Protezione civile

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Relazione sulla protezione civile effettuata durante il corso di addetto al monitoraggio ambientale.

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PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE

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INTRODUZIONE

Con "Protezione Civile" si intendono tutte le strutture e le attività messe in campo

dallo Stato per tutelare l'integrità dell‘uomo, dei beni, degli insediamenti e dell'am-

biente, dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e

da altri eventi calamitosi.

Con la legge del 24 febbraio 1992, n.225 l'Italia ha organizzato la Protezione Civile

come "Servizio nazionale", coordinato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e

composto, come dice il primo articolo della legge, dalle Amministrazioni dello Stato,

centrali e periferiche, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dagli Enti Pubblici

Nazionali e Territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e priva-

ta presente sul territorio nazionale. Al coordinamento del Servizio Nazionale e alla

promozione delle attività di Protezione Civile, provvede il Presidente del Consiglio

dei Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione Civile.

LA STORIA

Nel corso degli anni, con leggi sempre più specifiche, la Protezione Civile si svincola

dal concetto di Difesa Civile, che ha come presupposto non una calamità naturale, ma

bensì un evento bellicoso o parabellico (attualmente le strutture organizzative di Di-

fesa Civile sussistono a livello di gruppi di staff al Ministero della Difesa e degli In-

terni, e con possibili funzioni operative preassegnate al Corpo Militare della Croce

Rossa Italiana ed ad altre componenti del Sistema di Protezione Civile). Con la legge

473/1925 il soccorso alle popolazioni colpite da eventi calamitosi viene delegato al

Ministro dei Lavori Pubblici ed al suo braccio operativo rappresentato dal Genio Ci-

vile, con il concorso delle strutture sanitarie.

Negli anni 1950, 1962 e 1967 vengono inefficacemente presentati progetti di legge

specifici.

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La prima vera svolta si ha nel 1970; infatti, viene emanata la Legge 996/70 che ha per

titolo ―Norme sul soccorso e l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità‖. Si

hanno, così, per la prima volta, disposizioni di carattere generale che prevedono

un‘articolata organizzazione di Protezione Civile.

Rovinosi terremoti avevano colpito e devastato nel 1976 il Friuli e nel 1980 vaste zo-

ne della Campania e della Basilicata. In tali occasioni il governo, per far fronte

all‘emergenza, nominò un Commissario Straordinario, Giuseppe Zamberletti, come

previsto dalla legge 996/70. Zamberletti viene giustamente considerato come il "pa-

dre fondatore" dell'attuale Sistema della Protezione Civile italiana, e la sua intensa

opera organizzativa e di supporto politico alla nascita di un moderno apparato di Pro-

tezione Civile nel nostro paese non deve mai essere dimenticato.

Con il D.L. n°57 del 22 febbraio 1982, convertito nella legge 187/82, Zamberletti

viene nominato Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile, che nella sua

attività si avvarrà del Dipartimento della Protezione Civile, istituito con DPCM del

22 giugno 1982.

La Legge 24 febbraio 1992 n. 225 costituisce una pietra miliare nella storia della Pro-

tezione Civile Italiana. Dopo 22 anni dalla Legge n° 996 del 1970 nasce il ―Servizio

Nazionale della Protezione Civile‖ con la cui istituzione,la struttura di P.C. del paese

subisce una profonda riorganizzazione, realizzando molte delle anticipazioni di Zam-

berletti e dei suoi tecnici.

Con il Decreto Legislativo n° 112 del 31 marzo 1998 vengono ridefinite, suddivise

per ambiti di intervento, le attività e le funzioni che in vari campi sono mantenute

dallo Stato ed attribuite alle Regioni ed alle Amministrazioni Provinciali. A seguito

del trasferimento di funzioni disposto con tale Decreto legislativo,( che prevede,fra

l‘altro, che le funzioni in materia di volontariato siano ripartite fra Stato, Regioni e

Comuni ),è stato pubblicato il D.P.R. n°194/2001, che abroga il n°613/94 e detta di-

sposizioni in ordine alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato di Prote-

zione Civile, per quanto attiene alla sfera di competenza statale.

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Il ciclo si chiude con la riforma del titolo V° della Costituzione (L. costituzionale

n°3/2001), che ha inserito la Protezione Civile fra le materie a legislazione concorren-

te.

LA STRUTTURA

Nella maggioranza dei Paesi europei, la Protezione Civile è un compito assegnato ad

una sola istituzione o a poche strutture pubbliche. In Italia, invece, è coinvolta in que-

sta funzione tutta l'organizzazione dello Stato, centrale e periferica, l‘intero sistema

degli Enti Locali, ed anche la società civile partecipa a pieno titolo al Servizio Nazio-

nale della Protezione Civile, attraverso le organizzazioni di volontariato. Questo per-

mette di garantire un livello di coordinamento centrale unito ad una forte flessibilità

operativa sul territorio e un coinvolgimento esplicito degli Enti Locali che già gesti-

scono il territorio anche "in tempo di pace". La forte enfasi sul volontariato (formato,

qualificato e inquadrato) permette inoltre di utilizzare nel comparto della Protezione

Civile, in caso di necessità, molte risorse professionali e umane della società civile.

A livello qualitativo, negli ultimi anni si è registrata una sempre maggiore crescita

formativa e maggiori tipologie di equipaggiamento fornite in dotazione ai gruppi di

Volontari; a livello quantitativo, in Italia si stimano in circa 300.000 i Volontari ope-

rativi di Protezione Civile, suddivisi ed organizzati in circa 2.500 gruppi distribuiti su

tutto il territorio nazionale. L'organizzazione è quindi, nel suo complesso, orientata su

principi di decentralizzazione territoriale e funzionamento "sistemico", fattori che ne

aumentano la flessibilità operativa, l‘immediatezza degli interventi e l'adattabilità ai

diversi ambiti territoriali proposti.

L'organismo che coordina la Protezione Civile in Italia, come già detto, è il Diparti-

mento della Protezione Civile, alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio

dei Ministri; ciò lo situa in una posizione "superiore" rispetto ai Dipartimenti diretta-

mente dipendenti da un "semplice" Ministero, facilitando così il coordinamento delle

risorse dello Stato - e di tutti gli altri Ministeri - in caso di emergenza.

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L'attuale Capo Dipartimento Nazionale è il medico Guido Bertolaso. Il Responsabile

della Protezione Civile in un Comune è il Sindaco nella sua funzione di Autorità di

Pubblica Sicurezza.

I componenti effettivi del sistema di Protezione Civile sono:

Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;

Forze Armate;

Forze di Polizia;

Polizia Locale;

Corpo Forestale dello Stato;

Servizio Sanitario Nazionale;

Croce Rossa Italiana;

Servizi tecnici nazionali;

Gruppi nazionali di ricerca scientifica;

Istituto Nazionale di Geofisica;

Corpo Nazionale Soccorso Alpino;

Organizzazioni Regionali e Gruppi Regionali Volontari;

Organizzazioni Provinciali e Gruppi Provinciali Volontari;

Organizzazioni Comunali e Nuclei Comunali Volontari;

Organizzazioni Umanitarie e di Volontariato (ONLUS).

Il coordinamento di tali componenti avviene, ai vari livelli territoriali e funzionali, at-

traverso il cosiddetto "Metodo Augustus", che permette ai rappresentanti di ogni

"funzione operativa" (Sanità, Volontariato, Telecomunicazioni, etc.) di interagire di-

rettamente tra loro ai diversi "tavoli decisionali" e nelle sale operative dei vari livelli

(COC, COM, DICOMAC, etc.), avviando così in tempo reale processi decisionali

collaborativi. Con COC si intende il Centro Operativo Comunale (responsabile delle

attività a livello di Comune); il COM è il Centro Operativo Misto, normalmente isti-

tuito a livello intercomunale o di Comunità Montana (si usa il termine CCS - Centro

Coordinamento Soccorsi per i COM di livello provinciale, spesso coordinati dal Pre-

fetto); la DICOMAC è la Direzione di Comando e Controllo, organo decisionale di

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livello nazionale attivato nelle grandi calamità. Esistono, a livello intermedio tra

COM/CCS e DICOMAC, Sale Operative Regionali (anche se la maggior parte delle

funzioni di coordinamento diretto sul territorio sono svolte a livello COM/CCS). O-

gnuno di questi tipi di Centro, ai vari livelli, è solitamente costituito su una sezione

"Strategia" (con i responsabili di funzione) ed una "Operativa" (con operatori e sup-

porti logistici necessari per garantire i collegamenti, la continuità operativa, il suppor-

to alle funzioni decisionali, etc.). Il Metodo Augustus (dal nome dell'Imperatore Au-

gusto, che era il primo ad aver costituito "tavoli consultivi" tra i suoi collaboratori) ha

già dimostrato la sua ottima funzionalità in occasione delle più recenti calamità che

hanno colpito il nostro paese.

Il Servizio Nazionale della Protezione Civile è un sistema fondato sul principio di

sussidiarietà cioè integrato alle esigenze dei cittadini.

Il primo responsabile della Protezione Civile in ogni Comune è il Sindaco, che orga-

nizza le risorse comunali secondo piani prestabiliti per fronteggiare i rischi specifici

del suo territorio. Quando si verifica un evento calamitoso, il Servizio Nazionale del-

la Protezione Civile è in grado, in tempi brevissimi, di definire la portata dell'evento e

valutare se le risorse locali siano sufficienti a farvi fronte.

In caso contrario si mobilitano immediatamente i livelli provinciali, regionali e, nelle

situazioni più gravi, anche il livello nazionale, integrando le forze disponibili in loco

con gli uomini e i mezzi necessari. Ma soprattutto si identificano da subito le autorità

che devono assumere la direzione delle operazioni: è infatti evidente che una situa-

zione di emergenza richiede in primo luogo che sia chiaro chi decide, chi sceglie, chi

si assume la responsabilità degli interventi da mettere in atto. Nei casi di emergenza

nazionale questo ruolo compete al Dipartimento della Protezione Civile, mentre la re-

sponsabilità politica è assunta direttamente dal Presidente del Consiglio dei Mini-

stri.

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IL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE

Il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri è

il braccio operativo del Presidente del Consiglio, quando si tratta di affrontare i pro-

blemi della tutela delle persone e dei beni del Paese, sottoposti a particolari minacce e

pericoli che derivano da condizione di rischio naturale o ambientale.

Il Dipartimento, oggi organizzato in 8 uffici generali e 43 servizi, costituisce il fulcro

del servizio nazionale della Protezione Civile, con compiti di promozione e coordi-

namento dell'intero sistema; di intervento diretto in caso di calamità nazionali; di de-

finizione di procedure di intervento ed azione comuni a tutto il sistema; di orienta-

mento della legislazione relativa alla prevenzione dei rischi; di sostegno alle strutture

periferiche del sistema, specie le più deboli e meno dotate di risorse proprie; di pro-

mozione e sostegno alle attività di formazione e alla crescita dell'associazionismo di

Protezione Civile; di informazione dell'opinione pubblica e di promozione della cul-

tura della Protezione Civile specie nei confronti delle giovani generazioni; di regia

nella costruzione e nella gestione delle reti informative indispensabili per la preven-

zione dei rischi; di produzione e gestione delle normative eccezionali e derogatorie -

le ordinanze - indispensabili per accelerare gli interventi di emergenza e far fronte al-

le calamità, al fine di ridurre al minimo il danno alle persone e alle cose.

La specializzazione del personale del Dipartimento nell'area del governo delle emer-

genze, sia sotto il profilo amministrativo che tecnico-operativo, ha portato il Governo

a richiederne l'intervento in tutte le situazioni, anche atipiche, in cui siano necessari

capacità organizzativa e gestionale di operazioni complesse, il coordinamento effica-

ce ed autorevole di numerose amministrazioni ed istituzioni, come nel caso dei

"grandi eventi" o, più di recente, nell'affrontare i rischi nuovi che si presentano all'Ita-

lia dal versante del terrorismo internazionale, o da quello della diffusione di pericolo-

se epidemie.

Il Dipartimento della Protezione Civile garantisce e coordina sul territorio nazionale,

attraverso l‘Ufficio Gestione delle Emergenze – COAU (Centro Operativo Aereo U-

nificato), anche le attività di spegnimento degli incendi boschivi con la flotta aerea

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antincendio dello Stato, assicurandone l'efficacia operativa in coordinamento con le

Regioni.

Le Regioni inviano al Dipartimento (COAU) l‘elenco degli obiettivi prioritari da di-

fendere, per consentire allo stesso di definire il più opportuno schieramento e, sul pi-

ano tattico, stabilire le priorità di invio dei mezzi aerei.

Il Dipartimento della Protezione Civile definisce in particolare le procedure operative

concernenti:

- la richiesta, da parte delle Regioni, per il tramite delle Sale Operative Unificate

Permanenti (SOUP/COR), del concorso della flotta aerea dello Stato;

- gli elementi di principio per l‘assegnazione di vettori e la condotta delle opera-

zioni di spegnimento da parte del COAU.

La Protezione Civile si avvale dei Volontari Antincendi Boschivi (A.I.B.) che dispo-

ne di mezzi aerei ad ala fissa o rotante, messi a disposizione dallo Stato e dalle Re-

gioni, la cui gestione, pur nella totale autonomia, deve ispirarsi a principi e procedure

che consentano di ottenere la massima efficacia.

I mezzi aerei che fanno parte della flotta dello Stato (caratteristiche in All. ―A‖) sono

gli aeromobili:

- di proprietà del Dipartimento (ed affidati in gestione a Società di lavoro aereo);

- appartenenti ad altre Amministrazioni dello Stato quali, l‘Esercito Italiano, la

Marina Militare, l‘Aeronautica Militare, il Corpo Forestale dello Stato ed il

Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, assegnati temporaneamente al Diparti-

mento o appositamente noleggiati .

I mezzi aerei di proprietà dello Stato, sia civili che militari, operanti per la gestione

degli incendi boschivi sono velivoli di Stato.

I mezzi aerei noleggiati dal Dipartimento al fine di contrastare il fenomeno degli in-

cendi boschivi sono assimilati a velivoli di Stato.

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Lo schieramento base della flotta dello Stato sul territorio è stabilito in ragione dei

seguenti elementi:

- obiettivi prioritari da difendere;

- numero di vettori disponibili;

- caratteristiche degli aeromobili e delle linee di supporto logistico-tecnico;

- indicatori statistici ed indice stagionale di pericolo incendi sul territorio nazionale;

- caratteristiche orografiche del territorio da proteggere e le capacità territoriali

nell‘affrontare il rischio incendi boschivi.

Per obiettivi prioritari da difendere (anche indicati dalle Regioni) si intendono quelli

risultanti dal livello di protezione del territorio, in relazione al suo valore ambientale,

e/o alla presenza di aree urbanizzate che richiedono il primario impegno di salva-

guardia della vita umana.

La flotta A.I.B. dello Stato è impiegata a favore delle Regioni e delle Province Auto-

nome di Trento e Bolzano, che ne facciano richiesta al COAU attraverso le compe-

tenti SOUP/COR. Nella lotta attiva agli incendi boschivi taluni velivoli potranno es-

sere impiegati anche con funzioni di ricognizione, sorveglianza e/o comando e con-

trollo nei casi in cui la situazione e l‘entità dell‘incendio dovesse

richiederlo.

Nell‘ambito della propria competenza, ogni Regione che utilizzi propri aeromobili

per la lotta A.I.B. dovrà, tenendo conto delle loro limitate capacità, far sì che gli stes-

si interagiscano con i mezzi aerei resi disponibili dallo Stato. Allo scopo di consentire

al Dipartimento una corretta pianificazione, tutte le Regioni dovranno fornire, prima

dell‘inizio di ogni campagna antincendio, le necessarie informazioni in ordine al pro-

prio dispositivo aereo previsto nel piano A.I.B. attraverso un documento che illustri

in particolare i seguenti elementi:

• numero e tipologie di aeromobili disponibili;

• decorrenza e durata dei contratti di noleggio dei mezzi (periodo di disponibilità);

• dislocazione logistica dei mezzi in fase operativa e prontezza operativa quotidiana;

• compiti assegnati (ricognizione, avvistamento, trasporto personale, ecc.);

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• ogni altra informazione ritenuta significativa.

Ogni mezzo aereo opererà sotto il controllo della rispettiva SOUP/COR regionale e,

nell‘area dell‘incendio, sotto la direzione tattica del Coordinatore delle operazioni a

terra.

IL NUOVO ORGANIGRAMMA DEL DIPARTIMENTO DELLA PROTE-

ZIONE CIVILE

Decreto PCM 12 dicembre 2001 pubblicato nella G.U. del 20 dicembre 2001

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L'ATTIVITÀ DEL DIPARTIMENTO

Sin dalla sua istituzione, il Dipartimento della Protezione Civile si è occupato di ge-

stione del rischio idrogeologico, uno dei principali rischi che affligge il Paese.

Le calamità che hanno colpito il territorio nazionale hanno insegnato che, per proteg-

gere in modo efficiente la vita dei cittadini e l‘integrità delle infrastrutture, occorre

prefigurare gli eventi possibili in un‘area, individuando quali potrebbero essere i dan-

ni e le attività da porre in essere prima, durante e dopo un‘emergenza: proprio per

questo motivo le attività di previsione e prevenzione hanno acquisito maggiore rilievo

rispetto a quanto avveniva in un pur recente passato.

Le attività di previsione e prevenzione si basano su un collegamento sempre più stret-

to tra Protezione Civile ed il mondo della ricerca scientifica, con nuovi sistemi tecno-

logici di raccolta ed elaborazione delle informazioni, con centri di elaborazione dei

dati in grado di segnalare con il massimo anticipo possibile le probabilità che si veri-

fichino eventi catastrofici, con l‘elaborazione di sofisticate ed efficienti cartografie di

rischio, con la promozione di strumenti normativi e tecnici finalizzati alla prevenzio-

ne ed mitigazione dei danni.

I Centri funzionali, il piano radar, il monitoraggio idropluviometrico, le reti di tra-

smissione dei dati, che di seguito vengono sommariamente presentati, sono solo alcu-

ni degli strumenti che la Protezione Civile sta mettendo in campo al fine di meglio

assolvere ai propri compiti istituzionali.

I COMPITI

Si pensa spesso che la Protezione Civile si limiti ad intervenire in caso di disastri e

calamità per portare soccorso ma questa affermazione non è del tutto esatta in quanto

la gran parte delle attività è destinata anche alla previsione e prevenzione degli eventi

calamitosi. La Legge n°225/92,infatti, prevede espressamente che le competenze del-

la Protezione Civile si articolino in maniera complessa non solo nella semplice "ge-

stione del post-emergenza", ma in una serie integrata di attività che coprono tutte le

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fasi del "prima e del dopo", secondo i quattro versanti della Previsione - Prevenzione

- Soccorso - Ripristino.

Gli studi, le ricerche, la formazione rivolta agli addetti del sistema (professionisti e

volontari), l‘attività di informazione rivolta alla popolazione, la pianificazione della

risposta all‘emergenza e le attività di esercitazione costituiscono la gran parte del la-

voro della Protezione Civile.

Comunque, il nucleo centrale dell'attività di Protezione Civile rimane tradizionalmen-

te costituito dalla "gestione dell'emergenza", e cioè dai cosiddetti compiti di assisten-

za e soccorso delle popolazioni colpite da calamità, anche se queste attività "eclatan-

ti" e di alta visibilità sono solo la punta dell'iceberg del lavoro di Protezione Civile.

Quando un Ente Locale chiede e ottiene dal Governo la dichiarazione dello stato di

emergenza (ovvero, si riscontra una situazione in cui le capacità di risposta dell'Ente

stesso non sono in grado di far fronte ai problemi che si sono presentati, e quindi bi-

sogna ricorrere alle risorse proprie dell'ordinamento territoriale superiore), chi gesti-

sce i fondi per l'emergenza può agire in deroga alle normative comunitarie e alla leg-

ge italiana in materia d'appalto, oltre ad avere la possibilità di emettere ordinanze

straordinarie (sempre rispettando i principi generali dell'ordinamento giuridico). Per

cause di forza maggiore (l'urgenza dell'intervento) viene sospesa la procedura di ag-

giudicazione delle opere pubbliche mediante gara d'appalto che ha tempistiche lun-

ghe; chi gestisce i fondi può affidare i lavori a ditte scelte a sua discrezione. Queste

facoltà si possono però esercitare solo nel caso delle cosiddette "Emergenze di Tipo

C", che sono le più gravi (il Tipo A si riferisce alle emergenze locali, gestibili su sca-

la comunale; quelle di Tipo B alle emergenze che richiedono una risposta e risorse su

scala provinciale o regionale; quelle di Tipo C alle emergenze di rilievo nazionale,

per estensione e/o gravità).

La dichiarazione dello stato d'emergenza comporta solitamente anche lo stanziamento

di fondi speciali da parte del Governo che vengono gestiti, fra gli altri soggetti, in

gran parte dalla Protezione Civile.

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LE ATTIVITA' DEL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVI-

LE:

Le emergenze

E' fondamentale che la Protezione Civile sia una "macchina di intervento in emergen-

za" bene organizzata, in grado di ridurre al minimo il tempo che intercorre tra un e-

vento calamitoso e i primi soccorsi e interventi. A questo obiettivo sono dedicati il

lavoro di definizione dei "piani di emergenza", elaborati a livello nazionale e locale;

il continuo aggiornamento delle procedure di emergenza, indispensabili per far sì che

al momento del bisogno tutti coloro che devono intervenire sappiano già cosa fare e

come farlo; lo scambio regolare di informazioni tra tutti i livelli del sistema; le attivi-

tà di formazione del personale e le esercitazioni di tutte le componenti che interven-

gono nella Protezione Civile; il potenziamento dei mezzi tecnici a disposizione.

Grazie a questo lavoro sistematico e all'iniziativa delle strutture decentrate soprattutto

a livello regionale, negli ultimi anni gli interventi di Protezione Civile hanno visto i

tempi medi del soccorso ridursi notevolmente proprio per la maggiore conoscenza

delle azioni necessarie e le capacità di operare per ridurre il danno alle persone, alle

cose, al patrimonio artistico e ai beni culturali e per i tempi del ripristino delle norma-

li condizioni di vita nelle zone disastrate.

Previsione

La storia delle grandi catastrofi che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi decenni

ci ha insegnato che, per proteggere con efficacia la vita dei cittadini e il patrimonio

delle comunità, non bisogna puntare solo su soccorsi tempestivi, ma occorre dedicare

energie e risorse importanti alla previsione e alla prevenzione delle calamità. L'attivi-

tà di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano la Protezione Civile ai

centri nazionali di ricerca scientifica, a sistemi tecnologici di raccolta ed elaborazione

di informazioni sui diversi tipi di rischio e sulle condizioni che possono aumentare le

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probabilità di pericolo per la collettività, a centri di elaborazione delle informazioni in

grado di segnalare con il massimo anticipo possibile le probabilità che si verifichino

eventi catastrofici.

Questo insieme di attività tecnico-scientifiche, che vanno dalla raccolta di informa-

zioni del territorio, fino all‘ interpretazione dei dati raccolti, permette alla Protezione

Civile di valutare le situazioni di possibile rischio, affinché venga attuato un possibile

intervento con il massimo anticipo utile, e di fornire alle autorità preposte gli elemen-

ti necessari che possono apportare decisioni ragionate e tempestive.

E' questo il lavoro continuo, poco visibile, ma di fondamentale importanza, dei nuclei

di previsione della Protezione Civile, che si sta trasformando in una rete di "Centri

funzionali" organizzati a livello nazionale e regionale.

La conoscenza precisa e puntuale del territorio e dei possibili fenomeni all'origine

delle catastrofi, l'utilizzo di reti tecnologicamente avanzate, la rete nazionale dei si-

smografi, i sofisticati sistemi di monitoraggio dell'attività dei vulcani, e delle migliori

competenze scientifiche e professionali disponibili ha consentito alla Protezione Civi-

le italiana di intervenire con tempestività e, quando possibile, con misure preventive

come l'evacuazione delle aree a rischio.

Un esempio recente di attività di previsione riguarda l'evacuazione preventiva delle

aree a rischio per l‘ inondazione che ha colpito il Piemonte nel 2002 e che ha evitato

che vi fossero delle vittime, mentre un analogo evento verificatosi solo due anni pri-

ma si era rivelato fatale per decine di persone.

Prevenzione

La conoscenza del territorio e delle soglie di pericolo per i vari rischi costituisce la

base, oltre che per le attività di previsione necessarie a rendere efficiente la macchina

dei soccorsi, anche per individuare gli indirizzi e le linee dei vari tipi di interventi di

prevenzione possibili.

E' compito della Protezione Civile individuare e segnalare alle autorità competenti gli

interventi utili a ridurre, entro soglie accettabili, la probabilità che si verifichino even-

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ti disastrosi, o almeno a limitare il possibile danno; in questo contesto si inquadra la

recente revisione della carta sismica nazionale. Come è noto, la scienza non è in gra-

do, ad oggi, di prevedere il verificarsi di un terremoto.

Tuttavia, sono disponibili informazioni rigorose e scientificamente verificate sulla di-

versa esposizione al rischio sismico delle aree del territorio nazionale, che permetto-

no di individuare in quali comuni sia necessario ricorrere a tecniche edilizie idonee ad

aumentare la resistenza dei manufatti in caso di terremoto, in modo da ridurre i crolli

e soprattutto il numero delle possibili vittime.

Oltre al rischio sismico, il sistema della Protezione Civile tiene sotto controllo in mo-

do sempre più accurato i vari tipi di rischi idrogeologici, la mappa delle aree più sog-

gette agli incendi boschivi, le aree dove più probabili sono i rischi legati all'alto livel-

lo di industrializzazione.

Le relazioni internazionali

Il Dipartimento opera anche a livello internazionale, in accordo con le analoghe isti-

tuzioni di altri Paesi e nel quadro delle istituzioni internazionali a livello mondiale e

soprattutto europeo, e partecipa ad interventi di Protezione Civile all'estero, che rap-

presentano un segno della solidarietà internazionale dell'Italia e della capacità opera-

tiva, tecnica ed umana degli uomini della nostra Protezione Civile. Il Dipartimento

punta molto, oggi, anche allo sviluppo di relazioni internazionali a livello tecnico-

scientifico, nella consapevolezza che spesso i rischi ambientali sono legati a fattori

che vanno ben al di là dei confini nazionali. A livello di prevenzione a medio e lungo

termine, soprattutto in campo idrogeologico, si è dimostrato utile lo sviluppo interna-

zionale delle reti di informazione e monitoraggio, lo scambio di informazioni e di

metodologie, l'avvio di relazioni permanenti con centri di ricerca, specialisti e struttu-

re organizzate dalla Protezione Civile degli altri Paesi europei. Questa nascente coo-

perazione internazionale permette all'Italia di verificare e valutare metodi, procedure,

tecniche operative e modelli organizzativi alla luce delle esperienze compiute in altri

Paesi, ma anche di esportare fuori dei confini nazionali il know how del nostro siste-

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ma di Protezione Civile, con particolare riguardo all'esperienza del volontariato ita-

liano, unica nel panorama europeo per estensione e organizzazione.

Il problema sismico in Italia

Il terremoto, per la severità e la globalità del suo impatto, è senza dubbio l‘evento di

origine naturale più disastroso che caratterizza il territorio nazionale. L‘Italia è, infat-

ti, un paese ad elevata sismicità, per la frequenza degli eventi che hanno interessato il

suo territorio e per l‘intensità che alcuni di essi hanno storicamente raggiunto, deter-

minando un rilevante impatto sociale ed economico.

Alcuni numeri consentono di delineare le dimensioni di ciò che possiamo definire il

problema sismico in Italia: 2.500 terremoti con intensità Mercalli maggiore del V

grado hanno colpito il nostro territorio nell‘ultimo millennio, 200 dei quali distruttivi,

120.000 vittime nell‘ultimo secolo (85.000 delle quali dovute al terremoto di Reggio

Calabria e di Messina del 1908), 20 terremoti con intensità superiore od uguale al IX

grado della scala Mercalli dal 1900 ad oggi, un terremoto disastroso in media ogni 4

anni, ed un danno economico, valutato per gli ultimi venticinque anni in circa 75 mi-

liardi di euro (145.000 miliardi delle vecchie lire), impiegati per il ripristino e la rico-

struzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze che si avrebbero

sul patrimonio storico, artistico, monumentale del nostro paese che è fortemente

esposto agli effetti del terremoto.

Considerando alcuni dei più recenti e maggiori terremoti avvenuti nel mondo, si può

notare che, eventi di energia (magnitudo) equivalente fra di loro, hanno determinato

vittime e danni molto diversi in funzione delle caratteristiche del patrimonio abitativo

(età, tipologia edilizia, uso), della distribuzione dei centri abitati, della densità di po-

polazione, delle vie di comunicazione, della presenza e dislocazione dei centri opera-

tivi di pronto intervento, delle attività produttive, delle industrie a rischio, etc.

In Italia il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l‘energia rilasciata nel corso

degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si verifica normalmente in altri pae-

si ad elevata sismicità, quali la California o il Giappone. Ad esempio, il terremoto ve-

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rificatosi in Umbria e nelle Marche nel 1997, malgrado fosse caratterizzato da

un‘energia circa 30 volte inferiore, ha prodotto un quadro di danneggiamento (senza

tetto: 32.000, danno economico: 5 miliardi di Euro attualizzabili al 2002) confronta-

bile con quello della California del 1989 (14.5 miliardi di $ USA). Ciò è dovuto prin-

cipalmente al fatto che il nostro patrimonio edilizio è caratterizzato da una notevole

fragilità, a causa soprattutto della sua vetustà e cioè delle sue caratteristiche tipologi-

che e costruttive e per lo scadente stato di manutenzione.

Cosa fa la Protezione Civile?

Il Dipartimento della Protezione Civile, direttamente o in

collaborazione con altri enti facenti parte del sistema na-

zionale di Protezione Civile, svolge anche attività volte a

mitigare il rischio vulcanico sul territorio italiano, adottan-

do le misure opportune per ridurre le perdite di vite umane e

di beni in caso di eruzione.

Tali attività si possono suddividere in:

- sorveglianza dei vulcani e previsione delle eruzioni;

- prevenzione dal rischio vulcanico;

-difesa dalle eruzioni e gestione delle emergenze;

- ripristino delle normali condizioni di vita.

Per quanto riguarda la sorveglianza dei vulcani e la

previsione delle eruzioni, occorre notare che

prevedere un'eruzione vulcanica significa dove e

quando avverrà e di che tipo sarà. Per rispondere alle prime due domande (dove e

quando) è necessario installare delle reti di monitoraggio che rilevano una serie di pa-

rametri fisico- chimici indicativi dello stato del sistema vulcanico e ogni loro eventu-

ale variazione rispetto al livello di base individuato.

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La previsione a breve - medio termine si basa infatti sul riconoscimento e sulla misu-

ra dei fenomeni che accompagnano la risalita del magma verso la superficie, che

vengono detti fenomeni precursori.

I principali fenomeni precursori consistono nell'innesco di fratture (terremoti) causato

dall'induzione di tensioni meccaniche nelle rocce, nel rigonfiamento o cambiamento

di forma dell'edificio vulcanico provocato dall'intrusione del magma, nelle variazioni

del campo gravimetrico e magnetico nell'intorno dell'edificio vulcanico, nell'incre-

mento e cambiamento di composizione delle emanazioni gassose dai crateri e dal

suolo, nelle variazioni delle caratteristiche fisico chimiche delle acque di falda.

Questi fenomeni, che accompagnano la risalita del magma, possono essere rilevati da

opportune reti strumentali fisse, in acquisizione 24 ore al giorno, oppure attraverso la

reiterazione periodica di campagne di misura.

La sorveglianza dei vulcani italiani è condotta e coordinata dall'Istituto Nazionale di

Geofisica e Vulcanologia, che opera in convenzione con il Dipartimento della Prote-

zione Civile, attraverso le proprie sezioni preposte al monitoraggio vulcanico (Sezio-

ne di Napoli , Sezione di Catania, Sezione di Palermo).

Per prevedere invece di che tipo sarà la prossima eruzione (previsione dei possibili

scenari eruttivi futuri) occorre effettuare studi sulla storia eruttiva del vulcano in og-

getto ed estrapolare al futuro il suo comportamento passato. Un altro importante con-

tributo è dato dagli studi geofisici (gravimetrici e di tomografia sismica) volti a defi-

nire quale sia la struttura profonda del vulcano e il suo stato attuale.

Per quanto riguarda le attività di prevenzione del ri-

schio vulcanico si possono annoverare :

· Studi di pericolosità; ricostruendo la storia eruttiva

del vulcano in oggetto e tenendo conto dello stato in

cui il vulcano si trova attualmente, è possibile fare pre-

visioni sul tipo di eruzione attesa più probabile.

· Definizione degli scenari di riferimento ed elaborazione di mappe di pericolosità e

rischio; una volta individuato il tipo di eruzione più probabile, è possibile predisporre

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degli scenari eruttivi (anche attraverso lo sviluppo di modelli di simulazione fisico-

matematici) ed elaborare delle mappe di pericolosità e rischio.

· Pianificazione d'emergenza; i piani di emergenza, redatti sulla base di uno o più

scenari eruttivi e delle corrispondenti mappe di pericolosità, prevedono tutte le azioni

da intraprendere in caso di crisi e generalmente contemplano l'evacuazione della po-

polazione dalle aree esposte a pericolo. Sono stati elaborati i piani nazionali di emer-

genza vulcanica per il Vesuvio e i Campi Flegrei (attualmente in fase di aggiorna-

mento), mentre altri piani analoghi sono in corso di stesura per i vulcani siciliani. Esi-

stono inoltre una serie di piani comunali redatti in accordo con i piani nazionali. E‘

importante che il rischio vulcanico sia tenuto in debita considerazione nella pianifica-

zione del territorio, al fine di evitare nuove costruzioni nelle aree esposte.

· Riduzione della vulnerabilità; è in fase di studio la possibilità di ridurre la vulnera-

bilità delle costruzioni sottoposte ad alcune fenomenologie vulcaniche di minore im-

patto (es. caduta e accumulo di ceneri).

· Attività di educazione e informazione delle popolazioni esposte al rischio; il Dipar-

timento della Protezione Civile promuove lo sviluppo di iniziative educative, soprat-

tutto nelle scuole, volte a incrementare la conoscenza dei rischi, dei piani di emergen-

za, delle norme di comportamento da osservare in caso di crisi e a far crescere la cul-

tura della Protezione Civile. Inoltre, supporta la creazione di "centri visitatori" presso

i vulcani italiani.

Per quanto riguarda la difesa dalle eruzioni e gestione delle emergenze ,

in caso di eruzione dei vulcani italiani, il Dipartimento della Protezione Civile inter-

viene con propri uomini e mezzi sui territori interessati dai fenomeni vulcanici, per

attuare i piani di emergenza, soccorrere le popolazioni esposte e mitigare gli effetti

dannosi, attivando e coordinando iniziative di difesa attiva (es. deviazione delle cola-

te laviche) o passiva (es. evacuazione pianificata, raccolta e smaltimento ceneri, di-

stribuzione di dispositivi di autoprotezione per la caduta di ceneri).

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Per quanto riguarda il ripristino delle normali condizioni di vita, bisogna osservare

che, a seguito di eruzioni vulcaniche, come di ogni altro evento calamitoso per il qua-

le viene dichiarato lo stato di emergenza, il Dipartimento della Protezione Civile con-

corre al ripristino delle normali condizioni di vita, prevedendo lo stanziamento di

fondi appositi e promuovendo una serie di iniziative contenute in specifiche ordinan-

ze o altri atti legislativi. La gestione delle fasi di ricostruzione viene poi usualmente

affidata ad un commissario delegato.

Valutazioni di rischio sismico per il patrimonio abitativo e la popolazione

Il Dipartimento della Protezione Civile (DPC) presenta alcuni risultati della collabo-

razione con l‘Istat durante il biennio 2002-2003. La collaborazione, tra Istat e DPC -

formalizzata da un Protocollo d‘intesa firmato il 10 dicembre 2001 - nasce per soddi-

sfare l‘esigenza di aggiornare e migliorare le mappe di rischio sismico relative

all‘intero territorio nazionale e di aggiornare la base dati utilizzata per la produzione

degli scenari post-evento del DPC, tramite l‘utilizzo di alcuni dati derivanti dai cen-

simenti.

I dati di principale interesse ai fini dell‘aggiornamento delle mappe di rischio sismico

sono quelli sulle caratteristiche degli edifici e sulla popolazione residente in ciascuna

sezione di censimento. Per la realizzazione delle mappe di rischio e l‘aggiornamento

delle basi dati sugli scenari di danno, sono state effettuate delle elaborazioni, appli-

cando specifiche metodologie, su alcune caratteristiche degli edifici; tipo: materiale

usato per la struttura portante, epoca di costruzione, contiguità, numero dei piani fuori

terra, numero di interni, numero di abitazioni, superficie, popolazione residente. Sono

stati, inoltre, effettuati confronti con i dati rilevati nel 1991, a suo tempo elaborati

congiuntamente dall‘Istat e dal DPC.

Le procedure per il calcolo dei parametri di rischio sono quelle utilizzate per la pro-

duzione delle statistiche sul rischio sismico pubblicate sulle Statistiche ambientali e

gli Annuari statistici dell‘Istat. Tali procedure sono state messe a punto nel 1996 da

un gruppo di lavoro sul rischio sismico, istituito dal DPC, con il compito di predi-

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sporre in tempi brevissimi una cartografia dettagliata del rischio sismico sul territorio

nazionale riferito alla popolazione e alle abitazioni. Il gruppo di lavoro, composto da

esperti del Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti (GNDT), del Servizio Sanita-

rio Nazionale (SSN) e dell‘Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), si

basò sui dati del censimento ISTAT 1991 e terminò i suoi lavori ad agosto dello stes-

so anno con la presentazione di un rapporto e di tabelle relative a tutti i comuni italia-

ni.

Nelle tabelle, qui aggiornate sulla base dei dati del censimento 2001, vengono presen-

tati alcuni risultati di valutazione del rischio espresso in termini di perdite annue atte-

se al patrimonio edilizio abitativo ed alla popolazione a causa degli eventi sismici. La

perdita del patrimonio include solo i costi diretti derivanti dal danno subito dalle abi-

tazioni. Le perdite relative alla popolazione sono espresse in termini di persone resi-

denti nelle abitazioni che subiscono i danni più gravi (crolli) e che quindi sono più

correlabili al rischio per la vita.

Nelle figure le perdite sono riferite ad un periodo di 100 anni, per una migliore lettura

dei risultati. Si evidenzia che i risultati sono stati ottenuti utilizzando dati e metodo-

logie in massima parte già disponibili, al fine di ottimizzare le conoscenze già conso-

lidate. La pericolosità sismica è stata valutata a partire dai dati utilizzati dal gruppo di

lavoro del 1996, per consentire un confronto omogeneo fra dati del patrimonio abita-

tivo del 1991 e del 2001.

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Rischio sismico in Italia

Figura 1 – Valore atteso di abitazioni crollate per comune. Percentuale media in 100 anni (dati sulle

abitazioni del censimento 1991)

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Figura 2 – Valore atteso di abitazioni crollate per comune. Percentuale media in 100 anni (dati sulle

abitazioni del censimento 2001)

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Il rischio vulcanico

Il rischio viene definito come il danno possibile atteso dovuti al verificarsi di un e-

vento di una data intensità, in una particolare area, in un determinato periodo di tem-

po.

Quanto maggiore è la probabilità di eruzione, tanto maggiore è il rischio; così pure,

quanto maggiori sono i beni e la popolazione esposta, tanto maggiore è il danno che

ne potrebbe derivare e quindi il rischio. Per fare un esempio, il rischio è molto minore

per i vulcani dell'Alaska, che si trovano in zone a bassa densità di popolazione, piut-

tosto che al Vesuvio, nei cui dintorni vivono circa 600 mila persone.

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La situazione in Italia

Mediamente in Italia l'uso del territorio vicino ai vulcani, non ha tenuto conto della

loro pericolosità, permettendo l'instaurarsi di situazioni di alto rischio. Naturalmente

non tutti i vulcani italiani presentano lo stesso livello di rischio che, come abbiamo

detto, dipende da vari fattori.

In Italia esistono numerosi vulcani, sia estinti, sia quiescenti, sia attivi. Sebbe-

ne alcuni studiosi ritengono che non si possa mai considerare del tutto estinto

un vulcano, la comunità scientifica internazionale ha adottato dei criteri per

classificare i vulcani rispetto al loro stato di attività: Vulcani estinti: quelli la

cui ultima eruzione risale ad oltre 10.000 anni fa. I principali vulcani italiani

che rientrano in questa categoria sono: Monte Amiata, Vulsini, Cimini, Vico,

Sabatini, Isole Pontine, Roccamonfina, Vulture.

Vulcani quiescenti: sono vulcani attivi che hanno dato eruzioni negli ultimi

10.000 anni, ma si trovano attualmente in una fase di riposo da tempo più o

meno lungo. Secondo una definizione più rigorosa, si considerano quiescenti

quei vulcani il cui tempo di riposo attuale è inferiore al più lungo periodo di ri-

sposo registrato in precedenza.

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In Italia si trovano in questa situazione: Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia,

Vesuvio, Salina, Lipari, Vulcano, Isola Ferdinandea, Pantelleria.

Vulcani attivi: quelli che hanno dato eruzioni negli ultimi anni. In Italia: Etna e

Stromboli.

Vulcano Ultima eruzione

Stromboli Attività persistente

Etna 2002-2003

Vesuvio 1944

Pantelleria 1891

Vulcano 1888-1890

Isola Ferdinandea 1831

Campi Flegrei 1538

Ischia 1302

Lipari VI - VII secolo d.C.

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La legge 8/12/1970 n°966 ha previsto le ―Norme sul soccorso e sull'assistenza alle

popolazioni colpite da calamità naturali‖.

Queste norme regolano tutte le procedure di assistenza alle popolazioni colpite dalle

calamità naturali.

Gli articoli più importanti sono gli artt. 5 e 6.

L‘articolo 5 prevede che: Alla dichiarazione di catastrofe o di calamità naturale, salvo

i casi di evento non particolarmente grave cui provvedono gli organi locali elettivi e

gli organi ordinari della Protezione Civile, si provvede con decreto del Presidente del

Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per l'interno, anche su richiesta degli

organi della regione o degli enti locali.Al Ministro per l'interno fanno capo tutti i ser-

vizi e gli interventi delle pubbliche amministrazioni, civili e militari-centrali e perife-

riche di enti pubblici e di privati, onde assicurarne la maggiore tempestività ed il più

coordinato ed armonico impiego.Con il decreto di cui al primo comma si provvede

alla nomina di un commissario, che può anche essere scelto tra membri del Governo e

del Parlamento, esperti o tecnici estranei alla pubblica amministrazione, amministra-

tori regionali o di enti locali.Il commissario assume sul posto, ai fini della necessaria

unità, la direzione dei servizi di soccorso, ed attua le direttive generali ed il coordi-

namento dei servizi, avvalendosi comunque della collaborazione degli organi regio-

nali e degli enti locali interessati.Per quanto concerne i servizi e gli interventi delle

forze armate, che potranno essere impiegate anche in unità organiche elementari, essi

saranno richiesti, in occasione di calamità naturali o catastrofe, dal Ministro per l'in-

terno o dal commissario nominato al Ministro per la difesa o alla autorità da esso de-

legata.

Articolo 6

Il Ministero dell'interno:

a) predispone ed attua i provvedimenti necessari per assicurare in caso di calamità na-

turale o catastrofe i seguenti servizi:

1) interventi tecnici urgenti;

2) assistenza di primo soccorso alle popolazioni colpite.

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Per l'esecuzione dei compiti di cui al precedente numero 1) il Ministero dell'interno

provvede mediante il Corpo nazionale dei vigili del fuoco nella cui organizzazione

sono costituiti reparti mobili di immediato impiego specialmente attrezzati e nuclei

elicotteri e sommozzatori. Per i compiti di cui al numero 2) si provvede mediante re-

parti di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e centri assisten-

ziali di pronto intervento per il primo aiuto alle popolazioni;

b) cura la realizzazione delle opere di urgente necessità e delle attrezzature occorrenti

per la protezione della popolazione civile;

c) cura, tramite il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'istruzione, l'addestramento e

l'equipaggiamento in materia di Protezione Civile di cittadini che volontariamente of-

frono la prestazione della loro opera nei servizi di Protezione Civile.

Per le volontarie prestazioni di cui alla lettera c) nessun rapporto si instaura con l'amministrazione

la quale è peraltro tenuta ad assumere a proprio carico oneri assicurativi che garantiscano prestazio-

ni pari a quelle previste per il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

La situazione in Italia

Le frane sono molto diffuse nel nostro Paese a causa delle condizioni orografiche e

della conformazione geologica del territorio, per frana s‘intende un ―movimento di

una massa di roccia, terra o detrito lungo un versante‖.

L‘impatto socio-economico dei fenomeni franosi in Italia è rilevantissimo e fa sì che

il nostro paese sia tra i primi al mondo nella classifica dei danni in termini economici

e, soprattutto, in termini di perdita di vite umane.

Inoltre un rapporto del Ministero dell‘Ambiente e della Tutela del Territorio e

dell‘Unione delle Province d‘Italia indica come in Italia le aree a rischio elevato e

molto elevato di frana siano diverse migliaia e coprano una superficie di 13.760 kmq,

pari a ben il 4,5 % del territorio italiano.

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Alluvioni

Le alluvioni sono tra le manifestazioni più tipiche del dissesto idrogeologico e sono

causate da un corso d‘acqua che, arricchitosi con una portata superiore a quella previ-

sta, rompe le arginature oppure tracima sopra di esse, invadendo la zona circostante

ed arrecando danni ad edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, zone

agricole, etc.

Le alluvioni più importanti che hanno interessato l‘Italia e che hanno comportato un

pesante bilancio sia in termini di vite umane che di danni, sono state quelle del Po nel

Polesine (1951), dell‘Arno (1966) e del Po nel Nord Italia (1994 e 2000).

I fenomeni alluvionali censiti nella Banca dati del Progetto AVI (Aree Vulnerate Ita-

liane), realizzata dal GNDCI-CNR per conto del Dipartimento, sono state nel periodo

tra il 1918 e il 1994 oltre 28.000 ed hanno interessato più di 15.000 località.

Inoltre, in un rapporto del Ministero dell‘Ambiente e della Tutela del Territorio e

dell‘Unione delle Province d‘Italia viene riportato che in Italia le aree a rischio eleva-

to e molto elevato di alluvione sono diverse migliaia e coprono una superficie di

7.774 kmq, pari al 2,6 % della superficie nazionale. Il territorio italiano è interessato,

con frequenza sempre maggiore, da alluvioni che avvengono con precipitazioni che

possono anche non avere carattere di eccezionalità. Tra le cause dell‘aumento della

frequenza dei fenomeni vi sono senza dubbio l‘elevata antropizzazione e la diffusa

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impermeabilizzazione del territorio, che impedendo l‘infiltrazione della pioggia nel

terreno, aumentano i quantitativi e le velocità dell‘acqua che defluisce verso i fiumi, e

la mancata pulizia dei fiumi che rende meno efficienti dal punto di vista idraulico gli

alvei dei corsi d‘acqua.

Molti bacini idrografici, presenti soprattutto in Liguria e Calabria, sono caratterizzati

da tempi di sviluppo delle piene dell‘ordine di qualche ora; per tale motivo, è fonda-

mentale allertare gli organi istituzionali presenti sul territorio con il maggior anticipo

possibile, al fine di ridurre l‘esposizione delle persone agli eventi e limitare i danni al

territorio.

Una efficiente difesa dalle alluvioni si basa sia su interventi strutturali quali, per e-

sempio, argini, invasi di ritenuta, canali scolmatori, drizzagni, etc., sia su interventi

non strutturali, ovvero quelli relativi alla gestione del territorio, come i provvedimenti

di limitazione della edificabilità, oppure quelli relativi alla gestione delle emergenze,

come la predisposizione dei modelli di previsione collegati ad una rete di monitorag-

gio, la stesura dei piani di emergenza, la realizzazione di un efficiente sistema di co-

ordinamento delle attività previste in tali piani. Le norme di comportamento da mette-

re in atto prima, durante e dopo una alluvione.

Erosioni costiere e mareggiate

In un paese costiero ed al tempo stesso industrializzato come il nostro, il problema

dell‘erosione costiera è molto diffuso. Negli ultimi decenni, a causa dei prelievi indi-

scriminati di ghiaia e di sabbia lungo l‘alveo di molti fiumi italiani, è diminuito

l‘apporto del trasporto solido fluviale recapitato alle spiagge. Per tale motivo, in nu-

merosi litorali la linea di costa è vistosamente arretrata, portandosi a ridosso di infra-

strutture viarie, edifici, insediamenti industriali, minacciandone la stessa esistenza e

costringendo talvolta la popolazione ad evacuare l‘area.

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Il problema è stato inoltre aggravato dalle mareggiate che, con frequenza variabile, si

abbattono sulle coste e modificano, in modo anche sostanziale, la morfologia della li-

nea di costa.

Per contrastare tali fenomeni, la Protezione Civile ha attuato vari piani di prevenzio-

ne, che consistono nella costruzione di numerose opere di difesa, sia trasversali alla

riva (pennelli), longitudinali (frangiflutti), che radenti (muri di sponda, paratie, etc.).

Nei casi in cui l‘arretramento sia stato talmente cospicuo da erodere gran parte della

spiaggia, sono stati attuati interventi più drastici, quali – per esempio - il ripascimento

artificiale, consistente nell‘alimentazione di una spiaggia, mediante idoneo materiale

di riporto, estratto da cave di prestito.

Subsidenze e sprofondamenti

La subsidenza consiste in un lento processo di abbassamento del suolo, che può coin-

volgere territori di estensione variabile. Tale fenomeno è generalmente causato da

fattori geologici, ma negli ultimi decenni è stato localmente aggravato dall‘azione

dell‘uomo ed ha raggiunto dimensioni superiori a quelle di origine naturale.

Le subsidenze prodotte o aggravate da azioni antropiche possono essere date da e-

mungimento di acque dal sottosuolo, estrazione di gas o petrolio, carico di grandi

manufatti, estrazione di solidi, etc: in questo caso i valori totali possono essere anche

di qualche metro.

La subsidenza naturale è causata da molteplici fattori: movimenti tettonici, raffred-

damento di magmi all‘interno della crosta terrestre, costipamento di sedimenti, etc.; i

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movimenti verticali di tipo naturale possono raggiungere valori di qualche millimetro

l‘anno.

In Italia i fenomeni di lenta subsidenza si sono verificati lungo la fascia costiera a-

driatica da Rimini a Venezia (dove questo fenomeno è particolarmente noto), spe-

cialmente nei pressi del Delta del Po, ma anche nei dintorni di agglomerati urbani

come Milano, Bologna e Modena, in questi casi soprattutto per l‘estrazione di acqua

dal sottosuolo. Casi più recenti sono stati segnalati in Puglia, nella Piana di Sibari e

nella Pianura Pontina.

I provvedimenti da attuare a fini preventivi consistono essenzialmente in una corretta

gestione delle risorse idriche, evitando di ricorrere in modo eccessivo al prelievo dal-

le falde, ed in una rigorosa pianificazione delle attività estrattive.

Un problema solo per alcuni versi affine a quello della subsidenza, ma che ha, al con-

trario del primo, importanti ricadute di Protezione Civile, è quello degli sprofonda-

menti rapidi (sinkholes). Tali fenomeni sono dovuti sia a cavità naturali presenti nel

sottosuolo che a cavità realizzate dall‘uomo fin dall‘antichità (cave in sotterraneo,

ambienti di vario uso, depositi, acquedotti, fognature, drenaggi ecc).

In Italia i fenomeni di dissesto provocati da cavità sotterranee sono frequenti ed han-

no determinato spesso ingenti danni materiali e, in molti casi, anche la perdita di vite

umane.

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Relativamente agli aspetti di Protezione Civile si sottolinea che il rischio legato alle

cavità sotterranee è particolarmente diffuso nelle aree urbane dove l‘azione

dell‘uomo ha portato alla creazione di vuoti nel sottosuolo per la maggior parte dei

quali si è persa la consapevolezza dell‘esistenza, a causa soprattutto della incontrolla-

ta crescita urbanistica degli ultimi decenni.

In considerazione delle oggettive difficoltà che si incontrano in tali aree per addiveni-

re ad una corretta analisi della pericolosità, il Dipartimento della Protezione Civile ha

avviato un progetto finalizzato alla definizione dei criteri tecnico-scientifici per

l‘individuazione delle cavità, per l‘analisi della loro pericolosità e per la definizione

degli interventi più efficaci da realizzare sia in fase di emergenza che in fase di pre-

venzione a medio e lungo termine.

Valanghe

Le valanghe (o slavine) sono costituite da masse nevose che si distaccano in modo

improvviso e repentino dai pendii di un rilievo, precipitando verso valle ed accre-

scendosi di volume durante il percorso. Il pericolo delle valanghe è fortemente legato

alla presenza turistica in montagna e quindi alle maggiori esposizioni di rischio delle

persone, degli edifici e delle infrastrutture .

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La classificazione delle valanghe non è delle più semplici a causa delle notevoli va-

riabili che entrano in gioco (tipo di distacco, tipo di neve, posizione del piano di scor-

rimento, etc.).

Secondo la terminologia adottata in recenti pubblicazioni dell‘AINEVA (Associazio-

ne Interregionale Neve e Valanghe), con riferimento al tipo di distacco, si parla di di-

stacco puntiforme, che genera una valanga di neve a bassa coesione oppure di distac-

co lineare che dà luogo ad una valanga a lastroni.

E‘ molto importante, per le valanghe (che possono essere sia spontanee che innesca-

te), determinare se si tratti di valanghe di superficie o di fondo: se la rottura avviene

all‘interno del manto nevoso, si ha una valanga di superficie, mentre se avviene a li-

vello del terreno, la valanga è detta di fondo. Le valanghe possono essere poi radenti

(a contatto con la superficie) o nubiformi (queste ultime sono dette anche polverose e

possono essere costituite di neve asciutta).

Prevedere la caduta di una valanga non è un compito semplice, in quanto spesso la lo-

ro caduta non è preceduta da alcun precursore; pur tuttavia sono note con una certa

precisione quali sono le aree a rischio di valanghe e vengono segnalate situazioni di

pericolo mediante i cosiddetti ―bollettini delle valanghe‖.

Le cause della valanghe possono essere diverse ma in ogni caso riferibili alla diminu-

zione della coesione della massa nevosa, che ne determina il distacco. A questo pro-

posito, aspetti di una certa rilevanza sono la lunga permanenza di uno strato di neve

in superficie, il riscaldamento primaverile e l‘azione di piogge di una certa consisten-

za.

Per quanto riguarda gli incidenti da valanga, i dati raccolti dall‘AINEVA indicano

che sulle Alpi in questi ultimi 25 anni sono morte in valanga mediamente una ventina

di persone sul versante italiano.

I provvedimenti da attuare nel caso di rischio valanghe consistono innanzitutto nel

conoscere quali sono le aree dove tali fenomeni si generano: in generale, infatti, le

valanghe prendono origine quasi sempre dagli stessi luoghi, tipicamente aree di alta

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montagna, con terreni rocciosi nudi, tra i 2.000 ed i 3.000 metri, prive per lo più di

copertura vegetale.

In questo caso un provvedimento da adottare consiste senz‘altro nell‘evitare queste

aree, soprattutto in periodi molto pericolosi (inizio primavera), quando

l‘innalzamento delle temperature può essere tale da provocare lo scioglimento repen-

tino delle masse nevose.

In caso di incidente, è essenziale che ogni escursionista non sia mai solo, sia adegua-

tamente equipaggiato, al fine di rendere possibile l‘autosoccorso da parte degli altri

escursionisti in un arco di tempo sufficientemente ridotto. E‘ necessario dunque di-

sporre di un apparecchio di ricerca per la rapida localizzazione in valanga (ARVA)

che, posto in trasmissione all‘inizio dell‘escursione, viene commutato in modalità di

ricerca nel caso di incidente. Gli altri materiali per l‘autosoccorso sono costituiti da

una sonda leggera per l‘individuazione del punto esatto in cui si trova la persona se-

polta ed una pala per poter liberare il più velocemente possibile una persona sepolta:

in genere la profondità di seppellimento si aggira intorno al metro. Nel caso in cui

non si sia in grado di effettuare l‘autosoccorso, o anche semplicemente per avere bi-

sogno di aiuto, occorre chiedere immediatamente soccorso telefonando al 118. In

questo caso scatta il cosiddetto ―soccorso organizzato‖ organizzato appunto dal Soc-

corso Alpino con l‘ausilio di elicotteri, cani da valanga e tecnici specializzati.

Come prevenire il rischio di valanghe e cosa fare nel caso di caduta di una valanga.

Crisi idriche

In un sistema di approvvigionamento idrico si verifica una situazione di deficienza

idrica quando l‘ordinaria richiesta d‘acqua da parte degli utenti non può più essere

corrisposta, sia per eventi di siccità, inquinamento o errata gestione delle fonti di ali-

mentazione, sia per carenza negli impianti (D.P.C.M. 4 marzo 1996).

Negli ultimi decenni, si è venuta a delineare in Italia una situazione meteo-climatica

caratterizzata da una generalizzata diminuzione delle precipitazioni. In particolare,

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negli ultimi tre anni sono stati registrati prolungati periodi di scarse precipitazioni che

hanno determinato situazioni di emergenza idrica in gran parte del territorio nazionale

aggravando altresì situazioni già precedentemente in stato di crisi.

Va ricordata tra i fattori che contribuiscono al determinarsi delle crisi idriche,

l‘inadeguatezza della rete acquedottistica che in Italia presenta una perdita dell‘acqua

addotta pari al 27%, con punte anche del 40%.

Le emergenze idriche più gravi verificatesi recentemente in Italia sono state registrate

nell‘estate 2002, soprattutto al Centro Sud, e nell‘estate 2003 (in particolar modo le

regioni settentrionali). In queste situazioni, la carenza idrica ha determinato forti li-

mitazioni non solo nel settore civile ma anche in quelli agricolo ed industriale. Il Di-

partimento della Protezione Civile è intervenuto, d‘intesa con i Ministeri competenti

e con le Regioni interessate, con la dichiarazione dello stato di emergenza da parte

del Consiglio dei ministri e per mezzo di ordinanze che hanno conferito ai Presidenti

delle Regioni, nominati Commissari Straordinari, i poteri e gli strumenti necessari

per fronteggiare l‘emergenza nel settore dell‘approvvigionamento idrico e del servi-

zio idrico integrato.

Durante la crisi idrica dell‘estate 2003 che ha interessato tutto il bacino del Po, al fine

di prevenire il determinarsi di ulteriori situazioni emergenziali, il Dipartimento della

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Protezione Civile, attraverso strumenti ordinari e disponibili nell‘ambito della legi-

slazione vigente, si è fatto promotore di un‘intesa stipulata con l‘Autorità di bacino,

le Regioni Valle D‘Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna,

l‘Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO), il Gestore della Rete di Trasmissio-

ne Nazionale (GRTN), i Consorzi regolatori dei laghi, l‘Associazione Nazionale Bo-

nifiche, Irrigazione e Miglioramenti Fondiari (ANBI), le società di produzione di e-

nergia elettrica presenti nel bacino.

Al fine di evitare l‘acuirsi di crisi idriche, è opportuno mettere in atto una serie di

provvedimenti, anche individuali, per poter preservare e gestire nel modo più oppor-

tuno il patrimonio idrico nazionale.

Tali provvedimenti consistono nella gestione oculata e razionale delle falde acquifere,

nella riduzione dei consumi, in interventi di riparazione o di rifacimento delle condot-

te, nell‘adozione di reti di adduzione e distribuzione ―duali‖ che consentono cioè

l‘utilizzo di acqua pregiata per fini potabili e di acqua depurata per alcuni usi compa-

tibili.

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Premessa

Con "Protezione Civile" si intendono tutte le strutture e le attività messe in campo

dallo Stato per tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai

danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri e-

venti calamitosi. Con la legge del 24 febbraio 1992, n.225 l'Italia ha organizzato la

Protezione Civile.

Nella maggioranza dei Paesi europei, la Protezione Civile è un compito assegnato ad

una sola istituzione o a poche strutture pubbliche.

In Italia, invece, è coinvolta in questa funzione tutta l'organizzazione dello Stato, al

centro e in periferia, dai Ministeri al più piccolo comune, ed anche la società civile

partecipa a pieno titolo al Servizio nazionale della Protezione Civile, soprattutto at-

traverso le organizzazioni di volontariato. Le ragioni di questa scelta, che caratterizza

la struttura della Protezione Civile italiana, si possono individuare nell'incontro tra

una motivazione istituzionale ed una esigenza operativa legata alle caratteristiche del

nostro territorio.

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Dal punto di vista dell'ordinamento amministrativo, è in corso da anni un processo

di riforma orientato ad aumentare il peso, le competenze e le responsabilità delle isti-

tuzioni regionali e locali, attuando e sviluppando in forme adeguate alle esigenze di

oggi gli orientamenti al regionalismo e alla valorizzazione delle istituzioni locali già

presenti nella Carta costituzionale. La Protezione Civile non poteva essere estranea a

questo processo, che spiega l'importanza crescente che stanno assumendo nella strut-

tura del sistema nazionale della Protezione Civile le Regioni e le amministrazioni lo-

cali, l'aumento delle responsabilità e delle competenze loro affidate, l'articolazione

dei livelli di decisione e di intervento, la complessità delle esigenze di direzione e co-

ordinamento del sistema ai vari livelli.

Breve storia della normativa di Protezione Civile

Fino al XVII secolo le calamità e i disastri non avevano una spiegazione scientifica,

ma venivano interpretati come castighi divini. Bisognerà aspettare il '700 perchè essi

siano studiati e accettati per quello che sono: fenomeni naturali o prodotti dell'attività

umana. A questa presa di coscienza consegue, nel tempo, l'intervento legislativo nel

campo della Protezione Civile. Per comodità di esposizione, ma con qualche arbitrio,

abbiamo periodizzato in tre fasi l‘arco di tempo entro il quale ha preso avvio e si è

sviluppato l‘intervento normativo nel campo della Protezione Civile: una prima fase

contraddistinta da una legislazione disorganica; una seconda, da una normativa orga-

nica entro un quadro di riferimento accentrato ed accentratore; la terza ed ultima, in

attuazione dei principi di ― integrazione‖ e ―sussidiarietà‖, caratterizzata da un forte

decentramento e dal conseguente trasferimento di competenze alle autonomie locali.

PRIMA FASE: Legislazione disorganica

SECONDA FASE: Legislazione organica all'insegna dell'accentramento

TERZA FASE: Legislazione organica all'insegna del decentramento

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Nella prima fase tralasciando la legislazione preunitaria (che pure ha prodotto norme

significative) e partendo dall‘Unità d‘Italia, assistiamo ad un‘intensa attività legislati-

va. Vedono così la luce numerose ed eterogenee disposizioni di carattere generale ac-

compagnate da legislazione ad hoc adottate a seguito di particolari calamità.

Prefetti e Sindaci intervengono in situazioni di emergenza, limitando e requisendo, se

del caso, anche la proprietà privata e lo fanno utilizzando il generale potere di ordi-

nanza assegnatogli dalla legge 2359 del 1865. Si tratta di uno strumento tuttora lar-

gamente utilizzato.

Nei primi anni del ‗900 vengono varate alcune significative leggi. E‘ il caso, nel

1906, di disposizioni particolari aventi per oggetto alluvioni, mareggiate e uragani.

Nel 1908, a seguito del terremoto di Messina, viene introdotta la classificazione si-

smica del territorio e diventa vigente la prima normativa antisismica.

Si tratta di norme che si trovano ad esplicare i propri effetti entro un quadro normati-

vo disorganico e scollegato che non consente di affrontare seriamente, né tanto meno

di prevenire il rischio indotto dai fenomeni naturali. Bisognerà attendere il 1925 per-

ché sia varata la prima normativa organica. Si giunge così alla Seconda Fase dove si

hanno interventi più consistenti che rivelano una certa logica.

Con la legge 473/1925 il soccorso alle popolazioni colpite da eventi calamitosi viene

delegato al Ministro dei LL.PP e al suo braccio operativo rappresentato dal genio ci-

vile, con il concorso delle strutture sanitarie.

Il R.D.L 9.12.1926, n°2389, convertito nella legge 15.3.1928, n°833, precisò meglio

l‘organizzazione pubblica destinata ad intervenire, mantenendo al ministero dei

LL.PP, che allora era l‘unico che disponesse di mezzi tecnici organizzati, il potere di

dirigere e coordinare gli interventi anche delle altre amministrazioni dello Stato. La

legge di conversione n° 833 ha affidato ai prefetti, rappresentanti del governo nella

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provincia, il compito di attuare tale azione di coordinamento, dando a questi ultimi il

potere di gestire gli interventi immediati necessari subito dopo il verificarsi di un e-

vento calamitoso; tali poteri cessavano allorché il Ministro o un sottosegretario ai

LL.PP assumevano direttamente sul posto l‘incarico della direzione delle operazioni.

La stessa legge prevedeva eguali compiti per i sindaci con riferimento al territorio

comunale: essi, appena venuti a conoscenza dell‘evento, dovevano inviare sul luogo i

pompieri e il personale a loro disposizione, dandone immediata notizia al prefetto. Le

competenze del sindaco si esaurivano a questi due adempimenti, peraltro essenziali

nella prima emergenza. (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).

E‘ in questi anni che l‘organizzazione del servizio antincendio inizia a mutare pro-

fondamente. Dal XVIII secolo fino al 1926 tale servizio era strutturato unicamente su

base comunale. A partire da quest‘anno e fino al 1938, attraverso varie disposizioni

legislative , si operò una profonda ristrutturazione di questa funzione. Infatti, con il

R.D.L 16.6.1938, n°1021, i pompieri assunsero la moderna denominazione di ―Vigili

del Fuoco‖, e con successivo R.D.L 27.2.1939, n°333, venne ridefinito il ―corpo na-

zionale dei Vigili del Fuoco‖ e istituita, in seno al ministero dell‘interno, l‘apposita

Direzione generale dei Servizi Antincendio‖.

Il processo di organizzazione dei VVdF si completa nel 1961 con la legge 469. Con

essa viene completamente devoluta al Ministero dell‘interno la materia relativa agli

studi, all‘attività sperimentale tecnica e all‘organizzazione centrale e periferica dei

servizi antincendi. Furono soppressi i corpi provinciali dei VVdF e fu precisato il ca-

rattere civile del corpo nazionale. Tutto ciò comportò la completa statalizzazione dei

servizi antincendi (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).

Non si poteva ancora parlare di vera e propria Protezione Civile e di organi operativi

appositi, ma, soprattutto con questi ultimi provvedimenti, ci si riferiva già a precisi

aggregati pubblici (forze armate, pompieri, ecc) per lo svolgimento di attività di p.c.

(cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).

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E si arriva così al dopoguerra, dove, nel clima di rinnovamento seguito al secondo

conflitto mondiale, si hanno tentativi per arrivare ad una legislazione organica di p.c..

Negli anni 1950,1962 e 1967 vengono infruttuosamente presentati progetti di legge

specifici. Nel frattempo alcuni eventi calamitosi particolarmente gravi, come la cata-

strofe del Vajont nel 1962, le alluvioni del 1966, la frana di Agrigento nello stesso

anno e il tragico terremoto nella Sicilia orientale nel 1968 accelerarono la predisposi-

zione e l‘approvazione di nuovi strumenti legislativi più idonei.

La 1^ vera svolta si ha nel 1970. Infatti, con la legge n° 996 ―Norme sul soccorso e

l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità‖, si hanno per la prima volta, dispo-

sizioni di carattere generale che prevedono un‘articolata organizzazione di Protezione

Civile. Con questa legge si recepisce, per la prima volta nel nostro ordinamento, il

concetto di Protezione Civile, definendola come ―l‘attività intesa alla predisposizione

concertata, in tempo di normalità, dei servizi di emergenza, di soccorso e di assisten-

za, e a predisporre, al verificarsi della calamità, in forma coordinata ed unitaria, tutti

gli interventi delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, degli enti locali territo-

riali e degli altri enti pubblici istituzionali‖.

E‘ stata inoltre precisata, per la prima volta, la nozione di calamità naturale e di cata-

strofe, definite come ―l‘insorgenza di situazioni che comportino grave danno e peri-

colo di danno all‘incolumità delle persone e dei beni, e che per la loro natura ed e-

stensione debbano essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari‖.

Siamo dunque in presenza di un nuovo concetto di Protezione Civile, intesa come

predisposizione e coordinamento degli interventi, e a tal fine giustamente si indivi-

duavano i compiti fondamentali demandati agli organi della Protezione Civile, po-

nendo in primo piano l‘esigenza della pianificazione a livello nazionale, regionale e

provinciale, e della più razionale organizzazione degli interventi, a calamità avvenuta.

(cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).

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L‘Organismo a cui è dedicata gran parte della legge è il Corpo nazionale dei vigili del

fuoco.

La legge ritaglia un ruolo centrale al Ministero dell‘Interno cui è affidato il compito

di soccorso tecnico urgente e di assistenza.

La legge n° 996, in linea con le concezioni culturali del tempo, privilegia il momento

dell‘emergenza; pur anticipando le nuove future linee guida della p.c in senso globa-

le, organizza il solo momento operativo che coincide con il disastro con il soccorso

da attuare un attimo dopo sia avvenuto il fatto.

Il regolamento d‘esecuzione della legge in questione fu approvato solo dopo 11 anni,

mentre nel frattempo rovinosi terremoti avevano colpito e devastato nel 1976 il Friuli

e nel 1980 vaste zone della Campania e della Basilicata. In tali occasioni il governo

per far fronte all‘emergenza, nominò un commissario straordinario, come previsto

dalla legge 996/70.

Anche a seguito di quest‘ultima esperienza (gestione commissariale) cominciò a farsi

strada l‘idea della necessità di prevedere stabilmente l‘istituzione di un Alto Commis-

sario per il coordinamento degli interventi di p.c..

Si hanno, quindi, norme che danno corpo e contenuto a questa impostazione. Con il

DL 22 febbraio 1982, n° 57 convertito nella legge 187/82 viene nominato un Ministro

per il coordinamento della P.C. che nella sua attività si avvarrà del Dipartimento della

Protezione Civile, istituito con DPCM del 22 giugno 1982.

Con la legge 938 del 23.12.1982 viene formalizzata la figura del Ministro per il coor-

dinamento della p.c. come autonoma figura di coordinamento.

Con la legge n°180 del 1983 viene conferito al nuovo Ministro il potere di emanare,

in situazioni di emergenza, provvedimenti immediatamente esecutivi in deroga alla

normativa vigente.

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Si passa così alla terza fase quando di fronte alle catastrofi, ai morti, al patrimonio e-

dilizio e paesaggistico devastato, l‘intervento immediato dell‘uomo non basta più, ma

bisogna attuare una politica di prevenzione

Si fa strada l‘idea che i disastri vadano affrontati dopo averli immaginati, descritti

prima, vissuti prima e che occorra sì dimensionare le strutture d‘intervento , ma oc-

corre farlo tenendo conto di scenari già elaborati e di misure di prevenzione già poste

in atto. La Protezione Civile, nella mente di chi sino a quel momento ha avuto come

obiettivo il soccorso, diventa anche previsione, prevenzione e ricostruzione.

I tempi sono oramai maturi per un cambiamento radicale.

Finalmente viene promulgata la legge 24 febbraio 1992, n°225. Dopo 22 anni dalla

legge n° 996 del 1970 nasce il ―Servizio nazionale della p.c.‖ con la cui istituzione la

struttura di p.c. del paese subisce una profonda riorganizzazione.

La legge 24 febbraio 1992, n. 225, istituisce il Servizio Nazionale della Protezione

Civile, con l'importante compito di "tutelare la integrità della vita, i beni, gli insedia-

menti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da

catastrofi e da altri eventi calamitosi"

Tale legge disciplina la Protezione Civile come sistema coordinato di competenze al

quale concorrono le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Provincie, i Comuni e

gli altri enti locali, gli enti pubblici, la comunità scientifica, il volontariato, gli ordini

e i collegi professionali e ogni altra istituzione anche privata.

Un tale complesso sistema di competenze trova il suo punto di collegamento nell'af-

fidamento delle funzioni di impulso e coordinamento al Presidente del Consiglio dei

ministri.

La nuova filosofia della p.c. è ora saldamente impostata su quattro linee fondamenta-

li: previsione; prevenzione; soccorso; superamento dell‘emergenza.

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Collocare questa legge nella fase decentrata non è propriamente corretto in quanto si-

gnificative competenze vengono mantenute in capo allo Stato ed alla sua Ammini-

strazione periferica. Essa più propriamente può essere definita una legge che rappre-

senta un momento di passaggio fra la fase accentrata e quella decentrata in quanto, se

è vero che, con particolare riferimento alle competenze operative, essa continua ad

imperniarsi sull‘amministrazione centrale e periferica dello Stato, è altrettanto vero

che per la prima volta, soprattutto per ciò che riguarda previsione e prevenzione, essa

aumenta notevolmente il peso di Regioni, Province e Comuni.

In questa fase, per così dire di passaggio, si collocano anche la legge n° 183 del 1989

sulla ―difesa del suolo‖ e la legge del 8 giugno 1990 n° 142 <<Ordinamento delle au-

tonomie locali>> in seguito più volte modificata e, recentemente, trasformatasi nel

dlgs n° 267 del 2000 (Testo unico). Questa legge , oltre a dettare i principi generali

dell‘ordinamento delle Province e dei Comuni, ne determina funzioni e compiti alcu-

ni dei quali, direttamente od indirettamente afferiscono all‘ambito della Protezione

Civile

A partire dagli anni novanta il Governo, il Parlamento e quasi tutte le forze politiche

si accordano su un consistente trasferimento delle competenze, dal centro alla perife-

ria, sulla base dei principi di ―sussidiarietà‖ed ―integrazione‖, in modo da avvicinare

la soluzione dei problemi ai cittadini e ai rappresentanti dei cittadini. Ne consegue

che funzioni statali passano alle Regioni e agli Enti locali, funzioni regionali passano

agli enti locali.

In questo contesto viene ridefinita anche la materia della Protezione Civile. Il Dlgs n°

112 (cd. Bassanini) del 1998 ha in tre articoli rideterminato l‘assetto della Protezione

Civile a livello delle competenze, da una parte trasferendo notevolissime competenze

alle Autonomie locali, stavolta anche di tipo operativo, dall‘altra prefigurando una

profonda ristrutturazione anche per ciò che riguarda le residue competenze statali. Il

quadro di riferimento ―ideologico‖ resta però la 225/92 che disciplina la Protezione

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Civile come servizio e, soprattutto, identifica le categorie degli eventi e delle attività

di Protezione Civile.

Il ciclo si chiude con la riforma del titolo V° della Costituzione (L.costituzionale

3/2001) che ha inserito la Protezione Civile fra le materie a legislazione concorrente.

La Regione Sicilia ha poi recepito la nuova riforma costituzionale e successivi decreti

attuativi, ha ribadito un‘impostazione fortemente ancorata ai valori del decentramen-

to, dell‘integrazione e della sussidiarietà.

Intervento della p.c. nel monitorare l‘ attivitá vulcanica dell‘ Etna

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Dipartimento della Protezione Civile siciliana

La struttura organizzativa è prevista dal D.D.G. n. 374 del 12/12/2001 e suc-

cessive modifiche ed integrazioni, ed è così articolata:

DIREZIONE: si occupa del Sistema Informativo, Rete informatica e banche

dati del Dipartimento. Gestione sito web e coordinamento redazionale - Atti-

vazione e interventi in emergenza; Segreteria della Direzione Generale (con

competenze ed articolazione di cui al D.D.G. n. 374 del 12/12/2001) - Attiva-

zione e interventi in emergenza; Comunicazione tecnologica ed audiovisiva,

promozione e divulgazione. Attivazione ed interventi in emergenza.

AREA AFFARI GENERALI E GESTIONE DEL PERSONALE: gesti-

sce L‘Unità per l'esercizio delle funzioni strumentali e serventi del Diparti-

mento. Attende alle gare ed ai contratti, cura il contenzioso, studia e promuo-

ve proposte normative, propone l'emanazione di circolari e ne cura la divul-

gazione, provvede all'organizzazione logistica, non che all'approvvigiona-

mento del materiale di consumo ed alla manutenzione dei beni mobili ed

immobili. Cura il servizio prevenzione e previsione per la sicurezza sul posto

di lavoro; l‘ Unità per le funzioni connesse alla gestione del personale, del

suo stato giuridico, dei rapporti contrattuali collettivi e del trattamento eco-

nomico. Cura i rapporti con le Organizzazioni sindacali, la contrattazione de-

centrata e l'attuazione degli accordi aziendali.

SERVIZIO FINANZIARIO: cura le problematiche d'interesse del Diparti-

mento relative alla programmazione ed al bilancio. Provvede alla gestione

delle risorse finanziarie ed ai pagamenti. Svolge i compiti di Segreteria per il

Comitato Regionale di Protezione Civile.

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SERVIZIO EMERGENZA: si occupa della gestione ed attivazione della

Sala Operativa Regionale Integrata Siciliana h 24. Riceve e valuta le notizie

riguardanti gli eventi calamitosi e risolve direttamente, ove possibile, i pro-

blemi inerenti i primi soccorsi; coordina la pianificazione dell'emergenza su

tutto il territorio regionale, anche per mezzo della divulgazione di Linee Gui-

da. Attiva le procedure di allertamento. Cura i rapporti con gli organi

N.A.T.O.. E' di supporto all'intervento dei mezzi aerei del C.O.A.U. (Centro

Operativo Aereo Unificato) per l'ottimizzazione dell'impiego degli aeromobi-

li.

SERVIZIO VOLONTARIATO E FORMAZIONE: coordina la pianifica-

zione dell'emergenza su tutto il territorio regionale, anche per mezzo della

divulgazione di Linee Guida. Attiva le procedure di allertamento. Cura i rap-

porti con gli organi N.A.T.O.. E' di supporto all'intervento dei mezzi aerei del

C.O.A.U. (Centro Operativo Aereo Unificato) per l'ottimizzazione dell'im-

piego degli aeromobili; Promuove e provvede all'aggiornamento ed alla for-

mazione professionale del personale dipendente dal Dipartimento e delle As-

sociazioni di volontariato iscritte nel Registro regionale.

SERVIZIO RISCHI IDROGEOLOGICI, SANITARI E AMBIENTALI:

ha funzione di Previsione e prevenzione del rischio idrogeologico - Compe-

tenze regionali derivanti dal nuovo sistema nazionale di allerta metereologica

e di gestione dell'emergenza - Formazione specialistica dei tecnici funzionari

in materia di rischio idrogeologico ; Supporto alla pianificazione di emergen-

za e Linee Guida - Attivazione e interventi in emergenza ; Previsione e pre-

venzione dei rischi industriale, antropico, sanitario ed ambientale - Supporto

alla pianificazione di emergenza e Linee Guida - Attivazione e interventi in

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emergenza.

SERVIZIO SISMICO REGIONALE: ha funzione di Individuazione, for-

mazione ed aggiornamento elenco zone sismiche e classificazione sismica

regionale. Indirizzi e linee guida per gli studi di pericolosità e di microzona-

zione sismica. Reti di monitoraggio sismico e per maremoto - Attivazione e

interventi in emergenza ; Censimento e programmazione verifiche di sicurez-

za sismica ed interventi su edifici ed opere infrastrutturali di interesse strate-

gico e rilevanti ai fini di Protezione Civile. Linee guida per le verifiche si-

smiche e gli interventi. Promozione informazione e supporto specialistico ai

tecnici - Attivazione e interventi in emergenza ; Indirizzi e linee guida per i

piani di emergenza sismica. Scenari di danno e di rischio per gli eventi si-

smici e da maremoto. Formazione specialistica dei tecnici funzionari in mate-

ria di rischio sismico. Rapporti con il Dipartimento Nazionale per predisposi-

zione intese su schemi ordinanze; atti per dichiarazioni calamità e stati emer-

genza - Attivazione e interventi in emergenza.

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Protezione Civile europea

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INTRODUZIONE

Dal momento che l‘Italia fa parte dell‘Unione europea, nasce l‘esigenza di trattare la

Protezione Civile anche a livello europeo. L‘Europa, infatti, viene regolarmente col-

pita da gravi catastrofi naturali, quali inondazioni e incendi boschivi, nonché da inci-

denti tecnologici, come esplosioni in impianti industriali e fuoriuscite di sostanze

chimiche. In alcuni casi, i Paesi colpiti riescono ad affrontare autonomamente cata-

strofi di simili proporzioni; spesso, però, necessitano l‘invio di soccorsi dall‘estero in

tempi brevi, ed è in questi casi che interviene la strategia di cooperazione comunitaria

nel settore della Protezione Civile.

Il tipo di disastri che i paesi europei devono affrontare dipende in una certa misura

dalla loro collocazione geografica e dal clima. Per esempio, molti Stati meridionali

membri dell‘Unione europea sono particolarmente soggetti a terremoti e incendi bo-

schivi, mentre negli Stati settentrionali è maggiore la probabilità di incidenti tecnolo-

gici minori come esplosioni in impianti industriali o sinistri marittimi. Di conseguen-

za, i vari Stati membri hanno sviluppato, in caso di calamità, competenze specifiche

di intervento in settori diversi; un aspetto che rende la cooperazione a livello co-

munitario particolarmente importante.

Tramite lo scambio di opinioni e di esperienze, gli esperti della Protezione Civile di

tutta l‘Unione possono trarre insegnamenti dalle rispettive migliori pratiche e poten-

ziare la capacità complessiva dell‘Europa di far fronte alle catastrofi. Resta comun-

que il dato di fatto che la Protezione Civile in ambito europeo rimane attualmente un

argomento di neoformazione e pertanto il materiale raccolto risulta esiguo .

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CENNI STORICI

Nel corso degli ultimi anni, numerosi eventi hanno evidenziato la necessità di

un‘azione a livello europeo, come ad esempio il naufragio della Prestige, gli incendi

nelle foreste del 2003 e le esondazioni nel sud della Francia alla fine del 2003. Que-

sti, ed altri eventi hanno visto convergere l‘aiuto di numerosi Stati membri ed hanno

mostrato la necessità di una preparazione comune e di un‘informazione reciproca. Al

fine di promuovere la cooperazione, lo scambio e la reciproca assistenza tra i servizi

della Protezione Civile degli Stati membri, numerose Decisioni del Consiglio europeo

hanno promosso attività e progetti finalizzati alla previsione e alla prevenzione dai ri-

schi naturali, alla gestione delle situazioni di crisi e alla creazione di reti comuni tra i

diversi sistemi nazionali di Protezione Civile. La Decisione fondamentale che ha ap-

provato il Consiglio è sicuramente la 2001/792/EC, Euratom; poi altre decisioni sono

seguite per dare attuazione alla norma fondamentale. Anche in ambito europeo, la le-

gislazione in materia di Protezione Civile ha subito, specie nel corso degli ultimi an-

ni, numerose modifiche e aggiornamenti. Il Consiglio europeo, attraverso il proprio

strumento legislativo (Decisione), ha promosso diverse iniziative e programmi volti

alla cooperazione tra gli Stati membri, alla formazione di personale qualificato, alla

predisposizione di una banca-dati omogenea, alla creazione di una task-force pronta

ad intervenire, in tempi rapidi, in situazioni di "maxi" emergenze che coinvolgono

uno Stato in difficoltà oppure più Stati (come ad esempio l‘esondazione del Reno).

Non c‘e dubbio che ciascun membro appartenente alla Commissione europea si con-

fronta quotidianamente con specifiche problematiche di varia natura relative al pro-

prio territorio e, conseguentemente, ciascuno Stato affronta le emergenze sulla base

della propria esperienza, in relazione al proprio assetto normativo e funzionale e sulla

base del proprio Sistema nazionale di Protezione Civile. Di qui la necessità di uni-

formare, attraverso linee guida ed indirizzi operativi, i linguaggi e le procedure al fine

di creare una struttura in grado di dialogare specialmente in situazioni "di emergen-

za". La struttura europea di Protezione Civile nasce con l‘intento di mettere a con-

fronto i diversi sistemi nazionali di Protezione Civile e le diverse strategie messe in

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atto per mitigare le conseguenze di eventi calamitosi. A partire dal disastro nucleare

verificatosi nella ex Unione Sovietica, ci si è resi conto che alcune maxi emergenze

possono travalicare i confini nazionali e richiedere un istantaneo coordinamento degli

apparati di sicurezza di una pluralità di paesi. Vi è, al fondo, l‘esigenza di concordare

forme e modalità, quanto più sollecite, di scambio di informazioni e di notizie sia nel-

le fasi preventive sia, a maggior ragione, nella gestione degli eventi emergenziali. Nel

recente passato, si rammentano solo la devastante esplosione dell‘impianto chimico

AZF di Tolosa (Francia) che ha causato 29 morti nonché ingenti danni; la fuoriuscita

di cianuro dalla miniera di Baia Mare (Romania) che ha contaminato parte del Danu-

bio; i terremoti cha hanno colpito la Grecia e la Turchia provocando oltre 17.000 vit-

time e le devastanti inondazioni che hanno interessato la Germania e la Francia. Pe-

raltro, alcune Nazioni hanno una specifica struttura preposta alla gestione delle emer-

genze: l‘Italia, per effetto delle condizioni geomorfologiche e meteoclimatiche del

proprio territorio, ha sviluppato specifiche e qualificate competenze per determinare

tipologie di rischi. A tal fine appare indispensabile che si accresca il livello di inter-

scambio di Protezione Civile culturale e di esperienza fra i paesi europei al fine di

mettere a fattor comune le pratiche di eccellenza e omogeneizzare il più possibile la

risposta continentale di Protezione Civile ed uniformare i linguaggi per la gestione

delle emergenze.

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Catastrofi avvenute in Europa

Terremoti 1999 Grecia e Turchia oltre 17 000 vittime

1980 Italia 2739 vittime

1976 Italia 977 vittime

Inondazioni 2002 Francia, Germania, Regno Unito, Repubblica ceca, Ungheria

2001 Polonia, Regno Unito, Romania, Ungheria

2000 Francia, Italia, Regno Unito, Spagna

Frane 1998 Italia 159 vittime

1976 Regno Unito 144 vittime

1963 Italia 1 759 vittime

Incendi forestali

Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia: ogni anno

Incidenti tecnologici 2001 Francia esplosione nella fabbrica AZF 29 vittime

2000 Romania, Ungheria fuoriuscita di sostanze chimiche a Baia Mare

2000 Paesi Bassi esplosione in una fabbrica di fuochi

artificiali a Enschede 20 vittime

Inquinamento marino dovuto a cause accidentali 1999 Francia incidente dell‘Erika con fuoriuscita di petrolio

1996 Costa del Galles Sea Empress

1993 Shetland Braer

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STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE INTERNA

I governi dell‘UE hanno concordato formalmente per la prima volta di coordinare le

strategie di Protezione Civile in una riunione ministeriale svoltasi a Roma nel 1985.

Tali governi tra il 1985 e il 1994 hanno approvato varie iniziative preliminari che

hanno gettato le basi di quello che è oggi un approccio coordinato di ampia portata

per affrontare gravi disastri e pianificare i soccorsi.

Tutte le iniziative di Protezione Civile a livello comunitario sono attuate sulla base

del principio di sussidiarietà, il quale prevede che in settori di competenza condivisa

fra l‘UE e gli Stati membri, la Comunità intervenga solo quando la sua azione è con-

siderata più efficace di quella intrapresa a livello nazionale, regionale o locale.

Nel 1997 il Consiglio dell‘Unione europea ha compiuto un importante passo avanti

con l‘approvazione di un vasto programma di azione per la Protezione Civile valido

dal 1 gennaio 1998 al 31 dicembre 1999. Questo primo programma di azione è stato

seguito da un secondo programma nel 1999, basato su uno schema più ampio, entrato

in vigore il 1 gennaio 2000 e valido fino al 31 dicembre 2004.

Il nuovo programma è finalizzato a sostenere e integrare gli sforzi degli Stati membri

dell‘UE nel settore della Protezione Civile a livello nazionale, regionale e locale, ol-

tre che ad agevolare gli scambi tra gli specialisti europei del settore.

In base all‘art. 3 della decisione del Consiglio del 9 dicembre 1999, che istituisce un

programma d‘azione comunitario a favore della Protezione Civile, le singole azioni

da intraprendere sono individuate prevalentemente sulla base di alcuni criteri:

- devono contribuire alla prevenzione di rischi e danni alle

persone, o ai beni materiali e in tal modo, all'ambiente, in

caso di calamità naturale o di catastrofe tecnologica;

- devono contribuire a potenziare il livello di preparazione

delle squadre di Protezione Civile negli Stati membri, affinandone

la capacità di reazione in caso di emergenza;

- devono contribuire ad individuare e studiare le cause delle

Catastrofi;

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55

- devono contribuire a perfezionare gli strumenti e le metodologie

di previsione, le tecniche e metodologie di reazione

e immediata assistenza successiva alle emergenze

- devono contribuire all'informazione, all'educazione ed alla

sensibilizzazione dell'opinione pubblica, mettendo i cittadini

europei in condizione di proteggere se stessi con maggiore

efficacia.

Ognuna di queste azioni è condotta in stretta cooperazione con gli Stati membri e

quest‘ultimi dovrebbero mirare a:

- incorporare gli obiettivi di Protezione Civile nelle altre politiche

ed azioni della Comunità e degli Stati membri, in

particolare includendo la valutazione dei rischi nella valutazione

dell'impatto di impianti ed attività;

- contribuire alla coerenza di questo programma con altre

azioni comunitarie.

I progetti sono rivolti a ridurre al minimo il rischio di numerose catastrofi naturali e

tecnologiche e a contenerne l‘impatto qualora esse si verifichino. La loro finalità è,

tra l‘altro, l‘elaborazione di principi e orientamenti chiari per la prevenzione di cata-

strofi naturali e gravi incidenti tecnologici. Oltre ad affrontare questioni generali con-

nesse alla prevenzione dei disastri, questi progetti si concentrano in particolare sui ri-

schi rappresentati da inondazioni, cedimenti di dighe e incendi. Il principio alla base

di questi progetti è assicurare che i cittadini comunitari abbiano accesso a informa-

zioni adeguate quando necessario, nella loro lingua, in caso di emergenza o di cata-

strofe, in modo da potersi proteggere con maggiore efficacia.

Quando si viaggia, si lavora o si studia in uno Stato membro, deve essere possibile

comprendere le informazioni fornite tramite segnali, cartelli, indicazioni e altri stru-

menti. In caso di pericolo, le persone devono capire quello che le autorità in tutti gli

Stati membri dell‘UE cercano di comunicare in modo da poter provvedere a se stesse

e a chi dipende da loro.

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56

Un esempio pratico di Protezione Civile in azione è il 112, ovvero il numero unico

europeo per chiamate di emergenza. I cittadini europei in situazioni di emergenza

possono chiamare il 112 per entrare in contatto con i servizi di emergenza in tutti gli

Stati membri. Quindi, chiunque viaggi nell‘Unione deve ricordare un solo numero e

questo garantisce un intervento più rapido ed efficace in qualsiasi emergenza. Il Con-

siglio delle Comunità europee ha deciso l‘introduzione del servizio 112 nel 1991.

Tutti gli Stati membri dichiarano che ora il numero è operativo sul loro territorio.

Sebbene tutti i cittadini dell‘UE abbiano diritto a protezione e assistenza di buona

qualità, attualmente tra i vari Stati membri esistono differenze notevoli in termini di

rischi, fattori geografici e demografici.

I progetti dell‘Unione europea puntano a eliminare le differenze esistenti fra i vari

stati membri e a garantire che i cittadini possano fare affidamento sullo stesso livello

di preparazione in caso di emergenza, in qualsiasi parte dell‘Unione essi si trovino.

Tra le iniziative specifiche rientrano progetti sulla medicina in caso di catastrofi e

programmi per potenziare l‘assistenza psicologica alle vittime di calamità. Altri pro-

getti sono finalizzati a migliorare le condizioni di formazione e addestramento per i

professionisti del settore, tra cui i vigili del fuoco e altro personale di pronto interven-

to. Con questi progetti si intende assicurare agli esperti europei della Protezione Civi-

le l‘opportunità di trarre tutti gli insegnamenti possibili dai disastri avvenuti in passa-

to affinché possano affrontare le catastrofi del futuro con maggiore efficienza. Tra i

progetti specifici da adottare figurano un programma per preparare gli Stati membri

vulnerabili a far fronte ai terremoti e un‘analisi approfondita degli aspetti socioeco-

nomici connessi ai disastri.

Questi progetti sono rivolti ai professionisti che operano in tutti i settori della Prote-

zione Civile. I programmi finora sostenuti includono uno studio sull‘uso delle nuove

tecnologie dell‘informazione negli interventi di soccorso, una relazione sul ruolo del-

le organizzazioni non governative (ONG) in caso di catastrofi e un vasto scambio di

opinioni con i paesi candidati all‘adesione sui problemi della Protezione Civile.

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57

Nell‘ottobre 2001 i governi dell‘UE hanno concordato di istituire un nuovo «mecca-

nismo» per agevolare la cooperazione negli interventi di Protezione Civile.

Il meccanismo si basa su un piano di ampia portata proposto dalla Commissione eu-

ropea nel settembre 2000 e illustra strategie dettagliate per far fronte a tutte le princi-

pali emergenze che possono richiedere un intervento rapido, da catastrofi in tempo di

pace, come possono essere i terremoti, a minacce o attacchi di tipo terroristico.

Il nuovo piano è stato adottato in un contesto caratterizzato da una serie di gravi disa-

stri che hanno colpito l‘UE e il resto del mondo negli ultimi anni. Soltanto nel 1999 si

sono avuti terremoti in Grecia e Turchia, tempeste che hanno provocato gravi danni

in molti paesi europei e il naufragio dell‘Erika che ha inquinato 400 km di costa fran-

cese.

Il nuovo meccanismo intende agevolare la cooperazione tra gli Stati membri in modo

che le autorità di una regione colpita da una calamità possano fare ricorso a un‘ampia

rete comunitaria di esperti di Protezione Civile in brevissimo tempo. Il meccanismo

viene attivato quando un paese richiede l‘assistenza dei partner UE a seguito di una

catastrofe.

In origine, il piano era stato elaborato per gli Stati membri, i paesi SEE (Spazio eco-

nomico europeo) e i paesi candidati, ma in seguito sarà esteso anche a paesi terzi che

richiederanno la collaborazione dell‘Unione per affrontare i disastri. Il fulcro del

nuovo meccanismo è un nuovo Centro comunitario più efficiente di monitoraggio e

di informazione per la Protezione Civile. Questa nuova infrastruttura sarà gestita dal-

la Commissione europea a Bruxelles e, come l‘unità operativa già esistente della

Commissione «Protezione Civile», sarà attiva 24 ore al giorno, 365 giorni all‘anno. Il

centro può fare riferimento in qualsiasi momento a una rete di esperti e, in genere,

riesce a formare una squadra di intervento ad hoc e ad assicurarne l‘invio sul luogo

del disastro in qualsiasi parte del mondo entro 12 ore. Per esempio, già poche ore do-

po gli attacchi dell‘11 settembre, la Commissione aveva contribuito a formare una

squadra di oltre 1 000 addetti ai soccorsi pronti a recarsi a New York e Washington in

qualsiasi istante. Il manuale operativo contiene l‘indicazione di punti di contatto per

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58

ogni Stato membro, per i paesi SEE e per i paesi candidati in merito alle autorità

competenti.

La rete permanente dei corrispondenti nazionali (Permanent Network of National

Correpondents — PNNC) è costituita da rappresentanti di alto livello appartenenti al-

le amministrazioni nazionali responsabili della Protezione Civile ed è la prima rete

coordinata della Protezione Civile istituita nell‘Unione europea. Questa struttura

svolge la funzione di strumento per lo scambio di informazioni ed esamina diverse i-

niziative nell‘ambito della Protezione Civile.

Per l‘attuazione del programma di azione e del meccanismo comunitario a favore di

una cooperazione rafforzata negli interventi di Protezione Civile, la Commissione è

assistita dal Comitato per il programma di azione e per il meccanismo nel settore del-

la Protezione Civile, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal-

la Commissione stessa.

La Commissione europea aggiorna a scadenze regolari un vademecum per la Prote-

zione Civile che fornisce una panoramica delle misure adottate dagli Stati membri

dell‘UE, dai paesi SEE e dai paesi candidati all‘adesione per affrontare le catastrofi.

Si tratta di un documento dettagliato, destinato ai funzionari con posizioni di respon-

sabilità nel settore della Protezione Civile a livello nazionale, regionale e locale, alle

associazioni di volontariato, alle ONG nonché a tutti i cittadini interessati.

La guida contiene descrizioni degli interventi effettuati in occasione di disastri avve-

nuti in passato, delinea i piani di azione per future emergenze e spiega chiaramente le

competenze di tutti i soggetti interessati a livello locale, regionale, nazionale ed euro-

peo in caso di catastrofe. Il vademecum illustra inoltre i progressi compiuti dalla

Commissione, insieme ai servizi nazionali, nel favorire la cooperazione nel settore

della Protezione Civile.

La Commissione partecipa attivamente a una serie di accordi di cooperazione inter-

nazionale in materia di Protezione Civile e di intervento in caso di disastro. Queste at-

tività rientrano nel quadro delle politiche comunitarie oppure si concretizzano in ini-

ziative separate.

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59

Obiettivi

Le varie strategie dell‘Unione europea per la cooperazione nel settore della Protezio-

ne Civile non intendono sostituire i sistemi nazionali. L‘Unione europea sta struttu-

rando forme di cooperazione tra gli Stati membri negli ambiti di Protezione Civile ri-

conducibili al principio di sussidiarietà che prevede come già detto, che ogni iniziati-

va sia avviata a livello ordinamentale e amministrativo più vicino alla comunità o re-

altà territoriale interessata dall‘evento.

Le competenze nazionali, regionali e locali costituiscono e sempre costituiranno il

nucleo di tutte le iniziative europee di intervento in caso di calamità. La Comunità in-

tende svolgere un ruolo di coordinamento tra gli esperti della Protezione Civile nei

Stati membri dell‘Unione.

Numerose iniziative in questo settore sono state estese ai paesi dell‘Africa settentrio-

nale e in parte al Medio Oriente nel quadro del progetto Euromed. In situazioni di

emergenza, l‘approccio comunitario assicura, con la massima rapidità, l‘invio del

personale più qualificato nelle aree colpite dal disastro. In altre circostanze, grazie al-

la cooperazione, gli esperti della Protezione Civile di tutta Europa possono incontrar-

si a scadenze regolari per scambiarsi opinioni e imparare dalle rispettive migliori pra-

tiche. Questo metodo ha consentito alla Comunità di sviluppare, in caso di disastro,

alcune delle migliori strategie di intervento nel mondo.

In particolare, gli obiettivi della cooperazione comunitaria nel settore della Protezione

Civile sono i seguenti:

- sostenere e integrare gli sforzi compiuti a livello nazionale, regionale e locale per

prevenire i disastri e contribuire a potenziare il livello di preparazione dei responsabi-

li della Protezione Civile e dei soccorsi in caso di emergenza;

- contribuire a informare il pubblico per consentire ai cittadini europei di meglio pro-

teggersi;

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60

- istituire un quadro operativo per favorire la rapidità e l‘efficienza della cooperazio-

ne tra i servizi nazionali della Protezione Civile quando occorre un‘assistenza reci-

proca;

-promuovere la coerenza delle azioni intraprese a livello internazionale nel settore

della Protezione Civile, soprattutto nel contesto della cooperazione con i paesi candi-

dati dell‘Europa centrale e orientale nonché con Malta, Cipro e la Turchia, in vista

dell‘allargamento.

La necessità di un approccio a livello europeo per

la Protezione Civile non è mai stata così urgente

come dopo l‘attacco terroristico dell‘11 settem-

bre 2001 negli Stati Uniti. Gli Stati membri han-

no compreso rapidamente che l‘Unione ha biso-

gno di una strategia di intervento chiara e coordi-

nata in caso di disastro qualora un simile attacco

avvenisse in uno Stato membro. Reagendo pron-

tamente a queste preoccupazioni, la Commissio-

ne europea ha presentato nel novembre 2001 una relazione dettagliata che contene-

va suggerimenti per una serie di iniziative concrete. Il documento delineava le pos-

sibili misure per prevenire attacchi contro siti sensibili quali impianti chimici o cen-

trali nucleari e suggeriva modalità per coordinare l‘intervento dell‘Europa in caso di

un simile attacco. La comunicazione proponeva inoltre misure per affrontare

l‘ipotetica minaccia di attacchi terroristici con armi biologiche, chimiche o nucleari.

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61

Obiettivi futuri

L‘UE chiede di rafforzare la Protezione Civile europea e di redigere le mappe di vul-

nerabilità del territorio per disastri naturali, tenuto conto anche dei cambiamenti cli-

matici.

L'UE ha proposto di rafforzare la Protezione Civile europea e la prevenzione dei disa-

stri naturali attraverso un'azione di coordinamento delle protezioni civili nazionali e

di una azione di «sussidiarietà». Su questo argomento è già pronta una bozza di diret-

tiva europea. La proposta nasce dall'esigenza di dare risposte adeguate ed efficienti ai

rischi naturali o indotti dalle attività umane e di fornire un'adeguata collaborazione

anche a livello extra-europeo. Questa esigenza si è resa particolarmente evidente, in

questi ultimi tempi, dopo i disastri alla popolazione ed all'ambiente degli incendi bo-

schivi record della scorsa estate in Portogallo, dopo le disastrose alluvioni, sempre

della scorsa estate, che hanno colpito l'Europa centro orientale, senza dimenticare di-

sastri come l'uragano Katrina negli Usa (sempre nella scorsa estate) e lo tsunami asia-

tico del dicembre 2004.

Le proposte della Commissione contengono, tra l'altro:

- una dotazione a livello europeo di aerei antincendio, attrezzature di emergenza e

personale qualificato pronto ad intervenire immediatamente nel caso in cui gli inter-

venti delle protezioni civili dei paesi membri non fossero adeguati o sufficienti;

- la realizzazione di un sistema di sorveglianza ed allerta europeo con la pubblicazio-

ne giornaliera di un bollettino, collegato ed interconnesso con i circa 50 centri di al-

lerta che sono presenti a livello mondiale.

Questa nuova direttiva chiederà a tutti i paesi membri UE che vengano preparate op-

portune mappe di vulnerabilità dei loro territori e di rischio di alluvioni o inondazio-

ni, tenuto conto anche della evoluzione del clima e dei cambiamenti climatici.

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62

Conclusioni

Data la recentissima istituzione della Protezione Civile a livello europeo, si auspica

che in futuro l‘Unione europea approfondisca la materia con la produzione di nuove

norme atte a regolamentare con maggior chiarezza ed efficacia le azioni della Prote-

zione Civile in un clima di collaborazione internazionale.

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63

BIBLIOGRAFIA

ELENCO DELLE PRINCIPALI NORMATIVE

Legge 8 Dicembre 1970, n. 996 (G.U. 16 Dicembre 1970, n. 317)

Norme sul soccorso e l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione

Civile

Legge 10 Agosto 1976, n. 557 (G.U. 14.08.1976 n. 214)

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 luglio 1976, n.463, re-

cante norme urgenti per l‘organizzazione dei servizi antincendi e di Protezione Civi-

le.

Legge 26 Febbraio 1977, n. 45 (G.U. 01.03.1977 n. 057)

Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 1976, n.868, concernente proro-

ga del termine previsto dall‘articolo 1 del decreto-legge 3 luglio 1976, n.463, conver-

tito nella legge 10 agosto 1976, n.557, recante norme urgenti per la organizzazione

dei servizi antincendi e di Protezione Civile.

D.P.R. 6 Febbraio 1981, n. 66 (G.U. 16 Marzo 1981, n. 74, s.o.)

Regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, recante norme sul

soccorso e l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione Civile

Legge 12 Agosto 1982, n. 547 G.U. 28/09/2000, n. 227)

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 10 luglio 1982, n. 428,

concernente Misure urgenti per assicurare l‘impiego di aeromobili militari nell‘azione

di prevenzione e di spegnimento degli incendi. Con il provvedimento, che riguarda

misure urgenti per assicurare l‘impiego di aeromobili nell‘azione di prevenzione e

spegnimento degli incendi boschivi e con la costituzione del Fondo per la Protezione

Civile, è stata data la possibilità di finanziare anche interventi di Protezione Civile.

Page 65: Protezione civile

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64

Decreto Legge 12 Novembre 1982, n. 829 (G.U. 15.11.1982 n. 314)

Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o eventi ec-

cezionali.

DPCM 14 Settembre 1984

Organizzazione del Dipartimento della Protezione Civile. Disciplina l‘organizzazione

del DPC in Servizi e Uffici

Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile, Ordine di servizio n. 1, 3 Ot-

tobre 1984

Organizzazione degli uffici del Dipartimento della Protezione Civile

DPCM 16 Ottobre 1984

Costituzione del Comitato operativo per le Emergenze (EMERCOM)

DM 25 GIUGNO 1985 (G.U. 18 Luglio 1985, n. 168)

Adozione di un emblema rappresentativo da parte del Dipartimento delle Protezione

Civile e delle associazioni di volontariato.

Legge 6 Marzo 1987, n. 64 (G.U. 07.03.1987 n. 055)

Conversione in legge del decreto-legge 3 gennaio 1987, n. 1, recante proroga di ter-

mini in materia di opere e servizi pubblici, di Protezione Civile e servizio antincendi

in taluni aeroporti.

DPR 17 Maggio 1988, n. 175 (G.U. 1 Giugno 1988, n. 127)

Attuazione della direttiva CEE n. 82/501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti con-

nessi con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183

Page 66: Protezione civile

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65

Legge 11 Febbraio 1989, n. 75 (G.U. 04.03.1989 n. 053 suppl.ord)

Ratifica ed esecuzione della convenzione tra la repubblica italiana e la repubblica tu-

nisina relativa alla cooperazione e all‘assistenza nel campo della Protezione Civile e

dei servizi antincendi, firmata a Roma il 17 ottobre 1985.

Legge 18 Maggio 1989, n. 183 G.U. 25 Maggio 1989, n. 120)

Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo

Legge 7 Agosto 1990, n. 241 G.U. 18 Agosto 1990, n. 192)

Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai do-

cumenti amministrativi

Legge 11 Agosto 1991, n. 266 G.U. 22 Agosto 1991, n. 1)

Legge quadro sul volontariato

DM 14 Febbraio 1992 G.U. 22 Febbraio 1992, n. 44)

Obbligo alle organizzazioni di volontariato ad assicurare i propri aderenti che presta-

no attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connesse allo svolgimento

dell‘attività stessa, nonché alla responsabilità civile per danni cagionati a terzi

dall‘esercizio dell‘attività medesima.

Legge 24 Febbraio 1992, n. 225 (G.U. 17 Marzo 1992, n. 64, suppl. ord.)

Istituzione del servizio nazionale della Protezione Civile

DM 26 Agosto 1992

Norme di prevenzione incendi per l‘edilizia scolastica

Page 67: Protezione civile

| P a g i n a

66

DPR 16 Dicembre 1992, n. 495, art. 373 (G.U. 18 Agosto 1992, n. 303, s.o.)

Esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale

DPR 30 Gennaio 1993, n. 51 (G.U. 5 Marzo 1993, n. 53)

Regolamento concernente la disciplina delle ispezioni sugli interventidi emergenza.

DPCM 26 Luglio 1993 (G.U. 21 Agosto 1993, n. 196)

Riorganizzazione del comitato nazionale di volontariato di Protezione Civile

Legge 10 Novembre 1993, n. 456 (G.U. 16.11.1993 n. 269 )

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 settembre 1993, n.

367, recante disposizioni urgenti per l‘acquisto di velivoli antincendio da parte della

Protezione Civile.

Decreto del Presidente della Repubblica, 21 Settembre 1994, n. 613

Regolamento recante norme concernenti la partecipazione delle associazioni di vo-

lontariato nelle attività di Protezione Civile

Decreto Ministro Trasporti e Navigazione 15 Aprile 1994 G.U. 30 Maggio 1994, n.

124, serie generale)

Contrassegno di cui dovranno essere muniti i veicoli delle associazioni di volontaria-

to ai fini dell‘esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale

Decreto ministeriale 10.03.1998

Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell‘ emergenza nei luoghi

di lavoro.

Page 68: Protezione civile

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67

D.Lgs. 30 Luglio 1999, n. 300 (G.U. 30 agosto 1999, n. 203, S.O.)

Riforma dell‘organizzazione del Governo, a norma dell‘art.11 della Legge 15 marzo

1997, n.59

D.Lgs. 17 Agosto 1999, n. 334 (G.U. 28 settembre 1999, n. 228)

Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rile-

vanti connessi con determinate sostanze pericolose

Legge 21 novembre 2000, n. 353 (G.U. 30 novembre 2000, n. 280)

Legge-quadro in materia di incendi boschivi

Legge 11 Dicembre 2000, n. 365 (G.U. 11 dicembre 2000, n. 288)

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto – legge 12 ottobre 2000, n. 279,

recante ―Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in mate-

ria di Protezione Civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali‖

DPR 8 Febbraio 2001, n. 194 (G.U. 25 maggio 2001, n. 120)

Regolamento recante nuova disciplina della partecipazione delle organizzazioni di

volontariato alle attività di Protezione Civile.

Legge 6 Marzo 2001, n. 64 (G.U. 22 marzo 2001, n. 68)

Istituzione del servizio civile nazionale

DM 9 Maggio 2001 (G.U. 16 giugno 2001, n. 138)

Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per

le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante

Page 69: Protezione civile

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68

DPR 17 Maggio 2001, n. 287 (G.U. 17 luglio 2001, n. 164)

Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento degli uffici territoriali

del governo

Circolare Prot. M/3110 del 18/07/2001

La circolare esplicativa della Direzione Generale del Personale sul funzionamento

degli UTG Uffici Territoriali del Governo – decreto del Presidente della Repubblica

17 maggio 2001, n. 287, recante ―Disposizioni in materia di ordinamento degli uffici

territoriali del governo a norma dell‘art. 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.

300.‖

Decreto Legge 07 Settembre 2001, n. 343 G.U. 10 settembre 2001, n. 210)

Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte

alle attività di Protezione Civile. Modificazioni urgenti al Decreto Legislativo 300/99

con conseguente soppressione dell‘Agenzia di Protezione Civile.

I siti consultati:

http://europa.eu/constitution/it/ptoc62_it.htm

http://www.europarl.europa.eu/news/expert/briefing_page/5331-066-03-10-

20060216BRI05330-07-03-2006-2006/default_p001c021_it.htm

http://www.ispro.it/insertions.aspx?ins=69

http://www.protezionecivile.marche.it/viewdoc.asp?CO_ID=307&tree=153

www.vglobale.it

http://europa.eu.int/eur-lex/en/search/search_lif.html

http://europa.eu.int/eur-lex/en/lif/index.html

Page 70: Protezione civile

| P a g i n a

69

www.protezionecivile.it

www.wikipedia.org/wiki/Protezione_Civile

www.provincia.fi.it

www.protezionecivilesicilia.it

Page 71: Protezione civile

| P a g i n a

70

INDICE PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE………………………………………………………………………………………….pag.1

INTRODUZIONE…………………………………………………………………………………...pag.1

LA STORIA………………………………………………………………………………………....pag.1

LA STRUTTURA…………………………………………………………………………………....pag.3

IL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE…………………………………………….pag.6

L‘ATTIVITA‘ DEL DIPARTIMENTO……………………………………………………………..pag.10

I COMPITI………………………………………………………………………………………… pag.10

L‘ATTIVITA‘ DEL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE…………………pag.12

PROTEZIONE CIVILE REGIONE SICILIANA……………………………………………………………………….pag.37

PREMESSA…………………………………………………………………………………………..pag.37

BREVE STORIA DELLA NORMATIVA DI PROTEZIONE CIVILE……………………………..pag.38

DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE SICILIANA…………………………………..pag.46

PROTEZIONE CIVILE EUROPEA…………………………………………………………………………………………….pag.49

INTRODUZIONE……………………………………………………………………………………pag.50

CENNI STORICI……………………………………………………………………………………..pag.51

CATASTROFI AVVENUTE IN EUROPA…………………………………………………………pag.53

STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE INTERNA………………………………………………….pag.54

OBIETTIVI…………………………………………………………………………………………...pag.59

OBIETTIVI FUTURI………………………………………………………………………………....pag.61

CONCLUSIONI………………………………………………………………………………………pag.62

BIBLIOGRAFIA

ELENCO DELLE PRINCIPALI NORMATIVE…………………………………………………….pag.63

I SITI CONSULTATI………………………………………………………………………………...pag.68

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71

Hanno partecipato al presente documento:

Bentivegna Salvatore

Bonello Alessio

Fanara Salvatore

Fiorista Benedetto

Dott. Fontana Alessandro

Dott. Biol. mar. Galifi Benedetto

Grillo Nicola

Gucciardi Federico

Mannino Carlo

Musso Giuseppe

Picone Lorenzo Emanuele

Quattrocchi Emanuela

Dott. Geol. Schiera Mauro

Tedesco Nicola

Progetto coordinato dall‘Avv. Anna Maria Sammartino.

Uno speciale ringraziamento va alla:

Dottoressa Ester Scuderi.