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PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER I SERVIZI TECNICI NAZIONALI Via Curtatone, 3 - 00185 Roma PROPOSTA DI LINEE GUIDA PER LA VERIFICA SISMICA DI STRUTTURE INTERRATE DESTINATE ALLA SISTEMAZIONE DI IMPIANTI TECNOLOGICI Giacomo Di Pasquale, Agostino Goretti, Roberto Romeo RAPPORTO TECNICO SSN/RT/00/05 Settembre 2000

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PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER I SERVIZI TECNICI NAZIONALI

Via Curtatone, 3 - 00185 Roma

PROPOSTA DI LINEE GUIDA PER LA

VERIFICA SISMICA DI STRUTTURE INTERRATE

DESTINATE ALLA SISTEMAZIONE DI IMPIANTI TECNOLOGICI

Giacomo Di Pasquale, Agostino Goretti, Roberto Romeo

RAPPORTO TECNICO SSN/RT/00/05 Settembre 2000

Proposta di linee guida per la verifica sismica di strutture interrate destinate alla sistemazione di impianti tecnologici

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PREFAZIONE Le presenti linee guida sono state predisposte dal Servizio Sismico Nazionale ai sensi dell’articolo 8 comma 4 della Direttiva 03/03/1999 recante “Razionale sistemazione nel sottosuolo degli impianti tecnologici”, elaborata dal Dipartimento delle Aree Urbane, all'epoca presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel Maggio del 2000 il testo è stato inviato al Ministero dei Lavori Pubblici, dove è stato nel frattempo trasferito il Dipartimento delle Aree Urbane. In attesa delle determinazioni che vorrà assumere il Ministero, le linee guida vengono di seguito pubblicate in forma di proposta.

In copertina Separazione di una conduttura dell'acqua (16") e del gas (6")

Terremoto di S.Fernando '71 Foto Steinbrugge Collection, Earthquake Engineering Research Center, University of California, Berkeley

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INDICE 1. Scopo e campo di applicabilità ..................................................................................... 4

2. Prestazioni richieste in caso di sisma ........................................................................... 4

3. Studi di base ................................................................................................................. 4

4. Definizione dell’azione sismica ..................................................................................... 4

4.1. Tipi di suolo ............................................................................................................... 5 4.2. Parametri descrittivi del moto sismico del terreno ..................................................... 5

4.2.1. Spettro di risposta elastico ................................................................................. 6 4.2.2. Accelerogrammi ................................................................................................. 7

4.3. Parametri descrittivi delle deformazioni permanenti del terreno ................................ 8 4.3.1. Fagliazione superficiale ..................................................................................... 8 4.3.2. Frane. ................................................................................................................ 8 4.3.3. Liquefazione ....................................................................................................... 8 4.3.4. Addensamento e costipazione ........................................................................... 9 4.3.5. Maremoti e sesse ............................................................................................... 9

5. Effetti del sisma ............................................................................................................ 9

5.1. Spinta del terreno in condizione sismica ................................................................. 10 5.2. Deformazioni elastiche del terreno dovute al transito delle onde sismiche ............. 10 5.3. Deformazioni permanenti dovute al sisma .............................................................. 10

5.3.1. Fagliazione superficiale. .................................................................................. 10 5.3.2. Frane. .............................................................................................................. 11 5.3.3. Liquefazione ..................................................................................................... 11 5.3.4. Assestamento e costipazione .......................................................................... 11

5.4. Combinazioni degli effetti delle azioni sismiche ...................................................... 12

6. Disposizioni costruttive ............................................................................................... 12

7. Ringraziamenti ............................................................................................................ 14

Appendice 1. Casistica di danneggiamenti osservati a lifelines ......................................... 15

Appendice 2. Fagliazione superficiale ............................................................................... 18

Appendice 3. Stabilità dei pendii ........................................................................................ 20

Appendice 4. Liquefazione ................................................................................................. 22

Appendice 5. Modelli di calcolo per la valutazione degli effetti del sisma .......................... 24

Appendice 6. Esempio di calcolo ....................................................................................... 33

Riferimenti bibliografici ....................................................................................................... 39

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1. Scopo e campo di applicabilità Le presenti linee guida si applicano per la verifica, rispetto alle azioni sismiche, di strutture interrate per la sistemazione di impianti tecnologici. Le linee guida forniscono indicazioni per la definizione delle prestazioni richieste, delle azioni di riferimento e per il calcolo delle sollecitazioni e/o deformazioni nelle strutture interrate. I criteri di verifica esplicitamente forniti riguardano essenzialmente le strutture di alloggiamento dei sottoservizi. Le verifiche degli impianti e dei relativi supporti dovranno essere effettuate in funzione delle tipologie e dei materiali utilizzati in modo da garantire le prestazioni definite nelle presenti linee guida. Alle linee guida sono allegate appendici di carattere tecnico-informativo. 2. Prestazioni richieste in caso di sisma Stato Limite Ultimo (SLU) Per una azione con bassa probabilità di accadimento nel corso della vita utile dell’opera è ammesso il danneggiamento con conseguente fuori servizio degli impianti tecnologici, purché sia possibile il loro ripristino entro tempi compatibili con la disponibilità di risorse autonome e a condizione che non si generino situazioni di pericolo per la popolazione a causa del rilascio incontrollato di sostanze pericolose e/o del determinarsi di condizioni favorevoli per incendi o esplosioni. Stato Limite di danno (SLD) Per una azione che abbia una elevata probabilità di superamento nel corso della vita utile dell’opera si dovrà garantire la continuità del servizio senza interventi o la possibilità di ripristinarlo con operazioni di limitata importanza e durata (circa 12 ore) a condizione che non si generino situazioni di pericolo per la popolazione a causa del rilascio incontrollato di sostanze pericolose e/o del determinarsi di condizioni favorevoli per incendi o esplosioni. 3. Studi di base Oltre a quanto richiesto dal D.M. 11.3.88, recante Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii e delle opere di fondazione, si dovranno acquisire le informazioni che consentano di individuare con sufficiente precisione l’entità della azione sismica e degli eventuali effetti cosismici da considerare nel progetto. In particolare dovranno essere individuate le condizioni che favoriscono l’amplificazione locale del moto sismico, le discontinuità nelle proprietà dei terreni che possono influenzare il comportamento delle opere, le aree suscettibili di fenomeni di frana, assestamento o liquefazione e le cavità presenti in area urbana. 4. Definizione dell’azione sismica Il progetto deve tenere conto sia delle azioni derivanti dal moto del terreno, dovuto al passaggio dell'onda sismica, sia delle azioni derivanti da spostamenti permanenti localizzati in corrispondenza di faglie, frane, zone di assestamento e zone di liquefazione. Si riportano nel seguito le azioni sismiche di riferimento per opere di importanza corrente.

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L’azione sismica di riferimento per lo SLU è definita come quella avente probabilità di superamento inferiore al 10% in 50 anni (periodo di ritorno Tr=475 anni in un modello Poissoniano di sismicità). L’azione sismica di riferimento per lo SLD è definita come quella avente probabilità di superamento inferiore al 40% in 50 anni (periodo di ritorno Tr100 anni in un modello Poissoniano di sismicità). L’azione sismica definita nel seguito del presente paragrafo è relativa allo stato limite ultimo. In mancanza di studi specifici e per opere di modesta importanza l’azione per lo stato limite di danno può essere ottenuta dividendo per 3 i valori dei parametri descrittivi di seguito riportati. Per reti di particolare importanza potranno essere adottate azioni con minore probabilità di superamento in funzione del rischio associato al loro danneggiamento. Propedeutica alla definizione dell'azione sismica è, in ogni caso, l’individuazione delle caratteristiche del suolo attraversato dall’opera, o attraverso indagini specifiche o sulla base di documentazione già disponibile. 4.1. Tipi di suolo Ai fini della definizione della azione sismica di progetto si individuano le seguenti tre categorie di sottosuolo (le profondità si riferiscono al piano di campagna) A - Formazioni litoidi o terreni omogenei caratterizzati da valori di Vs (Vs=velocità delle

onde di taglio per deformazioni di taglio <10-6) superiori a 800 m/sec oppure da NSPT>80, salvo in strati superficiali di spessore massimo pari a 5 m.

Depositi di sabbie, ghiaie, argille consolidate ad elevate caratteristiche meccaniche,

con spessori di diverse decine di metri, caratterizzati da valori di Vs crescenti con la profondità, a partire da Vs>400 m/sec (NSPT>30) alla profondità di 10 m.

B - Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o depositi di argille di media

rigidezza, con spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di Vs crescenti con la profondità, a partire da Vs>200 m/sec (NSPT>15) alla profondità di 10 m e pari ad almeno Vs=450 m/sec (NSPT>35) alla profondità di 50 m.

C - Depositi di terreni incoerenti, con o senza intercalazioni di terreni soffici coesivi, o

depositi di terreni coesivi a caratteristiche di rigidezza da bassa a media caratterizzati da valori di Vs crescenti con la profondità senza discontinuità marcate, a partire da Vs>150 m/sec (NSPT > 10) alla profondità di 20 m.

4.2. Parametri descrittivi del moto sismico del terreno In mancanza di studi specifici di pericolosità e/o microzonazione sismica, che valutino le caratteristiche del moto sismico atteso in base alle definizioni riportate al punto 2. e le specifiche di cui al punto 4., l’azione sismica sarà descritta dai parametri di picco del moto del suolo riportati nella tabella seguente. In essa il grado di sismicità è definito ai sensi della legislazione vigente e con Ag, Vg e Sg si è indicato rispettivamente la massima

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accelerazione, velocità e spostamento del suolo). Per strutture di particolare importanza, se site in comuni attualmente non classificati, si consiglia di effettuare comunque studi che mirino a stabilire una eventuale equiparazione con la sismicità delle zone già classificate. In assenza di tali studi costituirà utile riferimento la proposta di riclassificazione sismica [1]

Tabella I. Parametri del moto del suolo Grado di sismicità, S

= Ag/g Suolo Vg/ (cm/s) Sg/ (cm)

12 0.35 A 90 60 9 0.25 B 130 90 6 0.15 C 160 120

4.2.1. Spettro di risposta elastico Una descrizione più completa dell’azione sismica si ottiene attraverso lo spettro di risposta elastico in accelerazione del moto sismico atteso, Se; tale spettro si ottiene moltiplicando i valori di accelerazione di picco al suolo, Ag, per lo spettro di risposta normalizzato, funzione del periodo (T) dell’oscillatore elementare secondo le seguenti espressioni: 0 T TB Se(T) = s [ 1 + (T/TB (0 – 1))] TB T TC Se(T) = s 0 TC T TD Se(T) = s 0 (TC/T)k1 TD T Se(T) = s 0 (TC/T)k1 (TD/T)k2 In cui: - s tiene conto delle caratteristiche geotecniche e stratigrafiche del terreno in sito; - = (7/(2+))1/3 0.7 tiene conto di eventuali valori dello smorzamento viscoso

equivalente, , riferito a quello critico, diversi dal 5%; - 0 definisce la massima amplificazione dinamica in accelerazione; - TB, TC, TD sono valori di periodo che separano i vari rami dello spettro e che dipendono

dalle caratteristiche del sito; - k1 e k2 regolano la pendenza dei rami dello spettro a velocità e spostamento costante. I valori dei parametri sopra citati per i tre tipi di suolo descritti nel punto 4.1 sono riassunti nella successiva tabella II. Gli spettri normalizzati per i tre tipi di suolo considerati sono riportati nella figura 1

Tabella II. Parametri che definiscono lo spettro di risposta elastico normalizzato Tipo di suolo

s 0 TB (sec) TC (sec) TD (sec) K1 K2

A 1 2.5 0.10 0.40 3.0 1 2 B 1 2.5 0.15 0.60 3.0 1 2 C 0.9 2.5 0.20 0.80 3.0 1 2

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0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

0 1 2 3 4

Periodo (s)

PS

A (

g)

Suolo tipo A

Suolo tipo B

Suolo tipo C

Figura 1: Spettri di risposta elastici normalizzati per i tre tipi di suolo 4.2.2. Accelerogrammi Nel caso si faccia ricorso all’analisi dinamica dovranno essere utilizzati almeno quattro accelerogrammi naturali o artificiali compatibili con lo spettro definito in 4.2.1. La forma e la durata di tali accelerogrammi dovranno essere coerenti con la magnitudo e gli altri parametri fisici che determinano le caratteristiche della sismicità al sito. In mancanza di studi specifici si assumerà che l’accelerogramma sia costituito da una fase iniziale nella quale l’intensità del sisma cresce, da una fase approssimativamente stazionaria e da una fase finale in cui l’intensità decresce. La durata della parte stazionaria () e delle fasi di transizione (1) saranno non inferiori ai valori riportati in tabella III. Tabella III. Durata minima delle fasi di transizione e stazionaria dell’accelerogramma

ag/g 0.04 0.10 0.20 0.30 0.40 (sec) 5 10 15 20 25 (sec) 1 2 3 4 5

La compatibilità con lo spettro di risposta sarà accertata sulla base del valore medio delle ordinate spettrali dei quattro accelerogrammi, calcolate per uno smorzamento del 5%. Tale media dovrà sempre essere superiore al 90% dello spettro di riferimento nel campo di periodi compreso fra 0.10 e 3 secondi. Lo spettro di ciascun accelerogramma dovrà essere calcolato per un numero di periodi sufficiente a descriverne compiutamente il contenuto in frequenza. Le azioni sismiche di cui sopra, spettro di risposta elastico ed accelerogrammi, definiscono il moto sismico in un punto. Opere di notevole sviluppo, come le reti di servizi e cunicoli di servizio, sono soggette a moto differente lungo il loro sviluppo (non sincronismo del moto) e di questo aspetto occorrerà tenere conto nelle verifiche (Appendice 5).

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4.3. Parametri descrittivi delle deformazioni permanenti del terreno Le deformazioni permanenti prodotte dal sisma nel terreno devono essere definite per mezzo degli spostamenti attesi del terreno, della loro direzione e dall'estensione della zona in cui si distribuiscono. 4.3.1. Fagliazione superficiale Qualora non sia possibile evitare che il tracciato dell’opera attraversi o passi nelle vicinanze di faglie tettonicamente attive1, si dovrà valutare la dislocazione attesa della faglia in funzione della magnitudo massima rilasciabile dalla struttura. In mancanza di indicazioni derivanti da studi specifici per il sito e per opere di corrente importanza, tale dislocazione media potrà essere derivata dalla tabella IV. I valori di spostamento atteso espresso in metri, AD, corrispondenti alle magnitudo intermedie possono essere ottenuti dalla relazione log(AD)=0.69M-0.48 [Wells & Coppersmith, 1994]. Gli spostamenti riportati in tabella sono da intendersi come spostamenti relativi fra i due lembi della faglia e, sempre in mancanza di informazioni specifiche, devono essere considerati agenti non simultaneamente in direzione longitudinale e trasversale rispetto al piano di faglia. Tabella IV. Spostamenti minimi del terreno in corrispondenza di una faglia attiva (SLU)

Magnitudo 5 5.5 6 6.5 7 7.5 Spostamento minimo (cm) 4.5 10 22 50 110 240

La magnitudo di riferimento, per l’applicazione della tabella, è la magnitudo momento (Mw); qualora essa non fosse disponibile si potrà assumere l’equivalenza tra magnitudo locale (ML) e Mw per M<6, e tra magnitudo delle onde di superficie (MS) e Mw per M6. Per opere di minore importanza o laddove la magnitudo associata alla faglia non sia nota, ci si potrà riferire alle indicazioni riportate in Appendice 2, dove è anche indicata una breve sintesi delle caratteristiche del fenomeno della fagliazione di superficie. 4.3.2. Frane. Ove non possa essere ragionevolmente escluso il pericolo di frana sotto sisma, si dovrà stimare l’entità dello spostamento cosismico atteso mediante analisi dinamica facendo riferimento ad accelerogrammi aventi le caratteristiche riportate nel par. 4.2.2 . Nel caso di opere di modesta importanza la determinazione degli spostamenti attesi potrà essere effettuata con i metodi semplificati riportati nell’Appendice 3. 4.3.3. Liquefazione Laddove non sia possibile evitare l’attraversamento di strati potenzialmente liquefacibili si dovranno stimare gli spostamenti permanenti attesi in senso orizzontale (per espansione laterale) e verticale (per spinta di galleggiamento) facendo riferimento ad accelerogrammi

1 Sono definite attive le faglie riconosciute tali in documenti ufficiali pubblicati dalle autorità nazionali competenti. In mancanza, è possibile definire come attive quelle faglie che abbiano manifestato almeno un movimento in superficie nell’Olocene (ca. 10,000 anni) o più movimenti ricorrenti nel corso del Pleistocene medio-superiore (ca. 700,000 anni), compatibili per lo meno con M=6.

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aventi le caratteristiche riportate nel par. 4.2.2. In caso di opere di modesta importanza si potrà fare anche riferimento ai metodi semplificati riportati nell’Appendice 4. 4.3.4. Addensamento e costipazione Nel caso di terreni granulari sciolti non saturi, dovrà essere considerata la possibilità che si verifichino cedimenti del terreno dovuti all’addensamento e alla costipazione, anche differenziale, per vibrocompattazione. La valutazione di tali cedimenti potrà essere effettuata con metodi chiaramente comprovati suffragati, per cedimenti attesi elevati o per opere di particolare importanza, da opportune prove sperimentali. 4.3.5. Maremoti e sesse Le installazioni realizzate a ridosso di coste marine, lacustri o fluviali sono potenzialmente soggette al pericolo di onde di maremoto o sessa (allagamento, erosione, scalzamento). La protezione delle opere da questo fenomeno dovrebbe essere effettuata valutando l’altezza, velocità e profondità di ingressione dell’onda di maremoto attesa. In caso di opere di modesta importanza ci si potrà limitare alla all’indagine storica, mediante consultazione di cataloghi. Per opere speciali, tale determinazione deve essere effettuata anche attraverso modellazione numerica. 5. Effetti del sisma

Il sisma causa nel terreno deformazioni elastiche e permanenti che, a loro volta, producono deformazioni nelle strutture interrate. Di queste ultime dovrà essere assicurata la compatibilità con le prestazioni richieste nel paragrafo 2. In mancanza di più precise determinazioni il rispetto delle prestazioni richieste limitatamente alla struttura interrata che ospita gli impianti tecnologici si riterrà assicurato se saranno verificati i requisiti di seguito riportati per lo stato limite ultimo e lo stato limite di servizio. S.L.U. In ogni sezione dell’opera la curvatura e la deformazione assiale presenti in caso di sisma devono essere comprese all'interno del dominio, espresso nello spazio delle deformazioni, ottenuto assumendo le deformazioni ultime del materiale ammesse dalla normativa vigente (1% per l’acciaio e 0.35 % per il calcestruzzo). Le deformazioni ultime sono ridotte al 75% di quelle ammesse dalla norma nel caso in cui si stia considerando la deformazione elastica del terreno dovuta al transito delle onde sismiche (v. par. 5.2). In tal caso, infatti, le deformazioni possono presentarsi in lunghi tratti dei manufatti interrati e quindi un rapido ripristino dei danni diventa più difficile. Un esempio di dominio ultimo espresso nello spazio delle deformazioni è riportato nell'appendice 6. Nel caso di manufatti dotati di giunti si dovrà assicurare la compatibilità di questi ultimi con gli spostamenti e le rotazioni attese. S.L.D. In ogni sezione nessuna barra di armatura o elemento in acciaio superi la deformazione di snervamento divisa per 1.15.

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Le reti di distribuzione ospitate nelle opere interrate dovranno essere progettate per sopportare le deformazioni di calcolo dell’opera con riferimento alle prestazioni riportate al par. 2. I dispositivi di supporto potranno essere progettati in modo da distribuire le distorsioni attese su lunghezze superiori a quelle considerate per l’opera interrata. 5.1. Spinta del terreno in condizione sismica Nelle opere interrate non sono generalmente rispettate le condizioni che consentono lo sviluppo degli stati limite attivo e passivo nel terreno sulle quali sono basate le espressioni riportate nel D.M. 16.1.96, sezione D. In tali casi l’entità della spinta laterale in condizioni sismiche sarà dedotta dai modelli utilizzati per l’analisi degli effetti dell’interazione terreno - struttura (v. punti 5.2 e 5.3). In via di semplificazione per le verifiche locali di opere di modesta importanza si potrà anche considerare un incremento di spinta orizzontale del terreno, dovuto al sisma, pari a2: Ph = H2 Ag/g applicata ad H/2, dove H è l’altezza del manufatto, e è il peso specifico del terreno. 5.2. Deformazioni elastiche del terreno dovute al transito delle onde sismiche Il manufatto interrato viene trascinato dal moto del terreno prodotto dal sisma e tende, pertanto, a subirne le deformazioni. Nel caso di strutture a prevalente sviluppo lineare gli effetti di tale moto sono schematizzabili in:

- deformazioni longitudinali, che intervengono nel senso dell’asse della struttura e sono associate essenzialmente a forze assiali;

- curvature e distorsioni, che deformano la struttura ortogonalmente all’asse e producono forze di taglio e momenti flettenti.

Il problema può essere in generale affrontato utilizzando modelli di interazione terreno – struttura per moto non sincrono, alcuni dei quali sono descritti in Appendice 5. Per opere di modesta importanza e in mancanza di più precise determinazioni si potrà adottare il modello semplificato riportato ancora in Appendice 5.

5.3. Deformazioni permanenti dovute al sisma Le deformazioni permanenti dovute a fagliazione superficiale, frane, liquefazione o assestamento producono deformazioni longitudinali e trasversali dell’opera. Anche in questo caso insorgono quindi forze assiali e momenti flettenti, il cui valore dipende dall’entità degli spostamenti permanenti, dalla direzione degli spostamenti rispetto all’asse della condotta e dalla lunghezza della zona entro cui si distribuiscono gli spostamenti. 5.3.1. Fagliazione superficiale. Ove non sia possibile evitare che il tracciato attraversi una faglia attiva, occorrerà tenere conto degli effetti della dislocazione della faglia sulle opere che l’attraversano.

2 Formulazione prevista nell’EC8 parte 5 par. E.9

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Il problema può essere in generale affrontato utilizzando modelli di interazione terreno–struttura per spostamenti impressi, tenendo conto delle forze di adesione o di attrito che si generano tra terreno e struttura. Per opere di modesta importanza, e in mancanza di più precise determinazioni, si potranno adottare i modelli semplificati riportati in Appendice 5. 5.3.2. Frane. Ove non sia possibile evitare che il tracciato attraversi aree in frana (frane attive o quiescenti), dovrà essere redatto un progetto di stabilizzazione o un piano di interventi tecnici miranti a ridurre le deformazioni dell’opera a seguito dei movimenti del versante. Nelle aree in pendio ove non possa essere ragionevolmente escluso il pericolo di frana, andranno effettuate le verifiche di stabilità in conformità a quanto stabilito dalla sezione G del DM LL.PP. 11 marzo 1988. Ove tali verifiche non escludano il pericolo di frana sotto sisma, si dovrà stimare l’entità dello spostamento cosismico atteso mediante l’analisi dinamica. Essa potrà essere condotta anche con riferimento al modello semplificato di un blocco rigido-plastico in scivolamento su un piano inclinato o in rotazioneattorno a una generatrice cilindrica. Qualora detti spostamenti comportino la completa mobilitazione delle resistenze disponibili lungo la superficie di scorrimento, dovrà essere effettuata una analisi delle condizioni post-sismiche del versante utilizzando i parametri di resistenza corrispondenti a deformazioni elevate (parametri residui), in modo da stimare se il versante, cessata l’applicazione dei carichi ciclici, possa essere soggetto a un collasso generalizzato. Nel caso di opere di modesta importanza l’analisi degli spostamenti potrà essere sostituita dalle verifiche semplificate riportate nell’Appendice 4. In tutte le analisi di stabilità dei terreni sarà opportuno utilizzare i parametri di resistenza al taglio dei terreni in condizioni di sforzi efficaci, tenendo in debito conto l’incremento delle pressioni interstiziali dovute ai carichi ciclici. In alternativa si potranno anche utilizzare i parametri di resistenza in condizioni di sforzi totali, quando non sia possibile valutare sperimentalmente l’incremento delle pressioni interstiziali oppure quando la loro stima tramite correlazioni empiriche sia giudicata insoddisfacente. Gli effetti degli spostamenti permanenti dovuti alla frana sulle opere che l’attraversano, può essere in generale affrontato utilizzando modelli di interazione terreno–struttura per spostamenti impressi, tenendo conto delle forze di adesione o di attrito che si generano tra terreno e struttura. Per opere di modesta importanza, e in mancanza di più precise determinazioni, si potranno adottare i modelli semplificati riportati in Appendice 5. 5.3.3. Liquefazione In caso di analisi dinamica gli spostamenti massimi permanenti determinati saranno utilizzati per la verifica delle strutture e degli impianti. Per opere di modesta importanza, e in mancanza di più precise determinazioni, si potranno adottare i modelli semplificati riportati in Appendice 5. Nel caso di analisi semplificata della liquefazione, secondo i metodi dell’Appendice 4 o simili, ci si limiterà a verificare che la liquefazione non si verifichi per i parametri di scuotimento e per le caratteristiche del suolo considerate. 5.3.4. Assestamento e costipazione Gli spostamenti massimi permanenti determinati dall’analisi geotecnica saranno utilizzati per la verifica delle strutture e degli impianti. Per opere di modesta importanza, e in

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mancanza di più precise determinazioni, si potranno adottare i modelli semplificati riportati in Appendice 5. 5.4. Combinazioni degli effetti delle azioni sismiche Gli effetti del sisma prima elencati (deformazioni elastiche e deformazioni permanenti di varia origine) non si cumulano in genere fra loro. Le azioni derivanti dal transito dei carichi mobili e dal sisma potranno essere considerate non contemporaneamente agenti, salvo casi di elevati e continui flussi veicolari che rendano probabile la concomitanza degli effetti. 6. Disposizioni costruttive Le seguenti disposizioni costruttive riguardano le condotte interrate ed i cunicoli di impianti interrati in zona sismica e sono finalizzate alla riduzione del danno sismico sia per limitare i costi di riparazione che per limitare i danni indiretti (interruzione di pubblico servizio, rischi indotti, ecc). Sono da evitarsi, ove possibile, i tracciati con attraversamento di faglie attive o nelle zone in frana o, ancora, nelle aree suscettibili di liquefazione. Il terreno di posa delle condotte non deve essere instabile, come può avvenire, ad esempio, nel caso di riporti, terreni soffici, piedi di scarpata, punti di discontinuità geologica. I maggiori danni in caso di evento sismico si localizzano, infatti, proprio in queste aree (Appendice 1) a causa degli elevati spostamenti che subisce il terreno e che, a meno di opportune disposizioni costruttive, non possono essere assorbiti dai cunicoli o dalle condotte a causa della limitata estensione su cui tali spostamenti si distribuiscono. Ove le caratteristiche dell’opera non siano tali da poter assorbire le deformazioni imposte entro i limiti previsti per lo stato limite di servizio o per lo stato limite ultimo, è possibile:

- dotare l’opera interrata di idonei giunti, opportunamente spaziati, che interessino anche le reti ospitate;

- interporre fra l’opera ed il terreno uno strato di sabbia sciolta al fine di incrementare la lunghezza del tratto ove si possono distribuire gli spostamenti differenziali.

- Modificare la geometria dell’opera in modo tale che il suo orientamento e /o la sua posizione nei confronti delle discontinuità (faglie, superfici di scivolamento) permetta di ridurre le deformazioni imposte e/o di ridurre le deformazioni in compressione in favore di quelle in trazione.

In altri casi, come ad esempio terreni molto soffici, si potranno prevedere opere di fondazione o di consolidamento dei terreni. Nel caso sia inevitabile porre la condotta in cima o alla base di una scarpata, devono essere previsti adeguati sistemi di supporto in grado di contrastare eventuali movimenti franosi. In ogni caso, affinché le disposizioni dette siano efficaci le reti di distribuzione nei cunicoli dovranno consentire alla condotta una flessibilità almeno pari a quella del cunicolo, ad esempio tramite l’uso di opportuni giunti o dispositivi di supporto. Tali dispositivi dovranno anche evitare la fuoriuscita dei servizi dalle sedi con conseguenti cadute; essi potranno allo scopo essere dotati di fine corsa opportunamente dimensionati. Anche al di fuori degli attraversamenti di faglie attive, delle zone in frana e delle aree di possibile liquefazione, si è più volte osservato (Appendice 1) che le rotture sono dovute ai

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movimenti differenziali di diversi componenti della rete piuttosto che alle forze inerziali agenti. Per limitare i danni conseguenti a questi fenomeni è opportuno prevedere adeguati sistemi di connessione in grado di assorbire gli spostamenti relativi. Tra componenti e basamenti, o pareti, dovrebbero essere interposti giunti3 sufficientemente flessibili da consentire movimenti differenziali senza trasmettere eccessive forze. Disposizioni simili saranno da prevedere tra le condotte e i pozzi, tombini, serbatoi, pompe o altre strutture rigide. Anche le diramazioni e i giunti correnti dei servizi dovrebbero essere sufficientemente flessibili per seguire le deformazioni dell'onda sismica nel terreno. E' quindi preferibile utilizzare condotte con giunti flessibili, a bicchiere o con guarnizioni in gomma, ed evitare le giunzioni rigide come quelle a manicotto filettato o le condotte in calcestruzzo con giunti calafatati. Sono anche da prevedere adeguati ancoraggi per le valvole di sfiato e per tutti quegli elementi che sono disposti come pendoli inversi. Occorre infine sottolineare alcuni concetti guida utili per la mitigazione delle conseguenze del danno. Più che rinforzare una singola condotta o cunicolo è opportuno rendere ridondante il

sistema, attraverso l'uso di condotte multiple, a circuito chiuso e a maglia reticolare e/o l'inserimento di serbatoi multipli e di sistemi alternativi di produzione di energia.

Per ridurre i rischi connessi al rilascio incontrollato delle sostanze trasportate è opportuno prevedere valvole di isolamento, soprattutto nelle zone instabili, in suoli di scarse caratteristiche meccaniche e di elevata deformabilità ed in aree di potenziale frana.

E' opportuno prevedere l'ispezionabilità della rete e l'adozione di sistemi di individuazione delle perdite.

Le condotte e i cunicoli di impianti devono essere installati in aree pubbliche o aree autorizzate, evitando quelle aree dove risulta difficoltosa la manutenzione, la riparazione o la successiva individuazione del tracciato.

La profondità di posa non deve essere eccessiva ai fini della manutenzione e riparazione della condotta.

Quando si attraversano terreni suscettibili di deformazioni permanenti (zone di faglia, frane, espansione laterale), la profondità di posa non deve essere eccessiva per diminuire il più possibile l’azione attritiva del terreno sull’opera interrata ed assorbire su una lunghezza maggiore la deformazione imposta.

Quando si attraversano terreni suscettibili di deformazioni permanenti (zone di faglia, frane, espansione laterale), l’orientamento dell’opera deve essere tale da ridurre il più possibile le deformazioni in compressione rispetto a quelle in trazione.

Nel tracciato della condotta sono da evitarsi bruschi gomiti, sia nel piano orizzontale che in quello verticale.

A lavori completati dovrà essere consegnata al Comune e ai gestori dei servizi ospitati nell’opera una pianta cartografica contenente il tracciato effettivo delle strutture interrate, al fine di consentire sicuri e rapidi interventi di manutenzione e di riparazione. Nella pianta dovranno essere individuate anche le profondità dal piano campagna, gli accessi al manufatto, le diramazioni, le protezioni catodiche, gli scarichi i cambiamenti di sezione e gli attraversamenti di altri servizi interrati.

3 A volte, senza utilizzare dispositivi specifici, la flessibilità può essere assicurata sagomando opportunamente gli elementi della rete, ad esempio mediante ‘loop’ di tubazioni.

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7. Ringraziamenti Si ringrazia l'Aquater S.p.A. ed il Prof. Mauro Dolce per la preziosa opera di revisione del testo.

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Appendice 1. Casistica di danneggiamenti osservati a lifelines Nel seguito sono sintetizzati i danni subiti da alcuni tipi di lifelines a seguito di alcuni recenti terremoti: Messico, 1985 (M=8.1), Loma Prieta, USA, 1989 (M=7.1), Northridge, USA, 1994 (M=6.8), Kobe, Japan, 1995 (M=6.9), Umbria-Marche, 1997 (M=5.9), Calabria-Lucania, 1998 (M=5.5). La casistica presentata non è esaustiva ma ha il solo scopo di evidenziare alcune tipologie di danno verificatesi in anni relativamente recenti. Sistema idrico antincendio Il danno più significativo è stato la rottura di idranti a seguito di deformazioni rilevanti del suolo, che ha causato lo svuotamento dei serbatoi d'acqua (in un tempo dell'ordine dei qualche decina di minuti) e l'entrata di aria nelle tubazioni in pressione. I tempi di ripristino per questo tipo di danno, nell'ipotesi di disporre di altra acqua, sono stati di circa 5 ore negli USA. Sistema idrico Rete Le rotture (circa 800 a Loma Prieta nei diametri da 4 a 17 pollici, circa 2000 a Kobe nei diametri da 75 a 200 cm) sono state causate da sforzi normali, di taglio e flessione generatisi per i movimenti differenziali del terreno, soprattutto in aree di liquefazione. Il danni alla rete riscontrati in questi eventi si aggirano in media su una rottura per chilometro e si concentrano principalmente nelle giunzioni, con distacchi e dislocazioni fino a qualche decina di centimetri. Nelle condutture le rotture più frequenti sono state di tipo longitudinale e circonferenziale, principalmente nelle tubazioni di piccolo diametro. La corrosione delle condutture ha avuto un ruolo non trascurabile nella distribuzione dei danni. Sono stati anche frequenti danni alle valvole. Le tubazioni in ghisa con giunti a bicchiere e in ghisa sferoidale con giunto in gomma si sono comportate generalmente bene così come quelle in PVC, argilla vetrificata o calcestruzzo se realizzate con giunti flessibili. La maggior parte dei danni è stata riscontrata nelle tubazioni in ghisa o calcestruzzo con giunti rigidi calafatati ed in quelle in acciaio se corrose o con giunti a manicotto. Serbatoi I danni sono stati causati principalmente dall’instabilità delle pareti metalliche, dalla rotazione del serbatoio dovuta a movimenti differenziali del terreno, o dallo scivolamento del serbatoio non ancorato al suolo. Più raramente è stata riscontrata la separazione delle pareti in ca. o cap. A volte i serbatoi si sono svuotati per rottura delle tubazioni a valle (come nel caso del serbatoio da 2 milioni di galloni a Hollister per la rottura di una tubazione privata da 6 pollici, durante il terremoto di Loma Prieta '89) o delle condutture di ingresso e uscita. Impianti di sollevamento Sono stati segnalati pochi danni agli impianti di sollevamento. La mancanza di elettricità (da 4 a 10 ore a Loma Prieta) ha avuto il maggiore effetto sul sistema idrico nel caso di insediamenti posti ad alta quota. A volte, per mancanza di manutenzione, i generatori non sono entrati in funzione e, comunque, si sono arrestati una volta terminato il carburante. Sistema fognante Rete E' difficile individuare i danni del sistema fognante perché nella rete l'acqua fluisce per gravità e le perdite non appaiono in superficie. Si possono stimare comunque le stesse

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frequenze di danno del sistema idraulico, soprattutto nelle aree instabili. Le conseguenze della rottura del sistema fognante possono essere particolarmente gravi per l'inquinamento della falda che ne deriva, per le eventuali condotte idriche vicine o per i locali posti a quota inferiore. I danni più frequentemente riscontrati sono stati danni alle tubazioni e ai giunti: lesioni circonferenziali e/o longitudinali nelle condutture, estrusione e/o spostamento di giunti, cambi di pendenza e di allineamento nei giunti, ingresso di terreno liquefatto nelle tubazioni, intrusione delle derivazioni laterali nella conduttura. Anche i pozzetti sono stati danneggiati con fratture e collasso degli elementi assemblati, rottura della base in calcestruzzo, intrusione delle condutture, rotture a taglio delle condutture in entrata o in uscita dai pozzetti. Spesso i sifoni attraversanti fiumi si sono danneggiati. Impianti di depurazione Non sono stati di solito riscontrati danni di tipo strutturale, mentre sono stati osservati danni alle parti non strutturali, con la possibile messa fuori servizio dell'impianto, a causa del moto del liquido (sloshing): rotazione del supporto centrale dei canali radiali dei chiarificatori, espulsione dalla sede dei canali stessi, rotture delle guide di rotazione. Linee telefoniche Le linee telefoniche non hanno subito, generalmente, gravi danni. Anche a seguito di una accelerazione di 1.24g, o in presenza di liquefazione, le linee telefoniche non si sono danneggiate, per la notevole flessibilità delle linee. La perdita di energia, però, può mettere fuori servizio le centraline telefoniche, soprattutto se i generatori di riserva non riescono ad entrare in funzione per mancanza di manutenzione, causando in tal modo la non fruibilità della rete. Anche in assenza di danni, può aversi l'impossibilità di comunicare per un aumento del traffico di circa 10 volte rispetto alle normali condizioni di esercizio, che causa, di solito, la saturazione delle linee. Rete del gas In generale i danni nelle tubazioni in alta pressione (20-40 bar) sono stati poco frequenti o nulli (nessun caso a Kobe, tre a Loma Prieta), mentre danni severi si sono verificati nelle tubazioni in bassa e media pressione (0.3-10 bar). Anche per la rete del gas i danni maggiori sono stati osservati nelle aree di liquefazione. I danni alle tubazioni causano la sconnessione di un certo numero di utenze (15% a Kobe) che vengono ripristinate, a parte i casi più gravi, nell'arco di una settimana. Da notare che a Kobe, così come negli Stati Uniti, il 75% dei contatori era di tipo intelligente: essi, cioè, erano dotati di sensore accelerometrico, di rilevatore di flusso e di un meccanismo di chiusura automatica. L'interazione tra sistema idrico antincendio e sistema del gas è spesso importante nel senso che rotture della rete del gas e dell'acqua avvengono negli stessi punti e quindi non è facile spegnere gli incendi originati da perdite di gas. Elettricità Impianti di generazione di energia. Non si sono ad oggi riscontrati danneggiamenti agli impianti di produzione di energia di tipo nucleare o idroelettrico, per le notevoli distanze di queste stazioni dagli epicentri. Sono state invece colpiti alcuni impianti termoelettrici, che, peraltro, contribuiscono generalmente in misura modesta alla produzione totale di energia. In questi casi i danni si

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sono concentrati nelle tubazioni di raccordo tra serbatoi di acqua di raffreddamento, di acqua distillata o del pre-riscaldatore d'aria. Stazioni e sottostazioni di trasformazione Danni significativi si sono avuti nelle cabine di trasformazione (danneggiate 17 cabine su 42 a Kobe), in particolare i danni si sono concentrati negli interruttori sotto carico, nei sezionatori ad aria e nei trasformatori, in quest'ultimo caso generalmente per perdita di olio. Danni tipici delle sottostazioni (danneggiate 48 su 1271 a Kobe) sono state la perdita di olio dai trasformatori, la rottura degli isolatori e dei limitatori di tensione delle linee e lo scivolamento dei trasformatori non ancorati. Linee di trasmissione Le linee in alta tensione non hanno presentato generalmente danni. Nelle altre linee si sono verificati cedimenti di tralicci e rotture di isolatori e di conduttori. A Kobe, ad esempio, si sono avute 446 linee di distribuzione danneggiate, per lo più a causa della caduta di pali di sostegno (nell'ordine di alcune centinaia per Kmq). Molti problemi delle linee aeree sono stati causati dai trasformatori su palo, soprattutto nei casi di non ottimale posizionamento per carenza di spazio a causa di elevata densità abitativa. Le linee interrate, che si ritengono in genere meno vulnerabili di quelle aeree, hanno subito danni specialmente nelle zone in cui, per la natura dei terreni, si sono verificati i maggiori dissesti di carattere geotecnico.

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Appendice 2. Fagliazione superficiale La dislocazione attesa lungo una faglia attiva è funzione, oltre che della magnitudo del terremoto, anche del cinematismo di rottura. Usualmente si osserva uno spostamento maggiore, a parità di magnitudo, lungo faglie a meccanismo normale piuttosto che lungo faglie a meccanismo trascorrente. Meno rilevante è la dipendenza dalla magnitudo della dislocazione di faglia per strutture a meccanismo inverso. Il cinematismo a sua volta determina condizioni differenziate di scuotimento. In genere faglie a meccanismo inverso producono, a parità di magnitudo e distanza, scuotimenti maggiori di faglie trascorrenti e dirette. L’angolo di incidenza dell’asse della struttura interrata con la traccia della faglia determina a sua volta, a seconda del cinematismo di faglia, condizioni diversificate di sollecitazione e, pertanto, di risposta della struttura. In genere poi ad ogni faglia è associabile una zona di deformazione (zona di taglio o shear zone) piuttosto che una linea (traccia della faglia) ben precisa. Tali zone sono in genere caratterizzate da fasce di rocce fortemente fratturate (cataclasite o milonite) la cui ampiezza è proporzionata alla lunghezza della faglia. Si va infatti da fasce ampie alcuni metri per strutture minori lunghe alcune centinaia di metri a fasce di decine finanche a qualche centinaio di metri per strutture di importanza regionale lunghe decine di chilometri. A titolo puramente orientativo l’ampiezza della shear zone è di 2-3 ordini di grandezza inferiori alla lunghezza della faglia. Nel caso di riconoscimento di faglie attive cui non sia direttamente associabile una magnitudo rilevata strumentalmente oppure determinabile per altra via (misure di deformazione crostale, stato di stress in situ, etc.), la magnitudo rilasciabile può essere stimata con una delle seguenti metodologie (in ordine decrescente di priorità): 1. Associando alla faglia il massimo terremoto storico occorso nell’area e comunque nelle

immediate vicinanze della faglia stessa4, e convertendo l’intensità epicentrale in magnitudo sulla base della seguente tabella:

Intensità epicentrale (MCS)

VII VIII IX X XI

Magnitudo 5.0 5.5 6.0 6.5 7.0 2. Associando alla faglia una magnitudo corrispondente agli intervalli di lunghezza della

traccia del piano di faglia riconoscibile o ipotizzabile riportati nella seguente tabella:

Lunghezza della faglia (km)

<5 <10 <20 <40 >40

Magnitudo 5.5 6.0 6.5 7.0 7.55 3. Associando a ciascuna zona sismica corrispondente ai tre gradi di sismicità alta

(S=12), media (S=9) e bassa (S=6), i valori nominali di magnitudo riportati in tabella V. L'associazione S-M è stata effettuata individuando la magnitudo dell'evento che produce, nelle tre zone sismiche, l'accelerazione massima attesa, riportata in tabella I,

4 Non è possibile stabilire a priori un raggio entro cui effettuare l’associazione epicentro macrosismico-faglia, dipendendo questo da diversi fattori quali inclinazione del piano di faglia, profondità ipocentrale, etc.. In linea generale è possibile effettuare tale associazione entro distanze non superiori a 20-30 km dalla traccia in superficie della faglia. 5 La magnitudo massima fissata per L>40 km, deriva da stime sul massimo potenziale rilasciabile nell’ambito della sismotettonica della penisola Italiana.

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per un sito posto ad una distanza convenzionale di 10 Km dall'epicentro, che si può ritenere significativa per i siti attualmente classificati.

Tabella V. Magnitudo degli eventi da associare alle diverse zone sismiche

Grado di sismicità, S Magnitudo12 6.5 9 6.0 6 5.5

Gli spostamenti relativi del piano di faglia potranno essere derivati dalla tabella IV. Tra le diverse azioni sismiche a cui è soggetta l’opera interrata, la fagliazione superficiale è l’unica che viene valutata attraverso la massima magnitudo rilasciabile dalla struttura e non tramite la magnitudo di un evento con prefissata probabilità di superamento in un dato periodo di ritorno. Questo aspetto viene compensato dal fatto di utilizzare lo spostamento relativo atteso della faglia e non il suo valore massimo.

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Appendice 3. Stabilità dei pendii Le verifiche di stabilità saranno effettuate mediante analisi dinamiche che tengano conto sia dell’incremento delle pressioni interstiziali, sia del degrado delle resistenze per livelli crescenti di deformazione. Potrà essere invece trascurato, a favore della sicurezza, l'incremento di resistenza dovuto alla velocità di applicazione dei carichi. Nelle analisi dinamiche si farà riferimento ad un accelerogramma di progetto dalle caratteristiche riportate al punto 4.2.2. Nel caso di terreni non soggetti a sostanziali incrementi delle pressioni interstiziali o variazioni dei parametri di resistenza, potranno in alternativa essere usati metodi di analisi pseudostatici con l’introduzione di forze di inerzia applicate nel baricentro della massa di terreno in scivolamento. Le forze di inerzia saranno assunte proporzionali al peso della massa in scivolamento attraverso un coefficiente di accelerazione sismica (K) pari alla metà del coefficiente di accelerazione di progetto () per le forze di inerzia orizzontali e a un quarto di per le forze di inerzia verticali, secondo lo schema riportato in tabella VI:

Tabella VI. Coefficienti di accelerazione sismica per analisi pseudostatiche Grado di sismicità, S = Ag/g Kh Kv

12 0.35 0.18 0.09 9 0.25 0.13 0.06 6 0.15 0.08 0.04

Nel caso di opere di modesta importanza il calcolo degli spostamenti cosismici può essere effettuato con riferimento ad una analisi semplificata ricavando il valore del coefficiente sismico di soglia (Kc, detto anche coefficiente di accelerazione critica) necessario a portare il pendio in condizioni di equilibrio limite (coefficiente di sicurezza F=1) attraverso la relazione:

Kc = (Fs-1) sin dove Fs è il fattore di sicurezza statico e la pendenza del piano di scivolamento (per scorrimenti traslazionali) oppure l’angolo tra la verticale e la congiungente il centro di rotazione con il baricentro della massa (figura 3; thrust angle) per superfici di scivolamento curvilinee (circolari, archi di spirali logaritmiche, etc.).

Kc

Kc

Figura 3. Definizione di per differenti superfici di scivolamento Lo spostamento cosismico atteso (in centimetri) nelle tre zone a grado di sismicità alto, medio e basso (S=12, 9, 6, rispettivamente) è riportato nella tabella VII in funzione del rapporto di accelerazione critica (Kr), dato dal rapporto tra il coefficiente di accelerazione di

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soglia Kc e il coefficiente di accelerazione di progetto riportato in tabella I per le tre zone sismiche:

Tabella VII. Valori di spostamento cosismico atteso (cm) per Kc< Grado di sismicità, S

c

r

KK

12 9 6

0.1 80 30 20 0.3 30 10 5 0.5 10 5 3 0.7 5 3 1

Per valori di Kr<0.3, è elevata la probabilità che il versante subisca deformazioni permanenti rilevanti sotto sisma e dovranno pertanto effettuarsi indagini e analisi approfondite sulle condizioni di stabilità e sugli interventi che si rendesse necessario adottare. Per valori di Kr intermedi rispetto a quelli riportati in tabella, si prenderà in considerazione il valore di spostamento pertinente al valore di Kr immediatamente inferiore. Per valori dello spostamento che superano i 5cm e i 10cm, rispettivamente per pendii in roccia e in terra, sarà necessario effettuare una analisi statica post-sismica con i parametri di resistenza residui. Nel caso in cui da tale analisi risulti Fs<1, il versante continuerà a muoversi anche dopo la fine della sollecitazione sismica fino al raggiungimento di una nuova condizione di equilibrio (collasso generalizzato). E’ opportuno quindi garantire in condizioni residue un adeguato livello di sicurezza che tenga conto anche delle incertezze sui parametri geotecnici di interesse.

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Appendice 4. Liquefazione Per liquefazione si intende la perdita di resistenza e di rigidezza dei terreni non coesivi saturi ad opera dell’incremento delle pressioni interstiziali dovute alle sollecitazioni cicliche prodotte dal sisma. Affinché esista il pericolo di liquefazione debbono essere soddisfatte tutte le seguenti condizioni: magnitudo dell’evento sismico maggiore di 5; intensità risentita maggiore del VI grado MCS o accelerazione del suolo maggiore di

0.10g; pressione verticale efficace inferiore a 200 kPa; densità relativa inferiore al 75%. Condizioni che favoriscono il pericolo di liquefazione sono anche: una frazione di fino (diametro inferiore a 5 m) inferiore al 15%; un limite liquido inferiore al 35% e un indice plastico inferiore al 10%; una granulometria uniforme a cavallo del campo tra le sabbie e i limi. I metodi per la valutazione del potenziale di liquefazione fanno riferimento a criteri empirici, a metodologie semplificate di analisi e ai metodi di analisi dinamica. Per le comuni tipologie di opere cui questa norma è rivolta e per la maggior parte delle situazioni di sismicità e stratigrafiche locali, può essere utilizzata la seguente metodologia semplificata di analisi [Seed e Idriss, 1982] che fa riferimento ai risultati di prove in sito tipo SPT o CPT. La gravità dell’evento viene misurata attraverso lo sforzo di taglio ciclico agente alla profondità z, dello strato di terreno potenzialmente liquefacibile, che ha l'espressione:

dve rz 65.0

dove è il coefficiente di accelerazione sismica di progetto riportato in tabella I per le tre zone sismiche; v(z) la pressione verticale totale; rd è un fattore di riduzione dello sforzo di taglio ciclico che tiene conto dell’aumento di rigidezza del terreno con la profondità ed è data dalla seguente espressione, valida per z fino a 20 metri:

200075.01 zrd

Lo sforzo di taglio ciclico viene quindi normalizzato alla pressione verticale efficace 'v, ottenendo lo sforzo ciclico normalizzato e/'v. La resistenza del terreno viene valutata normalizzando il numero dei colpi (N) della prova SPT rispetto alla pressione verticale efficace (’

v in kPa) e rispetto alla efficienza del sistema di battitura:

NE

Nv'1

100

60

%60

dove E% misura l’efficienza del sistema di battitura ed è pari al rapporto percentuale tra l’energia effettiva trasmessa alle aste e la massima energia teoricamente disponibile. Nel caso invece si abbiano a disposizione prove CPT la resistenza del terreno è espressa

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tramite la resistenza alla punta (qc), normalizzata, ancora una volta, rispetto alla pressione verticale efficace:

cv

c qq'1

100

La verifica nei confronti della liquefazione può essere condotta sulla base delle tre curve limite di resistenza ciclica riportate in figura 4 per le tre zone sismiche (S=12, 9, 6). Entrando nel grafico con il taglio ciclico normalizzato in ordinata e con la resistenza normalizzata del terreno espressa tramite Nl(60) o qcl in ascissa, si verifica se il punto rappresentativo della situazione in esame è situato nella zona in cui si ha liquefazione (a sinistra) oppure in quella in cui le caratteristiche di resistenza sono tali da non consentire la liquefazione (a destra).

0 10 20 30 40

N1(60)

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

sfor

zo c

iclic

o no

rmal

izza

to

e/

' v

0 50 100 150 200

qc1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

S=12S=9S=6

S=12S=9S=6

LIQUEFAZIO

NE

NO L

IQUEFAZIO

NE

Figura 4. Possibilità o meno di liquefazione per le tre categorie sismiche

al variare dello sforzo ciclico normalizzato e di N1(60) o qc1

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Appendice 5. Modelli di calcolo per la valutazione degli effetti del sisma I modelli di calcolo riportati nel seguito per la valutazione degli effetti del sisma alle opere interrate fanno riferimento, per semplicità di esposizione, al caso delle condotte interrate. Le stesse considerazioni si applicano al caso dei cunicoli di servizi. Effetti delle deformazioni elastiche del terreno Le condotte e i cunicoli per sottoservizi sono strutture interrate che si estendono per grandi distanze e sono quindi soggette ad un moto del suolo non coerente che comporta l'insorgere di deformazioni e tensioni. Un modello completo ed accurato delle condotte interrate è praticamente irrealizzabile per l'impossibilità di prevedere il percorso delle onde sismiche generate dalla sorgente e la variabilità degli effetti di sito. Successivamente ai primi studi di Newmark (1967) in cui la condotta era considerata muoversi solidarmente con il terreno, molti ricercatori hanno simulato il comportamento della condotta come trave su suolo dinamico elastico alla Winkler (O'Rourke, 1978), per arrivare ad utilizzare, più di recente, modelli ibridi contenenti elementi di contorno ed elementi finiti (Manolis et al., 1995). Modelli in assenza di interazione terreno-struttura Se la struttura è sufficientemente flessibile in relazione alla deformabilità dei terreni, essa non interagisce significativamente con il suolo e quindi ne subisce integralmente le deformazioni. In questi casi per determinare la massima deformazione assiale e la massima curvatura nella struttura, senza effettuare una completa analisi nel dominio delle frequenze, a favore di sicurezza si potranno utilizzare le seguenti espressioni approssimate[Newmark, 1967]: - deformazione longitudinale a = Vg/c (1) - curvatura trasversale = g/c2 (2) essendo c la velocità apparente di trasmissione dell’onda sismica nella direzione dell’asse della struttura, e Vg i coefficienti definiti in tabella I e g l’accelerazione di gravità. In mancanza di indicazioni precise e per opere di importanza non rilevante si potrà assumere c variabile fra 0.6 e 1 Km/sec. Nel caso in cui le strutture siano realizzate per mezzo di tratti approssimabili a tronchi rigidi articolati alle loro estremità in modo che le deformazioni si concentrino nei giunti fra due tronchi successivi, il massimo spostamento relativo assiale, u, e la massima rotazione relativa dei giunti, , sotto sisma sono date dalle seguenti relazioni: u=a L = L essendo a e precedentemente definite ed L la distanza tra i giunti. Le formule precedenti possono anche essere utilizzate, in favore di sicurezza, in presenza di interazione terreno-struttura, con l’avvertenza che, al crescere della rigidezza strutturale e della flessibilità del terreno, le ipotesi di base perdono di validità e si possono ottenere sollecitazioni particolarmente elevate e poco realistiche. In questi casi è opportuno tenere conto della interazione terreno-struttura, ad esempio considerando i modelli riportati di seguito.

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Modelli in presenza di interazione terreno-struttura Un approccio molto semplice (Mavridis e Pitilakis, 1996), valido per condotte continue, consiste nel supporre il comportamento del terreno come una serie continua di molle e smorzatori agenti in modo disaccoppiato in senso longitudinale e trasversale alla condotta (Comportamento di suolo elastico dinamico alla Winkler). In questo caso il rapporto tra gli spostamenti trasversali della condotta in presenza ed in assenza di interazione vale, per la generica componente armonica della forzante, ug(x,t)=Uei(t-x/c): Rt=u(x,t)/ug(x,t)=(Kt+iCt)/[EI(/c)4+Kt+iCt-m2] (3) ed è una funzione complessa, dove EI=rigidezza flessionale della condotta, m=massa della condotta, =pulsazione della generica armonica, Kt e Ct=rigidezza e smorzamento che caratterizzano il terreno in senso trasversale alla condotta (Novak et al., 1978), c=velocità apparente dell'onda sismica nella direzione dell'asse, x, della condotta. Per semplicità di scrittura si è omesso di indicare la dipendenza di ug e di Rt dalla pulsazione Il rapporto tra spostamenti assiali in presenza ed in assenza di interazione vale invece, sempre per la generica componente armonica della forzante, wg(x,t)=Wei(t-x/c): Ra=w(x,t)/wg(x,t)=(Ka+iCa)/[EA(/c)2+Ka+iCa-m2] (4) ed è anch'essa una funzione complessa, dove EA=rigidezza assiale della condotta, m=massa della condotta, =pulsazione della generica armonica, Ka e Ca=rigidezza e smorzamento che caratterizzano il terreno in senso longitudinale alla condotta, c=velocità apparente dell'onda sismica. L'analisi andrà effettuata scomponendo il moto sismico del terreno in armoniche e combinando la risposta della condotta alle singole armoniche. Grafici di Rt e Ra, per diversi valori dei parametri, sono riportati in Mavridis e Pitilakis (1996). I valori di Rt e di Ra dipendono dalla rigidezza della condotta (diametro e materiale), dalla rigidezza del terreno dalla frequenza di eccitazione, dalla velocità di propagazione delle onde. Essendo la rigidezza assiale maggiore di quella flessionale, rispetto al caso di assenza di interazione, si hanno maggiori riduzioni di sforzo normale che di momento flettente. Le espressioni precedenti trascurano la massa di terreno che si muove insieme alla condotta, essa modifica il termine m. In generale lo smorzamento del terreno, comprensivo dello smorzamento materiale e per radiazione delle onde, per opere interrate di dimensione contenuta può essere considerato trascurabile ed allora le funzioni Rt e Ra diventano funzioni reali, indicando assenza di sfasamento tra forzante e risposta per ogni armonica. Si ha in questo caso: Rt=Kt/[EI(/c)4+Kt-m2] Ra=Ka/[EA(/c)2+Ka-m2] (5) Se, inoltre, si può trascurare la massa della condotta, le espressioni precedenti possono porsi nella forma: Rt=Kt/[EI(/c)4+Kt]=[1+(lef/)4(2)4/4]-1 Ra=Ka/[EA(/c)2+Ka]=[1+(lea/)2(2)2/4]-1 (6) Con =cT lunghezza d'onda della singola armonica della forzante, lef=(4EI/Kt)

1/4 lunghezza elastica della condotta per flessione, lea=(4EA/Ka)

1/2 lunghezza elastica della condotta per sforzi assiali. Gli effetti dell'interazione possono essere considerati significativi quando conducono a riduzioni delle sollecitazioni maggiori del 10%, e quindi, dalle relazioni precedenti, per

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lef>8 e lea>0.1 Considerando c variabile tra 500 e 1000 m/s e T variabile tra 0.3 e 1 sec, la lunghezza d'onda della forzante sismica è compresa tra =150m e =1000 m. Nel caso di condotte in calcestruzzo circolari di diametro D, spessore s/D=0.1, modulo di deformabilità E=3x107 t/mq, rigidezza del terreno approssimata con un modello alla winkler, Kt=Dkw, con kw coefficiente di Winkler, si ottiene:

Lef=24D3/4kw-1/4 Lea=1840D1/2kw

-1/2

Nel caso di condotte in acciaio circolari di diametro D, spessore s/D=0.01, modulo di deformabilità E=2.1x108 t/mq, rigidezza del terreno Ka=Dkw con kw coefficiente di Winkler, si ottiene

Lef=24D3/4kw-1/4 Lea=1620D1/2kw

-1/2

Si nota che la differente deformabilità tra calcestruzzo ed acciaio è compensata dai differenti spessori adottati talchè i due tipi di condotta hanno lunghezze elastiche praticamente coincidenti. Considerando i due casi estremi di condotta deformabile in suolo rigido, D=0.20 m, kw=5000 t/mc, e di condotta rigida in suolo deformabile, D=2.0 m, kw=500 t/mc, le lunghezze elastiche valgono lef=1.5-8.5 m e lea=10-100 m, dove i valori inferiori si riferiscono al caso di condotte deformabili in suolo rigido. Conseguentemente non si ha interazione significativa nel caso delle vibrazioni trasversali, mentre nel caso delle vibrazioni assiali si ha interazione per condotte rigide in suolo deformabile e per lunghezze d'onda sismica non troppo elevate, tipiche proprio dei siti soffici ma anche di condizioni di vicinanza alla sorgente del sisma. Nel caso non si esegua una completa analisi della risposta nel dominio delle frequenze, noti Rt e Ra, le massime deformazioni nella condotta in caso di interazione sono fornite, a favore di sicurezza, dalle espressioni:

- deformazione longitudinale a,i = Vmax/c = (/c)|Ra|U=|Ra|a (7) - curvatura trasversale i= amax/c

2 = (/c)2|Rt|W=|Rt| (8) con U e W massimi spostamenti del terreno in senso longitudinale e trasversale alla condotta, a e deformazione assiale massima e curvatura massima in assenza di interazione riportate nelle (1) e (2), |Ra| e |Rt| i moduli delle funzioni complesse Ra e Rt riportate nelle espressioni 3 e 4, che diventano funzioni reali ed i cui moduli coincidono con le (5) o con le (6) rispettivamente nel caso si trascuri lo smorzamento e la massa del terreno. Le espressioni (7) e (8) differiscono dalle (1) e (2) per la sola presenza di un termine moltiplicativo, in genere inferiore all'unità, che tiene conto degli effetti dell'interazione. Nel caso di condotte con giunti deformabili, una prima approssimazione consiste nel considerare il comportamento del giunto come elastico lineare e discretizzare la condotta come elementi di trave continua su suolo elastico dinamico, connesse da elementi molla nei giunti. Nel caso sia necessario modellare il giunto con più accuratezza, si terrà conto dell'eventuale comportamento non lineare di quest'ultimo, generalmente differente in compressione e a trazione. I risultati ottenuti da alcuni modelli di questo tipo mostrano che la presenza dei giunti riduce le sollecitazioni nella condotta rispetto a quelle previste in assenza di interazione, ma possono verificarsi spostamenti nei giunti tali da produrre impatto o sfilamento. Questo secondo caso è la causa più probabile di perdita di funzionalità della condotta.

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Effetti degli spostamenti permanenti dovuti a faglie Nel caso di attraversamento di faglie, gli spostamenti relativi attesi della faglia andranno proiettati sull'asse della condotta per ottenere l e t, massimo spostamento relativo atteso in senso longitudinale e trasversale alla condotta (figura 5 e 6). Il primo produce deformazioni assiali, il secondo deformazioni flessionali ed assiali.

Deformazioni flessionali Nel caso di spostamento relativo in senso trasversale all’asse della condotta, riveste importanza fondamentale il valore della distanza, LT, nella quale si possono distribuire, da ogni lato della faglia, (figura 5 e 6), gli spostamenti prodotti dalla faglia stessa. Tale valore, infatti, influenza in modo sensibile l'entità delle deformazioni strutturali. La sua determinazione, nel caso in cui la probabile zona di deformazione (V. appendice 2) è estesa, sarà effettuata considerando una frazione dell’ampiezza di tale zona. Per

A

A'

X

Z

Sezione B-B'

A A'

B

B'

i

Figura 5. Attraversamento di faglia normale

A'

A

Figura 6. Attraversamento di faglia trascorrente

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dislocazioni concentrate si terrà invece conto della rigidezza e resistenza della condotta. La configurazione assunta da quest’ultima in senso trasversale al suo asse dipende dall'interazione con il terreno e, in mancanza di più precise determinazioni, può essere descritta mediante funzioni analitiche come, ad esempio:

w(x)=0.5tsin(/2) con x/LT, ed x distanza della generica sezione della condotta dal piano di faglia. Con queste ipotesi la massima curvatura della condotta vale =2t/(8LT

2)1.25t/LT2 e si

riscontra nelle sezioni ad x=LT. Una deformata polinomiale che soddisfa alle stesse condizioni al contorno ha invece espressione:

w(x)=0.50t.500.50]

In questo caso la massima curvatura della condotta vale =1.5t/LT

2 e si riscontra ancora nelle sezioni ad x=LT. Deformazioni assiali L'allungamento totale della condotta nel caso di attraversamento di faglia è dato da =l+t

2/(4LT), con LT lunghezza nella quale si possono distribuire gli spostamenti trasversali da ogni lato della faglia (figura 5 e 6). Al fine di valutare le deformazioni nella condotta si può supporre che l'allungamento si sviluppi in due zone, ognuna di lunghezza Lf, poste a cavallo della faglia (figura 7). Lf si compone di una porzione in cui la condotta è in fase elastica, Le, ed eventualmente di una porzione in cui la condotta è in fase plastica, Lp. Per determinare tali lunghezze si può ipotizzare che sulla superficie di contatto condotta-terreno si sviluppino forze di scorrimento per unità di lunghezza, fa, costanti. Imponendo che la risultante di tali forze sia equilibrata dalle tensioni interne nella condotta e ipotizzando inizialmente che sia nulla la

zona plastica, Lp, si ottiene faLe =maxA, con A area della sezione trasversale della condotta e max tensione massima nella condotta. Essendo lineare il diagramma delle tensioni, la deformazione unitaria media nella condotta in Le vale med=0.5max=0.5max/Ee=0.5faLe/(AEe

) con max deformazione unitaria massima nella condotta ed Ee modulo di deformabilità della condotta in fase elastica. L'allungamento elastico in Le si ottiene per integrazione delle deformazioni unitarie e vale e=medLe=0.5faLe

2/(AEe). Poiché l'allungamento si produce da entrambi i lati della condotta,

Figura 7. Andamento delle forze di attrito, delle tensioni e delle deformazioni assiali nel caso di attraversamento di faglia.

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l'allungamento totale vale =2e ed invertendo le precedenti relazioni si ottiene LeAEe/fa)

0.5 da cui:

max=(faEe/A)0.5

Dalla relazione precedente si evince che la tensione massima nella condotta cresce non linearmente con l'allungamento e con l'entità della forza di scorrimento per unità di lunghezza, fa. Quanto più si riduce fa (terreni scadenti, piccola profondità di posa, inserimento della condotta in uno strato di sabbia monogranulare)

tanto più la deformazione si distribuisce su un lungo tratto di condotta con riduzione delle tensioni massime. Se max risulta inferiore ad y, tensione di snervamento del materiale costituente la condotta, le ipotesi iniziali sono soddisfatte, e si può procedere alle verifiche di sicurezza. Nel caso contrario si deve tener conto che ad un estremo di Le si raggiunge y, da cui Le=yA/fa, e che quindi l'allungamento elastico, e=medLe=0.5y

2A/(faEe), non è sufficiente a garantire l'allungamento totale richiesto alla condotta. La differenza tra l'allungamento richiesto e quello disponibile in fase elastica deve essere quindi prodotta dallo sviluppo di deformazioni plastiche in Lp. Tale differenza, tenendo conto che anche la fase plastica si sviluppa da entrambi i lati della faglia, vale p=0.5-e=[-y

2A/(faEe)]/2. Assumendo un legame costitutivo bilineare (figura 8) si ottiene p =Lp(y+max)/2, con y deformazione unitaria di snervamento. Poiché per equilibrio deve essere Ep(max-y)A=faLp, con Ep modulo di deformabilità della condotta in fase plastica, si ottiene max=y+(faLp)/(EpA) e quindi [-y

2A/(faEe)]=2Lpy+faLp2/(EpA). Lp si deriva quindi dall'equazione:

Lp

2+2Lp(EpAy/fa)-(EpA/fa)[-y2A/(faEe)]=0

da cui si ottiene, ponendo k=EpAy

2/(2efa) che si riduce a k=Ep/Ee nel caso di legame costitutivo bilineare:

Lp=(AEpy/fa) [1+(0.5/e-1)/k]0.5-1 max=y[1+(0.5/e-1)/k]0.5 Valutato max è quindi possibile effettuare le verifiche di sicurezza. Nel caso sia opportuno tener conto di un legame costitutivo trilineare (calcestruzzo elastico, calcestruzzo fessurato, acciaio snervato) le espressioni precedenti si modificano di conseguenza. In entrambi i precedenti casi gli spostamenti sono stati ottenuti per integrazione delle deformazioni lungo l'asse della condotta. Lo stesso procedimento può essere utilizzato nel caso di condotta giuntata per determinare gli spostamenti relativi dei giunti. In particolare se i giunti sono posti nelle sezioni x1, x2, x3, la rotazione relativa da assorbire nella sezione in x2 sarà =[w(x3)-w(x2)]/(x3-x2)-[w(x2)-w(x1)]/(x2-x1) con w(xi) spostamento trasversale alla condotta nella sezione xi. Nel caso di giunti uniformemente distribuiti ad interasse i, la rotazione vale =[w(x3)-2w(x2)+w(x1)]/i. Lo spostamento assiale relativo si potrà assumere uniformemente distribuito tra i giunti previsti e quindi pari a l/n con n numero di giunti in 2LT.

Figura 8. Legame costitutivo bilineare

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Effetti degli spostamenti permanenti dovuti a frane La condotta può attraversare la frana in senso normale o parallelo alla direzione di scorrimento della frana (figura 9). Nel primo caso insorgono deformazioni prevalentemente flessionali, nel secondo prevalentemente assiali.

Attraversamento normale alla direzione di scorrimento Una frana attraversata in senso normale alla direzione di scorrimento (figura 9, a) produce nella condotta deformazioni assiali e flessionali, in quanto la condotta, per seguire lo spostamento del terreno, si sposta in senso trasversale al suo asse e si allunga. Deformazioni flessionali In mancanza di più precise determinazioni la deformata della condotta in senso trasversale può essere assunta pari a w(x)=[1-k(x)]e-k(x) con k(x)=[C(x/L-0.5)]4, x distanza della generica sezione dell'opera da un estremo del fronte di frana, =massimo spostamento atteso della frana in senso trasversale alla condotta, L=larghezza del fronte di frana, C=costante che può essere assunta pari a 1.5. Con queste ipotesi la massima curvatura della condotta vale =22/L2 e si riscontra nelle sezioni ad x/L=0.2 e x/L=0.8 Deformazioni assiali A seguito della precedente ipotesi di deformata flessionale, l’allungamento imposto alla condotta vale circa:

=(1/1.6)2/L

L L

Figura 9. Attraversamento di frana in senso a) normale e b) parallelo alla direzione di scorrimento

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con =massimo spostamento atteso della frana in senso trasversale alla condotta, L=larghezza del fronte di frana. Le deformazioni massime e gli spostamenti nella condotta si possono ricavare secondo il procedimento indicato nel caso di attraversamento di faglie. Nel caso di condotta giuntata, gli spostamenti relativi dei giunti dipenderanno dalla posizione dei giunti in relazione al fronte di frana. Per il dimensionamento dei giunti potranno utilizzarsi le stesse espressioni riportate nel caso di attraversamento di faglie. Attraversamento parallelo alla direzione di scorrimento Una frana attraversata in senso parallelo alla direzione di scorrimento (figura 9, b) produce nella condotta principalmente deformazioni assiali, in quanto la condotta, per seguire lo spostamento del terreno, si deforma parallelamente al suo asse. Lo spostamento del terreno in frana produce allungamento della condotta nella zona superiore della frana ed accorciamento della condotta nella zona inferiore. Supponendo che lo spostamento assiale ed il comportamento assiale della condotta siano simmetrici in compressione ed in trazione, in ognuna delle due zone può applicarsi il modello proposto per la valutazione degli effetti dell'allungamento della condotta in caso di attraversamento di faglia, sostituendo a l il massimo spostamento atteso della frana in senso parallelo alla condotta (figura 10).

Qualora il cinematismo prevedibile porti ad ipotizzare anche dislocazioni trasversali alla condotta esse dovranno essere portate in conto con gli stessi procedimenti riportati nel caso di attraversamento di faglie. Effetti degli spostamenti permanenti dovuti a liquefazione o assestamento La verifica dell'opera si può effettuare con il metodo proposto per l'attraversamento di zone in frana in senso normale alla direzione di scorrimento, sostituendo a t il massimo

Figura 10. Andamento delle forze di attrito e delle tensioni nel caso di attraversamento di frana nel senso parallelo alla direzione di scorrimento

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spostamento verticale atteso per liquefazione o assestamento. Forze di scorrimento Le relazioni richiamate richiedono di determinare la forza di scorrimento per unità di lunghezza, fa, che si esplica tra condotta e terreno. Questa, in mancanza di determinazioni più accurate, può essere assunta pari a:

Terreni incoerenti fa=Dnz[(1+Ko)/2]tan

Terreni coesivi fa=Dcu con D=perimetro della condotta di diametro D, z profondità media della condotta , Ko coefficiente di spinta in quiete del terreno, angolo di attrito tra condotta e terreno, n peso specifico del terreno, coefficiente riduttivo della coesione non drenata, cu. Il coefficiente riduttivo assume valori compresi tra 0.7 e 1.0, con valori superiori in corrispondenza dei valori inferiori di coesione.

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Appendice 6. Esempio di calcolo Cunicolo di servizio, dalle dimensioni come in figura, posto in zona di I categoria sismica su deposito incoerente mediamente addensato, ed attraversante una faglia di immersione 30 gradi. Da studi specifici la faglia è in grado di rilasciare una magnitudo massima di circa M=6.6. Cls Rck 250, Acciaio FeB44k c.s.

1. Geometria A=1.5x2.0-1.0x1.50=1.50 mq P=2x(2.0+1.5)=7 m I1=(1.5x23-1.0x1.53)/12=0.72 m4 I2=(1.53x2-1.03x1.5)/12=0.44 m4 W1=I1/1.00=0.72 m3 W2=I2/0.75=0.58 m3 2. Materiali Calcestruzzo Rck 250

Resistenza a trazione, ft= 23 Kg/cmq Modulo di deformabilità monoassiale elastico Ee=3x105Kg/cmq Deformazione a fessurazione ft=ft/Ee=0.076x10-3

Acciaio FeB44K Tensione di snervamento, fy=4400 Kg/cmq Tensione di rottura, fk=5500 Kg/cmq

Modulo di deformabilità monoassiale elastico, Ea=2.1x106Kg/cmq Modulo di incrudimento monoassiale, Eap=0.10Ea=2.1x105Kg/cmq Deformazione a snervamento y=fy/Ea=2.1x10-3 Deformazione ultima di calcolo au=10x10-3

Allungamento percentuale A5=12% 3. Azioni derivanti dal moto sismico Dalla tabella I e per suolo di tipo B risulta =0.35 e Vg/=130 cm/s, da cui g=0.35x9.81=3.43 m/sec2 e Vg=0.35x130=45.5 cm/sec. Assumendo una velocità

Figura 11. Geometria del cunicolo

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apparente di trasmissione dell'onda di 0.8Km/s, dalle formule (1) e (2) dell'appendice 5 si hanno le seguenti deformazioni massime in assenza di interazione: a=Vg/c=45.5/80000=0.57x10-3 k=g/c2=3.43/8002=5.4x10-6 m-1

Gli effetti dell'interazione vengono valutati in via approssimata tramite le equazioni (6) dell'appendice 5. La rigidezza del terreno in senso trasversale, Kt, ed assiale, Ka, per unità di lunghezza del cunicolo è stata valutata secondo quanto riportato in Wolf [1985], per fondazione nastriforme interrata, per un modulo del terreno pari a E=4500 t/mq e per =0.33, e per una frequenza nulla, ottenendo circa Kt=5200 t/mq e Ka=3200 t/mq. Per la componente di deformazione assiale, essendo E=3x106 t/mq, A=1.50 mq, la lunghezza elastica del cunicolo è quindi pari a lea=(4EA/Ka)

0.5=75.0 m. Assumendo inoltre un periodo fondamentale del sisma di T=0.3 sec, la lunghezza d'onda predominante del sisma vale =cT=800x0.3=240 m. Il coefficiente riduttivo delle deformazioni assiali vale quindi Ra=[1+2(lea/)2]-1=0.51. Per la componente di deformazione flessionale nel piano orizzontale si ha I2=0.44 m4 e quindi una lunghezza elastica pari a lef=(4EI/Kt)

0.25=3.2 m. Il coefficiente riduttivo delle deformazioni flessionali vale quindi Rt=[1+(lef/)4(44]-1=0.999 a conferma della modesta influenza dell'interazione sulle deformazioni flessionali. Tenendo conto dell'interazione si hanno quindi le seguenti deformazioni allo SLU ed allo SLS. SLU SLS a 0.30x10-3 0.10x10-3 (m-1) 5.4x10-6 1.8x10-6 Verifiche: Le deformazioni massime allo stato limite di servizio risultano sufficientemente lontane dallo snervamento dell'acciaio: max=0.10x10-3+1.8x10-6x1.0=0.102x10-3y=2.1x10-3 Allo stato limite ultimo il dominio di interazione in termini di deformazioni è riportato in tratteggio in figura 12, insieme con le equazioni che lo descrivono, valutate per

Figura 12. Dominio ultimo della sezione in termini di deformazioni

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cu=3.5x103 ed au=-10x10-3. Nella stessa figura è anche riportato il dominio ottenuto riducendo al 75% le deformazioni ultime del materiale, da utilizzare per la verifica da azioni derivanti dal moto sismico elastico del terreno. L'equazione del dominio ridotto al 75% nel campo delle deformazioni di compressione è quindi +0.5h=0.75x3.5x10-3=2.6x10-3. Nel caso in esame si ha +0.5h=0.3x10-3+0.5x5.4x10-6x2.0=0.3x10-3<2.6x10-3. La verifica risulta quindi soddisfatta. Da notare che le verifiche allo SLS ed allo SLU sarebbero state soddisfatte anche senza considerare la riduzione di deformazione assiale dovuta all'interazione terreno struttura. Poiché la sezione allo SLU si fessura le armature devono essere in grado di assorbire tutte le tensioni di trazione nel conglomerato: Aa>ftA/(fyd)=23x1.5x1000/(4400/1.15)=90 cmq, min=90/15000=0.6% Disponendo nel perimetro 1+114/20, l'armatura presente vale Aa=1.54x2x700/20=107.8 cmq>90, =107.8/15000=0.72% 4. Attraversamento di faglia Da studi specifici è noto che la magnitudo rilasciabile dalla faglia è circa M=6.6. Tale valore appare confrontabile con quanto riportato in tabella V dell'Appendice 2, secondo la quale in zona di I categoria sismica la massima magnitudo rilasciabile è di M=6.5. Secondo l'espressione riportata al paragrafo 4.3.1, si assume il seguente spostamento massimo della faglia: =100.69M-4.8=62.5 cm

Si proietta detto spostamento lungo l'asse della condotta nelle due ipotesi, non contemporanee, di movimento della faglia parallelo o perpendicolare all'immersione della faglia stessa. Per ridurre gli effetti dello spostamento permanente il tracciato di progetto del cunicolo attraversa la faglia con un angolo, in pianta, di 45 gradi. Si assume inoltre una distanza su cui ripartire gli spostamenti trasversali, pari a LT=30m. Nel caso l'evidenza faccia ritenere tale distanza eccessiva nei confronti della geologia e della tettonica locale, si inserirà il cunicolo in uno strato di sabbia monogranulare. Movimento della faglia secondo l'immersione Lo spostamento presenta assegnata componente verticale ed orizzontale, essendo la faglia obbligata a muoversi secondo la sua immersione, nel caso in questione pari a 30

Figura 13. Attraversamento di faglia normale

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gradi (figura 13). Si ha: Spostamento verticale z=sen(30)=31 cm Spostamento orizzontale o=cos(30)=54 cm

Lo spostamento orizzontale viene proiettato in direzione parallela e perpendicolare all'asse della condotta: =ocos(45)=38.2 cm =osen(45)=38.2 cm Tenendo conto dello spostamento verticale ed orizzontale, lo spostamento parallelo e perpendicolare all'asse della condotta vale: l= =38.2 cm t=(

2+z2)0.5 =49.2 cm

Movimento della faglia perpendicolare all'immersione Lo spostamento della faglia presenta solo componente orizzontale, che viene proiettata in direzione parallela e perpendicolare all'asse della condotta. Si ottiene: l=sen(45)=44.1 cm t=cos(45)=44.1 cm Nel seguito si farà riferimento solo a questo ultimo caso. Per lo stato limite di servizio gli spostamenti di verifica si ottengono dividendo i precedenti spostamenti per 3. SLU SLS l(cm) 44.1 14.7 t(cm) 44.1 14.7 Verifica allo SLU La curvatura massima vale (appendice 5) =1.5t/LT

2=1.5x0.441/302=0.73x10-3 (m-1) L'allungamento della condotta vale =44.1+44.12/(4x3000)=44.3 cm. La forza di attrito per unità di lunghezza (Appendice 5), per profondità media della condotta di z=1+1=2 m e nell'ipotesi di terreno caratterizzato da =1.8 t/mc, c=0, =30 grd, Ko=0.5, vale: fa=pz[0.5(1+Ko)]tan()=7x1.8x2x0.75x0.57=10.7 t/m essendo p=7 m il perimetro del manufatto. La tensione massima nell'ipotesi di comportamento elastico del cunicolo vale: max=(faE/A)0.5=(0.443x10.7x3x106/1.5)0.5=307.2 Kg/cmq>ft che supera la resistenza a trazione del conglomerato. La sezione pertanto si fessura e insorge uno spostamento anelastico. Lo spostamento della sezione all'estremo della tratto in cui il calcestruzzo è ancora elastico vale e=0.5ft

2A/(faE)=0.5x2302x1.5/(10.7x3x106)=0.123 cm e si presenta dopo una lunghezza di Le=ftA/fa=230x1.5/10.7=32.2 m. La deformazione massima del conglomerato in questo tratto è pari alla deformazione massima elastica, ft=0.076x10-3.

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La rigidezza in fase fessurata, rapportata a quella elastica, vale k=n, con n=7 rapporto fra i moduli di deformazione monoassiale dell'acciaio e del conglomerato e percentuale di armatura, da cui k=7x0.72/100=0.05. La deformazione unitaria massima nella fase fessurata vale allora (appendice 5): max=0.076x10-3x[1+(0.5x44.3/0.123-1)/0.05]0.5=0.076x10-3x59.8=4.54x10-3 e risulta maggiore della deformazione di snervamento dell'acciaio y=2.1x10-3. Di conseguenza, oltre al tratto in cui il cunicolo è in fase elastica, si sviluppa un secondo tratto in cui la deformazione dell'acciaio cresce linearmente dalla deformazione di fessurazione del calcestruzzo fino alla deformazione di snervamento dell'acciaio ed un terzo tratto in cui la deformazione dell'acciaio supera il limite di snervamento e si ha incrudimento dell'acciaio. La lunghezza del tratto in cui il calcestruzzo è fessurato e l'acciaio ha comportamento elastico vale: Lp=(AaEa/fa)(y-ft)=1.5x3x106x0.05/10.7x(2.1-0.076)x10-3=42.5 m e l'allungamento della sezione all'estremo di questo tratto è pari a: y=0.123+0.5(y+ft)Lp=0.123+0.5x(2.1+0.076)x10-3x4250=4.7 cm La deformazione unitaria massima dell'acciaio nel tratto in cui questo è ormai snervato vale allora (appendice 5): max=2.1x10-3x[1+(0.5x44.3/4.7-1)/0.1]0.5=2.1x10-3x6.17=12.9x10-3 essendo in questo caso k=EapAay

2/(2yfa)=0.1. La lunghezza del tratto in cui l'acciaio è snervato vale Lpy=(AaEap/fa)(max-y)=22.9 m. La lunghezza totale del tratto interessato dalle deformazioni assiali vale quindi: L=Le+Lp+Lpy=32.2+42.5+22.9=97.6 m Le deformazioni dell'acciaio, benchè inferiori a quelle ultime effettive del materiale, sono troppo elevate, rispetto a quanto stabilito allo SLU (au=1%). E' necessario quindi inserire dei giunti. Si prevedono 5 giunti a distanza di 25 m ciascuno. Tale distanza tiene conto dell'incertezza sull'effettiva localizzazione della faglia e limita le tensioni di trazione nel conglomerato. Su ogni giunto si ha uno spostamento assiale di 44.3/5=8.8 cm. Ai fini flessionali si assume la seguente deformata: w()=0.5xtx(1.5-0.53) con =x/LT, x=0 sul piano di faglia e LT=30m. Nelle sezioni di giunto si hanno i seguenti spostamenti e rotazioni: x (m) 0 25 30 w (m) 0.0 0.21 0.22 (rad) 0.0 0.21/25-(0.22-

0.21)/25=8.1x10-3 (0.22-0.21)/25=0.4x10-3

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La rotazione in pianta fornisce uno spostamento aggiuntivo sulla parete del manufatto pari a: w=8.1x10-3x150/2=0.6 cm Il giunto deve consentire quindi un'escursione totale di 8.8+0.6=9.410 cm Verifica allo SLS La curvatura massima vale (appendice 5) =1.5t/LT

2=1.5x0.147/302=0.24x10-3 (m-1) L'allungamento della condotta vale =14.7+14.72/(4x3000)=14.7 cm La tensione massima nell'ipotesi di comportamento elastico del cunicolo vale: max=(faE/A)0.5=(0.147x10.7x3x106/1.5)0.5=177 Kg/cmq>ft che supera la resistenza a trazione del conglomerato. La sezione pertanto si fessura e insorge uno spostamento anelastico. Lo spostamento della sezione all'estremo del tratto in cui il calcestruzzo è ancora elastico vale e=0.5ft

2A/(faE)=0.5x2302x1.5/(10.7x3x106)=0.123 cm e si presenta dopo una lunghezza di Le=ftA/fa=230x1.5/10.7=32.2 m. La deformazione massima del conglomerato in questo tratto vale ft=0.076x10-3. La deformazione unitaria massima nella fase fessurata vale allora per k=n=0.05, (appendice 5): max=0.076x10-3x[1+(0.5x14.7/0.123-1)/0.05]0.5=0.076x10-3x34.3=2.6x10-3 e risulta maggiore della deformazione di snervamento dell'acciaio y=2.1x10-3. Di conseguenza, oltre al tratto in cui il cunicolo è in fase elastica, si svilupperà un secondo tratto in cui la deformazione dell'acciaio cresce linearmente dalla deformazione di fessurazione del calcestruzzo fino alla deformazione di snervamento dell'acciaio ed un terzo tratto in cui la deformazione dell'acciaio supera il limite di snervamento e si ha incrudimento dell'acciaio. Poiché le deformazioni dell'acciaio superano il limite di snervamento, non sono compatibili con quelle relative allo stato limite di servizio. Risulta quindi necessario inserire dei giunti nel cunicolo anche per la sola verifica allo stato limite di servizio. Le condotte nel cunicolo devono garantire le prestazioni riportate al paragrafo 2 per le stesse deformazioni assunte a base delle verifiche allo stato limite di servizio ed allo stato limite ultimo del cunicolo.

Proposta di linee guida per la verifica sismica di strutture interrate destinate alla sistemazione di impianti tecnologici

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