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Miguel A. Ortiz IL DIFENSORE DEL VINCOLO * SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Cenno all’evoluzione storica della figura. 3. I tratti dell’ufficio del difensore del vincolo. 3.1. La natura dell’ufficio a difesa del “favor matrimonii”. 3.2. Costituzione dell’ufficio. 3.3. Diritti e doveri. 3.3.1. Diritti e doveri generali. 3.3.2. Diritti e doveri peculiari. Equiparazione alle parti private. 4. Il difensore del vincolo nello svolgimento del processo. 4.1. Fase introduttiva. 4.2. Fase istruttoria. 4.2.1. Dichiarazioni delle parti e dei testi. 4.2.2. Prova documentale. 4.2.3. Perizie. 4.3. Pubblicazione degli atti e conclusione della causa. Le “animadversiones” del difensore del vincolo. 5. Le impugnazioni alla sentenza. 5.1. Querela di nullità. 5.2. Appello. 5.3. “Nova causae propositio”. 6. Conclusione 1. Introduzione Nell’Allocuzione alla Rota Romana del 1988, Giovanni Paolo II ammoniva: “Siccome il matrimonio che riguarda il bene pubblico della chiesa «gaudet favore iuris», il ruolo del difensore del vincolo è insostituibile e di massima importanza” 1 . E ribadiva: “Si notano a volte tendenze che purtroppo tendono a ridimensionare il suo ruolo fino a confonderlo con quello di altri partecipanti al processo, o a ridurlo a qualche insignificante adempimento formale, rendendo praticamente assente nella dialettica processuale l’intervento della persona che realmente indaga, propone e chiarisce tutto ciò che ragionevolmente si può addurre contro la nullità, con grave danno per la retta amministrazione della giustizia” Il Sommo Pontefice aggiungeva: “Mi sento perciò, in dovere di ricordare che il difensore del vincolo «tenetur» e cioè ha l’obbligo – non la semplice facoltà – di svolgere con serietà il suo * Pubblicato in H. Franceschi - J. Llobell - M-A. Ortiz (a cura di) La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della "Dignitas Connubii", Roma 2005, 27-68. 1 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana del 25 gennaio 1988, n. 2, in AAS 80 (1988) 1179; anche Allocuzione del 28 gennaio 1982, n. 9, in AAS 74 (1982) 449. Sull’ufficio e le mansioni del difensore del vincolo, per il regime del Codice del 1917, cfr. R. NAZ, Défenseur du lien, in Dictionnaire de droit canonique 4 (1949) 1069-1071; F. BERSINI, Le “animadversiones” del difensore del vincolo nelle cause matrimoniali, in Monitor Ecclesiasticus 96 (1973) 270-276; L. DEL AMO, La defensa del vínculo, Madrid 1954; ID., El Defensor del Vínculo en las causas matrimoniales, in AA.VV., Las causas matrimoniales. Trabajos de la IV Semana de Derecho Canónico, Salamanca 1953, 87-117; F. GIL DE LAS HERAS, La impugnación de la sentencia por el Defensor del Vínculo en las causas matrimoniales, in Ius Canonicum XXI, 41 (1981) 277-308. Per il regime vigente, M. PALOMAR, El Defensor del Vínculo en el nuevo CIC, in AA.VV Curso de derecho matrimonial y procesal canónico para profesionales del foro. VII. El “consortium totius vitae", Salamanca 1986, 401-447; R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, La función del Defensor del vínculo (Referencia a las causas matrimoniales por incapacidad), in Ius Canonicum XXXI, 61 (1991) 173-207, pubblicato anche in AA.VV., Incapacidad consensual para las obligaciones matrimoniales, Pamplona 1991, 319-361; G. COMOTTI, Considerazioni sull’istituto del “defensor vinculi”, in AA.VV. (a cura di S. Gherro), Studi sul processo matrimoniale canonico, Padova 1991, 91-131; A. CORBÍ COPOVÍ, El Defensor del vínculo matrimonial, Pamplona 1994; F.C. EASTON, The Defender of the Bond: Then and Now, in CANON LAW SOCIETY OF AMERICA, Proceedings of the fifty-ninth Annual Convention, Washington 1997, 136-162; N. SCHÖCH, Le «animadversiones» del difensore del vincolo nelle cause di incapacità consensuale, in Ius Ecclesiae 9 (1997) 81-116; P. PAVANELLO, Il promotore di giustizia e il difensore del vincolo, in GRUPPO ITALIANO DOCENTI DI DIRITTO CANONICO (a cura di), Quaderni della Mendola, vol. 6: I giudizi nella Chiesa. I processi contenzioso e matrimoniale, Milano 1998, 109-126; J. HUBER, Il difensore del vincolo, in Ius Ecclesiae 14 (2002) 113-133; P. ORMAZÁBAL, La naturaleza procesal del defensor del vínculo en su desarrollo legislativo. Perspectiva histórica, in Revista Española de Derecho Canónico 60 (2003) 621-663.

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Miguel A. Ortiz

IL DIFENSORE DEL VINCOLO*

SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Cenno all’evoluzione storica della figura. 3. I tratti dell’ufficio del difensore del vincolo. 3.1. La natura dell’ufficio a difesa del “favor matrimonii”. 3.2. Costituzione dell’ufficio. 3.3. Diritti e doveri. 3.3.1. Diritti e doveri generali. 3.3.2. Diritti e doveri peculiari. Equiparazione alle parti private. 4. Il difensore del vincolo nello svolgimento del processo. 4.1. Fase introduttiva. 4.2. Fase istruttoria. 4.2.1. Dichiarazioni delle parti e dei testi. 4.2.2. Prova documentale. 4.2.3. Perizie. 4.3. Pubblicazione degli atti e conclusione della causa. Le “animadversiones” del difensore del vincolo. 5. Le impugnazioni alla sentenza. 5.1. Querela di nullità. 5.2. Appello. 5.3. “Nova causae propositio”. 6. Conclusione

1. Introduzione

Nell’Allocuzione alla Rota Romana del 1988, Giovanni Paolo II ammoniva: “Siccome il

matrimonio che riguarda il bene pubblico della chiesa «gaudet favore iuris», il ruolo del difensore

del vincolo è insostituibile e di massima importanza” 1. E ribadiva: “Si notano a volte tendenze che

purtroppo tendono a ridimensionare il suo ruolo fino a confonderlo con quello di altri partecipanti al

processo, o a ridurlo a qualche insignificante adempimento formale, rendendo praticamente assente

nella dialettica processuale l’intervento della persona che realmente indaga, propone e chiarisce

tutto ciò che ragionevolmente si può addurre contro la nullità, con grave danno per la retta

amministrazione della giustizia”

Il Sommo Pontefice aggiungeva: “Mi sento perciò, in dovere di ricordare che il difensore del

vincolo «tenetur» e cioè ha l’obbligo – non la semplice facoltà – di svolgere con serietà il suo

* Pubblicato in H. Franceschi - J. Llobell - M-A. Ortiz (a cura di) La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della "Dignitas Connubii", Roma 2005, 27-68.

1 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana del 25 gennaio 1988, n. 2, in AAS 80 (1988) 1179; anche Allocuzione del 28 gennaio 1982, n. 9, in AAS 74 (1982) 449. Sull’ufficio e le mansioni del difensore del vincolo, per il regime del Codice del 1917, cfr. R. NAZ, Défenseur du lien, in Dictionnaire de droit canonique 4 (1949) 1069-1071; F. BERSINI, Le “animadversiones” del difensore del vincolo nelle cause matrimoniali, in Monitor Ecclesiasticus 96 (1973) 270-276; L. DEL AMO, La defensa del vínculo, Madrid 1954; ID., El Defensor del Vínculo en las causas matrimoniales, in AA.VV., Las causas matrimoniales. Trabajos de la IV Semana de Derecho Canónico, Salamanca 1953, 87-117; F. GIL DE LAS HERAS, La impugnación de la sentencia por el Defensor del Vínculo en las causas matrimoniales, in Ius Canonicum XXI, 41 (1981) 277-308. Per il regime vigente, M. PALOMAR, El Defensor del Vínculo en el nuevo CIC, in AA.VV Curso de derecho matrimonial y procesal canónico para profesionales del foro. VII. El “consortium totius vitae", Salamanca 1986, 401-447; R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, La función del Defensor del vínculo (Referencia a las causas matrimoniales por incapacidad), in Ius Canonicum XXXI, 61 (1991) 173-207, pubblicato anche in AA.VV., Incapacidad consensual para las obligaciones matrimoniales, Pamplona 1991, 319-361; G. COMOTTI, Considerazioni sull’istituto del “defensor vinculi”, in AA.VV. (a cura di S. Gherro), Studi sul processo matrimoniale canonico, Padova 1991, 91-131; A. CORBÍ COPOVÍ, El Defensor del vínculo matrimonial, Pamplona 1994; F.C. EASTON, The Defender of the Bond: Then and Now, in CANON LAW SOCIETY OF AMERICA, Proceedings of the fifty-ninth Annual Convention, Washington 1997, 136-162; N. SCHÖCH, Le «animadversiones» del difensore del vincolo nelle cause di incapacità consensuale, in Ius Ecclesiae 9 (1997) 81-116; P. PAVANELLO, Il promotore di giustizia e il difensore del vincolo, in GRUPPO ITALIANO DOCENTI DI DIRITTO CANONICO (a cura di), Quaderni della Mendola, vol. 6: I giudizi nella Chiesa. I processi contenzioso e matrimoniale, Milano 1998, 109-126; J. HUBER, Il difensore del vincolo, in Ius Ecclesiae 14 (2002) 113-133; P. ORMAZÁBAL, La naturaleza procesal del defensor del vínculo en su desarrollo legislativo. Perspectiva histórica, in Revista Española de Derecho Canónico 60 (2003) 621-663.

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compito specifico”. E spiegava: “Ciò richiede che l’intervento del difensore del vincolo sia davvero

qualificato e perspicace, così da attribuire nelle cause concrete, una difesa della visione cristiana

della natura umana e del matrimonio”.

Gli avvertimenti di Giovanni Paolo II mirano a rivalutare il ruolo del difensore del vincolo,

mettendo in guardia contro il pericolo di un suo intervento superficiale e formalista, come accade

quando pretende soltanto di coprire un espediente per evitare la nullità del processo in caso di sua

assenza. È formalista l’intervento del difensore, per esempio, quando nelle animadversiones offre

apertamente degli argomenti in favore della nullità, oppure quando scrive poche pagine senza

valutare seriamente il caso, o quando dà una sorta di nulla osta alla richiesta di nullità, e ciò

malgrado che, alle volte, la prova del capo di nullità sia estremamente fragile o si sia svolta una

perizia che non ha messo in luce alcuna anomalia seria.

2. Cenno all’evoluzione storica della figura

Come tutti sanno, l’ufficio del difensore del vincolo fu introdotto dal Papa Benedetto XIV con

la cost. Dei miseratione del 3 novembre 17412. Il Papa –che come Prospero Lambertini era stato

segretario della “Sacra Congregatio Concilii”, dove aveva conosciuto la prassi di ricorrere all’opera

del difensore del vincolo nella fase probatoria delle cause matrimoniali3– voleva evitare che le

sentenze di nullità del matrimonio fossero concesse “inconsulta nimis … facilitate … et temere”,

nelle quali cioè si dichiarava la nullità di matrimoni con estrema facilità e scandalo dei fedeli.

Benedetto XIV considerava che tali abusi erano provocati sia dall’imperizia (o la mancanza di

rettitudine) dei giudici che dall’atteggiamento processuale delle parti4.

La situazione processuale che il Papa voleva contenere consisteva nella mancanza di vero

contraddittorio, il che accadeva per esempio quando compariva solo l’attore, che invocava la nullità

2 Cfr. P. GASPARRI, Codex Iuris Canonici Fontes, vol. 1, Typ. Pol. Vat. 1926, n. 318, p. 695-701. Sull’origine della figura, si è soliti metterla in relazione con un passo della Summa Aurea che ammetterebbe l’intervento nel processo di un soggetto che tuteli la stabilità del vincolo quando nessuno dei coniugi si oppone alla nullità: “si quis affinis vel cognatus velit difendere matrimonium, audietur, et demum his deficientibus, quilibet extraneus admittetur” (HOSTIENSIS, Aurea Summa, Venetiis 1581, apud Iuntas, Libellus accusationis, 245 v); cfr. A. ESMEIN, Le mariage in droit canonique, Paris 1929, II, 292. Cfr. anche P. PAVANELLO, Il promotore di giustizia e il difensore del vincolo cit., 112, con riferimento a R. NAZ, Causes Matrimoniales, in Dictionnaire de Droit Canonique, III, Paris 1942, 74-75. Diversamente, Comotti ritiene che l’origine della figura del difensore del vincolo sia da collegarsi all’evoluzione storica dell’ufficio del promotore di giustizia, e concretamente e alla figura del ficus della curia episcopale, il quale –quando entrambe le parti concordavano nel chiedere la nullità– doveva provvedere ad approntare una difesa del vincolo matrimoniale; cfr. G. COMOTTI, Considerazioni sull’istituto del “defensor vinculi”cit., 98, con cita di BENEDICTUS XIV, Quaestiones canonica seu morales, Prato 1844, vol. I, q. 120, 137, e q. 356, 463.

3 Cfr. J. HUBER, Il difensore del vincolo cit., 114, con cita di P. HECK, Der Ehebandverteidiger im kanonischen Eheprozeß. Eine rechtsgeschichtliche und rechtsdogmatische Studie (Kanonistische Studien und Texte, Bd. 12), Bonn 1937.

4 Per quanto riguarda la formazione dei giudici, il Pontefice diede lo stesso anno altre disposizioni, quali la costituzione Quamvis Paternae, del 26 agosto, con la quale esortava i vescovi ad osservare le norme tridentine anche sulla designazione dei giudici, che dovevano essere nominati tra le persone con la “requisita qualitas doctrinae et idoneitatis” (P. GASPARRI, Codex Iuris Canonici Fontes cit., n. 315, p. 689-691). Lo stesso anno, l’11 aprile, il Papa aveva rivolto l’enciclica Matrimonii ai vescovi polacchi, lamentando che venivano dichiarati nulli molti matrimoni, “tanta facilitate, perinde ac si neque lege naturae, neque Divino Iure, neque Evangelicis praeceptis, et Canonicis Sanctionibus initum esset Connubium” (P. GASPARRI, Codex Iuris Canonici Fontes cit., n. 307, p. 677).

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“nullo contraddicente”; oppure quando –pur comparendo i due coniugi– nessuno appellava contro la

nullità, anche se nell’istruzione magari uno dei coniugi si era opposto alla richiesta dell’attore5;

oppure infine quando i due coniugi invocavano la nullità e quindi il contraddittorio era solo

apparente.

Per cui, il Papa stabilì che in ogni diocesi fosse nominato il Matrimoniorum Defensor: una

persona ben preparata, preferibilmente anche se non necessariamente ecclesiastico, che doveva

“voce et scriptis Matrimonii validitatem tueri, eaque omnia deducete, quae ad Matrimoniorum

sustinendum necessaria censebit”, sia che fossero presenti i due coniugi sia che lo faccia solo

l’attore.

La costituzione precisava che era compito del Defensor aderire al coniuge che appellava la

sentenza di nullità oppure appellare ex officio, se il coniuge non lo faceva. Inoltre, dopo due

sentenze affermative, il Defensor poteva ancora appellare (oppure, “pro sua conscientia”, poteva

omettere l’appello)6. La mancata citazione del Defensor – ritenuta “Pars necessaria ad iudicii

validitatem et integritatem”– comportava la nullità dei relativi atti processuali.

Alcuni anni dopo, nel 1748, lo stesso Pontefice stabilì con la cost. Si datam7 un ufficio simile

– il Defensor Professionum – che agiva nei processi di nullità della professione religiosa; estendeva

quanto previsto “pro Matrimoniis carnalibus” ai processi “de spiritualibus animarum nexibus”.

Similmente al Defensor Matrimoniorum, il Defensor Professionum doveva essere istituito in ogni

diocesi, essere citato in tali cause in tutti i gradi e doveva appellare contro le sentenze affermative di

nullità della professione religiosa.

Finalmente, quasi un secolo dopo, nel 1838, la S. Congregazione del Concilio sanciva la

prassi che portava al Defensor Professionum ad intervenire anche nelle cause di nullità della sacra

ordinazione8.

Nelle successive norme date in proposito, la figura acquisisce dei tratti che la allontanano

sempre di più dalle parti e la mettono affianco al giudice o perfino “sopra” il giudice.

5 “Quia pars, quae pro validitate Matrimonii stabat, eiusque nullitatem acriter contra adversarium impugnabat, lata a Iudice contra Matrimonium, mutat voluntatem, vel pecunia sibi ad sumptus litis non suppetente, vel aliis deficientibus auxiliis ad litigandun necessariis” (P. GASPARRI, Codex Iuris Canonici Fontes cit., n. 318, p. 696).

6 Anche se non si stabiliva l’intervento del Defensor nelle procedure di dispensa super rato ma solo in quelle di nullità, nella pratica il Defensor interveniva di fatto in tali cause.

7 Cfr. P. GASPARRI, Codex Iuris Canonici Fontes II, n. 385, p. 132-142.

8 Istr. del 7 maggio 1838, citata da P. ORMAZÁBAL, La naturaleza procesal del defensor del vínculo cit., 624, che riferisce da Moy’s Archiv für Katolischen kirchenrecht 3 (1858) 596-597; in nota riporta l’opinione di A. GONZÁLEZ MARTÍN, La nulidad en la sagrada ordenación, in Ius Canonicum 23 (1983) 593, e cioè che l’istruzione è la risposta ad un dubbio, in una causa di nullità dell’ordinazione ob vim vel metum, nella quale si chiede se deve intervenire il Defensor allo stesso modo che nelle cause di nullità della professione. La risposta affermativa constata la prassi della S. Congregazione del Concilio, che comportava il suo intervento anche senza una specifica norma in tal senso.

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Tra le fonti del CIC 17 riguardanti i cann. 1967-1969, vengono annoverate altre norme che

segnano il passo verso l’attribuzione al difensore del vincolo di competenze e privilegi che

oltrepassano quelle delle parti9. Innanzitutto, un’istruzione della Congregazione del Concilio del 22

agosto 1840: in essa, il Defensor matrimonii (come viene denominato il Matrimoniorum Defensor)

comincia a intervenire non solo nelle cause di nullità ma anche in quelle di inconsumazione; può

esaminare in qualsiasi momento gli atti e chiedere nuove prove, anche dopo la pubblicazione degli

atti, e la sentenza viene data solo una volta che il Defensor non ha niente da aggiungere. Mentre

quest’istruzione dichiarava nulli tutti gli atti nei quali il Defensor fosse non solo non citato ma di

fatto assente, altre istruzioni del 188310 ritenevano validi gli atti col Defensor assente se era stato

citato precedentemente e poi aveva potuto conoscere gli atti per poter fare le sue osservazioni.

Inoltre, si stabiliva che il Vescovo aveva la facoltà di costringere il Defensor ad appellare contro la

sentenza affermativa, se questi si mostrava “negligente” (“si defensor ipse hoc munus neglexerit”).

Infine l’istruzione del 1883 specificava che il Defensor doveva essere chierico11.

L’ultimo precedente del CIC 17 sono la Lex propria di Pio X per la Rota e la Segnatura

Apostolica, le Regulae servandae in iudiciis presso i tribunali apostolici12. Pur trattandosi di norme

proprie dei tribunali apostolici (non applicabili a tutti i tribunali), di fatto costituiscono un

precedente delle norme codiciali. In particolare, la norma 4 della Lex propria: essa dedica un

paragrafo comune al Defensor dei matrimoni, quello del vincolo della sacra ordinazione e quello

della professione religiosa. Detta norma segnala che la nomina è obbligatoria e spetta al Papa su

proposta dei giudici rotali. Inoltre, non solo richiede che sia chierico ma sacerdote, e dottore in

teologia e insigne in diritto canonico. Come avevano fatto le istruzioni del 1840 e 1883, la Lex

propria conferma la tendenza a considerare il Defensor sempre più come organo del tribunale e

meno come parte stricto sensu.

Il CIC 17 confermò l’evoluzione accennata, unificando tra l’altro la figura del Defensor

Matrimoniorum e del Defensor Sacrae Ordinationis, senza menzionare però il Defensor

Professionum13.

Il can. 1586 segnalava che l’ufficio del difensore del vincolo doveva essere costituito in ogni

diocesi “pro causis, in quibus agitur de vinculo sacrae ordinationis aut matrimonii”; l’ufficio poteva

essere costituito “ad universitatem causarum” o “pro singulis causis”. Come aveva stabilito la Lex

propria della Rota, il CIC estende a tutta la Chiesa il requisito dell’ordine presbiterale14.

9 Sull’argomento cfr. P. ORMAZÁBAL, La naturaleza procesal del defensor del vínculo cit.

10 Che non sono altro che la stessa istruzione del 1840 inviata dalla C. de Propaganda Fide (agli Stati Uniti d’America) e del S. Ufficio (ai vescovi di rito orientale), con qualche cambiamento.

11 La cost. Dei miseratione stabiliva che “Ab omnibus et singulis locorum Ordinariis in suis respectivis Dioecesibus persona aliqua idonea eligatur, et si fieri potest, ex ecclesiastico coetu, iuris scientia pariter, et vitae probitate praedita, quae matrimoniorum Defensor vinculi nominabitur”. L’istruzione del 1840 parlava invece di “vir idoneus”.

12 Cfr. Lex propria Sacrae Romanae Rotae et Signaturae Apostolicae, 29 giugno 1908, in AAS, 1 (1909) 20-35

13 Anche se la dottrina, Wernz-Vidal per tutti, riteneva che potevano essere introdotte cause di nullità della professione, in forza del can. 6 e la conseguente vigenza della cost. Si datam; cfr. F.X. WERNZ-P. VIDAL, Ius canonicum, VI, Roma 1927, 104, nt 87.

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La mancata citazione del difensore del vincolo comportava la nullità sia degli acta processus

(“quae ad formam procedendi pertinent”) che degli acta causae (“quae meritum quaestionis

respiciunt”). La nullità era però sanabile se il difensore del vincolo, malgrado la mancata citazione,

si presentava nel giudizio (c. 1587 § 1: “acta irrita sunt, nisi ipsi, etsi non citati, revera interfuerit”).

Se invece era stato citato ma non si era reso presente, gli atti erano validi anche se gli dovevano

essere sottoposti affinchè potesse presentare le proprie animadversiones15.

I diversi diritti e doveri del difensore del vincolo mettevano in evidenza la natura del suo

ufficio sempre più lontano da quello delle parti16. Forse l’obbligo più significativo consisteva nel

dovere di appellare contro la prima sentenza dichiarativa di nullità; se fosse negligente

nell’adempiere tale obbligo, spettava al giudice costringerlo ad appellare (can. 1986). Se c’era una

seconda sentenza affermativa, il difensore del vincolo decideva se appellare ulteriormente oppure

no, “pro sua conscientia” (can. 1987)17.

L’istruzione Provida Mater –così come la prassi e la dottrina– consolidò i privilegi del

difensore del vincolo18, avvicinando la figura a quella del giudice19 e interpretando rigidamente la sua

difesa del favor matrimonii, fino al punto di dover intervenire Pio XII, per sottolineare quale fosse

14 “Ordinarii est promotorem iustitiæ et vinculi defensorem eligere, qui sint sacerdotes integræ famæ, in iure canonico doctores vel ceteroqui periti, ac prudentiæ et iustitiæ zelo probati” (can. 1589 § 1).

15 C. 1587 § 2: “Si legitime citati aliquibus actibus non interfuerint, acta quidem valent, verum postea eorum examini subiicienda omnino sunt ut ea omnia sive voce sive scriptis possint animadvertere et proponere quæ necessaria aut opportuna iudicaverint”.

16 Tra i diritti del can. 1969: consultare in qualsiasi stato della causa gli “acta processus”, anche se non ancora pubblicati; chiedere nuovi termini per presentare le proprie osservazioni, da valutare prudentemente dal giudice; essere informato “de omnibus probationibus vel allegationibus”, in modo da poter contraddire; chiedere l’audizione di nuovi testi e di suggerire la produzione da qualsiasi atto (tranne che ci fosse l’opposizione unanime del tribunale); di essere ascoltato per ultimo, per cui il tribunale poteva emanare la sentenza solo se il difensore del vincolo non aveva altro da aggiungere.

Per quanto riguarda gli obblighi: doveva assistere agli interrogatori delle parti, dei testi e dei periti, per i quali poteva sia preparare un elenco di domande in una busta da aprire prima dell’udienza, sia le domande che ritenesse opportune durante l’interrogatorio; esaminare ed eventualmente contraddire gli articoli delle parti, potendo anche riconoscere i documenti da esse esibiti; presentare per iscritto le animadversiones contro la nullità e le prove a favore della validità o dell’inconsumazione, “eaque omnia deducere, quæ ad matrimonium tuendum utilia censuerit” (can. 1968)

17 Cfr., a tale proposito (e cioè se il difensore del vincolo poteva appellare senza esporre le ragioni ma semplicemente per assolvere un obbligo morale), G. COMOTTI, Considerazioni sull’istituto del “defensor vinculi”cit., 106, che riporta le opinioni di Lega-Bartocetti e le perplessità di Torre.

18 Oltre ai diritti contenuti nel can. 1969, l’art. 71 della Provida aggiungeva quello di chiedere delle notizie al difensore del vincolo della diocesi dove fu celebrato il matrimonio nonché del parroco che aveva assistito ad esso, e di avere una copia delle indagini realizzate dal parroco prima della celebrazione del matrimonio. Inoltre doveva vegliare sulla correttezza degli interrogatori, poteva correggere gli articoli proposti dai patroni delle parti, se suggerivano la risposta, doveva riconoscere anche i documenti delle parti e poteva anche chiedere altri d’ufficio. Se era stato il promotore di giustizia ad impugnare il matrimonio, il difensore del vincolo era tenuto a prendere in considerazione i suoi articoli.

D’altra parte, per quanto riguarda l’appello: non è più un obbligo appellare in terza istanza ma solo una facoltà; e inoltre si riconobbe la possibilità di rinunciare all’appello (in terza istanza) proposto dal difensore del vincolo

19 Per esempio, doveva essere ascoltato per valutare le eccezioni presentate dal reo, tranne quella d’incompetenza; doveva revisare e cambiare le domande dei patroni prima dell’interrogatorio).

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 6

la corretta interpretazione dell’intervento “pro validitate / pro rei veritate” del difensore del vincolo:

“Se con ciò [con il fatto che il difensore del vincolo fa le sue osservazioni ‘pro validitate

matrimonii’] si vuole intendere che egli ha per parte sua da mettere in rilievo tutto quel che parla in

favore e non quel che è contro l'esistenza o la continuazione del vincolo, l'osservazione è ben giusta.

Se invece si volesse affermare che il Difensore del vincolo nella sua azione non è tenuto a servire

anch'egli, come ad ultimo scopo, all'accertamento della verità oggettiva, ma deve

incondizionatamente –indipendentemente dalle prove e dai risultati del processo– sostenere la tesi

obbligata della esistenza o della necessaria continuazione del vincolo, questa asserzione sarebbe da

ritenersi come falsa. In tal senso tutti coloro che hanno parte nel processo debbono senza eccezione

far convergere la loro azione all'unico fine: pro rei veritate!”20.

Il Motu proprio Causas matrimoniales di Paolo VI estese a tutta la Chiesa alcune

agevolazioni concesse ad alcuni episcopati21. Per quanto riguarda il difensore del vincolo, si

manteneva l’obbligo dell’appello, ma in seconda istanza il difensore del vincolo poteva limitarsi a

segnalare nelle animadversiones “utrum contra decisionem latam in primo gradu aliquid

opponendum habeat necne” (VIII), il che faceva diventare il suo voto pro rei veritate. Inoltre, dopo

il decreto di conferma non poteva più appellare per dieci giorni “pro sua conscientia” ma – come le

parti private – poteva ricorrere entro un mese al tribunale superiore solo “prolatis novis et gravibus

argumentis, quae tamen praesto sint” (IX)22.

Anche se qualche Conferenza episcopale (per esempio quella del Canada) lo aveva proposto,

non si ammetteva un laico come difensore del vincolo (mentre poteva essere giudice all’interno di

un tribunale collegiale).

3. I tratti dell’ufficio del difensore del vincolo

3.1. La natura dell’ufficio a difesa del “favor matrimonii”

Il Codice vigente ha cercato di ripristinare il ruolo del difensore del vincolo, in particolare

togliendo l’obbligatorietà dell’appello e segnalando giustamente –anche se con un termine di non

sempre facile interpretazione– che egli presenta le argomentazioni che rationabiliter possono essere

addotte in favore del vincolo. Infatti, stabilisce il can. 1432: “Per le cause in cui si tratta della nullità

della sacra ordinazione o della nullità o dello scioglimento del matrimonio sia costituito in diocesi il

difensore del vincolo, che deve proporre ed esporre d’ufficio tutti gli argomenti che possono essere

ragionevolmente (rationabiliter) addotti contro la nullità o lo sciogliomento”23.

20 PIO XII, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 2 ottobre 1944, in AAS 36 (1944) 285.

21 Cfr. PAOLO VI, m.p. Causas matrimoniales, 28 marzo 1971, in AAS, 63 (1971) 441-446.

22 Il motu proprio stabiliva anche (IX § 2) che il difensore del vincolo del tribunale di terzo grado era libero di recedere dal ricorso.

23 L’istruzione Dignitas connubii menziona nell’art. 56 il modo come il difensore del vincolo svolge la sua mansione. Più avanti torneremo sul contenuto di detto art., che recita così: “§ 1. In causis de matrimonii nullitate

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 7

In questo canone viene segnalata da una parte l’obbligatorietà della costituzione dell’ufficio, e

dall’altra la missione che spetta al difensore: intervenire nel processo proponendo le argomentazioni

in favore della validità del vincolo. Pio XII aveva segnalato in tal senso che “al difensore del

vincolo spetta di sostenere la esistenza ovvero la continuazione del vincolo coniugale, non però in

modo assoluto, ma subordinatamente al fine del processo, che è la ricerca e il risultamento della

verità oggettiva” 24.

Riprenderemo subito la questione del modo come il difensore del vincolo deve svolgere la sua

funzione. Diciamo adesso una parola sulla sua natura giuridico-processuale, sulla quale la dottrina

ha molto discusso25. In fondo, le opinioni dottrinali possono essere raggruppate intorno alle seguenti

prese di posizioni: chi considera il difensore del vincolo come figura propria e singolare

collaboratore del giudice26; chi come rappresentante della parte convenuta (sia che si consideri tale il

coniuge che non chiede la nullità 27 o l’autorità ecclesiastica28); chi come parte sui generis29, chi come

vera parte processuale.

praesentia vinculi defensoris semper requiritur. § 2. Ipse vero iam ab initio et in evolutione processus ad normam iuris intervenire debet. § 3. In omni iudicii gradu obligatione tenetur proponendi cuiuslibet generis probationes, oppositiones et exceptiones, quae, servata rei veritate, ad vinculi tuitionem conferant (cf. can. 1432). § 4. In causis ob incapacitates de quibus in can. 1095, ad eum spectat videre num quaestiones perspicue perito propositae sint quae ad rem faciant nec eiusdem competentiam ultragrediantur; animadvertere num peritiae principiis anthropologiae christianae nitantur atque scientifica methodo confectae fuerint, iudici indicando quidquid in favorem vinculi in eis efferendum inveniat; in casu sententiae affirmativae, in tribunali appellationis clare significare si quid in peritiis contra vinculum a iudicibus non recte perpensum fuerit. § 5. Numquam agere potest in favorem nullitatis matrimonii; quod si in casu aliquo peculiari nihil adversus matrimonii nullitatem rationabiliter proponendum vel exponendum habuerit, sese iustitiae tribunalis remittere potest. § 6. In gradu appellationis, actis omnibus sedulo cribratis, etsi ad animadversiones pro vinculo in priore instantia exhibitas sese referre potest, semper tamen, praesertim quoad supplementum instructionis, si hoc peractum fuit, proprias animadversiones proponere debet”.

24 PIO XII, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 2 ottobre 1944 cit., 283.

25 Cfr. C.M. MORÁN BUSTOS, El derecho de impugnar el matrimonio: el litisconsorcio activo de los cónyuges, Salamanca 1998, 313-323.

26 Cfr. L. DEL AMO, La defensa del vínculo cit., 313-314; M. CABREROS DE ANTA, Comentarios al Código de Derecho Canónico, III, Madrid 1964, 288.

27 Cfr. M. LEGA – V. BARTOCETTI, Commentarius in iudicia ecclesiastica iuxta Codicem Iuris Canonici, I, Roma 1950, 155-156. Di conseguenza, se uno dei coniugi si oppone alla richiesta di nullità, il difensore del vincolo agirebbe come suo avvocato; se nessuno lo fa, lo farebbe da avvocato e procuratore.

28 Cfr. Z. GROCHOLEWSKI, Quisnam est pars conventa in causis nullitatis matrimonii?, in Periodica 79 (1990) 357-391. Per questo autore, il convenuto è l’autorità ecclesiastica (il vescovo, il parroco) che impediscono l’esercizio del diritto al matrimonio; invece il difensore del vincolo non è parte perché non spetta a lui concedere o impedire ciò che chiede l’attore. Per Grocholewski, il difensore del vincolo rappresenta alla parte convenuta, che è l’autorità ecclesiastica, al modo come i genitori o i curatori rappresentano i minori o coloro che mancano di uso di ragione. Ma bisogna tenere presente invece che nella Chiesa non vi sono interessi contrapposti ma tutti cercano il bene comune, la salus animarum: tutto il sistema processuale, la certezza morale richiesta, il peculiare giudicato ecc. parlano di un solo apparente contraddittorio in chiave antagonistica (cfr. G. COMOTTI, Considerazioni sull’istituto del “defensor vinculi” cit., 128-129). E poi, non è l’autorità chi impedisce il nuovo matrimonio, ma il proprio vincolo. Inoltre, la nullità non si concede: si riconosce e dichiara. In realtà, il difensore del vincolo è titolare dell’interesse pubblico mirante a difendere i matrimoni validi e che solo siano dichiarati nulli i matrimoni veramente nulli. D’altra parte, Morán fa notare che nel 1940 la PCICIC rispose negativamente alla questione se i promotore di giustizia e difensore del vincolo fossero rappresentanti della congregazione della disciplina dei sacramenti (cfr. C.M. MORÁN BUSTOS, El derecho de impugnar el matrimonio cit., 320).

29 Per Roberti, il ministero pubblico “stat apud tribunal, sed non constituit tribunal”. Non è parte in senso stretto, ma sui generis: “Immo potius partibus assimilatur. Nec tamen dicendum est pars simpliciter immo Codex numquam ipsum partem appellat (…) quia non sistit in sudicio ad defendendum interesse personale, sed publicum bonum. Dici potest pars sui generis; est enim membrum Curiae (…), habet munus publicum necessarium, et fruitur peculiaribus iuribus” (F. ROBERTI, De processibus, I, Città del Vaticano 1956, 298). Di conseguenza: se le due parti e il promotore di giustizia impugnano il matrimonio, il difensore del vincolo è reus conventus; se uno impugna e l’altro si oppone, il difensore del vincolo è tertius interveniens ex officio. Si produce dunque un

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 8

Con de Diego-Lora, riteniamo che il difensore del vincolo è vera parte processuale, portatrice

di un interesse pubblico, che appartiene alla Chiesa istituzionale, nei cui quadri di servizi si trova

integrato30. Il suo interesse coincide con quello del giudice, ma ognuno lo attua nel proprio ambito: il

difensore del vincolo in quello delle funzioni di chi non risolve ma pretende, impugna, prova,

ricorre. Anche se gli interventi del difensore del vincolo sostengono un interesse pubblico, i suoi atti

sono di parte, e la sua posizione processuale è quella di parte convenuta necessaria. Il giudice

invece, decide valutando quanto sostenuto dalle parti, tra cui il difensore del vincolo.

Una volta soppressi molti dei privilegi che il CIC 17 riservava al difensore del vincolo di

fronte alle parti private, è più chiaro che il promotore di giustizia e il difensore del vincolo sono

delle vere parti processuali, che si comportano nel contraddittorio ad un livello di uguaglianza di

opzioni processuali rispetto alle parti private. In questo senso, il can. 1434 ha sancito

l’equiparazione delle parti pubbliche e private, alla luce dei principi che ispirano il processo: quello

di contraddizione processuale e quello di uguaglianza tra le parti31.

Si può dire che il Legislatore del 1983 ha ripristinato lo scopo della figura, che

nell’impostazione data da Benedetto XIV cercava proprio di garantire il contraddittorio processuale.

Le parti private e quelle pubbliche sono mosse da interessi diversi ma stanno in giudizio con una

legittimazione simile, perché legittimazione e interesse si muovono in ambiti diversi.

Va segnalato comunque, da una parte, che risulta anomalo il fatto che il CIC contempla la

figura del difensore del vincolo –come anche quella del promotore di giustizia e dei patroni stabili–

tra i membri del tribunale e non tra le parti32, il che potrebbe oscurare sia il contraddittorio

processuale che l’indipendenza giudiziale. Dall’altra parte, risulta anche incongruente la possibilità,

prevista dal diritto33, di ricusare il difensore del vincolo (perché le parti non si ricusano).

Per riassumere in una parola la funzione del difensore del vincolo: come ebbe a dire Calamari,

“egli impersona il principio del favor matrimonii”34. Favor matrimonii inteso come una

formulazione del favor veritatis che giova alla salus animarum. Per cui è chiaro che si difende il

30 Cfr. C. DE DIEGO-LORA, La tutela jurídico formal del vínculo sagrado del matrimonio, in Ius Canonicum 17-34 (1977) 47 s.; C.M. MORÁN, El derecho de impugnar el matrimonio cit., 320 s. Infatti, la considerazione di parte è indipendente dal titolo per il quale si agisce, poiché “la qualità di parte è sempre una categoria formale per ogni soggetto: si è parte perché si sta nel proceeso come tale, indipendentemente dal titolo che legittima per stare nel processo” (C. DE DIEGO-LORA, La tutela jurídico formal cit., 53, nota 62).

31 “Nisi aliud expresse caveatur: 1° quoties lex praecipit ut iudex partes earumve alteram audiat, etiam promotor iustitiae et vinculi defensor, si iudicio intersint, audiendi sunt; 2° quoties instantia partis requiritur ut iudex aliquid decernere possit, instantia promotoris iustitiae vel vinculi defensoris, qui iudicio intersint, eandem vim habet” (can. 1434; cfr. art 59 DC, che contiene la stessa formulazione con l’unico cambiamento dell’ordine in cui vengono menzionati il promotore di giustizia e il difensore del vincolo).

32 Cfr. cann. 1424, 1425 § 4 e 1428; CCEO, can. 1089, 1090 § 2 e 1093.

33 Cfr. cann. 1447-1448; artt. 67-68 DC.

34 M. CALAMARI, Il “favor matrimonii” nel processo matrimoniale canonico e civile, Padova 1932, 152.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 9

matrimonio sia quando si proteggono i matrimoni validi che quando si dichiarano nulli quelli

inesistenti35.

La protezione del matrimonio e la ricerca della verità non sono in contraddizione; anzi, uno e

l’altro costituiscono un obbligo che coinvolge tutti i protagonisti del processo canonico, in quella

“concezione istituzionale” delineata da Pio XII che vede tutti quanti prendono parte al processo

(giudice, parti pubbliche e private e i loro patroni) adoperarsi per l’accertamento della verità36.

Ogni protagonista si mette al servizio della verità dalla propria posizione processuale e in

funzione dell’interesse chiamato a difendere. Concretamente, il difensore del vincolo ha l’obbligo

istituzionale di cercare argomenti a favore della validità del matrimonio, nel pieno rispetto della

verità e senza ostacolare minimamente la tempestiva decisione della causa, come sancisce il

menzionato can. 1432.

La difesa del vincolo non può dunque contrapporsi alla difesa della verità: una difesa ad

oltranza di un vincolo inesistente non gioverebbe minimamente al bene del matrimonio né alle

anime dei coniugi. Come ebbe a segnalare Pio XII: “nell’interesse stesso della verità e per la dignità

del suo ufficio, si deve dunque riconoscere in massima al Difensore del vincolo, ove il caso lo

richieda, il diritto di dichiarare: che dopo un diligente, accurato e coscienzoso esame degli atti, non

ha rinvenuto alcuna ragionevole obiezione da muovere contro la domanda dell’attore o del

supplicante”37.

Se non trova argomenti ragionevoli, il difensore del vincolo deve sottomettersi alla giustizia

del Tribunale, ma non può mai chiedere esplicitamente la nullità del matrimonio, poiché ciò

urterebbe contro il munus che gli è stato affidato.

In questa lezione, cercheremo di segnalare i tratti salienti dell’ufficio, nei quali si mette in

evidenzia la sua missione a tutela del bene del matrimonio nonché il modo come svolge tale

missione: indagando, esaminando, proponendo, con un atteggiamento attivo e mai superficiale e

formalistico.

3.2. Costituzione dell’ufficio

Il can. 1432 prescrive che in ogni diocesi deve essere costituito il difensore del vincolo per le

cause in cui si tratta della nullità della sacra ordinazione o della nullità o dello scioglimento del

matrimonio38.

35 Cfr. G. COMOTTI, Considerazioni sull’istituto del “defensor vinculi”cit., 115, che richiama l’espressione di Sánchez: “ita est matrimonii favor, irritum dissolvere, ac validum tueri” (TH. SÁNCHEZ, De sancto matrimonio sacramento, II, Antuerpiae 1626, 1. VII, disp. C, n. 14, 342).

36 Cfr. J. LLOBELL, Il patrocinio forense e la «concezione istituzionale» del processo canonico, in AV.VV. (a cura di P.A. Bonnet e C. Gullo), Il processo matrimoniale canonico, Città del Vaticano, 1994, 451-463.

37 PIO XII, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 2 ottobre 1944 cit., 284.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 10

Mentre il can. 1589 del CIC 17 disponeva che l’Ordinario aveva il diritto di nominare il

difensore del vincolo, oggi l’ufficio è di costituzione obbligatoria e la nomina viene riservata non

più all’Ordinario ma al Vescovo diocesano: “Spetta al Vescovo nominare il promotore di giustizia e

il difensore del vincolo; essi siano chierici o laici, di integra fama, dottori o licenziati in diritto

canonico e di provata prudenza e sollecitudine per la giustizia” (can. 1435). Tale norma è una

concrezione della previsione generale del can. 470 che riserva al Vescovo “la nomina di coloro che

esercitano un ufficio nella curia diocesana”.

D’altra parte, il difensore del vincolo (come il promotore di giustizia) può essere costituito

“sia per tutte le cause sia per singole cause” (can. 1436 § 2)39.

L’opzione del can. 1435 ha superato i dubbi che generava la disposizione del can. 1589 CIC

17, che attribuiva all’Ordinario la nomina (“l’elezione”) del promotore di giustizia e del difensore

del vincolo. La norma del codice piobenedettino occasionò alcuni dubbi in dottrina riguardo la

nomina effettuata dal vicario generale, dubbi che oggi non sussistono più in forza del can. 134 § 340.

Oltre al vescovo41, possono nominare il difensore del vincolo gli uffici capitali equiparati al

vescovo diocesano, per la propria circoscrizione: i Prelati e gli abati territoriali, i prelati delle

prelature personali, gli ordinari militari, i vicari e prefetti apostolici, gli amministratori di

amministrazioni stabilmente erette. Riguardo alla possibilità di nomina da parte dell’amministratore

diocesano, bisogna tener presente da una parte che l’amministratore ha la potestà del vescovo

diocesano, ma dall’altra parte il can. 428 § 1 esige che sede vacante nihil innovetur. Per risolvere la

possibile difficoltà, basta tener presente che il can. 1436 § 2 prevede che il difensore del vincolo sia

costituito ad universitatem causarum o ad singulas causas, per cui, in caso di necessità, la

soluzione sarebbe che l’amministratore nominasse soltanto difensori per singole cause.

A questo proposito, de Diego-Lora fa notare che l’ufficio di costituzione obbligatoria in

diocesi è proprio quello del difensore del vincolo ad universitatem causarum (che gode della

stabilità propria degli uffici ecclesiastici): il vescovo deve nominare al meno un difensore, per la

generalità delle cause; e può nominare altri per seguire singole cause. (Figura diversa è il difensore

del vincolo “deputato” che interviene sotto la responsabilità del difensore del vincolo titolare, ad

universitatem o ad singulas causas.)

38 Art. 53 DC: “§ 1. Pro universis causis nullitatis matrimonii in singulis tribunalibus dioecesanis vel interdioecesanis stabiliter constituantur oportet saltem unus defensor vinculi et promotor iustitiae, firmo art. 34 quoad eorum nominationem (cf. cann. 1430; 1432)”.

39 Art. 53 DC: “§ 2. Ad singulas vero causas potest alius nominari, firmo eodem art. 34, qui munere defensoris vinculi vel promotoris iustitiae fungatur (cf. can. 1436, § 2). § 3. Eadem persona, non autem in eadem causa, officium defensoris vinculi et promotoris iustitiae gerere potest (cf. can. 1436, § 1)”.

40 Can. 134 §3. “Quanto viene attribuito nominatamente al Vescovo diocesano nell'àmbito della potestà esecutiva, s'intende competere solamente al Vescovo diocesano e agli altri a lui stesso equiparati nel can. 381, §2, esclusi il Vicario generale ed episcopale, se non per mandato speciale”.

41 Il Vescovo coadiutore purché abbia preso legittimo possesso della diocesi, può confermare il difensore del vincolo o nominarne un altro.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 11

La nomina effettuata dal Vescovo è di libera colazione, con gli unici condizionamenti

contenuti nel Codice rispetto alla qualificazione professionale e le qualità personali di ordine

morale segnalati nel can. 1435: “Spetta al Vescovo nominare il promotore di giustizia e il difensore

del vincolo; essi siano chierici o laici, di integra fama, dottori o licenziati in diritto canonico e di

provata prudenza e sollecitudine per la giustizia”42.

Per quanto riguarda l’integra fama, vanno applicate al difensore del vincolo le indicazioni

della Segnatura sull’inabilità delle persone in situazione matrimoniale irregolare per patrocinare

presso i tribunali ecclesiastici, proprio perché carenti della necessaria buona fama 43. Il canone

specifica che il titolo accademico richiesto è il dottorato o almeno la licenza in diritto canonico; non

basta essere “alioquin vere peritus” come il can. 1483 permette per poter svolgere la mansione di

procuratore o avvocato. A proposito della scienza che devono avere il difensore del vincolo, il

giudice e il promotore di giustizia, l’art. 35 §§ 2-3 dell’istruzione Dignitas connubii (d’ora in poi

DC) specifica: Ҥ 2. Ad suum munus recte exercendum, iudices, defensores vinculi et promotores

iustitiae solliciti sint ut in dies profundiorem scientiam iuris matrimonialis et processualis acquirant.

§ 3. Peculiari ratione iurisprudentiae Rotae Romanae studeant oportet, cum eius sit unitati

iurisprudentiae consulere et, per proprias sententias, tribunalibus inferioribus auxilio esse (cf. Pastor

bonus, art. 126)44. Infine, anche se il Codice non stabilisce un limite di età, de Diego-Lora

suggerisce che al meno dovrebbe avere i 23 anni previsti nel c. 1031 § 1 per i diaconi non

permanenti.

Come abbiamo ricordato, il requisito dell’ordinazione sacerdotale fu introdotto dal CIC 17

seguendo le norme proprie dei tribunali apostolici; anche se il motu proprio Causas matrimoniales

non modificò questo punto, ci furono numerose concessioni ai singoli vescovi affinché potessero

nominare laici all’ufficio di difensore del vincolo, e di fatto negli anni della riforma codiciale era

scontata l’ammissione di laici all’ufficio di difensore del vincolo. Infine, la specificazione “chierici

o laici” com’è evidente non vuole escludere minimamente i religiosi.

Può il Vescovo competente delegare al Vicario giudiziale il potere di nominare il difensore

vincolo sostituto? Per Huber, la risposta è affermativa, ma ritiene che il Vicario giudiziale deve

prendere tali difensori del vincolo sostituti dall’elenco dei difensori legittimamente nominati45.

42 Art. 54 DC: “Vinculi defensor et promotor iustitiae sint clerici vel laici, integrae famae, in iure canonico doctores vel licentiati, ac prudentia et iustitiae zelo probati (cf. can. 1435)”.

43 Cfr. SEGNATURA APOSTOLICA, Decreto Apud quaedam tribunalia, in AAS 85 (1993) 969-970; R. BURKE, Commento in Periodica 82 (1993) 701-708.

44 Art. 126 de Pastor bonus: “Hoc Tribunal instantiæ superioris partes apud Apostolicam Sedem pro more in gradu appellationis agit ad iura in Ecclesia tutanda, unitati iurisprudentiæ consulit et, per proprias sententias, tribunalibus inferioribus auxilio est”.

45 Cfr. J. HUBER, Il difensore del vincolo cit., 120.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 12

3.3. Diritti e doveri46

3.3.1. Diritti e doveri generali

Sono quelli comuni ad altri membri della curia di giustizia.

Di conseguenza deve prestare giuramento, in forza del can. 1454: “Tutti coloro che

compongono il tribunale o in esso collaborano devono prestare giuramento di adempiere

convenientemente e fedelmente l’ufficio”47.

Inoltre, è tenuto a mantenere il segreto professionale che il can. 1455 § 1 esige ai “iudices et

tribunalis adiutores”48.

Non può accettare, come i giudici e gli officiali del tribunale, qualunque regalo in occasione

dello svolgimento del giudizio (cfr. can. 1456)49.

A norma del can. 1447, “chi è intervenuto in una causa come giudice, promotore di giustizia,

difensore del vincolo, procuratore, avvocato, teste o perito, non può in seguito validamente definire

la stessa causa in altra istanza come giudice o svolgere in essa la funzione di assessore”. L’art. 66

DC divide tale previsione in due paragrafi; nel primo si riferisce all’incompatibilità del giudice. Nel

secondo, al difensore del vincolo, promotore di giustizia, procuratore, avvocato, teste o perito, e

specifica che l’incompatibilità riguarda tali ruoli con quello del giudice nella stessa causa “in eadem

vel in alia instantia”.

Inoltre, DC contiene un art. (il 36) con ulteriori specificazioni di incompatibilità di funzioni:

Ҥ 1. Vicarius iudicialis, Vicarii iudiciales adiuncti, ceteri iudices, defensores vinculi et promotores

iustitiae idem vel aliud ex his muneribus stabiliter ne exerceant in duobus tribunalibus ratione

appellationis conexis. § 2. Iidem, salvo art. 53, § 350, duobus muneribus simul in eodem tribunali

stabiliter fungi nequeunt. § 3. Ministris tribunalis non licet, in eodem tribunali vel apud aliud

ratione appellationis cum eo conexum, advocati vel procuratoris munus exercere, sive directe sive

per interpositam personam”.

Inoltre, secondo il can. 1448, il difensore del vincolo – come il giudice – deve astenersi dallo

svolgere il suo ufficio in una causa che in qualche modo lo riguardi in ragione di vincoli di

consanguineità o affinità in qualunque grado della linea retta o fino al quarto grado della linea

collaterale, o in ragione di tutela e curatela, di convivenza, di grave inimicizia, oppure a scopo di

guadagno o per evitare un danno. L’art. 67 DC, che riporta il contenuto di detto canone, aggiunge

46 Cfr. IBID., 121 s.

47 La stessa formulazione nell’art. 35 § 1 DC.

48 Cfr. art. 73 § 1 DC.

49 Cfr. art. 74 DC.

50 Art. 53 § 3: “Eadem persona, non autem in eadem causa, officium defensoris vinculi et promotoris iustitiae gerere potest”.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 13

che si ha l’obbligo di astenersi anche quando possa essere oggetto di qualsiasi altro fondato sospetto

di preferenza personale.

Il can. 1449 stabilisce che, se il giudice (§ 1) o gli altri uffici (§ 4) non si astengono, le parti

possono ricusarli. La ricusazione del difensore del vincolo è decisa dal presidente del tribunale

collegiale o il giudice stesso se è unico51.

A questo proposito, ricordiamo quanto accennavamo in precedenza: che la possibilità di

ricusare è anomala, poiché difficilmente confacente con la considerazione del difensore del vincolo

come vera parte processuale.

L’istruzione DC contiene infine, nell’art. 75, una previsione generica di sanzioni per i giudici

e i membri dei tribunali che commettono delitti contro il proprio ufficio: devono essere puniti “ad

normam iuris”, che può arrivare alla rimozione dall’ufficio52.

3.3.2. Diritti e doveri peculiari. Equiparazione alle parti private

a) Deve essere citato

Secondo il can. 1433, “nelle cause dove è richiesta la presenza del promotore di giustizia o

del difensore del vincolo, se non furono citati, gli atti sono nulli, a meno che, benché non citati, essi

siano di fatto intervenuti, o almeno prima della sentenza abbiano potuto svolgere il loro compito

dopo aver esaminato gli atti”53.

La mancanza di citazione del difensore del vincolo produce dunque gli stessi effetti della

mancanza di citazione del convenuto (o della citazione non legittimamente manifestata54). Senza la

citazione, l’istanza non inizia (c. 1517: l’inizio dell’istanza avviene con la citazione55).

51 Art. 68 DC: “§ 1. In casibus, de quibus in art. 67, nisi iudex, defensor vinculi, promotor iustitiae vel alius tribunalis administer abstineant, pars potest eos recusare (cf. can. 1449, § 1). § 2. De recusatione iudicis videt Vicarius iudicialis; si ipse recusetur, videt Episcopus Moderator (cf. can. 1449, § 2). § 3. Si Episcopus sit iudex et contra eum recusatio opponatur, ipse abstineat a iudicando (can. 1449, § 3). § 4. Si recusatio opponatur contra defensorem vinculi, promotorem iustitiae vel alios tribunalis administros, de hac exceptione videt praeses in tribunali collegiali vel ipse iudex, si unicus sit (cf. can. 1449, § 4). § 5. Firmo art. 67, § 1, fundata censeri nequit recusatio opposita ob actus a iudice aliove administro tribunalis legitime positos”.

52 Art. 75: “§ 1. Iudices aliique tribunalis ministri et adiutores qui contra sibi commissum officium deliquerint, puniantur ad normam iuris (cf. cann. 1386; 1389; 1391; 1457; 1470, § 2). § 2. Ubi recta iustitiae administratio ob neglegentiam, imperitiam, vel abusus impediatur, Episcopus Moderator tribunalis vel coetus Episcoporum mediis aptis adhibitis provideant, non exclusa, si casus ferat, amotione ab officio. § 3. Quicumque illegitime actu iuridico, immo quovis alio actu dolo vel culpa posito, alteri damnum infert, obligatione tenetur damnum reparandi (can. 128)”.

53 Sostanzialmente uguale nell’art. 60 DC.

54 Can. 1511: “Se la citazione non fu legittimamente notificata, gli atti del processo sono nulli, salvo il disposto del can. 1507, §3”.

55 Di conseguenza, non nasce il rapporto processuale (che dà alle parti il diritto alla sentenza), la res litigiosa non perde l’integrità, il giudice non fa propria la causa né avviene la perpetuatio iurisdictionis né gli altri effetti del can. 1512: “Notificata legittimamente la citazione o presentatesi le parti davanti al giudice per fare la causa: 1) la cosa cessa di essere integra; 2) la causa diventa propria di quel giudice o di quel tribunale per altro competente, avanti al quale fu introdotta l'azione; 3 la potestà del giudice delegato si rende stabile, di modo che non cessa con il venir meno del diritto del delegante; 4) s'interrompe la prescrizione, a meno che non sia disposto altrimenti; 5) la lite comincia ad essere aperta; pertanto vale immediatamente il principio: lite pendente nihil

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 14

Il difensore del vincolo può in qualsiasi momento proporre un incidente di nullità degli atti

(cfr. cann. 1587-1590), con la pretesa di riportare la causa al momento dell’ammissione del libello,

affinché il giudice citi il convenuto e lui stesso. Il giudice può anche avvertire la mancanza e dare i

decreti di citazione del convenuto e il difensore, facendo tornare il processo al momento iniziale56.

Non deve in questo caso sentire le parti (cfr. can. 1591), proprio perché non è stato istaurato il

rapporto processuale: il processo svolto senza la citazione era solo apparente.

Se comunque il giudice arriva a dare la sentenza, questa è nulla con nullità insanabile, ai sensi

del can. 1620, 4: “La sentenza è viziata da nullità insanabile se: 4) il giudizio fu fatto senza la

domanda giudiziale di cui al can. 1501, oppure non fu istituito contro una parte convenuta”.

L’omissione della citazione della parte necessaria (il difensore del vincolo) è infatti equiparabile al

processo instaurato senza convenuto.

La nullità insanabile avviene a meno che lungo l’iter processuale il vizio venga sanato. Come

abbiamo detto, lo stesso canone 1433 prevede una sanazione della mancata citazione, in linea con il

can. 1619 che cerca di ridurre le nullità degli atti processuali57. Leggiamo di nuovo: “Nelle cause

dove è richiesta la presenza del promotore di giustizia o del difensore del vincolo, se non furono

citati, gli atti sono nulli, a meno che, benché non citati, essi siano di fatto intervenuti, o almeno

prima della sentenza abbiano potuto svolgere il loro compito dopo aver esaminato gli atti”.

Diversamente da quanto sostiene qualche autore (che vede nel presente canone un

ammorbidimento della previsione del can. 1587 CIC 1758), per de Diego-Lora l’espressione

contenuta nel canone (munere suo potuerint) comporta che la sanazione avviene non con la sola

presenza e l’ispezione superficiale degli atti, ma quando tale presenza permette un effettivo

adempimento del loro compito.

Infatti, l’assenza del difensore del vincolo non è equiparabile all’assenza della parte privata

(che ha la facoltà di presentarsi, mentre il difensore del vincolo ha il dovere: “tenetur”, stabilisce il

can. 1432). La presenza o assenza delle parti (ai sensi dei cann. 1592 e 1594) ubbidisce ad un onere

ben diverso dell’obbligo che sorge dalla funzione pubblica a difesa del vincolo. Mentre la parte

privata ha l’onere di fornire le prove, la parte pubblica ha il dovere di farlo: il difensore non può non

innovetur”.

56 Il giudice ha tali facoltà in forza del can. 1452: “§ 1. In un affare che interessa soltanto privati, il giudice può procedere solo ad istanza della parte. Ma se la causa fu legittimamente introdotta, il giudice può e deve procedere anche d'ufficio nelle cause penali e nelle altre cause che vertano sul bene pubblico della Chiesa o sulla salvezza delle anime. § 2. Il giudice inoltre può supplire la negligenza delle parti nell'addurre le prove o nell'opporre eccezioni, ogniqualvolta ritenga che ciò sia necessario ad evitare una sentenza gravemente ingiusta, ferme restando le disposizioni del can. 1600”.

57 Il can. 1619 però non è applicabile al caso presente poiché non si tratta di un bene privato.

58 In questo senso, J.L. ACEBAL, commento al can. 1433 in Código de Derecho Canónico. Edición bilingue comentada por los profesores de la Facultad de Derecho Canónico de la Universidad Pontificia de Salamanca, Madrid 1985,703. Il can. 1587 CIC 17 stabiliva: “1. In causis in quibus eorum præsentia requiritur, promotore iustitiæ aut vinculi defensore non citato, acta irrita sunt, nisi ipsi, etsi non citati, revera interfuerit. § 2. Si legitime citati aliquibus actibus non interfuerint, acta quidem valent, verum postea eorum examini subiicienda omnino sunt ut ea omnia sive voce sive scriptis possint animadvertere et proponere quæ necessaria aut opportuna iudicaverint”.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 15

presentarsi e contestare la citazione, essere presente alla litiscontestatio (o ricorrere il decreto del

giudice se lo ritiene necessario: can. 1513 §§ 2-3)… e non può non proporre le prove che ritenga

necessarie, senza scusarsi pensando che la proposizione delle prove esula della sua posizione

processuale59. Il mancato adempimento del proprio munus è equiparabile, per de Diego-Lora, al

giudice che, essendo competente, si rifiuta di giudicare (can. 1457).

La sanazione del can. 1433 avviene dunque non con la mera presenza ma con la possibilità di

svolgere il proprio compito, con i limiti della propria perizia e le qualità intellettuali. Conclude de

Diego-Lora: “se [il difensore del vincolo] si presenta di fatto –in un momento nel quale può ancora

esaminare gli atti– ma non ha spazio processuale per svolgere il proprio compito –quello stabilito

nei cann. 1430 e 1432–, a nostro avviso, (…) il difensore del vincolo, a ragione del (suo) intervento

tardivo ed inoperante nel processo, (dovrà) presentare un incidente di nullità degli atti per

violazione del can. 1433”.

b) Diritto di essere ascoltato in parità con le parti private

Il can. 1434 stabilisce che, ove non si disponga espressamente altro:

1. ogniqualvolta la legge prescrive che il giudice ascolti le parti o una di esse, anche il

difensore del vincolo, se interviene in giudizio, deve essere ascoltato;

2. ogniqualvolta si richiede l’istanza della parte perché il giudice possa decidere qualcosa,

l’istanza del difensore del vincolo, che interviene in giudizio, ha lo stesso valore60.

Concretamente, il difensore del vincolo deve essere ascoltato:

- nella questione sulla ricusazione del giudice61;

- per prorogare i termini giudiziari (per ridurli, le parti devono dare il consenso)62;

- per acquisire le prove fuori del proprio territorio63;

- per modificare i termini della formula del dubbio64;

- per la nomina di un perito: il can. 1575 stabilisce che “spetta al giudice nominare i periti,

udite le parti o su loro proposta…”. L’art. 204 DC invece non prevede tale consulta bensì la

59 Cfr. can. 1526 §1: “L'onere di fornire le prove tocca a chi asserisce”.

60 Una dicitura simile nell’art. 59 DC. L’istruzione Dignitas connubii, comunque, a scanso di equivoci, menziona il difensore del vincolo in numerosi articoli in cui si segnalano i diritti e doveri delle parti nel processo.

61 Cfr. can. 1451, § 1; art. 70 § 1 DC.

62 Cfr. can. 1465, § 2; art. 81 § 2 DC.

63 Cfr. can. 1469, § 2; art. 85 § 2 DC.

64 Cfr. can. 1514; art. 136 DC, che menziona specificamente il difensore del vincolo.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 16

comunicazione della nomina effettuata dal “presidente o ponente”, salvo il diritto delle parti di

proporre le domande da presentare al perito65;

- per decidere le questioni incidentali66;

- per revocare o riformare il decreto o la sentenza interlocutoria67 ;

- per chiamare in giudizio un terzo68;

- dopo la conclusione in causa, per convocare nuovamente gli stessi o altri testimoni oppure

per ordinare altre prove69;

- mentre il can. 1602 ammette che, con il consenso delle parti, il giudice possa ritenere

sufficiente la discussione orale, l’istruzione Dignitas connubii prevede che la discussione venga

fatta sempre per iscritto: “Facta conclusione in causa, iudex congruum temporis spatium praestituat

ad summarium actorum, si casus ferat, conficiendum et ad defensiones necnon animadversiones

scripto exhibendas” (art. 240 § 1); “Post causae disceptationem scripto factam, iudex potest statuere

ut moderata disputatio fiat ore pro tribunali sedente, ad quaestiones nonnullas illustrandas” (art. 244

§ 1)70;

- per correggere la sentenza che contiene un errore materiale71;

- per sospendere la causa in caso di sospetta inconsumazione, e completare l’istruttoria in

vista della dispensa super rato (si richiede il consenso delle parti)72.

4. Il difensore del vincolo nello svolgimento del processo

Bisogna dire innanzitutto che l’intervento del difensore del vincolo deve essere caratterizzato

dall’immediatezza. Tornando per un momento alla norma sanatoria del can. 1433 (gli atti sono nulli

se il difensore non fu citato a meno che abbia potuto svolgere di fatto il proprio compito) dobbiamo

segnalare il rischio che la menzionata norma sanatoria diventi prassi abituale dei tribunali, se

65 Cfr. can. 1575; art. 204 DC: “§ 1. Praesidis vel ponentis est peritos nominare et, si casus ferat, relationes ab aliis peritis iam factas assumere (cf. can. 1575). § 2. Nominatio periti cum partibus et defensore vinculi communicanda est, firmo art. 164”.

66 Cfr. can. 1589, § 1; art. 222 § 1 DC, che menziona specificamente il difensore del vincolo.

67 Cfr. can. 1591 ; art. 226 DC, che menziona specificamente il difensore del vincolo.

68 Cfr. can. 1597.

69 Cfr. can. 1600 § 1,20; art. 239 § 1, 2 DC.

70 Il § 2 dell’art. 244 aggiunge : « Huic disputationi orali assistat notarius ad hoc ut, si iudex praecipiat aut pars vel defensor vinculi postulet et iudex consentiat, de disceptatis et conclusis scripto statim referre possit ».

71 Cfr. can. 1616, § 1; art. 260 § 1 DC, che menziona specificamente il difensore del vincolo.

72 Cfr. can. 1681; art. 153 § 1 DC.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 17

l’intervento del difensore del vincolo si riduce ad adempiere il requisito formale di presentare delle

sommarie animadversiones, quando gli vengono inviati gli atti, per evitare la nullità della sentenza73.

Come segnalavamo all’inizio della nostra riflessione, una prassi del genere fu denunciata dal

Legislatore nel Discorso alla Rota del 1988, quando avvertiva del pericolo di “ridimensionare il suo

ruolo fino a (…) ridurlo a qualche insignificante adempimento formale, rendendo praticamente

assente nella dialettica processuale l’intervento della persona qualificata che realmente indaga,

propone e chiarisce tutto ciò che ragionevolmente si può addurre contro la nullità, con grave danno

per la retta amministrazione della giustizia” (n. 2). E alla fine del menzionato Discorso, il Papa

insisteva nel segnalare che “quando la sua partecipazione al processo si esaurisse nella

presentazione di osservazioni soltanto rituali, ci sarebbe fondato motivo per dedurne una

inammissibile ignoranza e/o una grave negligenza che peserebbe sulla coscienza di lui, rendendolo

responsabile, nei confronti della giustizia amministrata dei tribunali, giacché, tale suo atteggiamento

indebolirebbe la effettiva ricerca della verità, la quale deve essere sempre «fondamento madre e

legge della giustizia»” (n. 13).

Questi avvertimenti del Legislatore miravano a recuperare un protagonismo del difensore del

vincolo, che deve seguire l’istruzione e l’iter della causa. Il principio dell’immediatezza che, come

dicevamo, orienta l’intervento del difensore del vincolo, esige che egli sia presente ad ogni fase del

processo in maniera attiva74. In che modo? Seguiamo le diverse fasi del processo.

4.1. Fase introduttiva

Lasciando da parte la discussione su qual'è l’atto che dà inizio alla relazione processuale (se

l’ammissione del libello o la citazione), possiamo dire che con l’esibizione del libello hanno luogo

alcuni atti processuali rilevanti che hanno trascendenza nell’iter della causa.

In primo luogo, possiamo ricordare che il can. 1676 –in applicazione della previsione generale

del can. 1446– stabilisce che “il giudice prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una

speranza di buon esito, faccia ricorso a mezzi pastorali, per indurre i coniugi, se è possibile, a

convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale”. Anche se il

Codice non prevede espressamente la presenza del difensore del vincolo in detto tentativo di

“conciliazione”, è bene che il difensore sia presente, a maggior motivo se i coniugi agiscono in un

litisconsorzio attivo. E’ questa la prima occasione che il difensore del vincolo ha di esercitare il suo

munus a difesa del matrimonio.

73 Burke segnala che tale è la pratica abituale dei tribunali di Australia, Canada e America del Nord; cfr. J. BURKE, The Defender of the Bond in the New Code, in The Jurist 45 (1985) 227.

74 R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, La función del defensor del vínculo cit., 352. In forza di tale principio, per esempio, il legislatore del 1983 favorisce il contatto del giudice con la causa, limitando le facoltà dell’istruttore (denominato ora uditore) che può solo raccogliere le prove seguendo le indicazioni del giudice (cfr. c. 1428 § 3).

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Deve il giudice sottoporre il libello al difensore del vincolo affinché dia un suo parere circa la

sua ammissibilità? Non mancano precedenti giurisprudenziali e dottrinali75 che consigliano che il

giudice chieda al difensore un tale parere, in particolare riguardo alla fondatezza dello ius

impugnandi, nonché riguardo il contenuto del libello, per esempio se questo contiene

un’esposizione dei fatti troppo generica. E’ vero che il can. 1504, 2 chiede soltanto che il libello

indichi “almeno per sommi capi fatti e prove per dimostrare quanto è asserito”, ma ciò non può dare

adito a libelli vaghi e ambigui. In ogni caso, riteniamo che rientra nel compito del difensore del

vincolo esprimere un parere tecnico riguardo alla fondatezza della richiesta, nonché riguardo la

competenza del tribunale. (Del resto, se lo stesso giudice propone una questione d’incompetenza, è

prudente interpellare il difensore del vincolo.)

In questo senso possiamo richiamare una recente decisione di un tribunale regionale italiano76

concernente una causa in cui detto tribunale aveva dichiarato in prima istanza non constare de

nullitate matrimonii in casu. Il tribunale d’appello invece dichiarò constare de nullitate matrimonii

in casu. La Rota Romana, in terzo grado, confermò la prima decisione. L’attore presentò di nuovo

presso lo stesso tribunale di prima istanza una domanda basata su un nuovo capo di nullità, e il

difensore del vincolo sollevò l’exceptio iudicati contro il libello di domanda, perché riteneva che il

nuovo capo, pur con una formulazione diversa da quello deciso nella prima causa, era

sostanzialmente conforme ad esso. Il tribunale accolse l’eccezione del difensore del vincolo77.

Riteniamo che questo caso evidenzia palesemente la convenienza che il giudice sottoponga al

difensore del vincolo i libelli presentati, prima dell’accettazione, affinché il giudice possa valutare

meglio l’ammissibilità o meno del libello. In tal senso, l’art. 119 § 2 DC accoglie anche tale norma

di prudenza: “§ 2. Praeses opportune antea defensorem vinculi audiat”78.

D’altra parte, il menzionato caso mette anche in evidenzia l’opportunità che, quando si

introduce un libello di domanda di prima istanza per un nuovo capo di nullità, vengano allegate

tutte le decisioni precedenti sul medesimo matrimonio, anche nel caso si tratti di capi formalmente

diversi.

75 Cfr. R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, La función del defensor del vínculo cit., 354, con riferimento a una sentenza c. Egan del 1984. Cfr. anche L. DEL AMO, La defensa del vínculo cit., 319-320.

76 Cfr. TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE LOMBARDO, coram Maragnoli, sentenza interlocutoria con funzione di sentenza definitiva, 17 dicembre 1998, “Nullitatis matrimonii; incidentis: de exceptione rei iudicatae”, in Il Diritto Ecclesiastico, 114/2 (2003) 201-210, commentato da J. LLOBELL, I tentativi di conciliazione, gli elementi sostanziali del libello di domanda e l’incidenza sul medesimo del concetto di “conformitas aequipollens” fra i capi di “accusa” nelle cause di nullità del matrimonio , in Ius Ecclesiae 15 (2003) 615-656.

77 Segnalava che «dopo che la domanda di dichiarazione di nullità del matrimonio, fondata su una determinata “causa petendi”, sia stata definitivamente rigettata, se una delle parti, a processo concluso, intende riproporre ex novo in un processo diverso la questione della nullità dello stesso matrimonio, il giudice del nuovo processo ha il compito di accertare preliminarmente se la domanda sia fondata su una causa petendi diversa da quella anteriormente giudicata, così da non impingere contro il precedente giudicato: e tale accertamento può, a volte, richiedere la presa in esame degli atti del processo precedente».

78 Nel § 1: “Praeses, postquam viderit et rem esse competentiae sui tribunalis et actori legitimam personam standi in iudicio non deesse, debet suo decreto quam primum libellum aut admittere aut reicere (cf. can. 1505, § 1)”. Sulla presentazione e l’ammissione del libello di domanda, cfr. R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, La demanda judicial canónica, Pamplona 2002, 177-269.

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Una volta ammesso il libello, il difensore del vincolo deve essere citato con le altre parti per

la contestazione della lite (cfr. cann. 1507-1508; artt. 126-127 DC). Abbiamo già ricordato la

sanzione di nullità che comporta la mancata citazione del difensore del vincolo, e la possibilità che

tale nullità venga sanata con l’effettiva possibilità di adempiere al proprio compito prima della

sentenza.

La contestazione della lite è il momento in cui il difensore può proporre le eccezioni dilatorie

e perentorie che ritenga utili per difendere la sua posizione. Per questo motivo, va evitata la prassi

di informare il difensore del vincolo solo dopo il decreto di litiscontestatio.

Una volta citato, il difensore del vincolo si presenta di persona o risponde per iscritto. In tal

caso, nella risposta dichiarerà se intende presentarsi davanti al giudice, se intende contestare la

petizione o proporre la formula del dubbio; se intende ricusare il giudice ai sensi dei cann.

1448-1449 oppure presentare delle eccezioni.

4.2. Fase istruttoria

La prassi comune consiste nel rendere noto al difensore del vincolo tutto il materiale

probatorio presentato dalle parti, affinché il difensore possa esprimere un parere complessivo sui

mezzi proposti per l’istruzione. In questo momento, può fornire il suo parere riguardo alla legalità

dei mezzi di prova proposti; può anche proporre un interrogatorio complementare oppure uno

sostitutivo; ed eventualmente può anche fare richieste di prove supplettive. Tali richieste può anche

farle –ed è bene che le faccia– lungo l’istruttoria; il principio d’immediatezza infatti richiede un

atteggiamento attivo del difensore del vincolo, come abbiamo accennato: deve proporre le prove

che ritenga necessarie, senza cercare scuse pensando che la proposizione delle prove esula della sua

posizione processuale.

Certo, deve trattarsi di richieste di prove sensate e consone alla sua specifica funzione

processuale. Non sarebbero ammissibili richieste che mostrassero il difensore del vincolo alla

ricerca della nullità, e neanche sarebbero ammissibili delle richieste la cui attinenza all’istruttoria

non fosse chiara, o se le richieste ubbidissero ad un atteggiamento ostruzionistico lontano dalla

funzione propria del difensore del vincolo come tutore della verità sul matrimonio79.

79 A questo proposito, può essere utile ricordare un passo dell’Allocuzione di Pio XII del 1944: “La coscienza di dover servire alla verità riterrà infine il difensore del vincolo dal chiedere nuove prove, quando le già addotte siano pienamente sufficienti a stabilire la verità: ciò che anche in altra occasione designammo come da non approvarsi” (PIO XII, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 2 ottobre 1944 cit., 284-285).

Nel materiale fornito per il caso pratico riportiamo due decreti nei quali il presidente del tribunale respinge delle richieste istruttorie. In uno dei casi, il difensore chiede che siano assunte delle testimonianze di persone menzionate negli atti, ma senza indicare perché dovrebbero essere sentite e su quali argomenti. Nell’altro caso, il difensore del vincolo chiedeva che l’attuale medico curante dell’attore fosse chiamato a fare un commento sulla perizia d’ufficio, ma senza indicare chiaramente su quali passi dovrebbe essere interrogato né le ragioni della convenienza di tale testimonianza.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 20

Vediamo alcuni punti sui quali il difensore del vincolo svolge il suo compito. Li vedremo

brevemente perché è previsto un intervento specifico sull’istruttoria della causa80.

4.2.1. Dichiarazioni delle parti e dei testi

Come abbiamo accennato, il difensore del vincolo ha il diritto in primo luogo di essere

presente all’esame delle parti, dei testi e dei periti. Il can. 1678 permette la presenza al difensore

del vincolo e ai patroni delle parti, ma non alle parti stesse81. Tale diversità di trattamento è stata

vista alle volte come un segno di disuguaglianza tra le parti pubbliche e quelle private; ma il diritto

al quale autorizza il can. 1678 non deriva propriamente dal concetto di parte ma risulta essere un

diritto processuale concesso alla parte in quanto è in possesso di una postulazione tecnico-giuridica

che hanno i patroni e il difensore del vincolo82.

Il difensore può proporre al giudice dei punti sui quali le parti o i testi possono essere

interrogati; e se è presente agli interrogatori può suggerire al giudice altre domande da fare alla

parte o al teste83.

Sia nel caso in cui è lui a suggerire le domande sia che provengano dai patroni delle parti, il

difensore del vincolo veglierà affinché si evitino le domande suggestive ed insidiose. Vanno evitate

le domande “pilotate” nelle quali il teste o la parte è invitata a rispondere semplicemente: “sì, è

vero”.

Va evitato anche il pericolo di provocare (nella parte o nei testi) dei giudizi di contenuto

giuridico: domande del tipo “si ritiene con sufficiente discrezione di giudizio? escludeva i figli?”

sono, soprattutto, inutili. Similmente, si deve cercare che i testi dichiarino fatti, non giudizi di

valore (“era molto immaturo”, “non mi sembra capace”, “mi sembravano felici”…).

Può anche essere utile, nel caso siano effettuate delle dichiarazioni tramite rogatoria, che il

tribunale invii – con l’intervento del difensore del vincolo –, oltre l’elenco delle domande, anche un

promemoria riguardante il modo come conviene che si svolga l’interrogatorio, i punti sui quali è

bene insistere, ecc.

80 Per le questioni generali e i riferimenti bibliografici cfr. i riferimenti contenuti in M.A. ORTIZ, Le dichiarazioni delle parti, la prova testimoniale e documentale e la loro portata processuale nelle cause ex can. 1095, 1-2, in AA.VV., L'incapacità di intendere e di volere nel diritto matrimoniale canonico (can. 1095 nn. 1-2), Città del Vaticano 2000, 337-382.

81 Can. 1678 : “§ 1. Defensori vinculi, partium patronis et, si in iudicio sit, etiam promotori iustitiae ius est: 1º examini partium, testium et peritorum adesse, salvo praescripto can. 1559; 2º acta iudicialia, etsi nondum publicata, invisere et documenta a partibus producta recognoscere. § 2. Examini, de quo in § 1, n. 1, partes assistere nequeunt”. L’art 159 DC contiene una formulazione sostanzialmente simile.

82 Cfr. C. DE DIEGO-LORA, commento al can. 1434, in AA.VV., Comentario exegético al Código de Derecho Canónico, IV/2, Pamplona 2002, 837-844.

83 Cfr. cann. 1533 e 1561 e art 166. DC.

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Per quanto riguarda la prova testimoniale, il difensore del vincolo cercherà –se è possibile–

che l’elenco di testi sia sufficientemente ampio e non ridotto ai familiari più stretti delle parti, la cui

imparzialità e credibilità non è sempre garantita.

Infine, il difensore del vincolo farà attenzione alla credibilità dei testi –e ad eventuali risposte

“preparate” dal patrono, forse ripetute da diversi testi, magari con le stesse parole–, ed evidenzierà

tali estremi nel momento di preparare le proprie animadversiones.

4.2.2. Prova documentale

Il difensore del vincolo può proporre dei documenti sia pubblici che privati84, anche se è vero

che le sue possibilità di fornire dei documenti sono certamente minori nei confronti delle parti

private. Rispetto a questi (i documenti presentati dalle parti private), il difensore li esamina85, ed

eventualmente può proporre delle eccezioni. Può anche chiedere che vengano fornite delle copie

autenticate oppure dei documenti originali.

Inoltre, il difensore del vincolo può sollecitare il giudice affinché disponga quanto previsto

nei cann. 1545 e 1546 § 2: da una parte, che sia esibito nel processo un documento comune ad

entrambe le parti, per esempio l’espediente di preparazione al matrimonio. E dall’altra, trattandosi

di documenti che non possono essere esibiti senza pericolo di ledere la buona fama o il segreto, può

sollecitare la trascrizione almeno di una piccola parte di tali documenti, se ritiene che in quel modo

non si recherà danno alla fama né si violerà un segreto.

4.2.3. Perizie

La decisione di chiedere la perizia spetta al giudice, “udite le parti o su loro proposta” (can.

1575). L’art. 204 DC segnala invece che la nomina spetta al presidente o ponente, che comunica

tale nomina alle parti e al difensore del vincolo. Comunque, il difensore del vincolo può, come le

altre parti, proporre al giudice che sia eseguita una perizia. In ogni caso, se è stata l’altra parte a

proporla o è stata decisa d’ufficio, il giudice deve ascoltare il difensore del vincolo. Come le altre

parti, il difensore può segnalare il nome del perito o presentare perizie fatte da altri esperti.

Spetta anche al giudice la determinazione “dei singoli punti sui quali si deve svolgere l’opera

del perito” (can. 1577 § 1), ma ciò avviene “tenuto conto delle eventuali deduzioni delle parti e del

difensore del vincolo” (art. 207 § 1 DC).

Nella pratica, è consigliabile che il difensore del vincolo da una parte rediga i punti sui quali

verserà la perizia. E, dall’altra, che – ogniqualvolta lo riterrà necessario – chieda al giudice di

convocare il perito, come prevede il can. 1578 § 3, affinché fornisca delle spiegazioni sul suo

operato.

84 Cfr. can. 1539.

85 Cfr. can. 1678, § 1,20.

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Questo è un punto di grande importanza. Nel Discorso alla Rota del 1988, Giovanni Paolo II

ha dedicato diversi paragrafi al modo come devono essere valutate le perizie da parte del difensore

del vincolo. Lì diceva, riferendosi in particolare alle cause d’incapacità psichica: “Spetta a lui

innanzitutto che al perito si facciano le domande in modo chiaro e pertinente, che si rispetti la sua

competenza e non si pretendano da lui delle risposte in materia canonica”.

Inoltre: “il difensore del vincolo, nelle cause riguardanti l’incapacità psichica, è chiamato

quindi a fare costante riferimento ad una adeguata visione antropologica della normalità per

confrontare con essa eventuali errori, a tale proposito, nel passaggio dalle categorie psicologiche e

psichiatriche a quelle canoniche” (n. 10) .

E ancora: “La particolare collaborazione del difensore del vincolo nella dinamica processuale

fa di lui un operatore indispensabile per evitare fraintendimenti nel pronunciamento delle sentenze

specialmente là dove la cultura dominante risulta contrastante con la salvaguardia del vincolo

matrimoniale assunto dai contraenti al momento delle nozze” (n. 13).

Della prova periziale si tratterà in un’altra sessione di questo Corso, quella di mons. Bianchi,

alla quale rimandiamo. Qui vorremmo semplicemente sottolineare che l’intervento del difensore del

vincolo è di grande importanza affinché la perizia –e in particolare la perizia psichiatrica nelle cause

di incapacità consensuale– sia un vero aiuto che fornisca al giudice un’informazione sufficiente

sullo stato del soggetto e gli permetta di raggiungere la propria certezza morale sul dubium

formulato.

In questo senso potremmo segnalare – seguendo la traccia del menzionato discorso di

Giovanni Paolo II – alcuni punti sui quali il difensore può puntare l’attenzione. Per esempio, può

chiedere al giudice86 di convocare il perito, come prevede il can 1578 § 3 –e l’art. 211 DC–, “perché

fornisca le spiegazioni che sembrino ulteriormente necessarie”; vale a dire, può chiedere al giudice

di realizzare un esame orale del perito, affinché riconosca ed illustri le proprie conclusioni, e

risponda alle domande poste dal difensore del vincolo e dal giudice. Le questioni che possono

essere chieste al perito sono per esempio: a) su quali presupposti dottrinali (di scuola psichiatrica o

psicologica) fonda la perizia; b) quale è stato il metodo seguito nella perizia; c) quale è il concetto

di normalità psichica e di psicopatologia sostenuto nella perizia; d) su quali basi antropologiche

poggia; e) qual'è il grado di gravità della psicopatologia riscontrata; f) aiuterà il perito a spingere “la

sua analisi alla valutazione delle cause e dei processi dinamici sottostanti, senza fermarsi soltanto ai

sintomi che ne scaturiscono”87; g) quale è il grado di libertà del soggetto di tendere ai valori e di

auto-realizzarsi in essi; h) in quale momento comincia a manifestarsi la psicopatologia e quale è

stata la durata di essa; i) quali fatti (di quelli contenuti negli atti della causa) confortano le

conclusioni della perizia, ecc.

86 Su questo punto, cfr. R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, La función del defensor del vínculo cit., 354-356; N. SCHÖCH, Le «animadversiones» del difensore del vincolo cit., passim.

87 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione 1988, n. 7.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 23

Se il perito ha adoperato nel suo rapporto categorie giuridiche (per esempio: “dalle

esplorazioni realizzate e dall'esame degli atti riteniamo che si possa rispondere affermativamente

alla formula del dubium di mancanza di capacità di entrambi gli sposi per assumere gli obblighi

essenziali del matrimonio”), il difensore dovrà segnalare tale anomalia in questo momento o nelle

animadversiones da presentare dopo la pubblicazione degli atti.

Le questioni da approfondire, del resto, saranno diverse a seconda del modo com’è stata

realizzata la perizia, se ci sono altre perizie, se esse sono coincidenti o discordanti ecc.

4.3. Pubblicazione degli atti e conclusione della causa. Le “animadversiones” del difensore del vincolo

Il can. 1598 stabilisce in che modo il giudice rende pubblici gli atti, mediante decreto col

quale permette alle parti e ai loro avvocati di prendere visione degli atti loro ancora sconosciuti. E’

prassi di alcuni tribunali che il giudice chieda al difensore del vincolo un parere prima

dell’emissione del decreto di pubblicazione, affinché segnali eventuali carenze di ordine

processuale, suggerisca nuove prove da espletare, ecc. In ogni caso, lo stesso can. 1598 § 2

aggiunge che le parti possono presentare altre prove al giudice, il quale, una volta ammesse ed

acquisite emetterà un nuovo decreto di pubblicazione88.

Una volta pubblicata la causa, il difensore del vincolo e le altre parti presentano le proprie

argomentazioni: “fatta la conclusione in causa, il giudice stabilisca un congruo spazio di tempo per

presentare le difese e le osservazioni” (can. 1601).

La presentazione delle animadversiones è forse l’intervento più significativo del difensore del

vincolo. Purtroppo, come ha denunciato Giovanni Paolo II, non di rado è l’unico intervento e

qualche volta viene anche effettuato in modo troppo formalista.

Bisogna ricordare innanzitutto che le osservazioni che presentano le parti private e il difensore

del vincolo rispondono ad atteggiamenti processuali simili (a difesa dell’interesse che tutelano o

cercano di proteggere); ma tale atteggiamento è diverso per quanto riguarda la portata delle proprie

responsabilità89. Infatti, come abbiamo detto, le parti private agiscono a difesa del proprio interesse,

del quale possono disporre liberamente e perfino rinunciare, per cui possono non esercitare i diritti

processuali, poiché i doveri processuali (di essere presenti, allegare, provare, impugnare, ecc.) sono

per loro oneri che possono affrontare o meno. Di conseguenza, subiranno gli eventuali danni causati

da tali inadempienze.

Il difensore del vincolo invece (come anche il promotore di giustizia) esercita la sua missione

processuale al servizio di un bene pubblico, com’è la protezione del bene pubblico ecclesiastico. Le

88 Art. 236 DC: “Facta publicatione actorum, partes et defensor vinculi ad complendas probationes iudici alias proponere possunt; quibus, si iudex necessarium duxerit, acquisitis, iterum est locus decreto de quo in art. 229, § 3 (cf. can. 1598, § 2)”

89 Cfr. C. DE DIEGO-LORA, commento al can. 1434 cit., 842-844.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 24

opzioni processuali a difesa dei diritti e gli interessi che proteggono il bene pubblico sono per loro

doveri giuridici di natura pubblica. E allo stesso modo che devono stare necessariamente a difesa

del bene pubblico, sono anche tenuti a pretendere, essere presenti, formulare le animadversiones,

impugnare, ecc., sempre nel contesto del favor matrimonii inteso come favor veritatis.

Per questo motivo, il can. 1606 prevede che prima di emanare la sentenza –nel caso in cui le

parti abbiano trascurato di fare le proprie osservazioni o si siano rimesse alla scienza e coscienza del

giudice– il giudice deve in ogni caso chiedere al difensore del vincolo che presenti le proprie

osservazioni90.

Il difensore del vincolo infatti è tenuto a presentare le proprie animadversiones dopo la

pubblicazione della causa. A questo proposito bisogna chiedersi in che modo il mancato

adempimento di tale dovere –che è certamente un dovere giuridico, suscettibile di sanzioni

disciplinari– può provocare la nullità della sentenza. Così:

a) se il difensore del vincolo non fu citato e non si è presentato per fornire le proprie

animadversiones, la sentenza è inficiata con nullità insanabile;

b) se non fu citato ma si presentò e poté svolgere il proprio compito, allora opera la sanazione

ex can. 1433;

c) se non fu citato e si presentò ma non ebbe lo spazio processuale sufficiente per adempiere

adeguatamente il proprio dovere, alcuni autori ritengono che non si produce la sanazione prevista

nel can. 1433, per cui l’eventuale sentenza sarebbe anche nulla91;

d) infine, se fu citato regolarmente ma svolse inefficientemente il proprio dovere, la

giurisprudenza è portata a ritenere che tale inadempimento non intacca la validità della sentenza92.

90 Il can. 1606 ammette, infatti, che, passato il tempo utile per presentare le difese, il giudice – se ritiene palesemente provata la causa – prima di dare sentenza deve interpellare il difensore del vincolo, ma non le parti. L’art 245 DC invece prevede che il giudice chieda sia alle parti private che al difensore del vincolo: “§ 1. Si advocati parare tempore utili defensiones neglexerint, partes de re certiores fiant et moneantur ut intra tempus a iudice praestitutum provideant, per se vel per novum advocatum legitime constitutum. § 2. Si autem partes, intra praestitutum tempus non provideant, aut se remittant iudicis scientiae et conscientiae, iudex, si ex actis et probatis rem habeat plane perspectam, receptis scripto animadversionibus defensoris vinculi, poterit statim sententiam pronuntiare (cf. can. 1606)”.

91 “Si, cuando se hace presente de hecho en el proceso –aunque sea en un momento en el que pueda todavía inspeccionar las actas– no tiene, en cambio, espacio procesal para desempeñar su oficio –el que expresan respectivamente los cc. 1430 y 1432–, a nuestro juicio, tanto el promotor de justicia como el defensor del vínculo, al intervenir tardía e inoperantemente en el proceso, estarán obligados a plantear un incidente de nulidad de actuaciones por infracción del c. 1433” (C. DE DIEGO-LORA, commento al can. 1433, in AA.VV., Comentario exegético cit., 834-835, con riferimento a A. CORBÍ, El Defensor del vínculo cit., 243-246).

92 Cfr. G. ERLEBACH, La nullità della sentenza giudiziale "ob ius defensionis denegatum" nella giurisprudenza rotale, Città del Vaticano 1991, 220. Erlebach riporta due decreti, uno c. Serrano che sembra sostenere tale incidenza e un altro di Alwan che la nega apertamente. Il primo, dopo aver constatato la nullità della sentenza in primo grado segnala: “ad abundantiam tamen notaretur ‘ius defensionis’ sive ex remota potius quam absente parte conventa sive ex modo sese gerendi Defensoris Vinculi in explendo munere publico omnino in casu defuisse” (n. 5, Matamorem., B 97/88). Erlebach dubita se il defuisse si riferisce alla assenza del difensore del vincolo o al deficiente esercizio del proprio compito; ma fa notare che il “sive” collega i due fatti causanti della nullità. Il secondo decreto segnala che “Vinculis Tutoris munus est iura vinculi tueri non iura partis. Quodsi ille deficiat in explendo suo publico munere, modus eius procedendi minime influit in defectum defensionis partis” (n. 4, Januen seu Clavaren., B 4/89); e aggiunge: “Nullibi, nec in iuris fontibus et speciatim in novo Codice, qui perficere et complere coluit veterem Codicem, neque in doctrina vel

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 25

Il can. 1601 stabilisce che dopo la conclusione in causa, il giudice segnala un congruo spazio

di tempo affinché le parti presentino le difese e le osservazioni. Come abbiamo accennato, in questo

punto l’istruzione Dignitas connubii (art. 240 § 1) esige che tali osservazioni siano fatte sempre per

iscritto; non ammette l’eccezione contenuta nel can. 1602: “a meno che il giudice, d'accordo con le

parti, non reputi sufficiente il dibattimento durante la seduta del tribunale”.

Anche se il Codice non prevede alcun ordine nella presentazione delle difese e le osservazioni

della parte privata e del difensore del vincolo (per cui potrebbero essere presentate

simultaneamente), la prassi di non pochi tribunali –compresa la Rota Romana– consiste nel chiedere

in primo luogo la difesa della parte attrice (il restrictus iuris et facti), che viene poi inviata al

difensore del vincolo affinché possa fornire le proprie animadversiones tenendo presente quanto

allegato dal patrono dell’attore; posteriormente, il giudice invia le osservazioni del difensore del

vincolo all’altra parte.

Il can. 1603 in questo senso prevede che le parti possono presentare delle risposte alle

osservazioni dell’altra parte entro un breve spazio di tempo, ordinariamente una sola volta –“a

meno che al giudice per una causa grave non sembri lo si debba concedere un'altra volta”–, a

differenza del difensore del vincolo che “ha diritto di replicare nuovamente alle risposte delle parti”

(§ 3). Questa prerogativa della parte pubblica comporta che il difensore del vincolo e il promotore

di giustizia, se interviene nel processo, hanno il diritto di essere ascoltati per ultimi. L’art. 243 § 1

DC mantiene detto privilegio: “Semper defensori vinculi ius sit ut ultimus audiatur”. La prerogativa

– che è un residuo storico – ubbidisce al munus delle parti pubbliche: l’intervento del difensore del

vincolo è certamente un intervento di parte ma modalizzato dalla natura dell’interesse che difende e

la protezione speciale che gli conferisce l’ordinamento. In ogni caso, come sottolinea Rodríguez-

Ocaña, la norma del § 3 andrebbe completata nei regolamenti dei tribunali, per determinare a chi

spetta l’ultima replica nel caso intervengano il difensore del vincolo e il promotore di giustizia, e

anche per segnalare un termine entro il quale la parte pubblica possa presentare la sua replica93.

Anche se ciò non è richiesto dalla legislazione della Chiesa, la prassi vissuta in molti tribunali

prevede che le osservazioni siano strutturate seguendo lo schema seguito nelle decisioni giudiziali:

vale a dire, con un’esposizione dei fatti che serve a identificare il caso (la species facti), una pars in

iure che segnala il diritto attinente al caso, e in fine la descrizione dei fatti tratti dal sommario

istruttorio (la pars in facto) sui quali fondare le proprie conclusioni.

iurisprudentia refertur defectum recti exertitii Vinculi Tutoris muneris provocare sententiae nullitatis” (ibidem). Similmente, in un decreto c. Bruno: “Atamen dato et non concesso quod Tutor vinculi a munere suo defecerit, nullibi in lege affirmatur tali ex omissione nullitatem sententiarum profluere, cum integrum sempre manserit parti ius libere agendi et independenter sese defendendi”: Decreto c. Bruno del 31 giugno 1985 (Rotae Romanae Tribunal Decreta selecta inter ea quae anno 1985 prodierunt cura eiusdem Apostolicis Tribunalis edita 3 (1997) 146-149, n. 5, p. 148); cit. in P. ORMAZÁBAL, La naturaleza procesal del defensor del vínculo cit., 659.

93 R. RODRÍGUEZ-OCAÑA, commento al can. 1603, in AA.VV., Comentario exegético al Código de Derecho Canónico, IV/2, Pamplona 2002, 1510. L’art. 243 § 2 DC riprende a tale proposito dall’art. 183 § 2 della Provida Mater “Si defensor vinculi intra brevem terminum a iudice statutum nihil responderit, praesumitur suis animadversionibus nihil addendum habere, et ad ulteriora procedere licet”.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 26

Com’è evidente, il tono delle difese e delle animadversiones deve essere il proprio del

contraddittorio (dove ogni parte difende il proprio interesse) ma in ogni caso rispettoso; non

mancano purtroppo esempi di difese e osservazioni nelle quali patroni e difensori del vincolo si

scambiano delle accuse personali insieme alle argomentazioni giuridiche. Sembra opportuno che in

tali casi il giudice esiga al patrono o al difensore che rifaccia lo scritto evitando ogni accusa

personale.

Per quanto riguarda il contenuto delle animadversiones: va ricordato innanzitutto

l’avvertimento del Romano Pontefice contro gli atteggiamenti troppo formalisti che si accontentano

di “qualche insignificante adempimento formale”. Un adempimento formalista e insufficiente si

riscontrerebbe, a nostro avviso, se la “difesa” consistesse nella presentazione di un modulo

prestampato dove il difensore semplicemente attinge la propria firma alla casella “Ho esaminato gli

atti e non ho niente da aggiungere” oppure “Ho esaminato gli atti e concordo con la richiesta della

parte attrice”. Formalista sarebbe anche la difesa che si limita a segnalare i canoni applicabili e le

fattispecie presenti nel caso, da un elenco di canoni e circostanze già stampate.

E’ bene ricordare che compito del difensore del vincolo non è quello di provare la validità del

matrimonio (che gode della presunzione di validità), bensì quello di “esporre tutti gli argomenti che

possono essere ragionevolmente addotti contro la nullità”. Ciò lo manterrà lontano da opposizioni

irragionevoli e oltranziste della validità del matrimonio a tutti costi: come ha ricordato Giovanni

Paolo II, il compito del difensore del vincolo non è quello di preparare “ad ogni costo una difesa

artificiosa di una realtà inesistente o di opporsi in ogni modo ad una decisione fondata”94. Tale

atteggiamento –alle volte presente nell’operato dei difensori del vincolo sotto il regime del codice

precedente– fu stigmatizzato dal Papa Pio XII nel Discorso alla Rota del 1944 con queste parole che

abbiamo letto in precedenza: “Se invece si volesse affermare che il Difensore del vincolo nella sua

azione non è tenuto a servire anch'egli, come ad ultimo scopo, all'accertamento della verità

oggettiva, ma deve incondizionatamente indipendentemente dalle prove e dai risultati del processo

sostenere la tesi obbligata della esistenza o della necessaria continuazione del vincolo, questa

asserzione sarebbe da ritenersi come falsa”95.

L’obbligo di segnalare “rationabiliter” “gli argomenti che possono essere addotti contro la

nullità” è infatti una manifestazione della compatibilità del favor matrimonii e del favor veritatis.

Ma il fatto che la sua difesa non deve essere ostinata ma “ragionevole” non la esime dal dovere di

cercare gli argomenti in favore della validità del matrimonio: la sua conclusione deve essere

“ragionevole” e anche “ragionata”.

E’ vero che possono esserci dei casi in cui non vi sia alcun dubbio sull’invalidità del

matrimonio (e il difensore del vincolo prenderà atto di tale “incontestabilità” della nullità), ma il

presidente del tribunale farà bene a evitare superficialità e abusi, per esempio se si accorge che un

94 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana del 28 gennaio 1982, in AAS 74 (1982) 453.

95 PIO XII, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 2 ottobre 1944 cit., 285.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 27

determinato difensore del vincolo del suo tribunale conclude sistematicamente tutte le sue difese

senza trovare argomenti in favore della validità del matrimonio.

D’altra parte, il difensore del vincolo presenta le proprie osservazioni attenendosi alla propria

posizione processuale, che non gli permette di fornire argomenti in favore della nullità (del tipo:

“questo difensore del vincolo è convinto della nullità del matrimonio ma ritiene insufficientemente

provati i capi invocati; invece pensa che ci sarebbero elementi sufficienti per dichiararlo nullo per il

capitolo –non invocato– di esclusione dell’indissolubilità”).

Possiamo richiamare a tale proposito un decreto rotale96 riguardante una causa che era stata

introdotta chiedendo la nullità per incapacità di entrambi i coniugi; il tribunale di prima istanza

concluse per l’incapacità della donna e la capacità del marito. Dopo l’appello del difensore del

vincolo e l’istruzione in secondo grado (con nuove prove, in particolare peritali), il patrono della

parte attrice rinuncia ad argomentare sull’incapacità del marito e si concentra su quella della donna

(che doveva essere confermata). Il difensore del vincolo, nelle animadversiones, si oppone invece

all’incapacità della donna e presenta diversi argomenti in favore dell’incapacità del marito. La

seconda sentenza conferma quella precedente e non ammette l’affermata incapacità del marito. Il

difensore del vincolo chiede una nova causae propositio alla Rota, adducendo come nuove prove

l’incapacità del marito. Ammesso il ricorso, il patrono scrive al vicario giudiziale del tribunale di

seconda istanza segnalando la mancanza di capacità del difensore del vincolo e ricusandolo

formalmente, perché ritiene che prova animadversione verso l’attore. Il decreto rotale finalmente

nega la nuova proposizione della causa97; sostiene il decreto che il difensore del vincolo manca di

legittimazione attiva a tenore del can. 1501 e 1683 di addurre un nuovo capo di nullità, per cui un

eventuale sentenza sarebbe stata nulla con nullità insanabile ex can 1620, 4. Ad ogni modo, il

decreto ricorda che nel caso il difensore ritenesse che c’era stata una lesione della giustizia, avrebbe

dovuto ricorrere al promotore di giustizia98.

Nel primo dei casi pratici inviati riscontriamo un atteggiamento del difensore del vincolo che

anziché cercare argomenti in favore della validità, assume acriticamente le conclusioni della perizia,

senza esaminare né il metodo né su quali fatti poggiano le conclusioni del perito:

“La convenuta ha inviato una lettera al Tribunale, nella quale dice che l’opinione del suo psicologo

è d’importanza capitale per la decisione che prenderà il Tribunale. Aggiunge che “uno psicologo

professionale è un imparziale e competente osservatore, e le sue opinioni riguardo mio marito e me stessa

dovrebbero dare luce definitiva per la decisione del Tribunale in favore della nullità”. Nella deposizione

96 Decr. c. Palestro del 2 luglio 1986 (Rotae Romanae Tribunal Decreta selecta inter ea quae anno 1986 prodierunt cura eiusdem Apostolicis Tribunalis edita 4 (1998) 107-113).

97 Segnala che sulla ricusazione si deve pronunciare il vicario giudiziale della seconda istanza.

98 E’ significativo anche un decreto c. Burke 10 febbraio 1988 (Rotae Romanae Tribunal Decreta selecta inter ea quae anno 1988 prodierunt cura eiusdem Apostolicis Tribunalis edita 6 (1999) 29-30): ammette una nova causae propositio, per cinque ragioni, tra cui il mancato adempimento dei doveri del difensore del vincolo, che non solo non dà argomenti pro vinculo ma addirittura consiglia il convenuto di astenersi di ulteriori ricorsi.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 28

dello psicologo, rispondendo alla domanda dell’avvocato (“lei pensa che la lieve depressione della donna

è dovuta al meno in parte ad alcuni problemi relativi alle violenze emotive vissute nella sua famiglia di

origine?”) rispose: “è così”. L’avvocato: “e l’aborto, c’entra?”. Lo psicologo: “c’entra”. La deposizione

dello psicologo conferma che la convenuta è stata testimone di violenze sia fisiche che morali tra suo

padre e sua madre. Tali esperienze hanno avuto un effetto sulla psiche della convenuta, in data precedente

al suo matrimonio.

Sulla base dei fatti segnalati e sull’opinione dello psicologo, ritengo che i capi di nullità allegati

sono da ritenersi fondati. Non ho altri argomenti da esporre in favore del vincolo e sono pronto ad

accettare la decisione del Tribunale”.

E’ bene ricordare quanto segnalava Giovanni Paolo II nel Discorso del 1988: il difensore del

“dovrà saper valutare rettamente le perizie in quanto sfavorevoli al vincolo e segnalare

opportunamente al giudice i rischi della loro scorretta interpretazione avvalendosi anche del diritto

di replica che la legge gli consente” (n. 12). Nel caso presente, il difensore non valuta la perizia e

anzi ritiene come provata l’incapacità semplicemente perché il perito aveva apprezzato sia una

“lieve depressione” causata “al meno in parte” dai problemi vissuti in famiglia e da un aborto

provocato, che avevano influito sulla psiche. Il difensore tralascia di segnalare che la perizia non

prende in considerazione in che modo tali problemi concretamente avevano influito sulla

discrezione di giudizio o la capacità di assumere gli obblighi, né segnala se sono state intaccate le

facoltà intellettive e psichiche; né quali obblighi erano stati eventualmente vissuti male, con quali

manifestazioni… Non critica il fatto che le domande poste al perito cerchino di provocare una

risposta “pro nullitate”, più che chiarire le sue conclusioni.

Senza voler dilungarci troppo su questo punto, è bene ricordare che risulta di grande

importanza che il difensore del vincolo aiuti il giudice nel compito di effettuare la necessaria

traduzione dei termini psichiatrici in termini giuridici: “Le categorie appartenenti alla scienza

psichiatrica o psicologica non siano trasferite in modo automatico al campo del diritto canonico,

senza i necessari adattamenti che tengano conto della specifica competenza di ciascuna scienza”99.

Concretamente, il difensore del vincolo rileverà tutto ciò che porta a ridimensionare la gravità del

disturbo, e aiuterà a valutare la capacità fornendo argomenti derivati dalla considerazione di tutto

l'insieme del materiale probatorio. Infatti, la visione integrale del materiale probatorio riduce

notevolmente la gravità del disturbo, poiché ciò che visto isolatamente appare come grave, se si

considera nell’insieme della biografia dei coniugi sembra essere di minore entità: “Se si fa solo

un’analisi descrittiva dei diversi comportamenti, senza cercarne la spiegazione dinamica e senza

impegnarsi in una valutazione globale degli elementi che completano la personalità del soggetto,

l’analisi personale risulta già determinata ad una sola conclusione: non è infatti difficile cogliere nei

contraenti aspetti infantili e conflittuali che, in una simile impostazione diventano inevitabilmente la

99 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione 1988 cit., n. 6. Cfr. A. STANKIEWICZ, La convertibilità delle conclusioni peritali nelle categorie canoniche, in Monitor Ecclesiasticus 119 (1994), 353-384; ID., La valutazione delle perizie nelle cause matrimoniali per incapacità psichica, in Monitor Ecclesiasticus 118 (1993), 263-287.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 29

«prova» della loro anormalità, mentre forse si tratta di persone sostanzialmente normali, ma con

difficoltà che potevano essere superate, se non vi fosse stato il rifiuto della lotta e del sacrificio”100.

D’altra parte, il difensore del vincolo aiuta senz’altro il giudice a raggiungere la certezza

morale, ma non può sostituirsi al giudice: non spetta al difensore –non è questo l’ufficio che gli è

stato affidato– manifestare la certezza o meno, e tanto meno una convinzione soggettiva non

corroborata dalle prove (“il difensore del vincolo è personalmente convinto della nullità del

matrimonio anche se la prova risulta insufficiente…”)101.

Sempre nel Discorso del 1988, Giovanni Paolo II sottolineava che il ruolo del difensore “non

significa che spetti a lui valutare gli argomenti pro o contro e pronunciarsi circa il merito della

causa, ma che egli non deve costruire «una difesa artificiosa, senza curarsi se le sue affermazioni

abbiano un serio fondamento oppure no». Il suo specifico ruolo nel collaborare alla scoperta della

verità oggettiva consiste nell’obbligo «proponendi et exponendi omnia quae rationabiliter adduci

possint adversus nullitatem»”102, cioè di segnalare quali estremi possono essere richiamati a difesa

della validità.

Comunque, perfino nel caso in cui il difensore del vincolo sia convinto soggettivamente della

nullità di un matrimonio, deve comunque manifestare se ci sono –e ordinariamente ci saranno–

argomenti a favore della validità, magari aggiungendo che tali estremi non hanno un peso

determinante: come ebbe a ricordare Pio XII, concluderà “che dopo un diligente, accurato e

coscienzoso esame degli atti, non ha rinvenuto alcuna ragionevole obiezione da muovere contro la

domanda dell’attore o del supplicante”.

Infine, il rispetto del proprio ruolo processuale comporta che il difensore limiti le sue

osservazioni agli aspetti riguardanti la validità del vincolo, senza invadere il campo del giudice in

materie patrimoniali ecc.103.

Prima di concludere questo punto, segnaliamo in sintesi alcuni estremi che è bene che il

difensore del vincolo prenda in considerazione nel redigere le proprie animadversiones, in

particolare nelle cause di nullità per incapacità psichica104:

100 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione 1988, n. 8.

101 Nell’ipotetico e fuorviante caso in cui il difensore del vincolo –o il promotore di giustizia– abbia emesso la “sentenza”, tale atto risulta viziato da nullità insanabile perché posto da chi difetta di ogni vera potestà giudiziaria (cfr. J. LLOBELL, La certezza sul proprio stato matrimoniale e la nullità della sentenza, in AA.VV., L’atto giuridico nel diritto canonico, Città del Vaticano Vaticana, 2002, §§ 7-8).

102 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione 1988, n. 2.

103 Cfr. decreto c. Agustoni del 24 gennaio 1986: il difensore del vincolo eccede nelle sue funzioni perché oltre la difesa del vincolo segnala quali dovrebbero essere gli obblighi patrimoniali dell’attore verso il convenuto, questione questa che in ogni caso spettava ai giudici (Rotae Romanae Tribunal Decreta selecta inter ea quae anno 1986 prodierunt cura eiusdem Apostolicis Tribunalis edita 4 (1998) 8-10).

104 Rimandiamo a questo proposito a N. SCHÖCH, Le «animadversiones» del difensore del vincolo cit.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 30

a) La distinzione tra la sfera degli esperti delle scienze umane e gli esperti del diritto; di

conseguenza, la necessità di tradurre il linguaggio medico in linguaggio giuridico e la distinzione

tra le categorie mediche di “normalità” e quelle giuridiche di capacità.

b) La tutela dell’antropologia cristiana105, evidenziando qualora nelle perizie si riscontrino

manifestazioni di atteggiamenti deterministi o semplicistici (se alcune circostanze abitualmente

provocano un disturbo non è detto che sempre e in ogni caso lo provochino); la considerazione non

di un uomo ideale che prende le proprie decisioni con somma libertà ma dell’uomo reale sottoposto

a condizionamenti e tratti di immaturità; la constatazione che l’uomo che si sposa deve fare i conti

con delle difficoltà e ha a disposizione l’aiuto della grazia, e anzi che spesso nelle difficoltà l’uomo

raggiunge una maturità maggiore. In definitiva, si tratta di ricordare la distinzione tra difficoltà e

impossibilità, tante volte richiamata nelle allocuzioni di Giovanni Paolo II.

c) Deve considerare qual'è la qualificazione professionale del perito (una persona che è un

semplice assistente sociale difficilmente può raggiungere la competenza professionale di un vero

esperto), nonché il metodo e le fonti utilizzate nella perizia (se si è servito di “test”, se ha esaminato

gli atti o il soggetto direttamente; se le conclusioni non poggiano su fatti provati ma solo su

deposizioni di testi “di parte”); se sono stati apportati dei documenti e cartelle cliniche dei medici

curanti. Se il perito ha realizzato un lavoro di riflessione logica o semplicemente ha “illustrato” le

proprie convinzioni con argomentazioni costruite all’uopo…

d) Il difensore del vincolo prenderà in considerazione le circostanze delle nozze e la portata di

eventuali decisioni imprudenti e di inadempienze dovute alla debolezza umana, distinguendo tali

manifestazioni da vere anomalie psichiche: la giovane età, la mancanza di esperienza (il fatto di

sposare il primo fidanzato), perfino l’imprudenza nella decisione di sposarsi non sono di per sé e

sempre manifestazione di grave immaturità. Per esempio, farà notare che le frequenti e deliberate

infedeltà provocate dal fallimento della vita comune non sono necessariamente manifestazione di

incapacità di assumere gli obblighi.

e) Infine, non va trascurata la considerazione del tempo dell’inizio del disturbo e il suo

percorso, nonché la durata del matrimonio e l’effettivo adempimento degli obblighi matrimoniali

durante mesi o anni (non è sempre credibile la frequente affermazione dell’attore che il matrimonio

è stato un inferno sin dal primo giorno), nonché l’individuazione di eventuali fatti traumatici ben

individuabili nel tempo e ai quali attribuire la causa del fallimento: una relazione extraconiugale,

difficoltà economiche o di comunicazione presenti in tutte le coppie...

105 Cfr. J.I. BAÑARES, Antropología cristiana y peritaje psiquiátrico en las causas matrimoniales, in Ius Canonicum 40 (2000) 413-437.

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MIGUEL A. ORTIZ – IL DIFENSORE DEL VINCOLO 31

5. Le impugnazioni alla sentenza

5.1. Querela di nullità

Il can. 1626 legittima il difensore del vincolo a interporre querela di nullità, parimenti alle

parti private: “Possono interporre querela di nullità non solo le parti che si ritengono onerate, ma

anche il promotore di giustizia o il difensore del vincolo ogniqualvolta hanno diritto d'intervenire”106.

Come abbiamo accennato, uno dei motivi che legittimano a interporre la querela di nullità è la

mancanza di citazione del difensore del vincolo.

Gil de las Heras, in uno studio pubblicato nel 1981107, segnalava come motivi particolari per

interporre la querela:

– la mancanza di motivazione del decreto di ratifica ex can. 1682 § 2108;

– l’emanazione di un decreto di ratifica ad una sentenza di nullità che non è stata data in

prima istanza;

– l’indefensione del vincolo (De las Heras ritiene –con de Diego-Lora– che c’è indefensione

qualora il difensore del vincolo adotta un atteggiamento passivo: cioè non solo quando il difensore

del vincolo “non ha potuto arguire” ma quando di fatto non ha proposto, arguito, contraddetto).

La querela, oltre a proporsi insieme all’appello, può essere posta come incidente passato il

termine per l’appello109.

5.2. Appello

Come abbiamo accennato, il Legislatore del 1983 ha soppresso l’obbligo che spettava al

difensore del vincolo di appellare contro la sentenza affermativa emanata in prima istanza, che

doveva espletare indipendentemente dal proprio convincimento sul caso. Il can. 1682 ha risolto la

necessità di ottenere due sentenze conformi con l’invio ex officio della prima sentenza affermativa

106 Cfr. art. 276 DC.

107 F. GIL DE LAS HERAS, La impugnación de la sentencia por el defensor del vínculo en las causas matrimoniales cit.

108 Cfr. C. DE DIEGO-LORA, commento al can. 1682, in AA.VV., Comentario exegético cit., 1922; Risposta della Pontificia Commissione per l’Interpretazione dei Decreti del Concilio Vaticano II del 14 febbraio 1974 (AAS 66 (1974) 463).

109 Ormazábal riporta un decreto c. Stankiewicz del 26 febbraio 1987 attinente un difensore del vincolo che presenta una questione pregiudiziale riguardante una conformità di sentenze: un tribunale dichiara nullo un matrimonio per simulazione della sposa; in seconda istanza invece per mancanza di discrezione di giudizio in entrambi, considerando inoltre la sentenza conforme con quella di primo grado. Il marito si sposa ma il nuovo matrimonio fallisce e la nuova sposa chiederà la nullità del secondo matrimonio. Introdotta la causa di nullità presso un tribunale (di primo grado), il difensore del vincolo introduce presso la Rota Romana la questione pregiudiziale della conformità delle due sentenze della causa precedente. Il decreto considera che il difensore del vincolo è legittimato ad impugnare la sentenza in ragione della connessione delle cause (se si conclude che le due sentenze non erano conformi, il secondo matrimonio è nullo per impedimento di vincolo); ma è legittimato non come azione (già prescritta) ma come eccezione, che non prescrive: c. 1621. (cfr. P. ORMAZÁBAL, La naturaleza procesal del defensor del vínculo cit., 661-662).

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al tribunale superiore. Lasciando da parte la natura di tale invio ex officio, a noi interessa

sottolineare:

a) che il difensore del vincolo conserva il diritto di appellare anche in qualunque

istanza, nel “termine perentorio di quindici giorni utili dalla notizia della pubblicazione della

sentenza” (can. 1630 § 1). Bisogna dire che il fatto che gli atti siano inviati ex officio al tribunale

superiore non esime al difensore del vincolo dell’appello. Anzi, interporre l’appello quando lo

ritiene necessario costituirà un utile aiuto al difensore del vincolo e al tribunale del grado superiore.

b) a norma del can. 1636 § 2, una volta il difensore del vincolo ha interposto l’appello,

il difensore del tribunale superiore può rinunciare alla prosecuzione di esso, anche se tale rinuncia

non comporta la rinuncia all’istanza, che segue il corso provocato dall’invio ex officio: decreto di

conferma o nuova sentenza;

c) il difensore non ha più il diritto di appellare pro sua conscientia due sentenze

conformi di nullità, ma avrà gli stessi rimedi delle parti private (la nova causae propositio);

d) se la prima sentenza pro nullitate non fu data in prima istanza, il tribunale invierà gli

atti al tribunale superiore, il quale dovrà citare le parti (compresso il difensore del vincolo), senza

poter emettere il decreto del can. 1682 § 2;

e) diversamente, nel caso del can. 1682 § 2 (di invio ex officio al tribunale superiore e

possibilità di decreto di conferma), il canone aggiunge che “il tribunale di appello, ponderate le

osservazioni del difensore del vincolo e anche delle parti, se ve ne siano, con suo decreto confermi

sollecitamente la decisione oppure ammetta la causa all'esame ordinario del nuovo grado”. Sembra

evidente dunque che dovrà citare il difensore del vincolo (del proprio tribunale, non quello

dell’istanza inferiore) affinché presenti le sue osservazioni. Il tribunale citerà pure le parti private, le

quali possono presentare delle osservazioni o meno.

Diciamo una parola sul contenuto dell’eventuale appello del difensore del vincolo e le

necessarie osservazioni del difensore dell’istanza superiore. Sia l’appello che le animadversiones

offrono l’occasione di mettere in evidenza eventuali deficienze avvenute nell’iter processuale della

causa. Evitando ogni formalismo, il difensore del tribunale del grado superiore esaminerà

l’adeguatezza dell’operato del primo tribunale, e le eventuali deficienze processuali: per esempio, se

il difensore ha avuto poco spazio per svolgere il suo compito, se il giudice ha assecondato

acriticamente le conclusioni del perito, se costui ha presentato un rapporto superficiale e

preconcetto, se la sentenza non tiene conto dell’insieme del materiale probatorio e in particolare di

elementi che sostengono la validità, se le dichiarazioni delle parti sono contraddette da altri indizi e

circostanze…

Certo, qui bisogna fare i conti con il principio della libera valutazione delle prove da parte del

giudice; ma la libera valutazione e la certezza raggiunta dal giudice ex actis et probatis si

completano con la necessità che tale certezza venga motivata nella sentenza: che sia cioè

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suscettibile di essere trasmessa ad altri e sia appunto fondata ex actis et probatis. Se il difensore

ritiene che le prove non sostengono la decisione, lo farà notare opportunamente.

Nel caso del processo documentale, il can. 1687 § 1 segnala che contro la sentenza che in tale

processo dichiara la nullità del matrimonio “il difensore del vincolo, se prudentemente giudichi che

non vi sia certezza dei difetti di cui al can. 1686 o della mancata dispensa, deve appellare al giudice

di seconda istanza, al quale si devono trasmettere gli atti ammonendolo per iscritto che si tratta di

un processo documentale”110.

Può appellare dunque o perché ritiene che la causa di nullità non è certa o perché ritiene che

esistono seri dubbi riguardo all’inoppugnabilità del documento che sostiene la certezza del giudice.

Di conseguenza, appellerà se ritiene che non sono state prese in considerazione le obiezioni o

eccezioni avanzate contro il documento, o il giudice non le ha valutate convenientemente.

Comunque, il dovere di appellare è rimesso alla valutazione prudenziale dello stesso difensore del

vincolo, il che lo fa rientrare in fondo nella previsione del § 2 dello stesso canone: “Alla parte che si

ritiene onerata resta il diritto di appellare”111.

Una volta proseguito l’appello, il difensore del vincolo – del tribunale superiore – deve

intervenire nel processo di seconda istanza, in cui si decide allo stesso modo della prima istanza “se

la sentenza debba essere confermata o se piuttosto si debba procedere nella causa per il tramite

ordinario del diritto”. In tal caso, il giudice rimanderà la causa al tribunale di prima istanza (c.

1688).

5.3. “Nova causae propositio”

Il can. 1644 CIC segnala che “se furono emesse due sentenze conformi in una causa sullo

stato delle persone, si può adire il tribunale di appello in qualsiasi momento, adducendo nuove e

gravi prove o argomenti entro il termine perentorio di trenta giorni da quando l'impugnazione fu

proposta”. Sembra evidente che sono legittimati a chiedere il nuovo esame sia le parti private che il

difensore del vincolo.

Il difensore del vincolo ha una legittimazione che non muta la propria posizione processuale:

è attore del ricorso ma la posizione attiva nella nova causae propositio è congruente con la sua

posizione sostanziale di opposizione alla dichiarazione di nullità.

Sono legittimati a chiedere la “nova causae propositio” il difensore del vincolo del tribunale

“a quo” e quello del tribunale superiore. Essi possono chiedere il nuovo esame solo dopo due

sentenze al fine che venga dichiarato “non constare de nullitate matrimonii” (eventualmente

dichiarato nullo con doppia sentenza conforme)112.

110 Sostanzialmente uguale l’art. 298 DC.

111 Cfr. C. DE DIEGO-LORA, commento al can. 1687, in AA.VV., Comentario exegético cit., 1958.

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Il can. 1644 aggiunge che, una volta presentate le nuove prove, il tribunale di appello decide

entro un mese se ammettere o no la nuova proposizione della causa. L’istruzione Dignitas connubii

ha sancito che – nel caso l’impugnazione provenga da una parte privata – il tribunale d’appello,

prima di decidere se ammettere o meno il nuovo esame, deve ascoltare il difensore del vincolo ed

informare l’altra parte113.

6. Conclusione

Lasciamo qui la nostra esposizione114 concludendo con le parole (già citate prima) con le quali

Giovanni Paolo II concluse la sua Allocuzione al Tribunale della Rota del 1988. Parole che

esprimono l’alto apprezzamento e l’importanza della funzione di quest’ufficio: “La particolare

collaborazione del difensore del vincolo nella dinamica processuale fa di lui un operatore

indispensabile per evitare fraintendimenti nel pronunciamento della sentenza, specialmente là dove

la cultura dominante risulta contrastante con la salvaguardia del vincolo matrimoniale assunto dai

contraenti al momento delle nozze”. Diversamente, “quando la sua partecipazione al processo si

esaurisse nella presentazione di osservazioni soltanto rituali, ci sarebbe fondato motivo per dedurne

una inammissibile ignoranza e/o una grave negligenza che peserebbe sulla coscienza di lui,

rendendolo responsabile, nei confronti della giustizia amministrata dei tribunali, giacché, tale suo

atteggiamento indebolirebbe la effettiva ricerca della verità, la quale deve essere sempre

«fondamento madre e legge della giustizia»”115.

112 J. HUBER, Il difensore del vincolo cit., 129, con riferimento a C. GULLO, La “nova causae propositio”, in AA.VV., Il processo matrimoniale canonico, Città del Vaticano 1994, 807.

113 Art. 293 § 1 DC: “Tribunal appellationis intra mensem ab exhibitis novis probationibus et argumentis, audito defensore vinculi et certiore facta altera parte, debet decreto statuere utrum nova causae propositio admitti debeat, necne (cf. can. 1644, § 1)”. In questo senso si erano espressi per esempio C. DE DIEGO-LORA, commento al can. 1644, in AA.VV., Comentario exegético cit., 1715, con J. GARCÍA FAÍLDE, Nuevo Derecho procesal canónico, Salamanca 1984, 242; J.M. IGLESIAS ALTUNA, Procesos matrimoniales canónicos, Madrid 1991, 213.

114 Non prendiamo in considerazione l’intervento nel processo amministrativo per la dispensa del matrimonio rato e non consumato, che esula dal contenuto del nostro corso, riguardante le cause di nullità. Cfr. sull’argomento J. CARRERAS, commento ai cann. 1697-1706 (spec. can. 1701), in AA.VV., Comentario exegético cit., 1992-1994.

Non ci soffermiamo neanche sulla rimozione e la privazione dell’ufficio del difensore del vincolo; cfr. J. HUBER, Il difensore del vincolo cit., 132-133.

115 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione 1988 cit., n. 13.