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1 Studio Legale Di Blasio | Avv. Maria Pina Di Blasio Vico Pontolillo, 36 | 85100 Potenza | Tel/Fax +39 0971 37613 | Cel +393203255344 [email protected] | www.studiolegalediblasio.it | P.Iva 01941080762 La letteratura lega il giurista alla comunità più ampia della quale fa parte. James Boyd White Gli schemi del diritto nelle trame della letteratura: un legame sinallagmatico Il movimento “Diritto e letteratura” nasce nel 1973, anno di pubblicazione dell’opera di James Boyd White The Legal Imagination 1 . Nell’opera l’autore sostiene che lo studio della letteratura sarebbe fondamentale per il curriculum di studi del giurista in quanto «gli studi letterari avrebbero qualcosa di particolare da dire sul diritto e sull’interpretazione giudiziale» 2 . Dunque, gli studi sul rapporto fra diritto e letteratura, fioriti soprattutto in area anglosassone, da qualche anno interessano molto anche i giuristi italiani. Autorevole dottrina sostiene che le letture di testi letterari, segnatamente quelli avente ad oggetto come tema principale, questioni di giustizia, affini la sensibilità del giurista, sviluppi il senso stesso della giustizia nell’uomo di legge, nei momenti più rilevanti dell’esercizio della sua professione. Non si intende propugnare la superiorità di una categoria concettuale sull’altra, ma la perfetta osmosi del mondo del diritto, dei suoi schemi, delle sue rigide formulazioni nelle trame dei testi letterari. Claudio Magris così scrive: La letteratura non giudica né dà voti di condotta alla vita, che scorre al di là o al di qua del bene e del male; se rappresenta una rosa, sa come diceva un gesuita e grande poeta mistico tedesco del Seicento, Angelus Silesius che la rosa non ha perché e fiorisce perché fiorisce 3 . 1 J.B. WHITE, The Legal Imagination: Studies in the Nature of Legal Thought and Expression, Boston, Little, Brown & Co., 1973. 2 G. MINDA, Teorie postmoderne del diritto, Il Mulino, Bologna, 2001, p.247. 3 C. MAGRIS, Il cuore freddo degli scrittori, in Corriere della Sera, 21/10/2007.

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La letteratura lega il giurista alla

comunità più ampia della quale fa parte.

James Boyd White

Gli schemi del diritto nelle trame della letteratura:

un legame sinallagmatico

Il movimento “Diritto e letteratura” nasce nel 1973, anno di pubblicazione dell’opera

di James Boyd White The Legal Imagination1. Nell’opera l’autore sostiene che lo studio

della letteratura sarebbe fondamentale per il curriculum di studi del giurista in quanto «gli

studi letterari avrebbero qualcosa di particolare da dire sul diritto e sull’interpretazione

giudiziale»2.

Dunque, gli studi sul rapporto fra diritto e letteratura, fioriti soprattutto in area

anglosassone, da qualche anno interessano molto anche i giuristi italiani.

Autorevole dottrina sostiene che le letture di testi letterari, segnatamente quelli avente

ad oggetto come tema principale, questioni di giustizia, affini la sensibilità del giurista,

sviluppi il senso stesso della giustizia nell’uomo di legge, nei momenti più rilevanti

dell’esercizio della sua professione.

Non si intende propugnare la superiorità di una categoria concettuale sull’altra, ma la

perfetta osmosi del mondo del diritto, dei suoi schemi, delle sue rigide formulazioni nelle

trame dei testi letterari.

Claudio Magris così scrive:

La letteratura non giudica né dà voti di condotta alla vita, che scorre al di là

o al di qua del bene e del male; se rappresenta una rosa, sa — come diceva

un gesuita e grande poeta mistico tedesco del Seicento, Angelus Silesius —

che la rosa non ha perché e fiorisce perché fiorisce3.

1 J.B. WHITE, The Legal Imagination: Studies in the Nature of Legal Thought and Expression, Boston, Little,

Brown & Co., 1973. 2 G. MINDA, Teorie postmoderne del diritto, Il Mulino, Bologna, 2001, p.247.

3 C. MAGRIS, Il cuore freddo degli scrittori, in Corriere della Sera, 21/10/2007.

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Analizzando i due punti di vista, quello del mondo letterario e quello del mondo del

diritto, si intende dimostrare, senza alcuna pretesa, un assunto: il diritto e la letteratura

possono congiungersi, di qui il loro legame necessariamente «»sinallagmatico»4.

Ritenere diversamente pare più che altro retaggio di certe dottrine del passato, che, nel

campo del diritto, si rifacevano a quella scuola di pensiero tecnico-giuridico, secondo cui

diritto e letteratura apparterrebbero a sfere del tutto antitetiche e scarsamente comunicanti.

Una concezione, invero, assai lontana dalla tradizione culturale dell’Occidente, per la

quale i due saperi, nell’ambito degli studi umanistici, hanno sempre costituito realtà

parallele, tuttavia intimamente connesse dal fluire in esse della condizione umana.

Claudio Magris, con riferimento alla poesia, ha sostenuto che :

L’avversione della poesia al diritto, nasce dal fatto che il regno del diritto è

la realtà dei conflitti e nella necessità di mediarli, mentre i rapporti

puramente umani non hanno bisogno del diritto, anzi, lo ignorano. Il diritto

appare dunque legato alla barbarie del conflitto necessario, ma come lo è

un’amputazione in una malattia o una difesa armata ad un attacco armato:

legge e diritto sanciscono dunque una sorta di peccato originale,

un’impossibilità dell’innocenza dell’esistere, che non è sempre gradevole

vedersi messa sotto gli occhi5.

Richard Posner, studioso del legame tra il diritto e la letteratura, ricorda come E. M.

Foster abbia presentato un personaggio del suo romanzo Casa Howard, Henry, nel cui

modo di esprimersi si coglieva la conoscenza di ragionamenti tipici del mondo del diritto,

come la sintesi del concetto espresso proprio nell’epigrafe al libro: «solo mettere in

4 Del rapporto tra Diritto e Letteratura come legame avvinto da sinallagma, si è discusso in occasione del

Convegno “Diritto e Letteratura. Tra Dostoevskij e Manzoni”, svoltosi nei giorni 29 e 30 giugno, 2015 nel

Palazzo di Giustizia di Potenza, con relatore unico il Dott. Andrea Galgano, Docente di Letteratura, poeta e

critico letterario. Per un resoconto delle due giornate di studio, mi sia consentito il rinvio alla lettura di

Diritto e Letteratura. Un inedito rapporto sinallagmatico. Il ruolo della letteratura nella formazione del

giurista, in Rivista Giuridica, Sezione Saggi, DIKE Editrice Roma, n. 6/2015.

Ivi, p 168. 5 C. MAGRIS, Letteratura e diritto Strade opposte davanti al male, Corriere della Sera, 16 aprile 2006.

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relazione», only connect. Nella visione dello scrittore inglese, la classica mentalità

legalistica era identificata con un’incapacità di porre in relazione il cuore e la mente6.

Iosif Brodskij, premio nobel per la letteratura, nel rivolgersi in una famosa lettera al

presidente della Repubblica Ceca Vaclav Havel, peraltro anch’egli scrittore, lo invitava a

promuovere nel suo popolo «l’uguaglianza di fronte alla cultura», meta assai più importante

e ambiziosa della semplice «uguaglianza del popolo di fronte alla legge»7.

L’immagine che i letterati nutrono dei giuristi sembra essere quella di uomini non

perfettamente addestrati a quegli studi, o comunque diseducati a una comprensione umana,

incapaci di abbracciare la dimensione emozionale dell’individuo, del suo essere, al di là dei

rigidi schemi razionalistici e formalistici, tipici del mondo giuridico.

Invero il giurista lavora la stessa materia prima dello scrittore e del letterato. Le

narrazioni, le storie, i personaggi, le loro passioni, frutto della genialità e della capacità

inventiva degli scrittori, spesso si rinvengono nella vita reale e con questo particolare

all’interno dell’universale, il giurista è chiamato inevitabilmente a confrontarsi.

In altre parole, le trame letterarie conducono il lettore nei frastagliati territori di una

diversità che è sinonimo di una straordinaria ricchezza, di infinita bellezza del pensiero e

delle capacità creatrice dell’essere umano. Il diritto, invece, sospinge il lettore a rimanere

saldamente ancorato entro i rigidi schemi, tipici del mondo legale.8

Se il punto di osservazione del giurista o, meglio, il suo angolo visuale, il suo sguardo

è ampio grazie all’ambizioso interrogativo su un senso della giustizia, ricercato anche oltre

gli steccati del diritto e della norma, non meno ampio è la visuale, lo sguardo che si tenta di

seguire nella letteratura. Si tratta di rinvenire, attraverso alcuni grandi archetipi della

letteratura qualche aiuto, qualche spunto di riflessione per tracciare, semmai fosse possibile,

linee di demarcazione tra la giustizia perpetrata da sé e quella resa dal terzo istituzionale, tra

la giustizia ufficiale, l’equità, il perdono, la vendetta9.

6 G. FORTI, Introduzione, in Giustizia e Letteratura I, p. XIII.

7 Ibidem.

8 C. MAZZUCATO – A. VISCONTI, Guida alla lettura, Uno sguardo all’intelaiatura, tra trama letteraria e

ordito giuridico, e al “backstage” di «Giustizia e Letteratura I», p. XXIII. 9 G. FORTI, Introduzione, in Giustizia e Letteratura I, p. XIII.

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Robert Musil, sulla letteratura, così scrive:

[…] la letteratura mondiale è un grandissimo negozio di confezioni dove

milioni di anime si vestono di generosità, rabbia, orgoglio, amore, sarcasmo,

gelosia, nobiltà e bassezza. Parrebbe difficile per il giurista districarsi in tali

oceani imperi di carta e scegliersi una guida affidabile10.

La possibilità di relazionarsi ed entrare in stretto contatto con la letteratura, non

costituisce solo una forbita esercitazione per una ristretta cerchia di accademici. La sua

rilevanza la si coglie anche da altro punto di vista: le narrazioni, i suoi personaggi, le sue

storie, costituiscono, un momento importante per il giurista, quasi salvifico, perché evita il

rischio che, attraverso la tecnica della sussunzione del caso concreto nella fattispecie

astratta, possa ed arroccarsi su posizioni precostituite e in qualche caso, preconcette dello

stare decisis.

La sensibilità alla parola, il giusto approccio con alcuni grandi testi della letteratura

possono forse sottrarre l’operatore del diritto, avvocato o magistrato che sia, al rischio

paventato da Pietro Calamandrei, di trasformarsi in un contabile di anime vuote, cadendo

vittima della assuefazione, della indifferenza burocratica e della irresponsabilità anonima.

Per il giurista che soccomba a questa insidia, gli uomini «cessano di essere persone vive e

diventano numeri».11

Come ricorda Claudia Mazzucato:

[…] la realtà vissuta, il come stanno le cose intorno a dolenti esperienze

attraversate in prima persona, perché provocate o subite, sembra a volte

dicibile – e dunque narrabile – solo in forma poetica12

.

Del resto, è innegabile che i due saperi, nel grande orizzonte degli studi umanistici,

hanno sempre costituito realtà parallele, anche perché, com’è noto, la letteratura ha sempre

trovato un suolo fertile nel terreno di competenza del giurista e ciò deriva dalle affinità tra le

10

Ivi, p. XVI. 11

Ivi, p. XIV. 12

Ibidem.

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due discipline. Gli artisti, sensibili a queste affinità, inseriscono personaggi, temi e strutture

giuridiche nelle loro opere, dimostrando ciò che da secoli gli scrittori avevano percepito:

non solo la compatibilità, ma addirittura il carattere connaturale di due ambiti intellettuali

apparentemente distinti.

Si tratta di una buona premessa per supportare una tesi: diritto e letteratura si

coniugano perfettamente, saremmo di fronte ad un ritorno a quel rapporto sinallagmatico

affievolitosi nel corso degli anni.

Infatti, il rapporto fra queste due discipline vanta un intreccio culturale che risale

all’Antica Grecia. Le più antiche tradizioni letterarie, infatti, si sono da sempre preoccupate

di riservare particolare attenzione alle questioni giuridiche. L’Orestea di Eschilo,

l’Antigone di Sofocle, in Grecia, Le mille e una notte nella tradizione letteraria araba e così

via fino alla seconda metà del XIX secolo, in cui la formazione giuridica costituiva una

parte centrale degli studi umanistici in un rapporto di interscambio disciplinare dai contorni

innovativi.

Su Antigone di Sofocle, in modo particolare, da sempre si concentrano l’attenzione e

l’interesse di giuristi, studiosi di letteratura e filosofi. L’anno della prima rappresentazione è

il 442 a.C.: da allora Antigone affascina e spinge alla ricerca, per orizzonti che superano il

mito, la tragedia, lo spettacolo. Da una parte la regola statuita, la legge, con Creonte;

dall’altra l’imperativo che il singolo, Antigone, sente forte nella propria coscienza. Da una

parte lo Stato, dunque, dall’altra l’individuo.

Al riguardo Gustavo Zagrebelsky ha affermato:

Antigone rappresenta il fondamento della riflessione sul diritto, senza tempo,

e anche un grande testo filosofico e naturalmente una delle somme opere

dell’ingegno letterario di tutti i tempi»13.

Antigone è uno dei testi fondativi della nostra civiltà giuridica occidentale,

specialmente laddove si collochi lo scontro tra Antigone e Creonte nella realtà storica

dell’Atene del V secolo.

13

G. ZAGRELBESKY, Presentazione del libro "Giustizia e Letteratura". Incontro promosso dal Centro Studi

"Federico Stella, 19 aprile 2013, visibile su: in https://youtu.be/CygBP8TKcNs

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La lotta tra Antigone e Creonte metteva i cittadini di Atene, riuniti nella

rappresentazione, di fronte all’irrisolto contrasto politico che, a quel tempo, divideva gli

animi e le fazioni, tra resistenze arcaicizzanti e tensioni modernizzanti.

Come è stato osservato da Gustavo Zagrebelsky:

da una parte si collocavano le radici tradizionali della città, lo ius non scritto

e non mutabile, che non è di ieri né di oggi, ma da sempre, di cui è ignota la

rivelazione; lo ius che vale per le cerchie umane vincolate da comunanza di

sangue con al centro la famiglia, che si richiama perciò alla struttura

gentilizia originaria della polis, che è radicato nei legami vitali e quindi nel

culto dei morti ed è cementato dal senso dell’onore e della fedeltà

particolare, di cui è depositario l’elemento femminile della società; dall’altra

parte, invece, la forza innovatrice di una società-stato proiettata a divenire

potenza egemone del mondo greco, fondata su leggi che esigono ubbidienza

uniforme e incondizionata, spezzano l’unità dei legami interpersonali e

familiari, travolgono eros, amore coniugale, sentimento paterno, fraterno e

filiale, ignorano la contiguità del sangue e sono garantire dall’elemento

maschile della società, il re, unico supremo legislatore.14

Proprio sulla base di tale caratteristica, la vicenda di Antigone può assurgere a

paradigma delle conseguenze che si determinano, all’interno dell’ordinamento, laddove ius

e lex iniziano progressivamente a discostarsi l’uno dall’altra.15

Sempre Zagrebelsky:

Quando il diritto profondo e stabile dei legami sociali, impersonato da

Antigone, e dall’artificiale e mutevole legge pubblica dello Stato,

impersonata da Creonte, si pongono in rapporto di disconoscimento

reciproco, ciò che ne consegue è un esito radicale di morte fisica, per

14

G. ZAGREBELSKY , Antigone e la legge che smentisce il diritto, in La Repubblica, 25 giugno 2003. 15

F. D’ALESSANDRO, Limite, trasgressione e responsabilità: la tragedia antica e le sue riscritture moderne,

nella prospettiva del giurista, in Giustizia e Letteratura II, (a cura di) Gabrio Forti, Claudia Mazzucato,

Arianna Visconti, Vita e Pensiero, Milano, 2014, p. 31.

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Antigone, e di morte spirituale per Creonte, rigettato dai suoi concittadini e

ripudiato perfino in casa propria.16

Lo studioso ha da sempre sostenuto che nella letteratura si trovano le grandi alternative

nelle quali si svolge la vita degli individui e quella della società. Innanzitutto il rapporto tra

bene e male, che può essere sviluppato anche come tra verità e inganno o come il rapporto

tra bello e brutto, amore e tradimento17

.

Altro grande tema è la libertà e la necessità del comportamento degli essere umani.

Quest’ultimo è diventato un aspetto di grande interesse nella letteratura a partire dallo

sviluppo del positivismo della seconda metà del diciannovesimo secolo. Questi anni vede il

fiorire di tutta quella letteratura che ha cercato di reagire all’idea dell’essere umano

inglobato della struttura sociale, costituendone un pezzo della stessa. L’idea si basa su una

visione del mondo che vede individuo inglobato in una entità superiore che crea la

necessità, e sparisce così, la sua responsabilità personale.

La cultura giuridica e quella letteraria condividono, quindi, una storia comune.

L’origine stessa dell’arte retorica si fa risalire all’instaurazione di veri e propri processi

giudiziari istituiti per rivendicare la proprietà di terreni in seguito alla caduta della

tirannia. Senza contare poi la lunga e consolidata tradizione greco-romana che vede

intellettuali come Aristotele, Cicerone e Quintiliano combinare costantemente nelle loro

opere la sfera giuridica e quella letteraria.

La rottura si ebbe con l’avvento del positivismo giuridico che convertì il diritto in un

oggetto scientifico di studio e ridusse le operazioni di interpretazione e applicazione dello

stesso in meri esercizi formali, privi di arte e umanità.

Ed è proprio in risposta al formalismo positivista che negli Stati Uniti, quasi

quarant’anni fa, nacque il movimento chiamato “Law and Literature” il cui maggior

esponente fu James Boyd White che con l’opera The legal Immagination,pubblicatanel

197318

, consacrò un legame, quello fra diritto e letteratura, che ancora oggi, è oggetto di

16

G. ZAGREBELSKY , Antigone e la legge che smentisce il diritto, cit. 17

Ibidem. 18

B.WHITE, The Legal Imagination: Studies in the Nature of Legal Thought and Expression, Boston, Little,

Brown & Co., 1973.

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studi e inserito nei programmi delle Law School con una risonanza mediatica in grado di

arrivare fino alle prime pagine del New York Times.

White sosteneva che diritto e letteratura sono uniti da una visione del linguaggio inteso

come comunità di discorso tra particolari mondi culturali e che la letteratura lega il giurista

alla comunità più ampia della quale fa parte. “La vita del diritto è oggi dunque la vita di

un’arte: l’arte di creare significato nel linguaggio intersoggettivo”19

:

Scriveva White:

Il diritto è un sistema culturale e nel suo ragionamento vedeva l’azione

dell’immaginazione e della creatività propri del mondo letterario20

.

Ma a questo punto viene da porsi una domanda. Diritto e letteratura, insieme, il loro

studio congiunti a cosa serve? Quale rapporto intercorre tra la letteratura e il mondo del

diritto, chiamato per sua stessa natura a tracciare le linee di demarcazione tra il giusto e

l’ingiusto e quindi, sia pure trasversalmente o tangenzialmente, tra il bene e il male?

Una, tra le possibili risposte, potrebbe essere quella fornita da Gustavo Zagrebelsky:

Diritto e letteratura servono a fa pensare, e pensare è qualcosa di

importante. Può sembrare una ovvietà, ma pensare significa produrre idee e

di manifestarle21

.

Non si può non condividere tale assunto, vero in ogni tempo. Se si considera che nella

storia dell’uomo, pensare, ideare, manifestazione, non hanno mai costituito dei postulati

quanto piuttosto delle conquiste.

Vi è un’altra considerazione da fare. Quando esaminiamo la maggior parte dei testi

letterari, non sfugge la circostanza che sono tutti collocati in una particolare fase storica. Per

esempio, nel Il mercante di Venezia di William Shakespeare, centrale è la figura negativa di

19

J.B.White, Heracles’Bow, Madison, University of Wisconsin Press, 1985, p.XII. 20

Ibidem. 21

M.P. DI BLASIO, Lo sguardo del giurista, in Diritto e Letteratura:un inedito rapporto sinallagmatico, cit.,

p. 180.

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Shylock, ebreo usuraio e crudele. Se non si considera il contesto storico di riferimento,

sarebbe difficile, oggi, comprendere questi testi fino a fondo.

Prezioso si rivela al riguardo, l’insegnamento di Zagrebelsky, il quale, afferma:

Sarebbe auspicabile cercare di collocare questi testi nell’epoca in cui sono

stati scritti e non presentarli in modo astratto. Si tratta quasi sempre di testi

storicamente determinati dalle circostanze che li hanno prodotti22

.

Poi, nella sua analisi prosegue:

Prendiamo ad esempio l’uomo del sottosuolo di Dostoevskij, rappresentato

dallo scrittore come un essere abietto, è invece, un personaggio positivo,

l’eroe che si ribella a ciò che sta nel sottosuolo, cioè la civiltà industriale, la

Londra della seconda esposizione universale del 1861. Dostoevskij la

descrive come una città piena di persone tutte uguali, tutte mosse dalla

stessa forza, provenienti da tutto il mondo, che visitano questi padiglioni di

vetro e cemento, senza sapere esattamente il perché. Ecco il “sottosuolo”,

fatto da questa folla indifferenziata di individui, tutti uguali, omologati, che

si muovono secondo una legge che è cogentissima, di cui loro stessi non

hanno consapevolezza ma non sanno chi è l’autore. Chi ha spinto questi due

milioni e mezzo di visitatori dell’esposizione universale a Londra? Un

numero fantastico per l’epoca. Ed allora l’uomo del sottosuolo, per

manifestare la sua originalità e la sua indipendenza, è costretto ad essere un

uomo abietto, rispetto agli stili di vita e alla mentalità degli appartenenti al

soprasuolo. 23

E’ evidente che non sarebbe possibile leggere un’opera letteraria senza calarsi nel

contesto storico in cui è stata scritta. Eppure è un’operazione indispensabile, in quanto

darebbe la possibilità al lettore di depurare tutta quella parte caduca, legata al suo tempo e di

lasciare la parte universale. Poiché, molto spesso, com’è noto, i grandi capolavori della

letteratura hanno anche quelle caratteristiche che li rendono universali, senza tempo. Questo

22

Ibidem. 23

Ibidem.

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evita il rischio di prendere tutto per buono o il rischio opposto, cioè affermare che tutto

quello che è stato scritto è storicamente superato24

. In verità, nei grandi testi letterari,

soprattutto quelli classici, si rinvengono sia gli uni che gli altri, e per non confondere le due

cose sarebbe utile procedere ad un’opera di selezione del testo.

Rudolf Bultmann»25

– ricorda Gustavo Zagrebelsky:

utilizzava il termine “demitizzazione” per indicare l’eliminazione di tutto

ciò che è il frutto del tempo, della mentalità, della cultura del tempo e

quindi caduco da ciò che è il nucleo fondamentale26

.

Una vecchia storia dunque. Forse la più vecchia di tutte. Perché il rapporto tra diritto e

letteratura inizia più o meno quando inizia la nostra civiltà. I miti e il teatro dell’antica

Grecia sono le basi fondanti della storia letteraria occidentale e dell’idea di diritto e di

giustizia. Antigone infatti, è un’opera letteraria che affronta il problema del rapporto tra

individuo e potere ed è costruita come un processo, con tanto di introduzione preliminare

che spiega l’antefatto, con la difesa (Antigone), l’accusa (Creonte) e addirittura con

l’opinione pubblica (il coro).

Tra Giustizia e Letteratura quindi c’è un rapporto antico, non sempre lineare, a volte

addirittura conflittuale, viziato da una serie di pregiudizi reciproci che ha scavato un solco

tra letterati e giuristi.

Inoltre Cicerone e Seneca erano avvocati; filosofi, letterati ed uomini di stato come

Tommaso Moro, Bacone e Montesquieu avevano una preparazione giuridica. Dickens fece

il garzone di studio (e poi il cronista giudiziario); nel novecento Jorge Amado, un poeta

come Wallace Stevens, John Luther Long (l’autore di Madama Butterfly) o Bernardo

Guimaraes, il creatore della Schiava Isaura, erano tutti giuristi.

24

Ibidem. 25

R. K. BULTMANN , teologo tedesco. «Non ci si può servire della luce elettrica e della radio, o far ricorso in

caso di malattia ai moderni ritrovati medici e clinici e nello stesso credere nel mondo degli spiriti e dei

miracoli propostici dal Nuovo Testamento» (Da Il manifesto della demitizzazione). 26

G. ZAGRELBESKY, presentazione del libro "Giustizia e Letteratura", cit.

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Ed ancora, tra Duecento e Trecento numerosi sono gli scrittori italiani che sono anche

o innanzitutto giuristi: si va dal caposcuola dei Siciliani, Jacopo da Lentini detto appunto il

Notaro, a Pier delle Vigne, a Guido Guinizelli, a Cino da Pistoia27

.

La dottrina più accorta, per lo più di stampo positivista, ritiene, non a torto, che il

giurista, grazie alla letteratura possa sviluppare quella capacità di orientarsi e di guardare i

problemi del diritto con occhi diversi, con modalità discorsive idonei a costituire veri e

propri strumenti per ideare e applicare in modo originale e innovativo, e soprattutto giusto,

molti degli istituti non solo del diritto penale e del diritto processuale penale, ma di ogni

altro ramo dell’ordinamento giuridico.

Nella letteratura, quantomeno una certa letteratura, quella criminalistica, in modo

particolare, si innervano questioni estreme. E’ quanto rilevato da Andrea Galgano:

La letteratura si impianta, molto spesso, su questioni estreme, si rinvengono

concetti forti, come quello di pena, crimine, delitto, colpa, perdono e la giustizia in

generale e come questa viene amministrata. Delitto e castigo di Dostoevskij, per

esempio, attraverso la vicenda tormentata di Raskòlnikov, spinge la domanda sulla

colpa ai suoi estremi confini, in quella zona indistinta dove bene e male, orrore e

compassione, si intrecciano in una vertiginosa spirale.28

I testi letterari si prestano a ricordare al giurista il concetto di giustizia. Da questo

punto di vista, la letteratura svolge anche una funzione rammemorativa, in quanto ricolloca

il diritto nella posizione dalla quale tende ad allontanarsi, vale a dire dal suo fondamento

ontologico29

.

Sul tema Vincenzo Vitale scrive:

Perché mentre il diritto vorrebbe oggi contentarsi del finito, la letteratura lo

induce a sensibilizzarsi verso l’infinito, mentre il diritto vorrebbe chiudersi

27

G. FORTI – A. VISCONTI. - C. MAZZUCATO (a cura di), Giustizia e letteratura II, con il Gruppo di Ricerca

del Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale, Vita Pensiero, Milano 2014,

p. 39. 28

M.P. DI BLASIO, Lo sguardo di un letterato: Delitto e castigo di F.M. Dostoevskij, in Diritto e Letteratura:

un inedito rapporto sinallagmatico cit. p. 170. 29

V. VITALE, Diritto e Letteratura. La giustizia narrata, Sugarco Edizioni, 2012.

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nella asfitticità dell’analisi del linguaggio giuridico, la letteratura lo induce

ad affacciarsi sul mondo, mentre il diritto vorrebbe preservarsi puro e

incontaminato, la letteratura lo induce a sporcarsi le mani, mentre il diritto

vorrebbe dimenticarsi di sé, la letteratura lo induce a ricordarsene, mentre

il diritto vorrebbe sempre appiattirsi sulla forma, la letteratura lo salva dal

formalismo, mentre il diritto vorrebbe identificarsi con la pura logica, la

letteratura lo salva dal logicismo, mentre il diritto è pieno di paure, la

letteratura lo induce ad osare, mentre il diritto non vorrebbe avere nulla a

che fare con gli uomini, la letteratura lo costringe a patirne le vicende,

mentre il diritto vorrebbe esaurirsi tra articoli e massime, la letteratura lo

induce a registrare l’esperienza umana, mentre il diritto vorrebbe

estinguersi divenendo altro da sé, la letteratura lo induce a rinascere ogni

volta30

.

Non v’è chi ritenga che la letteratura, oltre a costituire un bagaglio di conoscenze

indispensabili per qualsiasi professionista, fornisca, in particolare, gli strumenti culturali e

umani, utili alla formazione del giurista, e in generale a tutti gli operatori e cultori del

diritto31

.

E’ fondamentale prima di tutto, per una maggiore capacità di prestare attenzione al

mondo, anche grazie a quella porzione di mondo reale che i letterati sono capaci di

restringere per riaffermare la specificità di ogni individuo, dare un nome e attribuire una

storia ad ogni volto umano. Lo scrittore presta attenzione al mondo, cerca di capire, di

assimilare le singole caratteristiche dei personaggi narrati, le loro storie, i loro drammi.

Andrea Galgano ha sostenuto con forza questa idea, nella ferma convinzione che il

rapporto tra diritto e letteratura costituisca un campo privilegiato, un terreno di coltura

ideale per un indagine della realtà. I rispettivi ambiti, solo prima face distinti, possono e

devono convivere, impreziosire le conoscenze del giurista, consentirgli di procedere a

confronti e ad analisi interpretative di tutta quella vasta gamma di questioni, che ruotano

30

Ibidem. 31

A. GALGANO, Convegno “Diritto e Letteratura. Tra Dostoevskij e Manzoni,cit.

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sostanzialmente intorno all’annoso concetto di «giustizia», prima ancora che in quello di

ius32

.

La letteratura, nella sua peculiarità, si oppone all’astrattezza, all’indeterminatezza

tipica delle norma attraverso il dono del concreto e del veritiero; conserva le tracce degli

esseri reali, i segni dell’individualità e dell’irriducibilità di ogni singolo vivente. Essa si

oppone, quindi, a quell’inclinazione tipica dell’approccio giuridico, ma ancor più della

prassi economica, per la quale gli individui cessano di essere persone vive e diventano puri

numeri, risorse da contabilizzare, fattori produttivi.

Narrando le ingiustizie, descrivendo le negazioni della persona, mostrando le

disumanizzazioni e i pregiudizi che emarginano i cittadini, la letteratura riafferma

l’individualità; permette di immaginare diversamente la realtà e di vedere, nel singolo fatto

disciplinato dalla legge, non soltanto l’astratta violazione di una norma, ma i destini di

individui concreti che soffrono e sperano33

.

I mondi del diritto e della letteratura potrebbero essere raffigurati come due sfere

parallele: entrambe annoverano tra i loro scopi quello di fornire, attraverso il linguaggio una

forma o meglio, una porzione di realtà, entrambe portano spesso i loro interpreti ad

un’attività che tende ad andare oltre la mera rilevazione del dato strettamente letterale del

testo.

Sia nell’affrontare questioni interpretative dai caratteri ambigui, sia nelle scelte

esegetiche volte a dare un significato alla parola, emerge chiaramente come schemi e istituti

di carattere giuridico siano utili nell’approfondimento di testi letterari e come, altresì,

approcci e punti di vista di carattere letterario possano ampliare lo studio della legge.

Per quanto il movimento Law and Literature vede la sua genesi negli ambienti

accademici statunitensi, negli ultimi anni non sono mancati, anche in Europa, esperienze

giusletterarie. Anche l’Italia non è immune. Numerose sono le associazioni nate per lo

studio della materia, come l’AIDEL - Associazioni Italiana di Diritto e letteratura e l’SIDL -

Socità Italiana di Diritto e Letteratura, e varie università hanno inserito nel piano di studi

insegnamenti giusletterari.

32

Ibidem. 33

P. MENZIO, Gabrio Forti, Claudia Mazzucato, Arianna Visconti (ed.), Giustizia e letteratura I.,

Enthymema, IX 2013, p. 420.

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Scopo precipuo è ricercare nella letteratura materiali grazie ai quali favorire e diffondere

tra giuristi, siano essi accademici o professionisti, comunque tra gli operatori del diritto, il

senso della giustizia, o meglio un etica della giustizia per operare e orientare le proprie

scelte. E ciò è tanto più importante nel campo del diritto penale e della sua applicazione, in

cui il momento decisorio – sanzonatorio, più che in altri rami dell’ordinamento, incidono

sulla cita delle persone34

.

Un simile approccio al mondo della letteratura consente all’operatore del diritto di

mettere da parte, seppur provvisoriamente quella forma mentis, tipica del giurista, basata su

ricostruzioni del “fatto storico” puramente e semplicemente, per far spazio alla ricerca di

quelle verità che toccano non solo gli aspetti procedimentali, ma l’umano, con le sue

debolezze, col suo essere caduco proprio come il diritto.

Spesso che il diritto, come insieme delle regole del nostro vivere insieme, è fatto dagli

uomini, che, per loro stessa natura possono sbagliare, e tale caducità non può che avere

riflessi involontari sulle norme. Altro aspetto è poi la caducità della sua applicazione e

quindi della ingiustizia o, se si vuole, della cattiva amministrazione della giustizia.

Ciò che la letteratura insegna al giurista, rispetto all’assetto astrattamente codificato

del diritto, è che nell' esperienza vissuta non esistono leggi generali, immutabili, valevoli

sempre, per tutti e per tutte le situazioni, perché i casi della vita sono sempre singolari e

irripetibili

A tale imperfezioni può e deve porsi rimedio. Il diritto non è assoluto e, per una usare

la felice espressione manzoniana «un’istituzione non si applica da sè». La giustizia, o

meglio, la sua amministrazione, è un’istituzione, condotta da uomini, perciò potenzialmente

caduca e esposta ad errori interpretativi ed applicativi.

Ed è altrettanto vero che una giustizia perfetta non esiste, o per lo meno, è

difficilissimo delineare i precisi contorni in grado di distinguere il giusto dall’ingiusto in

sede decisoria. Non esiste una definizione assoluta di giustizia che la differenzi da ciò che

giusto non è.

34

Anche questo aspetto è stato ampiamente trattato anche nel Convegno i cui dettagli sono contenuti nel

contributo DI BLASIO M. P.,“Diritto e Letteratura.Un inedito rapporto sinallagmatico. Il ruolo della

letteratura nella formazione del giurista, cit..

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Tuttavia, sarebbe riduttivo, oltre che privo di qualsivoglia utilità, arrestarsi innanzi ad

una costatazione tanto banale quanto ovvia. Se ci si limitasse ad una tale affermazione, non

avremmo detto nulla. Ma le cose non stanno esattamente così.

Non sì è preteso essere esaustivi e dire più di quanto non abbiamo scritto altri. A

parlare, in verità, sono stati l’autorevolezza degli studiosi che, in tema di diritto e del suo

legame fraterno con la letteratura, hanno detto molto, tanto. Per il loro tramite, a parlare

sono stati grandi autori, attraverso le loro opere. Il lettore – giurista non può non coglierne i

messaggi. Non si tratta di un semplice esercizio accademico ma di qualcosa che serve al

giurista per la propria formazione.

Alla luce di tutto quanto detto fin ora, si ritiene di poter affermare, e si spera di non

essere smentiti, che tra il diritto e la letteratura esiste un legame talmente stretto, che

potremmo definire “sinallagmatico”, come detto all’inizio, il nesso di reciprocità che

avvince questi due ambiti disciplinari costituisce un pò l’anello di congiunzione e la

condizione per la loro esistenza.

Ciò vuol dire che, non può un giurista ignorare i grandi insegnamenti dei testi letterari

senza avvertire smarrimento, disorientamento e, del pari, non può un letterato ignorare tutte

quelle esperienze di cui il giurista, suo malgrado, è spesso testimone. Perdere l’uno significa

perdere anche l’altro.

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BIBLIOGRAFIA

DI BLASIO M. P., Diritto e Letteratura. Un inedito rapporto sinallagmatico. Il ruolo della

letteratura nella formazione del giurista, in Rivista Giuridica, Sezione Saggi, DIKE Editrice

Roma, n. 6/2015.

G. FORTI – A. VISCONTI - C. MAZZUCATO (a cura di), Giustizia e letteratura II, con il

Gruppo di Ricerca del Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica

criminale, Vita Pensiero, Milano 2014

WHITE J.B., The Legal Imagination: Studies in the Nature of Legal Thought and Expression,

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VITALE V., Diritto e Letteratura. La giustizia narrata, Sugarco Edizioni, 2012

ZAGRELBESKY G., Presentazione del libro "Giustizia e Letteratura". Incontro promosso dal

Centro Studi "Federico Stella, 19 aprile 2013, visibile su: in https://youtu.be/CygBP8TKcNs

ZAGREBELSKY G., Antigone e la legge che smentisce il diritto, in La Repubblica, 25 giugno

2003