PROPOSTE DI RIFORMA PER LA GIUSTIZIA · pagamento del compenso al difensore che assiste la parte in...
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2018
MOVIMENTO FORENSE
a cura dell’Ufficio Legislativo
e del Dipartimento Scientifico
Avv. Massimiliano Cesali - Presidente Nazionale MF
Avv. Alberto A. Vigani - Responsabile Ufficio Legislativo MF
Avv. Barbara Dalle Pezze - Responsabile Dipartimento Scientifico MF
PROPOSTE DI RIFORMA
PER LA GIUSTIZIA
1
PROPOSTE IN MATERIA DI PROCESSO CIVILE .......................................................................................................................................... 2
PROPOSTA: UN UNICO RITO SEMPLIFICATO ........................................................................................................................................ 2
VERBALE D’UDIENZA CIVILE PROPOSTA DI MODIFICA DEGLI ART. 130 c.p.c. e 84 disp. Att. .......................................................... 5
ARBITRATO FORENSE .............................................................................................................................................................................. 8
ABROGAZIONE DEL RITO FORNERO IN MATERIA DI LAVORO ......................................................................................................... 12
PROPOSTE IN MATERIA DI PROCEDURA MONITORIA ............................................................................................................................ 14
MODIFICHE DEI REQUISITI DELLA PROVA SCRITTA UTILE AI FINI DEL DECRETO INGIUNTIVO: ................................................ 14
a.Dichiarazione di autenticità delle scritture contabili rilasciata dal commercialista14
b.Atto di notorietà del creditore
INGIUNZIONE STRAGIUDIZIALE ............................................................................................................................................................ 16
“PIGNORAMENTO IN PROPRIO” ESEGUIBILE TRAMITE NOTIFICA IN PROPRIO ............................................................................. 18
ACCESSO ALLE BANCHE DATI EX ART. 492 bis C.P.C. DA PARTE DEGLI ORDINI FORENSI ......................................................... 19
FACOLTA’ DI CONFERIRE VALORE DI TITOLO ESECUTIVO ALLE TRANSAZIONI SOTTOSCRITTE CON L’ASSISTENZA DEGLI
AVVOCATI................................................................................................................................................................................................. 20
UNICO GIUDICE COMPETENTE PER L’OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE ........................................................................................ 21
SEMPLIFICAZIONE DEL PROCEDIMENTO ESECUTIVO MOBILIARE ................................................................................................. 21
POSSIBILITÀ DI AVVALERSI DI GUARDIE GIURATE NELLA FASE ESECUTIVA ............................................................................... 22
RIFORMA DELLE MODALITA’ DI LIBERAZIONE DELL’IMMOBILE DA PARTE DEL CUSTODE ......................................................... 23
PROPOSTE PER AGEVOLARE LE COMUNICAZIONI / NOTIFICAZIONI .............................................................................................. 24
NOTIFICHE A MEZZO PEC NEI CONFRONTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI ..................................................................... 25
PROPOSTE PER LA PROFESSIONE FORENSE ......................................................................................................................................... 26
L’ESTENSIONE DELLE ESENZIONI / RIDUZIONI DAL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI PREVISTE PER LE
CONTROVERSIE DI LAVORO ALLE PROCEDURE DI RECUPERO DEL CREDITO RELATIVO A COMPENSI PROFESSIONALI ... 26
CONFERIMENTO ALL’AVVOCATO DEL POTERE DI AUTENTICA DELLE FIRME E DI ATTESTAZIONE DELLA CONFORMITA’
DELLE COPIE, NELL’ESECUZIONE DELL’INCARICO CONFERITO ..................................................................................................... 28
GARANZIA DI EQUO COMPENSO PER TUTTI I PROFESSIONISTI – ART. 2233 C.C. ....................................................................... 30
.PROPOSTE IN MATERIA DI GRATUITO PATROCINIO .............................................................................................................................. 31
PROPOSTA PER LIMITARE LA DECURTAZIONE DEI COMPENSI PER IL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO ........................ 31
PROPOSTA DI ESTENDERE IL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO ALLE SPESE DI VENDITA GIUDIZIARIA DEI BENI
PIGNORATI ............................................................................................................................................................................................... 33
PAGAMENTO DEL COMPENSO AL DIFENSORE CHE ASSISTE LA PARTE IN GRATUITO PATROCINIO NELLA MEDIAZIONE
CIVILE E COMMERCIALE E NELLA NEGOZIAZIIONE ASSISTITA QUANDO SONO CAUSE DI PROCEDIBILITA’ OBBLIGATORIE
PER L’AZIONE GIUDIZIARIA ................................................................................................................................................................... 34
Il Patrocinio a spese dello Stato nella mediazione civile e commerciale .................................................................................................. 34
ll Patrocinio a spese dello Stato nella negoziazione assistita ................................................................................................................... 35
UNIFORMITA’ DI CRITERI PER IL COMPUTO DEL REDDITO AI FINI DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO ............... 37
2
PROPOSTE IN MATERIA DI PROCESSO CIVILE
PROPOSTA: UN UNICO RITO SEMPLIFICATO
*anziché il Rito Sommario che talune forze politiche vorrebbero qual rito ordinario
E’ ormai opinione condivisa quella che ritiene necessario di riformare il sistema processuale
civile prevedendo un unico rito per tutte le controversie ordinarie, e superando così
(finalmente) la molteplicità dei procedimenti oggi previsti.
Tale rito però non può e non deve essere SOMMARIO, né rimesso alla totale
discrezionalità del Giudicante in punto di procedura.
Ecco una proposta per un nuovo rito civile: Abbiamo dunque elaborato una proposta per un rito unico, che contemperi le esigenze di
celerità con il principio della certezza del diritto e con la possibilità, ove necessario, di
attuare i necessari approfondimenti istruttori, senza che ciò comporti cambiamenti di rito,
con trasmigrazioni del fascicolo e dilatazione dei tempi, nonché ambiguità di procedura.
Abbiamo eliminato memorie inutili, udienze superflue. Ed imposto termini perentori, sia
per le parti, che per i giudici.
Si è altresì cercato di contemperare la semplicità del rito del lavoro, con le esigenze
istruttorie che nel rito ordinario non godrebbero della garanzia data dall’art. 421 c.p.c.
(norma che attribuisce ampi poteri istruttori esercitabili d’ufficio dal giudice nell’interesse
della ricerca della verità materiale, interesse che è preminente nel rito del lavoro, ma che
invece nel rito ordinario è subordinato al sistema delle preclusioni, che risponde all’altra
fondamentale esigenza di certezza processuale). Pertanto si sono mantenute le memorie a
prova contraria.
Inoltre si sono mantenute le comparse conclusionali, le quali sono un utile strumento di
articolazione della difesa, alla luce delle risultanze istruttorie.
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1) Ricorso introduttivo secondo le
prescrizioni di cui all’art. 414 c.p.c., tra cui in
particolare l’onere dell’indicazione specifica dei
mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi
e in particolare dei documenti che si offrono in
comunicazione
2) Decreto giudiziale di fissazione della
prima udienza di comparizione delle parti (Il
Giudice deve emettere il decreto entro 5 giorni dal
deposito. Tra la data di emissione del decreto e
l’udienza di comparizione devono intercorrere non
meno di 90 giorni e non più di 120 giorni
(Notifica del ricorso e del decreto a cura del
ricorrente – termine di comparizione 60 giorni)
3) Costituzione del convenuto (con
deposito di comparsa di costituzione e risposta e
fascicolo, secondo le prescrizioni dell’art. 416
c.p.c.) almeno 30 giorni prima dell’udienza,
proponendo a pena di decadenza le eccezioni di
rito e di merito non rilevabili d’ufficio.
Deve proporre a pena di decadenza eventuali
domande riconvenzionali/domanda di
autorizzazione alla chiamata di terzi, chiedendo in
tale secondo caso il differimento dell’udienza
(segue decreto giudiziale, se autorizza la chiamata
del terzo, del giudice nel rispetto dei termini sopra
detti per consentire al terzo la costituzione)
4) 15 gg prima dell’udienza le parti
depositano memorie di precisazione/
modificazioni delle domande/
eccezioni/conclusioni già proposte ed indicano i
mezzi di prova contraria di cui eventualmente
intendono avvalersi.
In questa sede il ricorrente deve prendere
posizione sulla domanda riconvenzionale
eventualmente avanzata dal convenuto, ed al
riguardo, proporre a pena di decadenza dalle
eccezioni di rito e di merito non rilevabili d’ufficio
e deve qui indicare i mezzi di prova ed i documenti
di cui intende avvalersi (salvo che siano già
introdotti in giudizio).
5) UDIENZA DI COMPARIZIONE DELLE
PARTI. Il Giudice, sulla scorta della conoscenza
degli atti e dei documenti sino ad allora depositati,
tenta la conciliazione eventualmente facendo una
proposta, il comportamento che le parti terranno
rispetto a tale proposta potrà essere oggetto di
valutazione al momento dell’emissione della
Sentenza. Se la conciliazione non riesce il Giudice
decide sull’ammissione delle prove e procede alla
calendarizzazione del processo.
6) FASE ISTRUTTORIA, al cui esaurimento
il Giudice dichiara chiusa l’istruttoria ed assegna,
su richiesta delle parti, un termine di 60 giorni per
il deposito di memorie conclusionali e di
precisazione delle conclusioni.
7) LE PARTI (una od entrambe) possono
chiedere nella memoria conclusionale la fissazione
di una UDIENZA per la discussione orale della
controversia. Il Giudice provvede alla fissazione
dell’udienza che deve essere tenuta entro 30
giorni dal deposito delle repliche. Laddove lo
ritenga opportuno, il Giudice può fissare tale
udienza anche d’ufficio, sempre rispettando il
termine detto.
8) SENTENZA entro 60 gg dal deposito
delle comparse conclusionali/dall’udienza di
discussione orale.
Tutti i termini previsti per le parti e per il Giudice devono essere perentori.
(NB) Ovviamente il modello potrà poi essere la base anche per i procedimenti speciali, con l’ovvio
adattamento alle specifiche esigenze (es. cautelari)
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SCHEMA della STRUTTURA
Ricorso introduttivo
5 giorni dal deposito Decreto giudiziale di fissazione della 1° udienza di comparizione delle parti
30 giorni prima dell’udienza Costituzione del convenuto
15 giorni prima dell’udienza Repliche e richieste per prova contraria
90-120 giorni dal deposito del ricorso UDIENZA DI COMPARIZIONE DELLE PARTI
FASE ISTRUTTORIA – chiusura della stessa
60 giorni Memorie Conclusionali + Precisazione Conclusioni
30 giorni dal deposito UDIENZA per la discussione orale della controversia (facoltativa)
60 giorni SENTENZA
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VERBALE D’UDIENZA CIVILE PROPOSTA DI MODIFICA DEL C.P.C.
ARTT. 130 E 84 DISP.ATT. Norme attualmente vigenti:
Art. 130 Redazione del processo verbale
I. Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice.
II. Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede l'udienza e dal cancelliere; di esso non si dà
lettura, salvo espressa istanza di parte.
Disp. Att Art. 84. (Svolgimento delle udienze)
I. Le udienze del giudice istruttore non sono pubbliche.
II. Per ciascuna causa sono ammessi davanti al giudice i difensori delle parti e le parti stesse. Queste
debbono assistere alla udienza in silenzio, salvo che non ottengano dal giudice, a mezzo del proprio
difensore, l'autorizzazione ad interloquire.
III. Le parti e i loro difensori non possono dettare le loro deduzioni nel processo verbale se non ne
sono autorizzati dal giudice.
***** Orbene, il processo verbale d’udienza è
momento fondamentale dell’esercizio del
diritto di difesa, il quale peraltro potrebbe
risultare irrimediabilmente compresso
dall’applicazione rigorosa di una norma
quale quella di cui all’art. 84, comma 3,
disp. Att. c.p.c. Infatti (soprattutto con il
verbale telematico redatto
personalmente dal Giudice) accade che gli
avvocati siano in difficoltà a far inserire le
proprie deduzioni, istanze ed eccezioni in
quanto, ad esempio, il Giudicante
semplicemente ritiene di non inserirle,
oppure perché non sono scritte
esattamente come le intende l’avvocato
richiedente (ed assumono significati
equivoci). Inoltre, con l’introduzione del
PCT, il Giudice redige il verbale
telematicamente (materialmente lo digita
personalmente al computer, lo firma
digitalmente e lo invia nel fascicolo
telematico). Questa operazione
(digitazione del verbale) avviene il più
delle volte SILENZIOSAMENTE, o con
BISBIGLIO dello scrivente. Il momento
della LETTURA del verbale, quindi,
acquista un nuovo significato
fondamentale, soprattutto se si pensa
all’udienza di interrogatorio della parte o
di escussione del teste.
E’ dunque necessaria ed urgente una
disciplina uniforme del processo verbale
d’udienza, che raccolga e contemperi le
esigenze di certezza e speditezza del
momento processuale con quelle del
pieno diritto di difesa, la cui tutela è
affidata al difensore.
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Ecco la nostra proposta di modifica del Codice di Procedura Civile
Modificazione dell’Art. 130 c.p.c. Redazione del processo verbale
1. Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice.
2. Il processo verbale deve contenere tutte le istanze e le eccezioni delle parti e
dei loro difensori.
3.Il Giudice, su istanza di parte, dà lettura del processo verbale d’udienza.
Abrogazione dell’art. 84, comma 3, disp. Att. c.p.c
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ARBITRATO FORENSE
LA GESTIONE DELLE CONTROVERSIE ALTERNATIVA AL PROCESSO STATALE *Come indicato anche nel DDL 2284-delega al Governo sulla Giustizia Civile
Sempre più frequentemente si sente parlare di “degiurisdizionalizzazione”.
Il termine, che forse non è tra i più opportuni e nemmeno tra più corretti, indica l’intenzione di
affidare la gestione delle controversie civili (o di alcune di esse) ad una sede diversa da quella del
processo statale.
L’argomento è complesso e merita alcune riflessioni.
In primis, deve essere chiaro che, in uno Stato civile e democratico, le controversie tra i cittadini
devono essere affrontate e gestite SECONDO LEGGE ed in una SEDE ISTITUZIONALE, a ciò
preposta.
Quanto sopra non solo per evitare episodi di ragion fattasi (che non sono ovviamente tollerabili),
ma anche perché se le controversie non trovano una risposta in sede “civile”, esse avranno
necessaria ricaduta sul processo penale.
Ad esempio: se si impedisse al cittadino di ottenere risarcimento per i danni da sinistro stradale in
sede civile, sarà probabile che i danneggiati sceglieranno la via di procedere in sede penale nei
confronti del danneggiante. Con evidenti conseguenze sul contenzioso penale, che verrebbe
snaturato e che vedrebbe un aggravamento del suo sovraccarico.
Secundis, la gestione delle CONTROVERSIE deve essere affidata a professionisti dotati della
necessaria preparazione ed esperienza GIURIDICA e di gestione della controversia, in grado di
assolvere la funzione dello JUS DICERE. Certamente l’AVVOCATURA ha la la competenza per
svolgere tale compito, ed è dunque a questa categoria professionale che, a parere dello scrivente,
deve essere affidata in via ESCLUSIVA la gestione stragiudiziale delle controversie, soprattutto
nella eventuale fase contenziosa (al riguardo non si nasconde che, sempre a parere dello
scrivente, anche la mediazione e la negoziazione assistita dovrebbero essere competenza
esclusiva della professione forense, che per sua stessa natura è chiamata a tradurre gli interessi
delle parti in atti giuridici).
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Il Movimento Forense ha immaginato, dunque, una gestione stragiudiziale delle controversie,
dalla fase della mediazione fino all’eventuale lodo arbitrale, secondo i seguenti principi:
Istituzione, laddove non già presenti, presso ogni Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
CAMERE ARBITRALI, gestite dai COA secondo un regolamento emanato dal CNF, sulla
base dei principi fondamentali sanciti dal legislatore con norma primaria;
Codificazione di una procedura agile, che permetta la conduzione della controversia dalla
fase della (eventuale) mediazione fino al contenzioso arbitrale, in un ventaglio di materie
che siano aggiornate rispetto al vigente divieto relativo ai cd “diritti indisponibili”. Al fine di
rendere la procedura più snella e con costi accessibili all’utenza, sarà opportuno istituire la
figura dell’ARBITRO UNICO, analogamente al Giudice Monocratico (eventualmente
riservando la collegialità alla sola fase decisoria).
Il RITO dovrà essere agile “modulare”, così da consentire alle parti (assistite dai difensori),
di valutare in ogni momento l’opportunità di una composizione bonaria, con conseguente
riduzione di tempi e costi.
Ecco la nostra proposta nel dettaglio
La proposta dell’ARBITRATO FORENSE, ovviamente, richiederebbe le necessarie modifiche alla
disciplina prevista dal c.p.c. al TITOLO VIII. A giudizio dello scrivente, la via più semplice ed
efficace sarebbe quella di inserire nel codice di procedura civile un apposito capo VI-bis,
disciplinante l’arbitrato presso l’ORDINE FORENSE, che diventerebbe un genus a sé (cd.
ARBITRATO FORENSE), come forse è corretto che sia se immaginiamo che questo istituto abbia
una funzione di primo piano, accanto al processo statale, nella gestione delle controversie.
PROCEDIMENTO
TENTATIVO DI MEDIAZIONE (facoltativo/obbligatorio): secondo le regole vigenti
FASE CONTENZIOSA (davanti all’ARBITRO UNICO, eventualmente riservando la collegialità alla fase
DECISORIA) →sul modello del RITO DEL LAVORO
Fuori dai casi di cui al d.l. 132/2014 art. 1,
1) Ricorso introduttivo: deposito (anche in
via telematica) del ricorso e del fascicolo
documentale presso la Camera Arbitrale del COA
del circondario in cui ha sede il Tribunale
territorialmente competente (deve essere allegato
il compromesso, o il contratto contenente clausola
compromissoria, o la convenzione arbitrale).
2) Provvedimento della Camera Arbitrale
con cui fissa un incontro finalizzato
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- alla designazione degli arbitri su accordo
delle parti o dal Presidente del Coa
- ed alla mera costituzione del convenuto
nella procedura
II ricorso ed il provvedimento sono notificati alla
controparte a cura del ricorrente entro 10 giorni
dall’emissione o altro termine da valutare).
L’incontro deve tenersi entro 30 giorni dalla data di
deposito del ricorso. Incontro per la nomina degli
arbitri: Gli arbitri sono individuati, concordemente
dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine
tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all’albo
dell’ordine circondariale che non hanno avuto
condanne disciplinari definitive e che, prima della
trasmissione del fascicolo, hanno reso una
dichiarazione di disponibilità al consiglio stesso.
3) Provvedimento di designazione degli
arbitri e provvedimento di fissazione della prima
udienza di comparizione delle parti da
comunicare alle parti a cura della Camera Arbitrale,
presso i difensori costituiti, entro 5 giorni. Tra la
data di emissione del decreto e l’udienza di
comparizione devono intercorrere non meno di 120
giorni e non più di 150 giorni)
4) Costituzione del convenuto (con deposito
di comparsa di costituzione e risposta e fascicolo)
almeno 60 giorni prima dell’udienza a pena di
decadenza dalle eccezioni di rito e di merito non
rilevabili d’ufficio. Deve proporre a pena di
decadenza eventuali domande riconvenzionali
(purchè rientranti nella convenzione arbitrale)
/domanda di autorizzazione alla chiamata di terzi
(producendo il consenso del terzo e delle parti),
chiedendo in tale secondo caso il differimento
dell’udienza (segue provvedimento , se autorizza la
chiamata del terzo, dell’arbitro nel rispetto dei
termini sopra detti per consentire al terzo la
costituzione)
5) - 30 gg prima dell’udienza le parti
depositano memorie di precisazione/
modificazioni delle domande/
eccezioni/conclusioni già proposte ed indicano i
mezzi di prova e produzioni documentali (qui
maturano le preclusioni istruttorie). In questa sede
il ricorrente deve prendere posizione sulla domanda
riconvenzionale eventualmente avanzata dal
convenuto, a pena di decadenza dalle eccezioni di
rito e di merito non rilevabili d’ufficio e deve qui
indicare i mezzi di prova ed i documenti di cui
intende avvalersi in relazione alla domanda
riconvenzionale (salvo che siano già introdotti in
giudizio).
- 15 gg prima dell’udienza le parti depositano le
rispettive repliche ed articolano la prova
contraria.
6) UDIENZA DI COMPARIZIONE DELLE
PARTI. L’arbitro, sulla scorta della conoscenza
degli atti e dei documenti sino ad allora depositati,
tenta la conciliazione eventualmente facendo una
proposta, ed il comportamento che le parti
terranno rispetto a tale proposta potrà essere
oggetto di valutazione al momento dell’emissione
del Lodo.
Se la conciliazione non riesce l’Arbitro decide
sull’ammissione delle prove, concordando con le
parti l’ordine dell’acquisizione delle stesse al fine di
consentire nel prosieguo ulteriore tentativo di
conciliazione, e procede alla calendarizzazione del
processo.
7) FASE ISTRUTTORIA, L’arbitro può tentare
la conciliazione della controversia su istanza di una
o entrambe le parti durante la fase istruttoria.
Esaurita la stessa, l’Arbitro dichiarata chiusa
l’istruttoria, tenta d’ufficio la conciliazione ed in
caso di fallimento, assegna, su richiesta delle parti,
un termine di 60 giorni per il deposito di memorie
conclusionali e di precisazione delle conclusioni, ed
un termine di ulteriore 20 giorni per il deposito delle
repliche.
8) LODO entro 60 gg dal deposito delle
repliche. Il Lodo ha gli stessi effetti della sentenza.
NB: Tutti i termini previsti per le parti e per
l’Arbitro devono essere perentori.
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Nella presente proposta, si è immaginato che alle parti sia offerto, immediatamente, un
programma preciso dei tempi e dei costi dell’intera procedura, al cui interno è previsto che più
volte venga offerta la possibilità di comporre la lite, in questo modo riducendo non solo i tempi
ma anche i costi.
In altri termini, si propone una procedura “componibile”, in cui ogni “blocco” ha un tempo ed un
costo, e la cui effettiva composizione strutturale è rimessa al potere dispositivo delle parti, le quali
saranno sempre protagoniste attive delle proprie vicende.
Ovviamente è una proposta ancora in fase embrionale, e certamente deve essere corretta e
migliorata. Eppure, nel redigerla, lo scrivente ha visto la possibilità di un nuovo futuro possibile
per l’Avvocatura e la Giustizia. E l’augurio è di poter condividere tale visione e la costruzione di un
progetto preciso. Ed aggiungendo visione a visione, si immagina altresì un concreto sostegno del
legislatore e dell’esecutivo, in termini di incentivi fiscali, in caso di adesione alla procedura
arbitrale ed in caso di composizione bonaria
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ABROGAZIONE DEL RITO FORNERO IN MATERIA DI LAVORO
Come da disposizione già contenuta nel DDL 2284- Delega al Governo sulla Giustizia Civile
Come è noto la legge 92/2012 ha introdotto, all’art. 1, commi 48 e segg. un rito specifico per le
cause aventi ad oggetto l’impugnazione di licenziamento nei casi rientranti nell’art. 18 legge
300/1970.
In particolare, prima della nuova norma, il lavoratore aveva facoltà di adire l’autorità giudiziaria
con unico ricorso, proposto ai sensi dell’art. 414 c.p.c., nel quale poteva proporre
cumulativamente TUTTE le proprie pretese concernenti un determinato rapporto di lavoro.
Il Ministro Fornero, con la menzionata legge, ha introdotto un nuovo rito (nel caso se ne fosse
sentito il bisogno), per le sole “controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle
ipotesi regolate dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, anche
quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro”.
Il cd. Rito Fornero si dimostrò subito del tutto inadeguato, mal disciplinato e comportò
duplicazione di contenziosi ed incertezze di procedura, e conseguenti iniquità il cui prezzo fu
pagato, infine, dai cittadini. Tutte cose che gli avvocati ed i magistrati avevano predetto e detto.
Tant’è che il decreto legislativo 23/2015 (in vigore dal 07/03/15) che introduce il cd. “contratto a
tutele crescenti”, aboliva il rito Fornero, senza però prevedere disciplina transitoria. Con la
conseguenza che l’abrogazione vale solo per i lavoratori assunti da quella data. Per tutti gli altri il
rito Fornero continua ad applicarsi.
E’ tempo di porre fine a tale incongruenza. Devono cessare sia l’applicazione di un rito inefficiente
ed inadeguato quale il cd. Rito Fornero, sia la discriminazione tra i lavoratori conseguente aduna
mancata armonizzazione normativa. Giace al Senato, nel DDL 2284 già approvato dalla Camera il
10 marzo 2016, una proposta normativa concordata dagli avvocati giuslaboristi e magistratura.
Ecco la proposta normativa di cui al DDL 2284 al Senato, già
approvata dalla Camera
(Disposizioni in materia di lavoro)
1. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi
da 48 a 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92,
sono abrogate.
2. Alla trattazione dei giudizi nei quali si
controverte sulla validità, l'efficacia o la
legittimità dei licenziamenti ai sensi
dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970,
n. 300, sono riservati specifici giorni nel
calendario delle udienze del giudice, che
deve trattarli e definirli con particolare
speditezza.
3. I dirigenti degli uffici giudiziari vigilano
sull'osservanza della disposizione di cui al
comma 2.
4. I giudizi già introdotti con ricorso
depositato entro la data di entrata in vigore
della presente legge sono trattati e definiti
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secondo le norme di cui all'articolo 1, commi
da 48 a 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
5. Le azioni di nullità dei licenziamenti
discriminatori, ove non siano proposte con
ricorso ai sensi dell'articolo 414 del codice di
procedura civile, sono introdotte,
ricorrendone i presupposti, con i rispettivi riti
speciali di cui agli articoli 38 del codice delle
pari opportunità tra uomo e donna, di cui al
decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e 28
del decreto legislativo 1º settembre 2011, n.
150. La proposizione dell'azione, nell'una o
nell'altra forma, preclude la possibilità di
agire successivamente in giudizio con rito
diverso.
6. Le azioni relative al licenziamento
incidente sul rapporto di lavoro subordinato
del socio di cooperativa, anche nel caso in
cui, con il rapporto di lavoro, venga a cessare
quello associativo, sono introdotte con
ricorso ai sensi degli articoli 409 e seguenti
del codice di procedura civile e sono soggette
alle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 del
presente articolo.
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PROPOSTE IN MATERIA DI PROCEDURA MONITORIA
MODIFICHE DEI REQUISITI DELLA PROVA SCRITTA UTILE AI FINI DEL
DECRETO INGIUNTIVO (ART. 634 C.P.C.):
a. Dichiarazione di autenticità delle scritture contabili rilasciata dal
commercialista
b. Atto di notorietà del creditore
*il punto b) è già contenuto nel DDL 2284- Delega al Governo sulla Giustizia Civile
Ex art. 634 c.p.c., comma 2, il creditore imprenditore e/o professionista chiede l’emissione di un
decreto ingiuntivo, deve allegare, oltre alle fatture non pagate, anche un estratto autentico delle
scritture contabili dalle quali risulti l’annotazione delle fatture stesse.
Tale autenticazione oggi può esser fatta esclusivamente dal Notaio e costituisce per il creditore
un costo ulteriore, oltre che un ulteriore fastidioso adempimento.
Si propone pertanto di considerare prova scritta utile per l’emissione del decreto ingiuntivo anche
a. Gli estratti delle scritture contabili che autenticati (oltre che secondo la via tradizionale,
dal notaio, anche) con una semplice certificazione sostitutiva di conformità delle
scritture contabili, la quale possa essere redatta direttamente dal Commercialista
incaricato della tenuta di contabilità del creditore;
b. La fattura, corredata da dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, resa dal
creditore procedente, la quale attesti l'annotazione della fattura stessa nelle scritture
contabili.
Sarebbe anche auspicabile una modifica dell’art. 2215 Codice Civile, nel senso di estendere
l’abilitazione alla bollatura o vidimazione delle scritture contabili (ove prevista) anche ai Dottori
Commercialisti (oltre che all’ufficio del registro ed al notaio).
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Ecco la proposta di modifica del Codice di Procedura Civile
Art. 634 c.p.c. - Prova scritta
Sono prove scritte idonee a norma del numero
1 dell’articolo precedente le polizze e promesse
unilaterali per scrittura privata e i telegrammi,
anche se mancanti dei requisiti prescritti dal
codice civile.
Per i crediti relativi a somministrazioni di merci
e di danaro, nonché per prestazioni di servizi,
fatte da imprenditori che esercitano un’attività
commerciale, anche a persone che non
esercitano tale attività, sono altresì prove
scritte idonee gli estratti autentici delle
scritture contabili di cui agli articoli 2214 e
seguenti del codice civile, purché bollate e
vidimate nelle forme di legge e regolarmente
tenute, nonché gli estratti autentici delle
scritture contabili prescritte dalle leggi
tributarie, quando siano tenute con
l’osservanza delle norme stabilite per tali
scritture. La conformità degli estratti delle
scritture contabili rispetto all’originale può
risultare anche da una dichiarazione di
autenticità rilasciata dal Dottore
Commercialista. Costituisce prova scritta
idonea, anche la fattura corredata di
dichiarazione sostitutiva dell'atto di
notorietà, attestante l'annotazione della
stessa nelle scritture contabili del creditore,
resa dal medesimo ai sensi dell'articolo 47
del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445
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INGIUNZIONE STRAGIUDIZIALE
L’emissione dei decreti ingiuntivi è attività che obera moltissimo le aule di giustizia (magistrati,
cancelleria, etc.). Ecco, dunque, un’altra proposta, semplice ed efficace, per deflazionare il
contenzioso giudiziale, senza pregiudizio per la tutela dei diritti dei cittadini.
Si tratta di istituire una procedura stragiudiziale di ingiunzione di pagamento, finalizzata alla
formazione di un titolo esecutivo.
Come è noto agli addetti ai lavori, la procedura monitoria è standardizzata, i presupposti per
l’accoglimento sono di natura meramente documentale e non vi è contraddittorio (che è differito
all’eventuale fase cognitoria). Pertanto risulterebbe assai conveniente affidare la fase monitoria
agli avvocati, demandando alle aule di giustizia solo l’eventuale fase cognitoria, che si aprirà in
caso di eventuale opposizione di parte.
Ovviamente, per una maggior tutela, in sede di proposta di è esclusa dalla procedura
stragiudiziale la possibilità di un’ingiunzione provvisoriamente esecutiva, che resterà prerogativa
esclusiva della procedura giudiziale.
Ecco la proposta di modifica del Codice di Procedura Civile Art. 644 bis c.p.c. – Procedimento di
ingiunzione extragiudiziale
1- Nei casi di cui agli articoli 633, 634, 635 e 636
del codice di procedura civile, l’ingiunzione di
pagamento o di consegna può essere redatta
dalla parte creditrice, a mezzo del proprio
Avvocato difensore, munito di procura ex art. 83
del codice di procedura civile, che deve
contenere anche l’elezione di domicilio del
creditore presso lo Studio Legale del difensore.
2. L’atto di ingiunzione di pagamento o
consegna extragiudiziale deve indicare:
1) il nome, il cognome, la residenza e il codice
fiscale del creditore procedente, il nome, il
cognome, il codice fiscale, la residenza o il
domicilio o la dimora dell’ingiunto. Se
trattasi di una persona giuridica,
un’associazione non riconosciuta o un
comitato l’ingiunzione deve contenere la
denominazione o la ditta, con l’indicazione
dell’organo o ufficio che ne ha la
rappresentanza in giudizio,
2) l’avvocato difensore, il codice fiscale di
questi, l’indirizzo dello Studio Legale
presso cui il creditore ha eletto domicilio, il
proprio fax di questi oppure l’indirizzo di
posta elettronica certificata risultante dai
pubblici elenchi;
3) l'oggetto e le ragioni della pretesa, con
l’indicazione delle prove che devono essere
allegate all’atto di ingiunzione. Quando la
domanda riguarda la consegna di una
determinata quantità di cose fungibili,
l’atto di ingiunzione deve indicare la
somma di danaro che il creditore è
disposto ad accettare in mancanza della
17
prestazione in natura, a definitiva
liberazione dell'altra parte;
4) l’ingiunzione al debitore di pagare la
somma o di consegnare la cosa o la
quantità di cose chieste o invece di queste
la somma di cui all'articolo 639 nel termine
di quaranta giorni, con l'espresso
avvertimento che nello stesso termine può
essere fatta opposizione dinnanzi al
giudice competente ex art. 637, a norma
degli articoli 645 e seguenti del codice di
procedura civile e che, in mancanza di
opposizione, si procederà a esecuzione
forzata. Se l'intimato risiede in uno degli
altri Stati dell'Unione europea, il termine è
di cinquanta giorni. Se l'intimato risiede in
altri Stati, il termine è di sessanta giorni e,
comunque, non può essere inferiore a
trenta né superiore a centoventi;
5) l’atto di ingiunzione extragiudiziale può
contenere anche l’ingiunzione di pagare le
spese di procedura documentalmente
provate ed i compensi del difensore del
creditore, quantificati secondo i
regolamenti vigenti per la determinazione
dei parametri per la liquidazione dei
compensi per la professione forense,
relativamente ai procedimenti monitori.
3. L’atto di ingiunzione stragiudiziale ed i
documenti allegati debbono essere notificati
all’ingiunto secondo le norme vigenti in materia
di notificazione degli atti civili. L’originale e le
copie da notificare debbono essere sottoscritte
dal difensore.
4. Salvo quanto disposto dall’art. 650, se non è
stata fatta opposizione nel termine stabilito,
l’atto di ingiunzione extragiudiziale acquista
efficacia di titolo esecutivo. Il precetto deve
contenere i requisiti di cui all’art. 480, e
l’indicazione che l’atto di ingiunzione ha
acquistato efficacia esecutiva per mancata
opposizione allo stesso nei termini stabiliti. Il
precetto deve essere notificato unitamente
all’atto di ingiunzione per cui si procede, già
notificato all’ingiunto ai sensi del comma 3 del
presente articolo.
5. Alla procedura di cui al presente articolo non si
applica l’art. 642 del codice di procedura civile.
18
PROPOSTE IN MATERIA DI ESECUZIONE
“PIGNORAMENTO IN PROPRIO” ESEGUIBILE TRAMITE NOTIFICA IN PROPRIO
*Emendamento trasversalmente proposto al DDL 2284- Delega al Governo sulla Giustizia Civile
Si tratta di una semplice modifica alla legge n. 53/94 (cd. notifiche in proprio da parte degli
avvocati), che introduca la facoltà per l'avvocato autorizzato dal Consiglio dell'Ordine alla notifica
ai sensi della legge n. 53 del 1994 a poter procedere ai pignoramenti che si eseguono tramite atto
notificato. Una semplificazione di buonsenso, che snellirebbe talune procedure esecutivo con
impatto immediato.
Ecco la proposta di modifica della legge n. 53/1994
Introduzione alla Legge 21.1.1994 n. 53, della seguente norma: ART. 11 BIS
1.Le disposizioni di cui alla presente legge, salvo
quanto previsto dai commi seguenti, si applicano
anche ai pignoramenti che si eseguono mediante
notificazione di un atto.
2.L’avvocato che intende avvalersi delle facoltà
previste dal comma precedente, anche quando la
notificazione del pignoramento deve essere
eseguita a mezzo posta elettronica certificata,
deve essere previamente autorizzato dal
consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto.
3.L’avvocato autorizzato deve munirsi di
apposito registro cronologico, nel quale devono
essere annotati anche i pignoramenti notificati a
mezzo posta elettronica certificata. Si osservano
le disposizioni dell’articolo 8 in quanto applicabili.
4.Prima della relazione di notificazione,
l’avvocato deve sottoscrivere l’ingiunzione e le
altre formalità di cui all’art. 492 del codice di
procedura civile, salve le forme particolari
previste per i singoli tipi di pignoramento.
5.A pena di nullità rilevabile d’ufficio, l’avvocato
deve altresì attestare, nel corpo dell’atto prima
dell’ingiunzione e delle altre formalità di cui
all’art. 492 del codice di procedura civile, di
essere munito del titolo esecutivo indicato
nell’atto, nonché, ove previste, l’avvenuta
notificazione del titolo stesso e del precetto, e
che, al momento della spedizione della
notificazione del pignoramento, è decorso il
termine dilatorio di cui all’articolo 482 del codice
di procedura civile, ovvero che sussiste
l’esenzione ivi prevista, e che è pendente
l’efficacia temporale del precetto di cui
all’articolo 481.
6.Per i pignoramenti eseguiti a norma del
presente articolo, i termini per il deposito in
cancelleria al fine dell’iscrizione a ruolo
decorrono dal momento del perfezionamento
della notificazione al debitore, salvo quanto
previsto dall’articolo 521 bis del codice di
procedura civile.
7.L’autenticazione delle copie al fine della
trascrizione o iscrizione nei pubblici registri è
eseguita dall’avvocato notificante.
8.La qualità di pubblico ufficiale, di cui all’articolo
6 della presente legge, e le responsabilità ivi
previste, si estendono all’esecuzione delle
formalità di cui all’articolo 492 del codice di
procedura civile, ed alle attestazioni e
autenticazioni previste dal presente articolo.
19
ACCESSO ALLE BANCHE DATI EX ART. 492 bis C.P.C. DA PARTE DEGLI ORDINI
FORENSI
*Emendamento proposto al DDL 2284- Delega al Governo sulla Giustizia Civile
Si tratta di consentire l’accesso alle banche dati di cui all’art. 492 bis c.p.c. (anagrafe tributaria,
enti previdenziali, archivio rapporti finanziari, etc.) anche all’Avvocato del creditore procedente
tramite il proprio Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. Tale facoltà sgraverebbe gli Uffici Giudiziari
che non riescono ad evadere le istanze di accesso in tempi ragionevoli, e semplificherebbe la
procedura esecutiva palesando al creditore l’utilità o meno di procedere ulteriormente.
Ecco la proposta 1.L’accesso mediante collegamento telematico
diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle
pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse
possono accedere, ivi comprese l’anagrafe
tributaria, l’archivio dei rapporti finanziari e le
banche dati degli enti previdenziali, di cui
all’articolo 492 bis del codice di procedura civile,
alle medesime condizioni e sussistenti i
medesimi presupposti ivi previsti, può essere
eseguito dall’ordine degli avvocati nel cui albo il
procuratore del creditore è iscritto.
2.A tal fine, tutte le disposizioni che fanno
riferimento agli ufficiali giudiziari devono
intendersi estese anche agli ordini circondariali
forensi.
3.Gli ordini degli avvocati devono munirsi di un
registro cronologico delle interrogazioni. Nel
registro devono essere annotati, anche con
l’ausilio di strumenti meccanici o informatici,
ciascuna interrogazione effettuata, indicando: il
numero d’ordine e la data dell’interrogazione; il
cognome, il nome o la denominazione o ragione
sociale del creditore richiedente; il cognome e il
nome del suo procuratore; il cognome, il nome o
la denominazione o ragione sociale del debitore;
gli estremi del provvedimento di autorizzazione
di cui all’art. 492 bis c.p.c. o del diverso titolo
legittimante; l’indicazione che il procuratore del
creditore si è avvalso della facoltà di partecipare
personalmente all’interrogazione a norma degli
artt. 155 ter e 165 disp. att. c.p.c.
4.L’interrogazione deve essere eseguita previa
verifica della sussistenza dei requisiti previsti
dalla legge, mediante estrazione dalla banca
dati, in formato informatico o cartaceo, dei soli
dati rilevanti per l’esecuzione forzata, e
successiva trasmissione al procuratore del
creditore procedente, mediante posta elettronica
o telefax o, in mancanza, mediante consegna
diretta del documento o del supporto
informatico che lo contiene.
5.L’ordine degli avvocati conserva copia del
provvedimento di autorizzazione di cui
all’articolo 492 bis c.p.c. o del diverso titolo
legittimante. I soggetti gestori delle banche dati
predispongono le opportune cautele a garanzia
della tracciabilità di ciascun accesso e
interrogazione.
6.Per le interrogazioni eseguite a norma del
presente articolo non è dovuto alcun compenso
aggiuntivo, salvo un contributo predeterminato
forfetariamente dal consiglio dell’ordine al solo
fine di copertura dei costi, che deve essere
anticipato dal creditore ed eventualmente un
compenso previsto per accordo delle parti
20
FACOLTA’ DI CONFERIRE VALORE DI TITOLO ESECUTIVO ALLE TRANSAZIONI
SOTTOSCRITTE CON L’ASSISTENZA DEGLI AVVOCATI
Trattasi di una modifica del codice di procedura civile, semplice ed intuitiva, che avrebbe una
portata immediatamente deflattiva del contenzioso, senza alcun pregiudizio del diritto di accesso
alla giustizia, e senza alcun costo aggiuntivo per i cittadini.
Si propone, infatti, di modificare l’art. 474 c.p.c., dando facoltà alle parti di conferire efficacia di
TITOLO ESECUTIVO alle transazioni sottoscritte con l’assistenza dei difensori.
In tal modo, se le parti avranno pattuito tale specifico effetto, l’accordo sarà immediatamente
suscettibile di esecuzione forzata, eliminando la necessità di radicare a tal fine un contenzioso. Il
che comporterebbe risparmio di costi e di tempo per il cittadino.
Ecco la proposta di modifica dell’art. 474 c.p.c.
Art. 474 c.p.c. Titolo esecutivo
L'esecuzione forzata non può avere luogo che
in virtù di un titolo esecutivo per un diritto
certo, liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi:
1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri
atti ai quali la legge attribuisce
espressamente efficacia esecutiva;
2) le scritture private autenticate,
relativamente alle obbligazioni di
somme di denaro in esse contenute, le
cambiali, nonché gli altri titoli di credito
ai quali la legge attribuisce
espressamente la stessa efficacia; le
transazioni, sottoscritte dalle parti
con l’assistenza degli avvocati purché
dal contratto risulti in modo espresso
e non equivoco la volontà delle parti
di conferire allo stesso efficacia di
titolo esecutivo, e con esclusione
degli atti soggetti a pubblicità
immobiliare o commerciale i quali
costituiscono titolo esecutivo solo se
ricevuti da notaio o da altro pubblico
ufficiale autorizzato dalla legge a
riceverli;
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro
pubblico ufficiale autorizzato dalla
legge a riceverli.
L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non
può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di
cui ai numeri 1) e 3) del secondo comma. Il
precetto deve contenere trascrizione integrale, ai
sensi dell'articolo 480, secondo comma, delle
scritture private autenticate e delle transazioni
di cui al numero 2) del secondo comma.
21
UNICO GIUDICE COMPETENTE PER L’OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE
Attualmente avverso un provvedimento esecutivo, ad esempio una cartella esattoriale (oppure
una ipoteca o un fermo amministrativo su motoveicolo o autovettura iscritti dal
Concessionario Equitalia), è necessario fare tante opposizioni per quanti sono i diversi giudici
competenti a conoscere del credito portato dal titolo stesso. Quindi, sempre continuando con
l’esempio sopra citato, capita di dover impugnare una stessa cartella esattoriale in parte innanzi
alla Commissione Tributaria, in parte innanzi al Giudice di Pace, in parte innanzi al Tribunale a
seconda della natura del credito vantato dalla PA (sanzione amministrativa o tributo).
Ciò comporta una moltiplicazione di costi, ed una moltiplicazione del contenzioso, anche in punto
di competenza.
Si propone quindi di unificare la competenza del giudice dell’opposizione all’esecuzione,
individuandola nel Giudice Ordinario.
SEMPLIFICAZIONE DEL PROCEDIMENTO ESECUTIVO MOBILIARE
La procedura esecutiva mobiliare, spesso avente ad oggetto beni di valore modesto, è
invero troppo farraginosa, ricca di istanze obbligatorie, che appesantiscono inutilmente il
lavoro sia degli avvocati, che del Giudice e delle cancellerie.
Sarebbe davvero opportuno procedere ad una consistente opera di semplificazione, sulla
base delle seguenti linee guida:
Richiesta di pignoramento trasmissibile agli Ufficiali Giudiziari a mezzo PEC/ online;
Verbale di pignoramento positivo/negativo trasmesso da gli Ufficiali Giudiziari al
creditore (presso l’Avvocato) a mezzo PEC, con documento firmato digitalmente,
che potrà essere stampato e certificato come conforme direttamente dall’Avvocato;
Il creditore potrà iscrivere a ruolo la procedura esecutiva con unico atto in cui
chiederà vendita ed assegnazione del ricavato senza altre formalità;
La vendita dei beni potrà essere eseguita dall’IVG anche con modalità interamente
telematiche, con bacheca fotografica dei beni online (visionabili dagli acquirenti agli
orari di apertura dell’IVG), ed offerte gestite telematicamente. Questo per
abbassare il costo dei diritti d’asta ed evitare al creditore inutili e costosi
adempimenti come la pubblicazione dell’incanto nei quotidiani.
22
POSSIBILITÀ DI AVVALERSI DI GUARDIE GIURATE NELLA FASE ESECUTIVA
Le esecuzioni in Italia sono estremamente rallentate a causa delle cronica indisponibilità non solo
degli Ufficiali Giudiziari, ma anche e soprattutto della Forza Pubblica. L’esecuzione di uno sfratto
può richiedere anni.
Pertanto si propone la sostituibilità della Forza Pubblica con Guardie Giurate, a scelta ed a spese
di chi procede con l’esecuzione. È importante precisare che la titolarità e la responsabilità
dell’esecuzione rimarrebbe sempre in capo all’Ufficiale Giudiziario che deve essere fisicamente
presente durante le operazioni (delle quali, peraltro, è tenuto a redigere processo verbale).
Pertanto non vi è alcun pericolo di abusi nel caso egli venga assistito da una Guardia Giurata
invece che da un Agente di Polizia.
Eventualmente si potrebbe riflettere sull’opportunità di subordinare l’abilitazione delle Guardie
Giurate ad assistere gli Ufficiali Giudiziari durante le operazioni esecutive, ad un percorso
formativo ad hoc con rilascio di apposito attestato.
Ad ogni modo, i vantaggi di una simile soluzione sono evidenti, in quanto:
Si velocizzerebbero le procedure esecutive, consentendo una più agevole
calendarizzazione delle stesse;
Il costo dell’intervento della Guardia Giurata graverebbe unicamente sull’esecutante (che
si potrà rivalere sull’esecutato, e ciò deve essere espressamente previsto);
Si tratterebbe di un’alternativa volontaria, e quindi rimarrebbe ferma la possibilità di
richiedere l’assistenza della Forza Pubblica;
Infine, si noti che questa proposta, anch’essa priva di costi per l’erario, oltre a liberare
risorse della Forza Pubblica a cui potranno rivolgersi i cittadini meno abbienti,
consentirebbe anche l’incremento del lavoro per le Agenzie di Vigilanza, contribuendo
almeno in parte a rimettere in moto un piccolo settore dell’economia.
23
RIFORMA DELLE MODALITA’ DI LIBERAZIONE DELL’IMMOBILE DA PARTE DEL
CUSTODE
*Emendamento proposto al DDL 2284- Delega al Governo sulla Giustizia Civile
Si tratta di disciplinare le modalità attuative degli oneri gravanti sul custode dell’immobile
pignorato, dando facoltà di avvalersi dell’Ufficiale Giudiziario.
Ecco la proposta di modifica dell’art 560 c.p.c.
All'articolo 560 del codice di procedura
civile inserire, in fine, il seguente comma:
“Per l'attuazione del provvedimento il
custode, previa autorizzazione del giudice
dell'esecuzione immobiliare, si può avvalere
dell'opera dell'ufficiale giudiziario o del
funzionario dell'ufficio notificazione,
esecuzione e protesti, il quale deve
provvedere, senza l'osservanza delle
formalità di cui agli articoli 605 e 608 del
codice di procedura civile, entro novanta
giorni dalla data della richiesta.”
24
PROPOSTE IN MATERIA DI NOTIFICAZIONI
PROPOSTE PER AGEVOLARE LE COMUNICAZIONI / NOTIFICAZIONI
Un grosso problema che sta emergendo è che non tutti i soggetti obbligati per legge a munirsi di
indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC), ottemperano all’obbligo (non essendo sanzionati).
Ciò comporta che il mittente, magari incalzato da termini di prescrizione e/o decadenza, è
costretto ad estenuanti ed improbabili ricerche, di Comune in Comune (con conseguente perdita
di tempo e di denaro), fino a giungere sovente a comunicazione di irreperibilità.
La conseguenza è un grave pregiudizio alla certezza del diritto, perché in tal modo maturano
prescrizioni e decadenze.
Ed inoltre è una inaccettabile vessazione posta a carico di chi ha il DIRITTO di eseguire una
comunicazione legale, giudiziale o stragiudiziale, che sia.
È pertanto assolutamente necessario che venga perseguito, con maggiore incisività,
l’obiettivo di dotare tutte le imprese di indirizzo PEC.
Inoltre si formulano le seguenti proposte:
1. Mancata Consegna (per causa del
destinatario) assimilabile al rifiuto dell’atto
Che in caso di soggetti obbligati per legge a
dotarsi di indirizzo di posta elettronica da
comunicare ai pubblici elenchi (Registro delle
Imprese / ReGIndE / INIPEC), in caso di mancata
consegna della raccomandata PEC (o dell’atto
notificato a mezzo PEC) spedito all’indirizzo
risultante dai pubblici registri riconosciuti, la
raccomandata/atto si intendono ricevuti, ai fini
dell’interruzione della prescrizione e/o
decadenza, dal destinatario a far data dalla
ricevuta di mancata consegna, salvo che costui
provi che la mancata consegna è dipesa da fatto
imputabile al mittente.
(NB) Ai fini delle notificazioni, inoltre, sarebbe
opportuno prevedere un sistema di notificazioni a
mezzo PEC presso la Camera di Commercio, ex
artt. 140 e 143 c.p.c. apposta per imprese (persone
giuridiche / società di persone / imprenditori
individuali).
2. Modifica dell’art. 145 C.P.C.
Si propone l’aggiunta del seguente COMMA (4)
“La notificazione al legale rappresentante della
persona giuridica o della società non avente
personalità giuridica, agli amministratori, ai
sindaci, ai soci solidalmente responsabili con una
società di persone, può essere eseguita presso la
sede legale della persona giuridica o della società
non avente personalità giuridica, anche presso
l’indirizzo di posta elettronica certificata della
medesima risultante da pubblici registri.”
25
NOTIFICHE A MEZZO PEC NEI CONFRONTI DELLE PUBBLICHE
AMMINISTRAZIONI
Oggi per notificare a mezzo PEC un atto ad una Pubblica Amministrazione è necessario che
l’indirizzo di Posta Elettronica Certificata della PA interessata risulti dall’Elenco indirizzi PA
presso MINISTERO GIUSTIZIA, consultabile dal sito del Ministero della Giustizia (pst.giustizia.it)
esclusivamente in via autenticata.
Tale Elenco è pressoché VUOTO, perché molte Pubbliche Amministrazioni non hanno MAI
comunicato al Ministero di Giustizia il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, nonostante
il termine ultimo scadesse al 30/11/2014.
Prima del 2014 gli indirizzi PEC delle PA potevano essere tratti dall’elenco IPA (elenco degli
indirizzi PEC delle PA), liberamente consultabile all’indirizzo www.indicepa.gov.it. Sennonché il
legislatore nell’Agosto 2014 ha tolto ogni validità a tale elenco che quindi oggi non è più fruibile
per le notificazioni degli Avvocati, i quali, non potendo reperire alcun valido indirizzo PEC (perché
l’unico registro valido è praticamente VUOTO) sono costretti a notificare in via CARTACEA, con
aggravio di tempi e di costi per i loro Assistiti (ossia i cittadini).
Questa situazione, denunciata da anni, è inaccettabile.
Quanto sopra si traduce in un vero e proprio ostruzionismo ai principi di digitalizzazione della
Pubblica Amministrazione e della Giustizia, di trasparenza della P.A. e di accessibilità alla stessa. Il
tutto ai danni dei cittadini e degli avvocati che li difendono.
Proposte per consentire le notifiche a mezzo PEC alla P.A.
1) In primis è necessario che venga
risolta la problematica sopra dettagliata o
inserendo in tempi rapidissimi gli indirizzi
PEC delle PA nell’Elenco valido presso il
Ministero della Giustizia, oppure
reintroducendo l’elenco IPA nel novero dei
Pubblici Elenchi validi ai fini delle
notificazioni a mezzo PEC.
2) Inoltre deve essere disposta una
clausola di salvaguardia, che equipari ai
pubblici elenchi quelli comunque accessibili
alle pubbliche amministrazioni.
26
PROPOSTE PER LA PROFESSIONE FORENSE
L’ESTENSIONE DELLE ESENZIONI / RIDUZIONI DAL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI PREVISTE PER LE CONTROVERSIE DI LAVORO ALLE
PROCEDURE DI RECUPERO DEL CREDITO RELATIVO A COMPENSI
PROFESSIONALI
*DDL Berutti – Proposta di Legge 2921 marzo 2015
*DDL 4319 Febbraio 2017
La crisi economica sta falcidiando il mondo delle professioni e ciò accade (oltre che per
l'aumentare dei costi e degli oneri, pure fiscali, legati all'attività professionale) anche a causa della
progressiva crescita dei crediti insoluti, che colpisce con sempre maggior incidenza i piccoli e medi
professionisti.
Il mancato pagamento del compenso professionale da parte del cliente è ormai diventato un
elemento che incide gravemente sul reddito di molti professionisti, i quali spesso, in assenza di
liquidità, sono costretti a rinunziare al recupero del credito a causa dei costi che la procedura
comporta e che non sono sostenibili per le fasce reddituali più basse del mondo professionale.
Peraltro, il mancato pagamento del compenso professionale produce anche un danno all'erario,
giacché per i professionisti vige il principio di cassa, ossia il reddito è costituito dai compensi
effettivamente percepiti nel periodo d'imposta, detratte le spese sostenute nel periodo stesso
nell'esercizio dell'arte o della professione (articolo 54 del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica n. 917 del 1986): pertanto il mancato pagamento di un compenso
professionale si traduce, per lo Stato, in mancata percezione del relativo onere fiscale, costituito
dall'imposta sul valore aggiunto (IVA), dall'imposta sul reddito delle persone fisiche e
dall'eventuale ritenuta d'acconto.
Ne consegue che il recupero del credito del professionista è interesse non solo del lavoratore, ma
anche della collettività e deve quindi essere sostenuto e incentivato.
Una misura che aiuterebbe non poco i professionisti nella tutela delle loro ragioni (e anche di
quelle dell'erario) consiste nell'estendere alle procedure giudiziali aventi ad oggetto il recupero
del credito costituito da compenso professionale il regime fiscale agevolato previsto per le
controversie individuali di lavoro professionale, per le quali, come è noto, vige il principio di
gratuità dalle spese processuali (articolo unico della legge n. 319 del 1958), salvo che per l'onere di
pagamento del contributo unificato (introdotto nel 2011 anche per tali controversie), il quale,
tuttavia, è dovuto nella misura della metà rispetto a quello previsto per le cause ordinarie, e in
ogni caso persiste l'esenzione nei confronti di coloro che risultino essere titolari di un reddito
27
(lordo e familiare) inferiore al triplo del limite fissato per l'accesso al gratuito patrocinio (articolo
76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002).
Non vi è alcuna ragione, dunque, per non estendere le esenzioni e le riduzioni dal pagamento
delle spese processuali previste per le controversie di lavoro alle procedure di recupero del credito
relativo a compensi professionali, giacché soccorre la medesima ratio, essendo indubbio che il
compenso per il professionista svolge la medesima funzione della retribuzione per il lavoro
subordinato: garantisce il sostentamento della persona, la sua libertà e la sua dignità.
Ecco le modifiche normative proposte: LEGGE 2 aprile 1958, n. 319 - Esonero da
ogni spesa e tassa per i giudizi di lavoro -
Articolo unico
Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi
alle cause per controversie individuali di lavoro o
concernenti rapporti di pubblico impiego, nonché
gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi
alle cause per controversie aventi ad oggetto il
recupero di crediti riguardanti compensi o
rimborsi derivanti dall’esercizio di una libera
professione, gli atti relativi ai provvedimenti di
conciliazione dinanzi agli uffici del lavoro e della
massima occupazione o previsti da contratti o
accordi collettivi di lavoro nonché alle cause per
controversie di previdenza e assistenza
obbligatorie sono esenti, senza limite di valore o
di competenza, dall'imposta di bollo, di registro e
da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e
natura, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 9,
comma 1-bis, del decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
Sono allo stesso modo esenti gli atti e i
documenti relativi alla esecuzione sia
immobiliare che mobiliare delle sentenze ed
ordinanze emesse negli stessi giudizi, nonché
quelli riferentisi a recupero dei crediti per
prestazioni di lavoro nelle procedure di
fallimento, di concordato preventivo e di
liquidazione coatta amministrativa.
Le disposizioni di cui al primo comma si
applicano alle procedure di cui agli articoli 618-
bis, 825 e 826 del codice di procedura civile.
D.P.R. 115/2011 - ART. 9 (Contributo
unificato) […]
1-bis. Nei processi per controversie di previdenza
ed assistenza obbligatorie, nonche' quelli per
controversie aventi ad oggetto il recupero di
crediti riguardanti compensi o rimborsi
derivanti dall’esercizio di una libera
professione e per quelle individuali di lavoro o
concernenti rapporti di pubblico impiego, le parti
che sono titolari di un reddito imponibile ai fini
dell'imposta personale sul reddito, risultante
dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte
l'importo previsto dall'articolo 76, sono soggette,
rispettivamente, al contributo unificato di
iscrizione a ruolo nella misura di cui all'articolo
13, comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per
i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il
contributo e' dovuto nella misura di cui
all'articolo 13, comma 1.
28
CONFERIMENTO ALL’AVVOCATO DEL POTERE DI AUTENTICA DELLE FIRME E
DI ATTESTAZIONE DELLA CONFORMITA’ DELLE COPIE, NELL’ESECUZIONE
DELL’INCARICO CONFERITO *Proposta di Legge 2172 Marzo 2014
*Proposta di Legge 4468 Giugno 2011
Si propone di conferire all’avvocato il potere, nell’esecuzione dell’incarico professionale conferito,
di autenticare le firme del proprio assistito e di attestare la conformità delle copie, ad ogni effetto
di legge e con la qualifica di pubblico ufficiale.
Tali poteri, invero, sono già riconosciuti all’avvocato, ma in modo disorganico ed a fini ed effetti
limitati. Questo stato di cose è illogico e si traduce in danno per il cittadino, il quale nell’ambito di
un bisogno di assistenza legale, giudiziale o stragiudiziale, ha quasi sempre la necessità di
autenticare una sottoscrizione o di attestare la conformità di copie di documenti, e non vi è alcuna
ragione per cui tali incombenze non possano essere svolte, in favore dell’assistito, direttamente
dal suo avvocato, con risparmio di tempi e di costi (per tutti!)
Ecco la proposta di modifica della Legge Professionale Forense: Nella legge n. 247 del 21/12/2012 dopo
l’articolo 2 viene inserito il seguente
articolo:
Articolo 2 bis (Autenticazione ed
attestazione di conformità)
1. L’avvocato, nell’esecuzione dell’incarico
professionale conferito, può autenticare, le
firme apposte dei propri assistiti negli atti
relativi all’incarico medesimo, incluse le
scritture private, le quietanze e le
dichiarazioni unilaterali.
2. L’autenticazione delle sottoscrizioni
apposte in fine agli atti è stesa di seguito alle
sottoscrizioni medesime e deve contenere la
dichiarazione che le sottoscrizioni furono
apposte in presenza dell’avvocato con
indicazione del luogo e della data. Per le
sottoscrizioni dei margini e dei fogli
intermedi è sufficiente che di seguito alle
medesime l’avvocato aggiunga la propria
firma.
3. L’autenticazione delle sottoscrizioni è
effettuata alla presenza della parte.
L’avvocato deve essere certo dell’identità
personale delle parti di cui autentica la
sottoscrizione. Può raggiungere tale certezza
al momento dell’autenticazione, valutando
tutti gli elementi atti a formare il suo
convincimento.
4. L’autenticazione delle sottoscrizioni
consente di procedere alla trascrizione,
all’iscrizione, all’annotazione, alla
registrazione e alla voltura, in qualsiasi
pubblico registro o ufficio, dei contratti o di
ogni altro atto, inclusi quelli previsti
dall’articolo 2643 del codice civile, salvo che
29
la legge non disponga la necessità di
provvedere mediante atto pubblico; in tale
caso all’autenticazione delle sottoscrizioni
deve partecipare un pubblico ufficiale a ciò
autorizzato.
5. La scrittura privata autenticata
dall’avvocato costituisce titolo esecutivo ai
sensi e per gli effetti di cui all’articolo 474,
comma 2, numero 2, del codice di procedura
civile, e per la trascrizione, l’iscrizione,
l’annotazione, la registrazione e la voltura nei
pubblici registri o uffici dei diritti derivanti
dalle scritture private autenticate. Il precetto
deve contenere trascrizione integrale, ai
sensi dell’art. 480, secondo comma, delle
scritture private autenticate.
6. L’avvocato non può autenticare atti:
a) Se essi sono espressamente proibiti dalla
legge, o manifestamente contrari al buon
costume o all’ordine pubblico;
b) Se v’intervengano come parti il coniuge, i
suoi parenti od affini in linea retta, in
qualunque grado, ed i linea collaterale, fino al
terzo grado inclusivamente, ancorché vi
intervengano come procuratori, tutori od
amministratori;
c) Se contengano disposizioni che interessino
la sua persona, il coniuge, o alcuno dei suoi
parenti od affini nei gradi anzidetti, o
persone delle quali l’avvocato sia procuratore
per l’atto da stipularsi.
7. Le scritture private autenticate
dall’avvocato, verranno, salvo contrario
desiderio delle parti e salvo per quelle
soggette a pubblicità immobiliare o
commerciale, restituite alle medesime. In
ogni caso però debbono essere prima, a cura
dell’avvocato, registrate a termini delle leggi
sulle tasse di registro.
8. L’avvocato può rifiutare l’autentica di
sottoscrizione anche nel caso in cui le parti
non depositino presso di lui l’importo delle
tasse, dei compensi e delle spese dell’atto.
9. L’avvocato, nell’esecuzione dell’incarico
professionale conferito, può attestare la
conformità all'originale di copie, eseguite su
supporto informatico o cartaceo, di
documenti formati su qualsiasi supporto ed a
lui esibiti in originale, copia autentica o copia
conforme.
10. Nell’esercizio dei poteri di autentica e di
attestazione di conformità, l’avvocato è
pubblico ufficiale.
11. La violazione degli obblighi posti a carico
dell’avvocato nel presente articolo
costituisce illecito disciplinare, fatto salvo il
risarcimento del danno.
Art. 2 (Clausola di invarianza finanziaria).
1. Dall’attuazione della presente legge non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica
30
GARANZIA DI EQUO COMPENSO PER TUTTI I PROFESSIONISTI
PROPOSTA DI MODIFICA DELL’ART. 2233 COD. CIV.
*Proposta di Legge 3854 Maggio 2016
La presente proposta di legge si propone la tutela del lavoratore autonomo e del professionista
affinché ottengano il giusto compenso nel rispetto del principio già sancito dall’articolo 2233 del
codice civile, secondo il quale « la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza
dell’opera e al decoro della professione ».
La modifica proposta mira anche a dare attuazione ai princìpi costituzionali in materia lavoristica,
con riferimento alla categoria dei lavoratori autonomi e dei professionisti, atteso che la Carta
costituzionale, nel riferirsi al lavoro e all’uguaglianza dei cittadini, non ha inteso certo
estromettere dall’alveo della sua tutela la predetta categoria.
Invero, conseguentemente all’eliminazione delle tariffe professionali ed in particolare dei minimi
tariffari obbligatori, i professionisti hanno subito una svalutazione economica della propria
professionalità, valutata sovente unicamente in un ottica di “prezzo al ribasso”.
I professionisti, lavoratori senza alcuna tutela dei vincoli e delle garanzie minime della
professionalità, si sono trasformati in contraente debole, spesso costretti ad operare in condizioni
di antieconomicità e lesive di ogni minimo decoro e dignità.
La legge Bilancio 2018 (legge n. 205/2017) ha introdotto il principio dell’equo compenso nei
rapporti tra il professionista ed alcuni soggetti individuati come contrattualmente predominanti
(banche, assicurazioni, grandi imprese, pubblica amministrazione).
Ora bisogna proseguire su questa strada e completare l’opera stabilendo il principio in via
generale, nella sede adeguata che è l’art. 2233 del Codice Civile.
Ecco la proposta di modifica dell’art. 2233 c.c. Si propone di modificare l’art. 2233 Cod. Civ.:
con l’aggiunta, al comma 2, delle seguenti
parole: “e, per i professionisti iscritti ad Ordini o
Collegi professionali, non sproporzionata rispetto
ai valori indicati nei regolamenti ministeriali per
la determinazione del compenso in sede
giudiziale, ove questi siano presenti.”
e con l’aggiunta, dopo il 3° comma, dei
seguenti quattro commi:
“Sono altresì nulli i patti conclusi tra gli avvocati
ed i praticanti abilitati con i loro clienti che
prevedono la rinuncia da parte dei professionisti
alle spese liquidate nel giudizio e poste a carico
della parte soccombente.
È altresì nulla qualsiasi pattuizione che precluda
al professionista di chiedere ed ottenere acconti
nel corso della prestazione o che gli imponga
l’anticipazione di spese per conto del cliente.
Le nullità ed i limiti previsti dal presente articolo
operano a vantaggio del professionista iscritto
all’ordine o al collegio che esercita la relativa
azione, ferma restando la validità del contratto
nelle altre sue parti.
Le nullità ed i limiti previsti dal presente articolo
non operano nei rapporti professionali
disciplinati dal codice del consumi
31
PROPOSTE IN MATERIA DI GRATUITO PATROCINIO
PROPOSTA PER LIMITARE LA DECURTAZIONE DEI COMPENSI PER IL
PATROCINIO A SPESE DELLO STATO
L'articolo 24 della Costituzione Italiana, in linea con le previsioni dell’Articolo 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea e dell'Articolo II-107 della Costituzione Europea, prevede
che "a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato,
qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia".
La disciplina attuativa di tale normativa costituzionale è prevista nel "Testo Unico Spese di
Giustizia" (DPR 115/2002) all’articolo 76 e seguenti.
L’esiguità delle liquidazioni dei compensi del patrocinio a spese dello Stato - in particolar modo in
ambito civile, dove è previsto il dimezzamento del compenso previsto dal D.M. 10 marzo 2014, n.
55 - disincentiva gli avvocati ad iscriversi ed a permanere nell’apposito elenco speciale, causando
una oggettiva difficoltà per gli utenti a reperire la difesa con l’assistenza del beneficio.
Urge riportare ad equità il compenso professionale del difensore in regime di gratuito patrocinio,
in quanto con le attuali liquidazioni, di fatto la difesa degli indigenti è posta a carico del
professionista. Infatti sovente vengono liquidati interi gradi di giudizio con importi inaccettabili,
quali ad esempio e 200,00= o € 300,00=.
Ecco le modifiche normative proposte:
Si propone che l’art. 82, comma 1, D.P.R.
30 maggio 2002, n. 115 (“Onorario e spese
del difensore”) sia sostituito dal seguente:
“Il compenso e le spese spettanti al difensore
sono liquidati dall’autorità giudiziaria con
decreto di pagamento, osservando la tariffa
professionale vigente e tenendo conto delle
caratteristiche, dell’urgenza e del pregio
dell’attività prestata, dell’importanza, della
natura, della difficoltà e del valore
dell’affare, delle condizioni soggettive
del cliente, dei risultati conseguiti, del
numero e della complessità delle questioni
giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla
difficoltà dell’affare si tiene particolare conto
dei contrasti giurisprudenziali, e della
quantità e del contenuto della
corrispondenza che risulta essere stato
necessario intrattenere con il cliente e con
altri soggetti.”;
32
Si propone che l’art. 106-bis, D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115 (“Compensi del
difensore, dell’ausiliario del magistrato,
del consulente tecnico di parte e
dell’investigatore privato autorizzato”), in
materia di patrocinio a spese dello Stato
nel processo penale, sia sostituito dal
seguente: “Gli importi spettanti al difensore,
all’ausiliario del magistrato, al consulente
tecnico di parte e all’investigatore privato
autorizzato sono ridotti del 30%; per il
difensore, il compenso sul quale operare
detta riduzione è previamente determinato
dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 82,
comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115”;
Si propone che l’art. 130, D.P.R. 30 maggio
2002, n. 115 (“Compensi del difensore,
dell’ausiliario del magistrato e del
consulente tecnico di parte”), in materia di
patrocinio a spese dello Stato nel processo
ovile, amministrativo, contabile e
tributario, sia sostituito dal seguente: “Gli
importi spettanti al difensore, all’ausiliario
del magistrato e al consulente tecnico di
parte sono ridotti del 30%; per il difensore, il
compenso sul quale operare detta riduzione
è previamente determinato dall’autorità
giudiziaria ai sensi dell’art. 82 comma 1’
D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115”
33
PROPOSTA DI ESTENDERE IL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO ALLE SPESE
DI VENDITA GIUDIZIARIA DEI BENI PIGNORATI
L'articolo 24 della Costituzione Italiana, in linea con le previsioni dell’Articolo 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea e dell'Articolo II-107 della Costituzione Europea, prevede
che "a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato,
qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia".
Allo stato, l’effettiva fruizione del beneficio non prevede la copertura delle spese di vendita dei
beni pignorati, che per l’effetto restano a carico del creditore procedente anche se assistito in
regime di patrocinio a spese dello Stato.
Ciò comporta un’inaccettabile compressione del diritto di difesa, ed una disparità di trattamento
certamente incostituzionale. Tale vulnus deve certamente essere sanato.
Ecco le modifiche normative proposte:
Si propone che il 3° comma dell’art. 131 del
D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Onorario e
spese del difensore) venga sostituito con il
seguente testo: “3. Gli onorari dovuti al
consulente tecnico di parte e all’ausiliario del
magistrato, sono prenotati a debito, a
domanda, anche nel caso di transazione della
lite, se non è possibile la ripetizione dalla
parte a carico della quale sono poste le spese
processuali, o dalla stessa parte ammessa,
per vittoria della causa o per revoca
dell’ammissione. Lo stesso trattamento si
applica agli onorari di notaio ed al compenso
del soggetto al quale venga affidata la
vendita giudiziaria, per lo svolgimento di
funzioni ad essi demandate dal magistrato
nei casi previsti dalla legge e all’indennità di
custodia del bene sottoposto a sequestro.”
34
PAGAMENTO DEL COMPENSO AL DIFENSORE CHE ASSISTE LA PARTE IN
GRATUITO PATROCINIO NELLA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE E
NELLA NEGOZIAZIIONE ASSISTITA QUANDO SONO CAUSE DI PROCEDIBILITA’
OBBLIGATORIE PER L’AZIONE GIUDIZIARIA
Come è noto, il legislatore ha introdotto le procedure della mediazione civile e commerciale e
della negoziazione assistita, sancendone la natura di condizioni di procedibilità della domanda in
alcuni casi espressamente definiti.
Essendo l’espletamento di tali procedure obbligatorio al fine di poter accedere alla tutela
giudiziale, laddove il tentativo di composizione bonaria della controversia fallisse, è anche
garantita al cittadino la possibilità di fruire di tali istituti gratuitamente, quando versi nelle
condizioni per poter accedere al cd. Gratuito Patrocinio.
Sennonché, a tale corretta previsione, non è stata affiancata l’altrettanto doverosa garanzia di
poter essere compensato dell’attività prestata nelle dette procedure in regime di patrocinio a
spese dello Stato.
Pertanto, il difensore non può chiedere il pagamento del proprio compenso né al proprio assistito
(che ha diritto alla gratuità della prestazione in caso di indigenza), né allo Stato in quanto ciò non
è previsto. L’Avvocato, insomma, è chiamato a prestare la propria opera professionale
gratuitamente, e ciò non è francamente accettabile.
La giurisprudenza di merito ha apportato correttivi nell’ambito della mediazione civile e
commerciale, riconoscendo la liquidazione del compenso a carico dello Stato. Ma è evidente che
occorre una espressa previsione normativa in entrambe le procedure.
Ecco dunque le proposte.
Il Patrocinio a spese dello Stato nella mediazione civile e commerciale
Art.1
1. Al decreto legislativo 04 marzo 2010 n. 28
e ss mod. sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 17, dopo il comma 5-ter, è
aggiunto il seguente:
«5-quater. Quando la mediazione è
condizione di procedibilità della domanda, la
parte che si trova nelle condizioni per
l'ammissione al patrocinio a spese dello
Stato, ai sensi dell'articolo 76 del testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di spese di giustizia, di cui al
35
decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002, n. 115, e successive
modificazioni, deposita istanza di
ammissione al beneficio ai sensi degli articoli
122 e seguenti del medesimo testo unico. Il
successivo provvedimento di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato è trasmesso
unitamente al verbale di accordo, o al
riepilogo dell'attività svolta dall’avvocato in
caso di mancato accordo, al presidente del
tribunale competente che provvede
all'emissione del decreto di liquidazione ai
sensi degli articoli 82 e 130 del citato testo
unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 115 del 2001»
Art. 2.
1. Il Ministro della giustizia provvede, con
regolamento adottato ai sensi dell’articolo 1,
comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n.
247, a integrare le tabelle allegate al
regolamento di cui al decreto del medesimo
Ministro 10 marzo 2014, n. 55, inserendovi i
parametri di liquidazione per l'attività svolta
nella procedura di mediazione civile e
commerciale ai sensi delle disposizioni recate
dall’articolo 1
ll Patrocinio a spese dello Stato nella negoziazione assistita
* Proposta di legge 3479 del 2015 (Camera dei Deputati)
* Disegno di Legge 2135 del 2015 (Senato della Repubblica) oggi unito al DDL 2284-Delega al
Governo sulla Giustizia Civile
Art.1
1. Al decreto-legge 12 settembre 2014, n.
132, convertito, con modificazioni, dalla
legge 10 novembre 2014, n. 162, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 3, il comma 6 è sostituito dal
seguente:
«6. Salvo quanto previsto dall'articolo 6,
comma 1-bis, quando il procedimento di
negoziazione assistita è condizione di
procedibilità della domanda, la parte che si
trova nelle condizioni per l'ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, ai sensi
dell'articolo 76 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115, e successive modificazioni,
deposita istanza di ammissione al beneficio
ai sensi degli articoli 122 e seguenti del
medesimo testo unico. Il successivo
provvedimento di ammissione al patrocinio a
spese dello Stato è trasmesso unitamente
all'accordo di negoziazione assistita, o al
riepilogo dell'attività svolta dall’avvocato in
caso di mancato accordo, al presidente del
tribunale competente che provvede
all'emissione del decreto di liquidazione ai
sensi degli articoli 82 e 130 del citato testo
unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 115 del 2001»;
b) all'articolo 6, dopo il comma 1 è inserito
il seguente:
«1-bis. Le disposizioni del presente articolo si
applicano anche alla redazione, modifica e
36
scioglimento dei contratti di convivenza e dei
patti prematrimoniali nonché alla
regolamentazione e modifica delle
condizioni regolanti la responsabilità
genitoriale per i figli minori nati da genitori
non coniugati. Le parti che si trovino nella
condizioni per l'ammissione al patrocinio a
spese dello Stato ai sensi dell'articolo 76 del
testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di
giustizia, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica n. 115 del 2002, e successive
modificazioni, depositano istanza di
ammissione al beneficio ai sensi degli articoli
122 e seguenti del medesimo testo unico. Il
successivo provvedimento di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato è trasmesso
unitamente all'accordo di negoziazione
assistita al pubblico ministero presso il
tribunale competente, ai sensi del comma 2
del presente articolo, che provvede
all'emissione del decreto di liquidazione ai
sensi degli articoli 82 e 130 del citato testo
unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 115 del 2002, contestualmente
al rilascio dell'autorizzazione o del nullaosta
dell'accordo di negoziazione assistita. In caso
di mancato accordo, il riepilogo dell'attività
svolta dall'avvocato è inviato al presidente
del tribunale competente che provvede
all'emissione del decreto di liquidazione ai
sensi degli articoli 82 e 130 del citato testo
unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 115 del 2002».
Art. 2.
1. Il Ministro della giustizia provvede, con
regolamento adottato ai sensi dell’articolo 1,
comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n.
247, a integrare le tabelle allegate al
regolamento di cui al decreto del medesimo
Ministro 10 marzo 2014, n. 55, inserendovi i
parametri di liquidazione per l'attività svolta
nella procedura di negoziazione assistita ai
sensi delle disposizioni recate dall’articolo 1
della presente legge.
37
UNIFORMITA’ DI CRITERI PER IL COMPUTO DEL REDDITO AI FINI
DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO
Il patrocinio a spese dello Stato è una garanzia fondamentale, perché consente a colui che versi in
stato di indigenza di poter accedere alla giustizia, in quanto gli oneri economici connessi al
giudizio saranno sostenuti dall’erario. Lo stato di indigenza viene determinato valutando il reddito
ed il patrimonio familiare lordo dell’interessato, che non deve superare il limite stabilito dal d.p.r.
115/2002 -e decreti ministeriali (oggi € 11.528,41=)-, il quale stabilisce anche le modalità di
computo dei redditi ai fini detti.
Qui oggi vige una grave disparità di trattamento, a seconda che si chieda l’ammissione al gratuito
patrocinio per un procedimento penale oppure di altra natura.
Infatti l’art. 92 del menzionato d.p.r. consente di elevare il limite reddituale per l’ammissione al
beneficio in caso di convivenza dell’istante con il coniuge o altri familiari, con ciò quindi
armonizzando l’istituto de quo con il principio di proporzionalità e di equità. Perché un reddito di €
11.528,41= avrà un peso diverso a seconda che l’istante sia single o, ad esempio, con figli a carico.
Ed in questo secondo caso, nel gratuito patrocinio penale (ma non in quello civile, amministrativo
e tributario) viene elevato il limite del reddito per ogni familiare convivente (fermo che poi, per il
computo dei redditi, varrà sempre il reddito familiare lordo).
La Corte Costituzionale, invero, ha ritenuto al riguardo che non sussista incostituzionalità, ma
resta il fatto che una disparità di trattamento resta una disparità, ossia un’ingiustizia.
Ecco la proposta di modifica normativa:
Si propone
1) di sostituire il comma 2 dell’art. 76
del d.p.r. n. 115/2002, con il
seguente:
“2. Se l'interessato all'ammissione al
patrocinio convive con il coniuge o con altri
familiari, i limiti di reddito indicati dal comma
1 del presente articolo, sono elevati di euro
1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi.
2) di abrogare l’art.92 del d.p.r.
115/2002