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Prospettiva Rivista di storia dell’arte antica e moderna 163 - 164 Luglio-Ottobre 2016 Università degli Studi di Siena Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ Centro Di

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Prospettiva Rivista di storia dell’arte antica e moderna

163-164 Luglio-Ottobre 2016

Università degli Studi di SienaUniversità degli Studi di Napoli ‘Federico II’Centro Di

Rivista fondata da Mauro Cristofani e Giovanni Previtali

ProspettivaRivista di storia dell’arte antica e moderna

Nn. 163-164, Luglio-Ottobre 2016

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Università degli Studi di Siena, Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’Centro Di della Edifimi srl

Rivista fondata daMauro Cristofani e Giovanni Previtali.

Redazione scientifica: Alessandro Bagnoli, direttore

Francesco Aceto, Benedetta Adembri, Giovanni Agosti, Alessandro Angelini, Roberto Bartalini, Evelina Borea, Francesco Caglioti, Laura Cavazzini, Lucia Faedo, Aldo Galli, Adriano Maggiani, Clemente Marconi, Marina Martelli, Maria Elisa Micheli, Tomaso Montanari, Fiorella Sricchia Santoro, Marco Tanzi, Fausto Zevi.

Segretario di redazione:Benedetta Adembri.

Consulenti:Sible L. de Blaauw, Caroline Elam, Michel Gras, Nicholas Penny, Vittoria Romani, Victor M. Schmidt, Carl Brandon Strehlke, Andrew Wallace-Hadrill, Paul Zanker.

Redazione: Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze storiche e dei Beni culturalivia Roma 47, 53100 Siena,e-mail: [email protected]

Direttore responsabile: Alessandro Bagnoli © Copyright: Centro Di, 1975-1982.Dal 1983, Centro Di della Edifimi srl, via dei Renai 20r, 50125 Firenze.ISSN: 0394-0802Stampa: Liongraf, Firenze, ottobre 2018

La rivista è stampata grazie anche al contributo della Biblioteca Umanistica dell’Università degli Studi di Siena

Pubblicazione trimestrale.Un numero e 26 (Italia e estero). Arretrati e 29.Abbonamento annuo, e 100 (Italia), e 150 (estero).

È attivo il sito di ‘Prospettiva’ www.centrodi.it/prospettiva dove acquistare in formato PDF: singoli articoli, fascicoli (dall’anno 2012) e abbonamenti.Un numero in PDF e 20 (Italia e estero).Abbonamento annuo di 4 numeri in PDF e 80 Abbonamento in PDF + cartaceo:Italia e 150; Estero e 200

Distribuzione, abbonamenti:Centro Di della Edifimi srlvia dei Renai 20r, 50125 Firenze, telefono: 055 2342668,[email protected] www.centrodi.it

Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 2406 del 26.3.75.Iscrizione al Registro Operatori di Comunicazione n. 7257. Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Licia Luschi

Giacomo A. Calogero

Valeria Mileti Nardo

Benedetta Adembri, Fernando Gilotta, Micaela Angle

Jörg Deterling

Roberto Bartalini

Luciano Bellosi

Paola Refice

Chiara Bonaccorsi

Giovanni Russo

Gianluca Amato

Barbara Agosti

Andrea Fiore

Marco TanziTomaso Montanari

Gennaro De Luca

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Saggi:

Aegyptiaca ligoriana: Iside e il “gran bubo” da Villa Adriana al giardino del Quirinale

Il polittico di San Clemente di Agostino De Marchi e Marco Zoppo: documenti, cronologia e stile

Angiolo Del Santo, uno scultore votato alla grafica nelle copertine di ‘Vita d’Arte’

Contributi:

Una nuova tomba dell’Orientalizzante recente a Tivoli nel quadro dei rapporti tra Valle dell’Aniene e contigue comunità italiche

Tre identificazioni di statue antiche dalle incisioni di Giovanni Battista de Cavalieri

“Bonamicho excellentissimo maestro”. Sul Buffalmacco di Luciano Bellosi

Trionfalmacco per Pisa

La frammentaria epigrafe dipinta nella ‘Resurrezione’ di Piero della Francesca: un’ipotesi di ricostruzione

Nuove ricerche su San Giovanni di Verdara in Padova: il vescovo Pietro Barozzi e la bottega di Pierantonio Degli Abati

Sull’attività giovanile di Antoniazzo Romano: il trittico della ‘Madonna del Buon Consiglio’ per Zagarolo

Un ‘San Giovannino’ in terracotta di Andrea Sansovino

Una precisazione sullo “scrittoio” di Margherita d’Austria

Un lungo equivoco: i ‘Santi Giacomo Minore e Filippo’ di Paolo Veronese da Lecce a Dublino

Un’altra traccia di Tanzio a Napoli

Bernini pittore: la ricomparsa del ‘Ritratto di giovane uomo’ Costa

Appunti su una guida seicentesca di Roma dalla biblioteca di Giuliano Briganti

English Abstracts

Sommario

Nn. 163-164, Luglio-Ottobre 2016

ProspettivaRivista di storia dell’arte antica e moderna

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Appunti su una guida seicentesca di Roma dalla biblioteca di Giuliano BrigantiGennaro De Luca

Dopo anni di tentativi risultati vani, nel 1692 l’ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida rientra finalmente in pos-sesso della casa in cui la mistica svede-se aveva trascorso i suoi anni romani e dell’annessa chiesa in piazza Farnese.1

I contrasti religiosi avvenuti per tutto il secolo precedente avevano significativa-mente ridimensionato la presenza della congregazione nell’Europa centro-setten-trionale, portandola quasi sull’orlo della disintegrazione e alla sopravvivenza in pochissime regioni del continente. La conseguente diminuzione di pellegrini scandinavi in viaggio per Roma, della cui accoglienza i padri del Santissimo Salvatore si erano sempre fatti carico, aveva fatto il resto. Una bolla emanata da papa Pio IV il 6 novembre 1560 aveva, infatti, sottratto ai legittimi proprietari la procura del santuario brigidino, affidan-dola alle suore convertite di Santa Maria Maddalena.2 La casa di Brigida era però un luogo for-temente simbolico non solo in quanto re-sidenza dell’unica santa svedese a essere riconosciuta tale attraverso un processo di canonizzazione dalla Chiesa romana ma anche perché su suo impulso era sta-ta trasformata in un ospizio per i poveri romei di origine svedese.3 Nel corso del XVI secolo aveva quindi dato ospitalità a giovani studenti scandinavi, gli Alumni sanctae Birgittae,4 e a protagonisti del-la dissidenza come i fratelli esuli Johan Månsson e Olaus Magnus, affermando-si quale centro di propaganda cattolica nell’ambito della Controriforma dopo le disposizioni di re Gustavo I che avevano reso la Svezia paese protestante.5 È in considerazione di questi fatti e del-la missione evangelizzatrice in funzio-ne antieretica affidata da Brigida ai suoi discepoli che si può comprendere l’insi-

ferenze tra la fase antecedente e quella successiva ai lavori. La distinzione tra il prospetto della “domus” e quello del-la chiesa in essa incastonata era molto meno marcata. Due coppie di colonne in-corniciavano i tre portali di ingresso alla chiesa, uno maggiore e due laterali. Una nicchia e, più in alto, un grande finestrone (sostituito poi da un rosone) sormontava-no l’accesso principale alla chiesa, con un effetto generale molto più articolato e vi-vace. La nuova facciata, pensata da Pietro Giacomo Patriarca, architetto particola-re di Clemente XI e capomastro di San Pietro, risulta decisamente più ordinata e regolare secondo un modello templare classico. Mantenendo la struttura origi-naria tripartita, il frontespizio è adibito a racchiudere il nuovo unico ingresso alla chiesa con due colonne corinzie che si stagliano sull’architettura e sostengono un timpano e una coppia di statue raffi-guranti Santa Brigida e la figlia Caterina, opere del carrarese Andrea Fucigna. Nel corso delle mie ricerche ho avuto modo di incontrare un’altra, inedita, opera di Benedict Schraivogel, un “interessan-tissimo”12 manoscritto proveniente dalla raccolta bibliografica di Giuliano Brigan-ti. In un’intervista concessa a Gabriella Caramore, tanto significativa se riletta alla luce di una poetica basata sullo studio at-traverso la conoscenza diretta dell’opera, lo studioso assegnava un valore fondativo della sua passione verso la storia dell’arte alla biblioteca paterna, dalla quale il no-stro volume proviene. “Mio padre aveva una piccola biblioteca di storia dell’arte, che ho ereditato e che negli ultimi anni ho anche molto accresciuto. Fin da bambino – dichiarava lo storico – guardavo que-sti libri e, prima ancora di saper leggere, guardavo le figure di quadri antichi; in un certo senso sono entrato subito dentro a quella che è la storia dell’arte”.13 La preziosa collezione riunita dall’anti-quario e bibliofilo Aldo Briganti (1892-1965) era stata dunque, nel ricordo dello studioso, la prima occasione per potersi cimentare nella pratica di conoscitore. Il suo impegno, versatile nel declinarsi in contributi dedicati all’arte europea crea-ta tra il Cinquecento e il Settecento, ol-tre che con aperture al contemporaneo, concorse a un sensibile arricchimento di quell’originario nucleo che oggi è ospitato nella Biblioteca di storia dell’arte del San-ta Maria della Scala a Siena. In considerazione del suo costante inte-resse per il passato e il presente di Roma, testimoniato da numerose prese di posi-zione sulle pagine de ‘La Repubblica’14

stenza che il confessore generale Simon Hörmann (1669-1701) profonde per riave-re il possesso della sede romana. Lo sci-sma luterano aveva reso, a suo avviso, più che mai attuali le parole con cui la fonda-trice invitava il re Magnus di Svezia a ri-sparmiare i nemici cristiani e concentrare le forze militari contro le nazioni pagane e a questo scopo formare legioni di predi-catori tra le file dei suoi seguaci, al fine di convincere anche verbalmente della giu-stezza della propria causa.6 Guidato dal proposito di ridare slancio al suo ordine e convinto di poter raggiungere questo scopo solo riportando i padri bri-gidini a Roma, Simon Hörmann ottiene, prima da Clemente X nel 1675 e poi defi-nitivamente da Innocenzo XII, un concre-to appoggio alle sue richieste e i padri del Santissimo Salvatore possono finalmente avere accesso nel 1692 alla “domum ma-ternam sanctae Birgittae”.7 Per l’occasio-ne, come chiarisce una lettera del 7 mar-zo all’abate Pompeo Scarlatti, consigliere di Stato e ministro di Baviera nell’Ur-be, giungono in città i padri Benedict Schraivogel e Carl Schmidthamer.8 Il primo di questi, teologo e sub-priore dell’ordine,9 esegue a cinque anni dall’ar-rivo (1697) una serie di otto disegni re-lativi alle piante e all’alzato della chiesa, delle stanze di Santa Brigida e del resto dell’edificio,10 inventariando quasi lo stato delle nuove acquisizioni. I disegni dovevano dare nelle intenzioni dell’auto-re un’idea quanto più empirica possibile dell’aspetto architettonico della casa, evi-denziando gli elementi liturgici e abitati-vi, a scapito della correttezza geometrica e proporzionale degli ambienti descritti.Queste carte, oggi in archivio a Monaco di Baviera, erano indirizzate alla casa madre di Altenmünster (Baviera) e rap-presentano un’importante traccia per co-noscere l’aspetto dell’edificio alla vigilia dei lavori di restauro e ampliamento data-ti al primo decennio del Settecento.11 Fat-ta eccezione per un’incisione di Alessan-dro Specchi (1699) che la relega quasi in penombra, e comunque decentrata rispet-to a Palazzo Farnese (fig. 1), non esistono infatti molte rappresentazioni visive della facciata originaria della chiesa. Il quadro del piacentino Giovanni Paolo Panni-ni (1745) raffigurante la ‘Festa in piazza Farnese in occasione del matrimonio del Delfino di Francia’ (fig. 2) già registra il nuovo aspetto esteriore dell’edificio. Dal confronto tra la riproduzione del-la “Domus Sanctae Birgittae” di padre Schraivogel e il suo aspetto attuale (figg. 3-4) possiamo, quindi, scorgere le dif-

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contro la speculazione edilizia e in fa-vore di opere di riqualificazione urbani-stica, non stupisce che un’intera sezione della biblioteca sia dedicata a contenere pregevoli e rare pubblicazioni a stampa (XVI-XVII secolo) intorno alla storia e alla topografia della Città Eterna. Sappiamo dai suoi appunti e da una pro-posta avanzata al Comune della capitale nel 1989 che Giuliano Briganti aveva in mente la fondazione di un museo che rac-contasse la storia di Roma e che una delle sezioni del percorso espositivo sarebbe stata dedicata al tema del pellegrinaggio alla città.15 Desta, quindi, particolare inte-resse trovare in questa collezione un ma-noscritto, quello di Schraivogel, apparte-nente proprio a quella nutrita categoria di prodotti editoriali nati con lo scopo di orientare viaggiatori giunti da ogni dove in una città straordinariamente ricca di luoghi da visitare.16

Il volume qui presentato si offre nella

1. Alessandro Specchi: ‘The Farnese Palace belonging to the Serene Duke of Parma’. Londra, British Museum.

2. Giovanni Paolo Pannini: ‘Festa in piazza Farnese in occasione del matrimonio del Delfino di Francia’. Norfolk, Chrysler Museum of Art.

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sapore quasi evemeristico per la pretesa matrice storica delle leggende narrate.Il volume è introdotto da un frontespizio derivato superficialmente da Panciroli, dopo il quale, trascurati gli elementi più caratteristici dell’opera stampata, l’autore segue la struttura narrativa de I tesori na-scosti. Risulta, in particolare, strettamen-te dipendente dal modello la prima parte, composta di trattati introduttivi alla Cit-tà Eterna (“Annus Sanctus”,25 “Sepelire mortuos”,26 “Origo Nominum Praesbito-rum”, “Stationes unde sortiunt”, “Montes Principaliores Romae, qui et quot?”). Procedendo nella dissertazione, la fedel-tà all’auctoritas si mostra sempre meno granitica, confermando la presenza di aggiornamenti e aggiunte personali.27 Non mancano, quindi, più o meno espli-citi richiami ad altre fonti e digressioni all’apparenza inedite. Queste si addensa-no soprattutto nella sezione centrale, più profondamente topografica, costruita in-torno alla descrizione delle chiese roma-ne. L’impostazione scelta per affrontare l’argomento è mutuata ancora una volta dalla seconda edizione di Panciroli, ovve-ro preferendo un itinerario per rioni, con atteggiamento meno letterario e più affine

tempo,21 ed ebbe ottimi riscontri presso gli “intendenti” al punto da rendere il suo compositore un’auctoritas al pari di Al-fonso Ciacconio e Cesare Baronio, come dimostrano molte opere di genere perie-getico che lo indicheranno tra le fonti.22 Il manoscritto di Schraivogel non è che un altro significativo episodio di questa fortuna critica.Il compilatore traduce l’enorme messe di informazioni esposte ne I tesori nascosti in lingua latina,23 snellendo notevolmen-te la mole dei contenuti di cui opera una selezione mirata alla trattazione dei temi di suo interesse, ovvero la descrizione del viaggio del pellegrino attraverso la visita di tutti i luoghi necessari per l’indulgen-za. Come nella pubblicazione di Panciroli, Roma non è solo descritta come una Cit-tà Santa, raccontando le chiese e i luoghi dell’antichità riscattati in chiave cristiana. Ampio è lo spazio attribuito a frequenti digressioni di natura contestualizzante, il più possibile tese alla piacevolezza della lettura, in perfetta continuità con la tra-dizione dei Mirabilia Urbis Romae24 e dal

forma di taccuino rilegato, proponendo de facto un’epitome della seconda edi-zione de I tesori nascosti nell’alma città di Roma di Ottavio Panciroli, quella che secondo il giudizio del bibliofilo Gaetano Melzi, soppesando il valore delle due ver-sioni, era “da preferirsi”.17 L’opera del gesuita Panciroli (Reggio Emilia 1554-Tivoli 1624),18 nipote e bio-grafo del giurista Guido,19 è una delle più importanti guide pubblicate tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. In linea con la restituzione del valore dogmatico alle reliquie definita nelle sedute triden-tine, essa è costruita in entrambe le sue edizioni intorno a quelle che l’autore stes-so chiama “le grandezze di Roma”, ovve-ro le tracce del sacro materializzate nelle reliquie, importanti testimonianze della centralità dell’Urbe sin dalle origini del cristianesimo.20 Il volume, dotato di complessi apparati ol-tre che di una sistemazione enciclopedica delle più disparate notizie sulle reliquie, sulle chiese e sui monumenti antichi ro-mani, era perfettamente coerente con il crescente gusto antiquario della Roma del

3. Benedict Schraivogel: ‘Domus S. Birgittae Romae 1697’. Monaco, Bayerisches Hauptstaatsarchiv.

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alle esigenze devozionali, invece della più rigida disposizione in ordine alfabetico dell’editio princeps.28

La guida è datata (“16 febbraio 1697”) e solo parzialmente firmata. Del registrare il proprio nome con una grafia chiaramen-te intellegibile il nostro autore non dovette avere particolare cura se nella sua firma si riconosce solo il nome “Benedict” men-tre poco comprensibile, in quanto taglia-to fuori dalla pagina, è il cognome. Nel-le pieghe degli incisi che accompagnano la trascrizione, traduzione e sintesi della guida, si nascondono comunque informa-zioni utili per confermare la sua identità, l’appartenenza al ramo maschile dell’or-dine del Santissimo Salvatore e la prove-nienza dalla Germania, in particolare dal comune bavarese di Altenmünster (“apud nos in Altomünster”),29 sede di una delle più antiche comunità brigidine europee.30 Alla luce di ciò l’interesse mostrato per il tema del pellegrinaggio a Roma è non solo significativo ma giustificabile col fat-to che la stessa Santa Brigida aveva avuto esperienza del viaggio devozionale, visi-tando Santiago de Compostela, Gerusa-lemme e la Città Eterna in occasione del Giubileo del 1350, finendo con l’acquisire

nella propria iconografia i connotati della santa pellegrina.31

Non mancano cenni alla storia della con-gregazione religiosa di appartenenza dell’autore e alla sede romana dell’ordi-ne. Questo era stato fondato nel 1370 e investito del compito della predicazione e della diffusione del cristianesimo nei paesi scandinavi, in Germania e in Ita-lia. In base alla regola, approvata da papa Urbano VI nel 1378, i monasteri brigidi-ni dovevano ospitare 60 monache gover-nate dalla badessa e 25 religiosi retti da un confessore generale.32 Si fa, quindi, riferimento al tempo di papa Martino V, responsabile insieme a Bonifacio IX (7 ottobre 1391) della canonizzazione di Santa Brigida con la bolla Excellentium principum (1 luglio 1419), ma anche del divieto di monasteri brigidini misti (13 febbraio 1422), favorendo così la nascita di comunità esclusivamente maschili o femminili.33 Di più stretta attualità è in-vece l’annuncio di una novità editoriale, “la vita di santa Brigida stampata l’anno 1692” a Napoli (“Vita della serafica ma-dre, e gloriosissima vedova Santa Brigida

di Svezia [...]”) da Guglielmo Burlamac-chi, uno dei padri “detti Matris Dei” di Santa Maria in Campitelli, “morto poco dopo de l’anno 1696”.34

Da padre brigidino, Benedict non poteva non conoscere la storia di un’altra scandi-nava pure molto presente nel suo volumet-to, Cristina Alessandra, regina di quella Svezia che fu “uno dei primi [paesi] a spe-gnere la lampada della fede e ad abbrac-ciare gli errori di Lutero”.35 Celebrate da molta stampa contemporanea e criticate da altra, l’abdicazione in favore del cugino Gustavo e la sua memorabile conversione al cattolicesimo erano state, infatti, indot-te anche dalla lettura delle Revelationes di Santa Brigida (nell’edizione del 1655)36 e non si deve ritenere privo di significato il fatto che la prima abitazione di Cristina dopo un breve soggiorno in Vaticano, cioè Palazzo Farnese, fosse proprio di fianco alla sede dell’ordine del Santissimo Salva-tore, di cui la sovrana fu anche governatri-ce.37 Il manoscritto ricorda che proprio in onore di questo fatto storico era avvenuto l’abbellimento della facciata interna di Porta del Popolo (a opera di Gian Lorenzo

4. Roma, chiesa di Santa Brigida, facciata.

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il male e dopo pochi giorni non solo in Roma ma per tutto lo Stato Ecclesiastico cessò del tutto. Per questo Alessandro VII ordinò una solennissima processione dalla chiesa d’Araceli a quella di Santa Maria in Portico e vi andò egli stesso in persona a piedi con tutto il Sacro Collegio e gran quantità di prelati e di prencipi oltre un’in-finita moltitudine di popolo per render gra-tia a Dio della sanità ricuperata per mezzo di questa Sacra Imagine”. Si decise così che questa Madonna miracolosa trovasse una più adeguata collocazione nella vicina piazza che avrebbe di lì a poco ospitato la chiesa di Santa Maria in Campitelli:43 “si compiacque Sua Santità gettare di propria mano la prima pietra ne’ fondamenti alli 29 di Settembre et ordinò che la chiesa antica restasse col titolo di Santa Galla e questa nuova si chiamasse Santa Maria in portico in Campitelli”.44

Il ritratto di Roma che vien fuori in que-sto singolare pastiche a scopo edificante che è il taccuino di padre Schraivogel è molto affine alle parole che Michel de

Montaigne, anche se da un punto di vi-sta differente, adopera per descrivere una religiosità fatta di riti e monumenti pen-sati apposta per suscitare nel pellegrino un sentimento di esaltazione religiosa. Il filosofo francese ebbe infatti a dire che “la pompa di Roma e la sua princi-pale grandezza stanno nello sfoggio della devozione”.45 Una strategia comunicati-va evidentemente non molto diversa da quella elaborata in un celebre episodio accaduto all’inizio del pontificato di Ales-sandro VII e immortalato da un dipinto di Giovanni Maria Morandi (fig. 5).46 In quell’occasione, era il 27 maggio 1655, il papa presiedette la processione del Cor-pus Domini “senza movere gli occhi, né la persona, che piuttosto pareva una figura immobile, che un huomo”47 e fu traspor-tato su un “talamo di legno”48 apposita-mente pensato da Gian Lorenzo Bernini per suggerire che questi accompagnasse il Santissimo Sacramento inginocchiato e non come da consuetudine seduto, col-pendo la folla radunatasi a cui “pareva di vedere una visione in aria”.49 In questo particolare modus operandi che pone al centro l’esibizione della fede, poteva capitare a un pellegrino, con suo

5. Giovanni Maria Morandi: ‘Alessandro VII alla processione del Corpus Domini’. Nancy, Musée des Beaux-Arts.

Bernini),38 con un’iscrizione in dedica “al felice e fausto ingresso” della regina il 23 dicembre 1655, sotto lo stemma araldico dei Chigi.39 La descrizione del rifacimento di Porta del Popolo offre a padre Schraivogel l’oc-casione di aggiungere un episodio alla celebrazione del papato che costituisce, oltre ai riferimenti autobiografici, il fil rouge del manoscritto. Pochi pontefici hanno saputo trasformare l’immagine di Roma con tanto impegno come Alessan-dro VII, “principe conservatore di antichi-tà”40 ma anche grande promotore di nuovi lavori architettonici e urbanistici.41 Del papa Chigi si ricordano nella nostra gui-da l’operato nella promozione della ricerca archeologica col restauro della Piramide Cestia svoltosi a partire dal 1656 (fino al 1663)42 e l’attività a tutela delle sacre re-liquie. Si racconta, ad esempio, di quando nel 1656 Roma era “travagliata dal male contagioso” e si “fece voto di sporre in luogho più onorevole e degno la Sacra Imagine” conservata nella chiesa di San-ta Maria in Portico nel rione Ripa. “Ciò seguito, cominciò di subito a sminuirsi

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grande stupore, addirittura l’onore di es-sere servito e onorato da un pontefice, un nobile o un cardinale, proprio come nell’aneddoto accennato dal nostro au-tore nell’occasione di un incontro con il cardinale friulano Leandro Colloredo, già protettore dell’ordine di Santa Brigida nel 1689 e camerlengo del Sacro Collegio tra il 1696 e il 1697. Di questi è data un’im-magine di grande effetto mentre è inten-to a servire come un umile religioso la mensa dei carcerati, conquistandoli con il suo agire pastorale e convertendoli.50 Allo stesso modo in occasione del Giubileo del 1675 papa Clemente X Altieri, secondo una tradizione ormai affermatasi presso i suoi predecessori, si condusse all’ospizio della Santissima Trinità per “lavare i pie-di a’ pellegrini et assistere alle mense, con haver fatte dare a detti medaglie et all’O-spedale grossa elemosina”.51 Il Lunedì Santo del 1675, Cristina di Svezia, “mossa anche essa da un tanto essempio, non vol-le mancare di far risplendere la sua regia pietà verso le povere pellegrine” e si recò, accompagnata da varie nobildonne ro-mane e dalla duchessa d’Assia, a prestare servizio all’ospizio della Trinità.52 È evidente da questi passaggi l’intento celebrativo nei confronti del papato, col fine ultimo di sottolineare l’impegno di chi ha rappresentato questa istituzione nel rendere Roma pronta ad accogliere masse di pellegrini e capace di competere sia con le altre capitali europee che con la città antica. Così papa Chigi è onorato per il suo impegno teso alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale cittadi-no, mentre papa Altieri per il suo atto di umiltà nei confronti dei poveri pellegrini stranieri. Un intento, quello che pare deli-nearsi per questo manoscritto, in perfetta consonanza con quanto definito da un’“I-struzione” della Propaganda Fide del 1625 per la conversione dei giovani nordeuro-pei in Italia. Essa invitava ad “accarezzar-li con amorevoli dimostrationi per andar disponendo gli animi loro ad affettionarsi alli Cattolici”, essendo questi “popoli di natura facili e capaci delle vere virtù e, convertendosene alcuni, [...] aprirebbero la strada alli Missionari di seminar la re-ligion cattolica nelli parenti, amici e com-patriotti delli convertiti”.53 Non è quindi irrilevante che alla conversione plateale del nobile svedese Gustaf Lohremann nel 1698, Innocenzo XII rispondesse con generose elargizioni e benefici economici tra cui l’assegnazione proprio delle ren-dite della chiesa di Santa Brigida, a mo’ di incentivo per aver abbandonato patria, averi e fede e aver sostenuto tale pro-

va di sottomissione alla Chiesa romana.Come ogni guida che si rispetti, anche la nostra, pur se manoscritta, accompagna i suggerimenti al percorso del viandante con illustrazioni. La centralità attribuita a queste nel rendere più chiaro l’aspetto formale dei monumenti di Roma è con-fermata dai richiami testuali a esse e dalle didascalie.54 Le riproduzioni derivano per la maggior parte dalle incisioni su rame a corredo de I tesori nascosti (e prima ancora riprese dal repertorio illustrativo della guida Le cose meravigliose dell’al-ma città di Roma pubblicata da Girolamo Franzini nel 1588), ma sono curiosamen-te realizzate con inchiostro a mano. Alle facciate delle basiliche è quindi attribuito un aspetto iconico che annulla il tessuto urbano circostante restituendo di queste una visione frontale. Fa eccezione alla serie la riproduzione di piazza San Pietro (fig. 6). La volontà celebrativa della sua “perfectionem”, paragonabile a quella che a suo tempo ebbe il Tempio di Salomone (“ut de facto aestimabilius habeat quam suo tempore Templum Salomonis”), in-duce a tracciare la basilica con linee es-senziali e con dimensioni che emergono rispetto al contesto.55 La rappresentazio-ne della basilica vaticana non deriva per ovvie ragioni da un modello inciso nel primo Seicento, ma dipende sicuramente da una delle stampe dedicate alla nuova piazza da Giovanni Battista Falda. Il ri-

sultato è però un edificio sgraziato, le cui componenti sono appiattite e oltremodo decorate. Le braccia del colonnato, poi, sono schiacciate al centro, per l’eviden-te difficoltà di suggerire la profondità dello spazio, e ridimensionate a esaltare la grandezza della facciata e soprattutto della cupola michelangiolesca. Non c’è dubbio che, libero da un modello a cui af-fidarsi con la massima pedanteria, il no-stro disegnatore si riveli dunque incerto e inesperto nelle arti grafiche.Degna di nota è la riproduzione della fac-ciata della chiesa di Santa Maria in Cam-pitelli, anch’essa completata molti anni dopo l’edizione di Panciroli (nel 1667) e priva delle statue pensate nel progetto originario (fig. 7). L’autore attribuisce a questa illustrazione addirittura un valore istruttivo per mostrare al lettore “il model-lo e la forma delle moderne fabbriche delle chiese nuove di Roma, le quali quasi tutte con poco lor differenza son fabbricate in questa forma, larghezza e lunghezza”.56 La dichiarazione sottende una semplifica-zione denotante una non particolare com-petenza in campo architettonico, come dimostra la scelta di riusare a scopo illu-strativo la facciata pensata da Giacomo della Porta per la chiesa del Gesù (fig. 8), arricchendola di curiosi motivi decorativi e spacciandola per quella della chiesa in Campitelli. Risulta chiaro a questo punto come Schraivogel sia, oltre che disegnato-re dilettante e impreciso, completamente disinteressato alla descrizione meramente

6. Benedict Schraivogel: ‘Veduta di piazza San Pietro in Vaticano’. Siena, Biblioteca di storia dell’arte Giuliano Briganti, Ms. “Schraivogel”.

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formale dell’edificio, volendo suggerire di esso soltanto quello che ai suoi occhi pare essere l’aspetto innovativo. Uno dei quesiti di maggior rilievo che pone la guida qui descritta, una volta tracciato il profilo del suo autore, è certamente la comprensione dello scopo che un lavoro del genere potesse avere e delle intenzioni che spinsero Schraivogel alla trascrizione di un’opera di grande complessità come I tesori nascosti di Ottavio Panciroli. Un volume così ricco di riferimenti biblio-grafici incrociati, utili per meglio ritro-vare al suo interno informazioni afferenti al medesimo argomento,57 non poteva che avere un’aspirazione letteraria. La natura sostanzialmente incompleta del progetto (come nel caso dell’indice delle illustra-zioni),58 unita alla frequente presenza di abbreviazioni e correzioni, induce però a pensare a una non sentita esigenza, al-meno in questa fase, di divulgazione del testo. Appena completata una prima rico-gnizione, l’impresa si sarebbe interrotta, cristallizzando il taccuino nella forma di abbozzo, privo di una revisione definitiva.Coerentemente con la necessità di acqui-sire credibilità presso i propri lettori, ap-partiene al manoscritto un pragmatismo che manca alla guida elaborata da Panci-roli. Questa specificità risulta chiara sia nella costruzione generale del racconto che, rifiutando la divisione in capitoli e paragrafi, crea un itinerario continuo nel-le strade di Roma, sia nella precisione con cui si segnalano i nomi delle vie cittadi-

ne,59 la trascrizione delle molte epigrafi apposte sulle pareti dei più importanti edifici60 e, infine, le dimensioni dei mo-numenti antichi.61 Per avvalorare l’atten-dibilità delle nozioni esposte poi, l’autore sostiene in diverse occasioni di avere di persona verificato quanto scritto, quasi il suo testo sia rivolto a chi non ha ancora avuto e forse avrà a breve l’occasione di un’esperienza diretta nell’Urbe. L’estra-neità all’ambiente romano è poi suggerita dall’ammissione della difficoltà a espri-mersi in lingua italiana (“[...] le quali io ci ho messo per poterle bene pronuntia-re”)62 come anche dai richiami ai costumi locali, ignoti ai propri compatrioti (“[...] e di altre cose ai nostri popoli non cono-sciute”). Quando occorre menzionare mi-sure, si riporta il dato convertito secondo le convenzioni tedesche, così anche per i sistemi di monetazione tenendo come punto di riferimento la “moneta germani-ca nostra”, il fiorino.63 Con i continui incisi tesi a conferma-re la propria identità tedesca e la veri-dicità della sua testimonianza, risulta chiaro come l’autore (o per meglio dire curatore), che non manca di parlare di-strattamente di “Italia nostra” copiando l’espressione dal suo modello, si rivolga a un pubblico selezionato, composto di

conterranei (o meglio confratelli) e facile a immedesimarsi nell’esperienza del pro-prio compatriota all’estero. Interessanti sono, quindi, anche i rimandi alla via Fla-minia “directissima ex Regione nostra” e ai restauri di Porta del Popolo, ultimo traguardo della via consolare romana che conduceva i viandanti del Nord Eu-ropa (“Gotos - Suecos”) a Roma. I padri del Santissimo Salvatore furono sempre molto sensibili al tema della predicazio-ne e divulgazione del corpus brigidino, avviando tipografie in Svezia e a Roma “in domo hospitalis Sanctae Birgittae”64 e pubblicando incisioni di grande dif-fusione popolare. In parallelo all’im-pegno dei suoi confratelli in tal senso, Benedict Schraivogel avrebbe compilato, negli stessi anni dell’edizione del Brevia-rio di Santa Brigida curata dal suo supe-riore Simon Hörmann (1697),65 l’abbozzo di una guida tascabile concepita nell’am-bito della propria congregazione (“In ae-dibus S. M. Birgittae”), a scopo liturgico e devozionale con l’elenco delle chiese di Roma e rivolgendo particolare conside-razione alle reliquie in esse conservate,66 alle indulgenze e al modo di ottenerle.Il confronto tra le illustrazioni della guida di Roma e i disegni di Monaco e la con-temporaneità di stesura confermano, a mio avviso, la complementarità tra queste due raccolte così rilevanti per la storia ro-mana dell’ordine del Santissimo Salvatore nel corso della breve stagione di ritrovata fortuna sotto la protezione degli Albani e al tempo di papa Clemente XI. Sollecita-to dai suoi confratelli bavaresi, Benedict

7. Benedict Schraivogel: ‘Facciata di Santa Maria in Campitelli a Roma’. Siena, Biblioteca di storia dell’arte Giuliano Briganti, Ms. “Schraivogel”.

8. Anonimo (da Pietro Martire Felini): ‘Facciata della chiesa del Gesù’, da Trattato nuovo delle cose maravigliose dell’alma città di Roma, Bartolomeo Zannetti, ad instanza di Giovanni Domenico Franzini et heredi di Girolamo Franzini, Roma 1615.

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Schraivogel avrebbe così accompagnato la documentazione tecnica sulla casa e la chiesa in piazza Farnese con un resoconto dei suoi primi anni romani nella forma di guida alla città. Un testo, questo, che non sappiamo se mai giunse ad Altenmünster, entrando comunque nel mercato antiqua-rio a partire dal XIX secolo.Negli anni in cui l’abitudine del pellegri-naggio inizia a cedere il passo a quella del viaggio, le annotazioni personali indiriz-zate a un pubblico ben definito e i consigli accompagnati alle illustrazioni rendono l’epitome di Ottavio Panciroli curata da padre Schraivogel una preziosa testimo-nianza della sensibilità neotridentina im-pressa dalla cosiddetta “svolta innocen-ziana”.67 Restituiscono un inedito ritratto della Roma di fine XVII secolo, valoriz-zato dalla prospettiva di un religioso d’Ol-tralpe alla riscoperta delle memorie della sua fondatrice e delle conseguenze del suo operato nella storia del cattolicesimo.

1) Sull’ordine del Santissimo Salvatore, fondato nel XIV secolo da Santa Brigida di Svezia, si ve-dano: T. Nyberg, Storia dell’ordine di santa Bri-gida, in Birgitta: una santa svedese. Celebrazio-ni in occasione del sesto centenario della morte (1373-1973), Bulzoni, Roma 1973; J. Hogg, Cis-tercian Influence on Saint Birgitta of Sweden, in Idem, The Mystical Tradition and the Carthusians, Institut für Anglistik und Amerikanistik - Uni-versität Salzburg, Salzburg 1995, IV, pp. 26-33; U. Sander Olsen, The Revival of the Birgittine Order in the 17th Century, in ‘Revue d’histoire ecclés-iastique’, 1996, 91, pp. 398-435, 805-833; Idem, Brigidine, Brigidini, in La sostanza dell’effimero. Gli abiti degli ordini religiosi in Occidente, a cura di G. Rocca, Edizioni paoline, Roma 2000; J. Van Engen, Sisters and Brothers of the Common Life: The Devotio Moderna and the World of the Later Middle Ages, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 2008.

2) Per una ricostruzione completa della contesa sul possesso della casa di Santa Brigida, si veda: M.A. De Angelis, Santa Brigida, Istituto Nazionale di studi romani, Roma 1991, pp. 37, 63-65.

3) F.M. Annibaldi, Compendio della storia degli ordini regolari esistenti, Luigi Perego Salvioni stampatore vaticano, Roma 1791, p. 307; De An-gelis, Santa Brigida cit., pp. 28, 40-41; C. Bildt, S. Birgittas hospital och den svenska colonie i Rom under 1600-talet, in ‘Historisk tidskrift’, 15, 1895, pp. 361-362.

4) O. Garstein, Rome and the Counter-Reforma-tion in Scandinavia: Jesuit Educational Strategy, Brill, Leiden 1992, p. 93.

5) Con l’intento di eliminare la “signoria dei ve-scovi” nel paese, re Gustavo aveva prima sottratto al papa il privilegio di nominare il primate della Chiesa svedese e poi, con la dieta di Söderköping (1595), deliberato la cacciata dal paese di tutti i cattolici e la chiusura del monastero di Vadstena, fondato da Santa Brigida in persona. E. Iserloh, J. Gladik, H. Jedin, Riforma e Controriforma: cri-si, consolidamento, diffusione missionaria (16-17 sec.), Jaca Book, Milano 1981, p. 369. Esiliati dalla patria, i fratelli Magnus, già arcivescovi di Uppsa-la e quindi primati di Svezia, furono accolti nella casa di Santa Brigida a Roma, dove impiantarono

una piccola tipografia che stampava gli scritti del-la Santa e pubblicazioni di carattere storico. Sui fratelli Magnus: J. Martin, Deux confesseurs de la foi au XVIe siècle, Johannes et Olaus Magnus ar-chevêques d’Upsala, in ‘L’université catholique’, 1908, 58, pp. 353-376, 596-607; 59, pp. 194-230; A. Bertolotti, Olao Magno, arcivescovo d’Upsala. Documenti inediti, in ‘Archivio storico italiano’, V, 7, 1891, pp. 117-128. Sull’argomento si vedano anche: J.F. Martin, Gustave Vasa et la Réforme en Suède, A. Fontemoing, Paris 1906; H. Biau-det, Le Saint-Siège et la Suède durant la seconde moitié du XVIe siècle, Plon-Nourrit, Paris 1907; C. Bergendoff, Olavus Petri and the Ecclesiastical Transformation in Sweden (1521-1552), Macmil-lan Co., New York 1928; J.G.H. Hoffmann, La réforme en Suède, 1523-1527, et la succession apo-stolique, Delachaux & Niestle, Neuchâtel 1945; Garstein, Rome and the Counter-Reformation cit., p. 93.

6) E. Christiansen, D. Levi, Le crociate del nord: il Baltico e la frontiera cattolica, 1100-1525, Il Muli-no, Bologna 1983, p. 235.

7) Fondamentale per il successo dell’iniziativa era stato l’interessamento dell’elettore di Baviera, Max Emmanuel, del cardinale Gaspare Carpe-gna e di Giovan Francesco Albani che dal 1690 sarebbe diventato cardinale protettore della casa e grande mecenate della chiesa di Santa Brigida. J. Scheckh, Maria-Alto-Münster, sive Templum et Monasterium s. Altonis in Bavaria superiore ab Ordine SS. Salvatoris, vulgo s. Brigittae, in Mille-simo per octiduanam solemnitatem renovatum, et in synopsi exhibitum Anno Dominicae Incarnatio-nis 1730, Immel, Frisingae 1730, pp. 68-73.

8) Ivi, p. 23.

9) Benedict Schraivogel era nato a Monaco l’11 di-cembre 1665 col nome di Josef ed era stato ammes-so all’ordine del Santissimo Salvatore nel 1684. Morirà il 23 febbraio 1713 a Roma, dove è sepolto nella cappella di Santa Caterina in Santa Brigida. B. Pez, Thesaurus anecdotorum novissimus, seu veterum monumentorum praecipue ecclesiastico-rum, ex Germanicis potissimum bibliothecis ador-nata collectio recentissima [...], Veith, Augustæ Vindelicorum 1721, pp. 567, 572.

10) Monaco di Baviera, Bayerisches Hauptstaats-archiv, Allg. Sta. Plansammlung, 11062-11067. De Angelis, Santa Brigida cit., p. 52, nn. 83-84.

11) Per interessamento della famiglia Albani (Cle-mente XI e suo fratello Orazio), il santuario e la casa di Santa Brigida sono protagonisti di lavori di restauro interni ed esterni che riguardano la facciata (1704-1705), il coro, l’altare maggiore e le stanze (1705-1706), oltre che la creazione di cin-que pale d’altare commissionate al pittore Biagio Puccini (1702-1711). F. Valesio, Diario di Roma, a cura di G. Scano, III, 1704-1707, Longanesi, Mila-no 1998, p. 412; G.B. Piazza, Emerologio di Roma, Bernabò, Roma 1719, II, p. 625. Sulla facciata: C. Elling, Rome, the Biography of Its Architecture from Bernini to Thorvaldsen, Wasmuth, Tübingen 1975, pp. 80-81.

12) Siena, Biblioteca di storia dell’arte Giuliano Briganti, B. Schraivogel, Tesori nascosti dell’alma città di Roma, autore Ottavio Panciroli canonico nella cattedra di Reggio sua patria (d’ora in poi BGB, Ms. “Schraivogel”). Devo, con gratitudine, allo scambio con i professori Wilhelm Liebhart dell’Università di Augusta e Tore Nyberg dell’U-niversità della Danimarca meridionale l’identifica-zione dell’autore del manoscritto in Schraivogel. Con grafia ottocentesca, il precedente proprietario del volume, “G. Fusilly”, registra alcuni appunti sul retro della copertina, identificando erronea-mente nella prima edizione de I tesori nascosti la fonte presa a modello dal manoscritto: “Stampato in Roma l’anno 1600 – Edizione prima – Questa notizia venne attinta da me nella Biblioteca Casa-natense. Importava saperla per attribuire il giusto

valore al presente manoscritto, che peraltro resta sempre interessantissimo, Roma 1 febbraio 1876 – G. Fusilly”.

13) Il brano è tratto da un’intervista concessa da Giuliano Briganti il 19 gennaio 1992 e pubblicata in L. Laureati, Giuliano Briganti, in ‘Quaderni del seminario di storia della critica d’arte’, 1995, 5, p. 3.

14) “Amare Roma significa sempre rimpiangere la Roma sparita, che non c’è più”: rilevante è questa dichiarazione di Giuliano Briganti che non manca di scagliarsi contro quella “falsa patina di interesse e di amore” che nasconde “un vero disprezzo per la storia”. Laureati, Giuliano Briganti cit., pp. 29, 154-155, 157-158.

15) Ibidem.

16) Affermatasi quale centro della cristianità in quanto sede del papato e della tomba del principe degli apostoli, Roma è fin dal III secolo una delle mete di pellegrinaggio predilette da moltitudini di viandanti animati dal desiderio di venerare i “tro-fei di coloro che fondarono questa Chiesa” (Euse-bio di Cesarea, Storia ecclesiastica, Città Nuova, Roma 2001, I, p. 133). Il sentimento di stupore e infinita ammirazione suscitato nei romei al co-spetto della città e delle sue eccezionali vestigia è ben colto in estrema sintesi nell’antica sentenza attribuita a Ildeberto di Lavardin (1056-1133) ve-scovo di Le Mans e arcivescovo di Tours: “Roma quanta fuit, ipsa ruina docet”. Questo fenomeno non conosce soste nel corso dei secoli, nemmeno quando le tesi di Lutero spaccano l’unità religio-sa europea, attaccando il carattere superstizioso e spesso anche simoniaco di certe pratiche rituali. La risposta del Concilio di Trento, riaffermando il libero arbitrio, e che quindi la salvezza doveva es-sere meritata con la buona volontà del fedele, anzi rafforza il valore dogmatico di forme devoziona-li come il pellegrinaggio e il culto delle reliquie. Da un lato queste si possono venerare perché sono state “membra vive di Cristo stesso e tempio del-lo Spirito Santo”, dall’altro si prescrive “il dovuto onore e la venerazione” alle immagini sacre, senza scadere nell’idolatria (Concilio di Trento, sessione XXI, 3-4 dicembre 1563: Della invocazione, della venerazione e delle reliquie dei santi e delle sacre immagini). Queste decisioni, unite al nuovo fervo-re religioso diffuso grazie a eccezionali persona-lità come San Filippo Neri che celebra il viaggio per fede come fonte di “gioia cristiana” (A. Valier, Philippe ou la joie chrétienne, Éditions de l’orante, Paris 1953, p. 101), sono alla base della rinascita del pellegrinaggio in epoca moderna.

17) O. Panciroli, I tesori nascosti nell’alma città di Roma raccolti e posti in luce per opera d’Ottavio Panciroli, teologo da Reggio, presso Luigi Zan-netti, Roma 1600; Idem, Tesori nascosti dell’alma città di Roma, con nuovo ordine ristampati et in molti luoghi arricchiti da Ottavio Panciroli, ap-presso gl’heredi d’Alessandro Zannetti, Roma 1625. Il giudizio di Gaetano Melzi è contenuto nel suo Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani, o come che sia aventi relazioni con l’Italia, Pirola, Milano 1852, II, p. 306.

18) Una ricca letteratura, iniziata da Gian Vittorio Rossi, ha sostenuto la tesi che Ottavio Panciroli non fosse il reale compositore de I tesori nascosti nell’alma città di Roma favoleggiando di un fur-to letterario a spese di un improbabile fratello di Panciroli, Ippolito, vittima delle regole restrittive dell’ordine di Gesù che gli avrebbero impedito di intestare l’edizione del lavoro a suo nome. La vicenda è stata smentita nei fatti (nel suo testa-mento, lo zio Guido Panciroli lascia ogni avere ai nipoti “Ercole, Alfonso e Ottavio, figli di Anton-maria suo fratello” tacendo del nipote Ippolito; G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese, o Notizie della

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vita e delle opere degli scrittori natii degli stati del duca di Modena, Società tipografica, Modena 1783, IV, p. 13) e quindi non bisogna darle credito. Sull’argomento: P. Alegambe, Biblioteca scrip-torum societatis Iesu, Apud Ioannem Meursium, Antwerpiae 1643, p. 189; G. Guasco, Storia litte-raria del principio e progresso dell’Accademia di belle lettere in Reggio, Ippolito Vedrotti, Reggio 1711, p. 307; C. Romano, Memorie istoriche della chiesa e convento di S. Maria in Araceli di Roma, nella stamperia Rocco Bernabò, Roma 1736, p. XIII; Melzi, Dizionario cit., II, p. 306; Idem, Bi-blioteca antica e moderna di storia letteraria, ossia Giornale critico e istruttivo de’ libri che a letteraria storia appartengono, secondo l’ordine delle materie accuratamente disposti, Stamperia Amatina, Pesaro 1766, I, p. 273.

19) La paternità della biografia anonima di Gui-do Panciroli, apposta a introduzione del De cla-ris legum interpretibus (apud Marcum Antonium Brogiollum, Venetiis 1637) a opera di suo nipote Ottavio, è suggerita da Girolamo Tiraboschi (Bi-blioteca Modenese cit., pp. 4-20). Ottavio non si sarebbe limitato a inserire un profilo biografico dello zio nell’edizione postuma della sua opera ma, come dichiara sempre Tiraboschi, “dovette porvi la mano, come ben si conosce e alla disuguaglian-za dello stile, e alla sconnession delle cose, che spesso s’incontra, e più ancora al vedere che vi si rammentano alcuni morti dopo il 1599, in cui Gui-do morì. E par che il nipote non avesse quell’eru-dizione e quell’esattezza che a ben compirla sareb-be stata richiesta”. Sulla questione si veda anche: L.M. Chaudon, Dictionnaire universel, historique, critique et bibliographique, De l’imprimerie de Proudhomme fils, Paris 1810, XIII, p. 205.

20) Agli occhi di Panciroli, infatti, la guerra con-tro il paganesimo era stata vinta grazie al decisivo contributo delle reliquie che, al pari di “tanti es-serciti de’ soldati christiani”, avevano militato “ac-campati dentro a quei sacri cimiteri, sopportando allegramente ogni pena e morte” affinché Roma divenisse cristiana; “belle, grandi e splendide chiese”, e non archi di trionfo, restavano proprio a celebrare quel successo. Panciroli, I tesori nascosti cit., 1600, p. 834.

21) Ottavio Panciroli si occupa di catacombe negli stessi anni di Antonio Bosio, anche se la Roma sot-terranea (presso Guglielmo Facciotti, Roma 1632) di quest’ultimo vede la luce, postuma, nel 1632.

22) Appartengono a questo gruppo di guide la De-scrizione di Roma moderna formata nuovamente con le autorità del cardinal Baronio, Alfonso Cia-conio, d’Antonio Bosio, Ottavio Panciroli [...] del 1697, e le successive riedizioni del 1719, del 1725 (col titolo Roma sacra e moderna già descritta dal Pancirolo ed accresciuta da Francesco Poster-la con una esatta notizia delle basiliche, chiese, ospedali, monasteri, confraternite, collegi, libra-rie, accademie, palazzi, ville, pitture, scolture, e statue più famose, opere pie, stazioni, e reliquie de’ santi) e del 1739.

23) La seconda parte del testo è in italiano (dalla c. 69). L’autore recupera dal testo stampato espres-sioni, idee e addirittura parole, creando un pastiche che mescola frasi in latino con espressioni italiane e viceversa.

24) Le origini dei Mirabilia Urbis Romae risalgo-no almeno al XII secolo. La redazione più antica di un vero e proprio itinerario fra i luoghi di culto e i monumenti pagani di Roma, elaborato secondo un ordine topografico, risale agli anni fra il 1140 e il 1143: si tratta dei Mirabilia compilati probabil-mente dal canonico Benedetto e a loro volta basati su itinerari tardoantichi (A.M. Di Nola, La pre-ghiera dell’uomo, Newton Compton, Roma 1988). Sull’argomento si vedano: C. Frugoni, L’antichi-

tà: dai Mirabilia alla propaganda politica, in S. Settis, Memoria dell’antico nell’arte italiana, Ei-naudi, Torino 1984, pp. 5-72; G. Fossi, Il dotto e il pellegrino di fronte all’Antico: “Mirabilia”, magie e “miracole” della città di Roma, in La storia dei Giubilei, BNL, Roma 1997, I, pp. 104-117; S. Aini, “Mirabilia urbis Romae”, in Romei e Giubilei: il pellegrinaggio medievale a San Pietro (350-1350), a cura di M. D’Onofrio, Electa, Milano 1999, pp. 199-204; P. Garbini, I “Mirabilia Urbis Romae” di Boncompagno da Signa, in ‘Studi romani’, 47, 1999, pp. 13-24; A. Marshall, Mirabilia Urbis Ro-mae: Five Centuries of Guidebooks and Views, University of Toronto, Toronto 2002; P. Veneziani, I Mirabilia Romae tra racconto fantastico e cultu-ra antiquaria, in Roma nella svolta tra Quattro e Cinquecento, atti del convegno internazionale di studi (Roma, 28-31 ottobre 1996) a cura di S. Co-lonna, De Luca, Roma 2004, pp. 235-242; S. San-sone, I Mirabilia Urbis Romae figurati: risultati di una ricerca, in ‘Roma nel Rinascimento’, 2004 (2005), pp. 293-315.

25) Del Giubileo, il “sabbatu terrae”, praticato sin dal tempo di Mosè (“as. 2453 post. creat. mund.”) e poi ripreso dal cristianesimo con papa Bonifacio VIII, si spiegano il significato e l’origine della pa-rola (“in lingua haebrea dicetur annus liberationis condonationis seu indulgentiae”), elencando altresì le pratiche eccezionali previste per celebrare l’anno giubilare, dirette sostanzialmente alla liberazione dai peccati (“condonabitur libertas captivis pecca-to per media Sacramentorum, condonatur debita peccati per absolutionem”). Designata a celebrare l’anno della misericordia è, quindi, Roma, sede del sepolcro di Pietro “qui a Deo accepit claves occlu-dendi portas Inferni et aperiendi portas coelorum”, perciò “digna” di un rito così importante come quello giubilare. L’introduzione storico-dottrinaria è seguita da consigli pratici per meglio sfruttare la possibilità di purificazione, primo tra tutti quello di visitare la città “mundi decus” e le sue quattro chiese più importanti: San Pietro, San Paolo, San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore. Le cerimonie di apertura e di chiusura della Por-ta Santa in San Pietro (“Descriptio Cerimoniarum in Jubilaeo aperiendo Portam Sanctam”; “Clau-dendo Portam Sanctam”), a inizio e a conclusio-ne dell’Anno Santo, vengono descritte di seguito citando alcuni versi pronunciati durante i rituali. BGB, Ms. “Schraivogel”, cc. 4-7.

26) Il secondo trattato del manoscritto, dedicato ai cimiteri di Roma (“Sepelire mortuos in civitate apud Romanos antiquos prohibitum. Cur?”), ri-porta fedelmente, come il primo, il contenuto della seconda edizione di Panciroli (“Delli cimiteri del-la città di Roma”). Se i romani, come conferma Cicerone, erano soliti cremare i propri defunti e seppellirli “extra civitatem”, i primi cristiani non seguirono questa pratica optando per “Oratoria or-nata Sanctorum picturis, sicuti hodiedum ibidem est videndum”. L’esistenza di questi “Cemeteria” è indicata oggi dalla diffusa presenza nel tessuto urbanistico di Roma di “diversae Ecclesiae” edifi-cate “supra illas”.

27) La sezione, ad esempio, che illustra i rioni di Roma pur non riportando notizie originali, diffe-renzia le informazioni dal testo matrice, elencando i colli di Roma, dedicando un paragrafo al Testac-cio e infine citando i colli minori.

28) Nonostante l’intestazione del manoscritto sia tutta dedicata a I tesori nascosti, riconoscendolo quale sua fonte prediletta e addirittura evidenzian-do le corrispondenze con esso (“N.B. Son arrivato nelli Tesori Nascosti sin al Rione di Borgo”), mol-to più articolata è la lista di testi interrogati per la stesura di questa singolare guida al pellegrino tardoseicentesca. La necessità di offrire notizie, quanto più possibile aggiornate e interessanti, con-vince, ad esempio, il nostro autore a guardare con speciale attenzione al trattato di Federico Franzi-ni, Descrizione di Roma antica e moderna, nella

sua edizione “del Mascardi” del 1677 (F. Franzini, Roma antica e moderna nella quale si contengono chiese, monasterij, hospedali, compagnie, collegij e seminarij, librarie, musei, pitture, scolture, et i nomi de’ gli artefici, Mascardi, Roma 1677); essa non manca di essere suggerita esplicitamente a conclusione del volume: “Horam meorum notato-rum ex Auctore Octavio Panciroli delli suoi Tesori Nascosti di Roma, et ex Roma Antica e Moderna del Mascardi, qui ambo cum annexa superiorum licentia typis mandati sunt”. A rendere il mano-scritto ancora più prezioso sono senz’altro alcune osservazioni che non paiono derivare fedelmente da fonti edite, ma piuttosto dalla più recente espe-rienza romana del compilatore. Giunto in Santa Maria Maggiore, ad esempio, questi ricorda che in essa si trova la tomba di un papa “nunc Bea-tificatus” (la beatificazione risale al 1672) e noto per il suo interesse verso il tema del martirio e della ricerca delle reliquie di cui la terra di Roma era “tutta insuppata” (A. Prosperi, Roma, la cit-tà del papa, Einaudi, Torino 2000, p. 50), Pio V; in Sant’Andrea della Valle, invece, è senz’altro il titolare della prima cappella a destra, il tesoriere generale Giovanni Francesco Ginetti, distintosi in occasione del Giubileo del 1675 per l’impegno a proprie spese in favore di più di 2.000 pellegrini ospiti dell’Arciconfratenita della Trinità, a giustifi-care il breve cenno all’arredo architettonico e scul-toreo pensato da Carlo Fontana e Carlo Rainaldi: “Risiede a mano dritta la superbissima cappella nova dell’Illustrissima familia Ginetti, la quale oltre l’ampiezza è ornata tanto di suo pavimento quanto tutte le parti d’intorno sino alla cima della cuppola delle più superbe pietre mischie antiche e pretiose che habbiano sapputo produrre le parti orientali”.

29) L’autore menziona Altenmünster quando par-la di Fabio Martire (IV secolo d.C.), discepolo di Sant’Antimo, molto venerato in Nord Europa an-che per via delle circa 200 reliquie del Santo con-servate a Vienna, dove nel 1633 fu eretto il mona-stero delle carmelitane scalze: “Fabij quorum duo SS. Corpora apud nos in Altomünster servantur in magnaque veneratione habentur”. BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 59.

30) È ad Altenmünster, uno dei baluardi dell’or-dine religioso nell’Europa centro-settentrionale dopo la dissoluzione dei monasteri a seguito della Riforma protestante, che, con la morte del monaco Johannes Müller, si estingue nel 1863 il ramo ma-schile dell’ordine del Santissimo Salvatore.

31) M. Ghilardi, Brigida e Caterina di Svezia nei santuari martiriali del suburbio di Roma, in ‘Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge’, 114, 1, 2002, pp. 525-555. Nell’ambito di una ricchissima produzione letteraria dedicata alla mi-stica del Settentrione, si segnalano i seguenti studi: H.M.D. Redpath, God’s Ambassadress: St. Bridget of Sweden, The Bruce publishing company, Mil-waukee 1947; J. Jørgensen, Santa Brigida di Vad-stena, Morcelliana, Brescia 1947-1948; C.A.J. Nor-denfalk, Saint Bridget of Sweden as Represented in Illuminated Manuscripts, New York University Press, New York 1961; A. Butkovich, Iconography: St. Birgitta of Sweden, Ecumenical foundation of America, Los Angeles 1969; A. Esch, Tre sante ed il loro ambiente sociale a Roma: s. Francesca Romana, s. Brigida di Svezia e s. Caterina da Sie-na, in Atti del simposio internazionale caterinia-no-bernardiniano (Siena, 17-20 aprile 1980) a cura di D. Maffei e P. Nardi, Mori, Siena 1982, pp. 89-120; A. Fredriksson Adman, Heymericus de Cam-po: Dyalogus super Revelacionibus Beate Birgitte. A Critical Edition with an Introduction, Uppsala Universitet, Uppsala 2003. Su Brigida e Roma: Jørgensen, Santa Brigida cit., II, pp. 83, 103; M. Escobar, Le dimore romane dei santi, Cappelli, Bo-logna 1964, pp. 78-80.

32) L. Cibrario, Descrizione storica degli ordini religiosi [...], Stabilimento tipografico Fontana,

Page 12: Prospettiva 163 164 Nn. 163-164, Luglio-Ottobre 2016 ......Alessandro Bagnoli, direttore Francesco Aceto, Benedetta Adembri, Giovanni Agosti, Alessandro Angelini, Roberto Bartalini,

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Torino 1845, p. 328. Secondo la regola, l’ordine del Santissimo Salvatore “è stato fondato princi-palmente per le Religiose, che onorar debbono con particolar culto la Santissima Vergine ed ammette eziandio i Religiosi, acciocché vi sia chi sommi-nistri alle monache i sacramenti ed altri aiuti spi-rituali”. Annibaldi, Compendio cit., p. 300. Dei religiosi, 13 dovevano essere sacerdoti, quattro diaconi e otto fratelli laici destinati ai servizi ma-teriali. Tale composizione ricordava la primitiva comunità cristiana, con 13 apostoli (i 12 più San Paolo) e 72 discepoli (le monache con i diaconi e i fratelli); i diaconi rappresentavano i quattro Padri della Chiesa.

33) “Ubi tempore Martini V eramus nos Birgittani Patres solum et ratio est quia Martinus V, nescio ex quo zelo informatione ductus voluit, ut omnes in omnibus nostris Monasteriis ubi est fuerunt Mo-nachi ac Monachae, fiat illorum ab illis seperatis ut scil. Patres solam, solum et Sorores separatim vivant in diversis monasteriis quare aliquibus ex nostris Patribus Ecclesiam illam S. Caeciliae do-navit [...]”. BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 42.

34) Ivi, c. 120.

35) Cibrario, Descrizione cit., p. 326.

36) C. Bildt, Christine de Suède et le Cardinal Az-zolino, Plon, Paris 1899, p. 267.

37) Con un breve del 22 giugno 1673 Clemente X aveva affidato a Cristina di Svezia “regimen et gu-bernum Ecclesiae et Hospitalis Sanctae Brigidae”, mentre negli stessi anni (1676-1789) il cardinale Decio Azzolino ricopriva l’incarico di protettore della casa. La regina aveva anche in programma di affidare a Carlo Fontana la progettazione di “una chiesa assai riguardevole a santa Brigida”, consi-derando quella presente in piazza Farnese troppo piccola. “Si dice [...] che il cavalier Fontana ne ab-bia fatto il disegno” riporta un avviso di Roma del tempo (De Angelis, Santa Brigida cit., pp. 60-61, n. 113). G. Moroni, Dizionario di erudizione stori-co-ecclesiastico da S. Pietro sino ai nostri giorni, Tipografia emiliana, Venezia 1840-1861, LXXI, 1855, p. 143.

38) G. Gualdo Priorato, Historia della sacra real maestà di Christina Alessandra regina di Svetia, Venezia 1656, pp. 259-260.

39) BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 30.

40) L. Agostini, Le gemme antiche figurate di Leo-nardo Agostini senese, Roma 1657, p. 4.

41) O. Falconieri, in F. Nardini, Roma antica, per il Falco, Roma 1656, p. non numerata.

42) BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 32.

43) La chiesa di Santa Maria in Campitelli, comin-ciata sotto Alessandro VII, venne completata sotto Clemente X, che affidò i lavori a Carlo Rainaldi. Consacrata solo nel 1728, la chiesa fu tuttavia aper-ta ai pellegrini giunti a Roma per il Giubileo e papa Altieri concesse l’indulgenza plenaria a tutti coloro che si sarebbero recati alla chiesa il giorno prima della sua apertura e nuovamente otto giorni dopo.

44) Non manca, coerentemente con il tema della guida, un accenno alle pratiche devozionali dedi-cate alla venerata icona: “Si scopre la sudetta Sacra Imagine otto volte l’anno solamente per ordine del-la Sacra Visita cioè nella Pasqua di Resurrectio-ne, nella Pentecoste, nel Natale del Signore, nella festa della Purificatione, Annuntiatione, Assuntio-ne e Natività della beata Vergine e nella solennità principale della sua apparitione, la quale si celebra alli VI di Luglio con gran concorso di popolo, il quale dura per tutta l’ottava per esservi Indulgenza plenaria e per stare di continuo scoperta la Sacra Imagine”. BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 120.

45) M. de Montaigne, Viaggio in Italia, 1774, La-terza, Bari 1972, pp. 204-209.

46) L’attribuzione del dipinto a Giovanni Maria Morandi è stata avanzata prima da Marc Worsdale

e poi da Maurizio Fagiolo dell’Arco. M. Fagiolo dell’Arco, La festa barocca, De Luca, Roma 1997, pp. 369-370; M. Worsdale, Eloquent Silence and Silent Eloquence in the Work of Bernini and His Contemporaries, in Vatican Splendor. Masterpiec-es of Baroque Art, catalogo della mostra a cura di C. Johnston, G. Vanier Shepherd e M. Worsdale (Ottawa, National Gallery of Canada, 6 marzo-11 maggio 1986; Vancouver, Vancouver Art Gallery, 14 giugno-1 settembre 1986; Toronto, Art Gallery of Ontario, 3 ottobre-30 novembre 1986), Nation-al government publication, Ottawa 1986, pp. 29-40; A. Brejon de Lavergnée, N. Volle, Musées de France: répertoire des peintures italiennes du XVIIe siècle, Edition de la Réunion des musées na-tionaux, Paris 1988, p. 305.

47) G. Gigli, Diario romano (1608-1670), Tummi-nelli, Roma 1958, p. 468.

48) Worsdale, Eloquent Silence cit., p. 32.

49) Gigli, Diario cit., p. 468. Testimonianza ulte-riore dello stupore che l’episodio suscitò nelle folle accorse è contenuta nel diario del cardinale Ernst Adalbert von Harrach (1598-1667) che ricorda: “Bisognò levarsi questa mattina alle 4 per arrivare a tempo in palazzo per sentire la messa del papa e poi alla processione che si fa col santissimo. [...] Fu bello a vedere così gran numero di religiosi, preti, vescovi e cardinali e dietro portato il papa in sedia, ma tutto il tempo inginocchioni col santissimo in mano”. K. Keller, A. Catalano, Die Diarien und Tagzettel des Kardinals Ernst Adalbert von Har-rach (1598-1667), Böhlau Verlag, Wien 2010, p. 118.

50) BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 68. “Vestito di sac-co sopra la porpora e cinto da rozzo grembiale [il cardinal Colloredo] si umiliava a’ loro piedi, con molta diligenza ed incommodo li lavava, li rasciu-gava, e poi baciavali con una tenerezza di vera e cordial carità, somministrando loro in questo tempo non meno salutevoli avvertimenti che con-venienti limosine. Era una consolazione osservare que’ buoni Pellegrini, che rimanevano come fuori di sé in vedersi a piedi un uomo, che rassembra-va un angiolo, un principe di Santa Chiesa, che mostrava tutto il suo godimento in rendersi loro famiglio”. P.M. Puccetti, F. Colloredo, Vita del cardinal Leandro Colloredo della Congregazione dell’oratorio di Roma, nella stamperia di Rosati e Borgiani in Parione, Roma 1738, p. 65. Si veda anche: G. Crispino, Del giubileo dell’anno santo, sua virtù e utilità, stimoli a conseguirlo, modo di conseguirlo [...], Zenobi et Placho, Roma 1700, pp. 105-106; D.M. Manni, Istoria degli anni santi dal loro principio sino al presente del MDCCL, Stec-chi, Firenze 1750, pp. 226-227.

51) R. Caetano, Le memorie dell’anno santo MDCLXXV celebrato da Papa Clemente X e con-sacrate alla santità di N.S. Papa Innocenzo XII, per Marc’Antonio et Orazio Campana, Roma 1691; F. Barberini, M. Dickmann, I pontefici e gli anni santi nella Roma del XVII secolo: vita, arte e co-stume, Ugo Bozzi, Roma 2000, pp. 59-60.

52) L. von Pastor, Storia dei papi nel periodo della Riforma e Restaurazione cattolica, Desclée et c., Roma 1958, XIV, p. 657, n. 6.

53) Istruttione da mettersi nelle lettere che si scri-vono all’Illustrissimo Legato di Bologna, alli nun-tii di Francia, Napoli e Fiorenza et a monsignore Vescovo di Padova (1625), in I. Fosi, Stranieri in Italia: mobilità, controllo e tolleranza, in Studi storici dedicati a Orazio Cancila, a cura di A. Giuffrida, F. D’Avenia e D. Palermo, Associazione Mediterranea, Palermo 2011, pp. 531-556, in part. p. 536.

54) Due sono le didascalie che accompagnano le illustrazioni. La prima è riferita ai lavori con-dotti per volere di papa Urbano VIII nella Libre-ria Vaticana (“Urbano VIII, oltre haver ristorato le Galerie et altri importantissimi miglioramenti

del Palazzo Vaticano, l’ha ultimamente arricchi-to d’una Armaria delle più belle di Europa con armatura d’ogni sorte per 40 mila soldati li piedi per difesa dello Stato Ecclesiastico, e perché è giu-sto sotto alla Libraria vi ha messo questo motto: Urbanus VIII Litteris arma, arma litteris”. BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 21). La seconda annotazione trova spazio nel paragrafo dedicato alla Torre di Nerone: “In questa Torre Nerone adoperò un vetro rappresentandogli la sacra fiama di Roma accesa un fuoco e lume dolce”. BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 136. Si vedano anche: ivi, cc. 14, 17, 18, 21, 33, 66, 68, 72, 125.

55) Dell’edificio si elencano accuratamente dimen-sioni (“in longitudine habet passus ducentos octo-ginta octo, in latitudine ducentos et triginta”), la preziosità dei materiali (“ornatus ex diversissimi et pretiosissimis marmoribus”) e le caratteristiche delle sue colonne e della cupola principale. BGB, Ms. “Schraivogel”, cc. 17-18.

56) “Metto qui la Maestosa facciata di detta chie-sa nuova di S. Maria in portico in Campitelli, per vedere anche il modello e la forma delle moderne fabbriche delle chiese nuove di Roma, le quali qua-si tutte con poco lor differenza son fabbricate in questa forma, larghezza e lunghezza”. BGB, Ms. “Schraivogel”, c. 119.

57) Ivi, cc. 53, 77, 89, 99, 104, 109.

58) L’indice delle illustrazioni (“Clavis Litterarum per Omnes figuras”) risulta non compilato. Ivi, c. 145.

59) Ivi, cc. 10, 20, 51, 59, 72, 117.

60) Ivi, cc. 13, 121, 122.

61) Ivi, cc. 19, 21.

62) In diverse occasioni il nostro autore non manca di far riferimento alla lingua italiana (“vocatur in Italico”; “dictum in Italico”; “in idiomae Italico”), segnando in qualche modo una distanza con essa: ivi, cc. 31, 33, 35, 59, 69.

63) Ivi, cc. 11, 13. Sempre nell’ambito della descri-zione del mondo romano a un pubblico estraneo a esso è da considerarsi il riferimento a una delle più caratteristiche componenti dell’economia dello stato pontificio, ovvero i luoghi di monte camerale. Se la descrizione di questo sistema è ricavata da Panciroli, curioso è il giudizio dato a esso, con un esplicito riferimento alla diminuzione degli inte-ressi del debito della Camera (i Monti appunto) dal 4% al 3% operata nel 1684 da papa Innocenzo XI per far fronte alle spese della guerra contro i turchi: “Ma questo monte per adesso è total causa che li campi di Roma non si laborano, mentre possono li huomini sì guadagniare senza fatica di mente: e per questo anche già son calati li monti pagando tre per cento”.

64) De Angelis, Santa Brigida cit., p. 36.

65) Simon Hörmann è autore di varie edizioni di opere di Santa Brigida: S. Hörmann, Revelationes caelestes seraphicae matris s. Birgittae Suecae, Monaco 1680; Idem, Breviarium sacrarum vir-ginum ordinis SS. Salvatoris, vulgo s. Birgittae, horas deiparae Virginis, per ferias distributas con-tinens, 1697. Di Carl Schmidthamer poi, il padre brigidino trasferitosi a Roma insieme a Benedict Schraivogel, sappiamo che “Romae publice defen-dit Theses et dei Philosophiam et Theologiam in Monasterio suis tradidit confratribus”. Scheckh, Maria-Alto-Münster cit., p. 105.

66) BGB, Ms. “Schraivogel”, cc. 88, 102.

67) La definizione è tratta da G. De Rosa, Giusep-pe Crispino e la trattatistica sul buon vescovo, in Idem, Chiese e religione popolare nel Mezzogior-no, Laterza, Bari 1978, pp. 103-143.