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Programmazione dei servizi alla persona MaPSS corso di Laurea Magistrale in MANAGEMENT DELLE POLITICHE E DEI SERVIZI SOCIALI anno accademico 2015-2016 [email protected]

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Programmazione dei

servizi alla persona

MaPSS corso di Laurea Magistrale in

MANAGEMENT DELLE POLITICHE E DEI SERVIZI SOCIALI

anno accademico 2015-2016

[email protected]

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La frequenza non è obbligatoria, ma nel caso lo studente decida dipartecipare alle lezioni è fortemente consigliato lo faccia in modocontinuativo e motivato

A coloro che frequentano regolarmente vengono messe adisposizione le slides proiettate durante le lezioni. Le slides non

sostituiscono i testi, che devono comunque essere studiati, mapossono accompagnarne e facilitarne la lettura proponendosi comeschemi di inquadramento degli argomenti trattati nei libri.

Nelle slides sono proposti anche argomenti che integrano i

contenuti presenti nei testi di esame.

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i contenuti delle slides che seguono fanno in parte

riferimento ai testi di esame e in particolare a:

- Burgalassi , pp. 17-50

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Cosa si intende per “programmazione”

(preliminarmente: pianificazione o programmazione? e regolazione?)

la programmazione è un processo decisionale di tipo razionale,rivolto al futuro, basato sulla definizione di obiettivi desiderati esulla scelta di azioni idonee (nel rapporto mezzi/fini) alconseguimento di tali obiettivi

Nel dettaglio si tratta di un processo attraverso cui un soggetto,sulla base dei propri valori, a) individua degli obiettivi daraggiungere in un determinato periodo di tempo, b) stabilisce lemodalità con cui intende raggiungere tali obiettivi, c) identifica glistrumenti e le risorse necessarie.

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La programmazione è un processo da cui deriva un prodotto

(esito)

L’output del processo di programmazione è un documento chepuò essere identificato come piano (obiettivi di ampio respiro amedio-lungo termine), programma (percorso composito per laattuazione del piano), progetto (dimensione operativa delprogramma)

Il processo di programmazione può essere realizzato utilizzandodue modelli alternativi di RAZIONALITA’:

1. RAZIONALITA’ ASSOLUTA

2. RAZIONALITA LIMITATA

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I modelli di programmazione basati sul principio della RAZIONALITA’

ASSOLUTA sono quelli contraddistinti dai tratti della sistematicità e dellaprescrittività.

L’idea guida è che la programmazione debba essere centralizzata eformulata in modo completo e definitivo; e ciò è ritenuto realizzabile inquanto si presuppone la possibilità di avere fin dall’inizio una conoscenzaesaustiva dei fenomeni e delle condizioni che per la programmazionesono rilevanti.

La definizione degli obiettivi e la individuazione degli interventi vengonoelaborate in modo puntuale e il programma ingloba in sé anche leesigenze di aggiustamento che si potrebbero manifestare in itinere. Inquesta prospettiva, il processo di programmazione ha una

configurazione sinottica e lineare: si provvede alla identificazione dellequestioni problematiche, si effettua una analisi e una prefigurazionedelle strategie, si procede alla definizione delle azioni e degli strumenti,si realizzano gli interventi

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I modelli di programmazione basati su un’idea di RAZIONALITA’ LIMITATA

sono quelli che si presentano contrassegnati dai tratti della dinamicità.

Il loro impianto poggia su due presupposti: 1) è impossibile riuscire ainquadrare per intero i fenomeni e le condizioni che sono destinate adincidere sulla programmazione e 2) le capacità di elaborazione eprevisione dei decisori sono inevitabilmente parziali e limitate.

I programmi vengono formulati considerando la difficoltà di stabilire nessidefinitivi tra i mezzi e i fini e nella consapevolezza della loro inevitabileperfettibilità.In questa prospettiva, il processo di programmazione ha unaconfigurazione evolutiva e incrementale: si definisce un quadrosoddisfacente della situazione iniziale, si considerano le alternativedisponibili per il conseguimento degli obiettivi sapendo che ve nepossono essere anche altre, si indicano risultati possibili emomentaneamente preferiti, si traccia un programma che in grado direcepire il cambiamento e di adeguarvisi

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modelli a razionalità assoluta modelli a razionalità limitata presupposti del processo decisionale

il decisore è in grado di identificare e gerarchizzare in modo ottimale gli obiettivi da raggiungere

il decisore è in grado di identificare e gerarchizzare gli obiett ivi in modo sufficiente da raggiungere e momentaneamente adeguato

conoscenza del campo il decisore ha una conoscenza esaustiva dei mezzi idonei al raggiungimento degli obiett ivi predefinit i

il decisore ha una conoscenza sufficiente dei mezzi idonei al raggiungimento degli obiett ivi predefinit i

definizione del processo il decisore è in grado di analizzare le informazioni a disposizione per la formulazione di un programma definito e completo

il decisore si muove in una condizione di incertezza e ha una capacità di definizione del processo non definit iva

gestione delle alternative di scelta che il processo propone

il decisore conosce tutte le possibili alternative di scelta disponibili e può valutare in modo puntuale le conseguenze di ognuna

il decisore è in grado di prendere in considerazione solo una parte delle alternative di scelta disponibili e non è in grado di valutare tutte le conseguenze delle alternative di scelta

caratteristica del programma

programma ott imizzato ed efficiente programma soddisfacente ma aperto a interventi di implementazione e aggiornamento

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I modelli decisionali attraverso la matrice di Thompson-Tuden (1959)

OBIETTIVI

CONDIVISI (consenso) NON CONDIVISI (conflitto)

M

EZ

ZI,

ALT

ER

NA

TIV

E, S

OLU

ZIO

NI

D

ISP

ON

IBIL

I

1) RAZIONALITÀ SINOTTICA

Programmazione standardizzata

Calcolo Decisione ottimizzante

3) RAZIONALITÀ INCREMENTALE

Negoziazione Cooperazione

Decisione accettabile

N

ON

DIS

PO

NIB

ILI

2) RAZIONALITÀ LIMITATA

Sperimentazione

Pragmatismo Decisione soddisfacente

4) RAZIONALITÀ “CASUALE”

Improvvisazione

Ambiguità Decisione casuale

(in Thompson: stallo decisionale e riformulazione del programma di policy)

i modelli decisionali: la matrice di Thompson e Tuden (1959)

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Per le finalità a cui risponde e il quadro normativo in cui si colloca, laprogrammazione sociale si propone come un processo improntato allarazionalità incrementale e si realizza nella forma di programmazione

strategica.

La programmazione strategica prende corpo con un stile decisionaleflessibile e dialogico. In essa gli obiettivi sono individuati tramite ilconfronto mentre la continua interazione comunicativa tra i diversiattori garantisce il permanere di una condivisione del processo.La programmazione strategica si associa pertanto a governance epartecipazione.

La programmazione strategica si propone come un modelloparticolarmente appropriato per il governo di scenari complessi, conelevata densità di stakeholders e nei quali è richiesto un approcciopragmatico.

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I tratti peculiari della programmazione strategica:a) il novero degli attori coinvolti è estremamente ampio e tende acoincidere con l’intera platea dei potenziali stakeholders;b) l’approccio è pragmatico e si concentra sui punti di accordo checonsentono di superare le differenze e le controversie che possonocondizionare il programma;c) la centralità che vi riveste la dimensione partecipativa rende trasparentigli obiettivi del programma e consente di condividere anche i loroeventuali cambiamenti.

La programmazione strategica segna il profilo della politica sociale nel

welfare locale, che deve essere fondata sui caratteri e sulle risorse dellacomunità di riferimento per poter così risultare

appropriata

praticabile

sostenibile

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i contenuti delle slides che seguono fanno in parte

riferimento ai testi di esame e in particolare a:

- Bertin Fazzi pp.17-45

- Burgalassi pp.65-74

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ART. 3 PRINCIPI PER LA PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI E DELLE RISORSE

DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria edintegrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e dellerisorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati intermini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione diimpatto di genere.2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3 [attori istituzionali], provvedono,nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi edelle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguentiprincipi:

a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzionenonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento allavoro;

b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed isoggetti di cui all’articolo 1, comma 4 [attori sociali], che partecipano con proprierisorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormenterappresentative a livello nazionale nonché le aziende unità sanitarie locali per leprestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelliessenziali del Servizio sanitario nazionale.

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coordinamento e integrazionela programmazione deve promuovere il raccordo della politica

socioassistenziale con altre politiche (comunali e non) e del comune con

altri attori (pubblici e non)

le strategie e gli interventi dei servizi sociali si integrano – o si potrebberointegrare – con l’azione di altre tipologie di politiche locali

- un raccordo obbligato è quello con le politiche sanitarie territoriali, concui entrano in contatto nell’area della integrazione sociosanitaria (disabili,anziani non autosufficienti, disagio mentale, dipendenze, consultoriofamiliare)- altre potenziali sinergie: politiche urbanistiche (vincolo di destinazionesociale per quote di nuovi insediamenti), politiche erariali (abbattimentitariffari su affitti sociali), interventi di investimento pubblico (premialità perassunzioni di soggetti svantaggiati)

la realizzazione dei servizi sociali, di cui è titolare il comune, avvienesempre di più con il coinvolgimento di altri attori pubblici (ASL, scuole,aziende speciali, consorzi) e privati (terzo settore, cooperative sociali)

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concertazione e cooperazionela programmazione deve realizzare una costruzione condivisa del sistema

integrato di interventi e servizi sociali

concertare significa che il processo di programmazione deve vederecoinvolta la più ampia gamma di stakeholders che possono contribuire allaindividuazione di obiettivi e percorsi condivisi per la costruzione del sistemadei servizi sociali

cooperare significa che la costruzione del sistema dei servizi sociali deveprevedere e valorizzare la presenza delle risorse della comunità locale

lo strumento con cui gestire uno scenario di programmazione segnato dauna molteplicità di attori i cui obiettivi e le cui logiche d’azione sono diversema ricercando un terreno di concertazione e cooperazione è la governance

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In generale, il concetto di governance richiama un modello di gestione dellerelazioni basato sui principi della collaborazione, della condivisione, delconsenso e del coordinamento

modello di gestione dei processi di programmazione in cui laefficacia dell’azione pubblica dipende non solo dalla attivitàtipicamente politico-amministrativa ma deriva dal raccordo tra unavarietà di attori istituzionali e attori sociali e dalla loro capacità dicondividere obiettivi e cooperare per raggiungerli.

la GOVERNANCE nella politica sociale

GOVERNMENT

sistema di relazioni basato su un assetto di tipo gerarchico

GOVERNANCE

sistema di relazioni basato sull’interazione cooperativa tra una molteplicità diattori

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La moltiplicazione degli attori determina una ridefinizione dei processi didecisione politica e la conseguente diffusione di “nuovi modelli” digestione.

Un aspetto centrale è caratterizzato dal passaggio da una logica digovernment – in cui l’azione politica è top-down e gestita esclusivamentedagli attori pubblici – ad una logica di governance – in cui l’azione politicaè il risultato di una regolazione negoziata tra una pluralità di attoripubblici e privati.

Il ruolo dei diversi attori, così come le differenti relazioni fra di loro e imolteplici obiettivi perseguiti, determinano una serie di modelli di

governance assimilabili a sei tipologie principali: clientelare, corporativo,

manageriale, pluralista, partecipativo e populista

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modello di governance clientelare: caratterizzato da relazioni

particolaristiche fra i politici e i diversi stakeholder mossi dal

perseguimento di benefici specifici. In questo modello, il perseguimento diobiettivi di interesse pubblico passa in secondo piano rispettoall’attenzione per gli interessi individuali e privati che vengono raggiuntiattraverso scambi di risorse materiali e simboliche. Gli attori politicipartecipano attivamente alle azioni di contrattazione tra i diversi interessiin campo conferendo favori e risorse a gruppi specifici in cambio disupporto politico.

modello di governance corporativo: i diversi attori pubblici e privati

siedono, con pari capacità contrattuale, allo stesso tavolo per la

costruzione consensuale di obiettivi condivisi. In questo modello gli attoripubblici e privati sono coinvolti in attività di negoziazione per ilraggiungimento di compromessi tra interessi diversi. Il perseguimento ditali obiettivi è però realizzato attraverso la definizione di coalizioniesclusiviste. Vi è insomma la presenza di soggetti privati dominanti cherischia di non dare adeguato spazio agli interessi di soggetti più deboli cheperseguono obiettivi settoriali.

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modello di governance manageriale: introduce principi regolativi volti

all’efficacia e all’efficienza nella gestione degli interessi pubblici. Lacompetizione fra fornitori di servizi e la valorizzazione della sceltadell’utente rappresentano i temi guida del “New Public Management”che caratterizza questo modello di governance. Le relazioni fra attoripolitici e gli interessi privati dei fornitori dei servizi si distinguono per laformalità e la dimensione contrattuale burocratica.

modello di governance pluralista: si distingue per l’elevata

competizione fra i diversi interessi in campo con l’attore istituzionale

che ricopre il ruolo di mediatore. A causa degli alti livelli di tensione frale opposte posizioni politiche viene data particolare enfasi alla capacitàdi gestione dei conflitti. La volontà e la capacità di contrattazionediventano aspetti fondamentali nella cultura politica.

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modello di governance partecipativo: si caratterizza per l’inclusione di

ampia parte della società civile nella definizione, gestione e

implementazione delle politiche.La logica messa in campo dall’attore istituzionale è di tipo democratico-inclusivo finalizzata ad incoraggiare la partecipazione di individui e gruppiai processi di governo. Gli attori chiave sono i politici elettidemocraticamente e gli attivisti appartenenti ai diversi gruppi sociali checercano di istituzionalizzare i meccanismi di controllo popolare dellepolitiche.

modello di governance populista: si caratterizza, invece, per la

mobilitazione del supporto popolare nella definizione e

implementazione delle politiche. La logica che guida l’attore istituzionaleè anche in questo caso di tipo democratico inclusivo, ma finalizzata allacreazione del consenso. Gli attori chiave sono i politici, elettidemocraticamente, e gli attivisti appartenenti ai diversi gruppi checercano di allargare il controllo popolare attraverso meccanismi dicreazione e gestione del consenso

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in terzo luogo permette che, attraverso il confronto e la dialettica, vi sia unaampia legittimazione degli esiti del processo decisionale e pone le condizioniper prevenire/gestire condizioni di criticità sociale più o meno latenti

la governance nei processi di programmazione sociale rispo ndea tre esigenze

in secondo luogo sostiene la funzione di integrazione tra le diverse politichee le variegate istanze presenti in una comunità e valorizza la loro tensionestrategica

in primo luogo concretizza il principio della sussidiarietà orizzontale

realizzando il coinvolgimento (e quindi promuovendo il ruolo) delleautonomie sociali presenti su un territorio

la consistenza della governance si correla direttamente dalla

qualità della partecipazione

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informazione unidirezionale (non è partecipazione)

consultazione bidirezionale, asimmetrico non implica “condivisione”

negoziazione bidirezionale, settoriale, non ricerca la condivisione mapunti di equilibrio non conflittuale

concertazione bidirezionale, sistemica, orientata alla condivisionecooperativa

Nei percorsi della programmazione territoriale la partecipazione

degli attori sociali può aver luogo in vario modo

la qualità della partecipazione degli attori sociali trova indicatorisignificativi nelle variabili “come” e “quando”

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fasi del processo di programmazione

form

e d

ella

pa

rteci

pazi

one

cons

ulta

zio

ne

co

nce

rta

zio

ne

definizione degli obiettiv i organizzazione delle prestazioni

partecipanti come comparse il coinvolgimento è finalizzato alla

acquisizioni di informazioni

partecipanti come strumenti operativi

il coinvolgimento è finalizzato all’impiego come gestori dei servizi

partecipanti come protagonisti

il coinvolgimento è finalizzato alla condivisione degli obiettivi e

delle scelte

il coinvolgimento è finalizzato ad una partnership operativa

(coprogettazione)

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oltre che dalle modalità e dai luoghi in cui la partecipazione si

realizza (qualità della partecipazione), la densità della

GOVERNANCE è funzione di almeno altre 4 variabili

- il tempo che il soggetto pubblico riserva ai processi partecipativi

- le informazioni che le istituzioni rendono accessibili/disponibili agliinterlocutori

- la competenza/capacità programmatoria degli attori sociali

queste variabili, che risultano decisive per l’efficienza della

governance, costituiscono altresì le questioni che la rendono

indubbiamente ‘faticosa’

- la formalizzazione delle procedure

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In particolare, le fatiche dipendono dal fatto che la governance ...

presuppone la disponibilità da parte di tutti ad una attenta valutazionedelle rispettive proposte e obiezioni

richiede che la dialettica e la ricerca di un orizzonte condiviso possanocrescere e maturare attraverso il confronto e quindi necessita di un congruoinvestimento in termini temporali

deve prodursi in un contesto nel quale sia attivata una adeguatacircolazione dei dati significativi per il processo decisionale e quindi siarealizzato un tendenziale annullamento delle asimmetrie informative diposizione

comporta che gli attori sociali coinvolti abbiano un’adeguata conoscenza deimeccanismi della programmazione e siano dunque in grado di essere parteattiva del percorso, visto che peraltro acquisiscono una sostanzialecorresponsabilità sulle scelte effettuate

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Se la governance è un modello di relazioni complesso e faticoso per tutticoloro che vi sono coinvolti, perché rimane comunque auspicabile ?

Il valore della governance si collega al fatto che se essa è

sufficientemente sviluppata consente …

- la codificazione e la valorizzazione di un flusso informativo sui bisogniemergenti, sulle trasformazioni della domanda sociale e sulle attese diwelfare

- una solida legittimazione sociale della prospettiva strategica assunta edelle scelte di breve-medio periodo che da essa derivano

- il prodursi negli attori sociali di un orientamento positivamente dialetticoe propositivo piuttosto che isomorfico (spesso presente nel terzo settore) orivendicativo (spesso presente nelle parti sociali)

- la ampia condivisione delle priorità sociali su cui intervenire e dellesoluzioni da adottare, con una forte responsabilizzazione degli attori nonistituzionali

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LE LOGICHE DELLA PROGRAMMAZIONE NELLA 328/2000

ART. 1 PRINCIPI GENERALI E FINALITA’

3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi

sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà,cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria epatrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa eregolamentare degli enti locali.

4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono

e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi dellacooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e deglienti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delleconfessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nelsettore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato

di interventi e servizi sociali.

6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle

organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il

raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.

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IL PIANO DI ZONA

LO STRUMENTO DELLA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE

IN QUALE CONTESTO SI DEFINISCE

I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), atutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali,provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gliinterventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cuiall’articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona

i comuni associati …..

- talvolta coincidenza con i distretti sanitari

- vario dimensionamento della popolazione negli ambiti territoriali

- varia numerosità dei comuni ricompresi nell’ambito

- il caso delle grandi città (e il caso di Roma)

Legge 328/2000 art. 19

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soggetti istituzionali cui compete la costruzione del piano di zona

organismi territoriali di natura politica (sindaci, assessori dei comuni delterritorio) con il supporto delle relative strutture tecnico-amministrative

mero supporto tecnico agli organismi politici, segreteria, coordinamento formale per la redazione del pdz

snodo progettale e organizzativo,centro di imputazione per l’intero processo di costruzione del pdz,

coordinamento organizzativo del processo, sede di monitoraggio e valutazione

camera di compensazione tra le esigenze locali e gli obblighi zonali

ufficio di piano (funzionari e responsabili dei servizi comunali e dell’ASL, professionisti delsociale che lavorano nei servizi, esperti di programmazione

da chi viene materialmente redatto il piano di zona

quale ruolo può rivestire l’ufficio di piano

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questione di estrema rilevanza

IL RAPPORTO TRA LA DIMENSIONE POLITICA E LA DIMENSIONE TECNICA

Nella costruzione del PdZ quale ruolo viene assunto dalla parte politica?

Decide a priori il contenuto sostanziale del Piano

Collabora con i tecnici per la definizione del contenuto del Piano

Concerta con il terzo settore il contenuto del Piano

Concerta con le parti sociali/sindacati il contenuto del Piano

Si disinteressa

Nella costruzione del Piano di Zona i rapporti tra la parte politica e la

parte tecnica possono configurarsi in uno dei seguenti modi:

i tecnici sono sostanzialmente esecutori delle scelte politiche

le scelte politiche si avvalgono di una mediazione tecnica

vi è una partnership dialogante

i politici si affidano alle indicazioni del tecnico

il governo delle decisioni è essenzialmente tecnico

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i contenuti delle slides che seguono fanno in parte

riferimento ai testi di esame e in particolare a:

- Bertin Fazzi pp.83-110

- Burgalassi pp.50-57

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LE FINALITA’ DEL PIANO DI ZONA

a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi eprestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorselocali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadininella programmazione e nella verifica dei servizi

b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalleforme di concertazione di cui al comma 1, lettera g)

welfare community

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I CONTENUTI DEL PIANO DI ZONA

a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per larelativa realizzazione

b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, irequisiti di qualità

c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo

d) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle

amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziariae della giustizia

e) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti

nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse dellacomunità

f) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti del

terzo settore

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Per la costruzione del PdZ

- il processo non deve essere visto in termini meramente amministrativi (e di adempimentoformale) ma deve prevedere l'attivazione di azioni responsabilizzanti, concertative,

comunicative che coinvolgano tutti i soggetti in grado di dare apporti nelle diverse fasiprogettuali;

- l'attenzione va concentrata, in primo luogo, sui bisogni e sulle opportunità da garantire e,solo in secondo luogo, sul sistema di interventi e servizi da porre in essere;

- devono essere valorizzate le risorse e i fattori propri e specifici di ogni comunità locale e diogni ambito territoriale: ciò al fine non solo di aumentare l'efficacia degli interventi, ma anchedi favorire la crescita delle risorse presenti nelle singole realtà locali;

- particolare attenzione deve essere riservata, sin dalle prime fasi della programmazione, allecondizioni tecniche e metodologiche che consentono di effettuare (successivamente)

valutazioni di processo e di esito;

- vanno puntualmente definite le responsabilità, individuando, negli "accordi di programma",gli organi e le modalità di gestione ed esplicitando le azioni da porre in essere nei confronti deisoggetti eventualmente inadempienti.

IL PIANO DI ZONA SECONDO LE INDICAZIONI DEL PNSS

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Nella pratica del processo programmatorio trovano compimentocinque tipi di attività

1. una attività politica

2. una attività osservativo-interpretativa

3. una attività comunicativo-dialogica

4. una attività decisionale

5. una attività organizzativa

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Nell’esperienza concreta dei piani di zona il percorso dellaprogrammazione sociale che si realizza nella dimensione localeassume un profilo tipico articolato in sei passaggi.

La fase di avvio del processo prende corpo con iniziative di informazione e

coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati, formali e informali, a vario titolointeressati alla programmazione sociale, nonché con l’individuazione degli spazi

nei quali si svolgono il dialogo e il confronto con le altre componenti dellasocietà civile.

La seconda fase corrisponde al momento dell’individuazione dei punti di

riferimento che guidano e orientano il processo programmatorio. Prima diessere un elenco di obiettivi e programmi o un assetto organizzativo, il piano dizona è un progetto politico che porta con sé un confronto sui valori e sullevocazioni che animano la comunità locale e su come questo patrimonio si conciliacon le istanze del cambiamento.

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La terza fase prende forma attraverso la definizione di una base conoscitiva cherenda disponibile ai protagonisti diretti e indiretti del processo programmatorio siail quadro dettagliato della domanda sociale e delle attese presenti nella comunitàlocale, sia la trama dell’offerta di servizi pubblici e privati già attiva sul territorio

La quarta fase si sostanzia nell’identificazione degli obiettivi strategici e operativi

del piano, attività di natura prettamente decisionale che richiede all’attoreistituzionale di fare da interconnessione tra le diverse istanze presenti sulloscenario.

La quinta fase è quella in cui le decisioni e le scelte trovano concretizzazione nella

definizione dei loro contenuti operativi. È il passaggio nel quale il piano delinea lastruttura dell’offerta dei servizi sociali, prospettando modelli organizzativi e assettidi produzione delle prestazioni che incarnano le vesti della politica sociale qualisono poi osservate e sperimentate dai cittadini.

La sesta fase si propone come un percorso di accompagnamento all’azione dei

programmi e si realizza attraverso il loro monitoraggio e la verifica dei risultati.

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TIPO DI ATTIVITA’

1 politica

2 osservativo-interpretativa

3 comunicativo-dialogica

4 decisionale

5 organizzativa

La costruzione del PdZ: 5 tipi di attività ….

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FASE CONTENUTI

prima iniziative di informazione e coinvolgimento,

l’individuazione degli spazi nei quali si svolgono il

dialogo e il confronto

seconda individuazione dei punti di riferimento che guidano e

orientano il processo programmatorio

terza definizione di una base conoscitiva

quarta identificazione degli obiettivi strategici e operativi del

piano

quinta le decisioni e le scelte trovano concretizzazione nella

definizione dei loro contenuti operativi

sesta accompagnamento all’azione dei programmi

… e 6 passaggi

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la pratica del processo programmatorio: il caso di Roma

elaborazione del Piano Regolatore Sociale di Roma Capitale con leindicazioni di come devono essere redatti i Piani Sociali dei Municipi

i PSM devono descrivere:- il processo di preparazione, consultazione e concertazione del Piano- il contesto territoriale e il profilo socio-demografico del territorio e della

comunità locale- il capitale sociale e le risorse del municipio- le domande e i bisogni sociali della popolazione- i principi, le finalità e le strategie- la programmazione dei servizi e degli interventi sociali- l‘ufficio di piano e le azioni di sistema- l‘integrazione delle politiche sociali con le altre politiche di sviluppo locale- la programmazione delle risorse- il processo di attuazione e revisione del Piano

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Piano Regolatore Sociale ROMA 2011-2015.pdf

PSM municipio IX.pdf

PSM municipio XII.pdf

il quadro regolativo di Roma Capitaleviene inquadrato il contesto normativo e organizzativo di riferimento, forniteinformazioni di sistema sulle caratteristiche e sulla eterogeneità della realtàromana, descritto il quadro delle risorse umane e finanziarie disponibili

viene fornita la struttura per la redazione dei PSM

due esempi di programmazione territorialele indicazioni del PRS sono abbastanza stringenti ma insistono su territorivariegati nonché su tradizioni e approcci programmatori differenziati

l‘analisi di due casi evidenzia come gli stili e i contenuti della programmazionepossono variare anche all’interno di un quadro comune

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i contenuti delle slides che seguono fanno in parte

riferimento ai testi di esame e in particolare a:

- Giovannetti, Gori, Pacini pp.57-86

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la organizzazione delle attività previste

dal piano di zona

ASSETTI GESTIONALI gestione singola diretta

gestione associata diretta

gestione indiretta

TIPOLOGIE DI PRODUZIONE autonoma

esternalizzata

modalità più diffusagestione associata diretta con esternalizzazione delle produzione

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Possibili modalità di gestione dei servizi

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Possibili modalità di produzione dei servizi

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esternalizzazione del servizio

committenzaproduzione

attore istituzionaleterzo settore

distinzione tra …

programma finanzia, controllarealizza, eroga

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i contenuti delle slides che seguono fanno in parte

riferimento ai di esame e in particolare a:

- Bertin Fazzi pp.111-180

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Contracting Out

Convenzione

Acquisto di Servizi

la esternalizzazione dei servizi al terzo settore

GLI STRUMENTI

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CONTRACTING OUT

appalto

… ma spesso riservata alle sole cooperative sociali

bando di concorso

LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI AL TERZO SETTORE

GLI STRUMENTI

dpcm 30 marzo 2001 Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328NB Il testo in BLU nella slide è ripreso dal dpcm

procedura concorsuale pubblica

i comuni possono indire istruttoriepubbliche per la coprogettazione diinterventi innovativi e sperimentali sucui i soggetti del terzo settoreesprimono disponibilità a collaborarecon il comune per la realizzazione degliobiettivi

I comuni, ai fini della preselezione dei soggetti presso cuiacquistare o ai quali affidare l'erogazione di servizi …valutano i seguenti elementi: a) la formazione, laqualificazione e l'esperienza professionale degli operato ricoinvolti; b) l'esperienza maturata nei settori e nei serviz i diriferimentoofferta economicamente più vantaggiosa

Nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza dell'a zione dellapubblica amministrazione e di libera concorrenza tra i priva ti nelrapportarsi ad essa, sono da privilegiare le procedure diaggiudicazione ristrette e negoziate

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DPCM 30 marzo 2001, pubblicato sulla G.U. del 14 agosto 2001, n. 188Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affi damento dei servizi

alla persona ai sensi dell'art. 5 della legge 8 nov embre 2000, n. 328.

Art. 1. Ruolo dei soggetti del terzo settore nella programmazione progettazione e gestione dei servizi alla persona1. Il presente provvedimento fornisce indirizzi per la regolazione dei rapporti tra comuni e loro forme associative con i soggetti del terzo settore ai fini dell'affidamento dei servizi previsti dalla legge n. 328 del 2000, nonché per la valorizzazione del loro ruolo nella attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

Art. 4. Selezione dei soggetti del terzo settore1. I comuni, ai fini della preselezione dei soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare l'erogazione

di servizi di cui ai successivi articoli 5 e 6, fermo restando quanto stabilito dall'art. 11 della legge n. 328 del 2000, valutano i seguenti elementi :a) la formazione, la qualificazione e l'esperienza professionale degli operatori coinvolti;b) l'esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento

2. I comuni procedono all'aggiudicazione dei servizi di cui al comma 1 sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa , tenendo conto in particolare dei seguenti elementi qualitativi:

a) le modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori;b) gli strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro;c) la conoscenza degli specifici problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della

comunità;d) il rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e delle norme in

materia di previdenza e assistenza.

3. I comuni, ai fini delle aggiudicazioni di cui al comma 2, non devono procedere all'affidamento dei servizi con il metodo del massimo ribasso .

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Art. 5. Acquisto di servizi e prestazioni1. I comuni, al fine di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali garantendone ilivelli essenziali, possono acquistare servizi e interventi organizzati dai soggetti del terzo settore.….3. Oggetto dell'acquisto o dell'affidamento di cui all'art. 6 , deve essere l'organizzazionecomplessiva del servizio o della prestazione, con assoluta esclusione delle mereprestazioni di manodopera che possono essere acquisite esclusivamente nelle forme previstedalla legge n. 196 del 1997.

Art. 6. Affidamento della gestione dei servizi1. Le regioni adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra comuni e soggetti del terzosettore nell'affidamento dei servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 tenuto conto dellenorme nazionali e comunitarie che disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte dellapubblica amministrazione.

2. Nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza dell' azione della pubblicaamministrazione e di libera concorrenza tra i privati nel ra pportarsi ad essa, sono daprivilegiare le procedure di aggiudicazione ristrette e ne goziate. In tale ambito le procedureristrette permettono di valutare e valorizzare diversi ele menti di qualità che il comune intendeottenere dal servizio appaltato .

Art. 7. Istruttorie pubbliche per la coprogettazion e con i soggetti del terzo settore1. Al fine di affrontare specifiche problematiche sociali, valorizzando e coinvolgendo attivamente isoggetti del terzo settore, i comuni possono indire istruttorie pubbliche per la coprog ettazione diinterventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del t erzo settore esprimono disponibilità acollaborare con il comune per la realizzazione degli obiett ivi . Le regioni possono adottare indirizziper definire le modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche nonché per laindividuazione delle forme di sostegno.

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CONVENZIONE

Legge 266/91

il terzo settore ha un ruolo gestionale derivante soprattut to da affidamenti diretti esostenuto da un forte legame territoriale

(MODELLO DEL MUTUO ACCOMODAMENTO)

affidamento diretto

LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI AL TERZO SETTORE

GLI STRUMENTI

Normalmente una convenzione è caratterizzata da prestazioni corrispettive .Da una parte, vi è un ente pubblico che è interessato allo svolgimento dideterminate attività che però direttamente non intende rea lizzare . Dall’altra viè un’organizzazione di volontariato disponile ad operare e che, pe r leprestazioni ed i servizi erogati, si accontenta del rimborso d elle spese (nonnecessariamente documentate).

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Legge 266/1991 legge quadro sul volontariato

Art. 7. Convenzioni

1. Lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato …. che dimostrino attitudine e capacità operativa.

2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.

3. La copertura assicurativa è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.

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VOUCHER

monetizzazione dei servizi

accreditamento

SCENARIO DI QUASI MERCATO

CICLO DI PRODUZIONE TOTALMENTE ESTERNO AL PUBBLICO

ACQUISTO DI SERVIZI

LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI AL TERZO SETTORE

GLI STRUMENTI

Buono di valore monetario distribuito dall’attore istituzionale a singoli cittadini per lafruizione di specifici servizi offerti sul territorio. L’assegnazione del voucherpresuppone il riconoscimento del diritto alla prestazione da parte del beneficiario erisponde al principio di sussidiarietà. I beneficiari infatti si rivolgono autonomamentea soggetti privati che erogano servizi in regime di concorrenza (amministrata)

COMPETIZIONE = CRESCITA DELLA QUALITA’

SUSSIDIARIETA’ = LIBERTA’ DI SCELTA

PROCEDURA ATTRAVERSO LA QUALE UN ENTE PUBBLICO DETERMINA I REQUISITIORGANIZZATIVI E DI QUALITA’ NECESSARI AI SOGGETTI PRIVATI CHE INTENDANO EROGARESERVIZI PER CONTO DEGLI ATTORI ISTITUZIONALI. Nel caso di servizi semiresidenziali oresidenziali l’accreditamento presuppone l’AUTORIZZAZIONE

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EE.LL.

SOGGETTO ESTERNO (terzo settore affidatario) Beneficiario / UTENTE

CONTRACTING OUT

EE.LL.

SOGGETTO ESTERNO (terzo settore accreditato)

Beneficiario / CLIENTE

ACCREDITAMENTO

Il sistema delle relazioni nei modelli di esternali zzazione

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i contenuti delle slides che seguono fanno in parte

riferimento ai di esame e in particolare a:

- Burgalassi pp.79-94

- Giovannetti, Gori, Pacini pp.87-97

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la spesa per i servizi sociali

spesa comunale procapite

120 euro (ma con forti variazioni regionali)

circa il 25% della spesa è a carico degli utenti

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incidenza della spesa per area di intervento

alcune voci di dettaglio- spesa media per utente in servizi residenziali per famiglia e minori 14.000 euro- spesa media per utente in servizi residenziali per disabili 11.000 euro

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6.4666.958

7.3747.677

8.231 8.5608.171 7.930

7.800

7931.130 1.160 1.365 1.203

979

324 51

617 748 847

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

spesa complessiva per i servizi sociali

risorse nazionali per i servizi sociali

il finanziamento dei servizi sociali

comuni

regioni

2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fondo Nazionale Politiche Sociali 656.451.000 518.226.000 380.222.000 178.584.000 11.000.000 300.000.000 262.000.000 313.000.000

Risorse destinate ai comuni per infanzia 43.900.000 43.700.000 40.000.000 35.200.000 40.000.000 39.167.000 30.000.000 28.700.000

Fondo per la non autosufficienza 300.000.000 400.000.000 380.000.000 100.000.000 0 275.000.000 340.000.000 400.000.000

Fondo inclusione immigrati 100.000.000 0 0 0 0 0 0

Fondo politiche giovanili 60.000.000 60.000.000 37.500.000 0 0 3.000.000 16.000.0005.000.000

Fondo sostegno locazioni (legge 431/98) 205.000.000 181.000.000 141.000.000 10.000.000 0 0 100.000.000 100.000.000

1.365.351.000 1.202.926.000 978.722.000 323.784.000 51.000.000 617.167.000 748.000.000 846.700.000

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il welfare comunale in un’epoca di crisi

- la forbice tra domanda sociale e risorse disponibili

- le strategie di contenimento della spesa

- la razionalizzazione dell’offerta sociale

- l’impatto della nuova ISEE

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domanda sociale e impatto sulle risorse disponibili

alcune delle recenti emergenze sociali (temporanee e strutturali)

- nel 2014 circa 1,5 milioni di famiglie (4,1 milioni di persone) in condizioni dipovertà assoluta → crescita esponenziale delle richieste di assistenzaeconomica rivolte ai comuni, calo del gettito da compartecipazioni; inoltre,come conseguenza, vi sono stati circa 70.000 sfratti per morosità →emergenza abitativa, sistemazioni provvisorie a carico dei comuni, rischi diallontanamento minori ….

- aumento della popolazione anziana in condizione di parziale o totale nonautosufficienza → crescita della domanda di prestazioni assistenzialidomiciliari, semiresidenziali e residenziali

- crescita delle condizioni di disagio minorile soprattutto nell’ambito difamiglie numerose o immigrate → esigenza di interventi su minori (onerosi espesso obbligati da disposizioni dell’A.G.)

- il contrasto tra “diritti soggettivi” e “diritti condizionati” (esempio:l’assistenza scolastica ai disabili)

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la forbice tra domanda sociale e disponibilità di risorse

per fronteggiare questa forbice i comuni si trovano nella necessità di

razionalizzare l’offerta di prestazioni- riduzione dei servizi effettuati (varie modalità: taglio dei trasferimenti monetari, chiusura dei servizi di più recente attivazione o con target molto specifici, …)- esternalizzazione con procedure a massimo ribasso- trasformazione della natura delle prestazioni erogate (passaggio da servizi a trasferimenti, con margini anche significativi di risparmio)

contenere la spesa- modifica delle soglie di accesso ai servizi- introduzione o innalzamento del livello di compartecipazione ai costi della prestazioni- applicazione della nuova ISEE

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alcune possibili implicazioni della nuova ISEE

il quadro precedente: i decreti 109/1998 e 130/2000

i cambiamenti introdotti dalla nuova ISEE:- vengono considerati nel reddito anche la pensione di invalidità, l’indennità di accompagnamento …- il beneficiario delle prestazioni viene considerato componente del nucleo familiare e non preso a sé

le possibili conseguenze:- i comuni possono applicare livelli di compartecipazione più elevati- diminuiscono drasticamente i soggetti a totale carico dei bilanci comunali (esempio RSA)- coinvolgimento delle famiglie, alienazione case di proprietà …

i rischi del contenzioso amministrativo

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governare la ricalibratura del welfare comunale

- strategie e strumenti per gestire la ricalibratura

- governance e partecipazione

- legittimare il governo del cambiamento

- attivare le risorse delle comunità locali

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Il governo della ricalibratura si propone con due orizzonti:

- nel medio-lungo termine può determinare la riconfigurazione delsistema di welfare comunale

- nell’immediato si deve però misurare con la razionalizzazionedell’offerta e il contenimento della spesa

Con quali strategie e con quali strumenti gestire l’orizzonte di breve

periodo?

Le parole chiave sono governance e partecipazione (da utilizzaresia nella dimensione della politica sia nella azione tecnico-amministrativa)