicuro è riscontrabile solo nelle condizioni familiari che restino immutate e

caratterizzate da rapporti positivi; vi possono essere altri fattori come cambiamenti nello

stile di accudimento della fig. di attaccamento, presenza di persone di supporto come

nonni o padri affidabili e sicuri, interventi psicoterapeutici efficaci o temperamento facile del b.

L’attaccamento nell’età adulta è stato studiato con l’Adult Attachment Interview, che

esplora, attraverso il racconto, i ricordi delle esperienze infantili.

La classificazione dei soggetti si basa oltre che su quanto da loro riportato anche dal tipo di

valutazione che le persone fanno della loro esperienza affettiva.

Le rappresentazioni mentali dell’attaccamento in età adulta, infatti, dipendono anche dal senso

che ciascuno riesce a dare della esperienza vissuta e dalla capacità o meno di capire il

comportamento che nel passato hanno avuto i genitori nei loro confronti (nella capacità

dell’adulto di affrancarsi dal passato , di riconoscere i pregi e difetti dei propri genitori e di

riconoscere i bisogni rimasti insoddisfatti ).

La Main ha rintracciato i nessi tra modelli mentali di attaccamento in età adulta e quelli dei

figli valutati con la Strange Situation, ipotizzano una trasmissione intergenerazionale dei

modelli operativi interni.

In conclusione le esperienze affettive precoci non possono essere viste secondo un’ottica

deterministica, vari infatti sono i fattori che possono modificare i percorsi di sviluppo.

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L’ADOLESCENZA

Cronologicamente l’adolescenza va dai 10-12 anni nelle femmine, 11-13 nei maschi, mentre

la conclusione coincide per entrambi con il 18 anni.

L’adolescenza è il periodo di transizione tra la fanciullezza e l’età adulta e si configura come un

percorso, segnato da numerosi eventi critici più che come una fase unitaria

La pubertà è un fenomeno universale che segna il cambiamento fisiologico dell’individuo da

bambino ad adulto; l’adolescenza è il passaggio dallo status sociale del b. a quello dell’adulto

che varia per durata, qualità e significato da una civiltà all’altra e all’interno della stessa, fino al

giungere a maturazione dell’apparato riproduttivo (caratteri sessuali primari) e il

comparire dei caratteri sessuali secondari, come il cambio della voce nei maschi.

Nella preadolescenza si affrontano problemi diversi da quelli tipici dell’infanzia, legati alla

crescita fisica, alla identità corporea, alla definizione sessuale che spesso si impongono

improvvisamente prima che i ragazzi siano in possesso degli strumenti psicologici necessari per

poterli elaborare.

Nell’adolescenza, la maturazione delle capacità di analisi e introspezione, la definizione della

propria identità, consentono una riorganizzazione pur non essendo un periodo unitario.

L’adolescenza ha un carattere relativo e non universale poiché è vissuta diversamente a

seconda della cultura di appartenenza ed è influenzata anche dal contesto familiare e sociale.

L’adolescente incontra vari problemi che sono indicati come “compiti di sviluppo”: instaurare

nuove + mature relazioni, orientarsi verso una occupazione, la cui soluzione fornisce un

patrimonio di risorse per affrontare gli ostacoli che si presenteranno in futuro

Gli stadi dello sviluppo sociale secondo Erik Erikson

Secondo E. la costruzione dell’identità non è solo un compito individuale, ma influiscono

fattori sociali, culturali ed educativi.

La ricerca dell’identità si manifesta pienamente nell’adolescenza, anche se in seguito, nei

successi stadi di sviluppo viene meglio definita.

L’aspetto entrale della concezione di E. si basa sul concetto di crisi di identità descritto in 8

stadi che rappresentano altrettante crisi psicosociali che dipendono dalle esperienze passate e

dalle aspettative per il futuro e che, se superate, permettono di arrivare ad una completa

maturità psicologica.

Ogni stadio sfocia nell’assunzione di un atteggiamento positivo/negativo verso un particolare

aspetto della nostra vita.

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Fiducia/Sfiducia – dalla nascita al primo anno – Interazione sociale con il caretaker: il bambino deve avere fiducia delle persone che si curano di lui, se viene maltrattato non costruisce questo sentimento - interessi orali

Autonomia/Vergogna e dubbio – da 1 a 2 anni – Interazione soc. con i genitori: se le richieste degli adulti sono adeguate sviluppa autonomia, altrimenti si sentirà incapace - addestramento controllo sfinterico

Iniziativa/Senso di colpa – da 3 a 5 anni – Interaz. soc. primaria con la famiglia nucleare: se le norme sono troppo rigide nel reprimere le trasgressioni si sviluppa il senso di colpa – origine sentimenti edipici – sviluppo linguaggio e locomozione

Industriosità/Inferiorità – da 6 a pubertà – Interaz. soc. fuori dalla famiglia: se il b. sente di riuscire bene è contento, mentre se sperimenta insuccessi sviluppa inferiorità

Identità/Confusione di ruoli – adolescenza – Interaz. soc. con i pari che culmina con l’amicizia eterosessuale – stato moratoria rispetto al ruolo adulto – crisi d’identità – consolidamento delle soluzioni dei precedenti 4 stadi in un senso coerente di sé

Intimità/Isolamento – età giovanile – Interaz. soc. primaria con un membro del sesso opposto in una relaz. intima – accettazione impegni adulti compreso quello verso il partner di coppia

Generatività/Stagnazione – età matura – Interesse soc. primario a guidare le generazioni future: per generatività si intende la capacità di guardare al futuro – produttività e creatività

Integrità/Disperazione – vecchiaia – Interesse sociale primario riflessivo: l’integrità è il sentimento di chi è riuscito ad accettare il proprio destino, inclusa la coscienza di dover morire, la disperazione è il sentimento di chi guarda indietro e vorrebbe ricominciare ma si rende conto che è troppo tardi: “Io sono ciò che sopravvive di me”.

E. parla di identità dell’Io, intesa come unitarietà e centralità della persona che mantiene una

flessibilità nel rapporto con l’ambiente.

L’identità dell’Io è la consapevolezza della continuità della propria esistenza nel tempo e nello

spazio e del riconoscimento della continuità del significato che si riveste per le persone

importanti dell’ambiente.

L’adolescenza è dominata dalla crisi fra identità e confusione o dispersione dell’identità: si

esprime un rifiuto di alcuni modelli di identificazione certi e consolidati della fanciullezza e al

tempo stesso si trova a dover scegliere cosa essere e diventare, quindi una ridefinizione

globale della propria prospettiva di vita in base alle aspettative e agli stimoli sociali.

Il pericolo è la confusione del proprio ruolo, il rischio di non riuscire ad integrare le proprie

diverse espressioni di sé e i ruoli svolti in varie situazioni, creando una identità diffusa, una

personalità frammentaria, che a volte sfocia, attraverso l’identificazione, con atteggiamenti

negativi, in comportamenti delinquenziali che si cristallizzano in ciò che E. definisce identità

negativa.

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Se la crisi di identità si conclude invece in senso positivo, emerge una personalità

caratterizzata da coerenza e continuità, intese come una sostanziale consistenza e stabilità

interna, accettazione dei propri limiti, senso di reciprocità, cioè coscienza di una coerenza tra la

propria immagine personale e quella etero percepita (riflessa dagli altri).

Stati di identità

James Marcia ha analizzato i processi attraverso i quali avviene la formazione dell’identità e ne

ha individuati 2:

L’esperienza (esplorazione delle diverse alternative) e l’impegno (commitment).

Le nuove esperienze affettive, lavorative o valoriali possono essere affrontate con un certo

impegno in termini di energie emotive ed è proprio al ruolo degli impegni che M. da una

grande importanza poiché ritiene che ad essi siano legati agli esiti dello sviluppo.

Per ogni tipo di impegno si realizza uno stato di identità:

La identità realizzata - è quello a cui sono giunti gli individui che hanno effettuato sia l’esplorazione che la scelta di come impegnarsi nel lavoro, nella famiglia, nella società.

Il blocco di identità - quando la pressione verso impegni seri è precoce fino al punto da non consentire la libera sperimentazione(i giovani seguono i binari prefissati dalla famiglia).

La moratoria - è lo status di esplorazione in atto fra varie alternative verso le quali orientare la propria vita, all’interno delle quali non si riesce ad operare una scelta

Infine nella diffusione di identità o confusione non c’è alcun impegno e, che ci sia stata no esplorazione, il giovane non è ancora in grado di prendere delle decisioni e sente che la propria vita è priva di una direzione.

Tali crisi adolescenziali sono contemporanee e non sequenziali: molti adolescenti conquistano

una identità a partire da uno stato di confusione o di blocco di identità, molti non riescono ad

uscire dallo stato di confusione o accettano passivamente le scelte fatte da altri e permangono

in una condizione di definizione prematura (blocco identità)

LO SVILUPPO COGNITIVO: IL PENSIERO OPERATORIO FORMALE

Oltre ai cambiamenti fisici e psicologici in tale periodo avvengo profondi cambiamenti nello

sviluppo cognitivo con la comparsa del pensiero operatorio formale.

Il pensiero adolescenziale è caratterizzato dalla capacità di pensare in termini di possibilità,

non solo di semplice realtà concreta, ma di pensiero astratto.

E’ per questo che Piaget chiama “formali” queste operazioni.

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Si tratta di un pensiero ipotetico-deuttivo, cioè la capacità di fare ipotesi, quindi ragionare non

solo su situazioni reali ma anche su situazioni immaginate, sia di fare deduzioni, cioè partire da

ipotesi per trarne conseguenze.

Contemporaneamente si sviluppa l’abilità di compiere un’analisi combinatoria:

nel ragionamento l’adolescente riesce ad analizzare le singole variabili e le loro possibili

combinazioni, per avere una panoramica completa delle diverse possibilità. Es. lettere A B C, le

combinaz. possono esse AB AC BC ABC.

Sono le operazioni di combinazione che consentono di identificare tutte le possibili ipotesi per

la soluzione di un problema.

Grazie alle operazioni di combinazione, si afferma così un primato del possibile sul reale.

Il pensiero formale è anche proposizionale, cioè capace di distinguere le proposizioni e

collegarle tra loro x compiere inferenze di vario tipo e stabilire connessioni logiche

caratterizzate da congiunzione, disgiunzione, implicazione (es. “il gettone che ho in mano è

verde e non verde”= contraddizione, alcune volte la mano dello sperimentatore era aperta e il

gettone visibile, altre volte era chiusa, i 15enni hanno risposto correttamente alla

contraddizione, i b. + piccoli rispondevano “non so”, quando il gettone non era visibile).

La capacità di astrazione fa percepire il senso del potere del pensiero, si scoprono così il

piacere della discussione, l’esercizio delle capacità critiche delle proprie e altrui opinioni, che

favorisce l’introspezione e la coscienza di sé.

Inoltre la capacità di concepire contenuti astratti favorisce la tendenza a riflettere sul modo in

cui gli altri li percepiscono, esercitando quindi la capacità di adottare la prospettiva altrui.

Il bisogno di comprendere e attribuire significato agli eventi si manifesta anche attraverso la

narrazione delle proprie esperienze, l’importanza del pensiero narrativo o sintagmatico secondo

Bruner sottolinea l’importanza dei processi sottesi allo sviluppo del racconto e

dell’interpretazione degli eventi personali.

Pensiero operatorio formale: revisione critica

I neopiagetiani hanno dimostrato che le prestazioni cognitive degli adolescenti sono influenzate

da variabili contestuali da Piaget non considerate, come le conoscenze pregresse, le modalità

di presentazione del compito e le aspettative proprie e altrui.

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Anche gli adolescenti, come i b. + piccoli, nel risolvere compiti di logica riescono meglio se

messi in condizione di poterne discutere, confrontando le diverse opinioni attraverso la forma

del “conflitto cognitivo”.

Alcuni studi negano la centralità della logica nel funzionamento mentale dell’adolescente,

dando invece importanza agli schemi inferenziali, i contenuti realistici, la familiarità con il

compito, l’esperienza in certi domini sono condizioni importanti per comprendere la variabilità

individuale nelle modalità di ragionamento formale.

LO SVILUPPO MORALE DELL’ADOLESCENTE

Nell’adolescenza lo sviluppo morale si rende indipendente dall’autorità adulta, grazie alle abilità

cognitive conquistate.

Il ragionamento morale può avvalersi degli strumenti del pensiero formale ed è sostenuto dai

progressi nella formazione dell’identità.

I valori che l’adolescente sviluppa sono legati alle vicende affettive interne, alla ribellione

contro la coscienza infantile necessaria per svincolarsi dalla dipendenza parentale.

Secondo la teoria di Kohlberg dalla preadolescenza in cui si raggiunge il liv. convenzionale, cioè

il rispetto delle norme sociali e non + le conseguenze immediate dell’azione individuale, gli

adolescenti passano al liv. postconvenzionale, in cui le leggi morali vanno rispettate, ma

essendo create dall’uomo possono essere modificate e interpretare in modo da garantire sia i

diritti individuali sia i valori universali.

K. aggiunte uno stadio “0” caratteristico dell’età prescolare, in cui il bene si identifica con

ciò che motiva il desiderio e che coincide con esso e uno stadio “4b” che meglio specifica il

significato che le norme assumono nell’adolescenza: i soggetti comprendono il significato della

legge ma non condividono una morale rigidamente conformista.

K. introduce altre precisazioni sullo stadio 5, distinguendolo in 5a e 5b, segnando il passaggio

da una concezione utilitaristica del contratto sociale ad una concezione fondata sulla

consapevolezza di diritti reciproci come fondamento sia delle norme sia delle azioni.

Infine, un 7° stadio, cioè forme spirituali ed elevate di maturità morale, fondate su valori che

escludono interessi egoistici.

Gli ultimi stadi di tipo postconvenzionale sono caratteristici della tarda adolescenza e della età

adulta.

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Nel modello di K. gli stadi + elevati possono esser raggiunti solo da chi ha conseguito il

pensiero operatorio formale, ciò non esclude che persone con un livello cognitivo elevato si

trovino ad uno stadio morale + basso, mentre non è possibile il contrario.

Lo sviluppo logico è una condizione necessaria non sufficiente per lo sviluppo morale.

K. non ha dedicato attenzione all’influenza dei fattori socio-culturali e si è basato sullo sviluppo

cognitivo, mentre anche le variabili sociali e culturali incidono sull’adesione alle norme morali,

lo status socioeconomico, i valori della cultura di appartenenza e lo stile familiare.

Lo status economico elevato della famiglia ed il carattere umanitario di certe professioni svolte

dai genitori favorisce l’adozione di criteri evoluti postconvenzionali.

Giudizio e comportamento morale

Riguardo al rapporto tra giudizio e azione K. ritiene che il piano cognitivo rappresenti una

condizione necessaria ma non sufficiente per l’agire morale.

Stimolare lo sviluppo cognitivo rappresenta un compito educativo importante per favorire il

comportamento morale, poiché nono si possono seguire principi morali se non vengono capiti o

se non si crede in essi.

L’impegno sociale favorisce l’acquisizione di livelli postconvenzionali, livelli morali elevati, ciò

non esclude che anche molti giovani del liv. preconvenzionale partecipino alla vita sociale e

politica.

K. ha verificato che adolescenti con una condotta deviante utilizzano criteri di giudizio

preconvenzionali, diversamente da giovani non delinquenti che si basano su concetti di

trasgressione e riferiti ad un’autorità esterna + che a norme interiorizzate.

Bandura nella prospettiva dell’interazionismo cognitivo sociale sottolinea come persone, pur

dotate di forme di ragionamento elevate o che si ispirano a norme universali adottino

meccanismi di controllo interno che possono attivare o disattivare il comportamento morale.

Tali forme di disimpegno agiscono riducendo le forme di autosanzione che mantengono alto il

livello morale.

La pressione di alcuni coetanei, i mass media possono svolgere un ruolo significativo

nell’adozione di meccanismi di disimpegno morale.

Le ragazze adottano meccanismi di giustificazione morale, i ragazzi forme di

deresponsabilizzazione morale.

Anche la famiglia svolge un ruolo sullo sviluppo della morale, della interiorizzazione delle

norme e nella assunzione di responsabilità attraverso le diverse tecniche educative,

generalmente uno stile fondato su tecniche induttive che implicano attenzione alle

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conseguenze delle azioni negative sugli altri, la tendenza a fornire spiegazioni, ad usare il

ragionamento + che le punizioni favorisce lo sviluppo dell’interiorizzazione morale.

FAMIGLIA E GRUPPO DEI PARI IN ADOLESCENZA

Nelle decisioni importanti i genitori hanno un ruolo fondamentale sulle questioni scolastiche e

professionali, gli orientamenti di vita futura e svolgono una funzione protettiva in condizioni di

stress.

I coetanei invece influiscono maggiormente sulle scelte sociali, come il tempo libero,

l’abbigliamento, ecc.

Relazioni familiari – Secondo l’approccio dello sviluppo, l’adolescenza rappresenta sia

“un’impresa evolutiva congiunta di genitori e figli” sia un periodo caratterizzato dalla

trasformazione di legami precedenti.

Coesistono 2 processi:

l’individuazione – proprio dell’adolescente e che si esprime nella sua tendenza ad

autonomizzarsi dai legami familiari

la differenziazione – proprio dell’organizzazione familiare e dal quale dipende il maggiore o

minore grado di flessibilità nel consentire l’indipendenza dei suoi membri.

Nella prima adolescenza, può verificarsi un contromovimento della famiglia che accentua il

controllo per preservare il figlio da esperienze negative, determinando reazioni di ribellione che

rischiano di innescare una spirale di incomprensioni reciproche in cui controllo e opposizione

rappresentano la dinamica saliente.

Nelle società occidentali è nato un nuovo fenomeno rappresentato dal prolungamento

dell’adolescenza (late adolescence) che si esprime nella permanenza del giovane adulto in

famiglia, non + percepita come nucleo da cui autonomizzarsi, ma come luogo in cui la positiva

rinegoziazione dei rapporti ha favorito buoni livelli di accettazione delle differenze.

Lo stile personale con cui i genitori si relazionano con i figli influenza la competenza sociale e il

processo di sviluppo dell’identità.

Esistono 4 stili educativi a cui corrispondono specifiche caratteristiche sia dei b. sia degli

adolescenti.

Genitori che adottano uno stile autorevole fondato sulla compresenza di richieste e di

sostegno, diversamente dagli autoritari, permissivi o rifiutanti sono anche quelli i cui figli,

nell’adolescenza sono + competenti e meno soggetti alla devianza.

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Lo stile genitoriale esercita un’importante influenza anche sullo sviluppo dell’identità

personale.

Sono emerse dalle descrizioni dei ragazzi 3 stili genitoriali:

- genitore relazionato – il suo obiettivo è la crescita autonoma delle motivazioni del figlio, capace di capire i punti di vista dell’adolescente fornire consigli senza imporre le proprie ragioni;

- genitore autocentrato – resta fermo sulle proprie posizioni, convinto di comprendere quale sia il bene dei figli e pretende obbedienza e rispetto delle regole;

- genitore evasivo – appare spesso arrabbiato o deluso e psicologicamente assente.

Genitori autocentranti ed evasivi ostacolano la formazione dell’identità personale.

L’importanza dei genitori rispetto ai coetanei si manifesta specialmente in circostanze difficili,

come malattie fisiche o problemi psicologici, svolgendo un insostituibile ruolo protettivo

decisivo nello sviluppo di capacità dell’adolescente di fronteggiare eventi stressanti.

Tale funzione protettiva si esprime concretamente attraverso 3 specifiche funzioni:

1) il potenziamento dell’autostima, soprattutto in caso di fallimento, 2) la vicinanza in situazioni stressanti, 3) la stabilità del rapporto affettivo al variare delle circostanze.

Nella maggioranza dei casi i ragazzi si identificano con i genitori e ne percepiscono la vicinanza

affettiva.

Le divergenze riguardano le questioni quotidiane come gli orari, l’impegno nello studio, gli

spazi di autonomia, mentre su temi importanti quali l’istruzione, i valori morali e sociali il livello

di congruenza tra genitori e figli è molto o sufficientemente elevato.

Il gruppo dei pari – Il termine “gruppo dei coetanei” (peer group) è utilizzato con differenti

significati nella letteratura sull’adolescenza per definire gli amici del cuore, i conoscenti abituali

e gli sconosciuti, poiché le caratteristiche comuni sono la somiglianza di età e il fatto di non

comprendere membri della rete familiare.

L’appartenenza al gruppo nasce da un iniziale bisogno di affiliazione, un’esigenza di trovare

supporto, condivisione e approvazione che si trasforma in un bisogno di appartenenza, in cui vi

è la scelta selettiva di attività e di valori che meglio si conciliano con scelte congrue con

l’immagine di sé che l’adolescente pian piano costruisce.

Vi sono varie forme di aggregazione giovanile:

gruppi formali – legati alle istituzioni, cioè gruppi sportivi, politici, religiosi con una adesione ai

valori che li ispirano. I giovani che vi appartengono sono + legati alla famiglia, perseguono

valori fondati sull’autodisciplina, sulla cultura, sulla formazione personale.

Il livello di autonomia e indipendenza è minore rispetto ai gruppi informali, poiché privilegiano

un forte senso di appartenenza religioso o valoriale.

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gruppi informali – slegati dalle istituzioni e che danno origine a espressioni + personali; i

giovani che vi appartengono cercano sostegno dai coetanei + che dagli adulti, sono propensi al

raggiungimento dell’autonomia personale e si orientano verso posizioni originali + che

tradizionali.

Il gruppo dei pari svolge anche un importante ruolo nello sviluppo delle relazioni eterosessuali.

Le relazioni di amicizia – Nelle relazioni con i pari, la capacità di instaurare relazioni di

amicizia è indice di benessere psicologico e di capacità di cooperare e negoziare, oltre ad

essere un fattore protettivo dal rischio di disagio psicosociale.

Il concetto di amicizia si modifica dalla preadolescenza all’adolescenza: dal piacere di stare

insieme, stabilire rapporti di cooperazione, al riconoscimento di caratteristiche personali ed il

principio di uguaglianza tra le parti, da cui deriva il mutuo rispetto e l’accettazione dell’altro.

L’effetto positivo dei relazioni amicali caratterizzate da confidenza e da disponibilità a rivelarsi,

si manifesta anche sulle competenze sociali + ampie, in termini di minore ansia e ostilità nelle

relazioni interpersonali e maggiore soddisfazione personale.