Propedeutiche Alla Scrittura

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ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ALLA SCRITTURA ALLA SCRITTURA ALLA SCRITTURA ALLA SCRITTURA Corso di aggiornamento per insegnanti della scuola primaria Corso tenuto presso scuola primaria “G.B. Candotti” di Codroipo anno scolastico 2008-2009 A cura di Cristina Sabbadini

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ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ALLA SCRITTURAALLA SCRITTURAALLA SCRITTURAALLA SCRITTURA

Corso di aggiornamento per insegnanti della scuola primaria

Corso tenuto

presso scuola primaria “G.B. Candotti” di Codroipo

anno scolastico 2008-2009

A cura di Cristina Sabbadini

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Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 2

INDICE

CHE COSA E’ LA GRAFOLOGIA

- Storia della grafologia pag. 4

- I campi di utilizzo pag. 6

- La figura del rieducatore della scrittura pag. 7

IL GESTO GRAFICO DELLA SCRITTURA

- L’importanza dell’attività grafica pag. 9

- L’origine del gesto grafico pag. 11

- Componenti mentali del processo grafico pag. 12

- Principali aree di associazione coinvolte durante l’atto grafico pag. 13

- Espressione verbale di una parola udita pag. 17

- Espressione verbale di una parola scritta pag. 18

- Le prassie pag. 18

- Disgrafie e dislessie pag. 19

L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI NELLO SVILUPPO E NELL’APPRENDIMENTO

- Competenze dei due emisferi cerebrali nell’apprendimento pag. 21

- Implicazioni didattiche pag. 24

L’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA

- Le fasi dell’evoluzione della scrittura: tre gradi tappe pag. 26

I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO

- Disortografia e dislessia pag. 30

- Disgrafia pag. 34

- Cause della disgrafia pag. 39

LO SVILUPPO DELLA MOTRICITA’ FINE DELLA SCRITTURA

- Impugnature scorrette pag. 43

- Impugnatura corretta pag. 44

LO SVILUPPO DEGLI EMISFERI CEREBRALI ATTRAVERSO IL “BRAIN GYM”. pag. 46

POTENZIAMENTO, ELASTICITA’ E COORDINAZIONE DEI MOVIMANTI FINI. pag. 52

ESERCIZI DI RAFFORZAMENTO DELLE ABILITA’ DI BASE. pag. 58

ATTIVITA’ PER LO SVILUPPO DEGLI SCHEMI GRAFOMOTORI pag. 64

SEZIONE ESERCIZI GRAFOMOTORI PER LE ATTIVITA’ PRESCOLASTICHE pag. 74

SEZIONE ESERCIZI MOTORI E DI PERCEZIONE SENSORIALE E VISIVA pag. 88

BIBLIOGRAFIA pag. 93

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CHE COSA E’ LA GRAFOLOGIA

La Grafologia è una scienza umana affine alla psicologia, ma con propri principi metodologici e

proprie tecniche. Studia la scrittura e da questa trae le indicazioni per conoscere e tracciare il

profilo di personalità dello scrivente. La metodologia d'indagine parte dal presupposto che la

scrittura, superate le fasi dell'apprendimento, diventa un processo automatico, risultato delle

risposte motorie ai circuiti neurali e riflette l’individuo nella sua interezza.

Le risposte comportamentali derivanti non possono che essere uniche, come esclusive sono le

esperienze di ogni individuo.

Con questi presupposti si delinea la possibilità di interpretazione della scrittura finalizzata alla

descrizione della personalità umana.

Cosa significa, "scrivere"? Quali zone del nostro corpo, della nostra psiche si attivano e

interagiscono tra loro durante l’attività grafica? L’apprendimento della scrittura viene

giustamente considerato dalla psicologia tra le forme più complesse e articolate dell’attività

linguistica e grafo-motoria.

Scrivere, come disegnare, è una manifestazione inconscia della propria personalità, del proprio

mondo interiore, dove:

• forma (più o meno personalizzata, semplificata o sofisticata, ecc.);

• movimento (rapido, lento, costante, dubbioso, inibito, ecc.);

• energia vitale e ritmo personali;

lasciano trasparire il proprio stile unico ed irripetibile.

Imparare a scrivere, per un bambino, non è per niente "scontato": si riflette, infatti, troppo poco

su quante e quali competenze e abilità egli debba maturare per "appropriarsi" della scrittura.

Una volta acquisita e automatizzata, essa non si dimentica. Diviene parte integrante del nostro

modo di essere: cambia con noi, segue le fasi della nostra vita. Si irrobustisce se acquisiamo

autostima, perde energia se siamo stanchi o inibiti, si trasforma e invecchia con noi.

In una analisi grafologica si evidenziano le qualità intellettive, la predisposizione alla analisi e

alla critica, il tipo di memoria.

Si individua l’eventuale introversione o estroversione della persona, l’affettività, la disponibilità

interiore all'accoglienza e le modalità espressive del comportamento.

Si evidenzia la quantità di energia vitale della persona e la sua capacità di gestirla; si coglie

infine l'emotività e la sensibilità che caratterizzano la ricezione degli stimoli.

L'analisi grafologica è un test proiettivo spontaneo, poiché non risente della presenza

dell'esaminatore né dell'ambiente. Il segno grafico risulta la diretta registrazione delle

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esperienze che, in interazione con le caratteristiche costituzionali, concorrono alla formazione

del peculiare carattere dell’individuo.

Lo sviluppo dei moti affettivi, dell'intelligenza e delle tendenze si imprimono e si integrano nella

memoria del sistema cerebrale che guida l'atto motorio-grafico, dall'apprendimento del modello

scolastico alla progressiva automatizzazione del gesto nel suo evolversi e personalizzarsi. La

grafologia è, innanzi tutto, uno strumento di conoscenza di sé. Il grafologo redige analisi di

personalità che consentono di comprendere meglio sia il proprio comportamento sia i nodi

profondi che ne sono alla base.

STORIA DELLA GRAFOLOGIA… IN PILLOLE.

Qualcuno potrebbe pensare che la grafologia sia una scoperta dei nostri tempi o addirittura

una moda. Non è così.

Studiosi, pensatori e filosofi (greci, latini, indiani, cinesi), fin dai tempi più antichi, si

interessarono della scrittura come mezzo per conoscere l’uomo, intuendo l’esistenza di un

rapporto stretto tra personalità e scrittura. Non ci sono tuttavia pervenuti documenti a

testimonianza di veri studi fatti in tal senso se non dopo il XVI secolo.

Nell'antica Grecia fu Aristotele (384-322 a.C.) ad avere le prime intuizioni al riguardo. Lo

storico latino Svetonio (70-140 d.C.)1[3] biografo dei Cesari, scrisse che da alcune

caratteristiche della scrittura dell’imperatore Cesare Augusto si potevano dedurre i tratti del

suo carattere.

Nel XVII secolo il rapporto tra personalità e scrittura cominciò a diventare oggetto di studi e di

ricerche, anche se queste intuizioni non furono sottoposte ad un’autentica verifica

sperimentale. Prima di allora, nei tempi antichi e nel medioevo, si scriveva poco e pochi

sapevano scrivere; vi era chi a servizio dei privati o del pubblico copiava manoscritti per

mestiere2[4] esprimendo il pensiero degli altri e adottando una scrittura ufficiale, sicché lo

scritto mancava di spontaneità e di caratteristiche personali. Con la diffusione dell’istruzione si

crearono le condizioni necessarie allo sviluppo della grafologia.

Il primo che si occupò di grafologia, parlandone come di “scienza certa”, fu il medico italiano

Camillo Baldi3[5] che nel 1622 pubblicò il primo libro sull’interpretazione caratterologica della

scrittura. Egli notò che ogni grafia ha un suo ritmo, pigro o veloce, cui corrisponde un

determinato carattere dello scrivente. Le sue osservazioni non ebbero però molta risonanza

anche se erano basate su giuste considerazioni

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Poco dopo il napoletano Marco Aurelio Severino, docente di anatomia e chirurgia, scrisse

sull’argomento un libretto, che non fumai pubblicato.4[6]

Goethe in una lettera a Lavater scrive: ”Non si può dubitare che la scrittura abbia dei rapporti

con il carattere e l’intelligenza umana, e che possa dare almeno un indizio del modo di

intendere e di operare, bisogna pur riconoscerle un legame con tutta la personalità” …ed infine

lo invitava “ …amichevolmente a raccogliere con passione del materiale”.

Questa lettera fu il motivo che portò J. Kaspar Lavater,5[7] teologo svizzero e studioso di

fisionomica, verso la fine del XVIII secolo, a collezionare molti autografi per trasferire l’arte della

scrittura dal suo stato puramente empirico a quello di vera e propria scienza. Lavater rilevò le

analogie esistenti tra linguaggio, modo di camminare e scrittura.

Le indagini sulla scrittura cominciarono a diventare metodiche e sistematiche e in quel tempo

nascono le scuole di grafologia in Europa.

In Francia nel 1872 l’abate Jean-Hippolyte Michon.6[8] - nato nel 1806 e morto nel 1881 - diede

una prima base scientifica allo studio della grafia; a lui, come s’è detto, si deve il termine

“grafologia”, che utilizzò per indicare lo studio del carattere dell’uomo attraverso la scrittura.

Capì che il sistema nervoso influenza la grafia ed enunciò criteri e leggi per associare ai segni

grafici le qualità psicologiche corrispondenti. Il suo merito fu di stimolare in modo significativo

l’approfondimento e la ricerca - che venne avvantaggiata dal vasto materiale da lui raccolto - e

di aver creato uno studio sistematico della grafologia.

Jules Crépieux-Jamin (1859-1940),7[9] originario di Ginevra, si stabilì poi in Francia. Allievo di

Michon, fu il vero caposcuola della grafologia francese; a lui si deve il primo metodo d’indagine

per l’interpretazione della scrittura. Egli raggruppò quasi duecento segni o tratti grafici in sette

categorie e propose un modello di analisi della scrittura basato su intensità ed interazione dei

segni che costituiscono l’armonia o disarmonia dello scritto e concluse inoltre che ”…l’armonia

della scrittura corrisponde a quella del carattere”. Crépieux-Jamin fu un grande esperto

calligrafico ma, ancor privo di un rigoroso metodo scientifico, lasciò troppo margine

all’intuizione; ebbe il merito di rendere popolare la grafologia e di contribuire alla sistemazione

metodologica ed epistemologica della materia. Sul suo metodo si basarono gli studi di questa

disciplina sia in Francia che negli altri Paesi.

Gli allievi di Crépieux-Jamin migliorarono e corressero la sua impostazione; approfondirono la

sperimentazione e la ricerca, contribuirono a diffonderla in Europa.

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Nel 1972 la grafologia entra all’Università di Bordeaux fra i corsi regolari della facoltà di lettere

e a Parigi entra alla facoltà di medicina.

All’inizio del secolo in Francia nacque la grafoterapia che si basò sulla teoria per cui se la grafia

rivela il carattere dell’individuo e si modifica con esso, allora, modificando la scrittura, è possibile

trasformare almeno alcuni aspetti del carattere.

Uno dei più importanti nomi in Europa in campo grafologico e psicologico fu quello di Ania

Teillard

I CAMPI DI UTILIZZO

All’inizio del III Millennio, la grafologia – o psicologia della scrittura, come alcune scuole oggi

preferiscono definirla - si è conquistata faticosamente uno spazio tra le cosiddette scienze

umane: l’istituzione del corso di laurea breve ha rappresentato una dichiarata conferma.

Sono molteplici, le implicazioni scientifiche e le discipline che interagiscono nel campo della

scrittura. La neurofisiologia, la psicologia, la pedagogia, la fisica, la medicina, solo per citarne

alcune, offrono motivi di riflessione e di analisi per arrivare a comprendere meglio le strutture

profonde che stanno alla base del processo grafico.

Ma quali sono i settori in cui la grafologia viene oggi utilizzata? Oltre a quello individuale, i

campi di elezione per l’utilizzazione della grafologia sono: famigliare, pedagogico, clinico, legale,

aziendale.

L’intervento del grafologo può risultare dunque determinante per cogliere i cosiddetti "segnali "

del disagio, per evitare

evitare che i problemi diventino ad un certo punto insormontabili.

Non è casuale, infatti, che ormai la grafologia, ad opera dei rieducatori della scrittura altrimenti

definiti grafoterapeuti, porti contributi significativi anche nel settore pedagogico-familare nello

studio e nell’interpretazione di eventuali difficoltà nell’apprendimento e di disagi di

adattamento.

Il grafologo interviene, inoltre, nell’ambito dell’orientamento agli studi superiori o

universitari; egli, infatti, evidenzia in maniera "dolce" e quindi poco invasiva caratteristiche e

potenzialità dello studente, dandogli un ulteriore possibilità di scegliere con maggiore

precisione il proprio percorso di studio.

Non da meno risulta essere l’ambito professionale dove, lo strumento grafologico può rivelarsi

un ottimo mezzo attraverso il quale comprendere meglio in quale ambito esprimere

efficacemente le proprie qualità e caratteristiche attitudinali, intellettive e temperamentali.

In fine la grafologia può efficacemente affiancare il lavoro dello psicologo, del terapeuta, nelle

consulenze individuali e di coppia, per consentire una conoscenza più completa della persona.

L’analisi della grafia è infatti un utile strumento d’autoanalisi, che chiunque può utilizzare per

guardare dentro di sé.

A questo punto risulta essere superfluo sottolineare che la grafologia non ha niente di occulto

né di magico, non fa previsioni, non è terapeutica – se non nella misura in cui una persona,

conoscendosi maggiormente, può agire su se stessa con migliore consapevolezza.

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LA FIGURA DEL RIEDUCATORE DELLA SCRITTURA

È un grafologo che ha conseguito il titolo attraverso il percorso universitario specifico o presso

istituti di formazione privati di almeno tre anni. Successivamente ha ottenuto l’attestato di

riconoscimento come “Rieducatore della scrittura”, frequentando un master di specializzazione.

Egli interviene direttamente per il recupero di bambini, adolescenti ed eventualmente adulti

disgrafici, ma anche, in collaborazione con le scuole, per la prevenzione delle disgrafie a fine

scuola dell’infanzia ed inizio scuola elementare. Esercita in contesti scolastici, psico-pedagogici,

in collaborazione con associazioni culturali e con neuropsichiatri.

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Il gesto grafico della scrittura.

Che cosa spinge il bambino ad imprimere la propria traccia?

La curiosità? Il desiderio di conoscere, di imparare? La meraviglia di potersi rappresentare

anche attraverso il corpo, la possibilità di comunicare ciò che vuole e ciò che inconsciamente

desidera far sapere di sé all’ambiente circostante?

Certamente sì! Ma prima di tutto, questo rappresenta una risposta alla sua esistenza, assume

un nuovo messaggio rafforzativo fondamentale: Io sono, esisto e pertanto creo!

Il grafismo, perciò, rappresenta una nuova modalità di espressione della propria identità.

Se il bambino vive in un ambiente stimolante scopre di poter essere in grado di lasciare tracce

ovunque e in qualunque modo gli sia permesso. L’imitazione è parte fondamentale delle proprie

scoperte e gli adulti vengono continuamente emulati in ogni loro gesto e atteggiamento. Tutto

questo è per il bambino fonte di immensa gioia poiché egli, come scrive A. Oliviero Ferrarsi

(1973), cerca di <<incidere sulla realtà modificandola e d’imporre la propria presenza>>.

Attraverso l’attività grafica egli prende coscienza di avere un potere creativo e ciò lo fa crescere

nella stima di se stesso procurandogli un piacere che si rinnova attraverso l’esecuzione di

nuovi tracciati, trasformando, così, i gesti grafici da fortuiti in intenzionali.

Secondo Luquet il bambino inizialmente prova piacere nell’eseguire uno scarabocchio pur non

dandogli un significato rappresentativo, sarà solamente in seguito che scopre casualmente

l’analogia tra la forma di alcuni oggetti a quella dei suoi scarabocchi. Questo viene definito

dall’autore lo stadio del realismo fortuito o altrimenti definito, dagli studiosi Cox e M.

Bernson, stadio vegetativo-motorio.

Nonostante ci siano punti di vista diversi in merito, si ritiene ingiustificata l’attribuzione di un

intento rappresentativo nelle prime attività grafiche, a volte a soli 12 mesi, anche perché per

ovvi motivi risulta impossibile dimostrare che ciò che è stato disegnato abbia una valenza

rappresentativa specifica. Il bambino prova piacere nel creare, modificare l’ambiente, produrre

qualche cosa attraverso la propria attività. Vive, comunque, lo stesso piacere nello scoprire la

legge della causa-effetto mentre si diverte a far cadere oggetti dal tavolo o dal seggiolone per

sentirne il suono e per modificarne la posizione originale, così come a sei mesi di età si diverte

a gridare, “gorgheggiare”, per sentire il suono della propria voce (lallazione).

Non si può parlare, però, di casualità relativamente al passaggio dallo scarabocchio fortuito a

quello rappresentativo: ciò che è casuale non può essere costante, e questo passaggio si verifica

costantemente in tutti i bambini. Se inizialmente il gesto grafico nasce dal solo piacere di

lasciare una traccia senza alcuna attribuzione significativa, poco tempo dopo egli dichiara la

propria intenzione di rappresentare un preciso “simbolo” che gli permette di dare un significato

al proprio scarabocchio, con una operazione analoga a quella che avviene nel gioco; difatti, un

bastone può rappresentare un fucile, uno scatolone, la casa, ecc.

Il livello generale della scrittura del bambino dipende tanto dal suo sviluppo mentale e

psicomotorio, quanto da quello affettivo. Le disgrafie possono essere la conseguenza sia di

disturbi provocati da cattiva conoscenza dello schema corporeo, che dalla mancanza di

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organizzazione spazio-temporale, da incapacità di coordinare le sinergie muscolari (melodia

cinetica non ancora acquisita) o da una inadeguata conoscenza della lingua ma non va

assolutamente trascurato l’aspetto della maturazione emotivo-affettiva.

Il bambino che vive situazioni affettive di disturbo prolungate nel tempo ha difficoltà a

proiettarsi nel futuro e può reagire allo stress o con l’aggressività o chiudendosi in un

comportamento di fuga dalla realtà e comunque può perdere l’interesse per l’apprendimento

allo studio.

La grafoterapia rivede in chiave pedagogica il lavoro che precede l’apprendimento scolastico,

Chantal Thoulon-Page, stimatissima grafoterapeuta francese, dice: “Essa non impone in modo

rigido un nuovo modello, ma lavora accanto alla scrittura, su forme che sono solo lontane

parenti delle lettere, in modo da ammorbidire e perfezionare il gesto grafico e non la scrittura in

se stessa (occorre rieducare il gesto tramite il gesto)… il miglioramento del grafismo verrà da

solo, senza che il bambino abbia l’impressione di aver lavorato sulla sua scrittura.”

L’IMPORTANZA DELL’ATTIVITA’ GRAFICA.

Numerose ricerche in campo bioneurologico affermano che l’attività grafica è fondamentale per

lo sviluppo cerebrale del bambino e in modo particolare delle competenze linguistiche, cognitive

e motorie , legate alla specializzazione dell’emisfero collegato alla mano scrivente.

E’ altrettanto riconosciuto che la preferenza d’uso della mano destra è funzione dello sviluppo

cerebrale o ancor meglio della specializzazione dell’emisfero sinistro, dove ha sede il linguaggio.

Questo, infatti è l’elemento che contraddistingue l’uomo dagli animali, poiché nemmeno tra i

mammiferi superiori esistono casi di dominanza laterale cerebrale.

Nell’uomo, infatti, nel corso della lenta evoluzione l’emisfero sinistro è stato sempre più

sollecitato sia attraverso la realizzazione grafica simbolica che mediante l’uso della mano

destra. Questo ha determinato uno sviluppo neuronale specializzato, una maggiore

organizzazione funzionale del cervello con conseguente laterizzazione del linguaggio all’emisfero

sinistro. Perciò, oggi, si può affermare che lo sviluppo della scrittura ha favorito la

specializzazione emisferica dell’uomo.

Recenti scoperte nel campo neurobiologico (Sterratrice/Habab, 1993), dimostrano che uno dei

meccanismi fondamentali dell’apprendimento, in particolar modo quello grafico, risponde al

principio di selezione. Secondo ricercatori contemporanei, infatti, il cervello dispone dall’inizio

di un sistema ricco di potenzialità, connessioni nervose temporanee, che man mano vengono

selezionate. Solamente i circuiti più frequentemente utilizzati si svilupperanno, gli altri

verranno progressivamente abbandonati.

Questo processo di graduale selezione, semplificazione e specializzazione determina, anche per

quel che riguarda il gesto della scrittura, lo spostamento neuronale da un sistema volontario

ad uno automatico.

Inizialmente il bambino segue i movimenti della mano con l’occhio, egli , infatti, non è ancora

in grado di guidare la mano con precisione. Successivamente acquisisce un maggiore livello di

abilità e controllo dei movimenti fini.

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E’ giusto specificare che lo sviluppo psicomotorio non avviene necessariamente solo ed

esclusivamente attraverso il gesto grafico ma anche attraverso una serie di attività, come: la

deambulazione, la manipolazione e la realizzazione di oggetti, giochi di movimento, ecc.

Queste attività forse erano maggiormente svolte un tempo quando i bambini potevano

muoversi, correre, realizzare giochi creativi e frutto della propria fantasia, manipolare oggetti

con la finalità di costruirsi il gioco anche se con materiale povero. Oggi, purtroppo il bambino

passa diverse ore davanti alla televisione o gioca in modo virtuale attraverso i videogiochi,

favorendo solo al prontezza di riflessi e la sedentarietà.

Ma l’atto grafico non possiede solo una valenza di sviluppo e specializzazione neurologica ma

permette agli adulti di entrare con umiltà e rispetto dentro il mondo psicologico del bambino.

Egli infatti, attraverso lo scarabocchio, il disegno e successivamente la scrittura comunica il

proprio mondo interiore.

Lo scarabocchio viene considerato anche un’attività di “autoterapia” inconscia (M. Bernson

1973). Scarabocchiando, il bambino si sviluppa e prende coscienza di sé, passo fondamentale

per la propria stabilità.

Anna Oliveiro Ferrarsi (1973) sostiene una tesi analoga: <<mentre il bambino disegna esplicita

le proprie paure ed ansie>>. Attraverso l’espressione grafica, il movimento, il gioco, il bambino

esprime se stesso, esplicitando i suoi problemi e scaricando le proprie tensioni. In mancanza di

questo sfogo, l’aggressività si può accumulare con danni rilevanti per lo sviluppo e l’equilibrio

della personalità. L’aggressività, ad esempio, può causare sensi di colpa e depressione.

Le teorie freudiane sostengono che il disegno è fortemente influenzato dai desideri e dalle paure

inconsce del bambino, per questo motivo l’atto grafico può rappresentare uno strumento

catartico e di purificazione delle idee represse. Per lo stesso motivo anche i giochi e lo scrivere

offrono la possibilità di esprimere i propri impulsi istintuali (J.Royer 1993 – G.Crocetti 1986).

E’ sicuramente utile tener presente che l’esame dell’attività grafica è fondamentale per

conoscere l’abilità raggiunta dal bambino e, se necessario, per impostare un’adeguata terapia

individuale. La terapia rieducativa è maggiormente efficace se si trasforma in attività didattica e

soprattutto se viene effettuata in un periodo precoce quale è quello relativo all’azione educativa.

Per fare ciò è importante che il bambino venga osservato con attenzione durante tutte le fasi di

apprendimento al fine di poter rilevare le possibili difficoltà. Questa fase di osservazione è di

fondamentale utilità, basti pensare che, ad esempio, la difficoltà di apprendimento dello

schema corporeo può comportare una difficoltà successiva nella gestione dello spazio e delle

sue relazioni, con conseguente difficoltà ad apprendere la lettura, la scrittura ed il concetto di

quantità.

L’attività grafica, assieme ad altre attività di tipo ludico, può favorire lo sviluppo della motricità

fine, il coordinamento occhio-mano, la capacità di percezione, la conoscenza dei rapporti

spaziali e temporali, la manipolazione delle immagini mentali, la conoscenza dello schema

corporeo, lo sviluppo del sistema nervoso, la maturazione affettiva, lo sviluppo dell’intelligenza

con particolare riferimento alle abilità legate all’emisfero destro. Questa osservazione,

avvalorata da diversi studiosi, ci porta a lanciare un appello, alle insegnanti ma sopratutto ai

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genitori, affinché il bambino recuperi le proprie attività ludiche anche attraverso quelle grafico-

pittoriche (oggi spesso vietate e sostituite dall’uso improprio della tv o dei videogiochi), al fine di

crescere in armonia con le graduali richieste della vita.

L’ORIGINE DEL GESTO GRAFICO.

Da un punto di vista generale, non è difficile ammettere che la scrittura è prodotta dal cervello,

importante parte di tutto il sistema nervoso. Si potrebbe dire che la scrittura, come espressione

comportamentale, è il risultato delle risposte motorie all'interazione complessa dei circuiti

neurali cortico-sottocorticali. Tali risposte sono uniche, personali e strettamente individuali,

come esclusive sono le esperienze emozionali degli individui ed il loro assetto cromosomico. E'

facile, dunque, sostenere che l'individualità della scrittura come comportamento è l'espressione

di un lavoro mentale esclusivamente individuale.

L'uomo è dotato di un sistema nervoso centrale e di uno periferico. Il sistema nervoso centrale

comprende il cervello propriamente detto costituito dei due emisferi cerebrali, destro e sinistro,

strettamente collegati attraverso il corpo calloso, dal diencefalo col talamo e l'ipotalamo, dal

troncoencefalo, dal midollo allungato, dal cervelletto (cerebellum) ed infine, non per minore

importanza, dal midollo spinale.

FIG. 1

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Il sistema nervoso periferico è costituito dall'insieme di tutti i nervi e le terminazioni nervose

che si irradiano in ogni recesso del corpo umano. Tramite l'interconnessione dei sistemi nervosi

centrale e periferico è assicurato il più completo collegamento di ogni punto del corpo umano

con il cervello: impulsi e stimoli possono essere così trasmessi, sia dal cervello al corpo che

viceversa, in tempi brevissimi. Inoltre, cervello e corpo sono anche connessi chimicamente: il

cervello emette ormoni e peptidi che, immessi nel sangue, possono rapidamente raggiungere il

corpo tramite il circuito arterioso-venoso trasmettendo sia segnali in entrata che in uscita.

COMPONENTI MENTALI DEL PROCESSO GRAFICO.

Il processo grafico è un’attività neurobiologica tutt’altro che semplice, sia nel caso in cui la

grafia sia sotto dettatura sia che si tratti di una esposizione libera o di sola copiatura.

Per quanto le tre modalità grafiche adottino dei processi mentali diversi, in quanto diverso è il

canale di entrata primario, comunque raccolgono nella loro struttura elementi comuni:

1. Analisi della composizione fonetica;

2. Traduzione dei distinti fonemi in schemi grafici visivi o grafemi;

3. Trasformazione delle immagini in tratti grafici.

• Durante la prima fase della formazione del processo grafico, ossia l’analisi della

composizione fonetica, il flusso fonetico percepito e mentalmente rappresentato, si attiva una

distinzione di tutta una serie di suoni che partono da quelli con cui una parola inizia fino agli

ultimi che la compongono. La distinzione della giusta successione dei suoni diventa

importante. Le fasi che si susseguono sono:

• l’individuazione della sequenza dei suoni che compongono una parola: rappresenta la

prima condizione per la scomposizione della catena linguistica e corrisponde alla

trasformazione di tale successione in una catena di suoni intelligibili. Inizialmente il

bambino può incontrare enormi difficoltà perciò la parola “topo” verrà trasformata in

“poto”, ecc.;

• la precisazione dei suoni: questa seconda fase è strettamente collegata alla precedente,

consiste nella trasformazione delle varianti fonetiche ascoltate in un preciso momenti in

suoni distinti o fomeni. Questa operazione di precisazione dei suoni, è dunque una

seconda condizione essenziale dl processo grafico.

Riassumendo si può dire che l’analisi fonetica della parola, la distinzione dei singoli suoni e la

trasformazione delle varianti fonetiche in precisi fonemi, costituiscono il primo anello

necessario alla realizzazione del processo grafico.

• All’analisi uditiva, necessaria al processo grafico, segue sempre una seconda fase: la

trasformazione dei suoni in schemi grafici visivi, cioè in immagini visive. Pertanto ciascun

fonema dovrà essere trasformato nella corrispondente lettera che successivamente verrà

trascritta. Se la prima fase, ossia l’analisi fonetica, è stata condotta con precisione, la

codificazione nel rispettivo grafema non sarà difficoltosa. E’ possibile che inizialmente si

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incontrino difficoltà nell’identificazione di quelle lettere simili ma che in realtà hanno una

diversa disposizione spaziale, come ad esempio le “b”-“d”, “n”-“u”, “s”-“z”, ecc.

• La terza e ultima fase: la trasformazione delle immagini in tratti grafici, altro non è che

la trasformazione delle lettere nei corrispondenti tratti grafici. Questa fase riflette le diverse fasi

di apprendimento della scrittura.

Nella composizione dell’attività grafica entrano a far parte numerosi processi funzionali che si

situano al di fuori sia della sfera visiva (rappresentazione mentale delle lettere) che della sfera

motoria che gioca il suo ruolo solo nell’attuazione immediata del processo grafico. In quale

modo le singole componenti neurobiologiche intervengono nella strutturazione del linguaggio

grafico, si può desumere dalle grafie di soggetti affetti da lesioni di limitati settori della

corteccia cerebrale. Tutto ciò è stato possibile grazie ai numerosi studi derivanti dalla

neurobiologia e dalla neurochirurgia, i quali hanno evidenziato che ciascuna regione della

corteccia cerebrale ha una sua propria particolare struttura ed esercita specifiche funzioni.

PRINCIPALI AREE DI ASSOCIAZIONE COINVOLTE DURANTE L’ATTO GRAFICO.

A questo proposito è bene fare una precisazione esplicativa. Quando si parla di aree cerebrali

coinvolte durante l’atto grafico, non si intende descrivere il mero processo neurologico inerente

alle prassie necessarie a vergare il segno, ma comprende tutte quelle fasi di identificazione

visiva e sonora, interpretazione semantica, di organizzazione spaziale, di riconoscimento

simbolico, di immagazzinamento ed evocazione mnestica, ecc.

FIG. 8

Corteccia cerebrale:

Ha il compito di dare l’avvio al gesto grafico traducendo nelle aree associative i simboli verbali

in simboli grafici.

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Secondo la funzione, la corteccia cerebrale si divide in sensitiva, motrice e associativa ed è

collegata ai centri sottocorticali già menzionati. La corteccia sensitiva riceve le vie nervose che

conducono stimoli provenienti da tutto il corpo. Dalle aree motrici partono impulsi motori

attraverso la via piramidale (in genere i centri corticali di un emisfero sono in relazione con le

regioni del corpo del lato opposto). Le aree associative servono a integrare le diverse

sensazioni, alla loro memorizzazione e alla costituzione del complesso processo della coscienza,

comprendente l'ideazione, la volontà, la consapevolezza e la capacità di giudizio.

Pur funzionando come un organo unitario, il cervello presenta regioni in cui sono localizzate

alcune funzioni:

• l'area preposta alla sensibilità visiva, localizzata nel lobo occipitale;

• l'area per la sensibilità acustica, situata nei lobi temporali;

• l’area per la sensibilità motoria, situata nel lobo frontale;

• l'area per la sensibilità olfattiva e gustativa, a livello dell'ippocampo.

Centri corticali specializzati, particolarmente sviluppati nell'uomo, sono quelli del linguaggio, la

cui lesione causa vari disturbi di emissione e comprensione del linguaggio scritto o parlato

(afasia).

FIG. 9

• Area Motoria: costituita dalla corteccia motoria, corteccia premotoria e area di Broca.

• Corteccia motoria: situata davanti al solco centrale nel lobo frontale. Controlla i

singoli muscoli dell’intero organismo in special modo quelli che provocano i movimenti

fini, delle dita, labbra, bocca, e in grado minore i movimenti fini dei piedi e delle dita

dei piedi;

• Corteccia premotoria: situata anteriormente alla corteccia motoria. Ha il compito di

evocare risposte motorie coordinate consistenti sia in sequenze di movimenti di singoli

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muscoli che movimenti combinati di differenti muscoli. In quest’area viene conservata

gran parte dei modelli motori acquisiti per il controllo di movimenti di particolare

destrezza. (es. esercizio atletico);

• Area di Broca: Centro corticale, localizzato anteriormente alla corteccia motoria a livello

del margine laterale della corteccia premotoria. Controlla i movimenti coordinati della laringe

e della bocca per la formazione delle parole nel linguaggio parlato. Opera in stretta

associazione con l’area di Wernicke per la comprensione del linguaggio, funzione della corteccia

temporale. Questa area si sviluppa solamente in uno dei due emisferi cerebrali, per il 95% dei

soggetti in quello sinistro e nella metà dei mancini. La sua lesione o perdita funzionale è causa

della perdita della capacità di produrre il linguaggio articolato (afasia di Broca, altrimenti detta

"afasia ad emissione verbale ridotta" o afasia motrice).

• Area sensoriale somestica: le sensazioni somestiche rappresentano la sensibilità

generale, comprendono il tatto-pressione, le sensazioni termiche, e quelle dolorifiche. Analizza

le sensazioni e consente di valutare le posizioni del corpo. Occupa l’intero lobo parietale. Si

distingue in due aree una primaria e una secondaria:

• Area primaria: riceve segnali dai vari recettori sensoriali distribuiti dall’organismo.

Distingue i tipi specifici di sensazioni evocati da regioni distinte del corpo;

• Area secondaria: interpreta soprattutto i segnali sensoriali, non li distingue. Ad

esempio, permette di distinguere se la sensazione suscitata in corrispondenza della

mano è data da un oggetto anziché un altro, ecc.

• Area visiva: occupa l’intero lobo occipitale. Anche questa area è suddivisa in una primari

e una secondaria:

• Area primaria: distingue i punti luminosi e quelli neri, inoltre distingue

l’orientamento di linee e margini nella scena visiva.

• Area secondaria: interpreta l’informazione visiva. In questa area, infatti, vengono

interpretati i significati delle parole scritte.

• Area uditiva: localizzata lobo temporale.

• Area primaria: vengono distinti i toni, le intensità e le altre qualità dei suoni;

• Area secondaria: vengono interpretati i significati dei suoni (es. parole) uditi.

Alcune parti di questa area sono importanti per il riconoscimento della musica.

• Area di Wernicke: situata al centro della corteccia, nella parte posteriore della corteccia

uditiva primaria, corrispondente alla parte posteriore del lobo temporale superiore. E’ la

regione più importante per le funzioni intellettive superiori. In questa area confluiscono i

segnali sensoriali da tutti e tre i lobi. Questa è la regione della comprensione del linguaggio,

inoltre, è estremamente importante in quanto interpreta i significati autentici di quasi tutti i

tipi di informazione sensoriale, sia che l’informazione sia udita, letta, avvertita al tatto o anche

originata dal cervello stesso. Dall’area secondaria di elaborazione visiva, situata nel giro

angolare del lobo occipitale, affluiscono i segnali visivi delle parole/simboli letti.

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La sua lesione o distruzione è conseguenza del disturbo della comprensione delle parole udite

(afasia di Wernicke, altrimenti detta "afasia ad emissione verbale fluida", o afasia sensoriale)

pur conservando l'articolazione della parole.

• Planum Temporale: regione situata nella superficie del lobo temporale corrispondente alle

zone dell'emisfero sinistro coinvolte nella comprensione del linguaggio.

• Fascio Arcuato: struttura anatomica che mette in comunicazione l'area di Broca e di

Wernicke. La sua lesione comporta nel soggetto un'afasia di conduzione caratterizzata dalla

difficoltà di ripetere quello che viene detto, nonostante la comprensione.

• I Nuclei o Gangli della base: regolano quella che è chiamata la “tensione” del gesto

grafico. Esercitano due forze contrastanti che ne determina la tensione del movimento.

Lo Striato (formato da Caudato e Putamen): ha funzione inibitoria; il Pallido (formato

Subtalamico e la Sostanza nigra): ha funzione eccitatoria. I nuclei della base ricevono afferenze

dall'intera corteccia cerebrale e a sua volta la corteccia prefrontale riceve tutte le informazioni

provenienti dai nuclei della base e spiega il perché le alterazioni funzionali di questi nuclei

interferiscono sulle funzioni frontali. Una fondamentale funzione è di coordinazione e

controllo dell’attività motoria di base, mentre per i movimenti più precisi è necessario

l’intervento della corteccia cerebrale. La regione, inoltre, è la sede della progettualità, del

controllo, delle motivazioni e della volontà.

• Giro Angolare: situato nella zona del lobo occipitale, rappresenta il “centro della

memoria ottica”, in grado di trasformare le immagini visive delle parole nella loro

realizzazione grafica.

• Talamo: ha un ruolo molto importante perché riguarda l’aspetto affettivo (è stato definiti il

“cuore del cervello”) e influenza il movimento grafico: se la sua influenza è molto forte,

l’emotività sarà prevalente sulla razionalità.

• Cervelletto:

il cervelletto (che costituisce il 10% del peso encefalico) è l'organo deputato a coordinare i

movimenti muscolari, presiede al senso dell'orientamento del corpo nello spazio e al

mantenimento dell'equilibrio. Essendo la neuroanatomia funzionale della scrittura mal

conosciuta rispetto a quella degli altri processi cognitivi, grazie ai diversi studi di analisi

dell’attivazione cerebrale si può affermare che il ruolo specifico del cervelletto sia quello di

intervenire nella complessa attività motoria fine delle dita. Esso interviene nella scrittura

controllando la precisione del gesto (velocità, ampiezza e angolosità), attraverso le sue

connessioni con la corteccia e con il midollo spinale.

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ESPRESSIONE VERBALE DI UNA PAROLA UDITA.

La meraviglia del linguaggio rappresenta il risultato sinergico e sinfonico di una molteplicità di

strutture anatomiche e funzionali dall'estrema complessità.

Nel caso della parola udita il segnale sonoro codificato dal punto di vista nervoso giunge

all'area primaria uditiva, interpretato dall'area di Wernicke dove acquista significato. Tale

rappresentazione semantica viene trasferita, attraverso il fascio arcuato, nell'area di

Broca dove si attiva il programma neuromotorio necessario alla sua articolazione, garantita

dall'azione della corteccia motoria primaria (zona corticale prerolandica) che, seguendo la

sequenza programmata, mobilizza (pronuncia) gli organi della fonazione (bocca, lingua,

laringe, ecc.).

FIG. 10

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ESPRESSIONE VERBALE DI UNA PAROLA SCRITTA.

Nel caso della lettura il canale d'entrata è visivo. Il messaggio nervoso-retineo giungendo

all'area visiva primaria (area associativa localizzata all'estremità del lobo occipitale) viene

convertito da forma visiva in forma sonora (nell'area di Wernicke). Il processo della

pronuncia (lettura) si svolge poi in sequenza secondo le tappe descritte per la parola udita.

FIG. 11

LE PRASSIE.

L’ultimo passo nell’elaborazione mentale della scrittura consiste nell’organizzazione della

sequenza motoria.

Per prassia si intende la capacità di eseguire il gesto richiesto, qualsiasi esso sia: gesto

simbolico, gesto atto all’uso di un oggetto, un gesto privo di significato o indotto all’imitazione,

ecc.

Le prassie si suddividono in due tipologie:

• Ideatorie: capacità di rappresentarsi mentalmente il gesto da compiere (“cosa fare”);

• Ideomotorie: capacità di tradurre la sequenza motoria in un corretto programma

innervatorio (“come fare”).

L’organizzazione prassica è di competenza dell’emisfero sinistro (dominante) che svolge il ruolo

direttivo dell’attività gestuale degli arti di entrambi i lati.

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A questo punto, avendo ideato e tradotto la sequenza motoria, l’ultimo passaggio da realizzare

al fine di tracciare il tratto grafico riguarda il sistema sensomotorio.

Il messaggio nato nelle aree associative parietali, dovrà essere trasformato in una sequenza di

ordini motori, e quindi trasmesso in periferia alle strutture esecutrici, cioè i muscoli. Il

concetto “sensomotorio” nasce dal fatto che non esiste un comando motorio che non sia

costantemente controllato, confrontato, durante l’esplicazione dell’attività, e costantemente

monitorato riguardo gli effetti intermedi e finali. Il controllo avviene attraverso le informazioni

sensitive trasmesse dai ricettori sensitivi degli organi periferici al cervello motorio tramite

l’integrazione e l’analisi del cervello sensitivo.

Il controllo motorio corticale si attua attraverso 3 strutture principali:

• Corteccia motoria: stimola attività motorie fini isolate, di singoli segmenti corporei

organizzati in momenti e non in singoli muscoli;

• Corteccia premotoria: ha il compito di controllo della componente muscolare prossimale

degli arti e la flessibilità del gesto. E’ connessa con le aree parietali associative ed è sensibile

alle sollecitazioni sensoriali. Controlla l’armonia e la flessibilità del gesto;

• Area motoria supplementare: ha il compito di iniziare ed organizzare cronologicamente il

programma motorio legato alla sollecitazione interna ed alla motivazione. Il modello elaborato

da queste aree verrà trasferito alla corteccia motoria .

Parallelamente il movimento verrà analizzato anche dai circuiti complessi, alcuni facenti capo

al cervelletto (coordinazione e durata del movimento) e altri ai nuclei della base (intensità

dell’attivazione muscolare).

La corteccia motoria emette l’ordine di contrazione ai motoneuroni spinali, mentre le afferente

propriocettive e visive correggono gli eventuali errori di esecuzione. L’area cingolare, inoltre,

influenza la traccia grafica a livelli emotivo in quanto essa è implicata nel comportamento

emozionale, nell’affettività e nella motivazione.

DISGRAFIE E DISLESSIE.

Accanto alle agrafie acquisite si ritrovano le turbe evolutive della scrittura e dell’ortografia,

ovvero le disgrafie, dislessia e disortografie.

Si conosce da alcuni anni che le difficoltà di apprendimento del linguaggio scritto nei

soggetti portatori di dislessia-disgrafia-disortografia sono associate ad anomalie minori di

alcune zone corticali (particolarmente emisferiche sinistre) e sottocorticali.

Queste alterazioni, espressione di un disturbo della maturazione neuronale precoce, sono

sufficienti a modificare profondamente le connessioni di queste regioni e la loro capacità

di sostenere uno sviluppo normale del linguaggio scritto.

In ambito neurologico si possono distinguere quattro gruppi di bambini dislessici-disgrafici:

� Con deficit linguistici e psicomotori: caratterizzato da problemi di spelling, e produzione

motoria goffa;

� Con deficit visuo-spaziali: caratterizzato da scrittura scarsamente leggibile e con cattiva

organizzazione spaziale;

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� Con deficit di attenzione e di memoria: caratterizzato da problemi di spelling alterato

con frequenti omissioni e intrusioni;

� Con deficit di capacità sequenziale e ed automatizzazione della scrittura.

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L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI NELLO SVILUPPO E

NELL’APPRENDIMENTO.

COMPETENZE DEI DUE EMISFERI CEREBRALI NELL’APPRENDIMENTO

Aucouturier 1986, Le Boulch 1988, Vayer 1989, Loudes 1988, Berges 1987 si sono occupati di

questi aspetti attraverso la psicomotricità.

Alcuni risultati delle loro ricerche sono stati ricordati in un articolo apparso su una rivista del

settore, “Babele n° 11 del 10/99”.

L’articolo è firmato dal Dipartimento di Neuroriabilitazione del Brain Health Center di Roma e

notizia che ora risulta possibile 'aggirare’ alcuni ostacoli, che si presentassero durante il processo

di apprendimento, attivando funzioni sostitutive controllate dall’emisfero controlaterale.

Con la motricità guidata si riesce cioè a “bypassare la funzione deficitaria attraverso la

stimolazione di aree deputate alla stessa funzione dell’emisfero controlaterale producendo una

risposta non casuale.”

L’emisfero sinistro

“Per stimolare l’attivazione di un’area dell’emisfero sinistro è necessario utilizzare come

metodo l’associazione delle informazioni tra loro, per somiglianza, conseguenza,

identità”.

Esso dipende da emozioni, motivazione e subisce la paura bloccandosi.

L’emisfero destro:

“La stimolazione dell’emisfero destro è sostanzialmente basata sulla differente

percezione, elaborazione, risposta e latenza di risposta.”

L’emisfero destro ha bisogno di informazioni con un corrispettivo reale, integrabili con i

dati precedenti e di un tempo maggiore per dare risposta. Privilegia come canale la

musica.” (pag.41, Babele)

L’insegnante dovrebbe tenere conto della individualità delle reazioni, per esempio del blocco

emotivo di chi è spaventato o dell’esigenza di un tempo più lungo di reazione in un mancino.

Eppure è frequente nelle scuole udire le urla ostinate di certi insegnanti quando gli alunni non

rispondono subito a comando!

Sulla dominanza di funzionamento del cervello sono stati documentati molti aspetti curiosi grazie

all’uso della PET (tomografia a emissione di positroni). Questa tecnica permette di evidenziare sul

video di un monitor il consumo di energia nelle varie zone del cervello secondo una scala

cromatica.

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In questo modo è stato possibile raccogliere queste informazioni:

Il centro della visione non intenzionale è a destra.

• Quando ci lasciamo andare ad una musica impegniamo l’emisfero destro.

• Se in una musica cerchiamo anche di riconoscere gli strumenti (discriminare)

usiamo la parte sinistra del cervello

• Se ascoltiamo una canzone, prestando attenzione alle parole, usiamo entrambi gli

emisferi.

L’uso della memoria impegna nello sforzo molte parti cerebrali.

Queste documentazioni tecnologiche hanno confermato che la creatività, la musica, le belle arti,

riguardano la percezione dello spazio e pertanto interessano l’emisfero destro. Mentre l’emisfero

sinistro è la sede del linguaggio, dei calcoli, delle operazioni di riorganizzazione delle percezioni e

delle altre attività intellettive.

Quanto fin qui descritto riguarda la “dominanza”, cioè il maggior impegno di un emisfero nello

svolgere un compito. Essa interessa una zona (negli emisferi) che risulta marcatamente più attiva

delle altre mentre svolgiamo una funzione.

In realtà l’attività cerebrale coinvolge sempre, seppur in minima parte, tutto l’encefalo.

Il potenziale di recupero è una valenza data al cervello dalla sua plasticità di funzionamento. Il

cervello riesce a riabilitarsi a funzioni perse. Ecco cosa scrive al riguardo Geschwind:

“Come il cervello può mutare una risposta a condizioni ambientali a lungo termine,

così può anche mutare la propria organizzazione per compensare incidenti e

mutamenti di richieste. Benché nella maggior parte delle persone il linguaggio sia

localizzato nell’emisfero sinistro, persone con danni a questo emisfero possono essere

addestrate a produrre linguaggio usando l’emisfero destro, anche se questa flessibilità

è soggetta a diminuire gradualmente con l’età. L’emisfero destro si assume funzioni

linguistiche in bambini piccoli che hanno sofferto danni gravi all’emisfero sinistro. Nei

sordi le aree della corteccia temporale usate normalmente nell’elaborazione di suoni

linguistici vengono usate invece per l’elaborazione di informazione visiva. Un esempio

sorprendente di questa capacità si ha quando una persona impara una seconda

lingua…in tale circostanza l’organizzazione del cervello può a volte mutare : in qualche

caso la prima lingua migra dall’emisfero sinistro al destro;…”

(N. Geschwind pag.175,176 “Le basi anatomiche della differenziazione” Il Mulino)

Perché questo avvenga si debbono creare le condizioni favorevoli.

In un recente convegno (Treviso, giugno 2000) sul bilinguismo, il prof. Fabbro dell’Università di

Udine ricordava che nella fissazione di capacità verbali sono importanti i sistemi emozionali:

situazioni molto piacevoli e poco piacevoli danno esiti diversi.

Di fronte a esperienze che generano forte emozioni produciamo più corticosteroidi e gli effetti

possono andare dalla fissazione di un ricordo al suo rifiuto.

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Il nostro organismo, in situazioni di stress estremo, è in grado di produrre livelli molto alti di

ormoni che distruggono alcuni neuroni, fino ad arrivare, appunto in casi estremi, ad una

strectomia bitemporale da stress.

Sempre il professor Fabbro ricordava che il linguaggio coinvolge due tipi di memoria, la

dichiarativa e la procedurale.

Quest’ultima, essenzialmente motoria, funziona in modo inconsapevole, ha bisogno di

coinvolgimento. E’ prevalentemente prassica, ma è anche cognitiva.

Detto questo sembrerebbe di aver circoscritto gli ambiti delle memorie e le loro responsabilità

sull’apprendimento del linguaggio. Invece il cervello ha un funzionamento incredibilmente

plastico, lo dimostrano alcuni studi di neurolinguistica svolti sul rapporto fra linguaggio ed etnia.

I dati raccolti dimostrano che ogni cultura abitua in modo diverso il cervello.

Una pubblicazione di due ricercatori italiani, Argiuna Mazzotti e Luigi Allori, riporta queste

curiose osservazioni:

“ U e o ui, oi o ooi, ai o ou, aiueo.” E’ una frase giapponese. Dice:

Un uomo affamato d’amore, che si preoccupa del suo appetito, nasconde la propria età

avanzata e insegue l’amore.

E’ un’espressione linguistica proveniente dalla sfera razionale del cervello. Ora è

proprio questo il curioso. Spagnoli, anglosassoni, italiani o francesi, quando debbono

emettere il suono di una o più vocali isolate, usano il cervello destro, cioè l’emisfero in

cui vengono elaborate le emozioni e le relative reazioni ad esse. Infatti, nelle loro lingue,

l’emissione di vocali isolate come “Ah!”, oppure “Oh!”, corrisponde per lo più a

esclamazioni puramente emotive; esse hanno poco a che fare con l’elaborazione

meditata e logica del linguaggio (appannaggio dell’emisfero sinistro del cervello), ma

segnalano sensazioni spontanee di benessere…. Con i Giapponesi, e …con gli stranieri

nati in Giappone e quindi aventi la stessa lingua madre, è tutto il contrario.

Infatti, per loro le vocali non sono esclamazioni emotive, bensì basilari strumenti

linguistici, come si è visto, e quindi … per emetterle e modularle secondo quei toni

diversi che le rendono duttili “parole”, non possono che servirsi, al contrario di noi, del

cervello sinistro. Ecco spiegata questa apparente contraddizione per cui ci sarebbe una

funzionalità cerebrale diversa tra noi ed i Giapponesi. …serve a stabilire come le

specializzazioni delle varie parti cerebrali non siano innate, bensì culturalmente

acquisibili e differenziabili, per esempio a seconda della lingua usata.”

(tratto dal supplemento “Il cervello” - Salve, aprile 1989, pag.10)

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IMPLICAZIONI DIDATTICHE

La frase giapponese, citata in precedenza, è un intrico logico, ci fa notare quanto l’emozione si

“intrighi” nelle vie cognitive. L’affettività è un potente catalizzatore per l’apprendimento! Se la

scuola imparasse a coniugare le didattiche con la motivazione, con la sfera affettiva, apprendere

diventerebbe più facile ed il cervello imparerebbe a mettersi in moto in tutte le sue parti.

Quegli insegnanti che hanno colto la sfida di operare con alunni difficili, e in difficoltà, sanno

quanta soddisfazione porti alla fine l’impegno di ripensare ogni giorno al proprio modo di fare

didattica. Sono certamente persone che non hanno perso la voglia di giocare e scoprire.

Conoscono e provano sulla propria pelle il potere taumaturgico del gioco, sanno coinvolgere

emotivamente, sanno generare entusiasmi in classe!

Molte sono le situazioni di apprendimento che si possono connotare ludicamente. Una di queste è

imparare a leggere.

C’è la scena di un film che riassume quanto si sostiene.

Il film è: “La leggenda del pianista sull’oceano” di Tornatore. Dal film “Il pianista sull’oceano”:

Il vecchio Danny Woodman, padre adottivo, insegna a T. D. Novecento a leggere: -

“… e ora prova da solo!”

Dice Danny a Novecento dopo aver letto alcuni nomi di cavalli da corsa su di una

gazzetta. E continua esortandolo:

“Dai, spingi forte il dito sulla carta, così le lettere non possono scappare!”

Novecento comincia a leggere in modo sincopato le sillabe e ogni volta che ne scandisce

una viene lodato da Danny:

“MAR - Ok! Lemon – ME – Sì , sì – LA - Uhm, uhm – TA – “

“Ah, Ah, leggi come un dio, Lemon! E ora mettile tutte insieme come le valvole di una

caldaia: patapum – patapum – patapum”.

“MAR MEL LA TA”, scandisce Novecento senza guardare le parole, ma dando l’idea di

raccontarsele nella mente.

Danny scoppia in una fragorosa risata liberatrice, e la giustifica dicendo a Novecento

che i nomi di quei cavalli da corsa gli sembrano terribilmente ridicoli…”

In questo spezzone si ritrovano molti dei principi legati agli aspetti della lettura:

1. Il momento in cui si è per la prima volta soli, senza esempio presente, ad esercitare una

competenza ignota ed astratta (ora prova da solo);

2. Imparare a tenere il segno, cosa che serve come un presta-memoria alla vista, per trattenere

per un certo tempo un filo tra i singoli pezzi delle parole (spingi forte il dito sulla carta così le

lettere non possono scappare);

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Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 25

3. Ricevere un po’ di riconoscimento per lo sforzo anche se il risultato non è ancora tangibile

(bravo, leggi come un dio);

4. Aiutarsi con un esempio visivo a ripetere il verso che fa la bocca nel seguire il pensiero (le

valvole della caldaia);

5. Dare un ritmo a tutta l’operazione (patapum, patapum, patapum);

6. Escogitare uno stratagemma per solleticare la curiosità che fa leggere (certi nomi che fanno

tanto ridere).

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L’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA.

LE FASI DELL’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA: TRE GRANDI TAPPE.

Spesso ci si chiede come possa un grafologo delineare una descrizione della personalità

asserendo che la scrittura è in continuo cambiamento. Ad alcuni di noi sarà capitato di

osservare con attenzione un proprio testo scritto e con meraviglia ci si sarà accorti che la

propria scrittura non era la stessa del giorno prima o a volte addirittura anche di qualche ora

prima. Automaticamente ci si ritrova a pensare alle cause di questi cambiamenti. Le domande

che ci dobbiamo porre sono: “come stavamo emotivamente nell’esatto momento in cui si

scriveva?. Eravamo tesi, ansiosi oppure ci sentivamo rilassati e tranquilli?”

Ebbene è ormai risaputo che lo stato d’animo non influisca solo sui propri rapporti con gli altri,

o sui risultati di un evento importante come un colloquio di lavoro, un esame, un’incontro

speciale ecc. La scrittura rileva ogni piccola emozione che ci pervade consciamente ma

soprattutto inconsciamente.

Solitamente, però, i cambiamenti più evidenti li si riscontra durante le tappe fondamentali di

sviluppo e crescita, successivamente, invece, si possono notare dei cambiamenti che tendono a

lasciare intatti quelli che sono i segni predominanti e maggiormente caratterizzanti della

persona. Non a caso quando si parla di grafologia si dovrebbe parlare di grafologia dello

sviluppo, soprattutto se si desidera analizzare scritture di personalità ancora in evoluzione.

Durante il periodo dell’età evolutiva essa si modifica rapidamente, parallelamente allo sviluppo

della motricità fine, alla maturazione neurofisiologica e affettiva, alla formazione della

personalità, alla scolarizzazione. Per questo motivo il significato psicologico dei segni può

variare in relazione all’età dello scrivente. E’ molto importante comprendere esattamente quale

sia realmente l’età grafomotoria raggiunta dall’individuo. La rilevazione gafomotoria è

indispensabile per comprendere se lo sviluppo psicomotorio riscontrato sia positivo, ossia al

passo con l’età anagrafica del bambino, oppure se sussista un ritardo nella personalizzazione

della scrittura o difficoltà conseguenti. Qualora si evidenziasse un minimo ritardo nello

sviluppo grafomotorio sarebbe opportuno intervenire attraverso una rieducazione ben mirata.

La presenza di disgrafie deve essere stabilita con una certa precisione ancor meglio se in

collaborazione con diversi professionisti che ne rilevino le cause ma sopratutto escludano

quelle che purtroppo richiedono interventi di diversa natura, come nel caso di disturbi alla

vista, lievi lesioni cerebrali, ecc. Uno studio approfondito del soggetto rende maggiori le

probabilità di interventi efficaci ed idonei alle cause scatenanti la disgrafia, permette, inoltre, di

effettuare una rieducazione della scrittura specifica. E’ fondamentale che l’insegnante ed il

genitore possano collaborare assieme al fine di osservare tempestivamente le difficoltà del

bambino affinché egli possa essere indirizzato verso un percorso rieducativo, prima di far

sorgere nel piccolo possibili disagi psicologici certamente controproducenti.

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Uno dei primi studiosi che si occupò di interventi rieducativi fu H. de Gobineau (1954) assieme

a R. Perron. Idearono un sistema grafometrico composto da due scale di misurazione del

calcolo dell’età grafomotoria reale del soggetto.

Successivamente, Ajuriaguerra (1971) constatò che l’evoluzione della scrittura passava

attraverso tre grandi tappe: precalligrafica, calligrafica, post-caligrafica. Questa nuova

concezione, riguardo allo sviluppo grafomotorio, rese il precedente test grafometrico incompleto

ed insufficientemente analitico e preciso, pertanto divenne necessario affinare e tarare il test

secondo i nuovi parametri e le nuove considerazioni.

La fase precalligrafica va dall’inizio dell’apprendimento della scrittura fino all’età di circa 8

anni, età in cui è già stato acquisito in modo relativamente completo il gesto grafico. Durante

questa fase l’evoluzione della scrittura subisce profondi e rapidi cambiamenti: vengono

superate le principali difficoltà grafomotorie (tremore, riprese, contorsioni, deviazioni,

organizzazioni dello spazio, ecc.), anche se la scrittura manca di fermezza di tracciato.

Inizialmente l’applicazione del bambino nell’attività di copiatura comporta molta attenzione

concentrata principalmente sulla vergatura della singola lettera, il gesto è fisiologicamente

lento e soggetto a tensione. Per questo motivo la pressione si rivela prevalentemente pesante,

contratti tremolanti, con riprese e deviazioni del tracciato e spesso delle malformazioni dovute a

maldestrezza nell’uso dello strumento scrittorio.

Generalmente in seconda elementare si assiste ad un periodo di stasi, in cui le difficoltà

grafomotorie dovrebbero essere superate. La grafia i questo periodo è fedele al modello

imparato perciò impersonale, curata e precisa, regolare ed ordinata. Se così non dovesse essere

allora significa che alcuni apprendimenti precedenti non sono stati assimilati o le relazioni

ambientali non sono soddisfacenti. Normalmente fin dall’inizio si noteranno delle differenze di

scrittura tra bambino e bambino, a seconda delle abilità percettivo-motorie sviluppate e delle

capacità individuali di adattamento a questo nuovo mezzo comunicativo. Sin dall’inizio

dell’apprendimento si noterà quale peso abbia la stabilità emotivo-affettiva del bambino.

Questa infatti è indispensabile sia per una buona organizzazione della pagina, sia per la

precisione e il controllo dell’orientamento del movimento richiesto.

Verso i nove anni circa si entra nel periodo della fase calligrafica, che proseguirà fino agli

undici anni circa. Durante questo periodo il bambino cerca di scrivere in modo preciso. Si

riscontra una maggior attenzione all’aspetto formale della scrittura, in quanto sono già

superate le difficoltà grafomotorie. Ajuriaguerra nota che il tracciato dà l’impressione di un

relativo equilibrio, una struttura formale, statica, ma soddisfacente per il bambino. Lentamente

l’eccessiva pressione, caratteristica della fase precedente, lascia il passo alla velocità a mano a

mano che il bambino si sente più sicuro e libero di esprimere la propria personalità anche

attraverso questo nuovo strumento comunicativo. E’ proprio durante questa fase che si

possono osservare i primi tentativi di pseudo-personalizzione della propria grafia. Attenzione

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però agli eccessivi tentativi di personalizzazione potrebbero celare delle reali difficoltà

grafomotorie che il soggetto non sa come affrontare pertanto utilizza degli escamotage. Il

mancato superamento di tali difficoltà certamente si tradurrà in una vera e propria disgrafia,

sarà solo questione di tempo.

La fase post-calligrafica ha inizio dalla preadolescenza. Durante questa fase la scrittura

diviene più personalizzata e molto spesso accade che verso i 12 anni l‘equilibrio precedente,

poiché non del tutto stabile, viene rimesso in crisi. Il suo superamento porterà all’acquisizione

di una scrittura personale, soprattutto nei collegamenti interletterali, quali indici di buona

integrazione dei meccanismi grafomotori.

Non è difficile trovare delle scritture che a primo impatto sembrano originali o quantomeno

diverse dal modello scolastico, ma se si osservano attentamente esse rivelano incertezze,

tremolii, contorsioni e soluzioni che permettono di semplificare il tracciato evitando le difficoltà.

La falsa personalizzazione raggiunta attraverso le strategie di evitamento delle difficoltà

grafomotorie è sinonimo di futura disgrafia che dopo la prima o seconda elementare si

manifesta palesemente poiché la maggior parte degli alunni ha raggiunto una sufficiente

padronanza del gesto grafico e cominciano ad aumentare la velocità esecutiva.

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I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO.

DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELLE DISGRAFIE.

Fino ad ora abbiamo potuto vedere quali sono le aree cerebrali coinvolte nei processi cognitivi

della lettura e scrittura, di seguito si desidera semplicemente menzionare quali siano invece i

processi cognitivi attivati durante la scrittura.

La scrittura di un testo implica diversi processi interagenti e complessi. Quando si scrive

l’emisfero cerebrale preposto al linguaggio deve seguire un percorso preciso, durante il quale

vengono attivate aree cerebrali e processi cognitivi differenti:

1. Prima di tutto è necessario decidere “cosa” si vuole scrivere. Per fare questo è necessario

costruire una rappresentazione semantica del contenuto.

2. Successivamente dobbiamo decidere “come” vogliamo scrivere, come volgiamo costruire le

frasi, quale forma useremo, quella indiretta o quella diretta, quella interrogativa, quella

negativa, quali tempi dei verbi, ecc. Per fare questo sono richieste le abilità di tipo sintattico;

3. In ultimo è necessario passare alla scrittura delle parole, trovando la forma corretta per

rappresentare attraverso i segni del testo i suoni della lingua parlata. In questo caso vengono

applicate le abilità ortografiche.

Comprendiamo moto bene perciò il grado di efficienza richiesto alle facoltà mentali ogni qual

volta che ci accingiamo a scrivere un testo: immancabilmente dobbiamo usare questi passaggi

che saranno impiegati in modi diversi a seconda del tipo specifico di attività che andremo a

svolgere. Così, quando dovremo scrivere un testo libero, andremo ad impegnare le capacità di

ideazione e di pianificazione a differenza di quando dobbiamo riassumere un testo, il cui

compito principale è quello di trovare una forma concisa per esporre i contenuti. Scrivere sotto

dettatura, invece, impegna principalmente nell’ultimo gradino del processi di scrittura: la

rappresentazione per iscritto dei suoni delle parole. Oltre alla memoria fonologica delle parole

nell’atto della scrittura sono molto utili la memoria visiva, la memoria semantica e la

conoscenza lessicale, al fine di non sovraccaricare la stessa memoria fonologica. Queste sono

solo alcune delle operazioni attentive, mestiche, linguistiche, altrimenti definite, con un'unica

parola, cognitive che si devono compiere durante la scrittura.

Occorre distinguere tre tipi di disturbi specifici dell’apprendimento che spesso sono

strettamente connessi tra loro e molto frequentemente contemporaneamente presenti nei

bambini disgrafici: la disgrafia, la disortografia, la dislessia.

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LA DISORTOGRAFIA E LA DISELSSIA.

Per quanto concerne la disortografia è utile dire che riguarda le difficoltà a livello ortografico,

semantico e lessicale. In questo disturbo, gli errori interferiscono con il contenuto e saranno

visibili anche se scritti chiaramente al computer. Le cause degli errori disortografici possono

essere molteplici; alla stessa stregua, come abbiamo già visto, anche le operazioni implicate

nella scrittura delle parole sono molteplici.

Gli errori disortografici sono stati classificati in grandi categorie complementari tra loro,

condivise da diversi ricercatori:

1. Ortografici fonologici: (pezzo>pesso – guaio>quaio - conforto>comporto) In questi casi si

evidenzia la difficoltà di identificazione dei suoni delle parole dettate.

2. Ortografici non fonologici: sono determinati da una inesatta rappresentazione ortografica

delle parole. (esempi: acqua – scuola ecc. ove è necessario memorizzare e conoscere le regole

ortografiche);

3. Semantico-lessicali: l’elemento necessario per decidere come scrivere la parola è senza

dubbio la conoscenza del significato all’interno della frase. (l’ente non può essere esatto se si

riferisce alla velocità delle tartarughe.);

4. Di sostituzione:

• per somiglianza fonologica (d-t; v-f; c-g; r-l)

• per somiglianza morfologica (a-o; n-u)

• per entrambe (n-m; b-d)

5. Di omissione: osservabili in qualunque posizione nella parola ma più frequentemente

• nei diagrammi (foglia-folia);

• posizione preconsonantica ( piangere-piagere);

• nei dittonghi o nei gruppi vocalici ( fuoco-fuco);

6. Di aggiunta: inserimento di una lettera nella parola (gelato-gealato);

7. Singoli: un solo errore nella parola (farfalla-farvalla);

8. Multipli: più errori nella stessa parola, come due sostituzioni (farfalla-varvalla) o tre

omissioni (farfalla-frala);

9. Misti: più errori dello stesso tipo nella parola, ad esempio due sostituzioni e una omissione

(farfalla-varvala):

10. Errori realtivi agli accenti e alle “h”: ( vado ha casa – l’acqua e fredda) fanno comunque

parte degli errori non fonologici.

Tutti questi criteri sono utili per costruire una sorta di bilancio ortografico della scrittura del

bambino e di conoscere meglio la tipologia delle sue difficoltà al fine di trovare il modo migliore

per aiutarlo a correggersi.

La dislessia, invece, si riferisce nello specifico ad una difficoltà riferibile alla lettura.

Questa è una patologia molto specifica che investe esclusivamente la capacità di lettura anche

se possono esservi associate altre difficoltà più o meno specifiche.

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La dislessia dunque è una difficoltà di lettura che può essere più o meno grave a secondo del

tipo di compromissione:

• dalla semplice lentezza nel leggere anche con molto esercizio (data dalla mancata

automatizzazione del processo stesso)

• fino alla totale incapacità di decodificare i simboli scritti trasformarli in suoni (a volte non

si riesce a leggere anche simboli numerici o di altro genere).

Ovviamente nei casi più gravi questa difficoltà può essere anche fortemente invalidante,

costringendo bambini cognitivamente adeguati ad abbandonare percorsi di studio scelti o

inibendo le capacità di apprendimento e di conoscenza in modo significativo.

Il disturbo colpisce in misura molto maggiore i maschi rispetto alle femmine (anche se non se

ne sa il motivo) e spesso c'è una familiarità tanto da far pensare ad un deficit ereditario.

Non se ne conoscono le cause ma si ipotizza un danno neurologico minimo, non riscontrabile

con le indagini mediche tutt'ora a nostra disposizione.

Viene individuato tra i 5 ed i 6 anni di età del bambino, anche se spesso le diagnosi sono

tardive e ci si accorge di reali problemi anche in terza o quarta elementare.

Le difficoltà che questi soggetti incontrano nella lettura sono abbastanza specifiche :

• Omissioni di lettere;

• Troncamenti di parole;

• Difficoltà a riconoscere gruppi sillabici complessi gn, gh, gl, sc, ecc;

• Difficoltà a leggere ed a pronunciare parole non familiari e poco utilizzate;

• Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio:

Il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili, ma

diversamente orientati. Egli, ad esempio, confonde la p-b; d-q; u-n; a-e; b-d... Nel nostro

alfabeto molte sono le coppie di fonemi che differiscono rispetto al loro orientamento nello

spazio, per cui le incertezze e le difficoltà di discriminazione possono rappresentare un

vero e proprio impedimento alla lettura;

• Scarsa discriminazione di grafemi simili:

Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi simili dal punto di vista articolatorio.

Egli, ad esempio può confondere m-n; a-e; f-t; b-d..;

• Scarsa discriminazione di grafemi omofoni:

Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che corrispondono a fonemi simili.

L’alfabeto è composto di due gruppi di fonemi: i fonemi sordi e i fonemi sonori che, tra loro

risultano somiglianti, per cui, anche in questo caso l’incertezza percettiva può

rappresentare un vero e proprio ostacolo alla lettura. Può confondere ad esempio: f-v; t-d;

p-b; c-g; l-r; m-n; s-z...;

• Difficoltà di decodifica sequenziale

Leggere richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra - destra e

dall’alto in basso; tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di

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apprendimento della lettura, ma, con l’affinarsi della tecnica e con l’uso della componente

intuitiva la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico ci

troviamo di fronte, invece a un vero e proprio ostacolo nella decodifica sequenziale, per cui

si manifestano con elevata frequenza gli errori di seguito descritti:

• Salti di parole e salti da un rigo all’altro

Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a

capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di intere righe di lettura;

• Inversioni di sillabe

Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di

decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere li-il; la-al, ni-in; da-ad, per-

pre, da-pa...) e della parola (può leggere, ad esempio, “talovo” al posto di “tavolo”...).

• Aggiunte e ripetizioni

La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra - destra può dare

origine anche ad errori di decodifica caratterizzati dall’aggiunta di un grafema o di una

sillaba ( ad esempio “tavovolo” al posto di “tavolo”...);

• Prevalenza della componente intuitiva

Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia, indubbiamente, l’uso del

processo intuitivo rispetto a quello di decodifica. Purtroppo l’intuizione della parola

scritta rappresenta un valido strumento, ma, al tempo stesso, è fonte di errori. Questi

bambini usano una strategia di lettura con aggancio prevalentemente semantico, vuol

dire che per compensare le proprie difficoltà, la decodifica della prima parte della

parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima sillaba e dove non arrivano

con la percezione e decodifica grafica fanno ipotesi e deduzioni logiche sulla parola che

dovrebbe esserci scritta. La parola contenuta nel testo viene così ad essere spesso

trasformata in un’altra di significato a volte affine, rimanendo così nel gruppo

semantico corretto (es. leggono vestito al posto di gonna o poltrona al posto di divano),

o addirittura completamente diverso.

• Possibili ripercussioni sulla scrittura

Difficoltà di copia dalla lavagna;

Difficoltà di organizzazione spaziale sul foglio;

Difficoltà grafo – motorie;

Difficoltà ortografiche;

• Possibili ripercussioni sull’apprendimento logico - matematico

Difficoltà nella decodifica dei simboli numerici - Confusione di simboli numerici simili

- Inversione di cifre;

Difficoltà di decodifica del testo del problema;

Difficoltà a gestire la sequenzialità nelle operazioni matematiche;

Difficoltà ad organizzare lo spazio grafico;

Difficoltà a memorizzare le tabelline.

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Naturalmente chi è affetto da questa patologia può spesso avere delle grandi difficoltà nella

comprensione del testo letto.

La lentezza, gli errori che spesso alterano il senso del discorso, i salti di rigo o le ripetizioni

nonché la tensione, lo sforzo e la concentrazione, poste solo sulle singole lettere e parole per

riuscire a fare una decodifica mai automatizzata, fa sì che una volta finito il brano il bambino

non sappia cosa ha letto.

In associazione a tale patologia possono esserci problemi psicomotori che si esprimono in

difficoltà nella definizione della lateralità corporea (la dominanza di un emilato del corpo

rispetto ad un altro) o in una lateralità mista (ad esempio dominanza dell'occhio dx, della mano

sin e del piede dx) goffagine, maldestrezza, problemi spaziali, o spazio-temporali.

Tra gli altri disturbi di apprendimento quello che maggiormente si può riscontrare in

concomitanza alla dislessia è la disgrafia.

Inevitabilmente questa difficoltà nel riconoscimento della giusta sequenza dei suoni e dei

grafemi si riversa direttamente anche sull’andamento grafico della scrittura.

L'intervento tempestivo di uno specialista è fondamentale per ridurre se non risolvere

completamente il disturbo e per non creare un divario troppo grande tra comprensione e

capacità di apprendimento che come si è già detto crea grandi disagi emotivi .

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LA DISGRAFIA.

E’ possibile asserire che la scrittura è la risultanza dell’ espressione di svariate attività

cerebrali, quali quelle del linguaggio, visive, uditive e motorie, inoltre, essa è in grado di

rendere manifeste eventuali anomalie delle aree del sistema nervoso interessate a tali attività.

La disgrafia è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento che si manifesta con la difficoltà

nella riproduzione sia di segni alfabetici che di quelli numerici. Riguarda esclusivamente il

grafismo e non le regole ortografiche e sintattiche. Ovviamente influisce negativamente anche

su quest’ultime acquisizioni in quanto il soggetto disgrafico spesso non è in grado di rileggere e

di autocorreggere il testo da lui stesso scritto.

Il termine disgrafia si riferisce a una scrittura che presenta caratteristiche particolari che

esprimono la difficoltà di apprendimento, che riguardano, secondo J. De Ajuriaguerra, ogni

bambino che presenta una scrittura carente da un punto di vista qualitativo, senza che alcun

deficit neurologico o intellettivo giustifichi tale anomalia.

Secondo J. Peugeot la disgrafia è un’anomalia del movimento corsivo, della condotta del tratto

che si ritraduce soprattutto in difficoltà di coordinamento, irregolarità nelle spaziature,

malformazioni e discordanze di ogni tipo unite spesso a tratto di pessima qualità. In aggiunta a

questi assunti di base S. Borel Maisonny afferma inoltre che la disgrafia rappresenta una

incapacità di percepire le forme e le dimensioni reali delle lettere da riprodurre, nonché una

mancanza di orientamento spaziale.

Qui di seguito vengono riportate le caratteristiche maggiormente riscontrabili in un soggetto

disgrafico:

• una cattiva disposizione dei segni nello spazio grafico;

• un andamento lento e faticoso;

• improvvisi cambiamenti di direzione;

• collegamenti fra lettere troppo lunghi;

• lettere malformate;

• lettere di dimensione diversa, cioè troppo piccole o troppo grandi con andamento

irregolare, disarmonico;

• la scrittura presenta maldestrezza varie ed è difficilmente leggibile;

• notevoli difficoltà di copiatura: il bambino disgrafico presenta infatti notevole difficoltà

nello spostare lo sguardo dalla lavagna al foglio e riprodurre dunque le lettere sul

quaderno;

• disuguaglianza ritmica che si manifesta con tratti scritti con eccessiva velocità ed altri con

estrema lentezza. ecc..

La disgrafia compromette la forma del messaggio scritto e rende quasi impossibile

l’interpretazione dei segni, è un problema prevalentemente di forma.

I criteri per riconoscere una scrittura di tipo disgrafici si basano su alcuni specifici parametri:

• velocità di scrittura;

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• pressione (debole, eccessiva) esercitata sul foglio;

• tendenza alla macro o micrografia;

• discontinuità nel gesto (presenza di interruzioni);

• ritocchi dei segni già vergati;

• direzione della scrittura;

• andamento della scrittura: in senso orario anziché antiorario, occupazione dello spazio nel

foglio:

• collegamenti inesatti;

• eccessiva o insufficiente distanza tra le parole.

Esempi di scritture marcatamente disgrafiche. Tratte da A. Biancardi e G. Milano, “Quando un bambino non sa leggere”.

Ragazzo di 12 anni. Testo mal organizzato ed in alcune parti illeggibile.

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Non sempre è facile stabilire quando un bambino con una brutta scrittura abbia una difficoltà

specifica. Da un certo punto di vista la disgrafia è difficile da rilevare. Diversi sono i bambini

che scrivono con una brutta calligrafia, eppure spesso si ritiene che a determinarla siano

fattori estranei ai disturbi specifici di apprendimento. A questo si aggiunge il fatto che molto

frequentemente il bambino disgrafico non solo scrive male ma soffre di disortografia e dislessia,

perciò il rilevamento della disgrafia risulta essere ancora più complesso. Pertanto, se il corpo

docente adottasse una modalità diversa di insegnamento della scrittura certamente si potrebbe

assistere ad una diminuzione della probabilità di riscontro di disgrafia nella scrittura del

bambino.

Resta il fatto che il problema è determinare e distinguere le cause dagli effetti della disgrafia.

Questo ci suggerisce che è indispensabile fare attenzione se il bambino in condizioni diverse

riscontra le stesse difficoltà, oppure se in altre situazioni il testo risulta essere chiaro. In questo

caso è probabile che la sua scrittura disgrafica sia da attribuire a variabili di contesto non

collegabili ad una vera patologia.

Le variabili di contesto da considerare sono di tre tipi:

• soggettive: il suo stato emotivo, resistenza alla fatica, esercizio e abitudine allo scrivere;

• relative al materiale: è necessario considerare la superficie su cui scrive (foglio bianco, a

righe, a quadretti, ecc.) e lo strumento utilizzato;

• relative alle situazioni: è molto importante sapere se il testo è stato scritto un situazioni

anomale come ad esempio sotto dettatura troppo veloce rispetto alle proprie capacità, (può

esserci notevole differenza tra testi dettati e quelli con scrittura spontanea).

Solitamente di fronte a ragazzi che presentino tali caratteristiche, si prende coscienza del

problema, ma si tende a considerare il tutto come una difficoltà transitoria che si risolverà

spontaneamente. Lasciato in questa situazione, il bambino continuerà a ripetere gli stessi

errori e, accorgendosi di non migliorare, si sentirà sempre più sfiduciato ed incapace.

Oggigiorno la disgrafia è un disturbo in continuo aumento, da un'indagine effettuata, sembra

che il 15% dei ragazzi dai sette ai dieci anni risulti affetto da disturbo. Non tutti sanno, invece,

che questo disturbo può essere superato con un programma di recupero specifico messo in

essere da operatori qualificati che lavorano in collaborazione con la scuola;

A tale proposito è molto utile sapere che nel caso in cui si sospetti che il bambino possa soffrire

di difficoltà specifiche di scrittura è fondamentale rivolgersi al consulente grafologo, al fine di

appurare se tale problema sia dovuto ad un semplice disturbo disgrafico o le problematiche

siano più profonde e gravi. Attivandoci per tempo diamo al bambino la possibilità di non

perdere la fiducia nelle proprie capacità scolastiche, e qualora sia necessario, iniziare prima

dell’aggravarsi del disturbo una rieducazione della scrittura, o grafoterapia, che è di più di una

semplice rieducazione motoria. Infatti, la grafoterapia prevede la rieducazione fisico-muscolare,

la rieducazione del gesto grafico ed esercizi di prescrittura.

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Spesso la disgrafia può essere individuata attraverso l'esame della scrittura molto tempo prima

che si renda drasticamente manifesta, con l’immancabile rischio di compromettere l’andamento

scolastico e psicologico del soggetto.

Vediamo ora nei dettagli come si manifesta la disgrafia e quali sono i principali elementi di

riconoscimento:

• Posizione e prensione: il bambino disgrafico oltre ad avere una scrittura irregolare è

palesemente evidente che la mano scorre con fatica sul piano di scrittura e l’impugnature del

mezzo scrittorio è spesso scorretta. Stessa stregua è per la posizione del corpo assunta durante

l’attività grafica, la maggior parte delle volte è inadeguata: il gomito non poggia sul tavolo, il

busto è eccessivamente inclinato e frequentemente la mano non scrivente non viene utilizzata o

viene utilizzata in modo errato. Essa, infatti, anziché essere utilizzata nella sua funzione

vicariante al fine di tener fermo il quaderno viene utilizzata per giocherellare con i vari oggetti

presenti sul banco;

• Orientamento nello spazio grafico: si evidenzia un’incapacità di utilizzo dello spazio

grafico, il bambino non possiede adeguati riferimenti per orientarsi questo gli impedisce di

rispettare i margini del foglio, ha la tendenza a lasciare spazi irregolari tra i grafemi e tra le

parole, non segue il rigo di base scrivendo con modalità ascendente e discendente rispetto alla

linea di scrittura.

• Pressione sul foglio: si riscontra una pressione decisamente variabile e non

adeguatamente regolata. Essa a volte è talvolta troppo forte, il segno lascia un'impronta

marcata anche nelle pagine seguenti del quaderno e, talvolta è troppo debole. In questi casi

spesso siamo di fronte ad una paratonia, ossia un’alterazione in eccesso o in difetto del tono

muscolare. Sono frequenti, inoltre, anche le sincinesie, cioè atti motori in eccesso o non

adeguatamente implicati nell’attività grafica;

• Direzione del gesto grafico: spesso si notano delle inversioni nella direzione del gesto

grafico, sia per quel che riguarda i singoli grafemi che nella scrittura autonoma la quale a volte

procede da destra verso sinistra;

• Caratteristiche delle produzioni e riproduzioni grafiche:si evidenziano notevoli

difficoltà di riproduzione grafica di figure geometriche che spesso sono disegnate con gli angoli

“stondati” o con forme non del tutto chiuse. Il livello di sviluppo del disegno risulta inadeguato

all’età e la riproduzione di oggetti o la copia di immagini risulta essere molto approssimativa

con particolari scarsamente differenziati;

• Caratteristiche dell’esecuzione di copie: la copia delle parole o delle frasi è spesso

scorretta. Frequenti sono le inversioni del gesto e gli errori dovuti a scarsa coordinazione

oculomanuale ossia l’incapacità o la difficoltà di seguire con lo sguardo il proprio gesto grafico.

La copia dalla lavagna risulta essere ancor più difficoltosa poiché il bambino deve compiere

diversi compiti contemporaneamente: distinzione della parola, spostamento dello sguardo e

riproduzione dei grafemi;

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• Dimensioni dei grafemi: è presente uno scarso rispetto delle dimensioni delle lettere che

vengono riprodotte o troppo piccole o troppo grandi spesso in modo alternato;

• Unione dei grafemi: il collegamento tra le lettere risulta essere palesemente inadeguato a

causa sia della scarsa coordinazione oculomanuale che della inadeguata posizione assunta dal

bambino.

• Ritmo grafico: risulta molto evidente un’alterazione del ritmo di scrittura: troppo veloce o

troppo lenta, mentre la mano del bambino esegue movimenti a “scatti”, senza armonia e con

frequenti interruzioni del gesto grafico.

Abilità di base particolarmente compromesse:

• Difficoltà grafo-motorie;

• Difficoltà di orientamento e integrazione spazio-temporale:

• Difficoltà di coordinazione oculomanuale e di coordinazione dinamica generale;

• Dominanza laterale non adeguatamente acquisita;

• Difficoltà nella discriminazione e memorizzazione visiva sequenziale.

Tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al soggetto stesso, il quale non può quindi

neanche individuare e correggere eventuali errori ortografici.

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CAUSE DELLA DISGRAFIA.

Numerose sono le cause della disgrafia e possono essere individuate attraverso l’osservazione

clinica e una serie di esami e test specifici. L’elenco sotto riportato è stato indicato da diversi

studiosi quali J de Ajuriaguerra (1971), R. Olivaux (1988), S. Borel Maisonny (1966), M. Pratelli

(1995), D. Placidi (1997). E’ necessario ricordare, quando abbiamo di fronte una scrittura

disgrafica, che spesso le cause sono la conseguenza di altri problemi, in quanto esiste una

stretta correlazione tra motricità e affettività e che, inoltre, l’essere umano è un mondo unico di

interazioni dinamiche ed in continuo cambiamento.

Di seguito vengono brevemente elencate alcune delle cause principali:

• Carenze nelle abilità di base:

Questa tipologia di cause si manifestano quando il bambino presenta carenze nei prerequisiti

necessari per l’apprendimento della scrittura, come ad esempio:

• Nella percezione;

• Nell’organizzazione spaziale e temporale;

• Nella conoscenza dello schema corporeo;

• Nella coordinazione motoria.

• Assenza di motivazione:

Uno dei prerequisiti di base per apprendere con facilità è la motivazione. Il bambino infatti

quanto più è motivato a scrivere, a comunicare ad esprimersi per mezzo del linguaggio e della

scrittura tanto più riesce ad assimilare con efficacia le regole e le conoscenze necessarie.

• Condizioni socio-ambientali:

L’ambiente deve stimolare l’interesse nei confronti delle attività scolastiche e offrire una

motivazione adeguata nei confronti della scuola e della scrittura.

• Motricità, rapporto corpo-spazio:

Una scarsa conoscenza dello schema corporeo si ripercuote in una carenza del senso dello

spazio e del tempo ed in una cattiva organizzazione spaziale. Le difficoltà motorie per quanto

riguarda sia della posizione che dei movimenti degli arti particolarmente delle dita o del polso

rendono difficoltoso l’atto grafico, producendo tensioni, spasmi, crampi, che possono essere

accompagnati da dolori nell’aumento della velocità. Anche i difetti di vista e udito creano

difficoltà di scrittura. La stessa cattiva gestione della pressione incide negativamente sul

risultato dello scritto, se troppo forte causa difficoltà nella progressione del gesto diversamente

se troppo debole impedisce il controllo del gesto.

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• Lateralità non ben definita o contrariata:

Può accadere che quando il bambino accede alle scuole elementari non si sia ancora ben

definita la dominanza laterale. Questo può determinare delle conseguenze negative sullo

sviluppo della motricità fine e sull’apprendimento. Diagnosticare una lateralità contrariata

sembra facile anche se spesso non rappresenta la sola causa della disgrafia, non di rado ci

possono essere delle cause molto più profonde perciò meno palesi.

• Problemi relazionali e nella comunicazione:

Difficoltà relazionali, inserimento poco sereno nell’ambiente scolastico possono influire

negativamente nella comunicazione sia verbale che scritta, creando nel bambino una vera e

propria avversione ed in alcuni casi addirittura la grafofobia.

La disgrafia di tipo reattivo potrebbe rappresentare una modalità di comunicazione di disagio

nei confronti di quegli insegnanti che spesso muovono involontariamente critiche nei confronti

della scrittura e del comportamento del bambino.

• Disturbi nel linguaggio:

Questo disturbo può essere causato da ritardo nell’apprendimento del linguaggio, difficoltà

nella simbolizzazione e nella comprensione del lessico. Difficoltà grafomotorie possono essere

collegate ad afasia (disturbo del linguaggio), disartria (disturbo delle componenti motorie),

disfonia (difficoltà dei processi fonetici).

• Problematiche affettive:

Carenze affettive, situazioni ansiogene e di forte tensione, scarsa autostima di sé, senso di

abbandono o impotenza sono tutti fattori che possono incidere negativamente sulla motricità

fine e quindi sulla scrittura. A volte la disgrafia permette ai genitori di spostare la propria

attenzione ed azione verso ciò che spesso rappresenta solo una conseguenza ai reali conflitti e

disagi affettivi, adottando così il meccanismo di difesa definito spostamento.

• Problemi di ordine intellettivo:

Ovviamente qualora ci siano capacità intellettive anche lievemente compromesse l’acquisizione

della scrittura ne risentirebbe, ma anche lo sviluppo motorio inadeguato, nei ragazzi

intelligenti, dovuto a situazioni di disagio, problemi affettivi o relazionali può incidere

nell’apprendimento.

• Cause legate al temperamento:

Diverse sono le cause legate al temperamento che impediscono sul buon ed efficace

apprendimento della scrittura fino a compromettere definitivamente l’andamento scolastico e

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successivamente le scelte di vita future. Queste cause sono rappresentate da eccessiva

meticolosità, inibizione, mancanza di controllo, impulsività, frettolosità, scarsa capacità di

attenzione e concentrazione, disordine, ansia, tendenza a lasciarsi andare e a non impegnarsi.

• Cause neurologiche:

Tutte le cause neurologiche ovviamente influiscono negativamente sulla scrittura dal ritardo

mentale alle malattie mentali, come del resto la meningite, le alterazioni della memoria, la

sindrome ipercinetica che può essere causata da una lesione cerebrale minima. Sia le lesioni

che le malattie possono provocare aprassia (perdita della capacità di eseguire certi movimenti),

e agrafia (impossibilità di scrivere). Làdavas e Umltà osservano che i disturbi della scrittura

accompagnano nella grande maggioranza dei casi quelli della lettura e sono conseguenti a

lesioni delle stese aree cerebrali.

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LO SVILUPPO DELLA MOTRICITA FINE DELLA SCRITTURA.

Relativamente allo sviluppo della motricità specifica della scrittura, gli studi svolti fino ad oggi

in particolar modo dallo studioso Ajuriaguerra mettono in evidenza sia l’importanza della

maturazione generale del bambino e in particolar modo dell’evoluzione percettiva e motoria, sia

dei condizionamenti ambientali come l’apprendimento e l’esercizio grafico, nonché altri fattori

come quelli di tipo intellettivo e affettivo.

Per quanto riguarda la sfera dell’apprendimento, per riuscire a scrivere bene e necessario

sviluppare i seguenti aspetti di motricità grafica:

• La tonicità nel corso della scrittura;

• La postura (di tutto il corpo) e le posizioni segmentarie (dell’avambraccio, del gomito, del

polso, della mano, delle dita)

• I movimenti digitali (dita);

• I movimenti della piccola progressione (polso);

• I movimenti di grande progressione (del gomito).

Alla base di queste acquisizioni ci sono la potenzialità e la plasticità del sistema nervoso e

muscolare.

Quando un bambino inizia l’attività grafica, l’energia neuro-muscolare è ancora mal canalizzata

ai fini dell’attività scrittoria, questo determina l’assunzione di una non corretta postura in

quanto tende a muovere contemporaneamente la spalla, il braccio il polso e la mano senza

coordinare bene i movimenti dei vari segmenti.

Verso i 7 anni fino ai 12 anni, si assisterà ad una migliore distribuzione dell’energia in modo

specifico e funzionale ai diversi segmenti e agli arti coinvolti nel movimento della scrittura con

una graduale diminuzione del fenomeno dei movimenti associati inutili come quelli dei piedi e

della lingua. Come ovvia conseguenza a questo miglioramento sarà un minor grado di

affaticabilità e tensione e una maggiore velocità e coordinazione dei movimenti fini. Anche la

postura è soggetta a positive influenze, infatti si può osservare che man mano che il bambino

prende dimestichezza con il mezzo scrittorio la schiena si raddrizza, la testa si solleva

allentando così la tensione muscolare. Anche il busto assume una posizione più corretta, il

bambino non sente più l’esigenza i appoggiarlo al tavolo per controllare il movimento mentre

l’avambraccio e il polso sono leggermente sollevati.

Una particolare attenzione è riservata all’impugnatura del mezzo scrittorio che spesso

assume posizioni impensabili. Essa è quella che permette di ottenere il massimo risultato con il

minimo sforzo e affaticamento possibile. Spesso, infatti, molti bambini fanno fatica a procedere

nello scrivere proprio perché adottano una scorretta impugnatura. Quella ideale è molto

semplice ed oltretutto molto comoda, si tratta di una posizione caratterizzata da una media

flessione di tutte le dita, come se si volesse contenere idealmente una pallina al loro interno. La

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mano si trova piegata leggermente in uno stato di semipronazione, con l’indice opposto al

pollice, per trattenere la penna con una presa a pinza, mentre la penna è appoggiata, sul lato

destro, sulla prima falange del medio, al fine di consentire un’ assetto regolare e i movimenti

digitali in fase scrittoria. Questa posizione permetterà al bambino di controllare

tranquillamente ciò che scrive. In questo modo vengono distribuiti i compiti tra le diverse dita:

indice e pollice fungono da dita motrici, in quanto fanno avanzare la penna; il medio sorregge

la penna; l’anulare e il mignolo, invece sono semi piegati e hanno solo un ruolo passivo per

assicurare sul lato destro della mano il contatto con il foglio.

IMPUGNATURE SCORRETTE

• La prima figura: “Impugnatura pollice in avanti”: crea un blocco compatto con flessione di tutte le dita lunghe

verso il palmo della mano, bloccando la penna con i polpastrelli dell’indice e del medio. Il movimento della scrittura è quasi assente a livello delle dita, viene localizzato sull’articolazione del polso e della spalla nei peggiori dei casi. • La figura centrale: “Impugnatura a morso”: crea una flessione di tutte le dita verso il palmo. I polpastrelli del

pollice e medio bloccano la penna in punta al centro della terza falange dell’anulare. Il movimento è assente e come la precedente le articolazioni interessate sono quelle del polso e della spalla.

• L’ultima figura: “Impugnatura pollice interno” : caratterizzata dalla flessione del pollice che viene chiuso

all’interno del palmo dall’indice che lo sovrasta. L’anulare e mignolo bloccano la penna vicino alla punta. I movimenti della penna sono localizzati nelle dita indice, medio anulare e mignolo.

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IMPUGNATURA CORRETTA

• “Impugnatura corretta”: i tre polpastrelli delle dita indice, pollice, medio fanno presa a circa 2 cm. della punta della penna. Essi si trovano ciascuno su un lato della penna formando un triangolo equilatero. La penna si adagia liberamente al centro della sella palmare. I movimenti fini sono localizzati sulle tre dita indice, medio, pollice, che flettendo ed estendendo, fanno scivolare la penna sulla sella palmare. Nei movimenti ampi viene privilegiata l’azione flessoria ed estensoria del polso.

I primi gesti che un alunno impara sono di tipo digitale, coinvolgono cioè le dita della mano e

avvengono a livello della singola lettera. Viene richiesto, fin dall’inizio, di effettua una gestualità

molto precisa anche se si inizia a vergare lettere di dimensioni più grandi rispetto alla scrittura

normale. L’apprendimento dei movimenti digitali è molto importante nel caso un cui questi

movimenti non siano stati ben assimilati fin dall’inizio, si noterà dalla scrittura la presenza di

rigidità o allentamento della forma che sono indice di cattiva gestualità e tensione.

Dopo i primi anni questa fase viene completamente acquisita pertanto si assiste allo sviluppo

delle posizioni segmentarie e ad un allargamento del campo grafico.

Si noterà che all’inizio la posizione del foglio sarà diritta di fronte al busto, successivamente

invece esso sarà piegato leggermente (non più di 30°) verso sinistra per i destrimani mentre per

i mancini verrà piegato verso destra.

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Anche la mano non scrivente cambierà man mano posizione, si troverà al di sotto della riga

rispetto all’inizio, sempre più in estensione soprattutto a fine riga.

La combinazione di questi elementi di motricità fine si sviluppa quindi fino a giungere ad un

certo tipo di organizzazione dei movimenti, verso i 14 anni, formando una sorta di unità

percettivo –motoria tale per cui se cambia una sola di queste componenti (posizione foglio)

inevitabilmente anche le altre subiranno modifiche, in modo da mantenere l’equilibrio abituale.

Il gesto grafico diventa sempre più continuo grazie all’organizzazione graduale di due

gruppi di movimenti grafici:

• quello della grande progressione (avanzamento della scrittura verso destra in un

movimento generale) ;

• quello della piccola progressione (spostamento per un breve tratto di precorso,

nell’ambito della parola).

La facilità e il coordinamento del movimento grafico dipendono sia dalla leggerezza

dell’appoggio che dalla fermezza e scioltezza del polso, il quale funge allo stesso tempo da perno

fisso e mobile che coordina i movimenti sia di grande che di piccola progressione. Quanto più

migliora la facilità generale del gesto grafico tanto più diminuiscono i movimenti associati

inutili e le manifestazioni di tensione e di stanchezza, anche se quest’ultime vanno pure

interpretate in base alle caratteristiche della personalità dello scrivente. L’evoluzione grafica è

molto intensa fino ai 9 anni ma in realtà si modifica continuamente fino alla fine della terza

media ove si avrà un automatizzazione del gesto grafico che renderà possibile la

personalizzazione della scrittura.

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LO SVILUPPO DEGLI EMISFERI CEREBRALI ATTRAVERSO IL “BRAIN GYM”.

Una parabola tibetana narra che un uomo senza consapevolezza è simile a una carrozza i cui

passeggeri sono i desideri, i cavalli sono i muscoli, mentre la carrozza è lo scheletro. La

consapevolezza è il cocchiere addormentato. Finché rimane addormentato la carrozza sarà

trascinata senza scopo, ciascun passeggero perseguirà una destinazione diversa e i cavalli

tireranno per vie differenti. Ma quando il cocchiere è sveglio guida i cavalli in modo tale che

tireranno la carrozza e porteranno ciascun passeggero alla sua destinazione. Quando la

consapevolezza è in accordo con il sentimento, i sensi, il movimento e il pensiero, la carrozza

si affetterà sulla strada giusta. Solo allora l’uomo scoprirà le sue enormi potenzialità.

E’ importante perciò che i bambini imparino a conoscere il proprio corpo e le potenzialità del

proprio cervello iniziando proprio dal movimento.

Giocando egli impara, sperimentano le proprie capacità e i propri limiti, simula la realtà e di

conseguenza riesce a valutare meglio le diverse situazioni della vita.

Il gioco rende autonomi e richiede sempre decisioni autonome. Attraverso il gioco si costituisce

la propria individualità e fiducia in se stessi, e si diventa più critici.

Il gioco non è mai fine a se stesso, è un’attività fondamentale, indispensabile per la crescita e

lo sviluppo psico-motorio del ragazzo.

Nel gioco il bambino prende coscienza del proprio corpo, dei propri limiti e delle proprie

possibilità, anche quelle più nascoste. Impara inoltre a costruire i rapporti con i coetanei.

Per il ragazzo il gioco è vita: come vive il gioco così si atteggia di fronte alla vita!

Il gioco favorisce lo sviluppo della fantasia, dell’immaginazione, della creatività dell’espressione

e della comunicazione.

Lo scopo di questa sezione è quello di offrire una serie di strumenti operativi e spunti di

ricerche migliorative che aiutino sia il rieducatore della scrittura nel perfezionamento

della sua professione sia gli insegnanti impegnati nell’insegnamento rivolto ai bambini

delle scuole primarie e materne.

Avendo trattato precedentemente le diverse funzioni del cervello implicate durante l’atto

scrittorio si comprende, quindi, l’importanza dello sviluppo delle diverse aree cerebrali

coinvolte durante l’apprendimento scolastico. Sapendo che, inoltre, una delle modalità di

maggior aiuto a tale processo è il movimento corporeo, di seguito presentiamo alcuni esempi di

giochi psicomotori finalizzati ad un azione educativa differenziata del bambino.

Si è voluto inserire in questa sezione sia giochi di gruppo sia alcuni esercizi motori individuali

e visivi utili anche durante le sedute di rieducazione.

Di seguito verrà presentata una tecnica di allenamento cerebrale, basata prevalentemente sul

gioco sia individuale che di gruppo.

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• “Brain Gym”: un programma ludico derivante dalla kinesiologia educativa:

Da quanto fin qui emerso si comprende quanto sia importante che entrambi gli emisferi siano

stimolati ed attivati in modo integrale e globale in quanto aventi compiti, mansioni e

particolarità differenti. Infatti, l’emisfero sinistro, per esempio, focalizza i dettagli, mentre il

destro ha la visione d’insieme, e quindi sono complementari e necessari l’uno all’altro. Inoltre

occorre una buona integrazione tra il sistema limbico (le emozioni), la corteccia cerebrale (il

pensiero conscio-associativo) e il cervello posteriore e anteriore (impressione ed espressione),

se si desidera usufruire delle nostre piene potenzialità.

Spesso, però, a causa dello stress o semplicemente della postura sbagliata oppure della

mancanza di coordinazione visuo-motoria, ecc., i due emisferi tendono a non comunicare in

modo adeguato.

Dr. Paul Dennison, pedagogista americano, sviluppò negli anni sessanta un programma

basato su semplici movimenti corporei per l’integrazione emisferica chiamato "Brain Gym”.

Lavorando con alunni con difficoltà di apprendimento scoprì, infatti, che i suoi studenti,

spesso bloccati in situazioni nuove di apprendimento, non lo furono più dopo un periodo di

allenamento attraverso specifici movimenti che stimolavano ambo gli emisferi.

Nel corso degli anni e attraverso approfonditi studi neurologici Dr. Dennison insieme con la

moglie Gail Dennison, allargò il suo sistema integrando anche programmi per la dominanza

emisferica, e per il miglioramento della vista (Vision gym). Questo programma fa parte della

Kinesiologia educativa ed è in continua evoluzione.

Gli esercizi di Brain-Gym possono essere applicati facilmente in qualsiasi situazione di

apprendimento per migliorare l’integrazione emisferica nella sua totalità.

Dennison infatti concepisce nel suo modello 3 dimensione del cervello

• la dimensione della lateralità che consiste nella relazione tra i due emisferi corticali.

Presiede la capacità di attraversare la linea mediana, elaborare un testo scritto da sinistra a

destra e viceversa, la coordinazione occhio-mano, udire con entrambe le orecchie, in breve di

svolgere tutte le attività che necessitano l’uso di entrambi gli emisferi. Dislessia e discalculia

sono spesso risultati di una difficoltà ad attraversare la linea mediana (un concetto astratto

che descrive la capacità di focalizzare nel campo visivo centrale, là dove l’immagine visiva si

sovrappone e gli occhi devono convergere per creare un’immagine unica)

• la dimensione della focalizzazione (o la dimensione della concentrazione), attitudine

possibile solo se in presenza di equilibrio tra sistema rettile e lobi frontali.

Presiede la capacità di attraversare la linea auricolare verticale che divide il cervello anteriore,

dove vengono prese le decisioni legate al pensiero conscio associativo, da quello anteriore (la

sede della memoria e dei riflessi). Qualunque tipo di stress, mentale, fisico o emotivo tende ad

allertare il sistema nervoso che automaticamente avvia un sistema di protezione o autodifesa.

Così facendo l’attenzione viene assorbita totalmente dalle esigenze del corpo fisico/emotivo e

non è materialmente possibile rivolgere la concentrazione in altri ambiti. Alunni che non sono

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focalizzati vengono spesso classificati come iperattivi, deconcentrati e ritardati

nell’apprendimento.

• La dimensione della centratura: consiste nella relazione tra area limbica e quella

corticale.

Presiede la capacità di attraversare la linea che divide l’aspetto emozionale dal pensiero

astratto, situate rispettivamente nel cervelletto e tronco encefalico. L’incapacità di essere

centrato porta ad una reazione di attacco o fuga oppure di paura irrazionale, oppure

all’incapacità di esprimere emozioni.

Gli esercizi di Brain Gym aiutano a riequilibrare le energie bloccate nelle 3 dimensioni per

accedere meglio al pieno potenziale cerebrale necessario per un apprendimento integrale e

senza stress.

Il sistema di Brain Gym si basa su 3 principi fondamentali, ma semplici che Paul Dennison

formula così:

• L’apprendimento è un attività naturale e divertente che dura tutta la vita

• Un blocco di apprendimento è l’incapacità di affrontare lo stress e l’insicurezza legato

all’apprendimento di un nuovo compito.

• Siamo tutti bloccati nell’apprendimento, nella misura in cui abbiamo imparato a non

muoverci.

Imparare o lavorare senza stress sembra quasi essere una provocazione. L’apprendimento

nella mente comune, è sinonimo di stress e fatica. Quando siamo stressati, il cervello,

composto da due emisferi che collaborano normalmente bene insieme, non funziona più nella

sua totalità. Le energie vengono assorbite dal sistema di sopravvivenza e non possono circolare

liberamente per alimentare tutte le parti del cervello. Si crea così un blocco che può essere

superato per esempio con esercizi e movimenti che mirano all’incrocio della linea mediana del

corpo. Il movimento incrociato (come camminiamo naturalmente - braccio destro e piede

sinistro in avanti e viceversa) “risveglia” l’emisfero non dominante e stimola così la

collaborazione tra i due emisferi necessario per un apprendimento efficace.

La Kinesiologia educativa, fu sviluppata per migliorare l’apprendimento e le proprie

potenzialità a scuola e al lavoro mediante l’integrazione e il riequilibrio delle energie cerebrali.

L’intero programma psico-motorio è finalizzato ad ottenere un’integrazione cerebrale

tridimensionale ed un riequilibrio degli emisferi per raggiungere:

• Benessere fisico e psichico;

• Riduzione dello stress;

• Migliore coordinazione e conoscenza corporea;

• Migliore organizzazione, comunicazione e concentrazione;

• Maggiore percezione sensoriale;

• Miglioramento dell’orientamento spaziale;

• Scioglimento dei blocchi nell’apprendimento;

• Capacità di concentrazione, di comprensione e di memoria di ciò che si legge o si ascolta;

• Ristabilimento dell’equilibrio del flusso energetico nel corpo.

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Di seguito vengono riportati alcuni degli esercizi utili a tali fini.

1. ARAMSAMSAM.

Obiettivo: sviluppo del ritmo e della coordinazione

Età min.: 5 anni

Partecipanti: min. 2

Svolgimento: disponendosi in cerchio, si imita l’animatore che canta una canzone. Ad ogni

parola esegue un movimento variando progressivamente il ritmo.

Testo della canzone: Aramsamsam, aramsamsam, gulli, gulli, gulli, gulli, ramsamsam; Arami,

arami, gulli, gulli, gulli, gulli, ramsamsam.

Movimenti:

Aramsamsam: si batte le mani sulle cosce;

Gulli, gulli, gulli, gulli: si batte le mani sul petto;

Ramsamsam: di nuovo sulle cosce;

Arami: ci si inchina con le braccia allungate.

2. SCOPRI LE DIFFERENZE.

Obiettivo: sviluppo della capacità di osservazione, attenzione e memoria

Età min.: 5 anni

Partecipanti: min. 2

Svolgimento: i partecipanti si dividono in 2 gruppi. Ad ogni squadra è assegnata

un’area/stanza. Ogni squadra studia attentamente lo spazio assegnato, in modo da

memorizzare ogni elemento presente e la sua collocazione spaziale. Dopo un tempo prestabilito

le squadre si scambiano gli spazi e allora la squadra A sposterà gli elementi presenti nello

spazio osservato dalla squadra B e viceversa. Poi le squadre ritornano sulle aree originarie e

dovranno cercare di scoprire gli spostamenti effettuati dall’altra squadra nel proprio territorio.

3. GATTO, TOPO E FORMAGGIO.

Obiettivo: sviluppo pronta reazione, attenzione, velocità, cambio di ruolo

Età min.: 5/6 anni

Partecipanti: min. 8

Svolgimento: i giocatori sono disposti a coppie e formano un cerchio con interspazio tra le

coppie. Due giocatori rimangono fuori dal cerchio: uno è il gatto e l’altro è il topo. Il gatto inizia

ad inseguire il topo intorno al cerchio. Quando il topo è stanco e prima di venir catturato dal

gatto si aggancia ad una coppia. La terza persona della coppia si deve sganciare e inseguire

come gatto il bambino che prima aveva il ruolo del gatto ora diventato topo.

Il gioco vive del velocissimo cambio di ruoli e della prontezza di reazione e attenzione.

4. LACIO DELLA PALLA ALTERNATO.

Obiettivo: sviluppo del ritmo e della coordinazione, concentrazione e precisione.

Età min.: 5/6 anni

Partecipanti: 2

Materiale: 1 palla x coppia

Svolgimento: disporsi uno di fronte all’altro. Lanciare la palla prima con una mano e poi con

l’altra, facendole fare 1 ribalzo a terra. Prenderla sempre alternando le mani.

Variante: Con due palline. Lanciare contemporaneamente le palle ma con modalità diverse:

quando un giocatore lancia con il ribalzo l’altro lancia senza rimbalzo, alternandosi.

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5. CATENA DI MOVIMENTI

Obiettivo: percezione dei membri del gruppo e corporea , coordinazione, motricità

grossa e fine, rinforzo dell’equilibrio corporeo, memoria

Struttura: in cerchio

Partecipanti: 5-15

Svolgimento: il gruppo sta in cerchio. L’animatore fa un movimento (grattarsi la testa) il

secondo fa un nuovo movimento e aggiunge quello del primo e cosi via. Tutto il gruppo ripete i

movimenti di tutti dando cosi un sostegno al singolo.

Variante: chi fa un movimento dice anche il suo nome. Nella ripetizione vengono reptuti tutti i

nomi.

6. MOVIMENTI INTEGRATI

La seguente tabella riporta alcuni dei movimenti visuo-motori utili allo sviluppo delle diverse

aree cerebrali implicate.

(Immagine tratta dal sito www.braingym.org)

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7. SINGING IN THE RAIN (o altra canzone)

Obiettivi: lateralità, coordinazione, mobilità, flessibilità

Struttura: in cerchio

Partecipanti: 5-15

Svolgimento: il gruppo sta in cerchio senza prendersi per mano. Tutti cantano la famosa

canzone di Fred Astair, “I’m singing in the rain”

1. camminando sulla punta dei piedi in avanti verso il centro: I am singing in the rain

2. camminando indietro: just singing in the rain

3. passi laterali incrociati verso destra e sinistra movendo le mani come un otto infinito:

what a glorious feeling

4. girare intorno a se stessi mani in alto per raccoglier le ciliege: I am hap hap hap hap happy

again

5. Refrain per tutti: stando fermi sul posto: pollicci in avanti: tatutatu, tatuttatu, tatutatu uh

verso destra

6. ripetere refrain verso sinistra

7. ripetere I am singin in the rain

8. per ogni tatutau: aggiungere una posizione: pollici in avanti. Gomiti su, in ginocchia,

sedere uori, lingua fuori

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POTENZIAMENTO, ELASTICITA’ E COORDINAZIONE

MOVIMENTI FINI.

Prima di iniziare con gli esercizi relativi al gesto grafico è sempre meglio partire con alcuni

semplici esercizi che permettano di rilassare il bambino sul piano psicomotorio al fine di

ridurre tensioni e paure. Successivamente è sempre bene proseguire “l’allenamento”

suddividendo gli esercizi in tre momenti fondamentali:

1. esercizi di riscaldamento e respirazione;

2. esercizi di potenziamento, sblocco articolare, elasticità e coordinazione;

3. esercizi di rilassamento.

Ovviamente tutti gli esercizi non dovranno essere troppo lunghi o ripetitivi, altrimenti il

bambino potrebbe annoiarsi.

� ESERCIZI DI RISCALDAMENTO E RESPIRAZIONE:

Respirazione: è molto importante che il bambino impari ad avere una respirazione regolare e

regolare, in quanto permette di far lavorare il corpo al meglio delle sue potenzialità. La

consapevolezza del ritmo del proprio respiro permette al bambino di comprendere anche il

ritmo della scrittura e la sua regolarità di movimento.

Respirazione

Esempio:

In piedi, braccia lungo i fianchi, sollevarle lateralmente in due tempi inspirando. Rimanere in

apnea per qualche istante. Riabassarle espirando, mantenendo sempre lo stesso ritmo,

sempre in due tempi. (ripetere x 4 volte)

Rifarlo però suddividendo i tempi in quattro durante l’inspirazione e quattro durante

l’espirazione.

Riscaldamento

Se gli esercizi vengono eseguiti dolcemente distendono gradualmente i muscoli, stimolano la

circolazione e aumentano l’apporto sanguigno alla muscolatura. Agiscono, inoltre, sulla mente

rendendo più vigili e attenti.

Esempi:

1. Tocca il cielo: diritti, con le gambe divaricate leggermente. Alzare le braccia sopra la testa

e allungare prima un braccio e poi l’altro come se volessimo raggiungere il soffitto e poi

contemporaneamente con tute e due le braccia. Ricordare di respirare profondamente e

con regolarità.

B) stessa cosa con le braccia distese in avanti.

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Scopo: rilassa, distende, riscalda le spalle e rinforza la muscolatura delle spalle e delle

braccia.

2. Il mulino: in piedi, gambe divaricate, braccia distese lungo il corpo. Ruotare

contemporaneamente le braccia, dal basso verso l’alto, descrivendo un ampio cerchio, per

5 volte all’indietro e per 5 volte in avanti. I movimenti devono essere lenti e controllati

mentre le braccia devono sempre sfiorare le orecchie.

Scopo: riscalda le spalle e le braccia e aumenta la circolazione nelle mani.

3. Il gioco dell’equilibrio: rimanere in equilibrio prima su un piede e poi sull’altro contando

fino a 10.

Scopo: sviluppa equilibrio e consapevolezza della posizione corporea.

� POTENZIAMENTO, SBLOCCO ARTICOLARE, ELASTICITA’ E COORDINAZIONE:

1. Esercizi di potenziamento delle braccia e dei polsi:

� Il ponte: mettersi a quattro zampe con la schiena ben diritta, stendere le gambe e

alzarsi sulla punta dei piedi formando un ampio arco e poi camminare in avanti.

Scopo: rinforzare la muscolatura delle braccia, dei polsi, e delle spalle, mentre

distende i tendini nella parte posteriore delle gambe.

� Il gamberetto: seduti a terra con le gambe parallele, braccia dietro le spalle e in linea

con le gambe, mani appoggiate a terra girate verso la schiena. Da questa posizione

alzare il bacino e camminare all’indietro spostando una mano dopo l’altra.

Scopo: rinforza braccia, polsi e spalle.

� Flessioni al muro: in piedi ad una distanza di 40 cm. dal muro, appoggiare le mani e

piegare le braccia fino a toccare il muro con il naso mentre i piedi sono fermi nella

posizione di partenza. Poi distendendo le braccia torno verticale. (ripetere per 5 volte)

Scopo: rinforza polsi e braccia.

� Esercizi a due: in piedi, uno davanti all’altro, con le braccia rilassate, agganciare le

mani e spingere palmo conto palmo senza piegare il polso.

Scopo: rinforza mani e polso.

2. Esercizi di potenziamento mani e dita:

� Graffi di gatto: imitare le unghie del gatto stirando e ripiegando le dita per 10 volte.

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Scopo: utile e rinforzare i muscoli e le articolazioni delle dita oltre che per scaricare

l’aggressività.

� Uccellini lenti: toccare con il pollice ogni dito facendo attenzione alle falangi che

devono essere ben aderenti al pollice (mano destra e sinistra contemporaneamente)

Contare fino a 20.

Scopo: rinforzano le ultime falangi e favoriscono una migliore coordinazione.

� Palla di gomma: stringere e rilasciare una palla di gomma morbida, prima con una

mano e poi con l’altra. Per 10 volte.

Scopo: tonificare e rilasciare i muscoli della mano.

3. Esercizi di sblocco articolare:

� Cerchietti: braccia rilassate, piegare i gomiti in avanti a noi, chiudere le mani a

pugno e fare delle circonduzioni sia verso l’esterno che verso l’interno, coinvolgendo

solo il movimento del polso. Contare fino a 10 in un senso e 10 nell’altro per 3 volte.

Scopo: sciogliere il polso.

� Abra cadabra: fare delle circonduzioni come nell’esercizio precedente però con la

mano aperta. (Variante: movimento di rotazione di andata e ritorno, si parte con il

pugno e si arriva a mano aperta, allungando un dito alla volta.)

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Scopo: sciogliere polso e dita.

� Preghiera: mani all’altezza del cuore e gomiti all’altezza delle mani. Fare aderire bene

i palmi tra loro, come per pregare e ruotare le mani in avanti e all’indietro.

Scopo: sciogliere l’articolazione a livello del polso.

4. Esercizi di elasticità:

� Ragno allo specchio: unire le mani allargare leggermente le dita e cominciare a

spingerle le une contro le altre contemporaneamente. Per 10 volte.

� Dita intrecciate: incastrare le dita tra di loro e da questa posizione ruotare le mani

verso l’esterno dopodiché spingere forte la mano destra in avanti, si spetta qualche

attimo e poi lo si fa con la sinistra.

1° - Scopo: scioltezza delle articolazioni delle falangi e potenziamento delle dita.

2° - Scopo: sciogliere l’articolazione del metacarpo.

� Palmo: palmo della mano destra verso l’alto davanti a noi, prendere tutte le dita e

spingere verso il basso. Contare fino a 10. Poi procedere con l’altra mano. Per 5 volte

Scopo: allungamento dei tendini del polso.

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� Dita: palmo della mano destra verso l’alto, tirare ogni dito verso il basso. Girando la

mano verso il basso si prende il pollice e tirato in senso contrario al suo movimento

di chiusura (verso il polso). Procedere anche con la mano sinistra. Per 5 volte.

� Biglie: mimare il lancio di una biglia tra il pollice e le altre dita alternativamente.

1° - Scopo: sblocco e allungamento delle falangi.

2° - Scopo: migliora l’elasticità e il dinamismo delle dita.

5. Esercizi per la coordinazione:

� Pallina: fare una palina con la plastilina di 2 cm. di diametro. Con il gomito ben

appoggiato al banco e l’avambraccio perpendicolare allo stesso, tenere la pallina tra il

pollice e l’indice e farla girare. Poi farlo con le altre dita. In un secondo tempo ripetere

l’esercizio ad occhi chiusi al fine di concentrarsi sul movimento.

Scopo: migliora la scioltezza e la coordinazione delle dita.

� Uccellini veloci: stesso movimento degli uccellini lenti però eseguiti con un ritmo

più spinto e ad occhi chiusi.

Scopo: miglioramento coordinazione.

� Stringi e apri: gomiti ben appoggiati al tavolo, avambraccio perpendicolare al tavolo,

aprire e chiudere le mani alternativamente.

Scopo: miglioramento coordinazione.

� Matita ballerina: braccio ben appoggiato al tavolo e la matita deve essere tenuta

correttamente, poi si deve girare la matita in un senso e nell’altro.

Scopo: coordinazione del pollice e dell’indice con la collaborazione del medio.

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� RILASSAMENTO E RESPIRAZIONE:

In fine si eseguono alcuni esercizi di rilassamento e respirazione che permetteranno di rilassare

il bambino e far sciogliere le tensioni muscolari, soprattutto quelle relative alle spalle e braccia.

Queste tecniche dovranno essere eseguite sia alla fine del riscaldamento prima di iniziare le

lezioni scolastiche ma anche ogni qual volta il bambino accusa dei dolori muscolari o dei fastidi

a livello di schiena, collo, braccia, e mani.

Scopi:

� Diminuire la tensione muscolare, soprattutto prossimale: spalla-braccio-gomito e distale:

mano-polso-dita;

� Aiutare il bambino a respirare meglio, in maniera più cosciente, facendogli ascoltare ciò

che avviene dentro di lui;

� Aiutare il bambino a controllare meglio le sue emozioni.

� La bambola di pezza: in piedi, in posizione eretta ma rilassata, con le braccia lungo i

fianchi, le gambe divaricate e gli occhi aperti. Iniziando dalla sommità del corpo,

rilassarsi e afflosciarsi lentamente (sentire la testa, il collo, le spalle diventare molli e

pesanti) fino a piegarsi all’altezza della vita con le mani abbandonate verso terra. Poi

alzarsi lentamente come se il corpo riprendesse vita.

Scopo: rilassa progressivamente il corpo.

� Braccio morto: sollevare il braccio del bambino e farlo ricadere in completo

abbandono.

Scopo: rilassare completamente il braccio scrivente.

� Mani: scuotere le mani contemporaneamente come se fossero bagnate.

Scopo: sciogliere la mano.

� Respirazione: in piedi, gambe divaricate, portare le braccia verso l’alto in due tempi

e inspirare contemporaneamente. Al primo tempo arrivare all’altezza delle spalle,

fermarsi qualche istante e poi proseguire con l’inspirazione portando le braccia in

alto. Al ritorno espirare facendo sempre tappa all’altezza delle spalle.

Scopo: rilassamento e acquisizione del senso del ritmo del respiro.

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ESERCIZI DI RAFFORZAMENTO DELLE ABILITA’

DI BASE, DELLA LATERALITA’ E

DELL’ORIENTAMENTO DELLO SCHEMA

CORPOREO.

E’ riscontrabile che i bambini giunti nella prima elementare ancora non abbiano raggiunto una

lateralizzione completamente acquisita. Una prima verifica di tale livello potrebbe essere molto

utile attraverso la somministrazione di alcuni esercizi che ne accertino lo stato. E’ molto

probabile che si riscontrino incertezze e ambivalenze che sicuramente vanno ad ostacolare

notevolmente la coordinazione visuomotoria e i processi di apprendimento della lettura e

scrittura.

Di seguito si proporranno esercizi e giochi attraverso i quali il bambino potrà riconoscere e

consolidare il proprio lato dominante, consapevolezza particolarmente importante per lo

sviluppo degli schemi motori. Non sempre, come è noto, la dominanza nell'arto inferiore ha una

corrispondenza diretta con quella superiore; lo sviluppo, inoltre, del lato meno "abile" assicura

un migliore approccio generale e permette un ulteriore rafforzamento del lato che viene

considerato più "forte". Ad ogni esercizio sarebbe consigliabile annotare per ogni bambino quale

sia stato l’arto, la mano o il piede dominante utilizzato in modo tale da avere un quadro

generale della situazione del singolo individuo.

1. ESERCIZI ATTRAVERSO GIOCHI DA ESEGUIRE IN PALESTRA PER ALLENARE I

BAMBINI AL RICONOSCIMENTO LATO DESTRO-SINISTRO:

• • Le marionette: si fanno muovere ( camminare, correre o eseguire altri schemi motori)

liberamente i bambini, accompagnati da una musica; quando questa si ferma, essi devono

alzare un arto superiore o inferiore ( destro o sinistro) a richiesta dell'insegnante; oppure

un bambino alza un braccio o una gamba e gli altri, a turno, devono saper indicare che

parte è ( destra o sinistra) e imitarlo.

• • Gioco della casa: si predispongono con cerchi, plinti o altro materiale, 2/3 spazi

indicati come "case"; i bambini inizialmente si muovono in modo libero nello spazio

disponibile della palestra; al fischio dell'insegnante o ad un altro segnale concordato, si

devono mettere in coppia e andare in una "casa"; di volta in volta l'insegnante indicherà

quale parte ( destra o sinistra) del loro corpo dovrà mettersi in contatto nel formare le

coppie.

• • Il gioco del cacciatore: all'interno della classe si individuerà un "cacciatore" che sarà

riconoscibile attraverso un elemento ben visibile (cappellino, fascia colorata ecc.); al suono

della musica tutti i bambini corrono liberamente all'interno dello spazio gioco; al termine,

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si fermano. Durante il tempo della musica, il cacciatore deve correre e toccare il braccio

destro (o sinistro) dei compagni e contare quanti è riuscito a toccarne.

Durante l'esecuzione dei giochi, sarà importante che l'insegnante segua con attenzione i

bambini, magari registrando in una semplice tabella le proprie osservazioni, per avere una

chiara visione delle competenze raggiunte dalla classe e quindi per poter predisporre giochi che

attivino apprendimenti più complessi, oppure - se necessario - che consolidino le competenze

più semplici non ancora pienamente acquisite.

2. SCOPERA ED AUTOSCOPERTA DELLA PARTE DOMINANTE DEL PROPRIO CORPO.

Si possono proporre vari esercizi e giochi; anche in questo caso è utile prima di eseguire

qualsiasi proposta, preparare un elenco nominale degli alunni su uno schema in cui siano

indicati gli esercizi principali che vogliamo far eseguire, le parti e arti interessati, lo spazio per

indicare il tipo di dominanza che rileveremo ( DX o SX).

Per gli ARTI SUPERIORI si possono predisporre attività diverse:

• Palle e palline di diverse dimensioni e materiali; lanciarle in alto ( o contro una

parete, o a coppia con un compagno) e riprenderle solo con la destra, solo con la sinistra,

con la destra e la sinistra alternate; far scegliere la mano con la quale riesce meglio

l'esercizio e annotarla sulla tabella;

• Aprire e chiudere le mani prima lentamente e poi velocemente;

• Allargare ed unire le dita della mano, prima l’una e poi l’altra;

• Allargare le dita di una mano e contemporaneamente chiudere quelle dell’altra

(viceversa);

• Opporre il pollice alle altre dita;

• Tamburellare le dita su un piano;

• Far schioccare le dita;

• Colpire con la mano una pallina appesa;

• Riordinare degli oggetti;

• Palleggiare contro la parete;

• Eseguire prassie di vestizione (abbottonare e sbottonare la giacca, cappotto, allacciarsi

le scarpe, infilare la maglia, ecc.);

• esercizi di imitazione di azioni che solitamente vengono eseguite con una sola mano:

� pettinarsi;

� portare una cartella;

� cancellare la lavagna;

� battere alcuni colpi con un martello;

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� lavarsi i denti;

� suonare un campanello;

Man mano che il bambino acquisisce una certa destrezza nell’esecuzione di queste semplici

attività si può passare alla consegna verbale di altre attività:

� Alzare la mano che serve per scrivere;

� Alzare prima la mano che serve per scrivere e poi fare una salto sul posto su un solo

piede;

Al termine delle varie attività faremo riconoscere a ciascuno qual è la mano dominante

(magari legando un laccetto colorato al polso).

In relazione al riconoscimento dell’ARTO INFERIORE DOMINANTE, si può proporre:

• Esercizi sempre con palloni e palline da calciare, guidare a slalom ecc.;

• Il gioco delle isole:

In palestra si predispongono delle panchette basse e delle zone con scritto DESTRO o

SINISTRO, spazi in cui i bambini non devono entrare quando suona la musica.

Durante il gioco i bambini devono camminare o correre liberamente e quando incontrano

le panche devono salire o scendere utilizzando prima una gamba e poi l'altra, cercando

di capire quale sia stato il più comodo.

Al termine della musica, i bambini devono raggiungere le zone (ISOLE ) saltando su un

solo piede e procedere ponendo attenzione a raggiungere l'isola corrispondente al piede

utilizzato e rimanendo in posizione finché la maestra non abbia verificato la correttezza

della postura.

Poi si sperimenterà lo stesso esercizio con l'altro piede e si stabilirà quale dei due è

quello più comodo.

• Salire e scendere da una panca;

• Calciare una palla;

• Alzare il piede che serve per calciare;

Anche in questo caso si può identificare e riconoscere il piede dominante, legando un laccetto

colorato alla caviglia.

Per completare l'indagine sulla DOMINANZA, sarà utile anche fare degli esercizi per accertare

quella:

OCULARE:

• Guardare nel buco della serratura e dire che oggetti si vede;

• Guardare in un foro al centro di un foglio di quaderno;

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• Osservare nel caleidoscopio;

• Osservare e denominare gli oggetti presenti nella classe attraverso un cannocchiale di

cartoncino arrotolato;

• Toccare l’occhio che serve per guardare dal buco;

• Toccare l’occhio che serve per guardare dal caleidoscopio;

• Denominare le immagini coprendosi con la mano un occhio.

AURICOLARE:

• appoggiare l'orecchio al muro e identificare i rumori provenienti dall'altra aula;

• far sentire il ticchettio di un orologio;

• riconoscere i rumori di oggetti diversi emessi di nascosto.

3. ESERCIZI DI ORIENTAMENTO DESTRA-SINISTRA.

Consegna: l’insegnante invita il bambino a eseguire i seguenti esercizi:

• Riconoscimento su se stesso.

Età di riferimento 6 anni - Prove da superare 3/3

� mostrare la mano destra;

� mostrare la mano sinistra;

� mostrare l’occhio destro.

• Esecuzione di movimenti su consegna verbale.

Età di riferimento 7 anni - Prove da superare 5/6.

� la mano destra tocca l’occhio sinistro;

� la mano sinistra tocca l’occhio destro;

� la mano destra tocca l’orecchio sinistro;

� la mano sinistra tocca l’orecchio destro;

� Si dispone su un piano due palle di diverso colore (es. rossa e blu) e si domanda:

� la palla rossa è a destra o sinistra?

� la palla blu è a destra o sinistra?

• Riconoscimento sugli altri.

Età di riferimento 8 anni - Prove da superare 3/3

� toccare la mia mano destra;

� toccare la mia mano sinistra;

� la palla in quale mano è? (l’insegnante tiene in mano una palla)

• Imitazione di movimenti.

Età di riferimento 9 anni - Prove da superare 6/8

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Consegna: il bambino viene invitato ad imitare i seguenti movimenti dell’insegnante posto di

fronte:

� mano sinistra-occhio destro;

� mano destra – orecchio destro;

� mano destra – occhio sinistro;

� mano sinistra –orecchio sinistro;

� mano destra – occhio destro;

� mano sinistra – orecchio destro;

� mano destra – orecchio sinistro;

� mano sinistra – occhio sinistro

• Riconoscimento della posizione relativa tra oggetti.

Età di riferimento 11 anni - Prove da superare 5/6

Consegna: l’insegnante mostra tre palle di diverso colore disposte a breve distanza l’una

dall’altra e invita il bambino a rispondere alle seguenti domande:

� la palla rossa è a destra o sinistra rispetto alla palla blu?

� la palla rossa è a destra o sinistra rispetto alla palla verde?

� la palla blu è a destra o sinistra rispetto alla palla rossa?

� la palla blu è a destra o sinistra rispetto alla palla verde?

� la palla verde è a destra o sinistra rispetto alla palla rossa?

� la palla verde è a destra o sinistra rispetto alla palla blu?

4. ESERCIZI DI ORIENTAMENTO DELLO SCHEMA CORPOREO.

Quando il bambino ha ben interiorizzato qual è il suo lato dominante ed imparato a

riconoscere la destra e la sinistra su di sé, gli altri e sugli oggetti, riuscirà a collocarsi in

rapporto agli altri e alla realtà che lo circonda usando consapevolmente e non

meccanicamente le categorie spaziali principali: sopra/sotto, avanti/dietro, in alto/in basso

ecc.

Per interiorizzare al meglio tali indicatori si possono fare:

• esercizi - che presuppongono l'uso di materiali ( palle, cerchi, plinti, clavette, ostacoli,

corde...) e schemi motori ( lanciare, afferrare, saltare, camminare, correre, rotolarsi,

arrampicarsi )diversi;

• percorsi - I percorsi possono essere sia liberi che guidati: in entrambi i casi sarebbe

utile, dopo l'esecuzione, verbalizzare e rappresentare graficamente il percorso fatto

(in questo modo si favorirebbe la presa di coscienza delle relazioni spaziali e la

padronanza del linguaggio). Nei percorsi guidati si possono dare indicazioni all'inizio o di

volta in volta; possono inoltre essere formulati o con comandi verbali ( 2 passi avanti, 3

passi laterali a sinistra...) o mediante simboli ( ad esempio frecce).

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Infine i percorsi possono introdurre la questione delle relazioni spaziali in modo

sinergico, lavorando non solo dal punto di vista motorio, ma anche nella prospettiva

degli obiettivi disciplinari della geometria, della geografia, dell'immagine

(rappresentazioni dello spazio) e della lingua.

Si può così legare l'attività al racconto di una fiaba ambientata in un determinato luogo

(ad esempio un bosco); costruire con scatoloni e pannelli di polistirolo l'ambiente della

storia; facilitare così la drammatizzazione della storia ( ricca ovviamente di riferimenti

spaziali) per farla acquisire ed interiorizzare meglio.

In un cartellone murale, allestito dall'insegnante, si può rappresentare un bosco e le

sagome degli animali che lo abitano ( aquila, scoiattolo...); nel costruire l'ambiente e

collocare gli oggetti, si avrà cura di usare ripetutamente i termini spaziali "tra", "più

vicino", " a destra"...; quindi si leggerà il testo della storia e, per verificare e approfondire

la conoscenza delle relazioni spaziali, si chiederà ai bambini di assumere il ruolo di un

personaggio e descriverne la posizione, di rappresentare la situazione appuntando le

sagome degli animali sul cartellone ecc.

GIOCHI - si possono inoltre proporre dei giochi individuali, o a squadre.

• I PALLEGGI - Ogni bambino riceverà un palloncino con il quale dovrà effettuare dei

palleggi, toccandolo inizialmente con qualsiasi parte del corpo per non farlo cadere al

suolo. Il gioco poi sarà reso più complesso chiedendo di toccare il palloncino con una

determinata parte del corpo ( mano destra , piede sinistro, ginocchio destro ...). Vince il

bambino che riesce a tenere più a lungo il palloncino per aria.

• SOPRA E SOTTO - Si formano due o più squadre composte da un numero identico di

concorrenti. I giocatori di ciascuna squadra si dispongono in fila e il primo ha in mano

un pallone. Al segnale di partenza il giocatore con il pallone lo consegna al compagno

dietro di lui facendolo passare sopra il capo. Il secondo lo passa al terzo sotto le gambe,

il terzo lo passa al quarto da sopra alla testa ecc. Vince la squadra che per prima porta il

pallone in fondo alla fila.

• DENTRO E FUORI DAL CERCHIO - Si formano due o più squadre composte da un

numero uguale di giocatori. I componenti di ciascuna squadra si dispongono in fila a un

paio di metri l'uno dall'altro; al capofila viene consegnato un cerchio. Al segnale di

partenza il capofila entra dentro il cerchio con i piedi e lo solleva verso l'alto in modo da

uscirvi fuori dalla parte della testa. Il secondo concorrente prende il cerchio e, dopo aver

effettuato gli stessi movimenti, lo passa al terzo giocatore. Così di seguito, in modo da

coinvolgere tutti i partecipanti. Vince la formazione che per prima riesce a far tornare il

cerchio al punto di partenza, cioè dal capofila.

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ATTIVITA’

PER LO SVILUPPO DEGLI SCHEMI GRAFICI E

DELL’ORIENTAMENTO SPAZIALE.

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COORDINAZIONE MOTORIA

Questi esercizi possono essere rappresentati anche graficamente subito dopo

averli fatti eseguire al gruppo o al singolo individuo.

Scopo: valutazione della capacità di rappresentazione ideo-motoria

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� Coordinazione dinamica generale:

- Marciare sul posto associando al movimento delle gambe l’oscillazione delle braccia;

- Saltare a piedi uniti;

- Saltare a piedi uniti e divaricati;

- Camminare ruotando due-tre volte su se stessi ad un segnale prestabilito;

- Saltare a piè zoppo tra due file di birilli;

- Saltare sul posto su un piede solo cabinato piede su consegna verbale;

- Eseguire saltelli incrociati (un piede in avanti ed uno in dietro)

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� Equilibrio statico:

- In piedi, a occhi chiusi contare fino a dieci cercando di rimanere immobili;

- In piedi, a occhi chiusi, con le braccia avanti, contare fino a dieci mantenendo l’immobilità;

- Su un piede solo, contare velocemente fino a dieci cercando di rimanere immobili

all’interno di un cerchio disegnato sul pavimento;

- In piedi sui talloni, mantenere una posizione di immobilità il più a lungo possibile.

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� Imitazione dei gesti: Test d’imitazione dei gesti di Berger e Lezine.

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� Imitazione dei gesti complessi:

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Imitazione dei contrari:

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MEMORIA E ATTENZIONE

� Memoria visiva dell’oggetto mancante:

dopo aver osservato una serie di 4/6/8 oggetti, il bambino si gira e l’insegnante toglie uno degli

oggetti. Successivamente il bambino deve dire quale oggetto è stato tolto.

� Memoria visiva dell’immagine mancante:

Come per la precedente si fanno osservare 4/6/8 immagini ma ora si vanno a togliere una per

la serie di quattro immagini- due per la serie di sei immagini – tre per la serie di otto immagini.

� Memoria visiva sequenziale:

Dopo aver mostrato al bambino una serie di immagini in sequenza, vengono mescolate e viene

richiesto di rimetterle in ordine di sequenza.

� Memoria uditivo-verbale:

a) Il bambino ripete una serie di numeri pronunciati dall’insegnante.

Es.: 8/4 5/8/7 4/6/8/5/9

b) Successivamente le ripete in ordine inverso;

Stesso esercizio però con le lettere alfabetiche e con una sequenza di parole.

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SEZIONE

ESERCIZI GRAFOMOTORI

PER LE ATTIVITA’

SCOLASTICHE E PRESCOLASTICHE.

Di seguito vengono presentati esempi di esercitazioni relative alle diverse finalità:

1. ESERCIZI DI PRE-GRAFISMO PER L’ULTIMO ANNO DELLA MATERNA E INGRESSO

SCOLASTICO;

2. ESECIZI GRAFOMOTORI PER EDUCARE IL GESTO GRAFICO ALL’ORIENTAMENTO E

ALL’ORGANIZZAZIONE SAPZIALI E PER LA CONTINUITA’ GRAFOTORIA.

Questa sezione comprende tutta una serie di esercizi graduali utili ad un successivo

insegnamento del “modello corsivo”. Attraverso i vari passaggi indicati l’alunno si ritroverà

inconsapevolmente a scrivere automaticamente le lettere dell’alfabeto. Lo sforzo richiesto per

l’apprendimento grafomotorio e mnemonico sarà sicuramente facilitato dal fatto che alcune

lettere alfabetiche vengono realizzate già durante le diverse attività di pregrafismo.

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In aggiunta agli esercizi finora rappresentati, qui di seguito riassunti, si aggiungono tutte le attività grafomotorie su “cartelloni e fogli e altre superfici”.

ESERCIZI MOTRICITA’:

• Movimenti e percezione parti del corpo; • Potenziamento, elasticità e coordinazione dei movimenti fini; • Esercizi di rafforzamento abilità di base per la motricità braccia/corpo

ESERCIZI DI RILASSAMENTO:

• Far percepire il contatto dei piedi a terra, la pesantezza delle gambe, delle braccia con le mani appoggiate l’una nell’altra, ascoltare il respiro, il petto che si allarga e rimpicciolisce ad ogni inspirazione ed espirazione.

LAVORO SU CARTELLONE.

Si lavora su cartelloni di 50 x 40 appesi al muro.

L’insegnante indica verbalmente gli elementi da disegnare e le loro rispettive posizioni, (dx/sx – alto/basso). Questi elementi aiuteranno e memorizzare le diverse direzioni convenzionali, fondamentali nell’atto grafomotorio.

Successivamente i cartelloni verranno fatti appoggiare ai rispettivi banchi al fine di visualizzare e riconoscere le direzioni nello spazio grafico orizzontale.

Scopo: valutazione e sviluppo la capacità di discriminazione e riconoscimento delle direzioni dx/sx – alto/basso sia su spazio grafico verticale che su quello orizzontale.

Es.

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ESERCIZI X ALLENARE ORIENTAMENTO SUL FOGLIO A4.

Far disegnare l’orizzonte e proseguire dando indicazioni precise dove mettere gli elementi che compongono il paesaggio prescelto:

Es: le onde, i pesci, le conchiglie i gabbiani, il sole ecc. a dx/sx – alto/basso

Scopo: valutazione e sviluppo la capacità di discriminazione delle direzioni dx/sx – alto/basso su spazio grafico orizzontale in dimensione ridotta.

Al fine di rendere più semplice l’organizzazione spaziale è necessario che il bambino impari

a riconoscere automaticamente i margini destro/sinistro e quello alti/basso. A tale scopo è

necessario:

⇒⇒⇒⇒ Richiamare alla memoria ancora gli stessi elementi direzionali proposti durante la fase precedente fino ad automatismo attivato;

Es.

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TRACCIATI SCIVOLATI

Hanno lo scopo di indurre al rilassamento e allo scaricamento della tensione muscolare. Inoltre servono ad armonizzare il gesto grafomotorio donandogli continuità grafica. Molto utile l’uso di una musica rilassante.

(VARIANTI x TUTTI I TRACCIATI: con la mano scrivente – con quella vicaria – con entrambe

contemporaneamente, in questo caso si divide lo spazio grafico con una linea verticale centrale –

ad occhi aperti – ad occhi chiusi - gesto nell’aria – col dito sul foglio/lavagna.)

1. TRACCIATI SCIVOLATI E GRANDE PROGRESSIONE in piedi: (mano vicaria appoggiata sul banco peso del corpo spostato su di essa, piedi leggermente divaricati) • Fogli A3 o 50x70

• Matite colorate, a cera, pennarelli o Matite colorate, a cera o pennarelli colori a dita.

2. TRACCIATI SCIVOLATI E GRANDE PROGRESSIONE in posizione seduta: (piedi appoggiati a terra, spalle distese, braccia appoggiate con pesantezza sul tavolo,

testa e nuca rilassate)

• Fogli A4/A3

• Matite colorate, a cera o pennarelli

• Sabbia colorata

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A. Tracciato scivolato LIBERO: leggero e curvo, senza alzare mai la penna dal foglio, il braccio scivola sul foglio e la mano vicaria è appoggiata con il palmo verso l’alto.

B. Tracciato scivolato su CONSEGNA del gesto: (ripassare più volte) utile per allenare la direzione e la continuità grafica

⇒⇒⇒⇒ Infinito

⇒⇒⇒⇒ Cerchio

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⇒⇒⇒⇒ Infinito verticale

⇒⇒⇒⇒ Slanci

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C. Tracciato di GRANDE PROGRESSIONE: utile per allenare la progressione da sx verso dx attraverso gesti grafomotori alternativamente collegati alle lettere.

⇒⇒⇒⇒ Spostamenti del braccio da sx verso dx senza scrivere (x la comprensione del movimento distale);

⇒⇒⇒⇒ Continuità grafica del tracciato grafico “e” – “l” – coppe grandi/piccole – tracciati curvi.

⇒⇒⇒⇒ “Scatole cinesi” per sviluppare il tracciato curvo e le percezione spaziale (ritmo/pressione alternata)

⇒⇒⇒⇒ “Girelle” per la continuità grafica e la direzione antiorario degli ovali

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SVILUPPO DELLE CAPACITA’ MOTORIE- FINI

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ESERCIZI GRAFICI PER LA MOTRICITA’ SPECIFICA DEL POLSO

E DELLE DITA

Attraverso gesti di piccola progressione si allena i segmenti relativi alla motricità fine – polso, dita, muscoli adduttori e abduttori)

A. Cerchi ripassati partenza dx alto verso sx

B. Cerchi riempiti con stessa direzione (diametro di 1 cm).

C. Quadratini (dimensione di 1 cm.): riempiti con tracciati alto/basso per allenare il movimento di precisione delle dita

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Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 88

D. Quadratini (stessa dimensione del precedente): riempiti con tracciati sx/dx per allenare il movimento del polso.

E. Picciolo direzione alto/basso con “ciliegina”: senza interruzione gesto grafico direzione sx verso dx alto, per automatizzare il movimento riguardo la direzione delle aste e degli ovali.

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SEZIONE

ESERCIZI MOTORI E DI PERCEZIONE

SENSORIALE E VISIVA PER LO SVILUPPO DELLE

ABILITA’ GRAFOMOTORIE.

In questa sessione si presenteranno ulteriori esercizi motori e di percezione sensoriale e visiva

molto utili per lo sviluppo delle abilità di base necessarie durante l’atto grafomotorio.

Ogni esercizio presentato potrà essere eseguito con diverse varianti utilizzando la creatività

personale dell’insegnante: fondendo anche giochi e movimenti diversi per rendere gli esercizi

sempre nuovi e divertenti. L’importante è che l’obiettivo principale sia raggiunto e il movimento

che si vuol far fare sia correttamente eseguito.

E’ altrettanto importante sapere che durante questi esercizi è molto utile l’uso di un sottofondo

musicale molto rilassante per aiutare e veicolare ancor meglio l’apprendimento del movimento e

della concentrazione.

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ESERCIZI PER LO SVILUPPO SENSORIALE E DELLA MEMORIA.

• DISEGNI SULLA SCHIENA

Obiettivo: percezione corporea, utilizzo della motricità fine, attivazione della memoria

cognitivo-sensoriale.

Struttura: in file seduti a terra.

Partecipanti: min. 2 max 10

Svolgimento: il gruppo sta in fila seduto a terra. Ogni bambino rivolge la schiena a quello

precedente. L’ultimo della fila inizia a tracciare lentamente una figura/immagine sulla schiena

del compagno successivo il quale dovrà a sua volta tracciare ciò che ha percepito sul

compagno che segue e così via, fino ad arrivare all’ultimo della fila che avrà il compito di

riprodurre l’immagine:

A) su un figlio di carta

B) a terra con un cordone

C) su una superficie realizzata con sabbia/sale colorato

Quest’ultimo bambino, una volta realizzato il tracciato, andrà a sedersi in coda e rappresenterà la

propria immagine sulla schiena del compagno e così di seguito.

Il gioco terminerà quanto tutti i bambini della fila avranno rappresentato la propria

immagine sulla schiena del proprio compagno.

• APPOGGIO DITA SULLA SCHIENA

Obiettivo: percezione corporea, utilizzo della pressione, attivazione della memoria

sensoriale.

Struttura: a coppie seduti a terra.

Partecipanti: min. 2

Svolgimento: le coppie stanno seduti a terra. Uno dei due bambini rivolge la schiena al

compagno.

Il bambino con la schiena rivolta verso il compagno avrà il compito di concentrarsi e di

percepire ciò che il compagno farà per poi riferirglielo .

Il bambino “attivo” invece avrà il compito di premere i polpastrelli sulla schiena del compagno.

Sarà discrezione del bambino “attivo” decidere quante dita poggiare sulla schiena per poi

chiedere al compagno quante dita egli abbia percepito. (Far ripete l’esercizio più di una volta

soprattutto se non riesce a percepire l’esatto numero di dita premute sulla schiena)

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Il gioco terminerà quanto entrambi i bambini avranno vissuto i due ruoli.

• SEGUENDO IL MOVIMENTO DELLE MANI DEL COMPAGNO

Obiettivo: percezione corporea, rilassamento, liberazione delle emozioni, equilibrio

posturale, utilizzo della pressione, attivazione della memoria sensoriale, allenamento

alla fiducia verso se stessi e gli altri.

Struttura: a coppie seduti a terra a gambe incrociate o inginocchiati seduti sui talloni (la

posizione più confortevole possibile) - occhi chiusi o bendati.

Svolgimento: seduti uno di fronte all’altro.

I due compagni allungano le braccia e fanno aderire le mani le une sulle altre.

Si stabilisce chi è “A” - chi è “B”.

Si fa partire una musica rilassante e si dice ad “A” di dirigere il gioco facendo dei movimenti

con le mani e il busto lasciandosi trasportare dalla musica mentre “B” avrà il compito di

seguire il movimento senza interferire.

Il gioco terminerà quanto entrambi i bambini avranno vissuto i due ruoli.

ESERCIZI PER LO SVILUPPO DELLA GESTIONE SPAZIALE – COORDINAZIONE - MEMORIA

SEQUENZIALE – RITMO – COORDINAZIONE OCULO-MANUALE.

• GIOCO CON PALLE

Obiettivo: equilibrio posturale, utilizzo della forza/energia, attivazione della memoria -

gestione dello spazio – sviluppo dell’attenzione e concentrazione – coordinazione

movimenti macro e micro – calibrazione della potenza del gesto – precisione dei

movimenti.

Struttura: a coppie, uno di fronte all’altro in piedi.

Svolgimento:

I due compagni hanno in mano una palla per coppia.

Dovranno passarsela facendola rimbalzare una sola volta a terra e prendendola inizialmente

con le due mani e successivamente con la mano dominante.

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Varianti del gioco:

A) Per tipologia di lancio: senza rimbalzo;

con rimbalzo a terra;

alternati (un bambino lancia senza far ribalzare al

palla – l’altro con il rimbalzo e viceversa)

B) Per numero di palle utilizzate: 1 palla;

2 palle (una per giocatore: il lancio è in

contemporanea);

4 palle (2 per giocatore: in questo caso si lancia

contemporaneamente prima con la mano ds e poi con

la sx o viceversa).

(Questa versione è decisamente molto difficile,

pertanto è opportuno valutare molto bene le capacità

motorio acquisite, altrimenti l’esercizio potrebbe

verificarsi controproducente.)

C) Versione muro: singolarmente, facendo rimbalzare la palla prima a

terra in prossimità del muro in modo da farla

rimbalzare sul muro e prenderla: inizialmente con due

mani, successivamente con la mano dominante;

a coppie, entrambi rivolti verso il muro con una palla

a testa si lanciano le palle in contemporanea e si

prendono nello stesso modo sopra esposto;

• GIOCO CON FOULARD MOLTO LEGGERI

Obiettivo: equilibrio posturale, gestione dello spazio – sviluppo dell’attenzione e

concentrazione – coordinazione movimenti macro e micro –precisione dei movimenti.

Struttura: in cerchio o sparsi nello spazio – con l’utilizzo di una musica dolce e ritmata

Svolgimento:

Il gruppo si muove nella stessa direzione o in ordine sparso lanciando i foulards in aria per poi

riprenderli facendo fare loro delle evoluzioni a piacere o su consegna verbale dell’insegnante,

gli stessi movimenti realizzati durante gli esercizi di pregrafismo (es: cerchio, infinito,

movimenti curvi, ecc.), riproducendo l’esercizio sia con la mano dominante che con quella

“vicaria”.

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• PISTE DA CORSA CON PENNARELLI

Obiettivo: attivazione della memoria - gestione dello spazio – sviluppo dell’attenzione e

concentrazione – coordinazione movimenti micro –– precisione dei movimenti - velocità.

Struttura: a coppie o piccoli gruppi di tre o quattro giocatori

Materiale: pennarelli colorati, cartelloni A3.

Svolgimento: l’insegnante disegnerà sul cartellone una pista utilizzando i diversi movimenti

di pregrafismo. I giocatori partiranno uno alla volta cercando di percorrere più in fretta

possibile la pista rappresentata. I vincitori saranno coloro che avranno accumulato minori

penalità e minor tempo. (In questo caso mettere più obiettivi permette di non rendere il gioco

troppo competitivo, poiché colui che non è veloce potrebbe essere preciso e viceversa lasciando

spazio alla vittoria a più giocatori.)

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