P.R.U.O. - Portale Asl Viterbo · in collaborazione con le commissioni VRQ degli ospedali di Monza...

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P.R.U.O. PROTOCOLLO PER LA REVISIONE DELL'USO DELL'OSPEDALE Progetto Ministeriale “Concettualizzazione, sviluppo e valutazione di strumenti di osservazione ed intervento che aumentino l’utilizzo appropriato dell’ospedale per acuti” EDIZIONE 2002

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P.R.U.O. PROTOCOLLO PER LA REVISIONE DELL'USO DELL'OSPEDALE

Progetto Ministeriale

“Concettualizzazione, sviluppo e valutazione di strumenti di osservazione ed intervento che aumentino l’utilizzo appropriato dell’ospedale per acuti”

EDIZIONE 2002

INTRODUZIONE

Uno degli obiettivi del Programma “Concettualizzazione, sviluppo e valutazione di strumenti di osservazione e di intervento che aumentino l’uso appropriato dell’ospedale per acuti” è quello di mettere a punto i vari strumenti ed i manuali esistenti, adeguandone i contenuti allo stato dell’arte, di strutturare i manuali stessi in modo coerente e di dichiarare regole esplicite per l’ulteriore sviluppo od adeguamento. Si è pensato, quindi, di costruire un manuale organizzato in tre moduli distinti: • il 1° modulo, che ricapitola la storia, introduce la metodologia generale, illustra la filosofia, le

assunzioni, l’ambito di applicazione nel campo molto ampio dell’appropriatezza, le modalità generali di applicazione;

• il 2° modulo, che presenta le istruzioni per la rilevazione, distinte per i diversi strumenti (PRUO-Adulti, PRUO-Pediatrico, PRUO-DH ecc.); esse sono organizzate nel manuale operativo.

• il 3° modulo, riguardante la metodologia delle applicazioni (disegno, campionamento, organizzazione, analisi dei dati).

PRIMO MODULO INDICE 1 - DEFINIZIONE DI PRUO 2 - EVOLUZIONE DI PRUO 3 - FILOSOFIA DI PRUO; MODELLI SOTTOSTANTI 4 - CARATTERISTICHE METODOLOGICHE DI PRUO 5 - PROCEDURA DI APPLICAZIONE DI PRUO 6 - AMBITO DI APPLICAZIONE IN RELAZIONE AL BISOGNO/OFFERTA 7 - POTENZIALITÀ E LIMITI DI PRUO

1 - DEFINIZIONE DI PRUO Il PRUO (Protocollo di Revisione dell’Uso dell’Ospedale) é costituito essenzialmente da due liste di criteri espliciti con cui quantificare l’utilizzo improprio (inappropriato) dell’ospedale per acuti. Esso deriva dal questionario AEP (Appropriateness Evaluation Protocol), di Gertman e Restuccia; ad esso sono state aggiunte successivamente due liste di motivi emersi dall’utilizzo continuo dello strumento, che possono spiegare le ragioni dell’uso improprio. Il PRUO consente di classificare sia la giornata di ammissione che le specifiche giornate di degenza in appropriate od inappropriate, a partire dalla documentazione clinica routinariamente disponibile in ospedale, eventualmente integrata da interviste dirette effettuate al personale sanitario al momento della rilevazione (modalità di rilevazione “concorrente”). Nelle parti successive di questo primo modulo verranno approfonditi gli aspetti relativi allo strumento PRUO ed alle modalità di rilevazione. Con gli anni il PRUO per Adulti in Degenza Ordinaria è stato adattato ripetutamente, soprattutto nella parte relativa alle istruzioni per la rilevazione. Parallelamente ad esso si è sviluppata ed è disponibile, sempre nel contesto del progetto ministeriale, la versione Pediatrica dello strumento. Ci sono stati inoltre ulteriori sviluppi, basati sulla stessa logica, che prendono in considerazione settori particolari dell’attività ospedaliera, quali: il PRUO per la Chirurgia Elettiva, il PRUO per Ospedale Diurno. Questi sviluppi sono tuttora in corso ed al loro completamento saranno accompagnati da uno specifico manuale.

2 - EVOLUZIONE DI PRUO

Le amministrazioni democratiche degli anni 60 avevano ampliato e facilitato negli USA l’accesso all’assistenza ospedaliera con i programmi Medicare e Medicaid, orientati rispettivamente agli ultrasessantacinquenni ed agli indigenti. Si registrava un incremento rapido e progressivo del costo dell’assistenza ospedaliera. Simultaneamente si notava una variabilità significativa nell’utilizzo ospedaliero anche tra aree geografiche piccole e contigue (small area variation). Essa apparentemente non era spiegata da variazioni nelle condizioni di salute ma piuttosto chiamava in causa atteggiamenti e reazioni diverse fra i medici (e forse anche fra i cittadini) nei confronti di problemi clinici eguali. Verso la metà degli anni 70 sorgevano i PSRO (Professional Standard Review Organization), ossia organismi tecnici di “revisione” della professionalità; come indica il nome essi erano finalizzati a valutare e spiegare la variabilità e ad individuare eventuali distorsioni nell’uso dell’ospedale. Venivano anche finanziati due progetti di ricerca applicata per fornire strumenti di lavoro ai PSRO. AEP nacque come elaborazione di uno di questi progetti; precisamente il nucleo iniziale di AEP derivò da una lista di impedimenti alla dimissione tempestiva (barriers to timely discharge) ed era inizialmente impiegato per valutare la giornata di degenza. Successivamente venne aggiunta la sezione dedicata alla giornata di ammissione. AEP fu adottato ampiamente negli USA; la documentazione nella letteratura scientifica non ne riflette l’estensione e la ragione è comprensibile. Basta pensare che quasi tutte le applicazioni erano orientate ad un uso

“interno”, per far conoscere e discutere dell’appropriatezza all’interno dell’ospedale, non nell’ambito di un’audience esterna ed estesa come quella raggiungibile con i congressi o con la stampa medica. A cavallo degli anni 80-90 negli USA l’AEP è stato affiancato dall’Elective Surgical AEP e quindi sostituito dallo MCAP (Managed Care Appropriateness Protocol). Anche questi due strumenti sono stati “richiesti” e pensati in risposta ai problemi generati dalle innovazioni organizzative (di accesso e di processo) introdotte nel sistema sanitario americano (estensione del pagamento prospettico, managed care ecc). Versioni dell’AEP, adattate localmente, sono state adottate in altri paesi: sistematicamente e continuativamente negli ospedali portoghesi, in alcuni cantoni svizzeri, in alcuni ospedali di riferimento spagnoli ed israeliani. Il Laboratorio di Epidemiologia Clinica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” in collaborazione con le commissioni VRQ degli ospedali di Monza e Bergamo ha introdotto lo strumento in Italia nel 1989. Lo stesso laboratorio ha coordinato il Progetto CEE Biomed 1. I convegni Biomed 1 di Bergamo nel 1994 e di Firenze del 1997 (conclusivo di Biomed1) contribuirono alla diffusione della conoscenza e dell’interesse per la metodologia; a Bergamo si costituì il primo nucleo del Gruppo PRUO ed a Firenze vennero poste le basi di questo Programma. Nell’esperienza italiana si possono individuare schematicamente queste fasi: a) studio dell’applicabilità dell’AEP (tradotto) al contesto italiano, b) osservazione e stima dell’appropriatezza in alcuni ospedali od in alcuni contesti particolari (AIDS, infezioni ospedaliere), c) osservazione ed auditing, d) utilizzo come strumento di controllo interno (l’Azienda che controlla la performance delle sue Unità Operative) ed esterno (la Regione che controlla ed orienta le sue Aziende). In accordo con quanto previsto dal Programma attualmente in corso, lo strumento PRUO sarà reso idoneo ad individuare alternative al ricovero, verificarne l’applicabilità e monitorarne l’adozione ed i risultati. 3 - FILOSOFIA

Per poter comprendere correttamente le potenzialità, ma anche i limiti, della metodologia PRUO nella valutazione dell’uso dell’ospedale è necessario conoscere i riferimenti definitori e le assunzioni che stanno alla base della sua costruzione. 3.1 Riferimenti definitori 3.1.1 Modello generale dell’assistenza PRUO assume che esista una gerarchia dei livelli di erogazione dell’assistenza sanitaria basata sull’intensità e sulla sofisticazione delle prestazioni: l’ospedale per acuti, l’ospedale per subacuti, la

struttura di riabilitazione, la struttura per lungodegenti, la residenza protetta, l’ambulatorio, l’assistenza di base al domicilio rappresentano una gerarchia possibile. È chiaro che i livelli superiori sono in grado di erogare tutte le prestazioni dei livelli inferiori; ad esempio l’ospedale per acuti è in grado di fornire l’assistenza tipica dell’Assistenza Domiciliare Integrata, pur potendo erogare prestazioni più complesse. Idealmente, però, un dato livello assistenziale dovrebbe rispondere solo al livello corrispondente di complessità del problema e di bisogno assistenziale; in questo caso, l’uso del livello assistenziale sarebbe proprio od appropriato. Idealmente, ancora, non ci dovrebbero essere sconfinamenti tra i livelli; in particolare, un livello assistenziale più elevato non dovrebbe essere utilizzato per trattare un problema di entità inferiore; se ciò si verificasse, si avrebbe un utilizzo improprio od inappropriato della struttura. Ad esempio l’influenza con febbre elevata che insorge nel giovane in stato di benessere e che dura da 4 giorni certamente è un problema medico, esprime un bisogno assistenziale; l’ospedale per acuti usato per il suo trattamento sarebbe una sostituzione impropria dei servizi assistenziali di base. Così come l’ammissione in ospedale dell’anziano solo o dell’emarginato per bronchite insorta recentemente costituiscono una risposta a bisogni reali misti; ma sono in realtà una risposta sostitutiva (quindi impropria) di altri servizi di livello inferiore che, tecnicamente e professionalmente, potrebbero risolvere efficacemente quei problemi. PRUO classifica la giornata di ammissione o di degenza appropriata od inappropriata in relazione alle caratteristiche dell’ospedale per acuti. La logica con la quale è costruito richiede, quindi, che esista un accordo esplicito su cosa si intende per ospedale per acuti. 3.1.2 Ospedale per Acuti Dal punto di vista delle risorse disponibili, l’ospedale per acuti è dotato di: • competenze mediche di diverse specialità sempre presenti, in grado quindi di rispondere immediatamente al bisogno e/o più volte nelle 24 ore; • competenze sanitarie non mediche qualificate e diversificate sempre presenti e complementari tra loro; • presenza di risorse sofisticate, concentrate e non disponibili diffusamente sul territorio (es. sala operatoria, monitoraggio elettronico). L’attività tipica dell’ospedale per acuti riguarda i problemi che richiedono un impegno di risorse notevole, ma concentrato e delimitato nel tempo (problemi acuti), e non i problemi cronici (per quanto detto, l’ospedale per acuti non è da intendersi riservato esclusivamente alle urgenze/emergenze).

Nell’ottica di PRUO una giornata di ricovero in ospedale per acuti è appropriata se in essa si fa uso delle competenze/risorse proprie ed esclusive dell’ospedale per acuti e se il loro utilizzo è tale da garantirne un’adeguata concentrazione nel tempo. 3.1.3 Prestazione appropriata (pacchetto di prestazioni appropriate) È appropriata la prestazione propria ed esclusiva dell’ospedale per acuti. Essa può essere tale o perché viene erogata con frequenze giornaliere elevate (es. visite mediche almeno 3 volte nelle 24 ore ), o perché la sua sofisticazione ne restringe l’esecuzione nell’ospedale per acuti (es. intervento chirurgico con anestesia generale). PRUO attribuisce notevole importanza alle prestazioni; si può dire che dà importanza quasi esclusivamente alle prestazioni ed ai pacchetti di prestazioni nel valutare l’utilizzo dell’ospedale. Ci sono alcune deroghe a questo principio, rappresentate da poche (6-7) condizioni cliniche che presentano caratteristiche ben precise. Condizioni cliniche appropriate Alcune condizioni cliniche sono caratterizzate dall’essere: • molto frequenti, • definibili agevolmente con la sola visita o con un minimo supporto strumentale, • rilevanti (potenzialmente devastanti, se non trattate tempestivamente), • suscettibili di trattamento. Il loro trattamento è efficace solo se è tempestivo; è inoltre intensivo e sofisticato, ma anche abbastanza standardizzato e generalizzato data l’incidenza elevata delle condizioni. Tra queste si possono citare: l’infarto miocardico acuto, le alterazioni neurologiche acute come il coma, la febbre elevata e persistente, la perdita ematica che richiede provvedimenti immediati. Per le caratteristiche viste sopra, PRUO assume che l’ospedale eroghi sistematicamente i pacchetti assistenziali propri per queste condizioni; quindi, la semplice segnalazione di queste condizioni fa classificare come appropriata la giornata in ospedale, senza richiedere la verifica delle prestazioni. 3.1.4 Prestazione inappropriata. Una prestazione inappropriata è quella erogabile con altra tempistica (intensità, densità temporale) o altrove cioè ad un altro livello assistenziale: lungodegenza, ambulatorio, domicilio, residenza protetta. Va sottolineato che una prestazione inappropriata non è affatto una prestazione inutile e/o senza beneficio e/o clinicamente errata; questo concetto deve essere tenuto presente sia da chi osserva e rileva, sia da chi interpreta i dati.

Condizioni cliniche inappropriate

Per esclusione sono le condizioni cliniche presenti ma trattabili in altri livelli o con altre

tempistiche e che, quindi, di per se stesse non rendono appropriata la giornata di ricovero. A conclusione delle note sui termini appropriato/inappropriato, si può osservare che PRUO guarda e valuta più dal punto di vista della performance ospedaliera di processo che non dal punto di vista del bisogno del malato.

3.2 APPROPRIATEZZA GENERICA ED APPROPRIATEZZA SPECIFICA

PRUO non pretende di dare un giudizio sull’appropriatezza clinica delle prestazioni erogate, non entra nel merito delle conclusioni diagnostiche o delle decisioni cliniche del medico ma valuta esclusivamente le prestazioni erogate. Vale la pena fare alcuni esempi per chiarire bene questo punto. Come in tutti gli esempi, le situazioni saranno schematizzate, senza perdere però del tutto una certa aderenza alla realtà.

Esempio 1

Il caso è costituito da un ricovero per tonsillectomia elettiva. Possiamo immaginare 3 percorsi

cronologici diversi di ospedalizzazione, una volta deciso l’intervento; essi sono indicati come A, B,

C nella Tabella 1:

Tab. 1

Giorno di ammissione Giorno dell’intervento Appropriatezza del giorno di

ammissione per PRUO

A 13-03-98 13-03-98 Si

B 13-03-98 14-03-98 Si

C 13-03-98 15-03-98 No

L’appropriatezza del giorno di ammissione per PRUO dipende solo dall’intervallo tra l’ammissione

e l’intervento. Un’ammissione il 13 è prematura (e quindi inappropriata) per un intervento

eseguito il 15; un posto letto di ospedale per acuti è impegnato inutilmente il giorno 14.

Ad ognuno dei percorsi precedenti (A, B, C) è possibile associare la documentazione descritta nella

Tabella 2 seguente:

Tab. 2

Anamnesi

prossima

Anamnesi remota Processo

decisionale

esplicito

Conclusione

conforme alle

indicazioni….

1 Ndp Episodi di faringotonsillite No ?

2 Ndp Negli ultimi 2 anni, 6 e rispettivamente 7

episodi di faringotonsillite;

2-3/anno gli episodi negli anni precedenti;

durata media 6 giorni;

4/8 tamponi positivi per Streptococco;

le assenze scolastiche ed i postumi sono

onerosi

Si

Anglosassoni

3 Ndp Negli ultimi 2 anni, 4 e rispettivamente 5

episodi di faringotonsillite;

2-3/anno gli episodi negli anni precedenti;

durata media 6 giorni;

1/3 tamponi positivi per Streptococco

Si

Francesi

4 Ndp Negli ultimi 4 anni 1-2/anno gli episodi

di faringotonsillite;

durata media 6 giorni;

1/3 tamponi positivi per Streptococco

Si

?

Dalle due Tabelle si potranno avere, quindi, le combinazioni: A1, A2,…. B1,….., C3, C4.

Nel caso 1) di Tab. 2 si può fare qualsiasi congettura; non si conosce la logica decisionale; è

legittimo anche pensare che il paziente non soffrisse più di tonsilliti da parecchi mesi o che

l’incidenza o la gravità fossero talmente basse e lievi da non compromettere affatto il ruolo sociale

o da bilanciare i costi ed i rischi di complicanze dell’intervento.

Nei casi 2), 3), 4), invece, risaltano due aspetti interessanti.

In primo luogo emergono un certo percorso ed una certa logica decisionali; infatti, il percorso

decisionale è esplicito (si può immaginare che l’anamnesi remota rifletta passo per passo

l’osservazione e le decisioni del clinico che la racconta, pronto a cambiare l’atteggiamento da

“attendista ad interventista” ). Non viene dichiarato quale percorso decisionale di riferimento è stato

assunto (una linea guida, le indicazioni più o meno strutturate di una società scientifica, di una

“scuola medica”, di un manuale di testo “prestigioso”, ecc.). È, comunque, possibile confrontare il

percorso effettivo con un qualsiasi standard di riferimento.

Secondariamente, in forza del carattere esplicito, è possibile dare un giudizio sulla conclusione

diagnostica (lo stato delle tonsille era….) e terapeutica (la tonsillectomia era/non era da eseguirsi).

Anche questo giudizio deriverà da un confronto con dei riferimenti esterni ed espliciti; essi sono

costruiti utilizzando informazioni cliniche (anamnesi), epidemiologiche (es. rischio di malattia

reumatica da mancata tonsillectomia, probabilità della eziologia streptococcica nella

faringotonsillite non indagata microbiologicamente, ecc.), il profilo beneficio/rischio (bilancio tra

rischio di malattia reumatica e rischio di complicanza chirurgica), il profilo costo/beneficio (costo

atteso delle tonsilliti e della malattia reumatica contro quello chirurgico e delle complicanze

chirurgiche, ecc.). Ad esempio, la “scuola” anglosassone (nei limiti in cui si può parlare di una

policy struttuata e consolidata) non ritiene appropriata la tonsillectomia nei casi 3) e 4) (ovunque

eseguita: in degenza ordinaria, in Day Hospital, in Day Surgery), ma solo nel caso 2); mentre per la

scuola francese è appropriata anche nel caso 3), ma non nel 4). Le due scuole, verosimilmente,

danno rilievo diverso a costi monetari e/o costi sociali eguali.

Senza entrare nel campo dei “valori” individuali o collettivi, qui interessa rimarcare che: a) nei casi

2-3-4 è possibile confrontarsi con un qualche riferimento, quindi stabilire un dialogo ed arrivare a

giudizi di merito clinico; b) il giudizio di merito clinico degli inglesi e dei francesi non è

influenzato dai rapporti temporali dei percorsi A, B, C; non prende affatto in considerazione quei

rapporti temporali, non prende in considerazione la valutazione di PRUO (come, d’altra parte,

PRUO non dipende dalla valutazione inglese o francese).

È chiaro, quindi, che PRUO non entra nel merito del processo decisionale, né delle conclusioni (contenuto della diagnosi o terapia) del medico, ma valuta solo le conseguenze operative ed il modo in cui sono realizzate. Una volta decisa la tonsillectomia, PRUO va a vedere entro quanto tempo essa è eseguita. Altre metodologie ed altre tecniche vanno invece a vedere come si è arrivati alla decisione e se la tonsillectomia era clinicamente appropriata (da eseguirsi su quel caso, con quella storia ). Si definisce quindi che PRUO opera nell’ambito dell’appropriatezza generica, mentre le altre metodologie nell’ambito dell’appropriatezza specifica e clinica. La qualificazione di generico o specifico ha un corrispettivo operativo coerente con i termini. Infatti, PRUO utilizza uno strumento unico per tutti i problemi (tonsillectomia, appendicectomia, infarto, polmonite, ecc.); questo è il senso di generico. Le altre metodologie sviluppano strumenti necessariamente diversificati per il singolo problema (infatti il percorso che conduce alla tonsillectomia è diverso da quello che conduce all’artroprotesi dell’anca, sia per gli specialisti coinvolti, sia per le variabili del contesto, sia per le cadenze temporali ecc.); la specificità degli strumenti corrisponde alla specificità della metodologia.

L’esempio riguardante la tonsillectomia può essere esteso agevolmente alle altre procedure chirurgiche (appendicectomia, by-pass coronarico, ecc.) ma anche ai trattamenti di tipo internistico. Esempio2

Scompenso di circolo: il malato può arrivare all’ospedale con gradi diversi di scompenso; ma,

soprattutto, secondo il giudizio del medico può ricevere: a) un monitoraggio medico-infermieristico

(semi)intensivo, terapia e.v. ripetuta e con farmaci vari; b) un’assistenza molto blanda (una visita

medica/die, un adeguamento della terapia diuretica/antipertensiva per os). PRUO classifica

appropriata la giornata di ammissione nel caso a), inappropriata nel caso b).

È chiaro che la logica di PRUO, se adottata come unico criterio di valutazione, riterrebbe appropriate le ammissioni di tutti i 56 milioni di Italiani sottoposti ad appendicectomia, purché i 56 milioni di interventi fossero eseguiti il giorno di ammissione o il giorno successivo all’ammissione medesima. La stessa logica porterebbe a ritenere appropriate tutte le recidive possibili di scompenso, purché ci sia una data tipologia di prestazioni. Chiaramente una simile posizione è insostenibile. Idealmente, prima ci dovrebbe essere la valutazione sull’opportunità/necessità e sui vantaggi/svantaggi dell’appendicectomia nel singolo caso, e solo successivamente la decisione e la valutazione sulla sede (livello) e sulla tempistica dell’intervento. Analogamente, nel caso dello scompenso, in una politica sanitaria corretta, prima ci dovrebbe essere un programma collettivo ed individuale, per prevenire/evitare la recidiva di scompenso o per verificare la inevitabilità del ricovero, e solo successivamente si dovrebbe porre il problema di valutare se le prestazioni assistenziali erogate sono proprie ed esclusive dell’ospedale per acuti con una valutazione di appropriatezza generica. Queste considerazioni dovrebbero aver chiarito il significato preciso e ben delimitato del termine inappropriato e del termine appropriato nel contesto della metodologia PRUO. Anzitutto inappropriato non significa automaticamente errato, inutile ecc.; appropriato, d’altra parte, non significa automaticamente corretto, valido, da approvare . Inoltre, appropriato non significa automaticamente commisurato al bisogno; lavorando sulle cartelle qualche volta si vede che quanto è appropriato per PRUO non corrisponde al bisogno stimato dal clinico e viceversa.

CONVENZIONI TERMINOLOGICHE

• le Prestazioni e Condizioni appropriate convenzionalmente sono definite Criteri di Appropriatezza • le Prestazioni e le Condizioni inappropriate convenzionalmente sono definite Motivi di

Inappropriatezza

3.3a Liste dei criteri e dei motivi del manuale per adulti CRITERI PER L’AMMISSIONE CRITERI PER LA GIORNATA DI DEGENZA

A. Criteri legati alle condizioni del paziente

1. Frequenza cardiaca < 50 o > 140 (a riposo)

2. Pressione arteriosa sistolica < 90 o > 200 mm Hg

o diastolica < 60 o > 120 mm Hg

3. Criterio eliminato

4. Temperatura ascellare > 38°C per 5 gg compreso

il giorno di ammissione in ospedale

5. Sanguinamento in atto (o nelle ultime 48h)

6. Squilibrio idroelettrolitico, acido-base,

metabolico o minerale (laboratorio e/o clinica)

7. Sospetto o certezza di ischemia miocardica acuta

8. Problemi neurologici acuti e/o rapidamente

progressivi (vedi manuale, criterio complesso)

9. Criterio eliminato

10. Perdita o calo improvviso della vista o dell’udito

11. Perdita acuta della capacità di muovere una parte

del corpo

B. Criteri legati a prestazioni necessarie nelle 24

ore successive

12. Osservazione medica più volte (cfr. manuale

operativo)

13. Osservazioni e prestazioni infermieristiche più

volte (cfr. manuale operativo)

14. Assistenza e terapia respiratoria intermittente o

continua

15. Monitoraggio dei parametri vitali più volte al

giorno

16. Procedure diagnostiche e/o terapeutiche invasive

e/o necessità di sala operatoria il giorno stesso od il

successivo

17. Controllo di terapie e/o effetti collaterali da

verificare almeno ogni 24 ore

18. Somministrazione di farmaci o fluidi e.v. da

ripetersi più volte al giorno

C. Criteri straordinari (Override)

A. Prestazioni mediche

1. Procedure in sala operatoria nel giorno indice

(GI)

2. Procedure in sala operatoria il giorno successivo

al GI, ma che richiedono consulti o valutazioni

straordinari

3. Criterio eliminato

4. Criterio eliminato

5. Criterio eliminato

6. Criterio eliminato

7. Criterio eliminato

8. Controllo dietetico stretto con misure nel GI

9. Osservazione medica almeno tre volte nel GI

10. Prima giornata postoperatoria per procedure

selezionate

11. Controllo di terapie e/o effetti collaterali da

verificare almeno ogni 24 h

B. Prestazioni infermieristiche

12. Assistenza/terapia respiratoria intermittente o

continua nel GI

13. Somministrazione e.v. più volte nel GI

14. Monitoraggio dei parametri vitali più volte nel

GI

15. Valutazione del bilancio idrico/diuresi nel GI

16. Ferite chirurgiche problematiche e/o drenaggi

controllati nel GI

17. Prestazioni infermieristiche più volte

C. Condizioni del paziente

18. Sanguinamento in atto il GI od il precedente

19. Presenza/sospetto di ischemia miocardica acuta o

di fibrillazione ventricolare

20. Temperatura di almeno 38°C nelle ultime 48 h

21. Problemi neurologici acuti e/o rapidamente

progressivi nel GI o precedente

22. Infarto miocardico acuto; Ictus cerebrale

19. Altre situazioni/prestazioni che giustificano la

ammissione

20. Criteri da 1 a 18 presenti, ma ammissione

comunque non appropriata

23. Ileo/mancata canalizzazione

24. Patologia ematologica acuta

D. Criteri straordinari (Override)

25. Altri situazioni/prestazioni che giustificano la

degenza

26. Criteri da 1 a 24 presenti, ma giornata

comunque inappropriata

Note: 1- la Tabella presenta il titolo dei criteri, e non la definizione operazionale completa; questa verrà fornita nel manuale operativo (modulo secondo ) 2- alcuni criteri delle versioni precedenti sono stati eliminati (perché ridondanti e assenti in AEP) o aggregati. Questo fatto spiega la presenza di alcuni codici numerici senza titolo, i quali vengono mantenuti solamente per agevolare i confronti

MOTIVI DI

INAPPROPRIATEZZA PER

LA GIORNATA di

AMMISSIONE

MOTIVI DI INAPPROPRIATEZZA PER LE GIORNATE

DI DEGENZA

31. Esecuzione di esami

diagnostici

32. Esecuzione di intervento

terapeutico medico

33. Attesa di esecuzione di

intervento chirurgico

34. Assistenza infermieristica

di base

35. Assistenza infermieristica -

terapia

36. Clinica complessivamente

critica

37. Situazione familiare critica

38. Situazione sociale critica

39. Altro (specificare)

A) Paziente in attesa di

intervento, ma...

110. Sala operatoria

indisponibile per emergenza

sopraggiunta

111. Sala operatoria

indisponibile per ragioni

organizzative

112. In corso accertamenti

preoperatori

113. In attesa di intervento

114. .....

118. Terapia intensiva

indisponibile

119. Altro

B) Paziente in attesa di

eseguire esami (motivo valido

anche per il giorno di

D) Paziente in attesa esito di

esami

171. Radiologia convenzionale

172. Tac

173. Ecografia (non cardiaca)

174. Radiologia invasiva

175. Doppler, ecodoppler

176. RNM

177. Esami ematochimici

178. Esami con isotopi

179. Endoscopia digestiva

180. Broncoscopia

181. Esplorazione funzionale

sistema nervoso

182. Esami cardiologici invasivi

183. Esami cardiologici non

invasivi

184. Indagini otoneurologiche

185. Indagini oculistiche

esecuzione)

121. Radiologia convenzionale

122. TAC

123. Ecografia (non cardiaca)

124. radiologia invasiva

125. Doppler, ecodoppler

126. RNM

127. Esami ematochimici

128. Esami con isotopi

129. Endoscopia digestiva

130. Broncoscopia

131. Esplorazione funzionale

sistema nervoso

132. Esami cardiologici invasivi

133. Esami cardiologici non

invasivi

134. Indagini otoneurologiche

135. Indagini oculistiche

136. Indagini ginecologiche

137. Indagini urologiche-

dinamiche

138. .....

148. altro

C) Paziente in attesa di visita

specialistica

150. Cardiologica

151. Neurologica

152. Otoiatrica

153. Oculistica

154. Chirurgica

155. Ortopedica

156. .....

170. Altro

186. Indagini ginecologiche

187. Indagini urologiche-

dinamiche

188. .....

198. Altro

E) Altri motivi riferibili

all’ospedale

201. Sintomatologia lieve, ma il

curante ritiene utile trattenere

202. Iter diagnostico-

terapeutico non definito

203. Ritardo compilazione

documenti

F) Motivi socioambientali

205. Attesa trasferimento in

altra struttura per acuti

206. Attesa trasferimento in

struttura non per acuti

210. Assistenza domiciliare

indisponibile

211. Il paziente non ha fissa

dimora

212. Il paziente/familiari

chiedono prolungamento

degenza

213. Difficoltà nei trasporti per

esami/terapie

220. Assistenza infermieristica

domiciliare indisponibile

221. Assistenza in struttura non

per acuti indisponibile

Nota: la lista dei Motivi può variare nell’organizzazione e nel dettaglio, a differenza di quella dei

Criteri

3.3b Liste dei criteri e dei motivi del manuale pediatrico CRITERI DELL’AMMISSIONE CRITERI PER LA GIORNATA DI DEGENZA

A. Criteri legati alle condizioni del paziente:

1. Frequenza cardiaca a riposo

2. Ipo-ipertensione arteriosa al di fuori dei range

specifici per età

3. Frequenza respiratoria ≥ 50 in bambini ≤ 12 mesi

o > 40 in bambini >12 mesi

4. Temperatura rettale al di fuori del range specifici

per età

5. Sanguinamento in atto (o nelle ultime 48 h)

6. Squilibrio idroelettrolitico, acido-base,

metabolico e minerale.

7. Problemi neurologici acuti e/o rapidamente

progressivi.

8. Perdita o calo improvviso della vista o dell’udito

9. Perdita acuta della capacità di muovere una parte

del corpo

10. Alterazione della nutrizione accompagnata da

osservazione e/o sorveglianza stretta del

comportamento alimentare, compreso l'apporto

calorico e / o idrico.

11. Problemi ematologici acuti

12. Problemi pediatrici speciali.

B. Criteri legati a prestazioni necessarie nelle 24

ore successive

13. Osservazioni e prestazioni mediche almeno tre

volte nelle 24 ore.

14. Osservazioni e prestazioni infermieristiche

almeno quattro volte nelle 24 ore

15. Assistenza e terapia respiratoria intermittente o

continua

16. Monitoraggio dei parametri vitali almeno quattro

volte nelle 24 ore.

17. Procedure invasive diagnostiche e/o terapeutiche

nel giorno di ammissione e nel giorno successivo

che richiedono l'utilizzo della Sala Operatoria o

A. Prestazioni mediche:

1. Procedure invasive il giorno indice

2. Procedure invasive il giorno successivo a quello

indice ma che richiedano consulti o valutazioni

preoperatorie extra routine.

3. Controllo dietetico particolare.

4. Visite e prestazioni mediche almeno tre volte

nelle 24 ore

5. Prima giornata postprocedura invasiva

6. Controllo di terapie e/o effetti collaterali

B. Prestazioni infermieristiche o di supporto

vitale:

7. Assistenza e terapia respiratoria intermittente o

continua.

8. Somministrazioni e.v. da ripetersi più volte al

giorno.

9. Monitoraggio dei parametri vitali più volte al

giorno.

10. Valutazione dei bilanci idrico/elettrolitico ed in

generale di input/output nelle 24 ore

11. Controllo e medicazione di ferite chirurgiche,

controllo e cura di drenaggi.

12. Attento controllo infermieristico per almeno 4

volte

C. Condizione del paziente:

13. Sanguinamento nelle ultime 48 ore

14. Temperatura corporea di almeno 38° C nelle

ultime 48 ore

15. Problemi neurologici acuti e/o rapidamente

progressivi nelle ultime 48 ore

16. Presenza di Ileo/Mancata canalizzazione

17. Problemi ematologici acuti

D. CRITERI STRAORDINARI (OVERRIDE):

18. Altre possibilità che giustificano la degenza

19. Degenza comunque non appropriata

di un ambiente chirurgicamente attrezzato.

18. Controllo di terapie e/o effetti collaterali nelle 24

ore

19. Somministrazioni e.v. continue od in frazioni

ripetute per almeno due volte nelle 24 ore.

C. Criteri straordinari (override)

20. Altre possibilità che giustificano l’ammissione (

Override positivo )

21. Ammissione comunque non appropriata (

Override negativo )

Note: 1- la Tabella presenta il titolo dei criteri, e non la definizione operazionale completa; questa verrà fornita nel manuale operativo (modulo secondo ) 2- alcuni criteri delle versioni precedenti sono stati o eliminati (perché ridondanti e assenti in AEP) o aggregati. Questo fatto spiega la presenza di alcuni codici numerici senza titolo, i quali vengono mantenuti solamente per agevolare i confronti

MOTIVI DI

INAPPROPRIATEZZA PER

LA GIORNATA di

AMMISSIONE

MOTIVI DI INAPPROPRIATEZZA PER LE GIORNATE

DI DEGENZA

31. Esecuzione di esami

diagnostici

32. Esecuzione di intervento

terapeutico medico

33. Attesa di esecuzione di

intervento chirurgico

34. Assistenza infermieristica

di base

35. Assistenza infermieristica -

terapia

36. Clinica complessivamente

critica

37. Situazione familiare critica

38. Situazione sociale critica

39. Altro (specificare)

A) Paziente in attesa di

intervento, ma...

110. Sala operatoria

indisponibile per emergenza

sopraggiunta

111. Sala operatoria

indisponibile per ragioni

organizzative

112. In corso accertamenti

preoperatori

113. In attesa di intervento

114. .....

118. Terapia intensiva

indisponibile

119. Altro

B) Paziente in attesa di

eseguire esami (motivo valido

D) Paziente in attesa esito di

esami

171. Radiologia convenzionale

172. Tac

173. Ecografia (non cardiaca)

174. Radiologia invasiva

175. Doppler, ecodoppler

176. RNM

177. Esami ematochimici

178. Esami con isotopi

179. Endoscopia digestiva

180. Broncoscopia

181. Esplorazione funzionale

sistema nervoso

182. Esami cardiologici invasivi

183. Esami cardiologici non

invasivi

184. Indagini otoneurologiche

anche per il giorno di

esecuzione)

121. Radiologia convenzionale

122. TAC

123. Ecografia (non cardiaca)

124. radiologia invasiva

125. Doppler, ecodoppler

126. RNM

127. Esami ematochimici

128. Esami con isotopi

129. Endoscopia digestiva

130. Broncoscopia

131. Esplorazione funzionale

sistema nervoso

132. Esami cardiologici invasivi

133. Esami cardiologici non

invasivi

134. Indagini otoneurologiche

135. Indagini oculistiche

136. Indagini ginecologiche

137. Indagini urologiche-

dinamiche

138. .....

148. altro

C) Paziente in attesa di visita

specialistica

150. Cardiologica

151. Neurologica

152. Otoiatrica

153. Oculistica

154. Chirurgica

155. Ortopedica

156. .....

185. Indagini oculistiche

186. Indagini ginecologiche

187. Indagini urologiche-

dinamiche

188. .....

198. Altro

E) Altri motivi riferibili

all’ospedale

201. Sintomatologia lieve, ma il

curante ritiene utile trattenere

202. Iter diagnostico-

terapeutico non definito

203. Ritardo compilazione

documenti

F) Motivi socioambientali

205. Attesa trasferimento in

altra struttura per acuti

206. Attesa trasferimento in

struttura non per acuti

210. Assistenza domiciliare

indisponibile

211. Il paziente non ha fissa

dimora

212. Il paziente/familiari

chiedono prolungamento

degenza

213. Difficoltà nei trasporti per

esami/terapie

220. Assistenza infermieristica

domiciliare indisponibile

221. Assistenza in struttura non

per acuti indisponibile

170. Altro 222. Addestramento dei

familiari alla gestione di una

terapia e/o di un intervento

assistenziale.

Nota: la lista dei Motivi può variare nell’organizzazione e nel dettaglio, a differenza di quella dei

Criteri

3.4 Assunzioni Il PRUO, all’interno della propria logica, dà per scontate alcune condizioni indispensabili per una corretta classificazione della giornata di ammissione e delle singole giornate di degenza; lo strumento assume che: 3.4.1 L’assistenza fornita sia necessaria da un punto di vista clinico: questo punto è già stato commentato in precedenza; 3.4.2 Nel territorio dove è situato l’ospedale in cui si effettua la valutazione siano disponibili tutti i livelli di assistenza necessari: nella realtà non tutti i livelli di assistenza sono presenti e funzionanti in modo complementare, tuttavia è proprio grazie a questa assunzione che si può parlare di inappropriatezza e classificare una prestazione od una giornata di ricovero. Ad esempio, ed estremizzando: se l’unico livello assistenziale disponibile fosse ovunque l’ospedale per acuti non supportato da alcuna alternativa esterna, non avrebbe senso parlare di inappropriatezza. Ma se almeno in un qualche luogo un’alternativa è disponibile, allora il giudizio alternativo di inappropriato ha qualche senso. Almeno si può dichiarare: se anche qui ci fosse quell’alternativa, allora... 3.4.3 Solamente le considerazioni di carattere clinico e sociale che potrebbero influenzare le decisioni cliniche possono giustificare la presenza in ospedale. I fattori “sociali e ambientali” che possono influenzare il giudizio clinico sono riconducibili a quelle situazioni che possono compromettere acutamente l’evoluzione del paziente o possono ritardare l’intervento assistenziale urgente (es. l’impossibilità di comunicare l’insorgenza di complicanze postchirurgiche o la distanza proibitiva per far fronte ad esse); 3.4.4 Tutte le informazioni necessarie ad interpretare la situazione del paziente siano riportate nella documentazione disponibile o acquisibile. Il mancato sussistere di questa condizione può produrre una sovrastima di inappropriatezza soprattutto negli studi retrospettivi. In realtà, l’esperienza accumulata ha insegnato che questo fatto ha importanza limitata, perché anzitutto le informazioni richieste per i criteri sono pesanti, relative ad eventi/atti rilevanti, registrate per prassi consolidata in tutte le cartelle. L’adozione della modalità di rilevazione concorrente può ridurre la distorsione da incompletezza e mancata registrazione. Ciò vale se nelle applicazioni si darà importanza alle prestazioni erogate più che alle situazioni cliniche descritte o richiamate.

È possibile che alcune prestazioni erogate non vengano registrate; molte di esse presentano anche rilevanza medico-legale e tutte sono essenziali per la consistenza e l’informatività della documentazione ai fini assistenziali e la mancata registrazione non dovrebbe essere frequente. Se la mancata registrazione è frutto di una “convenzione” disciplinata, osservata da tutti i professionisti, ma settoriale (per problemi/pazienti predefiniti), PRUO la prende in considerazione. La modalità verrà discussa con i criteri relativi alle prestazioni mediche od infermieristiche. Se invece la mancata registrazione è diffusa, non disciplinata ma lasciata alla discrezionalità dei professionisti, allora il problema dovrà essere affrontato. Si deve migliorare la qualità della documentazione, ma indipendentemente dalle “esigenze” di PRUO; queste dovrebbero essere viste semplicemente come la circostanza che ha fatto emergere il problema. La condotta da tenere dovrebbe essere dettata, invece, dall’importanza medico-legale, la good clinical practice e l’informatività della cartella. 4 - CARATTERISTICHE METODOLOGICHE

4.1 Normatività dei Criteri: i criteri di PRUO sono normativi, non sono empirico-statistici. Ad esempio il criterio di una frequenza cardiaca >140 (per classificare appropriata la giornata di ammissione), o di almeno 3 visite mediche/24 ore (per classificare appropriato il giorno di degenza) non sono medie o mediane o percentili di valori derivati da studi condotti negli USA o in altri paesi. Sono invece standards, arbitrari ma ragionevoli, individuati “a tavolino” sulla base di un consenso derivato da conoscenze mediche e da ipotesi di lavoro legate alla conoscenza delle caratteristiche e modalità di funzionamento di un ospedale per acuti. 4.2 Esplicitazione dei criteri: i criteri con cui si valuta l’ammissione e/o la degenza sono forniti al rilevatore dall’esterno, in una lista di voci (items) predefinita. Il rilevatore deve solo cercare nella documentazione le informazioni utili a scegliere o meno uno o più criteri nella lista. La lista è unica per tutti i rilevatori. Si coglie qui una grande differenza con gli strumenti di valutazione impliciti, che sono o personali (costruiti dal ricercatore a suo uso) o locali, ad hoc e non codificati. Il carattere esplicito garantisce, o quanto meno facilita, la comparabilità dei risultati. 4.3 Diagnosi-indipendenza: le diagnosi (tipo codici ICD9) o i DRG non compaiono nello strumento, non servono per compilare il questionario. La valutazione di appropriatezza o meno della giornata di ammissione o di degenza prescinde dalla diagnosi per la quale il paziente è entrato (od è) in ospedale. Anche questa caratteristica contribuisce alla genericità dello strumento. Questo è un altro aspetto per il quale risulta difficile che PRUO venga accettato dal clinico al primo impatto. Il medico e l’infermiere usano costantemente e con naturalezza le diagnosi. Tuttavia vanno sottolineate tre conseguenze vantaggiose di questa indipendenza dalla diagnosi: • la lista dei criteri è contenuta in circa 40 voci; • l’adozione dello strumento, l’utilizzo del manuale e la lettura dei risultati sono facilitati e favoriti, una volta che l’utente si è familiarizzato con questo approccio diagnosi-indipendente;

• è possibile usare lo strumento sia “attraverso” che “entro” altre classificazioni (DRG, ICD9, ecc.). 4.4 Validità: in quanto normativo, PRUO può essere validato solo con un processo di face validity, cioè confrontando i suoi risultati con quelli di panels di esperti. Essa è risultata pari o superiore a quella esibita da altri due strumenti analoghi per scopo, quali lo ISD e lo SMI (2). 4.5 Riproducibilità: è stata testata altrove ed anche in Italia, ed è risultata molto elevata, comunque sempre superiore a quella esibita da altri strumenti analoghi per scopo. La concordanza tra osservatori sulla classificazione della giornata è molto elevata, mentre è inferiore la concordanza sui singoli criteri di appropriatezza (o sui motivi di inappropriatezza). Ciò è atteso; in una stessa giornata spesso operano più criteri o motivi, oppure certe prestazioni si prestano ad essere inquadrate in più d’un criterio e, quindi, c’è una certa discrezionalità nella scelta . 4.6 Valutazione del singolo giorno: PRUO valuta le giornate una ad una, a partire dalla giornata di ammissione, e non il ricovero in blocco. Rigorosamente parlando, nel contesto di PRUO non ha senso la dizione “ammissione appropriata”, mentre ha senso la dizione “giornata di ammissione appropriata”. Nell’esempio C della tonsillectomia, la giornata di ammissione risulta inappropriata, ma la giornata del 15-03-98 risulterà appropriata (PRUO considera appropriato il giorno in cui vengono eseguiti certi tipi di intervento, lo si vedrà esaminando i criteri della giornata di degenza). Non è possibile classificare sinteticamente quel ricovero come appropriato o come inappropriato; esso contiene giorni appropriati e giorni inappropriati. PRUO “disseziona” una degenza nelle sue singole giornate e le classifica indipendentemente l’una dall’altra. Riesce inizialmente difficile al medico ed all’infermiere uniformarsi a questa logica, perché essi tendono a considerare l’“esperienza in ospedale” come un tutto unitario. La pratica diretta su un certo numero di cartelle in genere dissipa le perplessità. Bisogna, comunque, prestare attenzione alle dizioni: ammissione e/o degenza appropriata (o inappropriata), che nel contesto di PRUO sono piuttosto ambigue. 4.7 Versatilità e Flessibilità: PRUO è molto versatile. Infatti può essere adottato con vari disegni e modalità (cfr. Modulo 3); inoltre, esso consente la focalizzazione del solo giorno di ammissione o del solo giorno di degenza, di un solo giorno o più giorni di degenza ecc. In quanto normativo, teoricamente PRUO è suscettibile di modifiche, sia nel numero che nella formulazione dei criteri (oltre che dei motivi). L’evoluzione delle conoscenze, delle tecnologie e delle modalità organizzative dell’assistenza fa prevedere che lo strumento verrà modificato col tempo, come è già avvenuto d’altra parte nell’esperienza USA con il passaggio da AEP a MCAP o con lo sviluppo dell’Elective Surgical AEP e come ha illustrato anche l’esperienza italiana. In particolare, la finalizzazione al controllo interno od esterno ed in generale la finalizzazione gestionale potrebbero richiedere adattamenti locali, correlati alle scelte gestionali che sono locali per natura. È ovvio però che, se si richiede la comparabilità nello spazio (fra strutture) e nel tempo (prima/dopo), bisogna garantire un set stabile di criteri, o almeno dispositivi, che garantiscano la

comparabilità anche dopo le modifiche. In effetti è possibile dotarlo di una certa flessibilità/adattabilità a situazioni locali, preservando la comparabilità. Anche qui vale la pena di illustrare con esempi.

Esempio 3

PRUO ritiene che la RNM possa e debba essere effettuata in regime ambulatoriale. Ma supponiamo

che una normativa locale imponga il regime di ricovero per l’effettuazione di RNM. Si può

procedere così: alla lista dei motivi di inappropriatezza viene aggiunto un motivo (esecuzione di

RNM) ed un codice (diciamo 400) di inappropriatezza, distinti dalle altre indagini diagnostiche. Le

giornate in cui viene eseguita/erogata solo la RNM verranno classificate inappropriate (secondo la

logica di PRUO), ma verrà anche registrato il codice 400.

Si possono fare due elaborazioni: nella prima il codice 400 verrà considerato prestazione

inappropriata/motivo; nella seconda il codice 400 verrà riconsiderato e trattato come fosse uno dei

criteri di PRUO. Supponiamo di avere 100 giornate: in 28 giornate le uniche prestazioni effettuate

sono visite di consulenti, o indagini standard di laboratorio, o altra diagnostica non-invasiva (per

PRUO sono tutte inappropriate), mentre in altre 2 giornate l’unica prestazione è la RNM. Si

possono ottenere due stime di inappropriatezza: 28% e 30%. La prima è utilizzata correttamente nel

confronto con una realtà in cui non vige la norma di eseguire la RNM in degenza; la seconda,

invece, risulterà corretta nel confronto con una realtà sottoposta alla stessa norma.

Con dispositivi analoghi si possono affrontare tutte le situazioni in cui un motivo (condizione o pacchetto assistenziale improprio) va considerato come criterio o viceversa. Un discorso leggermente diverso va fatto per le parametrizzazioni dei criteri (frequenze minime, valori soglia, ecc.). Ad esempio, la presente versione assegna 7 giorni appropriati automaticamente all’infarto miocardico acuto; tuttavia un determinato reparto/servizio può avere stabilito un protocollo con degenza inferiore. In questo caso il confronto dei risultati tra reparti con protocolli diversi dovrà essere condotto con due stime: una che include le giornate di degenza con il criterio relativo all’infarto miocardico, l’altra che lo esclude. Questi adattamenti vanno considerati attentamente dopo l’entrata in vigore del pagamento prospettico e del potere discrezionale delle Regioni di modulare lo stesso. Infatti si possono prevedere l’attivazione di modalità quali il DH, l’Ambulatory Surgery, la same Day Surgery, ecc., che possono superare e far ritenere “datata” la versione corrente (in un certo momento) dello strumento. 4.8 La modalità di apportare modifiche locali È essenziale che l’applicazione di PRUO preveda l’elencazione e la descrizione dettagliata delle variazioni/adattamenti eventualmente introdotti ai Criteri ed ai Motivi. Essi devono configurarsi

come delle vere “convenzioni formali” per garantire la comparabilità, cioè devono essere concordate a priori tra i responsabili (clinici/amministratori) ed il Gruppo di Lavoro. 5 - PROCEDURA DI APPLICAZIONE Il PRUO assume che la valutazione venga fatta a partire dalle informazioni contenute nella cartella clinica o in qualunque altra documentazione scritta disponibile (cartella infermieristica, ecc.) e, nella modalità concorrente, dalle informazioni raccolte mediante intervista. Nei primi anni dopo il 1989 la modalità prevalente d’uso dello strumento AEP è stata in studi retrospettivi, basata solamente sulle informazioni presenti nella cartella clinica di ricoveri già conclusi. Successivamente però, anche in Italia, lo strumento è stato utilizzato in modo concorrente (a ricovero in corso e cartella ancora aperta) richiedendo informazioni aggiuntive al medico di reparto, al medico di pronto soccorso, al/la caposala o ai familiari del paziente. Nell’applicare PRUO il rilevatore fa sempre uso: • della documentazione scritta (cartella medico-legale, cartella infermieristica ecc.), come fonte di informazione; • della lista dei criteri e dei motivi; • delle istruzioni per la rilevazione dei criteri e dei motivi contenute nel modulo 2 del manuale • del modulo per la raccolta dei dati (vedi esempi negli allegati); • della descrizione delle eventuali “modifiche e convenzioni locali” • del registro individuale La rilevazione sulla documentazione si esplica in due o tre passi logicamente conseguenti (tre passi se la valutazione nei primi due esita in un giudizio di inappropriatezza). 5.1 Primo passo: Rilevazione dei Criteri Ordinari Al primo passo il rilevatore verifica la presenza dei criteri che classificano appropriata la giornata di ammissione o di degenza. I criteri ordinari della giornata di ammissione si dividono in due categorie: a) criteri legati alle condizioni del paziente; b) criteri legati a prestazioni erogate nelle successive 24 ore. I criteri ordinari della giornata di degenza sono invece divisi in tre categorie: a) criteri legati alle prestazioni medico/chirurgiche erogate; b) criteri legati alle prestazioni infermieristiche o di supporto vitale; c) criteri legati alle condizioni del paziente. Un criterio è soddisfatto quando il testo del criterio elencato nel questionario è rintracciabile nella documentazione del paziente, in una forma inequivocabilmente equivalente, senza aggiunte,

interpretazioni o congetture personali. La giornata è appropriata quando anche un solo criterio è soddisfatto; però, se i criteri sono più di uno, è bene segnalarli tutti. Se nessuno dei criteri viene rilevato, la giornata risulta classificata inappropriata automaticamente. È importante sottolineare ancora che in questo passo il rilevatore deve solo ricercare dei testi, senza aggiunte interpretative. 5.2 Secondo passo: Ricerca dei Criteri Straordinari (di Override = scavalcamento) Non ci si può aspettare che uno strumento semplice come PRUO possa “prevedere” tutte le possibili situazioni clinico-assistenziali. PRUO permette perciò al rilevatore di effettuare una valutazione personale della documentazione, di “scavalcare” PRUO e classificare: a) appropriata una giornata anche quando nessuno dei criteri è reperibile nella documentazione (in questo caso si parla di override affermativo o positivo); b) inappropriata un’ammissione o una giornata di degenza anche quando sia stato reperito uno dei criteri della lista (in questo caso si parla di override negativo). Le regole per l’adozione dell’override vengono discusse in dettaglio nel modulo 2 del manuale; qui si può anticipare che anche l’override deve essere documentabile e documentato e non può essere una congettura. 5.3 Terzo passo: ricerca e rilevazione dei Motivi dell’uso inappropriato dell’ospedale Qualora la giornata di ammissione o di degenza sia stata classificata inappropriata, il rilevatore deve cercare di identificare uno o più motivi di questo uso inappropriato. Per fare questo ci si servirà della “lista dei motivi”. La rilevazione dei motivi di inappropriatezza è finalizzata a: • interpretare correttamente le stime di uso inappropriato. Sarà possibile distinguere, ad esempio, le situazioni che producono o costringono ad un uso inappropriato, indipendenti dalla politica dell’ospedale (come in caso di mancanza di servizi alternativi esterni); o sarà possibile individuare la presenza di “colli di bottiglia” interni all’ospedale (quindi indipendenti dalla politica del reparto) o situazioni, invece, di comportamento inefficiente (dipendenti dal reparto in senso lato); • contribuire ad individuare interventi correttivi specifici e mirati, sugli aspetti o fattori appena visti al punto precedente.

La ricerca/identificazione dei motivi (di inappropriatezza) richiederà spesso una metodologia diversa da quella adottata per i criteri. Infatti, potrà essere utile un certo lavoro di “congettura”. Ad esempio: il paziente entra con ricovero elettivo, in condizioni buone, non sono registrate prestazioni “sofisticate e frequenti” e viene operato dopo 72 h. Il motivo principale (non esclusivo)

dell’ammissione inappropriata sarà il motivo “situazione di attesa di esecuzione di intervento chirurgico”, anche se nella cartella non si rintraccia la dizione esplicita “entra per esecuzione di intervento chirurgico”. Un aspetto interessante della sequenza logica dei passi è questo: il rilevatore è portato ad indagare i motivi di uso inappropriato solo se la giornata è stata classificata inappropriata. È comprensibile la tendenza a classificare appropriata una giornata, specialmente se il rilevatore ha un “interesse di parte” (anche non economico, trasparente). Però, una classificazione di appropriatezza inesistente impedisce di cogliere i motivi.

6 - AMBITO DI APPLICAZIONE IN RELAZIONE AL BISOGNO/OFFERTA

È utile completare la definizione dell’ambito di lavoro di PRUO con qualche commento circa i rapporti tra l’appropriatezza dell’utilizzo dell’ospedale ed il bisogno e la domanda di ospedalizzazione, in aggiunta a quanto è stato osservato, discutendo della genericità e specificità. Saranno usati termini e concetti presi in prestito da altre metodologie, e ci potrà essere qualche imprecisione od una coerenza imperfetta con quanto detto fin qui. È comoda una certa esemplificazione, che viene limitata alla giornata di ammissione per semplificare ulteriormente e che viene rappresentata nella Tabella 3 seguente. La condizione propria è la situazione di bisogno che PRUO considera di competenza dell’ospedale per acuti. Tab. 3

Ammessa Non-ammessa Condizione Propria

Utilizzo appropriato

Sotto- utilizzo

Condizione non-propria

Sovra- utilizzo

Utilizzo appropriato

La Tabella descrive le combinazioni che possono verificarsi nella realtà. Ad esempio, una condizione propria (es. febbre elevata da 6 gg) può arrivare all’ospedale, ma può anche non arrivare per un qualche motivo; nel primo caso l’ospedale è utilizzato correttamente, nel secondo c’è un sottoutilizzo ed il malato non riceve il trattamento atteso. Viceversa, l’ammissione di una gastrite lieve-modesta configura un utilizzo eccessivo e sproporzionato (sovra-utilizzo), mentre la non ammissione configura un utilizzo mancato, ma corretto ed appropriato. Esaminiamo ora come PRUO vede e classifica queste situazioni. Anzitutto, PRUO vede solo la colonna “Ammessa”, e non la colonna “Non-ammessa”. La prima importante conclusione è che PRUO non è fatto per cogliere il bisogno di ospedale insoddisfatto.

Si può osservare, d’altra parte, che ancora oggi in Italia l’offerta di posti letto e la liberalità dell’accesso all’ospedale fanno ritenere trascurabile la frequenza della colonna “Non-ammessa”. Vediamo ora ciò che può accadere in ospedale; esso può erogare prestazioni proprie (appropriate) o improprie (inappropriate). La tabella 4 seguente riporta sulle righe le situazioni reali e sulle colonne le risposte dell’ospedale. Tab. 4

Prestazione (Giornata) Situazione Appropriata Inappropriata Condizione Propria Ammessa

Appropriata

Inappropriata

Condizione Non-propria Ammessa

Appropriata

Inappropriata

Come appena anticipato, le situazioni di “non-ammesso” mancano. Rivediamo, poi, un aspetto già noto: PRUO può classificare indipendentemente dalla clinica (e quindi dal bisogno); infatti le celle [basso, sinistra] e [alto, destra] lo evidenziano. Per facilitare il proseguimento dell’analisi ci collochiamo, ora, sulla giornata di degenza. Immaginiamo di poter classificare il bisogno come insoddisfatto, oppure soddisfatto, oppure sovrasoddisfatto (quando il malato riceve più del congruo o necessario). Questa classificazione non deriva da PRUO, ma da qualche altro strumento che supponiamo di avere a disposizione. Ricordiamo che PRUO classifica come inappropriata non la situazione di non-bisogno, ma la situazione che riceve prestazioni di livello inferiore; quindi, anche la situazione di bisogno trattato con prestazioni di livello inferiore viene classificata da PRUO come inappropriata. La Tab. 4 diventa allora la Tab. 5 con qualche semplificazione nel numero delle celle. In ogni cella ci sono due valori: sopra, il valore della classificazione di PRUO; sotto il valore che esprime la congruità o meno della prestazione rispetto al bisogno. Tab. 5

Prestazione (Giornata) Situazione Appropriata Inappropriata Condizione Propria Ammessa

Appropriata

SODDISFATTO

Inappropriata

Insoddisfatto

Condizione Non-propria Ammessa

Appropriata

SOVRA-

SODDISFATTO

Inappropriata

SOVRA-

SODDISFATTO

C’è una certa corrispondenza tra soddisfazione del bisogno e classificazione di PRUO solo nelle due celle diagonali [alto, sinistra] e [basso, destra], non nelle altre due. Se le situazioni descritte dalle quattro celle ricorressero con la stessa frequenza, PRUO costituirebbe una metodologia inutile e addirittura distorcente. Invece, se le situazioni nettamente più frequenti fossero le due [alto, sinistra] e [basso, destra], PRUO sarebbe molto utile. Infatti sarebbe in grado di discriminare sensatamente (quasi) tutte le situazioni. L’utilità sarebbe ancora significativa se la situazione [alto, destra] fosse rara. In questa cella rientrerebbero gli atteggiamenti di negligenza, ignoranza, sottovalutazione clinica, o le condizioni di inadeguatezza strutturale ecc. PRUO fornisce una rappresentazione molto distorta: un bisogno reale verrebbe declassato per un trattamento di livello inferiore. Un intervento basato sulle indicazioni distorte di PRUO si risolverebbe in un danno per il malato. Una frequenza relativamente elevata della cella [basso, sinistra] sarebbe invece meno critica. Possiamo riassumere a questo punto le conclusioni principali: PRUO non è fatto per cogliere le situazioni di bisogno di ammissione inespresso/insoddisfatto (under-use); una volta che il cittadino è ammesso poi, esso è più adatto a cogliere le situazioni di uso sproporzionato o superfluo (over-use). È bene accertare, in particolare, la sussistenza e stimare la frequenza delle celle [alto, destra] nelle Tab. 3 e 5. Questo accertamento sarà utile, in ogni caso, per interpretare correttamente i risultati. Qualora si realizzassero situazioni di carenza di posti letto o di restrizione spinta di accesso all’assistenza ospedaliera, lo stesso accertamento potrebbe sconsigliare l’applicazione di PRUO.

SENSIBILITÀ E SPECIFICITÀ

Prima di andare avanti dobbiamo fare una convenzione. Assimiliamo PRUO ad un test diagnostico che produce le risposte di “positivo” e “negativo”, e diciamo che “inappropriato” corrisponde a “positivo”. In altre parole, PRUO guarda, esamina, e quando trova inappropriatezza dichiara che il giorno è “positivo al test”. Quindi: [inappropriatezza] = [positività al test PRUO]. Si sarebbe potuto fare diversamente; ma la letteratura in genere adotta questa convenzione, quando tratta la sensibilità e la specificità dei tests di appropriatezza. Vediamo, allora, che rapporto ci può essere tra la situazione reale e la lettura della situazione che PRUO dà attraverso il rilevatore. Una

condizione propria ammessa il giorno x (es. P.A. minima di 140 mm Hg) costituisce una situazione reale di appropriatezza; se il rilevatore vede il valore, classifica appropriata quella giornata e il valore del test PRUO è, quindi, di “negativo vero. Se, invece, lo stesso giorno è classificato inappropriato (il valore di P.A. non è visto dal rilevatore), la risposta al test di PRUO è “falsamente positiva” (un inappropriato falso, sbagliato). Tab. 6

Prestazione Situazione Appropriata Inappropriata Propria PA min 140

Vero Negativo

Falso Positivo

IMPROPRIA

Diagnostica abbondante non invasiva

Falso Negativo

Vero Positivo

Supponiamo di avere una giornata di ammissione per epigastralgie recidivanti, in cui c’è una diagnostica strumentale non invasiva sovrabbondante; PRUO ritiene eseguibile quella diagnostica in regime ambulatoriale. Il rilevatore può classificare inappropriata la giornata (risposta vera positiva al test); egli, però, può anche classificarla appropriata, ad esempio, perché non ricorda bene le regole di PRUO o considera la prestazione ecografica e quella endoscopica come visite mediche e le somma, quindi, alla visita medica di reparto (in questo modo viene realizzato il criterio della frequenza delle visite mediche). In questo caso, si ha una risposta di falso negativo: giornata falsamente appropriata. PRUO, quindi, può generare un eccesso sia di falsi positivi che di falsi negativi. Non è possibile esaminare in dettaglio l’entità di queste distorsioni, e tutte le cause e le circostanze coinvolte; però, bisogna subito sottolineare la facilità di avere falsi positivi da incompletezza della documentazione e/o da scarsa attenzione nella rilevazione. Infatti, a priori, ogni giornata di ammissione o degenza è classificata come inappropriata e rimane tale a meno che e finché il rilevatore non incontri nella documentazione almeno uno dei criteri. Quindi, è necessaria un’attenzione meticolosa e costante con cui spaziare le varie componenti della cartella (diaria, profilo diagnostico, terapeutico, cartella infermieristica ecc.) su tutta la finestra temporale di interesse.

7 - POTENZIALITÀ E LIMITI DI PRUO

Riassumendo possiamo dire che PRUO: esamina direttamente come è utilizzato l’ospedale e

non come è soddisfatto il bisogno; tecnicamente lavora nell’ambito della appropriatezza generica e

non entra nel merito della decisione medica. Esso richiede l’accesso alla cartella, ma è semplice e

maneggevole; è valido quando si può ritenere che vi sia un utilizzo dell’ospedale sostitutivo di altri

servizi. Le ultime due caratteristiche lo qualificano come strumento di screening.

SECONDO MODULO

MANUALE OPERATIVO PER LA RILEVAZIONE CON P.R.U.O.

VERSIONE : DAY HOSPITAL ( Ricovero Diurno )

INDICE

1 - IL RAZIONALE DEL DAY HOSPITAL

2 - IL PROTOCOLLO DI REVISIONE DI UTILIZZO DELLA DEGENZA

DAY- HOSPITAL

3 - OSSERVAZIONI GENERALI

4 - CRITERI DI APPROPRIATEZZA DELLA DEGENZA DAY HOSPITAL

MANUALE OPERATIVO PER LA RILEVAZIONE

CON P.R.U.O. VERSIONE : DAY HOSPITAL ( Ricovero Diurno )

IL RAZIONALE DEL RICOVERO IN REGIME DI DAY HOSPITAL

IL RICOVERO IN REGIME DI DAY HOSPITAL È UNA PARTICOLARE TIPOLOGIA DI

RICOVERO TIPICA DELL’OSPEDALE PER ACUTI O CON FUNZIONI DI RIABILITAZIONE CON

SVOLGIMENTO UNICAMENTE DIURNO E COMPOSTO DA UNO O PIÙ “ACCESSI”

PROGRAMMATI, TUTTI REGISTRATI IN UN’UNICA CARTELLA CLINICA APERTA IN

CONCOMITANZA DEL PRIMO ACCESSO. PROPRIO PER QUESTE CARATTERISTICHE LO

STRUMENTO È VALIDO PER L’ESAME DEGLI ACCESSI IN TUTTI I REPARTI CON LA SOLA

OVVIA ESCLUSIONE DEI REPARTI PER PAZIENTI CRITICI, CONTRARIAMENTE ALLO

STRUMENTO PRUO ADULTI STANDARD IN CUI NON VENGONO CONSIDERATI I RICOVERI

IN PSICHIATRIA, LUNGODEGENZA, OSTETRICIA, DERMATOLOGIA, RIABILITAZIONE E

REPARTI PER PAZIENTI CRITICI.

IL DAY HOSPITAL SI PROPONE: UNA VALUTAZIONE INTEGRATA DI PIÙ

SPECIALISTI SULLA SITUAZIONE CLINICA DEL PAZIENTE, L’EROGAZIONE DI

PRESTAZIONI SPECIALISTICHE DI NOTEVOLE IMPEGNO PROFESSIONALE SIA

MEDICHE CHE CHIRURGICHE SENZA NECESSITÀ DI PERNOTTAMENTO, IL

MONITORAGGIO DI EVENTUALI EFFETTI COLLATERALI DI FARMACI PARTICOLARI,

L’ESECUZIONE DI PROCEDURE DIAGNOSTICHE SOPRATTUTTO INVASIVE PER LE

QUALI SIA INDICATO UN PERIODO DI OSSERVAZIONE.

L’ASSISTENZA PRESTATA DURANTE TALE DEGENZA DOVREBBE CARATTERIZZARSI

PER:

• L’ATTIVITÀ DI FIGURE PROFESSIONALI DIVERSE NELL’ARCO DEL MEDESIMO

ACCESSO,

LA RILEVANTE COMPLESSITÀ DELLE PRESTAZIONI EROGATE,

L’IMPEGNO ASSISTENZIALE.

Dalle considerazioni precedenti, ne consegue che tutto ciò che viene appropriatamente svolto durante gli accessi di un ricovero Day Hospital risulta inappropriato se erogato in regime di ricovero ordinario (per il minor impegno richiesto) o in trattamento ambulatoriale ( per la complessità delle prestazioni). Ciò che differenzia i due regimi di degenza è la necessità o meno di pernottamento; ciò che invece è prerogativa del regime di Day Hospital rispetto al trattamento ambulatoriale è il tempo necessario allo svolgimento delle prestazioni e soprattutto la necessità del paziente di essere sottoposto nell’arco dell’accesso a più prestazioni mediche o infermieristiche e/o di necessitare di alcune ore di osservazione.

SINTESI DELLA NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE SUL TEMA DEL DAY HOSPITAL

I principali riferimenti normativi nazionali sul tema del Day Hospital possono essere così

brevemente riassunti: Legge 23 ottobre 1985, n.595 che introduce per la prima volta tale tipologia

di assistenza nel Servizio Sanitario Nazionale, ponendola in posizione intermedia fra il ricovero

ordinario e la attività ambulatoriale; Legge 30 dicembre 1991, n.412 che fissa l’obbligo di

attivazione di strutture di assistenza diurna; D.P.R. 20 ottobre 1992 che fornisce le necessarie per

l’attivazione di tale modalità assistenziale. In particolare tale decreto ribadisce la collocazione fra la

degenza ordinaria e la attività ambulatoriale del Day Hospital, prevedendo che le Unità Sanitarie

Locali utilizzino tale modalità per le “prestazioni a carattere diagnostico, terapeutico e riabilitativo

che non comportino la necessità del ricovero ordinario e che per loro natura e complessità di

esecuzione richiedano che sia garantito un regime di assistenza medica ed infermieristica continua,

non attuabile in ambito ambulatoriale”. Un ulteriore aspetto che viene sottolineato è quello della

multi-professionalità ed afferenza a diverse specialità delle prestazioni erogate.

Ulteriori fonti sono i documenti elaborati dal Consiglio Superiore di Sanità all’inizio degli

anni ‘90 sul tema della Day-Surgery sulla base dei quali la Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali

ha elaborato una “Proposta per la regolamentazione degli interventi chirurgici e delle procedure

interventistiche diagnostiche e/o terapeutiche da effettuare in regime di assistenza chirurgica a ciclo

diurno”. Anche il Decreto Legislativo 29 aprile 1998, n.124, nel definire le tipologie di ricovero

ospedaliero in regime di assistenza diurna non soggette alla partecipazione al costo da parte del

cittadino, fornisce di fatto alcune indicazioni relative alla appropriatezza.

Alla normativa nazionale si aggiungono poi atti di carattere regionale che recepiscono,

ampliandola e meglio specificandola, la suddetta normativa. Trascurando gli aspetti organizzativi

presi in considerazione nei singoli atti, è utile proporre una rassegna del contenuto di alcuni atti

regionali relativamente alla definizione di Day Hospital da cui possono derivare le caratteristiche

su cui definire i criteri di appropriatezza di utilizzo di tale modalità assistenziale.

DELIBERAZIONE 20 MARZO 1990, N.206 DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA REGIONE

TOSCANA

Definisce le prestazioni erogabili in Day Hospital come prestazioni di tipo diagnostico, terapeutico

e riabilitativo le cui caratteristiche devono essere corrispondenti alle condizioni di programmabilità,

di complessità tale da non essere erogabili in ambiente extra-ospedaliero, di sorveglianza medica e

infermieristica per tempi tali da non impegnare di norma tutta la giornata lavorativa.

Viene poi sottolineata la necessità di differenziare le attività di Day Hospital da quelle del

poliambulatorio ospedaliero: tale differenziazione non può essere basata sul solo parametro

temporale, poiché la prestazione ambulatoriale può esaurirsi in un arco di tempo più o meno lungo,

ma non necessita di sorveglianza medica o infermieristica.

Ciò che caratterizza il modello organizzativo ed operativo del Day Hospital è il fatto che le

prestazioni ivi erogate siano complesse e necessitanti, a differenza di quelle ambulatoriali, di

sorveglianza medica ed infermieristica, che, se fornite in modo tradizionale, richiederebbero

ricovero ospedaliero. La attività viene dunque definita come:

non erogabile in ambiente extra-ospedaliero;

alternativa al ricovero continuo del quale è equivalente;

avente carattere eminentemente medico e non socio-assistenziale;

avente caratteri di programmabilità.

Vengono poi individuate le seguenti tipologie di Day Hospital: terapeutico, riabilitativo,

diagnostico, di controllo. Per le tipologie terapeutica e di controllo viene sottolineato il fatto che

presentino confini sfumati con le attività poli-ambulatoriali: l’accesso al Day Hospital deve

presupporre un coordinamento sequenziale efficace fra i Servizi delle UU.SS.LL. ai fini della

diagnosi o dei controlli periodici ai quali devono sottoporsi particolari patologie per il loro follow-

up. Vengono poi previste due ulteriori tipologie, Day Hospital psichiatrico e Day Hospital

geriatrico, delle cui caratteristiche viene enunciate, senza ulteriori specifiche , la peculiarità.

DELIBERAZIONE NR.VI/34766 DEL 20 FEBBRAIO 1998, DELLA GIUNTA DELLA REGIONE

LOMBARDIA

Definisce le caratteristiche funzionali cui deve contemporaneamente rispondere la attività di

Day Hospital e Day Surgery. Tali attività devono articolarsi in ricoveri o cicli di ricovero

programmati costituiti da accessi (o giornate di presenza) singoli o ripetuti, la degenza deve essere

limitata alle sole ore diurne, devono fornire prestazioni multi-professionali o pluri-specialistiche che

non possano essere eseguite a livello ambulatoriale in quanto richiedono sorveglianza od

osservazione medica e/o infermieristica protratta nell’arco della giornata.

Anche tale atto ribadisce come il Day Hospital rappresenti una alternativa alla degenza

ordinaria e in nessun caso possa configurarsi come sostituto dell’assistenza erogabile in forma

ambulatoriale.

Le diverse possibili tipologie di Day Hospital vengono così individuate:

Day Hospital ad indirizzo prevalentemente diagnostico: Il ricovero è finalizzato all’effettuazione di accertamenti diagnostici multi-specialistici di particolare complessità e/o richiedenti particolari cautele per il paziente, per i quali si renda necessaria una osservazione sanitaria in ambiente ospedaliero protratta per alcune ore. Gli accertamenti diagnostici, siano essi diretti all’inquadramento o al follow-up di quadri morbosi pre-specificati, sono esplicitati in “pacchetti” predefiniti, così come previsto tra i requisiti per l’accreditamento dell’attività di Day Hospital /Day Surgery. Day Hospital ad indirizzo prevalentemente terapeutico: E’ finalizzato al ricovero di pazienti

affetti da patologie ad andamento cronico-evolutivo che richiedono trattamenti con mezzi

strumentali complessi (es. radioterapia) o somministrazione controllata di farmaci che richieda

monitoraggio del paziente per alcune ore (es. chemioterapia).

Day Surgery: E’ destinato al ricovero di pazienti che necessitano di interventi chirurgici o di

procedure diagnostiche invasive che richiedono l’utilizzo della sala operatoria. Gli interventi e

le procedure in questione devono essere ricompresi nella classificazione delle procedure atte ad

identificare i DRG chirurgici.

Day Hospital ad indirizzo prevalentemente riabilitativo: E’ finalizzato all’effettuazione di

prestazioni complesse di recupero e rieducazione funzionale a favore di pazienti affetti da

deficit funzionali consolidati o in fase evolutiva. Gli interventi diagnostico-valutativi e

terapeutico-riabilitativi corrispondono a protocolli che devono esplicitare definizione degli

obiettivi, stesura del programma riabilitativo, indicatori di risultato.

Linee guida per i ricoveri in assistenza a ciclo diurno, Regione Friuli -Venezia Giulia

(nota prot. n.10436 del 27/6/96)

L’assistenza ospedaliera diurna viene definita come quella forma di ricovero durante il quale

vengono erogate prestazioni di carattere diagnostico e/o terapeutico e/o riabilitativo, che, per la loro

natura o complessità di esecuzione avrebbero comunque richiesto il ricovero; tale forma di ricovero

si caratterizza per la non permanenza dell’assistito in ospedale durante le ore notturne.

Le condizioni che devono essere soddisfatte da un ricovero in Day Hospital sono le seguenti:

• Patologia da richiedere ricovero ospedaliero con necessità, di norma, di una epicrisi

• Condizioni del paziente che non richiedono la sorveglianza o il bisogno di terapia parenterale

serale/notturna

• Compilazione di una unica cartella clinica anche nel caso di più accessi

• Permanenza in ospedale limitata ad una sola parte della giornata (diurna)

Oltre alle caratteristiche succitate vengono individuate alcune condizioni che possono rendere

opportuno il ricovero in Day Hospital, fra queste:

Controllo dei parametri vitali per un periodo > 4 ore o più volte al giorno (es. biopsia epatica o

renale, paracentesi)

Radioterapia

Chemioterapia

Trattamento infusivo prolungato o continuato nell’arco della giornata

Necessità di osservazione medica per almeno due volte al giorno in momenti diversi

Procedure in sala operatoria e/o cateterismo cardiaco e/o angiografia

Broncoscopia con biopsia trans-bronchiale

Esecuzione esami, trattamenti e/o consulenze plurime e/o multidisciplinari che richiedano

individuazione di un luogo di permanenza e di consumazione di un pasto, non eseguibili in altro

modo e che necessitino di un tempo di esecuzione decisamente superiore a quello abitualmente

presente nel caso di pazienti ambulatoriali oppure che comportino dei rischi documentati per il

paziente

Vengono esplicitamente definite quali condizioni non sono sufficienti per un ricovero in Day

Hospital con unico accesso (a meno di casi particolari che rientrino nei criteri sopracitati):

terapia endovenosa (terapia marziale, ecc.)

estrazioni dentarie non complicate (che non richiedono monitoraggio)

esecuzione esami bio-umorali o strumentali eseguibili ambulatorialmente

esecuzione trasfusioni

prelievi ed altra attività ambulatoriale

pre-deposito sangue per auto-trasfusioni

esecuzione di esami pre-intervento chirurgico

Deliberazione della Giunta Regionale della Regione Veneto n°5272 del 29 dicembre 1998

Definisce quale elemento discriminante per l’individuazione dei pazienti da trattare in Day Hospital

o day surgery la complessità della prestazione e non la sola condizione clinica del paziente.

Prende a riferimento il Decreto Legislativo 29 aprile 1998, n.124 che, individuando le prestazioni

erogabili in regime di ricovero diurno non soggette alla partecipazione del costo da parte del

cittadino, identifica di fatto la tipologia delle prestazioni la cui erogazione è appropriata in tale

regime di ricovero. Definisce come ricovero in regime diurno il modello organizzativo per

l’erogazione di prestazioni sanitarie per le quali risulta eccessivo il regime di ricovero ordinario e

non attuabile in regime ambulatoriale.

Le caratteristiche individuate per il ricovero diurno sono:

• Un ricovero costituito da uno o più accessi, programmato;

• Accesso (equivalente ad una giornata di degenza) limitato ad una sola parte della giornata,

preferibilmente nelle ore diurne, e che non ricopre, quindi, l’intero arco delle 24 ore;

• Erogazione di prestazioni multi professionali e/o pluri-specialistiche, che per la loro invasività o

per il rischio per il paziente o per il tempo di attuazione non possono essere eseguite in regime

ambulatoriale in quanto richiedenti un periodo di osservazione e valutazione medica e

infermieristica di almeno 3 ore.

Anche il tempo di esecuzione di prestazioni per le quali è richiesto l’utilizzo di farmaci la cui somministrazione necessita di tempi, modalità e controlli di particolare durata può determinare la loro erogazione in regime di ricovero diurno. L’attivazione del ricovero in regime di ricovero diurno deve inoltre avvenire nell’ambito di un programma diagnostico terapeutico programmato. Ogni accesso alla struttura di ricovero non ricopre l’intero arco delle 24 ore e le prestazioni possono essere erogate nel corso del mattino, del pomeriggio, o anche durante la notte, in relazione alle caratteristiche delle stesse o della patologia ed alle disponibilità assistenziali della struttura di ricovero. Le prestazioni elencate nel nomenclatore ambulatoriale non possono generalmente essere

erogate in regime di ricovero diurno. Le prestazioni erogabili in regime di ricovero diurno devono essere caratterizzate da multi-

professionalità e/o pluri-specialità degli operatori coinvolti e da invasività o da un possibile rischio

connesso o dal fatto di richiedere un tempo di osservazione medico infermieristico prolungato.

Anche il tempo di esecuzione di prestazioni per le quali è richiesto l’utilizzo di farmaci la cui

somministrazione necessita di tempi, modalità e controlli di particolare durata può determinare la

loro erogazione in regime di ricovero diurno.

Le prestazioni devono essere comprese all’interno di percorso diagnostico-terapeutico

programmato ed erogate nel minor numero possibile di accessi del paziente alla struttura. Vengono

poi riprese le tipologie di prestazioni erogate in regime di ricovero diurno non soggette a

partecipazione al costo da parte del cittadino dal Decreto Legislativo n.124/98, per ogni tipologie

vengono fornite ulteriori specifiche regionali:

• Procedure chirurgiche attribuibili a DRG chirurgici

• Procedure diagnostiche e/o terapeutiche invasive che non siano erogabili anche

ambulatorialmente, procedure che vengono specificamente individuate in una appendice alla

delibera e che si riportano in tabella 1.

• Esecuzione di radioterapia e chemioterapia per la terapia ed il monitoraggio dei pazienti

oncologici, nell’atto regionale si specifica che chemioterapia e radioterapia devono essere

erogate in regime di ricovero diurno ogniqualvolta tale regime risulti essere il più appropriato

anche in considerazione delle condizioni del paziente;

• Terapia e monitoraggio dei pazienti affetti da altre condizioni di malattia croniche e/o

invalidanti e da malattie rare previste da specifici regolamenti emanati dal Ministero della

Sanità, a livello regionale si ribadisce che il ricorso al ricovero in Day Hospital possa avvenire

solo se le prestazioni da erogare soddisfano i criteri generali previsti nelle definizioni;

• Prestazioni da effettuare in ospedali di riabilitazione e in reparti di riabilitazione identificati dai

codici di disciplina “56” e “28” o attribuite al DRG 462 “Riabilitazione”, per tali prestazioni

l’atto regionale specifica che per essere appropriatamente erogate in Day Hospital devono

collocarsi nell’ambito di un preciso programma terapeutico che comporti almeno 2 ore di

attività riabilitativa giornalmente, per pazienti immediatamente conseguenti ad eventi patologici

acuti.

TABELLA 1: PROCEDURE DIAGNOSTICHE O TERAPEUTICHE EROGABILI IN REGIME DI RICOVERO

DIURNO

Codice ICDIX

cm

Descrizione

8841 Arteriografia con mezzo di contrasto di arterie cerebrali

8842 Aortografia con mezzo di contrasto

8843 Arteriografia con mezzo di contrasto delle arterie polmonari

8844 Arteriografia con mezzo di contrasto di altri vasi intratoracici

8845 Arteriografia con mezzo di contrasto delle arterie renali

8846 Arteriografia con mezzo di contrasto della placenta

8847 Arteriografia con mezzo di contrasto di altre arterie intraaddominali

8848 Arteriografia con mezzo di contrasto delle femorali e di altre arterie

dell’arto inferiore

8849 Arteriografia con mezzo di contrasto di altre sedi specificate

8851 Angiocardiografia della vena cava

8852 Angiocardiografia del cuore destro

8853 Angiocardiografia del cuore sinistro

8854 Angiocardiografia combinata del cuore destro e sinistro

8855 Arteriografia coronarica con catetere singolo

8856 Arteriografia coronarica con catetere doppio

8857 Altra e non specificata arteriografia coronarica

8861 Flebografia con mezzo di contrasto delle vene del capo e del collo

8862 Flebografia con mezzo di contrasto delle vene polmonari

8863 Flebografia con mezzo di contrasto di altre vene polmonari

8864 Flebografia con mezzo di contrasto delle vene del sistema portale

8865 Flebografia con mezzo di contrasto delle vene di altre vene intra-

addominali

8866 Flebografia con mezzo di contrasto della femorale e di altre vene degli

arti inferiori

8867 Flebografia con mezzo di contrasto di alte sedi specificate

9504 Esame dell’occhio sotto anestesia

9851 Litotripsia extracorporea del rene, uretere e/o vescica

9961 Cardioversione atriale

2031 Elettrococleografia

DELIBERA DEL G. R. DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA N.2273 DEL 17 SETTEMBRE 1996

“Linee guida per i corretto funzionamento e potenziamento dei posti letto di assistenza a

ciclo diurno (Day Hospital)”

Il Day Hospital viene definito come quella modalità assistenziale finalizzata al ricovero, di

norma di durata inferiore alle 12 ore, di pazienti che necessitano di prestazioni multiple e/o

complesse di carattere diagnostico, terapeutico, riabilitativo, le quali, per la loro natura, non

possono essere eseguite a livello ambulatoriale in quanto richiedono sorveglianza od osservazione

medica e/o infermieristica protratta nell’arco della giornata. Anche in questo atto viene ribadito il

concetto secondo il quale la degenza diurna deve rappresentare una alternativa alla degenza in

regime ordinario, e in nessun caso può configurarsi come sostituto dell’assistenza effettuabile in

forma ambulatoriale.

Le diverse possibili tipologie di Day Hospital vengono così delineate:

Day Hospital ad indirizzo prevalentemente diagnostico: il ricovero è finalizzato all’effettuazione

di accertamenti diagnostici multi-specialistici e/o di particolare complessità e/o richiedenti

particolari cautele per il paziente, per i quali si renda necessaria una osservazione sanitaria in

ambiente ospedaliero protratta per alcune ore. Gli accertamenti diagnostici, siano essi diretti

all’inquadramento o a follow-up di quadri morbosi pre-specificati, corrispondono a protocolli

definiti a priori e autorizzati dall’Azienda sanitaria all’atto dell’istituzione formale dei posti letto

di Day Hospital.

Day Hospital ad indirizzo prevalentemente terapeutico: è finalizzato al ricovero di pazienti

affetti da patologie ad andamento cronico-evolutivo che richiedono trattamenti con mezzi

strumentali complessi (ad esempio radioterapia, ecc.) o somministrazione controllata di farmaci

particolari (ad esempio chemioterapia)

Day Hospital chirurgico: è destinato al ricovero di pazienti che necessitano di interventi

chirurgici o di procedure diagnostiche invasive che richiedono l’utilizzazione della sala

operatoria. Gli interventi e le procedure in questione devono essere ricompresi nella

classificazione delle procedure chirurgiche atte a identificare i DRG chirurgici.

Day Hospital ad indirizzo prevalentemente riabilitativo: è finalizzato all’effettuazione di

prestazioni complesse di recupero e rieducazione funzionale a favore di pazienti affetti da

deficit funzionali consolidati o in fase evolutiva.

Il complesso della normativa, nazionale e regionale, presa in esame delinea in modo abbastanza chiaro quelli che sono gli elementi che permettono di definire appropriata una prestazione di ricovero diurno: essi sono costituiti essenzialmente dalla necessità di osservazione medica ed infermieristica con un livello di intensità analogo a quello erogabile nel corso di un ricovero ordinario, ma per un tempo limitato ed inferiore ad una giornata. Rispetto alla possibilità di definire con maggior precisione tali limiti di tempo , il limite superiore può essere individuato nelle 12 ore, mentre il limite inferiore, sulla base di quanto esplicitato in alcune delibere regionali può essere individuato nelle 3-4 ore. Ulteriori elementi che possono essere utilmente presi in considerazione sono dati dal carattere di programmabilità che le prestazioni erogate in Day Hospital devono avere.

Tenendo conto di tali elementi si possono delineare le caratteristiche dell’appropriata

prestazione di ricovero diurno: la appropriatezza del ricovero in Day Hospital è legata alle

essenzialmente alle prestazioni erogate, tali prestazioni possono, per loro natura o in relazione a

particolari stati dei quali il paziente è portatore, indurre nel paziente stesso una situazione che

necessiti di un tempo di osservazione medica e/o infermieristica di norma eccedente le 3-4 ore; in

alternativa la prestazione stessa può necessitare, in relazione ai tempi e alle modalità di esecuzione,

che il paziente venga collocato in un ambiente tale da garantire una costante osservazione medica

e/o infermieristica.

IL PROTOCOLLO DI REVISIONE DI UTILIZZO DELLA DEGENZA DAY HOSPITAL

P.R.U.O. DAY HOSPITAL È UNO STRUMENTO DIAGNOSI-INDIPENDENTE ED ESPLICITO CHE SI

PROPONE DI VALUTARE L’UTILIZZO DEL DAY HOSPITAL IN TERMINI DI APPROPRIATEZZA GENERICA E

DI EFFICIENZA OPERATIVA. ESSO VALUTA SOSTANZIALMENTE SE QUANTO VIENE EROGATO AL

PAZIENTE POSSA ESSERLO SOLO A LIVELLO DI DAY HOSPITAL OSPEDALIERO (APPROPRIATO) E NON A

LIVELLO AMBULATORIALE O DOMICILIARE (QUINDI INAPPROPRIATO SE IN DEGENZA DAY HOSPITAL);

QUESTO STRUMENTO QUINDI CONDIVIDE LE CARATTERISTICHE GENERALI DI A.E.P./P.R.U.O. ED AL

RIGUARDO SI RINVIA AL PRIMO MODULO DEL MANUALE P.R.U.O. ADULTI PER UN APPROFONDIMENTO

SULLA METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DELL’APPROPRIATEZZA GENERICA. IN QUESTA SEDE SI

RICORDA SOLTANTO CHE ANCHE QUESTO STRUMENTO È IN GRADO DI VALUTARE L’OVERUSE (LIVELLO

ASSISTENZIALE SUPERIORE RISPETTO A QUELLO NECESSARIO IN FUNZIONE DEL BISOGNO) E NON

L’UNDERUSE (SOTTO UTILIZZO DEL DAY HOSPITAL RISPETTO AL BISOGNO CHE QUINDI RIAMANE

INSODDISFATTO) .

Fra le caratteristiche generali condivise con “ P.R.U.O. Adulti Ricovero Ordinario “, vi sono da ricordare

le stesse assunzioni :

1) che l’assistenza fornita sia necessaria da un punto di vista clinico;

2) che nel territorio ( area geografica ) nella quale si effettua la valutazione, siano disponibili tutti i livelli di

assistenza necessari;

3) che solamente le considerazioni di carattere clinico e sociale che potrebbero influenzare le decisioni

cliniche, possano giustificare la presenza in ospedale;

4) che tutte le informazioni necessarie ad interpretare la situazione del paziente siano riportate nella

documentazione clinica medica ed infermieristica ( o comunque acquisibili soprattutto negli studi di tipo

concorrente ).

Pur tuttavia in questa sede sono opportuni alcuni richiami più particolari che possano fornire e chiarire la

filosofia di costruzione dello strumento. Il Day Hospital è considerato come un livello assistenziale intermedio

tra la degenza ordinaria dell’ospedale per acuti e l’attività ambulatoriale.

Le caratteristiche funzionali e strutturali dell’ospedale per acuti in degenza ordinaria sono:

l’imprevedibilità dell’evoluzione clinica del paziente nell’arco di più giorni;

la possibilità di erogare assistenza in maniera intensiva e continuativa, anche per ricoveri programmati,

concentrata e delimitata nel tempo;

la presenza di più figure professionali, mediche e non, nell’arco delle 24 ore;

l’esclusività di procedure o tecnologie sofisticate.

Le caratteristiche funzionali e strutturali del servizio ambulatoriale sono:

la prevedibilità dell’evoluzione clinica nel breve periodo;

la delimitazione temporale del percorso assistenziale, contenuto comunque nel tempo massimo di poche

ore;

la presenza di una o più visite o prestazioni mono-specialistiche autonome; le singole visite o prestazioni

specialistiche in sequenza ma non all’interno di un percorso preordinato e coerente con un problema

clinico, si configurano come prestazioni ambulatoriali multiple.

la completa programmazione dell’attività;

non è richiesta la presenza di tecnologie sofisticate

Ciò che non è inquadrabile nei due livelli sopra descritti è collocato nella degenza Day Hospital che

strutturalmente si caratterizza per:

la collocazione all’interno di una struttura ospedaliera;

la possibilità di utilizzare le tecnologie presenti nella struttura ospedaliera;

la presenza di personale medico di competenze qualificate e differenziate;

la presenza di personale infermieristico con le stesse caratteristiche;

la presenza di posti letto dedicati solo nella fascia oraria diurna, ciò implica che il personale

medico-infermieristico sia disponibile solo nelle ore diurne.

Come conseguenza si ha che:

A) Il Day Hospital eroga prestazioni complesse e può assicurare un monitoraggio ed un’assistenza

qualificati; questi possono presentare un margine di imprevedibilità entro un intervallo di tempo ben

delimitato. Il Day Hospital infatti può farsi carico di emergenze limitate conseguenti a prestazioni erogate

come gli effetti collaterali di terapie e le complicanze di piccole procedure invasive quali lipotimie, vertigini,

malessere diffuso, ecc.

B) Non sono pertinenti al Day Hospital le prestazioni, le procedure ed i monitoraggi di cui non si possa

prevedere con certezza la conclusione in un arco di tempo inferiore alle 12 ore; vengono escluse quindi le

situazioni cliniche caratteristiche del pronto soccorso, astanteria, osservazione temporanea e

dell’accettazione, nelle quali siano possibili a priori più alternative: rinvio a domicilio, invio in unità operativa

per acuti, invio in terapia intensiva, invio ad altra struttura.

C) Non sono altresì pertinenti le prestazioni erogabili in regime ambulatoriale. L’ambulatorio

specialistico opera infatti, anche se poliambulatorio, solo per appuntamento, con tempi di visita limitati, in

ambito mono-specialistico e mono-professionale. Esso quindi: a) non garantisce l’osservazione protratta

anche se limitata, b) non può farsi carico di imprevisti, c) non garantisce la integrazione e complementarietà

di più specialità e professionalità compresenti.

Dai concetti generali sopra evidenziati, si deduce che al Day Hospital competono:

1) - le procedure invasive, con lesione intenzionale e preventivata dei tessuti, per le quali sia necessario

sistematicamente un monitoraggio di poche ore. L’invasività delle procedure in generale è sufficiente per

considerare appropriata la giornata di accesso di Day Hospital; ciò tuttavia non implica che esse debbano

essere eseguite obbligatoriamente in tale regime di ricovero;

2) - le procedure con accesso alle cavità interne dell’organismo (uretere, coledoco, digiuno, salpingi, ecc. ),

per le quali possa sussistere un rischio di complicanza che richieda un adeguato periodo di osservazione;

3) - le terapie e.v. con potenziali effetti collaterali a breve oltre che a lungo termine, anche in

somministrazione unica, ma protratta;

4) - le procedure diagnostiche strumentali con stimolazione farmacologica potenzialmente disturbante e

lesiva;

5) - le situazioni che implicano consulenze multiple nell’arco dello steso accesso, con il carattere del

consulto e comunque coordinate e complementari fra di loro. Più che la numerosità delle prestazioni

specialistiche, è importante il coinvolgimento di specialisti; tale coinvolgimento non va inteso come somma di

singole prestazioni (ad es. un gruppo di esami ematochimici, un Rx torace ed un tracciato ECG coinvolgono

normalmente tre professionisti, però ognuno nel proprio laboratorio o sezione), al contrario deve essere una

interazione su un problema specifico e rilevante del paziente.

Osservazioni generali

A queste note generali, segue l’elenco dei criteri di appropriatezza e quindi di utilizzo appropriato del

Day Hospital. Successivamente vengono dettagliate le esplicitazioni di ognuno di essi con, là dove possibile,

la suddivisione in Commenti, Inclusioni ed Esclusioni. Segue l’elenco dei motivi di inappropriatezza, redatto

durante le rilevazioni di casistiche cliniche compiute con lo strumento quando era ancora nella sua fase di

sviluppo.

Le regole generali, le convenzioni locali per la loro applicazione e comunicazione possono essere

derivate dal Manuale del P.R.U.O. standard adulti in parte nel primo modulo ed in parte nel secondo modulo.

E’ sufficiente, durante una rilevazione su cartella clinica, il riscontro di un solo criterio per classificare

come appropriata la giornata di accesso di quel Day Hospital preso in considerazione. I criteri si intendono

documentati quando compaiono ben descritti nella cartella clinica medica o infermieristica (per gli studi di

tipo retrospettivo); se non registrati, possono venire riconosciuti ed accettati solo dopo la loro registrazione,

qualora lo studio si svolga in modo concorrente.

CRITERI DI APPROPRIATEZZA DEGENZA DAY HOSPITAL

1. Procedure invasive diagnostiche e/o terapeutiche che richiedono l’utilizzo della Sala

Operatoria o di un ambiente chirurgicamente attrezzato.

Criterio realizzato/soddisfatto quando dalla documentazione risultano effettuate nel giorno

esaminato procedure invasive ( sia diagnostiche che terapeutiche ); esse possono essere eseguite sia

in Sala Operatoria che in altra sede purchè tali da coinvolgere più figure professionali e

strumentazione non disponibile in ambulatorio.

Commento

NEGLI ULTIMI ANNI L’AMBITO DI INTERVENTO TERAPEUTICO DELLA CHIRURGIA SI STA ESTENDENDO

E RIQUALIFICANDO; SI TENDE A PASSARE DA INTERVENTI “ DEMOLITIVI, RADICALI, CRUENTI “ AD

INTERVENTI PIÙ “ CONSERVATIVI “; INOLTRE SI TENDE AD UTILIZZARE IL PIÙ POSSIBILE LE VIE DI

ACCESSO NATURALI. E’ PREVEDIBILE CHE L’AMBITO, GLI APPROCCI E LE TECNICHE INVASIVE

EVOLVANO ANCORA IN FUTURO. CIÒ IMPLICA LA “ PROVVISORIETÀ “ DI CERTE DEFINIZIONI E

CLASSIFICAZIONI ED UNA CERTA VARIABILITÀ TRA EQUIPES ED ORGANIZZAZIONI NELLO STESSO

MOMENTO. QUESTO SUGGERISCE DI NON IRRIGIDIRSI SU SCHEMI OD ELENCHI, MA PIUTTOSTO DI

ESSERE RAPIDI NELL’AGGIORNARLI, NEL COMUNICARE, DIFFONDERE E CONCORDARE GLI

AGGIORNAMENTI. SPECIFICAMENTE CONFERISCONO APPROPRIATEZZA LE PROCEDURE PER LE QUALI SI

VERIFICA ALMENO UNA DELLE SEGUENTI ALTERNATIVE:

- sia stata redatta una scheda di anestesia generale o di anestesia loco-regionale con particolari

esigenze di monitoraggio,

- sia documentata la prescrizione dell’allettamento obbligato per almeno 3 ore dall’intervento,

con dicitura esplicita presente in cartella clinica: “ a letto per 3 ore “,

- sia documentata l’esecuzione di un monitoraggio specifico: P.A., F.C., F.R., autonomia

respiratoria, diuresi e tipologie di altre variabili cliniche ,

- sia stato adottato un provvedimento specifico di competenza medica od infermieristica per

almeno 3 ore ( es.: bendaggio compressivo, monitoraggio di soffusione emorragica con eventuale

ematomizzazione.

Inclusione

Di seguito è presentato un elenco NON esaustivo di procedure che in genere sono associate ed assumono almeno uno dei punti precedenti e pertanto, la sola ben documentata esecuzione in cartella clinica della procedura stessa e di conseguenti esplicitati monitoraggi quando richiesti, conferisce appropriatezza. - Procedure con accesso ad arterie o grosse vene : l’accesso alle arterie è presente anche in caso di arteriografia o di cateterismo, quindi è

accompagnato spesso dall’infusione di sostanze potenzialmente lesive o con azione su organi

sensibili. Va poi successivamente assicurata l’emostasi. Talvolta poi, l’accesso alle grosse vene

consiste nel posizionamento di un grosso catetere motivato o da necessità di circolazione extra-

corporea o per alimentazione parenterale. Per tutti questi motivi si assume il monitaraggio per

alcune ore dopo la manovra.

- Procedure invasive a carico di organi interni : l’esecuzione della manovra invasiva a cielo coperto si assume che richieda un

monitoraggio di alcune ore. Generalmente si tratta di procedure a carico di: pleura, polmoni,

mucosa bronchiale e laringea,fegato, milza, mucosa gastrica, mucosa intestinale anche colica,

peritoneo, reni, mucosa vescicale, prostata, parete mucosa uterina, parete tiroidea, di nodulo

mammario e tutte le punture/biopsie in genere con esame istologico, puntato osseo sternale.

- Accesso a cavità articolari :

l’accesso a cavità articolari con puntura evacuativa di liquido sinoviale o di sangue, oppure con somministrazione di farmaci, rende appropriato l’accesso purchè le manovre richiedano un monitoraggio successivo; tale monitoraggio deve essere documentato in cartella clinica.

Esclusione

Di seguito è presentato un elenco NON esaustivo di procedure che in genere non conferiscono

appropriatezza alla giornata:

- emogasanalisi semplice anche se arteriosa,

- puntura/biopsia di cute semplice,

- puntato osseo non in sede sternale,

- tutte le procedure anestesiologiche per le quali non sia stata documentata in cartella clinica

l’esecuzione,

- tutte le anestesie locali ( ponfi od altro ) che abbiano un effetto molto limitato sia

anatomicamente che temporalmente.

2. Due o più osservazioni mediche nella stessa giornata (accesso) da parte dello specialista

curante, oppure almeno un’osservazione dello specialista curante ed un’osservazione da

parte di un altro specialista avente il carattere del consulto.

Criterio realizzato/soddisfatto quando le osservazioni mediche risultano documentate in cartella clinica con individualità cronologica e di contenuto nel primo caso e con le caratteristiche del consulto ovvero: discussione clinica e confronto diretto su quanto rilevato al paziente. Per visita medica si intende un intervento osservazionale ed eventualmente terapeutico che abbia le seguenti caratteristiche:

- sia motivato clinicamente, - sia orientato ad un problema, - sia specifico e specificato, - richieda un determinato tempo per la sua effettuazione, - formalmente si concluda con una notazione particolare nel contesto del quale non obbligatoriamente siano erogate prestazioni mediche particolari.

Commento L’individualità cronologica può essere determinata dalla semplice successione indicata nella

documentazione clinica senza specificazione di orario (es.: è documentata una visita all’inizio del contatto oppure una terapia od un test e vengono scritte le espressioni “test tollerato…”, oppure “dopo la somministrazione di…”). La caratteristica del consulto avvenuto deve evincersi da un’annotazione in diario clinico da parte di entrambi gli specialisti in modo interattivo.

Inclusione - Ogni visita specialistica che termina con un’annotazione, aggiornamento del diario clinico e con specificazione della motivazione per la quale viene eseguita. - Ogni visita specialistica che si estrinseca con una misurazione e registrazione di un parametro vitale (P.A.,ecc.).

Ogni visita specialistica che comprenda la registrazione nel diario clinico dirisultati di laboratorio, indagini diagnostiche od altro per il loro particolare interesse clinico per quel paziente. 3. Misura ripetuta (tre o più volte al giorno) di almeno un parametro vitale o monitoraggio

strumentale minimo di due ore.

Criterio realizzato/soddisfatto quando dalla documentazione clinica risulta sia stato rilevato 3 o più volte il valore di almeno un parametro vitale durante una giornata di accesso (Pressione arteriosa, frequenza cardiaca, temperatura corporea, ecc.) oppure quando è documentato un monitoraggio strumentale. Qualora si tratti del monitoraggio, esso deve avere una durata di rilevazione superiore alle due ore continuative.

Commento E’ richiesta la serie di almeno 3 misurazioni di uno stesso parametro o di un monitoraggio

continuo di un unico parametro vitale che superi almeno le due ore, pertanto non è possibile sommare fra di loro misurazioni relative a parametri differenti. I parametri valutati devono essere miratamente rivolti ad un singolo paziente per una sua particolare situazione clinica e non devono rientrare in una rilevazione routinaria eseguita su tutti i pazienti.

4. Somministrazione endovenosa di fluidi in genere o di farmaci, se somministrati almeno

due volte nella giornata di accesso o con tempo di somministrazione superiore o uguale alle due ore.

Criterio realizzato/soddisfatto quando nel diario clinico risultano somministrazioni di fluidi e/o

farmaci se somministrati almeno 2 volte durante la giornata di accesso o con una durata di somministrazione di almeno due ore.

Commento Il criterio nella sua formulazione sintetica dà rilievo alla via endovenosa ed al frazionamento

con ripetizione dell’accesso venoso. Il frazionamento con accessi ripetuti può anche mancare; infatti, va osservato che alcune somministrazioni non frazionate durano però “a lungo” (più di due ore) motivatamente. Ciò può avvenire:

1) a causa del volume da infondere (es. > 1000 ml), 2) perché la somministrazione va “diluita” lentamente nel circolo ematico del paziente (e

quindi nel tempo), per la farmaco-dinamica del principio attivo in questione. Generalmente in questi casi vengono adottati dispositivi particolari: pompe (perfuso, pompe elastometriche), deflussori regolabili, contagocce con filtro.

Esclusione Infusione di fluidi addizionati con farmaci che non necessitano di norma controlli finalizzati alla

rilevazione e trattamento di effetti collaterali (es. terapia marziale, polivitaminici, ecc.) Nota Bene Qualora il farmaco prescritto endovena fosse disponibile anche nella formulazione per os, si può verificare la possibilità di un override negativo. 5. Iniezione di farmaci che richiedano una velocità di infusione limite, che siano da controllare

nella velocità di somministrazione per i possibili effetti collaterali sia locali (vena, sottocute) che generali, che abbiano una potenziale azione lesiva immediata a carico del cuore, muscolatura, respirazione, sistema nervoso centrale.

Criterio realizzato/soddisfatto quando dalla documentazione clinica risulta la somministrazione lenta ( in flebo ) di farmaci particolari come citotossici, antiblastici, anticoagulanti, etc. con almeno un monitoraggio strumentale e/o clinico e/o laboratoristico esplicitamente finalizzati al controllo e/o all’aggiustamento di terapie con effetti collaterali importanti. Commento In generale si tratterrà di trattamenti efficaci, ma con potenziale rischio elevato e/o con dosaggio “ personalizzato” da adattare mediante “ aggiustamenti ripetuti “. Inclusione

- L’inizio del monitoraggio/aggiustamento della terapia insulinica quotidiana; - l’inizio/variazione della terapia anticoagulante, antiblastica, immuno-soppressiva; - le terapie per disturbi ormonali gravi; - le infusioni di KCl, MgSO4, sali di Ca, Dopamina ed analoghi, Trinitrina, Calcio

antagonisti, in generale, dei farmaci cosiddetti “ eroici “;

- altri esempi possono essere l’utilizzo di dosi e/o vie di somministrazione non routinarie ( es.: farmaci anti-aritmici e.v. ).

Il monitoraggio può essere laboratoristico ( glicemia, attività protrombinica, formula emocromica, piastrine ), clinico ( P.A., F.C., ritmo cardiaco ) o semplicemente riguardante la velocità/modalità di somministrazione ( KCl, Dopamina ). La frequenza del monitoraggio laboratoristico dipende dalla farmaco-dinamica del farmaco somministrato.

Nota Bene Tutte le inclusioni trattate sopra, riguardano ovviamente le situazioni cliniche nelle quali il paziente non abbia necessità di tali prestazioni 24 ore al giorno, ma che siano previste e necessarie solo nelle ore diurne Esclusione

- Farmaci ad effetto midollare osseo da somministrare con ponfo sottocutaneo ( es.: eritropoietina, etc. )

6. Misure funzionali da stimolazione farmacologica o con carico di farmaci, con registrazione

protratta (almeno due ore) di parametri funzionali o con raccolta quantificata nel tempo (prelievo ematico, raccolta di urine, ecc.).

Criterio realizzato/soddisfatto quando nel diario clinico si evidenziano i farmaci somministrati

ed i paralleli monitoraggi strumentali/clinici/laboratoristici esplicitamente finalizzati a testare la risposta al farmaco.

Inclusione - Le terapie per disturbi ormonali rari; - test funzionali richiesti da particolari protocolli; - test da stimolo metabolici. Esclusione - Glicemia con prova da carico.

7. Prestazioni ed osservazioni infermieristiche più volte nella giornata di accesso (almeno tre

volte).

Criterio realizzato/soddisfatto quando nella cartella clinica è documentato che durante la giornata di accesso il paziente ha ricevuto almeno tre prestazioni infermieristiche od osservazioni importanti.

Commento Il Criterio è generico ed è introdotto per cogliere le situazioni assistenziali molto varie e non

facilmente classificabili /inquadrabili a priori. Sono importanti questi aspetti: - la frequenza delle prestazioni; - la professionalità delle prestazioni.

Inclusione Premettendo che l’elenco non può essere esaustivo, ma indicativo, alcune di esse sono le

seguenti: - sostituzione ed assistenza di cateteri e drenaggi in genere; - rilevazioni contemporanee di almeno due “parametri vitali” (P.A., F.C., Frequenza respiratoria,

Temperatura corporea) per almeno tre volte nella giornata di accesso;

- esecuzione di prelievi ematici, raccolta di secreti/escreti, iniezioni sottocute per almeno tre volte nella giornata di accesso;

- prestazioni finalizzate a terapia riabilitativa che comprenda la presenza di più professionalità (tecnici o medici);

- monitoraggio di funzioni fisiologiche (diuresi, alvo, la valutazione dello “stato mentale”, le condizioni neurologiche e circolatorie locali) per almeno tre volte nella giornata di accesso; Esclusione

Tutte le prestazioni sanitarie routinarie (igiene personale del paziente, dispensa dei pasti, terapia orale o i.m., ecc.). Catetere vescicale, raccolta urine.

8. Criterio straordinario-Override positivo: possibilità che giustificano comunque la giornata di accesso.

Qualora nella documentazione clinica non si sia reperita la possibilità di attivazione di alcuno dei 7 Criteri di appropriatezza prima descritti, ma concomitantemente si siano rilevate o condizioni del paziente o prestazioni proprie dell’attività del Day Hospital, sarà necessario indicare il Criterio N.°8 registrando fedelmente il ragionamento che porta alla situazione di “ scavalco positivo “. 9. Criterio straordinario-Override negativo: degenza comunque non appropriata. Qualora nella documentazione clinica si sia reperita la possibilità di attivazione di almeno uno dei 7 Criteri di appropriatezza prima descritti, ma concomitantemente si sia parimenti dedotto un contesto di inappropriatezza, sarà necessario indicare: prima il Criterio di appropriatezza attivato e, di seguito l’Override negativo registrando fedelmente il ragionamento che porta alla situazione di “scavalco negativo “, da ultimo il/i Motivi di inappropriatezza.

CRITERI DI APPROPRIATEZZA DEGENZA DAY HOSPITAL

1. PROCEDURE INVASIVE DIAGNOSTICHE E/O TERAPEUTICHE CHE RICHIEDONO

L’UTILIZZO DELLA SALA OPERATORIA O DI UN AMBIENTE CHIRURGICAMENTE

ATTREZZATO.

2. Due o più osservazioni mediche nella stessa giornata ( accesso ) da parte dello specialista

curante, oppure almeno un’osservazione dello specialista curante ed un’osservazione da parte

di un altro specialista avente il carattere del consulto.

3. Misurazione ripetuta ( due o più volte al giorno ) di almeno uno dei parametri vitali od

equivalente monitoraggio strumentale minimo di due ore.

4. Somministrazione endovenosa di fluidi in genere o di farmaci, questi solo però se somministrati

almeno due volte nella giornata di accesso.

5. Iniezione di farmaci che richiedano una velocità di infusione limite, che siano da controllare

nella velocità di somministrazione per i possibili effetti collaterali sia locali ( vena, sottocute )

che generali, che abbiano una potenziale azione lesiva immediata a carico del cuore,

muscolatura, respirazione, sistema nervoso centrale: farmaci citotossici, antiblastici,

anticoagulanti, etc.

6. Misure funzionali da stimolazione farmacologica o con carico di farmaci, con registrazione

protratta ( almeno due ore ) di parametri funzionali o con raccolta quantificata nel tempo (

prelievo ematico, raccolta di urine ).

7. Prestazioni ed osservazioni infermieristiche più volte nella giornata di accesso (almeno tre

volte).

8. Criterio straordinario-Override positivo: possibilità che giustificano comunque la giornata di

accesso

9. Criterio straordinario-Override negativo: degenza comunque non appropriata.

MOTIVI DI INAPPROPRIATEZZA DEGENZA DAY HOSPITAL

Motivi di tipo generico

19. Giornata senza nessuna annotazione clinica particolare.

20. Giornata di chiusura Cartella Clinica D.H. senza nessuna annotazione clinica particolare.

21. Giornata in cui l’unica annotazione clinica riguarda i parametri vitali (P.A., F.C., T.C.) rilevati una sola

volta.

22. Giornata con una sola visita documentata del curante (iniziale o del curante).

23. Altro

Prestazioni di tipo diagnostico

24. “Pattern standard”: ES. Lab. - RX. Torace - ECG - PFR.

25. Esami di Laboratorio generici (anche urgenti).

26. ECG, Holter (Pressorio, ECG dinamico)

27. ECO, Doppler, ECOdoppler, ECOcolordoppler.

28. Rx generici (senza accesso a grosse vene e arterie) e di controllo (sotto gesso e non) in esiti di frattura-

lussazione.

29. RX torace anche se urgente pre-operatorio.

30. TAC.

31. RMN.

32. Scintigrafia.

33. Ecocardiografia.

34. Mineralometria Diretta (MOC).

35. Stadiazione e ristadiazione di neoplasia o follow-up con diagnostica non invasiva.

36. Assistenza infermieristica domiciliare indisponibile.

37. Assistenza in struttura non per acuti indisponibile.

38. Visita specialistica senza evidenza del “consulto” (solo visita Cardiologica, Neurologica, Otoiatrica,

Oculistica, Chirurgica, Ortopedica, ecc.) e senza evidenti paralleli con particolari prescrizioni per le quali

la visita è stata attivata.

39. Diagnostica Oculare (Fundus, Fluorangiografia, Campimetria, Potenziali evocati, …).

40. Diagnostica ORL (Audiometria, Prove Orofunzionali).

41. Diagnostica Neurologica (EEG, EMG, Velocità conduzione nervosa, Potenziali evocati, …).

42. Diagnostica Dermatologica-allergologica (Citodiagnostica, Biopsia senza necessità di refertazione

anatomo-patologica, Capillaroscopia, patch semplici senza particolari caratteristiche cliniche,

scarificazioni cutaneee, prick cuntanei, …).

43. Diagnostica vascolare (Fotopletismo, Ossimetria al tapis roulant, Prove da sforzo).

44. Diagnostica Urologico-dinamica (Flussimetria urinaria).

45. Impossibilità esecutiva di procedura invasiva (sala operatoria indisponibile per emergenza sopraggiunta,

sala operatoria indisponibile per ragioni organizzativa)

46. Prove di funzionalità respiratoria (spirometria, ecc.).

47. Altro

Prestazioni di tipo Terapeutico

48. Terapia medica (os., im., sc., ev.,) che non necessitano di osservazione di almeno quattro ore.

49. Trasfusione non documentata e ben descritta (solo ipotetica).

50. Trattamento con sola eventuale eparinizzazione di protesi vascolare.

51. Riabilitazione non descritta e ben documentata in riferimento ad una particolare tipologia di paziente.

52. Manovra invasiva non sufficientemente documentata come impegno di risorse e tipologia di paziente;

esempi: mancata descrizione di asportazione di neoformazione, di agoaspirato, di artocentesi, di

infiltrazione articolare antalgica, di incisione cutanee, di drenaggio di raccolte superficiali, di estrazione di

corpo estraneo, di riduzione di frattura di ossa nasali, ecc.).

53. Semplice medicazione, rimozione di suture o tamponi (se come unica prestazione durante l’acceso).

54. Rimozione/confezionamento di apparecchio gessato in situazione clinica di frattura-lussazione qualora

non invalidino l’autonomia e l’autosufficienza del paziente.

55. Sostituzione catetere vescicale (se come unica prestazione durante l’accesso)

56. Endoscopia digestiva non operativa (alta o bassa) non documentata da osservazione e/o monitoraggio.

57. Altro

Un’agenda metodologica per la conduzione di

un’indagine con strumento PRUO

1. IL PRUO COME STRUMENTO DI CLASSIFICAZIONE E

MISURA

Gli strumenti AEP e PRUO sono specificatamente finalizzati all’analisi dell’appropriatezza

d’uso dell’ospedale per acuti, sia che si consideri la versione standard sia che si considerino le

versioni specifiche relative alla pediatria ed al day-hospital. Il PRUO e la sua versione americana AEP sono sostanzialmente degli strumenti di misura o

meglio di classificazione orientati a qualificare giornate di degenza (le unità statistiche osservate) in

appropriate ed inappropriate.1

L’operazione di misurazione consiste nell’attribuzione di una modalità qualitativa di tipo

dicotomico, non quantitativa, a ciascuna unità osservata.

In altri termini, osservando le singole giornate di ricovero (ammissione o degenza) esse possono

essere qualificate come appropriate o non appropriate, osservando tutte le giornate di cui si

compone il ricovero quest’ultimo può essere qualificato come totalmente appropriato, parzialmente

appropriato o totalmente inappropriato.

Le singole osservazioni e valutazioni ottenute attraverso l’applicazione del PRUO assumono poi

un particolare significato se aggregate e quindi utilizzate come tasselli elementari per valutare i

livelli appropriatezza o inappropriatezza di reparti e ospedali. Anzi, vista la natura stessa dell’uso

più comune del PRUO le misure aggregate, spesso espresse in percentuali di appropriatezza o

inappropriatezza, costituiscono le misure di interesse prevalente. L’aggregazione di singole

valutazioni e la loro corretta interpretazione pongono tuttavia specifici problemi di campionamento

e di definizione del disegno della ricerca che affronteremo brevemente nei paragrafi successivi

1 L’utilizzo del termine misura nel caso di classificazioni, e di quelle dicotomiche in particolare, deriva dalla convenzione per cui ogni attribuzione di numeri a fenomeni è intesa come un sia pure elementare processo di misura (Stevens S.S, On the theory of scales of measurement, Science 1946 677-680) Per una interessante revisione critica della concettualizzazione di Stevens cfr. Marradi A., Misurazione e scale: qualche riflessione e una proposta, in Quaderni di sociologia, 1981 n. 4: 595-639 e Ricolfi L., Operazioni di ricerca e scale, Rassegna Italiana di Sociologia, 1985 n 2:189-227.

Tutte le operazioni necessarie a rendere il più possibile riproducibili le valutazioni ottenute

attraverso l’applicazione del PRUO (es. verifiche di concordanza tra rilevatori ecc.) richiedono

l’applicazione di specifici metodi statistici, brevemente descritti nei capitoli precedenti, cui

rimandiamo per una introduzione ragionata. Si sottolinea che spesso la terminologia utilizzata in

questa sezione è specifica del contesto applicativo dello strumento PRUO.

1.1 Le misure di appropriatezza

COME SOTTOLINEATO IN PRECEDENZA L’APPROPRIATEZZA VIENE MISURATA

RELATIVAMENTE ALLE SOLE GIORNATE DI AMMISSIONE, ALLE SINGOLE GIORNATE DI

DEGENZA OPPURE, PARTENDO DALLA CONSIDERAZIONE DI TUTTE LE SINGOLE

GIORNATE DI DEGENZA, RELATIVAMENTE AI RICOVERI.

La caratteristica misurata su tali unità di osservazione presenta due modalità e definisce, quindi, una

variabile qualitativa dicotomica o binaria, le cui modalità sono appropriato e non appropriato. I metodi di

sintesi delle informazioni, di analisi dei dati, di stima ed inferenza dei parametri sono, quindi, relativi a

proporzioni (di unità appropriate o inappropriate).

In tabella 1 è riportata una modalità di rappresentazione descrittiva di una rilevazione dei appropriatezza

della giornata di ammissione in un campione di ospedali della Regione Friuli Venezia Giulia nel 1996:

tab. 1 Percentuale di giornate di ammissione inappropriate negli ospedali del Friuli Venezia Giulia, nei

reparti di base nel periodo. Ammissioni di luglio-ottobre 1996.

OSPEDAL

E

% di ammissioni

inappropriate

Totale ammissioni

analizzate

Osp1 44,20 614

Osp2 39,75 576

Osp3 32,77 551

Osp4 18,58 455

Osp5 30,27 512

Osp6 24,83 433

Osp7 39,19 458

Osp8 14,01 272

Osp9 34,54 500

Osp10 35,63 488

Osp11 23,95 464

Osp12 19,58 307

Osp13 27,30 326

Osp14 22,68 530

Osp15 27,68 602

Osp16 31,71 456

Osp17 21,97 410

Osp18 42,68 439

1.2 I motivi di inappropriatezza ed i criteri di appropriatezza

In associazione alla valutazione di appropriatezza il PRUO prevede la possibilità di produrre delle

statistiche sui motivi di inappropriatezza e sui criteri di appropriatezza su ogni singola giornata di degenza

analizzata. Anche in questo caso di tratta di forme di classificazione che assumono una pluralità di livelli. Il

modo tipico di rappresentarle è costituita da distribuzioni di frequenza riferite alla casistica di ricoveri

analizzata, a particolari reparti o ospedali.

2. IL PRUO NEL CONTESTO DELLA RICERCA O

DELL’AZIONE ORGANIZZATIVA

L’utilizzo del PRUO è ovviamente condizionato alla definizione di un progetto di ricerca o in

generale ad un piano di rilevazione orientato a specifici obiettivi di analisi e/o intervento.2 In sé e

per sé il PRUO non individua automaticamente una modalità applicativa ma si presta a diversissime

modalità applicative. Tanto meno il PRUO è uno strumento di contenimento dell’inappropriatezza

dell’uso dell’ospedale. Le potenziali ricadute sono legate ovviamente alle azioni organizzative

intraprese per modificare comportamenti e inefficienze. Altrettanto ovvio è che le informazioni

derivate dall’applicazione del PRUO possono indirizzare in modo più preciso le azioni

organizzative.

L’aspetto cruciale di ogni applicazione del PRUO è quindi la definizione del “contesto”

metodologico e operativo all’interno del quale si situa la rilevazione. Il contesto organizzativo,

operativo e di metodi deve essere analizzato e chiarito a priori affinché l’applicazione PRUO

risulti coerente ed utile in funzione degli obiettivi perseguiti. La descrizione del contesto

applicativo dei progetti PRUO dovrebbe consentire la comunicabilità e l’informatività delle varie

applicazioni, facilitandone, quindi, una parziale comparabilità.

DIMENSIONI “MICRO” E “MACRO” NELL’UTILIZZO DEL PRUO

Il concetto di dimensioni (o livelli) “micro” e “macro”, così come saranno intese nel presente

paragrafo, appartengono ad una terminologia nuova per l’ambito PRUO. Cerchiamo di chiarire

questi concetti.

Il protocollo di appropriatezza dell’uso dell’ospedale si applica ad unità statistiche elementari

che sono giornate di degenza le quali a loro volta possono essere aggregate per valutare interi

ricoveri o semplicemente per valutare il livello generale di appropriatezza della degenza. E’ chiaro

tuttavia che l’interesse primario di ogni utilizzo del PRUO riguarda la valutazione di appropriatezza

di realtà organizzative specifiche: reparti o ospedali. La valutazione delle singole giornate è in

realtà lo strumento per una misura aggregata della “performance organizzativa”. Ogni progetto

2 Sull’azione organizzativa e sul legame tra azione organizzativa e valutazione del cambiamento la letteratura di riferimento è ricca ed interessante. L’intreccio tra ricerca e intervento o tra ricerca e valutazione ha una sua specificità che trova determinate corrispondenze sul piano metodologico. Soltanto alcune indicazioni di approfondimento: Argyris C., Putnam R, Smith D.M., Action science, S. Francisco, Jossey bass 1985 – Clark, A.W., (ed.) Experimenting with

applicativo del PRUO deve quindi misurarsi con questa doppia dimensione: quella “micro”,

rappresentata dalle singole giornate, e quella “macro”, definita dall’organizzazione oggetto di

valutazione. Si tratta di una situazione interessante e complessa da un punto di vista metodologico.

Da un lato, infatti, tutta l’attività connessa alla definizione del disegno della ricerca in senso stretto

ha senso solo se riferita alle unità organizzative. Così, ad esempio, uno studio (disegno di ricerca)

“longitudinale”, ovvero che prevede di seguire nel tempo un fenomeno, ha senso solo in relazione

alla valutazione ripetuta della “performance” organizzativa di un reparto o di un ospedale. Al tempo

stesso la realizzazione di una rilevazione PRUO richiede che la lista di campionamento sia riferita

alle singole giornate di degenza o episodi di ricovero. In studi di più vaste dimensioni anche reparti

e ospedali possono divenire unità campionarie di secondo livello e le giornate di degenza trattate

come unità campionarie di primo livello. Si comprende che il riferimento ai vari livelli o dimensioni

attiene al disegno della ricerca di un applicazione PRUO. In generale tuttavia questa commistione di

livelli “micro” e “macro”, o in altri termini di dimensione elementare (individuale) ed ecologica, è

un aspetto caratterizzate di ogni indagine PRUO e si presta anche ad applicazioni statistiche

particolarmente interessanti, specifiche di strutture gerarchiche di dati, come la modellistica

multilivello.3

In termini molto sintetici gli aspetti da tenere in considerazione nella strutturazione di una ricerca

o di un’azione organizzativa, orientata dall’applicazione di una rilevazione di appropriatezza,

possono così essere riassunti:

1. Gli scopi, obiettivi dell’indagine/rilevazione con il PRUO: sono presenti in letteratura sia studi

finalizzati alla sola descrizione e misura dell’inappropriatezza sia indagini in cui il PRUO diviene

strumento di misura dell’impatto di cambiamenti organizzativi e quindi si associa a progetti di

“ricerca intervento” o “ricerca valutativa”.

2. La struttura complessiva della rilevazione che meglio potremmo definire come disegno

dell’indagine (o disegno della ricerca): in termini generali il disegno di base dello studio può

appartenere in prima approssimazione a due categorie:

organizational life: the action research approach, New York Plenum Press 1976 – Cunningham B., Action research and organizational research, Westport, Praeger, 1993. 3 La letteratura sui modelli multilivello (multilevel models) è estremamente ricca e stimolante soprattutto per il parallelo sviluppo sia di una modellistica statistica sia della schematizzazione di processi organizzativi o, più in generale, di complessità gerarchiche nella strutturazione dei dati da analizzare. Sul versante sociologico cfr. DiPrete A., Forristal D., Multilevel models: methods and substance, Annual Sociological Review, 1994 20:331-57; sul versante epidemiologico

trasversale: le unità statistiche qui intese come reparti o ospedali sono misurati una sola volta

nel tempo; longitudinale: che prevede la misurazione ripetuta del tempo di reparti o ospedali.

Questa classificazione del disegno dell’indagine si rifà ad una concezione epidemiologica in cui

uno studio longitudinale prevede l’osservazione ripetuta nel tempo del fenomeno. Nel contesto

PRUO della rilevazione sulla singola unità di osservazione, il termine longitudinale viene

solitamente utilizzato per indicare l’osservazione di tutte le giornate che definiscono la durata del

ricovero, mentre il termine trasversale suole indicare l’osservazione limitata ad 1 o più giornate di

degenza (quelle individuate dal giorno indice che costituisce il piano di rilevazione).

La scelta di liste di campionamento tratte dall’attività ospedaliera attuale o passata, qualifica le seguenti

tipologie di studi: concorrente: le informazioni sono raccolte a ricovero in corso od in prossimità dello stesso;

retrospettivo: le informazioni sono raccolte a distanza, successivamente quando i ricoveri sono

stati conclusi e le cartelle sono state chiuse.

3. Il piano di campionamento ovvero la selezione delle unità elementari da sottoporre ad analisi

(giornate di degenza): l’analisi dell’appropriatezza non viene solitamente condotta considerando la

totalità dei ricoveri o delle giornate di ricovero effettuate nei reparti o negli ospedali in esame, ma

implica la considerazione di sottoinsiemi di tali popolazioni. I sottoinsiemi di unità di osservazione,

o campioni, devono essere definiti sulla base di precise ipotesi di ricerca e seguendo le indicazioni

suggerite dalla teoria del campionamento. Specifiche esigenze di ricerca o problemi operativi

possono portare a definire liste di campionamento in cui:

- le unità statistiche di osservazione sono le giornate di ammissione o le singole giornate di degenza estratte dai ricoveri individuati considerando un giorno indice;

- vengono osservate tutte le giornate di degenza relative a determinati ricoveri campionati, in

questo caso le unità di osservazione portano all’individuazione di ricoveri complessivi e,

conseguentemente, di pazienti.

4. Gli strumenti di analisi statistica dei dati rilevati: l’analisi dei dati costituisce il necessario

complemento alle precedenti fasi di indagine e il suo orientamento è strettamente legato al disegno

della ricerca e al piano di campionamento scelto. La particolare natura dei dati del PRUO, come già

osservato, si presta poi in modo particolare ad analisi che integrano prospettive individuali ed

ecologiche. Nell’ambito del progetto ministeriale la considerazione delle varie esperienze

cfr: Duncan C., Jones K., Moon G., Context, composition and heterogeneity: using multilevel models in health research, Social Science and Medicine, 1998, vol. 46 n. 197-117

applicative potrebbe consentire possibili sviluppi in termini spaziali, ecologici, del fenomeno di

interesse in ambito PRUO.

2.1 Gli obiettivi di applicazione del PRUO

La valutazione di appropriatezza può associarsi a molteplici scopi e obiettivi sia di tipo esclusivamente

descrittivo che propri di progetti di intervento e modificazione organizzativa. Non è nostra intenzione censire

o descrivere la varietà d’uso del PRUO. In questa sezione metodologica l’interesse primario è quello di

avvertire con chiarezza il lettore che a) non esiste e non potrebbe esistere un uso standard del PRUO; b) la

scelta di determinati obiettivi influenza di fatto tutte le scelte successive di impianto dell’indagine: dal disegno

della ricerca, al campionamento alle strategie di analisi dei dati.

In termini generali indichiamo tre ampie tipologie di applicazioni, naturalmente distinte dalla

considerazione dei fini applicativi, che sono rintracciabili nell’esperienza d’uso:

a) Il PRUO come strumento di controllo generico e di informazione. In questo caso lo studio è di tipo

puramente osservazionale e può essere finalizzato sia alla comunicazione, diffusione e confronto

degli aspetti metodologici e quantitativi sia all’audit ed all’autovalutazione.

b) il PRUO come strumento di controllo interno: un reparto ospedaliero, un ospedale possono essere

interessati ad una valutazione interna dei livelli di appropriatezza, pianificando rilevazioni orientate ad

ottenere stime della dimensione del fenomeno ed analizzare i motivi di inappropriatezza senza una

specifica finalizzazione al cambiamento organizzativo. (Si ritiene utile ricordare che spesso i termini

controllo interno – esterno vengono interpretati nella logica del controllo interno che un azienda

sanitaria effettua sui propri ospedali e del controllo esterno che una Regione può effettuare sulle

proprie aziende ospedaliere e territoriali)

Esempi di studio

Obiettivo dello studio: comparare il livello di utilizzo inappropriato di un ospedale universitario in due

differenti anni a analizzare la relazione tra appropriatezza d’uso e cambiamenti nella durata della degenza.

Disegno: Valutazione retrospettiva della documentazione clinica di pazienti accettati in ospedale nel 1988 a

nel 1990. Campionamento: La documentazione clinica è stata selezionata casualmente tra tutti i dati

disponibili di adulti dimessi dall’ospedale con una diagnosi diversa di parto normale o di patologia

psichiatrica. 750 record con dati completi sono stati valutati per il 1988 e 633 per il 1990.

(Alonso J., Munoz A., Antò, Using lenght of stay and inactive days in the hospital to assess appropriateness

of utilisation in Barcelona, Spain, Journal of Epidemiology and Community Helath 1996;50:196-201)

Obiettivo: valutare il livello di inappropriatezza dell’ammissione e della degenza di un ospedale valutare la

riproducibilità dello strumento di misura. Disegno: Valutazione retrospettiva della documentazione clinica di

pazienti accettati in tre giornate indice scelte nei mesi di novembre 1989, febbraio 1990 e maggio 1990.

Campionamento: Scelta di giornate indice e valutazione di tutti i casi ammessi per un totale di 1082 cartelle

cliniche valutate

(Braga A., Crespi V., Crosti P.F., Lanzi E., Meregalli G., Vincenti A., Apolone G., Fellin G., Liberati A., L’uso

appropriato della struttura ospedaliera, Federazione Medica 1993 n. 8:267-272)

c) Il PRUO può essere parte di un’azione di modificazione organizzativa: la valutazione di

appropriatezza può essere occasione di valutazione degli effetti indotti da cambiamenti organizzativi

(es. modificazione dell’appropriatezza dell’ammissione prima e dopo la regolamentazione degli

accessi alle sale operatoria)

Esempi di studio

Obiettivo: valutare l’effetto di un feedback informativo sui livelli di inappropriatezza. Disegno: Disegno

sperimentale con individuazione di un gruppo di ospedali a cui veniva distribuita informazione sui livelli di

appropriatezza e un gruppo di controllo a cui non veniva distribuita informazione. Campionamento:

Campione casuale di cartelle cliniche in 8 ospedali per un totale di 8049 cartelle valutate.

(Payne S.M.C., Ash A., Restuccia J.D., The role of feedback in Reducing Medically unnecessary hospital

use, Medical Care, 1991, vol 21 n. 8 Supplement)

Obiettivo: valutare l’utilizzo dell’AEP (PRUO) per valutare i giorni di degenza dovuti in modo esclusivo

all’insorgere di un’infezione nosocomiale. Disegno: Caso controllo: selezione di un gruppo di pazienti con

infezione ospedaliera e senza infezione ospedaliera acquisita. Campionamento: selezione casuale di due

gruppi con infezione e senza, applicazione dell’AEP a 100 pazienti con infezione nosocomiale. (Wakefield

D.S., Pfaller M.A., Hammons G.L, Massanari R.M., Use of the appropriateness Evaluation Protocol for

estimating the incremental costs associated with nosocomial infections, Medical Care, 1987, vol. 25 n. 6)

d) Il PRUO può essere usato come strumento di controllo esterno: in questo caso il PRUO viene

utilizzato per valutare il raggiungimento di obiettivi di appropriatezza fissati da decisori politici o

amministrativi per predeterminate unità di ricovero (reparti, ospedali)

Esempi di studio

Obiettivo: valutare i livelli di appropriatezza dell’ammissione, per i reparti di base; applicare forme di

sanzione economica per gli ospedali che non raggiungono gli standard definiti a livello regionale. Disegno:

valutazione retrospettiva di 8393 cartelle cliniche in 18 stabilimenti ospedalieri sulla casistica dei mesi da

luglio ad ottobre 1996. Campione: campionamento casuale stratificato per ospedale e per altre 4 variabili

(durata della degenza; ricovero programmato/urgente; ricovero con sedute operatorie o senza sedute

operatorie; reparti medici e chirurgici)

(Lattuada L., Francescutti C., Borgnolo G., Simon G., Rizzi L., La valutazione dell’appropriatezza dei ricoveri

nell’esperienza del Friuli Venezia Giulia, Tendenze, n. 2 1998:4-8

Anche da queste poche note è evidente come la scelta di uno specifico obiettivo d’uso incide in modo

determinante su tutti gli aspetti dell’applicazione: innanzitutto l’estensione dell’indagine. Si può andare

dall’analisi della casistica di un solo reparto alla rilevazione su un’intera rete ospedaliera regionale. La

tipologia di indagine orienta la scelta del tipo di informazioni che si raccoglieranno sul ricovero

congiuntamente alla valutazione di appropriatezza.4 Il numero e l’articolazione delle rilevazioni sarà

completamente diversa se mira a cogliere e misurare cambiamenti rispetto al caso in cui l’obiettivo è un

semplice monitoraggio interno. Il controllo esterno implica particolari attenzioni sul versante della precisione

delle stime e la completezza della rilevazione sulle unità soggette a valutazione.

2.2 Il disegno della ricerca

Per disegno della ricerca intendiamo l’architettura che regge l’intera indagine e che definisce in modo particolare la potenzialità dello studio di dare risposta a specifici obiettivi conoscitivi. Ogniqualvolta, infatti, si pongano delle ipotesi empiriche si tratta di strutturare l’osservazione in modo tale da poter produrre evidenze sostenibili.

La definizione del disegno della ricerca deve accompagnarsi alla descrizione e considerazione

del modello della realtà, ovvero delle variabili che caratterizzano il contesto applicativo e

determinano la corrispondente matrice dei dati.

E’ assolutamente al di fuori degli scopi di questo sintetica “agenda” metodologica affrontare in

modo approfondito il problema della corretta strutturazione dei disegni di ricerca. Rimandiamo per

questo ad alcuni contributi essenziali per la completezza e la chiarezza dell’esposizione.5 Quello che

vorremmo rendere evidente sono due punti: a) la necessità di una stretta coerenza tra gli obiettivi

dell’indagine (rilevazione) PRUO e le modalità complessive con cui si imposta la rilevazione; b) la

4 A seconda del tipo di indagine si dovrà provvedere ad accompagnare alle informazioni che emergono dalla rilevazione di appropriatezza altre informazioni che qualificano ulteriormente le caratteristiche delle unità statistiche analizzate. Ogni indagine definisce quindi una propria “matrice dei dati” di riferimento. Molteplici sono gli strumenti software disponibili per la produzione della matrice dei dati. L’inserimento dati è oggi particolarmente facilitato dagli strumenti di lettura ottica che con costi relativamente modesti consentono di raggiungere una notevole efficienza e velocità di produzione del file dati. Per un’inquadramento tecnico dell’idea di “matrice dei dati” sul versante informatico e soprattutto statistico cfr. Rizzi A., Analisi dei dati. Applicazioni dell’informatica alla statistica, Nuova Italia Scientifica 1985 5 La letteratura scientifica sui disegni di ricerca è straordinariamente estesa e complessa. Si tratta infatti di un tema metodologico fondamentale. A seconda del versante disciplinare che orienta la trattazione metodologica ci sono poi differenti terminologie per descrivere simili disegni di ricerca oppure si sono sviluppate analisi approfondite di taluni particolari disegni e strutturate particolari tradizioni metodologiche più prossime alle scienze naturali piuttosto che alle scienze sociali o biomediche. Non è quindi agevole indicare riferimenti bibliografici univoci. Due testi, sia pure per alcuni aspetti datati, restano esemplari per chiarezza: Campbell D.T. and Stanley J. C., Experimental and quasi-experimental design for research, Chicago: Rand McNally 1963; Cook T.D., Campbell D.T., Quasi-experimentation: Desgin and analysis issues for field settings Chicago: Rand McNally 1979. Nell’ambito della tradizione epidemiologica un testo classico è quello di Rothman K.J., Modern Epidemiology, Boston, Little Brown & C., 1986. Sicuramente meno completi ma di più agevole consultazione alcuni volumi della collana Quantitative Applications in the Social Sciences della Sage (London): Spector, Research designs; Brown and Melamed, Experimental design and analysis; Menard, Longitudinal research. Molto articolata l’esposizione di Rosenbaum P.R., Observational studies, New York, Springer 1995.

necessità di meglio sfruttare la varietà e articolazione disegni di studio messi a punto

dall’esperienza di ricerca e dalla riflessione metodologica superando l’attuale concentrazione,

soprattutto nell’esperienza italiana, di studi trasversali sicuramente semplici da attuare ma spesso

inadeguata ai compiti conoscitivi o alle intenzioni conoscitive formulate.

In forma discorsiva proviamo ad elencare una serie di contesti di ricerca che rendono evidente

l’importanza di valutare accuratamente limiti e le potenzialità offerte dal diverso tipo di disegno di

ricerca.

CASO 1

Il più semplice dei disegni di ricerca è costituito da una sola rilevazione riferita ad dato tempo. Si

tratta di studi cosiddetti trasversali (cross-sectional), perché ad un dato istante fanno la “fotografia”

di un fenomeno. Immaginando di voler misurare l’appropriatezza della giornata di ammissione in

un dato ospedale selezioneremmo un campione casuale di giornate di ammissione e valuteremmo la

percentuale di giornate inappropriate.

Seguendo la classica simbologia di Campbell e Stanley6 indicheremo nel testo la rilevazione con

la lettera maiuscola O, mentre cambiamenti o variabili di cui si vuole valutare l’effetto

(modificazioni organizzative, cambiamenti strutturali o quant’altro) con la lettera X.

La rappresentazione simbolica di questo tipo di studi è semplicissima e non è altro che:

O

ovvero l’effettuarsi di una rilevazione.

La semplicità dello studio è evidente: una sola rilevazione (o comunque riferita ad un

determinato arco temporale); una sola entità organizzativa valutata; un semplice obiettivo

descrittivo.

La semplicità del disegno è controbilanciata negativamente dalla limitata possibilità di fornire

ulteriori supporti empirici all’interpretazione del fenomeno. Un linea di approfondimento è

comunque costituita dall’eventuale misura di associazione tra la variabilità del fenomeno e la

variabilità in altre misure. Così in uno studio trasversale sull’appropriatezza in un reparto di

medicina e possibile valutare l’associazione tra inappropriatezza e durata della degenza, ovvero se il

livello di inappropriatezza cambia, e in che direzione, al variare della lunghezza del ricovero.

La misura di un’associazione non è in alcun modo indicazione di una relazione causale.

Qualsiasi associazione misurata in uno studio trasversale è infatti soggetta a specifiche limitazioni

di validità interne ed esterne allo studio. Per validità interna si intendono tutti quei fattori legati alle

caratteristiche intrinseche dello studio che possono metterne in dubbio le conclusioni. Per validità

esterna si intendono invece una serie di fattori che impediscono di estendere i risultati ottenuti nello

studio ad altri contesti simili (per esempio ad altri reparti di medicina).

Il disegno di ricerca sotto questo punto di vista può essere letto come uno strumento per dare una

risposta il più possibile adeguata alle limitazioni di validità interna ed esterna di uno studio.

Nella valutazione dei risultati di uno studio trasversale valutare correttamente la percentuale di

inappropriatezza può non essere così semplice. Ad esempio è possibile chiedersi se i dati di

inappropriatezza misurati su documentazione clinica a ricovero chiuso sarebbero stati diversi nel caso in cui

la valutazione fosse stata di tipo concorrente. Una valutazione dell’effetto indotto sulla variabile risposta dalla

modalità di rilevazione può essere affrontata sdoppiando la rilevazione. Le stesse giornate di degenza

andrebbero valutate in due modi diversi. Si avrebbe come risultante un disegno di studio più complesso che

può essere così rappresentato:

modalità concorrente O

modalità retrospettiva O

A parità di altri fattori le differenze nelle due misure quantificano per l’unità organizzativa

valutata l’effetto delle diverse modalità di rilevazione.

L’estensione di questo risultato ad altre unità organizzative (altri reparti) non è per nulla ovvia e

richiede una diversa strutturazione di disegno.

CASO 2

Immaginiamo che l’obiettivo di ricerca sia costituito dalla valutazione di come evolve nel tempo

l’appropriatezza della giornata di ammissione.

6 Campbell D.T. and Stanley J. C., Experimental and quasi-experimental design for research, Chicago: Rand McNally 1963

In questo caso il disegno di ricerca si presenta come una serie di osservazioni ripetute:

O1 O2 O3 O4 O5 O6

Ad intervalli predefiniti, la casistica di un reparto è misurata per valutarne il livello di

appropriatezza. Siamo di fronte ad un obiettivo di per se assai semplice: si vuole ottenere una

misura descrittiva. Anche in questo caso tuttavia i problemi interpretativi non sono irrilevanti. Ad

esempio l’eventuale osservazione di una riduzione dell’inappropriatezza può portarci a dire che

abbiamo assistito ad un calo del fenomeno? Dovremmo innanzitutto essere certi che le casistiche

analizzate nelle diverse rilevazioni siano davvero confrontabili (visto che le giornate di degenza

valutate sono necessariamente sempre diverse). Potrebbe darsi che esista un effetto stagionale (i casi

di inappropriatezza potrebbero concentrarsi in particolari periodi dell’anno, magari quando la

pressione dovuta alla particolare frequenza di ricoveri rende meno efficiente la struttura nel

rispondere tempestivamente alle esigenze dei degenti). Il disegno dovrebbe quindi prevedere

rilevazioni distribuite in modo da cogliere queste diversità o piani di campionamento che tengono

conto dell’andamento del fenomeno. Sappiamo inoltre che il solo fatto di mettere sotto

osservazione una entità organizzativa induce cambiamenti orientati a ottenere i risultati attesi. Ci

attendiamo quindi che dalla prima all’ultima rilevazione, in assenza nessun cambiamento esterno o

reali modificazioni del fenomeno, il livello di inappropriatezza tenda di per sé a scendere magari

soltanto perché cambia la precisione e accuratezza con cui è raccolta e archiviata la documentazione

clinica. Possiamo infine chiederci se gli eventuali effetti accertati siano stabili oppure se il

fenomeno tornerà ai livelli precedenti la rilevazione una volta conclusa l’indagine o il periodo di

monitoraggio.

Tutte queste domande per essere almeno in parte affrontate richiedono disegni di ricerca più

complessi. Se volessimo raccogliere evidenza empirica sull’effetto indotto sui livelli di

inappropriatezza dal semplice impianto di uno studio e dal fatto che il personale di reparto è a

conoscenza di una rilevazione sistematica dovremmo perlomeno individuare un reparto di controllo

(simile e all’interno della stesso ospedale) su cui effettuare le stesse rilevazioni ma senza che il

personale sia a conoscenza della valutazione in atto. Il disegno diverrebbe quindi:

Rep a O1 O2 O3 O4 O5 O6

Rep b O1 O2 O3 O4 O5 O6

L’individuazione di controlli è evidentemente uno degli strumenti più efficaci e al tempo stesso

più delicati nella valutazione dei risultati di un’indagine.

CASO 3

Il problema autenticamente più complesso si ha quando il PRUO vuole essere utilizzato per

misurare l’impatto di cambiamenti organizzativi. La complessità deriva da fatto che in questa

particolare contesto l’interesse è quello di sostenere in modo convincente l’esistenza di una rapporto

di causa effetto tra un’azione organizzativa o un progetto di intervento e la modificazione nei livelli

di inappropriatezza.

Il disegno di ricerca deve essere necessariamente più articolato. Un tassello che non può

assolutamente mancare è costituito dalla misurazione dei livelli di inappropriatezza prima e dopo le

trasformazioni organizzative. La struttura del disegno di ricerca può essere così schematizzata:

O1 X O2

Questo semplice valutazione prima e dopo non ci consente di poter attribuire con certezza il

cambiamento al fattore organizzativo modificato. Altri cambiamenti non considerati dal ricercatore

potrebbero in realtà avere indotto le modificazioni osservate compresi tutti gli effetti indotti dalle

modalità di rilevazione e dallo stesso impianto dello studio. E’ quindi decisivo estendere la

rilevazione ad altre unità simili potenzialmente non influenzate dalla modificazione organizzativa. Il

disegno potrebbe allora diventare del tipo:

Rep. A O1 X O2

Rep. B O1 O2

Ovviamente la lista dei reparti su cui misurare l’impatto della modificazione organizzativa e dei reparti di

controllo dovrebbe essere estesa in modo tale da configurare la maggiore diversità di situazioni possibili a

sostegno dell’evidenza della specificità dell’effetto misurato. La difficoltà autentica di questo tipo di disegno è

evidentemente costituita dal fatto che non è agevole individuare unità di controllo adeguate. All’interno di

un’organizzazione come un ospedale ad esempio non è sempre detto che modificazioni organizzativi

incidano solo sul reparto oggetto di valutazione e quindi gli effetti potenziali si estendano su tutte le unità

potenziali di controllo. Non è detto che sia facile trovare unità organizzative autenticamente comparabili e

quindi rendere significative le valutazioni prima dopo. In generale non è possibile affermare che all’interno di

organizzazioni strutturate sia data al ricercatore la possibilità di individuare unità di controllo che siano in

grado di dare risposta agli interrogativi metodologici dello studio. La situazione comunque più favorevole è

quella in cui al ricercatore / valutatore è dato perlomeno il controllo ampio sul fattore

organizzativo/progettuale di cui si vuole misurare l’impatto. Così ad esempio nello studio citato di Payne

S.M.C., Ash A., Restuccia J.D., “The role of feedback in Reducing Medically unnecessary hospital use”

(Medical Care, 1991, vol. 21 n. 8 Supplement), il cui obiettivo è misurare l’effetto di una strategia di

informazione sui livelli di appropriatezza come strumento di miglioramento dell’appropriatezza stessa, è

relativamente agevole individuare unità “sperimentali” e di controllo e far si che l’azione informativa riguardi

in modo preciso le une e non le altre. Se fosse possibile una selezione casuale delle unità da valutare e dei controlli (e quindi una

qualche forma di randomizzazione)7, potremmo avere molte maggiori possibilità di arrivare a

costruire solide evidenze empiriche. Ci troveremmo infatti nell’ambito dei disegni sperimentali.

L’utilizzo del PRUO in un contesto sperimentale è piuttosto infrequente, poiché comunque la

valutazione di appropriatezza avviene su organizzazioni strutturate e con limitati margini di scelta

per il ricercatore.8

Questo significa che nella assoluta maggioranza dei casi un’indagine con il PRUO che voglia

portare evidenze significative rispetto ad associazioni tra appropriatezza e determinate variabili o

a dimostrare l’impatto di modificazioni organizzative sull’appropriatezza sarà inevitabilmente

soggetta a molti limiti e molte informazioni di contesto raccolte attraverso descrizioni qualitative

saranno necessarie ad argomentare i risultati ottenuti attraverso la rilevazione empirica e l’analisi

statistica. L’attenzione alla descrizione di aspetti organizzativi di tipo qualitativo, la capacità di

mappare analiticamente i cambiamenti avvenuti nell’organizzazione e le linee di impatto che hanno

sull’appropriatezza non deve essere sottovalutato perché contribuisce comunque alla capacità di

7 L’assegnazione casuale al gruppo di “trattamento” e al gruppo di “controllo” è la caratteristica chiave di qualsiasi disegno sperimentale cfr. Campbell D.T. and Stanley J. C., Experimental and quasi-experimental design for research, Chicago: Rand McNally 1963; pp. 5-6. Kleinbaum et al. Individuano tre tipi di studi epidemiologici. Gli studi sperimentali in cui il ricercatore attua una manipolazione artificiale del fattore di studio secondo uno schema casuale (randomization), appartengono a questa categoria i clinical trial; gli studi quali sperimentali, in cui la manipolazione del fattore di studio viene attuata senza randomizzazione; gli studi osservazionali in cui non si attua manipolazione del fattore di studio. 8 Il tema dell’applicazione di logiche sperimentali all’interno di assetti organizzativi è un interessante filone di lavoro che spesso è trascurato è non completamente approfondito. La letteratura più ricca al riguardo è sicuramente di matrice sociologica e psico-sociale. Per una interessante introduzione al problema Saxe L., Fine M., Social experiments: methods for design and evaluation, London, Sage , 1982.

comprensione dei fenomeni esame spesso molto più di analisi statistiche rispetto alle quali spesso i

processi causali sono delle componenti non indagate o indagabili (black box). 9

CASO 4

La difficoltà di reperire controlli può essere in parte superata immaginando che l’unità

organizzativa faccia per così dire da “controllo a se stessa”. L’introduzione di una modificazione

organizzativa è preceduta da misurazioni ripetute di appropriatezza e seguita da misurazioni

ripetute. Il disegno può essere schematizzato nel modo seguente:

O1 O2 O3 X O4 O5 O6

Un cambiamento nell’andamento della serie, che riveli una discontinuità nel trend rilevato in

concomitanza con i cambiamenti organizzativi o in una fase immediatamente successiva e che si

prolunghi nel tempo può essere buon indicatore di una relazione causale.

Nel caso in cui sia individuabile un gruppo di controllo la robustezza del disegno può essere

ulteriormente incrementata dall’individuazione di una serie di controllo in questo caso il disegno

può essere schematizzato come segue:

Rep A O1 O2 O3 X O4 O5 O6

Rep B O1 O2 O3 O4 O5 O6

La possibilità di disporre di serie di dati confrontabili è di molto facilitata in contesti istituzionali

che rimangono relativamente stabili e individuabili nel tempo. Questo tipo di disegni va guardato

9 Nella ricca letteratura sulla ricerca valutativa l’importanza del contributo congiunto di analisi quantitative e qualitativi è sottolineato in maniera crescente e in modo progressivamente più strutturato. Per una impostazione del probema cfr.. Tsoukas, H., The validity of idiographic reserach expalantions, Academy of Management Review 1989, 14:551-561; Jick T.D., Mixing qualitative and quantitative methods: triangulation in action, Administrative Science Quarterly 1979, 24:602-611.

quindi con particolare interesse da chi intende utilizzare il PRUO in questa area delicata e

complessa della modificazione organizzativa.10

10 Per un approfondimento di questi aspetti e in particolare per la valutazione dell’adeguatezza delle serie temporali nella valutazione del cambiamento organizzativo consigliamo vivamente la lettura dei capitoli 7 e 14 del testo di Campbell D.T., Stanley J. C., Experimental and quasi-experimental design for research, Chicago: Rand McNally 1963. Per chi è interessato ad una discussione aggiornata sul tema anche se più articolata e complessa: Blossfeld H.P., Rohwer G., Causal inference, time and observation plans in the social sciences, Quality and Quantity 31: 361-384, 1997

PARTE METODOLOGICA

3. INTRODUZIONE AL CAMPIONAMENTO

Gli studi di appropriatezza ed inappropriatezza dei ricoveri o delle giornate di degenza/ammissione

ospedaliera vengono solitamente condotti sulla base della considerazione di un campione di unità statistiche

(ricoveri o giornate), dopo aver individuato e definito la popolazione di interesse. La definizione del

campione, ovvero la scelta della tipologia e della dimensione dello stesso, richiede un preventivo riesame

delle nozione proprie della teoria del campionamento ed una loro collocazione applicativa nel contesto dei

progetti PRUO. Questa parte del presente manuale intende concentrarsi ed approfondire una serie di aspetti

metodologici la cui comprensione da parte del lettore richiede la preventiva conoscenza di alcune nozioni

statistiche di base quali: nozioni di statistica descrittiva, nozioni relative alle distribuzioni di variabili casuali

ed all’inferenza statistica.

3.1 Le unità statistiche di osservazione Nella terminologia delle scienze statistiche l’insieme di casi che appartengono ad un specifico

gruppo, e di interesse nello studio, viene definito collettivo statistico o popolazione; nella metodica

PRUO le popolazioni sono gli insiemi di ricoveri o di giornate di ricovero che vengono effettuati

nei reparti ospedalieri e negli ospedali inseriti nei progetti. I singoli elementi che costituiscono le

popolazioni sono definite unità statistiche o unità di osservazione, le quali vengono quindi

solitamente definite in funzione del fenomeno oggetto di osservazione.

Negli studi PRUO l’intento è l’analisi dell’appropriatezza o dell’inappropriatezza dell’assistenza

ospedaliera (solitamente si considerano i ricoveri ordinari medici ma estensioni recenti della

metodica PRUO rivolgono l’attenzione anche ai ricoveri ordinari chirurgici ed a quelli in regime di

day hospital) ed in particolare delle singole giornate di ammissione, di degenza o ai ricoveri

complessivi. Per cui, in questo contesto le unità statistiche di osservazione sono solitamente:

- le giornate di ammissione;

- le giornate di degenza;

Anche quando l’interesse è rivolto alla valutazione dell’appropriatezza o inappropriatezza complessiva dei ricoveri (ovvero l’obiettivo è qualificare il singolo ricovero come totalmente appropriato o totalmente inappropriato) le unità di osservazione di base sono le giornate di degenza, poiché la valutazione di queste ultime consente la qualificazione del ricovero complessivo. Inoltre, la

considerazione delle singole giornate di ciascun ricovero consente anche l’eventuale analisi della proporzione di giornate inappropriate di ciascun ricovero. Richiamando la possibile classificazione delle unità statistiche in semplici e composte, secondo cui le seconde sono insiemi di più unità semplici aventi un carattere in comune, si potrebbe considerare i ricoveri quali unità statistiche composte, infatti esse risultano essere insiemi di unità statistiche semplici (le giornate di degenza) attribuibili allo stesso paziente.

3.2 Le variabili casuali che caratterizzano l’analisi dell’inappropriatezza Le unità statistiche vengono osservate relativamente ad un aspetto che viene chiamato carattere,

il quale può essere qualitativo (maschio o femmina, appropriato o inappropriato) o quantitativo (età

del soggetto, statura ecc.). Il carattere è, quindi, l’aspetto rispetto a cui viene fatta la classificazione

delle unità osservate, e le voci in cui si articola il carattere (nel nostro caso appropriato o

inappropriato) sono dette modalità. Osservando diverse unità statistiche è possibile definire le

frequenze di ciascuna modalità, ovvero il numero di volte in cui si presenta ciascuna modalità, e la

corrispondente distribuzione di frequenze. Le modalità e le relative frequenze consentono la

definizione delle variabili statistiche (dette anche mutabili statistiche nel caso di caratteri

qualitativi). Una variabile statistica è una variabile che assume determinate modalità con

determinate frequenze. Le variabili statistiche possono essere qualitative, se definite sulla base di un

carattere qualitativo, o quantitative (discrete o continue), se definite sulla base di un carattere

quantitativo. Le variabili statistiche sono anche definite variabili casuali conseguentemente al fatto

che esse assumono determinati valori con corrispondenti probabilità.

Negli studi PRUO il carattere che si considera qualifica le unità statistiche in base a due

modalità: appropriata o inappropriata. Nel caso di valutazione di un intero ricovero sulla base

della considerazione dell’appropriatezza delle singole giornate che lo compongono, si possono

avere tre modalità, in quanto il ricovero può risultare completamente appropriato (se tutte le sue

giornate di degenza sono appropriate), completamente inappropriato (nel caso in cui tutte le

giornate sono inappropriate o parzialmente inappropriato (qualora le giornate che lo compongono

sono parzialmente appropriate e parzialmente inappropriate). La variabile casuale, definita sulla

base delle modalità assunte dalla caratteristica in esame nelle unità di osservazione (singole giornate

di degenza), risulta essere qualitativa e dicotomica, o binaria, avente modalità

appropriata/inappropriata. Una distribuzione di probabilità è una funzione che associa a ciascuna

modalità della variabile statistica la probabilità che essa ha di presentarsi.

Se la valutazione dei ricoveri si limita alla considerazione di quelli totalmente inappropriati,

anche se attuata sulla base della valutazione dell’inappropriatezza delle singole giornate di ricovero,

si individua una variabile casuale dicotomica, poiché i singoli ricoveri possono assumere due

modalità: totalmente appropriato/totalmente inappropriato.

Infine, la proporzione di giornate inappropriate per ricovero o la proporzione di giornate di

degenza o di ammissione in generale inappropriate, essendo una variabile casuale definita sulla base

di un carattere dicotomico sulle singole giornate di degenza, implica la considerazione di una

variabile casuale binomiale. Pur non riprendendo in questo contesto la descrizione delle

distribuzioni di probabilità continue e discrete solitamente utilizzate, si rimanda all’appendice A per

la descrizione della distribuzione binomiale che caratterizza la variabile casuale “proporzione”, di

interesse nel presente contesto.

A partire dalla considerazione delle singole unità di osservazione e della variabile dicotomica

che caratterizza la loro valutazione è possibile definire la variabile casuale corrispondente alla

proporzione di giornate appropriate o di giornate inappropriate. Se l’osservazione viene effettuata

su n giornate di degenza, la variabile casuale “proporzione di giornate inappropriate” può assumere

valori compresi tra 1 ed n, ed è quindi una variabile casuale quantitativa avente valori discreti.

Ad esempio nel caso di valutazione di 100 giornate si potrebbe osservare 30 giornate

inappropriate (da cui 30/100 = 0.3 è la frequenza relativa o la proporzione di inappropriatezza) e 70

giornate appropriate (per cui 70/100 = 0.7 è la proporzione di appropriatezza). La coppia di valori

0.3 e 0.7 rappresenta le realizzazioni, nell’ambito delle 100 giornate valutate, della variabile

“proporzione di appropriatezza o proporzione di inappropriatezza”. La variabile “proporzione di

giornate appropriate” può assumere valori compresi tra 0 e 1 (0/100 e 1/100) in ciascuna

popolazione osservata. Osservando diverse popolazioni la variabile casuale “proporzione di

giornate appropriate” può assumere valori diversi (ipotizzando di osservare diverse popolazioni di

giornate di degenza aventi pari dimensione) con determinate frequenze.

Comunque, nell’ambito dell’osservazione di una singola popolazione di giornate, la frequenza

relativa è una approssimazione della probabilità di un evento per cui la frequenza relativa di

giornate inappropriate in una popolazione approssima la probabilità dell’inappropriatezza, ovvero la

probabilità di osservare una giornata di degenza inappropriata. In generale, quindi, la frequenza

relativa di una modalità di una variabile casuale approssima la probabilità di quella modalità. La

bontà dell’approssimazione dipende dalla numerosità delle unità osservate ed aumenta

all’aumentare di quest’ultima. Tralasciando quest’ultimo aspetto e riprendendo l’esempio riportato

si può affermare che 0.3 è la frequenza relativa dell’inappropriatezza e che osservando una singola

giornata la probabilità che essa sia inappropriata è approssimativamente pari al 30%.

3.3 Il campionamento Solitamente lo studio dei fenomeni statistici viene suddiviso, utilizzando una terminologia

propria della metodologia statistica classica non di quella medica od epidemiologica, in base al

processo adottato per la raccolta dei dati, in indagine statistica, se le unità su cui viene effettuata la

misurazione sono individuabili e se l’insieme di queste ultime, ovvero la popolazione, è finito, ed in

esperimento statistico, se i dati derivano da esperimenti passibili di infinite replicazioni. In ambito

epidemiologico le ricerche possono essere distinte, in base alle finalità perseguite, in studi aventi

obiettivi esplicativi o scientifici e studi aventi fini pragmatici od orientati all’intervento. Le

tipologie di ricerche epidemiologiche solitamente considerate individuano le seguenti categorie:

studi sperimentali, studi quasi-sperimentali e studi osservazionali.

Facendo riferimento alla classificazione degli studi adottata nella statistica metodologica classica, appare abbastanza immediato che un analisi dell’appropriatezza d’uso dell’ospedale, effettuata su unità rappresentate da singoli ricoveri o singole giornate di ricovero, le quali sono identificabili e non assimilabili ad esperimenti, appartiene alla sfera delle indagini statistiche, o degli studi osservazionali (non sperimentali) da popolazioni finite. Considerando la classificazione epidemiologica, gli studi PRUO sono attribuibili solitamente alla categoria degli studi osservazionali.

La prima fase di studio di un fenomeno implica la conoscenza delle unità statistiche attraverso la

rilevazione statistica. La rilevazione fa riferimento alla popolazione oggetto di studio, data

dall’insieme delle unità statistiche su cui si studia un fenomeno. La popolazione oggetto di studio

può alle volte differire dalla popolazione attuale, in quanto quest’ultima può risultare più estesa

comprendendo tutte le unità passibili di analisi. Le rilevazioni possono essere totali o parziali, le

prime riguardano tutte le unità del collettivo statistico, le seconde comprendono solo una parte di

esso e sono note anche con il termine di rilevazioni campionarie. Nella ricerca scientifica le

conoscenze e le azioni sono spesso basate su esperienze di tipo campionario, piuttosto che su analisi

derivate dalla considerazione completa, o censuaria, di tutte le unità facenti parte della popolazione

finita. Spesso, infatti, risulta impossibile o difficoltoso avere la disponibilità delle informazioni

relative alla totalità delle unità della popolazione di interesse. La popolazione da cui viene estratto il

campione di unità da osservare viene spesso definita popolazione obiettivo (target population).

Spesso accade che, conseguentemente ad aspetti del disegno della ricerca, la popolazione oggetto di

studio (study population) non risulti rappresentativa della popolazione obiettivo (target population).

Viene definita, in questo contesto, con il termine di popolazione esterna, l’insieme delle unità

statistiche su cui non si è fatta la rilevazione ma a cui si intende trasferire i risultati derivati

dall’analisi campionaria. La validità interna dello studio fa riferimento, quindi, alla validità del

processo inferenziale rivolto alla popolazione obiettivo. Mentre la validità esterna fa riferimento

alla validità del processo inferenziale riferito alla popolazione esterna. La validità interna risulta

essere, quindi, un requisito per la validità esterna e la validità complessiva di uno studio viene

determinata sia dalla validità interna sia da quella esterna. Uno studio valido, nei termini appena

enunciati, è privo di errore sistematico.

Un ulteriore fonte di errore, bias, è quella associata alla selezione delle unità di osservazione (selection bias), la quale è una distorsione nella definizione delle unità di osservazione che conduce a delle stime non corrispondenti a quelle ottenibili se l’osservazione fosse stata estesa a tutte le unità della popolazione obiettivo. Un indagine totale o censuaria può consentire una valutazione esatta ed accurata dei parametri di interesse nello studio, condizionatamente alla bontà dei processi di misurazione e registrazione dei dati; numerosi sono, infatti, i fattori di errore che intervengono nelle varie fasi dell’indagine e la loro influenza è maggiore in un indagine censuaria piuttosto che in una campionaria. Normalmente i fattori negativi di un indagine censuaria corrispondono a quelli positivi di un indagine campionaria.

Un indagine statistica campionaria consente innanzitutto una riduzione dei costi, risulta essere

più agevole, conduce ad un maggiore dettaglio delle informazioni rilevate e risulta essere meno

difficoltosa nelle fasi di preparazione dell’indagine e di esecuzione.

3.4 Le condizioni per un’indagine campionaria Prima di fornire alcune nozioni di base proprie della teoria sul campionamento si ritiene utile

sottolineare le fasi preliminari che devono caratterizzare l’indagine campionaria del progetto,

ovvero gli aspetti e le fasi analitiche che devono essere affrontate a priori ai fini di un indagine

accurata.

DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DELL’INDAGINE - Risulta molto importante, ai fini

dell’individuazione del piano di campionamento, definire in termini precisi gli obiettivi che si

intendono perseguire con l’indagine, ovvero le informazioni che si vogliono ottenere. Nell’ambito

considerato la scelta del piano di indagine e di campionamento dei ricoveri ospedalieri, delle

giornate di ammissione o delle singole giornate di ricovero deve essere guidata da una precedente e

chiara definizione degli obiettivi del progetto e delle informazioni che si intende acquisire.

INDIVIDUAZIONE DELLA POPOLAZIONE CAMPIONATA (target population) - La

popolazione campionata corrisponde all’aggregato da cui viene estratto il campione. Se il campione

che si vuole determinare è costituito dalle giornate di ammissione nei reparti di medicina generale

di un ospedale in un dato periodo, la popolazione corrisponde al totale dei ricoveri effettuati in tali

reparti nel periodo di interesse. Solitamente la popolazione campionata coincide con la popolazione

di interesse nello studio, tuttavia si può verificare che la popolazione da cui si estrae il campione

non corrisponda esattamente alla popolazione oggetto d’indagine, in tal caso risulterà utile disporre

di informazioni relative alle differenze esistenti tra le due popolazioni. Dopo aver definito la

popolazione oggetto di indagine, risulterebbe utile poter disporre della lista di identificazione delle

unità, dette unità di campionamento, della popolazione di interesse, essa infatti dovrebbe costituire

la base su cui estrarre il campione. La costruzione di tale lista costituisce uno degli aspetti di

maggiore difficoltà dal punto di vista pratico.

IL GRADO DI PRECISIONE – Si richiama a questo punto la precisazione che i risultati ricavati

da una rilevazione parziale, quale quella campionaria, differiscono dai risultati ottenibili da una

rilevazione totale, per tale motivo la misura di una caratteristica ricavata dai dati di un campione

viene definita stima della caratteristica nella popolazione. Una stima è tanto più precisa quanto più

bassa è la variabilità dei risultati ottenuti in tutti i campioni estraibili. In generale in una

rilevazione campionaria all’errore di osservazione e di rilevazione si aggiunge l’errore di

campionamento.

I risultati di un indagine campionaria sono sempre caratterizzati da un certo grado di incertezza,

legata sia al fatto che solo una parte della popolazione viene osservata sia alla possibilità di errori di

misura. L’incertezza si riduce considerando campioni di vaste dimensioni ed utilizzando buoni

strumenti di misura, riducendo quindi la convenienza, in termini di costi, dell’indagine campionaria.

Per tali motivi ed in questo contesto si suole specificare la precisione che si intende raggiungere con

i risultati dell’indagine. La precisione viene definita sulla base della distribuzione campionaria della

stima.

IL PIANO DI CAMPIONAMENTO – Dopo aver individuato la popolazione oggetto di interesse

e studio e subordinatamente al tipo di informazioni che si intende ottenere ed agli obiettivi prefissati

dal progetto, viene scelto il piano di campionamento che consente la definizione del campione

oggetto della rilevazione e della misura. Quando si parla di studio di una popolazione si intende

spesso fare riferimento all’analisi del campione ed “all’estensione” alla popolazione delle evidenze

raccolte dal campione. Questo processo è noto con il termine di inferenza statistica e può includere

una preliminare verifica delle condizioni che legittimano l’estensione dal campione alla

popolazione delle evidenze e/o la specificazione delle riserve che accompagnano l’estensione

medesima. Vi sono molteplici piani di campionamento, la cui scelta nel presente contesto risulta

condizionata alla vastità dell’indagine che si intende condurre. A tal riguardo si possono individuare

i seguenti casi:

• analisi condotta sui ricoveri di un reparto in un ospedale;

• analisi condotta sui ricoveri di tutti i reparti di un ospedale;

• analisi condotta sui ricoveri di una tipologia di reparto in più ospedali;

• analisi condotta sui ricoveri di più tipi di reparti in più ospedali.

Per ciascun piano di campionamento è possibile stimare a priori la dimensione del campione

sulla base della precisione desiderata. Per cui sulla base della teoria del campionamento,

parzialmente presentata in questa sede, sarà possibile valutare, per ciascun piano di campionamento,

la precisione ed il costo attesi.

Una prima distinzione delle tipologie di campioni che si possono definire implica la distinzione

tra:

- campionamento ragionato;

- campionamento casuale;

Mentre nel primo caso le unità vengono campionate in base ad informazioni specifiche delle stesse unità

statistiche, nel campionamento casuale le unità vengono scelte a caso. Nel campionamento casuale le unità

vengono selezionate in modo tale che la probabilità che ciascuna unità ha di essere estratta è nota. Se poi le

probabilità di selezione di tutte le unità sono uguali il campionamento si definisce casuale semplice. Il

campionamento casuale assicura la rappresentatività in media della popolazione del campione estratto. Un

campionamento ragionato viene determinato in base alle informazioni a priori che si hanno in merito alla

distribuzione di una caratteristica che si ritiene correlata a quella di interesse. Per tale motivo campione

casuale presenta comunque il notevole vantaggio legato all’applicabilità della teoria dell’inferenza statistica

per derivare valutazioni sulla popolazione di interesse. Nel caso della valutazione dell’appropriatezza dei

ricoveri effettuati in un reparto in un determinato periodo, il campionamento dei ricoveri potrebbe essere

effettuato considerando la distribuzione per età dei ricoverati, condizionatamente all’ipotesi che l’età dei

soggetti ricoverati sia correlata all’appropriatezza o meno dei ricoveri stessi.

Nella popolazione di interesse U, la caratteristica oggetto di indagine y

(appropriato/inappropriato) assume una determinata modalità Y in ciascuna unità statistica u. I

valori che la variabile casuale y assume nella popolazione, Y(L), costituiscono un insieme

deterministico, ovvero un insieme di valori certi del carattere. Il parametro della popolazione di

interesse per l’indagine (ad es. proporzione dei ricoveri totalmente inappropriati nei reparti di un

determinato ospedale) è funzione delle modalità che tutti i ricoveri (popolazione) assumono Y(L),

mentre la stima campionaria dello stesso parametro è funzione delle modalità che le unità

campionate assumono. Se il campione non è stato scelto in modo casuale le modalità delle unità

campionate sono dei valori certi, ovvero deterministici, ed il valore campionario del parametro non

può essere considerato una variabile casuale. Quest’ultima affermazione rende inapplicabile la

teoria dell’inferenza statistica, ovvero la teoria che consente lo studio dei fenomeni statistici

attraverso tecniche campionarie. L’inferenza è infatti quel processo che consente di fare valutazioni

generali sulla popolazione a partire da un numero limitato di osservazioni (unità campionate), la cui

validità può essere valutata in termini probabilistici.

Tutte queste affermazioni sono strettamente legate al disegno di campionamento, ovvero al modo

secondo cui le unità vengono campionate, il quale è strettamente correlato alla probabilità di

campionamento delle singole unità. In un campione ragionato il disegno di campionamento ha

importanza secondaria data l’importanza del ragionamento a priori effettuato per campionare

determinate unità piuttosto che altre.

3.5 Alcune nozioni di base sul campionamento casuale

I piani di campionamento solitamente considerati ed analizzati in questa sede appartengono alla

categoria dei campionamenti probabilistici, per cui hanno tutti le seguenti proprietà.

1. Il campionamento è il risultato di un esperimento casuale effettuato su una popolazione di

unità U ben definita, di cui si è interessati alla misurazione delle modalità Yi assunte da un

carattere oggetto di indagine y. Nell’ambito specifico considerato, i campioni vengono estratti

casualmente da popolazioni di ricoveri o di giornate di ricoveri definite a priori ed identificabili,

su cui si vorrebbe misurare le modalità “appropriato – inappropriato” del carattere

“appropriatezza” oggetto di indagine.

2. Gli eventi elementari di questo esperimento casuale di estrazione sono i campioni stessi,

sottoinsiemi della popolazione U, che possono essere estratti e che costituiscono l’universo

campionario.

3. Trattandosi di un esperimento casuale, deve essere possibile individuare una legge di

formazione dei campioni, ovvero una legge che consenta di assegnare le singole unità statistiche

(ricoveri o giornate di ricovero) ai diversi campioni.

4. La casualità nella scelta delle unità da campionarie fa si, inoltre, che sia possibile

individuare la distribuzione di probabilità associata all’estrazione dei singoli campioni

dell’universo campionario. La possibilità di determinazione della probabilità di estrazione di

ciascuno dei campioni di ricoveri o di giornate di ricovero consente la definizione del disegno

campionario. Più precisamente il disegno campionario corrisponde alla distribuzione di

probabilità sull’universo campionario Uc, tale che:

d(s | N, n, Y) > 0 per (Y1, …, Yn) ∈ Y( L), n(s)=n

d(s | N, n, Y)=0 altrove

dove d(s) è il disegno campionario, corrispondente alla probabilità di estrazione di ciascun

campione, N è la numerosità della popolazione U, n è la numerosità dei campioni, Y(L) sono le

modalità assunte dal carattere y nella popolazione.

5. Il metodo di calcolo delle stime del parametro di interesse attraverso l’estrazione

campionaria deve essere noto a priori e fornire un'unica stima per ogni campione estratto. La

funzione dei dati del campione attraverso cui si stima il parametro di interesse della

popolazione, t[Y(s)], viene definito stimatore. La coppia {d(s), t[Y(s)] } definisce la strategia di

campionamento. Nel nostro contesto specifico il parametro di interesse nella popolazione,

indicato con θ, corrisponde alla proporzione di ricoveri o giornate inappropriate nei singoli

reparti/ospedali o complessivamente nella popolazione considerata, per cui la funzione dei dati

del campione (stimatore) utilizzata per stimare tale parametro della popolazione corrisponde alla

proporzione campionaria (la proporzione di ricoveri/giornate inappropriati nel campione).

In pratica raramente si realizza un piano di campionamento con l’elencazione di tutti i possibili

campioni estraibili e delle relative probabilità di estrazione, solitamente ci si limita alla

considerazione della totalità delle unità campionarie e delle probabilità di estrazione di ciascuna di

esse per l’inserimento in un dato campione.

La numerosità campionaria può essere definita a priori o meno, nel secondo caso è essa stessa

una variabile aleatoria. Per cui i campioni possono essere a numerosità prefissata o variabile.

Esistono anche dei tipi di campionamenti non probabilistici, in cui l’estrazione dei campioni non

è assimilabile ad un esperimento casuale. Tra essi si ha:

a. i campioni costituiti dalla parte di popolazione più accessibile;

b. i campioni scelti a caso;

c. i campioni da popolazioni molto ridotte ed eterogenee, per cui definiti estraendo le unità

tipiche della popolazione;

d. i campioni costituiti dai volontari.

Queste tipologie di campionamento anche se utili non sono passibili delle applicazioni della

teoria sul campionamento.

3.6 LA DISTORSIONE (BIAS)

La presentazione, in questa fase introduttiva della trattazione, del concetto di distorsione e delle

probabilità degli stimatori si ritiene utile e necessaria nel contesto degli argomenti trattati, essa richiede

tuttavia la conoscenza da parte del lettore delle nozioni di base dell’inferenza statistica. Dato il parametro di interesse di una data popolazione, θ, e definito il piano di

campionamento, si indica con la stima del parametro della popolazione, derivato da una funzione

dei dati del campione. Si dice che è uno stimatore non distorto del parametro θ se in media è

uguale al parametro della popolazione, ovvero se, ipotizzando l’estrazione di n campioni e

calcolando la media dei valori dello stimatore in essi ottenuti, tale media corrisponde al parametro

θ. Questa condizione può essere formalizzata dalla seguente espressione:

θ̂

θ̂

Dove θ̂ i è la stima del parametro ottenuta nel campione i-esimo, pi sono le probabilità dei singoli

campioni ed E indica la media delle stime ottenute negli n campioni. Nel nostro contesto la proporzione campionaria, stimatore della proporzione di inappropriatezza nella popolazione considerata, è corretto qualora in media esso assuma un valore uguale alla proporzione di ricoveri o giornate di ricovero inappropriate nella popolazione.

( ) (3.1) ˆˆ1

∑=

==n

iiipE θθθ

Nel campionamento da popolazioni finite spesso vengono considerati anche stimatori distorti,

ciò sia perché in alcuni casi gli stimatori distorti risultano essere validi sotto altri punti di vista, sia

perché si può verificare che il risultato campionario risulti distorto conseguentemente ad errori di

misura. Valutiamo l’effetto della distorsione.

Si ipotizza solitamente che le stime si distribuiscano normalmente, con media pari a m e varianza

pari a σ2. Assumendo che m disti dalla media della popolazione, θ, di una quantità pari a D, la

distorsione dello stimatore è pari a D = m - θ. Per cui, dalla normalità della distribuzione dello

stimatore si ha: θ̂

[ ] (3.2) 05.096.1ˆPr =>− σθθob

Ovvero la probabilità che presenti un errore maggiore di 1.96σ è pari a 0.05. La relazione

sopra riportata può essere distinta nelle due relazioni relative alle due code della distribuzione,

ovvero:

θ̂

[ ] ( )[ ] ( ) (3.3) 96.196.1ˆPr

96.196.1ˆPr

σσσθθ

σσσθθ

−−Φ=−<−

−Φ=>−

Dob

Dob

Dove Φ indica la funzione di ripartizione della distribuzione normale standardizzata. Le relazioni

evidenziano come le variazioni dipendono dal termine D/σ e che l’effetto della distorsione è diverso

per le due code. Se D>0, la probabilità di una sottostima maggiore di 1.96σ decresce rapidamente

sino a diventare trascurabile quando D=σ. La probabilità della corrispondente sovrastima cresce

rapidamente. Il criterio operativo prevede che l’effetto della distorsione sull’accuratezza della stima

sia trascurabile se il valore assoluto della distorsione risulta minore del 10% della deviazione

standard della stima, inoltre l’effetto viene giudicato modesto se D/σ=0.2.

3.7 LE PROPRIETÀ DELLE STIME

Come sopra affermato uno stimatore viene definito non distorto se il suo valore medio, calcolato

considerando i valori che esso assume nei diversi campioni estraibili, è uguale al parametro da

stimare. Si può, inoltre, definire uno stimatore consistente quando la stima coincide con il

parametro da stimare al crescere della dimensione del campione, ovvero al tendere del campione

alla popolazione.

In base a tale definizione, data da Cochran (1977), la consistenza è una proprietà che, quindi,

viene valutata asintoticamente al crescere della dimensione del campione.

3.8 L’ERRORE QUADRATICO MEDIO

Per confrontare uno stimatore distorto con uno non distorto o due stimatori distorti aventi diverso grado di distorsione viene utilizzato l’errore quadratico medio (Mean Square Error, MSE) della stima rispetto al parametro da stimare. Il

MSE corrisponde a: ( ) ( ) ( ) ( )[ ] ( ) ( ) (3.4) ˆˆˆˆ 222222

DmmEmmEEMSE +=−+−=−+−=−= σθθθθθθθ

Dove m è la media dei valori dello stimatore nei campioni estraibili, che nel caso di un stimatore non distorto corrisponderebbe al parametro da stimare θ, D è la distorsione, σ2 è la varianza della distribuzione dei valori dello stimatore. L’espressione finale riportata sopra deriva dalla considerazione che E( -m)=0 e che, quindi, il prodotto incrociato è nullo.

θ̂

Due stime vengono definite equivalenti se presentano stesso MSE. Poiché comunque è possibile che si presentino distorsioni inattese nelle stime, si preferisce fare riferimento alla precisione delle stime, valutata rispetto a m, piuttosto che alla accuratezza, valutata rispetto a θ. In particolare, confrontando due stimatori asintoticamente non distorti, si definirà più efficiente lo stimatore

che presenta minore varianza, ovvero, dati θ̂ 1e θ̂ 2 asintoticamente non distorti, θ̂ 1

è più efficiente se σ21/σ2

2 <1, dove σ21 σ2

2 sono le varianze dei due stimatori11.

11 Per eventuali approfondimenti degli argomenti presentati ai paragrafi 3.6, 3.7 e 3.8 si veda il testo di Diana G. e Salvan A., “Campionamento da popolazioni finite”, cleup editore.

4. I VARI TIPI DI CAMPIONAMENTO

Come già accennato, vi sono diversi metodi di estrazione delle unità costituenti il campione, per cui si

ritiene utile descrivere metodologicamente, i possibili tipi di campionamento prima di contestualizzarli ai

disegni di ricerca PRUO. I tipi di campionamento possono essere distinti in probabilistici e non probabilistici. I primi si

caratterizzano per il fatto che è possibile individuare la probabilità che ciascuna unità della

popolazione ha di appartenere al campione. I tipi di campionamenti probabilistici noti e presentati

in questa sede sono: il campionamento casuale semplice con ripetizione e senza ripetizione, il

campionamento stratificato, il campionamento a stadi, il campionamento sistematico ed a grappoli.

Alcuni di essi vengono solitamente utilizzati nei disegni di ricerca PRUO, altri, invece, trovano in

essi applicazione limitata.

4.1 Il campione casuale semplice

Un campione casuale semplice si caratterizza dal fatto che tutte le unità della popolazione hanno

la medesima probabilità di essere estratte, e dal fatto che teoricamente richiede la conoscenza di

tutte le unità dell’universo.

In un campione casuale semplice con ripetizione (o bernoulliano)12 le unità statistiche estratte o

campionate vengono reinserite nella popolazione dopo l’estrazione e possono, quindi, essere estratte

nuovamente alla seconda estrazione. Per cui ciascuna estrazione è indipendente dal risultato

ottenuto all’estrazione precedente e la probabilità di estrazione di ciascuna unità rimane costante

nelle successive estrazioni e pari a 1/N (dove N è la numerosità della popolazione). Se la

dimensione del campione è pari a n la frazione di campionamento è pari a n/N.

Il numero complessivo di campioni casuali semplici con ripetizione, di numerosità n, che si

possono estrarre è pari a Nn (tale numero corrisponde alle disposizioni con ripetizione), in quanto i

campioni in questo caso possono differire sia per le unità contenute sia per l’ordine di estrazione

delle stesse. Due campioni che presentano le stesse unità estratte ma diverso ordine di estrazione

delle stesso sono ritenuti diversi. Ad esempio, il numero di campioni di due unità che possono

12 Nel campionamento casuale semplice si possono, in realtà, individuare tre criteri di selezione del campione o delle unità campionate: il campionamento di Bernoulli, il campionamento casuale con ripetizione ed il campionamento casuale senza ripetizione. La differenza principale è data dal fatto che nel campionamento Bernoulliano la dimensione del campione non è nota a priori, mentre negli altri due tipi di campionamento essa è nota. Tutte queste tecniche appartengono alla classe dei disegni di campionamento con probabilità uguale, in cui la probabilità di campionamento è la stessa per tutte le unità della popolazione. Si veda a tal proposito Lehtonen R e Pahkinen EJ., “Practical Methods for Design and Analysis of Complex Surveys”, John Wiley & Sons.

essere estratti da una popolazione di numerosità N è pari N2. La rilevanza dell’ordine di estrazione

per la differenziazione dei campioni fa si che questo tipo di campioni sono detti campioni

bernoulliani ordinati. Nel campionamento casuale la precisione della stima aumenta all’aumentare

della dimensione del campione. Alle volte si può essere interessati a definire la numerosità dei

campioni non ordinati, ovvero ad individuare il numero totale dei possibili campioni che

differiscono per almeno un unità estratta, ma non più per l’ordine di estrazione delle unità. Si

dimostra che il numero di campioni non ordinati estratti con ripetizione da una popolazione di

dimensione N è pari a13:

( )( ) ( ) (4.1) !

1...21' , nnNNNNC nN

−+++=

Per cui se ad esempio si vuole estrarre da una popolazione di dimensione N=4 dei campioni

bernoulliani non ordinati di dimensione n=3, il numero totale di campioni che si possono estrarre è:

20123654' 3,4 =

⋅⋅⋅⋅

=C

Nel contesto PRUO, così come in altri contesti, la scelta di effettuare un campionamento con

ripetizione (reinserimento nella popolazione delle unità estratte) non risulta spesso agevole o utile

ai fini di un disegno di ricerca che sia in accordo con gli intenti e le caratteristiche della ricerca.

Per tali motivi spesso si ricorre al campionamento casuale senza ripetizione (o senza

reinserimento). L’estrazione di un campione casuale senza ripetizione è alla base dei vari disegni

campionari che si possono adottare per la definizione di un campione di ricoveri, sia in un indagine

retrospettiva sia concorrente, in un disegno di carattere longitudinale. Nel campionamento senza

ripetizione un unità estratta non può essere estratta alle successive tornate. Se il campione estratto

da una popolazione di N unità ha numerosità n=1, la numerosità dei campioni estraibili è pari a N

(numerosità della popolazione). Se i campioni hanno dimensione n=2, la numerosità degli stessi è

pari a N(N-1), la quale si ottiene moltiplicando il numero di estrazioni possibili in ciascuna tornata

(alla prima estrazioni vi sono N estrazioni alternative, alla seconda ed ultima estrazione vi sono N-1

possibili estrazioni poiché vi sono N-1 unità rimaste ed estraibili). In generale la numerosità dei

campioni di dimensione n in una popolazione N è data da:

13 Si nota che l’espressione C’N,n corrisponde al numero di combinazioni con ripetizione. Per la comprensione degli elementi di base del calcolo combinatorio in matematica, che consente la determinazione del numero di disposizioni e di combinazioni con ripetizione si rimanda a…. Inoltre, il termine al denominatore dell’espressione 4.1 corrisponde a n fattoriale, ovvero n!=n(n-1)(n-2)…1.

( )( ) ( ) (4.2) 1...21, +−−−= nNNNND nN

Tale espressione individua il numero di disposizioni semplici di N elementi di classe n14.

I due tipi di campionamento, con e senza ripetizione, non presentano la stessa precisione, tuttavia

essi vengono ritenuti assimilabili qualora la frazione di campionamento n/N risulti essere inferiore a

0,01. I campioni estratti senza reinserimento sono dei campioni ordinati, nel senso che l’ordine di

campionamento delle unità è osservabile e costituisce fattore di distinzione dei campioni estraibili.

Se tuttavia, l’estrazione del campione viene effettuata in blocco (ovvero senza distinguere le varie

estrazioni ordinandole) l’ordine non è più evidenziabile. Nel campionamento senza ripetizione

effettuato in blocco, la numerosità dei campioni estraibili è diversa in quanto non esiste più quale

fattore discriminante l’ordine di estrazione, in particolare la numerosità dei campioni risulta pari al

numero di combinazioni semplici15 di N elementi di classe n, ovvero:

nN

Un esempio di applicazione del campionamento casuale semplice senza ripetizione può essere rappresentato dall’estrazione casuale delle giornate di ammissione (o di singole giornate di degenza) di tutti i ricoveri effettuati nel reparto di medicina di un ospedale in un determinato arco temporale.

4.2 Il campione a più stadi

Questo tipo di campioni viene utilizzato quando la popolazione è particolarmente numerosa. Se ad esempio si vuole estrarre un campione da tutti i ricoveri effettuati a livello regionale in un determinato arco temporale si può pensare di estrarre a caso le strutture ospedaliere (unità primarie), in prima battuta, di estrarre poi a caso i reparti appartenenti alle strutture estratte (unità di secondo stadio), in un secondo stadio, e di estrarre infine il campione di ricoveri effettuati nei reparti estratti (unità finali). Il campionamento a stadi prevede, quindi, l’estrazione in stadi successivi delle unità “macro” cui appartengono le unità finali da campionare. Il campionamento a stadi può risultare utile qualora la popolazione di ricoveri o di giornate di ammissione da campionarie è molto numerosa e derivante da diversi reparti appartenenti a diversi ospedali. In una situazione di questo genere potrebbe risultare utile campionare prima gli ospedali ed i reparti e successivamente i ricoveri o le giornate ad essi relativi. Un approccio di questo genere potrebbe consentire una riduzione dei costi ella rilevazione. Si pensi, ad esempio, ad un applicazione PRUO condotta con finalità di controllo esterno a livello regionale sui reparti di base; se la numerosità delle unità

14 Si veda la nota 3. 15 Si veda la nota 3.

operative esistenti a livello regionale è elevato si potrebbe pensare di estrarre casualmente un campione di unità operative (reparti) o di ospedali, ad un primo stadio, e di estrarre casualmente le unità di osservazione (giornate di ammissione o di degenza dei ricoveri effettuati nei reparti selezionati) ad un secondo stadio.

4.3 Il campione stratificato

Quando la popolazione è molto numerosa ed è difficoltoso numerare tutte le unità appartenenti alla popolazione, per evitare di estrarre casualmente degli elementi atipici della popolazione si ricorre al campionamento stratificato. Per la definizione di questo tipo di campione le unità della popolazione vengono classificate in classi o strati da cui vengono campionate. Ogni unità appartiene ad un solo strato. Per cui la stratificazione rappresenta una suddivisione della popolazione in più strati, in base ad informazioni aggiuntive, finalizzata all’aumento della precisione delle stime grazie alla definizione di un campione maggiormente rappresentativo della popolazione. Se, ad esempio, il campione che si intende costruire deriva dalla considerazione dei ricoveri effettuati nei reparti di medicina generale di ospedali di diversa dimensione (ad esempio, le unità della popolazione appartengono a diverse liste di numerosità diversa), il raggruppamento in strati omogenei migliora la precisione delle stime. La determinazione della numerosità dei campioni estratti da ciascun strato può essere definita seguendo diversi metodi.

CAMPIONE STRATIFICATO PROPORZIONALE ALLA NUMEROSITÀ DEGLI STRATI

Ipotizzando che N1, N2, …, Ns siano le popolazioni degli strati individuati, la cui somma

individua la numerosità totale della popolazione, e considerando un campione di numerosità n, (da

cui la frazione di campionamento è pari a f = n/N) la numerosità delle unità campionarie estratte da

ciascun strato è data da:

n1=f⋅N1, n2=f⋅N2, …, ns=f⋅Ns

In altri termini i sotto - campioni estratti da ciascun strato hanno numerosità proporzionale alla

numerosità della popolazione appartenente allo strato.

CAMPIONE STRATIFICATO UNIFORME

In questo caso i campioni estratti da ciascun strato presentano numerosità costante. Per cui se n è

la dimensione complessiva del campione e se s è il numero degli strati, n/s è la dimensione di

ciascun sotto – campione. Questo tipo di stratificazione viene adottato quando la numerosità della

popolazione di certi strati è particolarmente esigua e vi è il rischio che stratificando in modo

proporzionale la numerosità del relativo sotto – campione non risulti sufficiente.

Un esempio di campionamento, nell’ambito di una ricerca PRUO, stratificato è quello relativo al progetto PRUO condotto dalla Regione Friuli – Venezia Giulia considerando tutti i reparti di base di tutte le strutture ospedaliere esistenti in Regione.

4.4 Il campione sistematico

In questo caso le unità vengono campionate seguendo un passo di estrazione pari a k=N/n.

Ovvero, data n la dimensione del campione ed N la numerosità della popolazione, partendo da un

numero s ≤ k si estrae un elemento ogni k elementi della popolazione. Le N unità della popolazione

devono essere, in questo caso, preventivamente numerate.

Si potrebbe pensare, ad esempio, di estrarre una giornata di ammissione ogni n effettuate

successivamente in un reparto ospedaliero.

4.5 Il campione a grappoli (cluster)

Il campionamento a grappoli si realizza estraendo tutte le unità contigue della popolazione

appartenenti ad un predeterminato insieme di unità, detto appunto grappolo. Se la popolazione di

unità è costituita dalla totalità dei ricoveri effettuati in un reparto, un grappolo potrebbe essere

identificato con l’insieme dei ricoveri effettuati in un mese ed un campionamento a grappolo

potrebbe implicare l’estrazione di tutti i ricoveri appartenenti a tale grappolo. A differenza della

stratificazione, la clusterizzazione implica una ripartizione spontanea della popolazione.

Riprendiamo ed approfondiamo alcuni aspetti. Solitamente quando si conosce solo la dimensione

della popolazione e non si ha alcuna informazione aggiuntiva sulla struttura della stessa l’unico tipo

di campionamento effettuabile è quello casuale semplice. Qualora, invece, si possiedano

informazioni ulteriori relative ad alcune caratteristiche della popolazione o di tipologie o gruppi di

individui che la costituiscono, la considerazione di disegni campionari più complessi, quale quello

stratificato, in grado di considerare operativamente tali informazioni, consente di migliorare la

precisione delle stime ottenibili dal campione estratto.

Il campionamento casuale e quello stratificato hanno in comune il fatto che le unità della

popolazione vengono estratte singolarmente. Infatti si estrae singole unità della popolazione sia che

l’estrazione venga effettuata dall’intera popolazione, come nel caso del campionamento casuale, sia

che avvenga dai singoli strati individuati, come nel caso del campionamento stratificato. Qualora,

invece, si ipotizzasse di definire o individuare dei gruppi di unità nella popolazione e di estrarre

tutte le unità di tali gruppi, si avrebbe un campionamento a grappoli o a cluster, come evidenziato

sopra. Mentre nei primi si campionano le unità, dalla popolazione o dagli strati, nell’ultimo caso si

campionano i grappoli o cluster.

Sia il campione sistematico sia quello a grappoli hanno avuto minori applicazioni nel contesto

delle indagini PRUO, tuttavia essi potrebbero risultare utili in taluni casi subordinatamente agli

scopi perseguiti nelle analisi. Si pensi, ad esempio alla possibilità di estrarre un campione

sistematico di ricoveri o di giornate di ammissione da un reparto attraverso l’individuazione del

passo di estrazione effettuata considerando intervalli di ricoveri o di ammissioni effettuate nel

reparto. Si potrebbe anche pensare di individuare i grappoli di ricoveri effettuati in un determinato

intervallo temporale nei reparti considerati nell’indagine, o i grappoli di giornate di ammissione o di

degenza effettuate in determinati giorni indice considerati. Nel campionamento a grappoli

l’estrazione campionaria viene effettuata con riferimento ai periodi temporali o alle giornate indice

che individuano grappoli di unità (ricoveri o giornate) e non con riferimento alle unità stesse.

5. LE STIME CAMPIONARIE E LE DISTRIBUZIONI DELLE

STATISTICHE CAMPIONARIE

Prima di trattare la teoria delle stime campionarie e delle distribuzioni degli stimatori campionari, si ritiene

utile richiamare brevemente il concetto di inferenza statistica. L’inferenza statistica è l’insieme di tecniche

che consentono la derivazione di informazioni relative alla popolazione attraverso l’analisi dei dati

campionari, ed in particolare essa consente: la stima, puntuale o intervallare, di alcuni parametri della

popolazione e la verifica d’ipotesi.

La stima puntuale si attua attribuendo al valore ignoto e di interesse della popolazione un valore stimato

derivato dai dati del campione (la proporzione dei ricoveri inappropriati sulla totalità dei ricoveri effettuati

viene stimata attribuendo ad essa la proporzione di ricoveri inappropriati ottenuti nel campione di ricoveri),

mentre la stima intervallare si ottiene individuando l’intervallo di valori entro cui si trova il valore vero del

parametro della popolazione con una data probabilità.

Alcune nozioni di base

Si chiama solitamente statistica una funzione dei dati campionari utilizzata per derivare la stima puntuale

del parametro della popolazione (ad es. la media campionaria è la statistica o lo stimatore utilizzato per

stimare la media della popolazione; la proporzione campionaria è la statistica della proporzione della

popolazione). Mentre i parametri della popolazione sono valori fissi (noti od ignoti) le statistiche sono valori

variabili in funzione dei dati del campione estratto. Nella tabella successiva si riporta un elenco di notazioni

con cui solitamente si indicano i parametri della popolazione che si vuole stimare e gli stimatori o le

statistiche campionarie utilizzate a tal fine.

Tab.1: i parametri di interesse della popolazione e le relative statistiche

U Popolazione

N Numerosità della popolazione

n Numerosità del campione

N

Media della caratteristica (variabile) X nella popolazione

N

xi

i∑== 1µ

µ̂

=2σ

Valore stimato della media della popolazione µ attraverso i dati del

campione

µ* Valore ipotizzato della media della popolazione

N

Variabilità del carattere (variabile) X nella popolazione

2

( )N

xi

i∑=

−1

µ

ˆ

σ

Stima della variabilità di X nella popolazione tramite il campione

Media nel campione, stimatore (statistica) della media nella

popolazione

Variabilità nel campione, stimatore (statistica) della variabilità del

carattere nella popolazione

n

xx

n

ii∑

== 1

Relativamente alla tabella 1 si sottolinea che x individua la caratteristica (variabile casuale) di interesse, µ

è il suo valore medio nella popolazione e x è la media della caratteristica nei campioni estratti (anche

quest’ultima è una variabile casuale che varia in funzione del campione estratto).

Comunque, nelle analisi sull’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri la caratteristica delle unità statistiche

(giornata di ammissione o singole giornate di degenza) che viene valutata è nominale dicotomica

(appropriata o inappropriata). A tale carattere potrebbero essere associate le modalità 1 (inappropriato) e 0

(appropriato), e la popolazione risulterebbe quindi caratterizzabile da valori 1 e 0. Si può allora calcolare le

proporzioni di valori pari a 1, ovvero le proporzioni di unità inappropriate. Se si indica con p la frequenza con

cui si presenta la modalità 1 (inappropriato), la frequenza di 0 (appropriato) è pari a q=1-p e,

conseguentemente, Np ed Nq sono i totali delle unità inappropriate ed appropriate. Generalizzando alla

definizione dei parametri di una qualsiasi popolazione dicotomica a partire dalle espressioni di calcolo della

media e della varianza, di popolazione e campionaria, presentate nella precedente tabella si hanno le

espressioni riportate nella tabella di seguito. Si noti che la media di una popolazione dicotomica è pari alla

proporzione (frequenza relativa) della modalità 1 (corrispondente anche alla probabilità della stessa

modalità)16.

Tab.2: i parametri di interesse e le relative statistiche in una popolazione dicotomica P Proporzione della modalità 1 nella

popolazione

f Proporzione della modalità 1 nel

campione

Proporzione nella popolazione

( )n

xxs

n

ii∑

=

−= 1

2

2

( )p

NpNNp

=⋅−+⋅

=011

µ

16 Per approfondire e confermare le notazioni riportate nella tabella si veda Del vecchio F., Elementi di statistica per la ricerca sociale, CACUCCI EDITORE, 1984.

( ) ( ) ( )ppNpNp −⋅−+−⋅ 011 22

p

c

v

r

s

(

d

c

c

v

l

Varianza della popolazione

Proporzione campionaria, stimatore della

proporzione nella popolazione

( )ppN

−== 12σ

( ) fn

fnnfx =⋅−+⋅

=011

22

r

a

a

e

te

in

iv

a

a

a

e

Varianza campionaria, stimatore della

varianza nella popolazione

P* Valore ipotizzato di p

p̂ La stima di p tramite i dati del campione

( ) ( ) ( ) ( )ffn

ffnfnfs −=−⋅−+−⋅

= 10112

5.1 Le distribuzioni campionarie Come sottolineato in precedenza il parametro di interesse della popolazione (media, varianza o

oporzione) stimato sui valori del campione non è fisso ma varia al variare del campione estratto. La media

mpionaria, stimatore utilizzato per la stima della media della popolazione, assume un valore diverso al

riare del campione considerato. Ipotizzando di estrarre successivamente diversi campioni e di calcolare le

lative medie campionarie, la media campionaria può essere considerata una variabile aleatoria essa

ssa, il cui valore varia in funzione del campione estratto, avente una specifica distribuzione di probabilità

base alla quale risulta possibile associare una probabilità ad ogni valore che essa può assumere nei

ersi campioni) con relativa media e varianza.

Approfondiamo questo concetto definendo la media e la varianza della distribuzione della media

mpionaria nei vari tipi di campioni che possono essere estratti, descritti in precedenza.

La distribuzione della media e della varianza campionaria nel campione casuale con reinserimento o nel

mpione bernoulliano

Se si estrae un campione casuale con reinserimento nella popolazione delle unità estratte, la media della

riabile x media campionaria , e la varianza della stessa sono pari a:

( ) ( ) (5.1) e 22

nXX σσµµ ==

In un campione casuale, quindi, ipotizzando di ripetere più volte l’estrazione del campione e di calcolare

relative medie, la media di tali medie tende alla media del carattere nella popolazione e la varianza delle

stesse risulta pari alla varianza del carattere nella popolazione rapportata alla dimensione del campione.

Queste relazioni sono facilmente dimostrabili prendendo in considerazione la formula di definizione della

media campionaria riportata nella tabella precedente.

Nel caso di un carattere dicotomico (1, 0), si è visto che la media della popolazione corrisponde alla

proporzione (p = frequenza relativa nella popolazione), che la media nel campione corrisponde alla

proporzione campionaria (f = frequenza relativa nel campione) e che la varianza, di popolazione e

campionaria, è pari a, rispettivamente, p(1-p) ed f(1-f). Per cui se il campione è bernoulliano si ha che la

distribuzione della proporzione campionaria presenta i seguenti parametri:

( ) ( ) ( )(5.2) 1 e

22

npp

nfpf −

===σσµ

Per chiarire i concetti espressi si pensi all’estrazione di numerosi campioni bernoulliani di giornate di

ammissione, la proporzione di giornate inappropriate ottenuta in ciascun campione (proporzione

campionaria, f) è una variabile casuale avente una distribuzione di probabilità con media pari alla

proporzione delle giornate di ammissione inappropriate su tutti i ricoveri, p, e con varianza pari a p(1-p)/n.

La distribuzione della media e della varianza campionaria nel campione casuale senza reinserimento

( ) ( ) ( )( ) (5.3)

1 e 2

−−

⋅==N

nNn

XX σσµµ2

Se il campione estratto è casuale senza reinserimento, di uso più frequente rispetto al precedente nelle

indagini considerate, la media e la varianza della media campionaria risultano pari a:

Per cui riprendendo l’esempio precedente del campione di giornate di ammissione, ipotizzando di estrarre un

campione casuale senza reinserimento e di ripetere l’estrazione più volte, le proporzioni campionarie

ottenute nei vari campioni, f, presentano, a loro volta, un valore medio ed una varianza pari a:

( ) ( ) ( )( )

( ) ( )( ) (5.4)

11

1 e

22

−−

⋅−

=−−

⋅==N

nNn

ppN

nNn

fpf σσµ

5.2 La stima puntuale Quando i parametri della popolazione (media, varianza e proporzione) non sono noti vengono stimati

ricorrendo a delle funzioni dei dati dei campioni estratti, chiamate statistiche o stimatori. Gli stimatori utilizzati

devono possedere alcune proprietà: correttezza, efficienza e consistenza. Uno stimatore è corretto o non

distorto quando in media corrisponde al parametro da stimare, per cui quando calcolando la media dei valori

che esso assume nei vari campioni estratti essa risulta corrispondente al parametro che si intende stimare.

Uno stimatore consistente è tale per cui al crescere della dimensione del campione aumenta la

probabilità che il valore dello stimatore corrisponda al valore del parametro da stimare, ovvero:

{ } (5.5) 1ˆProb limn

==∞→

θθ

Infine l’efficienza di uno stimatore viene valutata con riferimento alla varianza dei valori dello stimatore nei

campioni estratti, per cui comparando due stimatori il più efficiente è quello che presenta minore variabilità

delle stime a parità della dimensione dei campioni. Il confronto dell’efficienza deve essere effettuata

considerando due stimatori corretti o la cui distorsione è trascurabile al crescere della dimensione

campionaria.

Nel caso specifico della stima della media della popolazione, solitamente sia che il carattere nella

popolazione abbia una distribuzione normale sia non, lo stimatore utilizzato è la media campionaria (media

dei valori del carattere nel campione), così come lo stimatore della proporzione della popolazione, nel caso

di carattere dicotomico, è la proporzione campionaria. Definiamo, comunque, quali sono i migliori stimatori

dei parametri (media, varianza e proporzione) della popolazione in funzione dei tipi di campioni estratti.

Campionamento bernoulliano o con reinserimento

Lo stimatore utilizzato per la media della popolazione è la media campionaria, mentre lo stimatore

migliore della varianza della popolazione è la varianza campionaria corretta, in base al fattore n/(n-1), come

riportato nella seguente espressione:

( )(5.6)

11ˆ e ˆ

222

−=⋅

−== ∑

nxx

sn

nx iσµ

Nel caso di caratteri dicotomici si ha che il migliore stimatore della proporzione della popolazione è la

proporzione campionaria mentre quello della varianza della popolazione è il seguente:

Campionamento in blocco (senza reinserimento)

( ) (5.7) 1

1ˆ e ˆ 2 nn

fffp ⋅−−

== σ

( )(5.8) 1

11ˆ e 1

1ˆ 222

NN

nnffs

NN

nn −

⋅−−

=−

⋅−

= σσ

In questo caso, mentre gli stimatori migliori della media e della proporzione della popolazione rimangono

la media campionaria e la proporzione campionaria, lo stimatore della varianza del carattere nella

popolazione, anche nel caso di carattere dicotomico, cambia di un fattore moltiplicativo pari a (N-1)/N,

ovvero si ha:

Si osserva che al tendere di N ad infinito il fattore di correzione (N-1)/N tende a 1 e gli stimatori della

varianza della popolazione tendono a quelli evidenziati nel caso di campionamento bernoulliano.

Campionamento stratificato

Prima di descrivere gli stimatori dei parametri della popolazione nel caso di campionamento stratificato è

necessario riportare alcune notazioni:

Tab. 3: notazioni relative al campionamento stratificato

Ni La numerosità delle unità nello strato i-esimo

ni La numerosità del campione estratto dallo strato i-esimo

Xij L’elemento j-esimo estratto dallo strato i-esimo ix La media campionaria parziale sullo strato i-esimo

µi La media della popolazione dello strato i-esimo

N0 Il numero degli strati

N La numerosità complessiva della popolazione

σ2i La varianza dello strato i-esimo

s2i La varianza calcolata sul campione parziale dello strato i-esimo

fi La frequenza osservata (proporzione campionaria) dello strato i-esimo

pi La frequenza della popolazione dello strato i-esimo

Lo stimatore corretto della media del carattere della popolazione µ è la media campionaria che, in questo

caso, corrisponde a:

(5.9) 1 0

1∑

=

=N

iii xN

Nx

Se si considera la varianza del carattere nella popolazione σ2, nell’ipotesi che le medie µi e le varianze σ2i

delle popolazioni dei singoli strati siano note, viene stimata dal seguente stimatore:

( ) (5.10) 11 00

1

2

1

22 ∑∑==

−+=N

iii

N

iii N

NN

Nµµσσ

L’espressione precedente evidenzia che la varianza generale del carattere nella popolazione di

riferimento corrisponde alla somma di due addendi: il primo è la media ponderata delle varianze del

carattere nei singoli strati della popolazione, il secondo addendo è la varianza delle medie delle popolazioni

degli strati. Se si ipotizza di fare un campionamento in blocco all’interno degli strati, le medie e le varianze

delle popolazioni negli strati, µi, e σ2i, vengono stimate dalle medie campionarie relative agli strati e dalle

varianze campionarie di cui alla precedente espressione (5.8), ovvero da:

(5.11) 1

1ˆ e 22

i1

ii

i

i

i

i

n

jij

i sN

Nn

nn

xx

i

−−

==∑

= σ

Per cui sostituendo le stime delle medie e delle varianze negli strati riportate nell’espressione (5.11) nella

precedente espressione (5.10), si ottiene che lo stimatore della varianza complessiva corrisponde a:

( ) ( ) (5.12) 11

11ˆ00

1

2

1

22 ∑∑==

−+−

−=

N

iii

N

ii

i

ii xxNN

snNn

Nel caso di popolazioni dicotomiche e campionamento stratificato, la proporzione e la varianza

complessive della popolazione vengono stimate con formule analoghe, in cui la media campionaria dei

( )(5.13)

11

1ˆ 2

i

i

i

iii

NN

nnff −

⋅−

−=σ

singoli strati viene sostituita con fi e la varianza dei singoli strati viene stimata con la precedente (5.8), per cui

con:

Campionamento a due stadi

Anche nel caso degli stimatori dei parametri della popolazione nell’ipotesi di campionamento a due stadi

è necessario introdurre alcune notazioni preliminari.

Tab. 4: notazioni relative al campionamento a due stadi

N Numerosità complessiva della popolazione

N0 Numero delle unità primarie

Ni Numero di elementi contenuti nell’i-esima unità primaria

00 NN

NNN i == ∑ Numerosità media delle unità primarie

n0 Numero delle unità primarie estratte

ni Numero degli elementi dell’unità i-esima estratti

n=∑ ni Numero degli elementi di tutto il campione

ix Media parziale calcolata sugli elementi estratti dall’i-esima unità

primaria estratta

si2 Varianza calcolata sugli elementi del campione estratti dall’i-esima

unità primaria estratta

Ipotizzando che gli elementi siano estratti in blocco dalle unità primarie sorteggiate, gli stimatori corretti

della media complessiva della popolazione, µ, e della proporzione della popolazione, p, sono:

(5.14) 1ˆ e 1ˆ00

1010∑∑

==

⋅=⋅=n

iii

n

iii fN

NnpxN

Nnµ

Uno stimatore della media della popolazione, non corretto, ma più efficiente e preferito per ragioni di

ordine pratico soprattutto nelle indagini sociali è il seguente:

(5.15) ˆ0

0

1

1

=

==n

ii

n

iii

N

xNµ

Campionamento a grappoli

Il campionamento a grappoli è un caso particolare del campionamento a due stadi. Esso si ottiene

dividendo l’universo in N0 “grappoli” o subuniversi, estraendo n0 di questi grappoli e considerando tutti gli

elementi dei grappoli estratti. Per cui il campionamento a grappoli corrisponde a quello a due stadi in cui

Ni=ni con i=1,2,3,… n0.

5.3 Le distribuzioni campionarie degli stimatori della media e della proporzione della popolazione nei vari tipi di campioni

In questa sezione si approfondisce la definizione delle distribuzioni di probabilità delle statistiche media e frequenza campionaria definite subordinatamente ai vari tipi di campionamento effettuati.

5.3.1 LA DISTRIBUZIONE DELLA MEDIA CAMPIONARIA NEL CAMPIONAMENTO BERNOULLIANO ED

IN BLOCCO

La distribuzione della media campionaria può essere definita diversamente a seconda che la varianza della popolazione sia nota o meno. Si ricorda infatti che la varianza della statistica media campionaria dipende dalla varianza della popolazione e che la specificazione della distribuzione di probabilità di una variabile casuale richiede la conoscenza o l’individuazione dei due parametri, media e varianza, della variabile casuale. Per cui la conoscenza o meno della varianza della popolazione, e conseguentemente della varianza della media campionaria, implica l’esistenza di due possibili situazioni.

Distribuzione della media campionaria quando il parametro σ è noto

Se il carattere nella popolazione si distribuisce normalmente e σ è noto, anche le medie nei campioni hanno distribuzione normale, con media e varianza corrispondenti a quelle riportate nelle espressioni (5.1) e (5.6) a seconda del tipo campionamento. Se la popolazione non si distribuisce normalmente, si assume ugualmente che la distribuzione delle medie campionarie sia normale, condizionatamente all’estrazione di campioni sufficientemente numerosi (in pratica tale assunzione si ritiene valida per campioni aventi n≥30), (Teorema del limite centrale)17 L’assunzione della normalità della distribuzione della media campionaria consente di fare riferimento alla distribuzione normale standardizzata corrispondente a:

( ) (5.16) X

xzσ

µ−=

Distribuzione della media campionaria quando σ non è nota

Nel caso in cui non si conosca la varianza della popolazione, σ, è necessario ricorrere ad una sua stima per derivare la varianza della media campionaria. La

( ) ( ) (5.17) N

n-N 1

ˆ e 1

ˆ2

22

2 ⋅−

=−

=nsx

nsx σσ

17 Per il teorema del limite centrale si veda Orsi R., “Probabilità e inferenza statistica”, Il Mulino, 1985.

stima corretta della varianza di x corrisponde, a seconda che il campionamento sia bernoulliano o in blocco, a: In questo caso ipotizzando che il carattere nella popolazione sia distribuito normalmente e che σ non sia noto, la trasformazione della variabile media campionaria riportata di seguito si distribuisce come una variabile casuale chiamata “t di Student” (si veda appendice B).

( ) (5.18) ˆ Xxtσ

µ−=

LA DISTRIBUZIONE DELLA MEDIA CAMPIONARIA NEL CAMPIONAMENTO STRATIFICATO AD UNO

STADIO

Anche in questo caso si distingue la situazione in cui i parametri (µi, pi, σi) relativi ai vari strati sono noti dalla situazione in cui essi non lo sono. A) Distribuzione della media campionaria generale nel caso di µi, pi e σi noti Se i parametri degli strati sono noti la media campionaria si distribuisce con la

seguente media e varianza:

( ) ( ) (5.19) 1

X e N1 00 N

1i

222

N

1ii ∑∑

==

⋅−

−⋅

=⋅==

i

i

i

iiii nN

nNNN

NX

σσµµµ

B) Distribuzione della media campionaria generale nel caso in cui µi, pi e σi non sono noti. In questo caso essendo i parametri degli strati ignoti è necessario stimarli. Una stima corretta della media nei vari strati, µi, è data dalla media campionaria di strato, ix , per cui la media della media campionaria generale risulta pari a:

( ) (5.20) N1 0N

1ii∑

=

⋅== ixN

X µµ

Inoltre, la stima corretta della varianza degli strati, σi

2 è data dalla seguente

espressione:

( ) (5.21) 1

Xˆ 0N

1i

222 ∑

= −⋅

−⋅

=

i

i

i

iii

ns

NnN

NN

σ

ANCHE IN QUESTO CASO LA TRASFORMAZIONE DELLA MEDIA CAMPIONARIA SECONDO

L’ESPRESSIONE (5.18), NEL PRESENTE CASO, SI DISTRIBUISCE COME UNA VARIABILE CASUALE “T

DI STUDENT”.

5.3.2 LA DISTRIBUZIONE DELLA PROPORZIONE CAMPIONARIA NEL CAMPIONAMENTO

BERNOULLIANO ED IN BLOCCO

Consideriamo ora il caso in cui il parametro della popolazione da stimare sia la proporzione (frequenza relativa) del carattere nella popolazione, e la relativa statistica è la proporzione campionaria (frequenza relativa campionaria) di cui si vuole definire la distribuzione di probabilità a seconda dei tipi di campionamento adottati. Se il campione è bernoulliano, lo stimatore, la frequenza relativa o proporzione campionaria, f, si distribuisce come una variabile casuale binomiale avente media pari alla proporzione della popolazione, µ(f)=p, e varianza data da:

Se il campionamento è stato effettuato in blocco la frequenza o proporzione campionaria ha distribuzione ipergeometrica con media pari a µ(f)=p e varianza

data da:

( ) ( ) (5.22) 122

npp

nf −

==σσ

( ) ( ) (5.23) 1

11

22

−−

⋅−

=−−

⋅=N

nNn

ppN

nNn

f σσ

Al crescere di N la distribuzione ipergeometrica tende ad una distribuzione binomiale. Le espressioni riportate sopra relative ai parametri della distribuzione della proporziona campionaria f sono valide se si conosce la proporzione delle popolazione, p, che consente la definizione della varianza della proporzione campionaria. Se la proporzione nella popolazione, p, non è nota è necessario stimarla ed una stima non distorta di p è data da f, proporzione campionaria, mentre una stima non distorta di σ2(f) si ottiene sostituendo nelle espressioni seguenti espressioni (5.24) le espressioni per la stima della varianza della

popolazione dicotomica, per il campionamento bernoulliano e in blocco, riportate di seguito (5.25).

( ) ( ) (5.24) 1

e 2

22

2

−−

⋅==N

nNn

fn

f σσσσ

( ) ( ) (5.25) 111ˆ e

11ˆ 22

NN

nnffn

nff −

⋅−−

=⋅−−

= σσ

Da cui si ottiene che la stima della varianza della proporzione campionaria, f, nel campionamento bernoulliano ed in blocco risulta pari a.

( ) ( ) ( ) ( ) (5.26) 111ˆ e

11ˆ 22

NN

nfff

nfff −

⋅−−

=−−

= σσ

Poiché al crescere di n la distribuzione binomiale tende ad una normale (per n≥30) la variabile trasformata z tende ad una normale standardizzata.

LA DISTRIBUZIONE DELLA PROPORZIONE CAMPIONARIA NEL CAMPIONAMENTO STRATIFICATO AD

UNO STADIO

Analogamente a quanto riportato sopra, relativamente alla distribuzione della media campionaria nel campionamento stratificato, si distingue il caso in cui i parametri degli strati sono noti da quello in cui essi non sono noti. Se i parametri degli strati sono noti valgono formule analoghe a quelle riportate in (5.19) ad eccezione del fatto che σ2

i=pi(1-pi). Se i parametri non sono noti essi debbono essere stimati, mentre la proporzione della popolazione negli strati viene stimata dalle proporzioni campionarie, fi, da cui la proporzione campionaria complessiva corrisponde a f=(1/N)∑Nifi, e si ha

che µ(f)=p, la varianza campionaria σ2(f) viene stimata dalla seguente espressione:

( ) ( )(5.27)

11ˆ

2

1

20

i

ii

i

iiN

i

i

NnN

nff

NN

f−

⋅−−

= ∑

=

σ

La distribuzione delle proporzioni campionarie se la popolazione N è grande è una binomiale e se il campione estratto è numeroso può essere considerata una normale. Si sottolinea innanzitutto che l’analisi effettuata negli ultimi paragrafi richiede la conoscenza delle principali distribuzioni di probabilità (la distribuzione normale, la distribuzione normale standardizzata, la distribuzione binomiale, la distribuzione t di Student e la ipergeometrica) e delle loro caratteristiche. Per l’approfondimento di questi aspetti si rimanda, quindi, alla manualistica metodologica statistica relativa. La trattazione potrebbe essere prolungata analizzando le distribuzioni delle statistiche considerate nel caso di campionamento a due stadi e di campionamento a grappoli, tuttavia si preferisce rimandare, per l’approfondimento di tali distribuzioni, alla manualistica specializzata. Si ritiene infatti inopportuno dilungarsi oltremodo su questi argomenti specifici e si preferisce introdurre la stima intervallare e, successivamente, l’analisi della dimensione dei campioni estratti. 5.4 La stima intervallare (cenni)

La stima puntuale, effettuata attraverso il valore dello stimatore nel campione estratto, non fornisce alcuna informazione relativamente all’errore della stima, ovvero all’errore che si commette attribuendo al parametro della popolazione il valore dello stimatore derivato dall’estrazione di un solo campione. Effettuare una stima puntuale della proporzione dei ricoveri totalmente inappropriati implica attribuire alla popolazione dei ricoveri considerata la proporzione di ricoveri totalmente inappropriati osservata nel campione di ricoveri estratti. La semplice attribuzione di tale valore non fornisce alcuna indicazione in merito all’errore che tale stima comporta data la considerazione di un solo campione di ricoveri. La considerazione, quindi, anche della stima intervallare consente la derivazione di ulteriori indicazioni. La stima intervallare implica la determinazione, sulla base dei dati osservati nel campione estratto, di un intervallo entro cui cade il valore vero ed ignoto del parametro della popolazione con una certa probabilità. Per cui nel caso della stima dell’inappropriatezza totale dei ricoveri, la stima intervallare consente l’individuazione dell’intervallo entro cui la proporzione vera dei ricoveri inappropriati cade con una determinata probabilità (generalmente il 95% o il 99%), sulla base dei dati del campione estratto. L’intervallo derivato dai dati del campione viene definito intervallo di confidenza o di fiducia. Inoltre se la probabilità che il parametro della popolazione cada fuori dall’intervallo viene indicata con α, la probabilità che esso cada dentro l’intervallo risulta pari a (1-α), e mentre α viene definito livello di significatività, (1-α) viene definito livello di confidenza o di fiducia. La probabilità che il parametro cada dentro l’intervallo cresce al crescere dell’ampiezza dell’intervallo stesso, tuttavia intervalli eccessivamente ampi sono limitatamente significativi, per cui tutto ciò implica un trade-off tra il livello di fiducia che si intende

perseguire e la significatività della stima intervallare. Solitamente si assume α=0.05 o α=001. Definito l’intervallo di confidenza come l’intervallo avente estremi a e b e tale che:

{ } (5.28) 1Pr αθ −=<< baob

Si può dimostrare che l’intervallo che a parità di confidenza presenta ampiezza minima, per cui significatività massima, è quello centrato, ovvero quello per cui le probabilità individuate dalle due code di rifiuto sono uguali, per cui:

{ } { } (5.29) 2

Pr e 2

Pr αθαθ =≥=≤ bobaob

La determinazione dell’intervallo di confidenza richiede la conoscenza della distribuzione di probabilità dello stimatore del parametro, quindi della sua media e della sua varianza. Analizziamo alcuni esempi di derivazione degli intervalli di confidenza per specifici parametri della popolazione. Determinazione dell’intervallo di confidenza per la media della popolazione

Ricordando che la media campionaria, stimatore della media della popolazione, si distribuisce come una variabile casuale normale quando il campione ha numerosità superiore a 100, la popolazione N è grande e la varianza della

popolazione è ignota. Inoltre la media e la varianza della media campionaria risultano pari a:

( ) ( ) (5.30) 1

ˆ e 2

2

−==

nsXX σµµ

Per cui la variabile trasformata riportata di seguito presenta distribuzione normale standardizzata.

(5.31)

1−

−=

ns

xz µ

( ) (5.32) 22 αα σµ z

Xxz <

−<−

In base alla definizione di intervallo di confidenza si ricava che l’intervallo che contiene la variabile z con una probabilità pari a (1-α) è pari a: Da cui si ricava l’intervallo di confidenza che contiene la media della popolazione µ con medesimo livello di confidenza: Da tale relazione si ricava che l’ampiezza dell’intervallo d corrisponde a: In generale i limiti dell’intervallo di confidenza per un parametro della

popolazione stimato con uno stimatore avente distribuzione normale può essere

espresso nel modo seguente:

( ) ( ) (5.33) 22 XzxXzx σµσ αα ⋅+<<⋅− ( ) (5.33b) ˆ2 2 Xzd σα=

( ) ( ) (5.34) ˆˆˆˆ22 θσθµθσθ αα ⋅+<<⋅− zz

Se la distribuzione dello stimatore non è normale la sua trasformazione individua una variabile t di Student ed è su quest’ultima che viene definito l’intervallo di confidenza. Determinazione dell’intervallo di confidenza per la proporzione della popolazione Supponiamo di voler definire l’intervallo di confidenza (con una confidenza del 95%) per la proporzione del carattere nella popolazione, p, a partire dalla conoscenza della proporzione del carattere in un campione estratto, f.

Supponendo di non conoscere p e di stimare la varianza della proporzione campionaria attraverso la seguente:

( ) ( ) (5.35) 1

1ˆ 2

−−

=n

fffσ

Considerando una popolazione N numerosa, la proporzione campionaria si distribuisce come una variabile casuale normale, ed assumendo α=0.05, si ottiene l’intervallo di confidenza per la proporzione della popolazione, corrispondente a:

( ) ( ) (5.36) ˆˆ 22 fzfpfzf σσ αα ⋅+<<⋅−

6. LA DIMENSIONE DEI CAMPIONI Il problema della definizione della dimensione del campione è tutt’altro che secondario rispetto alle problematiche sino ad ora trattate. All’aumentare della dimensione del campione aumenta l’attendibilità delle stime dei parametri di interesse, aumentano tuttavia anche i costi della rilevazione.

La dimensione campionaria viene determinata attraverso un approccio che ripercorre a ritroso le

tappe sino ad ora percorse nella trattazione, condizionatamente all’ipotesi che ora n è un parametro

ignoto.

Analizziamo l’approccio di definizione della dimensione del campione in alcuni casi.

6.1 La dimensione del campione considerando la media campionaria con

distribuzione normale

Nel caso in cui si voglia determinare la dimensione di un campione per la stima della media della popolazione, ipotizzando la media campionaria si distribuisca secondo una normale, l’ampiezza dell’intervallo di confidenza risulta pari a:

( ) (5.37) ˆ2 2 Xzd σα= La quale nel caso di campionamento in blocco, tipologia di campionamento più verosimile nelle

indagini sociali considerate, ed ipotizzando di non conoscere σ, diventa: ( ) (5.38)

12 2 Nn

nNszd−−

= α

Per definire l’ampiezza dell’intervallo è necessario, quindi, conoscere: la numerosità del

campione, n; il livello di significatività α; la varianza campionaria s, stima della varianza della

popolazione. Dalla precedente formula è possibile derivare l’espressione che consente

l’individuazione di n. In particolare si ottiene che:

( )( )

(5.39)

2

22

22

2

22

22

Nzsd

zsdn

α

α

⋅+

⋅+=

La quale nel caso di N molto grande diventa: ( ) (5.40) 1

22

22

2

+⋅

=d

zsn α

Si osserva che per derivare la dimensione del campione è necessario definire α, individuare s, e

l’ampiezza d. L’ampiezza d per essere definita richiede la determinazione dell’intervallo di

confidenza per la media della popolazione, il quale a sua volta richiede l’individuazione a priori di

una stima approssimativa del valore del parametro nella popolazione.

6.2 La dimensione del campione considerando la media campionaria con

distribuzione non normale Ipotizzando di voler definire la dimensione del campione per la stima della media della

popolazione nella situazione in cui la media campionaria non ha distribuzione normale. Si consideri

la formula che definisce l’ampiezza dell’intervallo di confidenza e si ipotizzi di distinguere il caso

in cui si conosce il parametro σ dal caso in cui non lo si conosce. Posto che dalla formula che

definisce l’ampiezza dell’intervallo di confidenza si deriva che l’errore massimo con cui si vuole

stimare la media della popolazione è dato da:

( ) (5.41) 2 Xkd σ=

Ipotizzando di conoscere il parametro σ si deriva la seguente relazione:

Da cui si ricava la relazione che consente la determinazione della dimensione del campione,

ovvero:

( ) (5.42) 1

12 −

−=

NnnNd σ

α

( )(5.43)

12

22

2

NNNd

nσα

σ

+−

⋅⋅=

La quale per N sufficientemente grande rispetto ad n diventa: ( ) (5.44)

22

2

α

σ

⋅=

dn

Qualora, invece, il parametro σ non è noto si ottengono le seguenti relazioni, corrispondenti alle

precedenti, per la definizione della dimensione del campione:

( )( ) ( ) (5.45) 1

2

e

2

22

2

22

22

+=+

+=

dsn

Nsd

sdn

αα

α

Per cui, in base a quanto accennato in precedenza, si può affermare che per la determinazione

della dimensione campionaria è necessario conoscere:

- il livello di significatività α (il quale consente di conoscere zα/2 nel caso di distribuzione

normale);

- lo scostamento massimo; il altri termini è necessario definire a priori la precisione con cui

ottenere la stima della media e quindi lo scostamento tra la media campionaria ed il valore vero

del parametro nella popolazione;

- la varianza nella popolazione (reale o stimata); questo aspetto presenta notevoli problematiche

poiché spesso non si hanno notizie in merito alla variabilità del carattere nella popolazione. Se

la varianza reale della popolazione non è nota essa viene solitamente stimata attraverso la

varianza campionaria s, quest’ultima tuttavia è nota solo dopo l’estrazione del campione, per cui

per poter considerare una qualsivoglia stima della varianza del carattere nella popolazione è

necessario rifarsi ad informazioni derivate da studi precedenti.

In termini generali nel calcolo della dimensione del campione per la stima della media della popolazione si

ricorre alle formule (5.39) e (5.40 – nel caso in cui N è grande); se il valore di n che si ottiene è inferiore a 50

o se è compreso tra 50 e 100 ma la popolazione non ha distribuzione normale, la dimensione del campione

viene definita ricorrendo alle formule (5.43 – 5.45).

6.3 La dimensione del campione considerando la proporzione campionaria La determinazione della dimensione del campione nel caso di inferenza sulle frequenze relative,

o proporzioni, è più vicino agli interessi delle indagini considerate nel presente contesto. Spesso,

infatti, l’interesse è rivolto alla stima della proporzione nella popolazione di: ricoveri

completamente inappropriati, di giornate di ammissione o di degenza inappropriate ecc.

In questo caso la varianza dello stimatore, frequenza campionaria, se non è noto p, viene stimato

sostituendo ( )ff −1 al posto di s. Per cui per n superiore a 30 (condizione per evocare la

normalità della distribuzione della trasformata di f) ed a seconda che N sia grande o meno, si

ricavano le seguenti espressioni di definizione della dimensione del campione:

( ) ( )

( ) ( )( )

( ) (5.46) 1

2

1 e

12

122

2

22

22

2

2

2

+−

=−

+

−+=

d

zffn

N

zffd

zffdn

α

α

α

Se invece, n è inferiore a 30 non vale l’approssimazione della binomiale alla normale e riprendendo le formule riportate prima con riferimento al caso della distribuzione non normale della media campionaria, si ottengono le seguenti:

Dalle formula riportate sopra si osserva che per derivare la dimensione del campione è

necessario conoscere:

- il livello di significatività α;

( ) ( )

( ) ( )( )( ) (5.47) 1

2

1 e 1

2

1222

2

+−

=−

+

−+=

dffn

Nffd

ffdn

αα

α

- lo scostamento massimo di f da p, d/2;

- il valore di f presunto.

Spesso non è possibile conoscere f prima dell’estrazione del campione (come in precedenza non era dato conoscere la media campionaria a priori), si deve quindi definire un f tale per cui il campione da esso ricavato sia rappresentativo ovvero f(1-f) sia massimo. Questa condizione viene rispettata per f=0.5. Dall’ipotesi che f sia pari a 0.5 e dalle formule precedenti si ricava la dimensione del campione, sia sotto l’ipotesi che n sia maggiore di 30 sia nell’ipotesi contraria. Tuttavia se vi sono indicazioni tali per cui f dovrebbe risultare più prossimo a 0 o a 1, il valore sopra indicato non è considerabile ed è necessario individuare un valore alternativo indicativo attraverso un indagine pilota preliminare. Si riporta di seguito un esempio di calcolo della dimensione del campione n nel caso di inferenza sulla proporzione della popolazione. Esempio: Si ipotizzi di voler stimare la proporzione di giornate di ammissione inappropriate dei ricoveri effettuati in un intervallo temporale dato nei reparti di base di un ospedale. L’errore massimo della stima prefissato è pari al 3% ed il livello di significatività è pari ad α=0.05. Considerando i dati relativi ad un indagine pilota precedente si ricava una proporzione di giornate inappropriate pari a 35%, da cui si assume che f=0.35. Assumendo la distribuzione normale (per cui n>30), α=0.05 (da cui il corrispondente valore limite di z è 1.96) e richiedendo d/2=0.03, si ricava che la dimensione del campione corrisponde a:

Il campione da estrarre in base alle condizioni poste dovrebbe avere dimensione pari a 972 ricoveri. Estraendo un campione di 972 unità la stima della proporzione delle giornate di ammissione inappropriate dovrebbe presentare un errore massimo pari al 3%.

( )

( ) 972103.0

96.165.035.01

2

12

2

2

2

2 =+⋅⋅

=+−

=d

zffn

α

APPENDICE A Dato un carattere dicotomico che presenta le due modalità appropriato o inappropriato, ad esse

è possibile associare due eventi: - l’evento successo = inappropriato (E)

- l’evento insuccesso = appropriato (Ē)

Ripetendo l’osservazione su n unità statistiche, ipotizzando che sia p la probabilità che si manifesti l’evento successo e q = 1-p la probabilità che si manifesti l’evento insuccesso ed

assumendo che in ciascuna osservazione (giornata di degenza o di ammissione osservata) vi sia la stessa probabilità che si manifesti l’evento E, la probabilità che l’evento E (inappropriato) si verifichi x volte nelle n prove è pari a:

(A1) ......)(Pr xnx

xn

x

qpxn

qqqqppppxn

xob −

=⋅

=

321

876

La A1 che esprime la distribuzione binomiale individua la probabilità che l’evento inappropriato si presenti un numero variabile x di volte nelle n prove effettuate. La frequenza con cui si presenta l’evento di interesse, x, corrispondente ad una proporzione, è una variabile casuale (detta binomiale) che assume valori da 1 a n con le probabilità definite dalla A1. L’espressione A1 si comprende ricordando che le singole osservazioni sono indipendenti, ovvero in ciascuna di esse l’evento E ha sempre probabilità p di presentarsi, e che gli x eventi E possono presentarsi in ordine diverso, per cui in un numero di modi definiti dal primo fattore della A1.

APPENDICE B Mentre nel caso della (5.16) la variabile casuale z dipende da una sola variabile, la media campionaria x , funzione dei campioni estratti, nel secondo caso la variabile casuale t dipende da due variabili casuali, la media campionaria x e la varianza campionaria s. Conseguentemente la densità di probabilità della variabile t diventa più complicata. Mentre la variabile z ha un'unica funzione di densità di probabilità, la variabile t presenta una densità di probabilità che può variare al variare della numerosità campionaria. In generale la distribuzione di probabilità della variabile casuale t di Student presenta le seguenti caratteristiche:

- è positiva su tutto l’asse reale; - dipende dalla numerosità del campione estratto n, per cui non si ha una sola curva

ma infinite curve (tutte campanulari e simmetriche rispetto all’asse delle ordinate, asintotiche rispetto all’asse delle ascisse e più appiattite rispetto alla curva della normale standardizzata);

- al crescere di n la distribuzione della variabile t tende alla curva normale standardizzata.

APPENDICE C

I SOFTWARE DI SUPPORTO ALLA DETERMINAZIONE DELLA NUMEROSITÀ CAMPIONARIA

Escluso semplici ipotesi di campionamento casuale semplice riferite alla stima di parametri quali

percentuali di inappropriatezza, la determinazione della numerosità campionaria non è affatto un

problema semplice. E’ richiesta infatti una buona familiarità con la teoria del campionamento e una

precisa strutturazione del disegno di ricerca.

Alcuni software possono aiutare il processo di determinazione del campione rendendo ovviamente

automatiche molte operazioni di calcolo.

Sono diversi i prodotti disponibili: diversi per potenzialità, prezzo e facilità d’uso.

Ci soffermiamo su tre prodotti senza pretesa di indicare i migliori ma solo quelli su cui abbiamo

maturato esperienza d’uso.

a) EPIINFO v 6.04

Epiinfo è un software per MsDOS ben noto a chi lavora in ambito epidemiologico e di sanità

pubblica. Si tratta di un prodotto messo a punto dal CDC (Center for Disease Control and

Prevention– Atlanta USA) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e distribuito gratuitamente.

Tra le numerose e ben strutturate funzioni statistiche ci sono alcune utili procedure per la

determinazione della numerosità campionaria nel caso della stima di proporzioni. Oltre la

specificazione della precisione e della significatività del campione è possibile specificare un effetto

dovuto al disegno campionario e applicare correzioni per il campionamento da popolazioni finite.

E’ un programma elementare ma utile in molte situazioni.

http://www.cdc.gov/epo/epi/software.htm

b) Sample Power

E’ un prodotto per windows 95 o NT disponibile stand-alone o associato a SPSS che consente di

controllare in modo dettagliato tutti i parametri essenziali nella determinazione della dimensione

campionaria in differenti situazioni e contesti di ricerca: si va dalla stima di medie e proporzioni a

inferenze sui parametri di modellistiche multivariate come l’analisi della varianza e covarianza e la

regressione multipla.

Il prodotto è relativamente semplice da usare ha lo svantaggio che non consente un adeguato

trattamento dei disegni campionari complessi (stratificazioni e cluster). I grafici e gli strumenti di

simulazione di varie ipotesi campionarie sono interessanti e completi e possono essere direttamente

utilizzati per rappresentare , in un rapporto di ricerca, il dettaglio delle scelte metodologiche e

statistiche effettuate.

Sample Power 1.0 , SPSS Inc. 444 North Michigan Avenue Chicago - 1997

http://www.spss.com

c) nQuery Advisor

Dei tre segnalati è il prodotto più completo e articolato. Oltre alla supporto alla soluzione di

problemi di dimensione campionaria per medie, proporzioni la gamma modellistiche multivariate

comprende oltre la regressione multipla anche la regressione logistica. E’ possibile introdurre

correzioni per popolazioni finite e campioni a grappolo.

nQuery Advisor è disponibile per Windows 95 e NT.

nQuery Advisor v. 3.0 Statistical Solutions LTD 8 South Bank Crosse’s Green Cork Ireland 1999

http://www.statsol.ie

I software per l’analisi dei dati e in particolare per l’analisi di disegni campionari “complessi”

Se escludiamo il caso di rilevazioni limitate a singole unità organizzative o senza interesse a

differenziare il contributo di appropriatezza delle diverse componenti della struttura ospedaliera, o

detto in termini più tecnici finché i campioni di giornate di degenza possono essere trattati come

campioni casuali semplici, l’analisi dei dati può essere realizzata attraverso una pluralità di software

statistici. Tutti i programmi esistenti infatti assumono come standard campioni causali semplici e

sulla base di questi assunti vengono calcate deviazioni standard campionarie e inferite parametri per

la popolazione di riferimento.

Come abbiamo avuto modo di argomentare un utilizzo del PRUO in un contesto di ricerca

relativamente più complesso comporta di necessità la scelta di disegni campionari più complessi.

Fra tutti abbiamo evidenziato i vantaggi della stratificazione al fine di acquisire a parità di unità

statistiche campionate maggiore precisione delle stime o a parità di precisione la possibilità di

ridurre sensibilmente il numero di unità statistiche campionate.

Sfortunatamente i software statistici in grado di assumere disegni campionari complessi e di

effettuare stime adeguate al disegno campionario prescelto sono ancora in numero limitato. Bisogna

dunque utilizzare altri strumenti di analisi statistica e tra tutti non ne segnaleremo due che ci paiono

di particolare rilievo: uno per la facilità e al tempo stesso completezza di funzioni denominato

STATA e l’altro benché meno semplice ed intuitivo presenta caratteristiche algoritmiche in grado di

affrontare anche i disegni più complessi e dando al ricercatore la possibilità di scelta tra diverse

strategie di stima. Questo secondo prodotto è denominato SUDAAN.

STATA

Stata è un pacchetto statistico di estremo interesse perché combina in modo bilanciato ottime

capacità di manipolazione dei dati e di analisi statistica ad un prezzo contenuto e con una discreta

facilità d’uso.

Una ricca modellistica multivariata è disponibile sotto STATA: si va dall’intera classe dei modelli

lineari generalizzati, compresi modelli di sopravvivenza e serie temporali.

Gli algoritmi statistici e la dotazione di diagnostica dei modelli è completa e aggiornata.

STATA consente inoltre di stimare modelli a componenti di varianza.

La specificazione del disegno campionario consente di trattare tutti i principali tipi di

campionamento anche complesso e di stimare correttamente errori standard per modelli di

regressione lineare, logistici e probit.

A questo ricco corredo di analisi statistiche si accompagnano inoltre buone capacità di

manipolazione dei dati.

STATA Statistical Software, College Station, TX: Stata Corporation 1999 release 6.0

http://www.stata.com

SUDAAN

Il prodotto in questione è direttamente pensato per l’analisi di rilevazioni campionarie complesse

ma più in generale si presta all’analisi di tutti i dati in cui non sia valido l’assunto di indipendenza

delle osservazioni campionarie come ad esempio negli studi longitudinali.

Sudaan ha poche funzionalità di manipolazione dei dati. Trasformazioni, ricodifiche e quant’altro

debbano essere eseguite sulla matrice orginaria dei dati è preferibile o in alcuni casi necessario

siano realizzate con altri strumenti software. In compenso la gamma di situazioni che possono

essere analizzate correttamente è assai ampia ed articolata. Per variabili continue Sudaan include

procedure di stima dei totali, dei quozienti e delle differenze tra quozienti, proporzioni, medie

aritmetiche e geometriche, mediane e differenti quantili, sia per la popolazione di riferimento che

per sub-popolazioni; consente quindi di stimare gli opportuni errrori standard attraverso una

specifica serie di comandi che descrivono il disegno campionario. Nel caso di variabili qualitative

frequenze e percentuali possono essere facilmente ottenute così come gli opportuni errori standard.

Sudaan comprende inoltre procedure di regressione multipla, regressione logistica , modelli log-

lineari e modelli per l’analisi di dati di sopravvivenza. La stima degli errori standard associata ai

parametri è ottenuta attraverso metodi di linearizzazione. Sudaan produce stime dell’effetto del

disegno campionario per la maggior parte delle statistiche calcolate.

Sudaan è disponibile per PC sia in versione stand-alone che come versione utilizzabile dall’interno

di SAS.

Sudaan è inoltre disponibile sia per Unix che per i alcuni sistemi operativi propri di alcuni tipi di

mainframe.

SUDAAN, Software for the statistical analysis of correlated data, RTI, Research Triangle Institute

1998 release 7.52

http://www.rti.org/patents/sudaan/sudaan.html