progetto della nave

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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” FACOLTA’ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA NAVALE (CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA INDUSTRIALE N.10) DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA NAVALE APPUNTI DI PROGETTO DELLA NAVE (TRATTI DA PROGETTO DELLA NAVE PROF. Giulio Russo Krauss) PROF. CARLO BERTORELLO MARIO POLITO RUSSO GIOVANNI MARIGLIANO SALVATORE CORCIONE MARCO ANNO ACCADEMICO 2011/2012

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progetto della nave, corso

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”

FACOLTA’ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA NAVALE

(CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA INDUSTRIALE N.10)

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA NAVALE

APPUNTI DI PROGETTO DELLA NAVE

(TRATTI DA PROGETTO DELLA NAVE PROF. Giulio Russo Krauss)

PROF. CARLO BERTORELLO

MARIO POLITO

RUSSO GIOVANNI

MARIGLIANO SALVATORE

CORCIONE MARCO

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

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INTRODUZIONE.

La nave (in inglese è femminile e non neutro ed è l’unico oggetto che legalmente ha un nome) è un veicolo che può operare nel trasporto di beni e/o persone, in ambito militare a paramilitare, per servizi speciali o per il diporto. Il progetto della nave varia notevolmente a seconda dello scopo a cui è adibita, ma in linea di massima i dati di progetto principali sono: tipo e quantità di carico pagante, velocità di esercizio (e velocità massima per navi militari) ed autonomia. Il progetto deve soddisfare il profilo di missione minimizzando i costi.

La nave è in competizione con i mezzi di trasporto aerei e terrestri: la scelta dell’uno o dell’altro mezzo di trasporto dipende in linea di massima dalla velocità, dal costo, dalla lunghezza del trasferimento, dalla capacità di carico e dai tempi di caricazione e discarica.

Nella Fig. 1 sono diagrammati i valori della potenza specifica (rapporto tra potenza e stazza lorda => energia specifica per unità di peso di merce trasportata in funzione della velocità di esercizio) per diversi veicoli. Questo parametro incide fortemente sui costi di investimento e d’esercizio. Su tratte molto lunghe il traffico di persone avviene quasi esclusivamente per via aerea in quanto l’elevato valore di potenza specifica (e quindi di costo) è accettato solo per il notevole risparmio di tempo. Su tratte di media lunghezza entrano in gioco anche i treni ed i veicoli gommati e la scelta è influenzata anche dai tempi accessori (trasferimenti e tempi di imbarco o sbarco). Per quanto riguarda il traffico di beni, l’aereo è utilizzato solo per beni pregiati e/o rapidamente reperibili ed in ogni caso poso pesanti e/o ingombranti. Su tratte di media-piccola lunghezza sono in competizione tra loro TIR e treni: spesso si preferisce il TIR in quanto offrono un collegamento porta a porta con orari abbastanza flessibili. In entrambi i casi c’è la limitazione della capacità di carico. Completamente diverso è il caso del trasporto con navi: le navi si sono specializzate negli ultimi decenni per tipologie di carico, possono trasportare enormi quantità di merci ed hanno costi abbastanza contenuti se non si richiedono alte velocità di trasporto. In particolare la velocità è condizionata dal rapporto con la radice quadrata della lunghezza della nave: se la nave è molto lunga deve essere necessariamente poco veloce per non incorrere in aumenti di resistenza notevoli.

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Capitolo 1 – IL PROGETTO DELLA NAVE

1.1 – Introduzione

La nave è una delle più complesse opere di ingegneria. Opera in un ambiente particolare e mutevole e soggetto ad agenti atmosferici, lontano dalla terra. Essa viene progettata in tempi ridotti in quanto le richieste cambiano con l’economia, con il commercio e con la tecnologia. L’efficienza operativa diventa minima in media dopo 20 anni. Siccome la normativa internazionale è in continua evoluzione, il progettista deve rispettare quella in vigore e soprattutto sapere dove sono orientati i cambiamenti che probabilmente verranno adottati. Essendo le navi fortemente specializzate, la produzione non avviene in serie e ciò innalza fortemente i costi e soprattutto non permette di controllare i prodotti nel tempo. Siccome operano lontane della terraferma (e quindi dai soccorsi), è necessario che presenti una buona sicurezza intrinseca nei confronti di danni strutturali, allagamenti, incendi e così via.

Prima di iniziare a descrivere tutti i punti in cui si articola un progetto, è opportuno far riferimento a due schemi semplificativi di tutte le procedure che andremo a trattare nello specifico, ed in particolare: uno schema a blocchi, ed una classica spirale di progetto, entrambi iguardanti le fasi del progetto di una nave.

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1.2 – Studio di fattibilità

(con riferimento alla spirale, il punto A rappresenta la fine dello studio di fattibilità, mentre il segmento A-B rappresenta tutta la fase dei colloqui tra i rappresentanti della società armatrice e quelli del cantiere, finalizzati a definire nel miglior modo i dati di progetto).

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Ha lo scopo di esaminare cosa dovrà fare la “nuova” nave per inserirsi nello specifico segmento di traffico a cui la società armatrice vuole attingere. La società armatrice, sulla base dei risultati della propria attività, dall’andamento dei traffici marittimi nel cui ambito opera, delle prospettive di sviluppo che lo stesso presenta, e considerate le situazioni finanziarie, può decidere di dotare la propria flotta di una nuova unità. Si deve allora esaminare quali caratteristiche generali la nuova nave dovrà avere per svolgere un lavoro più vantaggioso possibile; si tratta in pratica di definire il profilo di missione della nave. Se la nave da realizzare è di tipologia uguale a quella di altre navi della società armatrice, allora si tratta di studiare se è opportuno o meno commissionare una nave gemella (o quasi) di un’altra già posseduta. Se invece, la nave da realizzare è diversa da quelle già esistenti appartenenti alla flotta, vengono studiate diverse ipotesi ed analizzate le ricadute in termini economici. Per tali studi di simulazione, stante le loro caratteristiche ripetitive ed il notevole numero di variabili , sono particolarmente idonei i calcolatori elettronici e specifici software: Tale software di simulazione richiede una serie di dati che in generale (riferimento a navi da carico) riguardano:

- Il carico (tipo, caratteristiche, fattore di stivaggio………..); - Le navi (portata, dimensioni, velocità, potenza,………..); - Le rotte - I porti (distanza tra porti, tariffe, tempi, costi…….)

Avuti questi input, il programma di simulazione è in grado di valutare:

- Tempi di trasferimento e di sosta; - Quantitativo di carico da trasportare e di combustibile consumato; - Costo di costruzione della nuova unità (o n unità), costi operativi, flotta, guadagni

provenienti da noli.

1.3 – Progetto di concetto

(percorso B-C della spirale, il punto C rappresenta un momento importante, perché simboleggia l’incontro in cui, accertata la realizzabilità della nuova nave, si pongono le basi affinchè la nuova nave venga effettivamente realizzata.)

Ha lo scopo di esaminare la richiesta della società armatrice e di studiare, sommariamente e rapidamente, come dovrà essere la “nuova” nave, cioè, come da un punto di vista ingegneristico, quanto richiesto dalla società armatrice dovrà essere fatto. Nel progetto di concetto quindi ha primaria importanza il soddisfacimento dei requisiti imposti dall’armatore (dati di prog.), e secondariamente quanto è prospettato dalla società armatrice riguardo preferenze e desideri. Gli aspetti economici interessano soprattutto per contenere i costi di costruzione in modo da acquisire la commessa assicurando un congruo utile per il cantiere. Il progetto di concetto presenta non poche difficoltà in quanto le scelte (x esempio dimensioni principali) possono essere idonee per soddisfare un requisito (x esempio capacità di carico), ma possono non esserlo

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per altri requisiti (x esempio contenuta resist. al moto), pertanto la difficoltà sta proprio nel mediare tra i vari espedienti per poter fornire nel più breve tempo possibile il progetto di concetto che soddisfi le esigenze armatoriali, e che nello stesso tempo contenga una stima (prog. di larghissima massima) della morfologia generale della nave e dello scafo (dim principali, coeff finezza, potenza, diametro elica……..). Quando il progetto di concetto ha raggiunto un livello tale in cui si ha la ragionevole certezza che tutti i requisiti vincolanti (fissati dall’armatore e tipici di una nave) possono essere soddisfatti da tutte le diverse navi che l’iter ha prodotto, se ne esegue un attenta valutazione e si cerca di ridurne il numero per avere solo alcune opzioni (navi) e cioè restringere ulteriormente i campi di variabilità delle diverse grandezze considerate. Ciò fatto, si può considerare concluso il progetto di concetto; questo comporta che durante la fase successiva, cioè durante il progetto per l’offerta, possano variare solo nell’ambito di limiti fissati, i parametri sinora prestabiliti.

1.4 – Progetto per l’offerta

(percorso C-D, processo iterativo di elaborazione e di affinamento nel quale l’idea acquista consistenza nel suo complesso, in generale, ed in alcuni suoi aspetti essenziali, in dettaglio; il punto D in particolare rappresenta la presentazione del progetto per l’offerta alla società armatrice.) Parte da qual ristretto numero di navi le cui caratteristiche fondamentali ed importanti possono variare in campi abbastanza ristretti; si compone di: progetto di larga massima, progetto di massima e progetto per l’offerta. Tutti gli insiemi di temi vengono affrontati, anche se alcuni di essi sono appena sfiorati (tipo le vibrazioni), ma con diversa attenzione ed approfondimento. Nel progetto per l’offerta vengono portati avanti i diversi progetti di concetto ed il loro numero si riduce a man mano che vengono trattati altri temi dei diversi settori, fino ad arrivare (progetto di massima) a determinare: dimensioni principali, potenza propulsiva, dislocamento, suddivisione dei volumi, stima stazza lorda e netta, stabilità, proporziona mento strutture, peso scafo, allestimento, apparato motore e consumabili………infine si elabora una valutazione dei costi e dei tempi di realizzazione. Il progetto per l’offerta si concretizza nella stesura di alcuni elaborati grafici (piani generali, sezione maestra, ecc….) e di una relazione; il progetto viene poi discusso con i rappresentati della società armatrice e viene formulata una ipotesi di offerta economica. Prima dell’avvento e della larga diffusione dei calcolatori elettronici, il progetto per l’offerta si basava soprattutto sull’esperienza e sulla pratica acquisita dall’ufficio studi del cantiere; in tempi moderni invece, i calcolatori ed i programmi di calcolo consentono di svolgere analisi parametriche sistematiche con il fine di determinare i valori ottimali delle dimensioni principali e di altre grandezze importanti , e stante la rapidità di calcolo del computer è possibile considerare un numero maggiore di parametri, variabili simultaneamente, ed esaminare la loro influenza sulle prestazioni della nave e sul costo di costruzione.

Il progetto per l’offerta è sviluppato in forma abbastanza estesa, ma non in dettaglio, per essere certi che esso sia tecnicamente valido e soddisfi tutti i requisiti anche senza aver studiato ogni sistema ed ogni impianto in modo approfondito e definitivo. Quando si giunge a

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questa certezza e, quindi, il progetto per l’offerta è giudicato soddisfacente, sia per il cantiere che soprattutto per l’armatore (anche sotto l’aspetto economico), il lavoro viene dichiarato concluso e l’offerta può essere formulato ufficialmente all’armatore. Il progetto per l’offerta segue una procedura molto più difficoltosa e articolata di quello di concetto, e la maggior parte del lavoro è comunque basata sull’esperienza e su scelte progettuali dettate in particolar modo dalle capacità dei progettisti, salvo determinate linee guida e strumenti di calcolo che potremmo definire di utilizzo standard quali:

- Elementi guida nel progetto per l’offerta Il progetto della nave in generale, ed in particolare quello per l’offerta ha la caratteristica di essere flessibile nel senso che nessuna grandezza deve assumere un preciso valore; ciò comporta che tutto può essere scelto, ma ogni singola scelta condiziona altre scelte, per cui vi è costantemente la necessità di adottare compromessi, di operare e di verificare, il tutto in tempi brevi. È evidente che l’esperienza maturata dal progettista gioca un ruolo fondamentale, ed è impossibile tentare di esporre quale debba essere la guida comportamentale da seguire in questa fase del progetto, tuttavia si possono evidenziare alcuni punti che canonicamente è opportuno seguire, quali: esaminare attentamente i requisiti ed i vincoli imposti dalla società armatrice, definire cosa impone la normativa internazionale, definire cosa impone la prassi consolidata e le tendenze in atto, tenere conto nelle scelte che si fanno della sicurezza della nave, avere sempre presente che ogni funzione ed ogni servizio di bordo deve essere efficiente, ricordarsi sempre che ciò che si calcola e si disegna deve essere realizzato.

- Programmi elettronici di ausilio Tali software riducono enormemente i tempi di calcolo, e consentono di analizzare un gran numero di alternative con molte variabili. Dal CAD e da CAM, si è passati al CEM (concept exploration model) il quale può essere considerato come una famiglia di programmi a disposizione del progettista navale che oltre ad inserire i dati imposti dall’armatore (tipo nave, velocità……), definisce i campi di valori che devono essere esplorati per le grandezze principali e per alcuni coefficienti. Il calcolatore elabora un gran numero di alternative di progetto combinando insiemi di valori appartenenti ai campi fissati, scartando quelle combinazioni che portano a progetto preliminari che non soddisfano i requisiti fondamentali imposti dall’IMO per la stabilità a nave integra, e quelli fissati dalla Convenzione Internazionale sul Bordo Libero, ed infine tra le alternative proposte, l’operatore sceglie quelle che soddisfano meglio i requisiti imposti dall’armatore. La caratteristica principale del programma CEM è che esso non contiene un unico modello matematico che governa ogni passaggio del lavoro di progettazione, ma di tanto in tanto, chiede all’operatore di intervenire con proprie scelte in maniera tale che alla fine il risultato risulta in buona quota parte frutto delle scelte del progettista.

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1.5 – Progetto di Contratto

(percorso D-E, durante questa fase viene elaborata anche la specifica tecnica e tutti quei disegni che faranno parte integrante del contratto; in particolare il punto E rappresenta una fase di colloqui tra i rappresentanti della società armatrice ed il cantiere in cui si valutano tutte le scelte ingegneristiche e si trova un riscontro in ambito economico ed in quello dei tempi di realizzazione.) Le diverse offerte presentate alla società armatrice dai vari cantieri interpellati, vengono esaminate sia in relazione al prezzo (ancora indicativo), sia alle modalità di pagamento e tempi di consegna e sia per le scelte ingegneristiche; dopodiché se ne scelgono pochi validi (lista corta) e con questi iniziano altre trattative per approfondire le offerte sul piano tecnico ed economico. A seguito di tali approfondimenti la società armatrice individua la propria preferenza per uno dei cantieri candidati e firma con esso un protocollo di intenti, impegnandosi s’ora in avanti a proseguire le trattative solo con esso, ed a questo punto il cantiere prescelto inizia l’elaborazione del progetto per il contratto. Le caratteristiche di base della nave sono ormai definite, molte scelte sono state fatte, molte grandezze sono note (o comunque sono noti i loro ristretti campi di validità) e su di essi non si potrà più ritornare. Occorre a questo punto sviluppare un progetto sufficientemente dettagliato che permetta al cantiere di avere una chiara conoscenza della fisionomia della nave e delle sue parti onde poter stimare, con buona approssimazione, il costo di costruzione ed i tempi di realizzazione. Si tratta di un attività complessa che coinvolge molti specialisti , e poiché il lavoro si concluderà con il contratto di costruzione, occorrerà che l’oggetto del contratto sia ben descritto nel complesso ed in ogni sua parte. Poiché nel contratto non sempre si può, per ogni aspetto tecnico, specificare quanto necessario in modo breve ed efficace, bisognerà approntare una specifica tecnica che costituirà parte integrante del contratto vero e proprio, e per le stesse ragioni vengono sviluppati anche disegni (piano costr, paini generali, piano capacità…), e schemi (tubazioni, impianto elettrico…) anch’essi allegati al contratto e costituenti parti integrante dello stesso. Il progetto per il contratto, essendo una fase ben più avanzata, è molto più dettagliato rispetto alle altre fasi progettuali finora trattate, pertanto oltre alle canoniche caratteristiche, contiene ulteriori specifiche tra cui: studio stabilità, tubolature e condotte, condizionamento, bilancio termico, scelta motori propulsivi, bilancio elettrico, impianto e apparecchiature elettriche, studio della plancia, ecc. ecc. Una volta stilato, viene discusso tra le parti, perfezionato ed integrato, fino a raggiungere una formulazione che soddisfi le parti, ed a questo punto può avvenire la stesura definitiva, che prevederà sicuramente la trattazione dei seguenti argomenti principali: oggetto del contratto, momento in cui il contratto acquista efficacia, regolamenti nazionali ed internazionali da rispettare, modalità sulla proposta delle modifiche, indicazione e modalità delle prove, data e luogo di consegna, prezzo della nave, modalità di pagamento, moneta (di solito dollari), interessi su eventuali ritardi.

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Nei contratti di costruzione navale, di norma, vengono inserite clausole che riguardano il rifiuto della nave, la penalità ed i premi in caso di scostamento tra quanto previsto in contratto e quanto realizzato. Rispetto a quanto pattuito nel contratto si distinguono tre livelli di scostamento, i quali danno luogo a quattro conseguenze diverse:

- Scostamenti superiori, la conseguenza è che la società armatrice può pretendere l’annullamento del contratto e quindi rifiutare la nave;

- Scostamenti fino ad un valore limite, costituiscono un danno per la società armatrice la quale ha diritto ad una somma come risarcimento;

- Scostamenti contenuti, costituiscono un vantaggio per la società armatrice, la quale è tenuta a versare una somma quale premio al cantiere;

- Scostamenti entro margini, nessuna parte può pretendere alcunché dall’altra.

È buona regola, quindi, chiaramente indicare nel contratto i detti limiti che, di solito, riguardano: la portata lorda, capacità volumetrica, velocità, consumo combustibile, caratteristiche di governo, la consegna, le vibrazioni, ecc., così come è buona norma definire come premi e penalità vengono calcolati. Il rifiuto della nave può essere esercitato dalla società armatrice, oltre che nel caso in cui gli scostamenti siano superiori ai limiti chiaramente indicati in contratto, anche se non risulta rispettata la normativa internazionale vigente o quella nazionale prevista; per quanto riguarda le penalità, esse vanno calcolate considerando il danno economico che l’armatore riceverà durante la vita della nave.

1.6 – Progetto Esecutivo

(il nucleo centrale della spirale rappresenta lo svolgimento del progetto esecutivo che si sviluppa in modo da consentire l’inizio della costruzione quanto prima possibile, e facendo sì che essa non debba fermarsi mai per mancanza di disegni costruttivi o comunque di ogni altra cosa che possa precludere il prosieguo della costruzione.) Una volta stipulato il contratto di costruzione, ha inizio la complessa ed articolata fase del progetto esecutivo, che riprende il progetto per il contratto, lo integra, lo definisce in tutte le sue parti, ne sviluppa i particolari costruttivi, il tutto per garantire una corretta realizzazione anche del dettaglio. Il progetto esecutivo in parte precederà l’inizio della costruzione della nave ed in parte si svolgerà durante la costruzione stessa; comprenderà disegni di insieme in numero ed in scala tali da identificare ogni parte, e disegni di tutte le componenti con i particolari costruttivi e con tutte le indicazioni in modo da permettere la realizzazione dell’opera. Oltre a quanto necessario per la realizzazione della nave, vengono elaborate monografie, disegni, manuali per uso e manutenzione, ecc., che saranno dati in dotazione della nave, oltre ancora a documenti indispensabili alla società armatrice per la gestione tecnica della nave.

Via via che il progetto esecutivo procede, vanno eseguiti i computi dei costi di costruzione e dei tempi di realizzazione, vanno confrontati con le previsioni fatte durante l’elaborazione del progetto per il contratto, in modo da avere costantemente sotto controllo il preventivo fatto con il consuntivo che va concretizzandosi; ciò è molto importante, poiché consente da una parte,

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ove mai le cose non vadano come previsto, di prendere i provvedimenti necessari, dall’latra di aggiornare i propri dati di valutazione e di perfezionare i prpri metodi di stima, in modo che l’esperienza abbia riflessi positivi in futuro.

1.7 – Conclusioni

Per il progetto completo di una nave da carico, il totale di giorni-uomo richiesti varia tra 60000 e 80000 a seconda delle dimensioni e delle caratteristiche della nave; il tempo occorrente per ultimare tutte le fasi progettuali è generalmente suddiviso nella seguente maniera:

- Progetto di fattibilità 0,05% - Progetto per l’offerta 0,5% - Progetto di contratto 7,45% - Progetto esecutivo 92%

Per portare a completamento il discorso del capitolo corrente, è opportuno ancora descrivere altri elementi quali: banca dati ad uso del progettista, e la specifica tecnica, che seppur non in maniera decisiva, contornano e ricorrono in ausilio alle varie fasi progettuali sopra descritte.

Banca dati ad uso del progettista

Per poter iniziare il proprio lavoro, il progettista è costretto a fare delle scelte ed a fissare un valore ad alcune grandezze che ritiene più importanti di altre. Via via che procede nel proprio lavoro si ritroverà a fare altre scelte ed a fissare altri valori che , ovviamente, non sono indipendenti da quelle già fatte e che condizioneranno le successive scelte. Percorsi alcuni cicli nella spirale di progetto di concetto, il progettista si vede necessariamente costretto a rivedere le proprie scelte ed a fissare valori diversi da quelli inizialmente assunti; ciò gli impone in pratica di incominciare daccapo il proprio lavoro, anche se su una base meno incerta, è quindi col vantaggio di dover percorrere un numero maggiore di cicli prima di ristopparsi nuovamente per le stesse motivazioni che l’hanno portato alla prima interruzione. Questo procedimento viene ripetuto ed ogni volta il numero di cicli percorsi aumenta, i valori iniziali differiranno sempre meno da quelli precedenti, mentre alcune scelte ed alcuni valori troveranno conferma. Si giunge così ad un certo stadio nel quale i requisiti imposti direttamente dall’armatore (portata, autonomia, velocità, stazza…) sono stati tutti soddisfatti e quelli imposti indirettamente (robustezza, resistenza, stabilità, manovrabilità, tenuta al mare…) sono stati tutti rispettati, a questo punto, è evidente che il progetto rappresenta un giusto compromesso tra i diversi requisiti tenendo conto in modo equilibrato degli aspetti economici e di quelli ingegneristici. Come è facile comprendere, la lunghezza di questo procedimento iterativo, che si sviluppa per successive approssimazioni, dipende essenzialmente dalle doti del progettista e dalla sue esperienza, quest’ultima può accrescere se si osserva e si riflette quotidianamente sul proprio

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lavoro e su quanto prodotto da altri, raccogliendo dati, elaborandoli, annotando osservazioni e riflessioni, e costituendo un archivio o banca dati al quale ricorrere per essere guidato in una scelta; questo lavoro costituirà la memoria e l’esperienza non solo del progettista ma anche del cantiere in cui opera.

Ovviamente ogni cantiere ha un proprio archivio nel quale è ordinato e raccolto tutto quanto relativo a ciascuna nave realizzata; le informazioni necessarie da raccogliere sono i dati di progetto ed i valori di molte altre grandezze, via via determinate durante il progetto, nonché durante le prove in vasca e le prove in mare, quali: dimensioni, coefficienti, baricentri, elenco pesi, volumi, centri di figura, elementi di suddivisione (paratie, ponti, sovrastrutture), app propulsivo ed impianti. Tali dati raccolti vengono elaborati ed adimensionalizzati per favorirne un utilizzo più efficace, ed infine raggruppati ed inseriti in tabelle ciascuna facente riferimento ad una tipologia nave.

Un metodo valido per arricchire una banca dati è costituito dall’inserimento di pubblicazioni di vario genere (riviste, riviste specializzate, registri ed enti di classif, università, scientifiche……..).

La Specifica Tecnica

È un elaborato che ha lo scopo di descrivere la nave in progetto prevalentemente dal punto di vista tecnico; il grado di approfondimento è diverso a seconda che si tratti di “specifica tecnica di massima” (per il progetto preliminare o di offerta) o di “specifica tecnica dettagliata” (per il prgetto di contratto). Mentre il contratto regola essenzialmente gli aspetti giuridici ed economici, la specifica tecnica regola esclusivamente gli aspetti tecnici. La specifica tecnica di massima riporta le caratteristiche principali della nave ed una descrizione molto sintetica dell’apparato motore e degli allestimenti (principali apparati, impianti e servizi) di essa; per alcune di queste parti la specifica tecnica riporta solo una lista di quanto si intende installare a bordo. La specifica tecnica dettagliata riporta tutte le caratteristiche della nave ed una descrizione abbastanza esaustiva dell’apparato motore e dei principali apparati, impianti, servizi e dotazioni. La società armatrice vorrebbe una specifica tecnica, soprattutto quella per il contratto, che si articolasse per cose che la nave, e ciascuno dei suoi impianti o servizi o apparecchiature, è in grado di offrire, pertanto preferirebbe un elenco nel quale fosse indicato: velocità massima, velocità di crociera, numero stive, piano capacità, ecc. Il cantiere costruttore vorrebbe invece una specifica tecnica, soprattutto quella per il contratto, che si articolasse per blocchi (scafo, apparato motore, allestimento) con l’indicazione della tipologia e delle caratteristiche tecniche di ogni impianto o servizio o apparecchiatura, seguendo, per quanto è maggiormente possibile, il processo costruttivo della nave. Il progettista deve quindi mediare tra queste due posizioni, per cui l’elaborazione della specifica tecnica risente del compromesso raggiunto ed assume una forma particolare che non solo può variare a seconda della tipologia della nave, ma anche da cantiere a cantiere ed a seconda dell’armatore committente. Di solito, la specifica tecnica assume la seguente articolazione in capitoli; quanto indicato per ogni parte sarà sintetico e poco approfondito nella specifica tecnica di massima, mentre sarà

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esteso e più o meno dettagliato, a seconda della materia trattata, nella specifica tecnica di dettaglio.

1) Generalità 2) Tipologia Nave 3) Caratteristiche principali della nave (valori delle dimensioni principali) 4) Portata lorda (corrispondente all’immersione di progetto) 5) Capacità (indicata a seconda del tipo di carico trasportato ed ovviamente al tipo di nave) 6) Condizioni per il carico 7) Velocità ed autonomia 8) Alloggi 9) Classificazione e regolamenti (sotto i quali la nave verrà progettata e costruita) 10) Materiali e manodopera (indicando materiali nuovi e prove a cui sono stati sottoposti) 11) Rumori e vibrazioni (norme a cui si fa riferimento e valori di soglia da rispettare)

12) Prove (metodologia e tipologia prove che verranno condotte in ormeggio e navigazione)

1.8 – APPENDICE: Progettazione, organizzazione generale della produzione, gestione del progetto

Il progetto di una nave, come quello di qualunque altro prodotto complesso, ha due caratteristiche fondamentali: è ciclico ed iterativo; è ciclico perché avviene attraverso un processo che prevede numerose “passate” (cicli) in ognuna delle quali si accresce la definizione della nave che si vuole realizzare; è iterativo perché durante ogni passata si eseguono procedimenti di verifica delle scelte fatte e dei risultati ottenuti; tali verifiche vengono fatte anche considerando le implicazioni economiche connesse.

Durante la progettazione per l’offerta si operano scelte e soluzioni che indicheranno in maniera preponderante sul costo totale della nave (circa 90%), per cui e di fondamentale importanza che già in questa fase concorrano ed intervengano competenze specialistiche, in maniera particolare per il locale apparato motore. Anche durante la fase di progetto esecutivo si operano scelte che influiscono sul costo della nave, e tale incidenza è in parte diretta, ed in parte indiretta, perché può agire in maniera anche rilevante sui tempi di realizzazione; pertanto è indispensabile che esperti della produzione non subiscano passivamente le scelte fatte dall’ufficio progetti. Poiché la realizzazione di una nave comporta l’acquisizione di beni e servizi, è indispensabile che l’ufficio acquisti sia posto in grado di programmare gli stessi in tempo utile per conseguire il miglior risultato economico. Organizzazione del lavoro di progettazione; il responsabile del progetto

L’organizzazione dell’ufficio progetti di una impresa di costruzioni navali, può essere molto diversa a seconda della tradizione, articolazione, capacità produttiva, ecc. Si possono comunque individuare tre tipi di organizzazione:

• Per unita funzionali, che è la più antica ed ancora oggi la più diffusa nei cantieri di medie e piccole dimensioni. L’ufficio tecnico è diviso in sezioni corrispondenti alle competenze relative ai grandi insiemi o temi che costituiscono la nave; le sezioni funzionali possono

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essere tre: progetto architettonico, progetto strutturale, progetto di impianti-allestimeti-servizi. Il lavoro di coordinamento dell’intero prgetto viene svolto dal capo dell’unità funzionale che ha quindi il lavoro più rilevante in termini qualitativi e/o quantitativi. Questo tipo di organizzazione comporta i seguenti vantaggi: il personale di ciascuna sezione lavora su progetti diversi specializzandosi col passare del tempo, un ristretto numero di persone può dare al gruppo un notevole rendimento sia per specializzazione che per affiatamento. Gli svantaggi sono: difficoltà a controllare il progetto nella sua globalità, rischio di avere un progetto non omogeneo ed armonico nelle sue diverse parti, vengono privilegiati gli aspetti tecnici e trascurati quelli generali della pianificazione e realizzazione della costruzione.

• Per gruppi di progetto, è la più diffusa nelle imprese di grandi dimensione che gestiscono più cantieri, di solito specializzati in diverse tipologie di navi. L’organizzazione prevede due o più divisioni specializzate per una o più tipologie di nave ( ad esempio: divisione navi da carico, divisione navi militari, divisione navi passeggeri..). Ogni progetto viene affidato ad un gruppo di persone afferente ad una divisione, ed a capo del gruppo c’è il responsabile del progetto. Questo tipo di organizzazione comporta i seguenti vantaggi: chiara linea gerarchica all’interno del gruppo, facile individuazione delle responsabilità, facile controllo su tutta l’attività del gruppo, sviluppo del progetto in modo omogeneo ed armonico nelle sue diverse parti. Gli svantaggi sono: maggior numero di persone per garantire ad ogni gruppo le competenze necessarie, in alcune tappe del progetto uno o più persone hanno un carico di lavoro scarso o addirittura nullo, difficoltà ad integrarsi nel gruppo costituito da persone con formazione e competenze diverse.

• L’organizzazione mista è presente nei cantieri di medie e grandi dimensioni. Poiché le organizzazioni precedentemente citate sono opposte tra loro, è possibile con questa organizzazione adottare una soluzione intermedia che attenui gli svantaggi, accetti la riduzione dei vantaggi, purchè si adegui meglio alla specifica realtà dell’impresa e della commessa. Le unità funzionali sono sempre tre: progetto architettonico, progetto strutturale, e progetto impianti/allest. Il vantaggio principale è la grande flessibilità che consente di adeguare le forze e le competenze alle commesse in atto ed alle circostanze del momento. Il grande svantaggio e che la responsabilità del capo progetto è più formale che sostanziale, in quanto gli specialisti fanno sempre parte di un unità funzionale, per cui al responsabile di questa unità rispondono e con esso collaborano.

Organizzazione generale e del lavoro tecnico in una impresa di costruzioni navali

Qualunque sia l’organizzazione del lavoro di progettazione, cui si è accennato precedentemente, essa si deve inquadrare ed armonizzare in un contesto più ampio che è quello dell’organizzazione di tutto il cantiere o, in molti casi, dell’organizzazione di tutta l’impresa di costruzione navale che gestisce più cantieri anche molto diversi e distanti tra loro.

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In una grande impresa di costruzioni navali le diverse funzioni possono essere raggruppate in quattro grandi comparti:

- Amministrazione (personale, contratti, assicurazioni, contabilità); - Commerciale e marketing ( analisi di ogni genere: economiche, cantieristiche..); - Progettazione (banca dati, ricerca scientifica, studi di fattibilità, progettazione); - Ingegneria della Produzione ( gestione tecnica ed operativa del cantiere, tecnologie); - Produzione (trasformazione semilavorati in lavorati, montaggio, installazioni a bordo).

L’organizzazione del lavoro tecnico più diffusa fino ad alcuni decenni orsono, ed ancora oggi in atto in molti cantieri di piccole dimensioni e specializzati in pochi tipi di nave a tecnologia non complessa, è quella che viene detta “modello sequenziale”; in esso, la sequenza rigida temporale del lavoro dei diversi comparti è:

commer/marketing =>progettazione => ing. Della produzione => produzione con ritorni da ciascun modulo a quello immediatamente precedente.

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Il Project Management

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Capitolo 2 – CENNI STORICI SUL TRAPORTO, LE ROTTE E LE

NAVI.

Già diversi millenni prima di Cristo esistevano attività economiche che necessitavano di mezzi di trasporto, per quanto rudimentali. Le merci venivano trasportate a spalla, con carri con animali non su strade ma su piste. Anche i corsi d’acqua venivano sfruttati per il trasporto per due motivi principali: le vie fluviali erano più sicure di quelle terrestri e le popolazioni sorgevano vicino ai fiumi per sfruttare la fertilità di tali terre. Durante il Medioevo la quasi totalità delle merci era trasportata su vie fluviali, traffico potenziato con l’invenzione delle chiuse. Le prime civiltà a sfruttare l’acqua per il trasporto furono gli egiziani, i fenici ed i cretesi. In particolare i fenici avevano la fama di ottimi navigatori. I greci appresero proprio dai fenici l’arte della navigazione e ciò permise loro la conquista del Mediterraneo e del Mar Nero. Al dominio dei Greci si sostituì, poi, quello dei Romani che dovettero dotarsi di una flotta tale da combattere i pirati. Le navi da guerra dei Romani erano lunghe e strette e dotate di una, due o tre file di rematori per lato e due alberi sui quali si potevano fissare una vela rettangolare ed una triangolare. Le navi mercantili erano, invece, panciute, molto alte e propulse a vela. Con la caduta dell’impero Romano ed il dominio di Bisanzio il traffico nel mediterraneo si ridusse notevolmente.

Nel Medioevo, grazie alle crociate ed all’importazione di spezie provenienti dall’oriente, rinacque l’attività marittima. Inoltre ci furono enormi progressi nella cartografia, nelle costruzioni navali e con il perfezionamento della bussola.

Tra il 1400 ed il 1500 iniziarono le grandi spedizioni marittime per scoprire nuove rotte commerciali: Vasco da Gama circumnavigò l’Africa e giunse in india, Cristoforo Colombo scoprì l’america con l’intento di giungere in oriente navigando verso occidente. Dopo di lui furono numerose le spedizioni volte alla scoperta ed alla colonizzazione di nuove terre, che resero più forti nazioni come il Portogallo, la Spagna, l’Inghilterra e l’Olanda. L’oceano Atlantico aveva adesso le più importanti rotte commerciali. L’Olanda, in particolare, potenziò enormemente la propria flotta facendola diventare la più importante al mondo per capacità di carico e gli olandesi furono soprannominati i carrettieri del mare ed il loro paese il magazzino del mondo. Essendo un popolo poco numeroso, preferirono stabilire basi commerciali nei nuovi territori piuttosto che colonizzarli come invece fecero i portoghesi. Gli olandesi praticavano anche la pirateria a danno della Spagna e del Portogallo. Anche l’Inghilterra divenne una grande potenza marittima, ma soprattutto grazie alla pirateria, protetta dalla regina Elisabetta I. Con gli Editti di Navigazione si garantì il monopolio del commercio marittimo con il Nord America e tali editti venivano fatti rispettare con aspre lotte sui mari. Furono istituite un po’ in tutta Europa le Compagnie di Navigazione con poteri tanto grandi tali da dichiarare guerre, battere moneta, amministrare la giustizia ecc.

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In questo periodo e fino al ‘600 non c’era una vera e propria differenza tra navi mercantili e navi da guerra.

Il notevole aumento demografico, la disponibilità di grandi capitali e l’atteggiamento favorevole verso le innovazioni tecnologiche erano i fattori determinanti per la Rivoluzione Industriale in Inghilterra. L’impiego della macchina alternativa a vapore e delle costruzioni in ferro produssero notevoli cambiamenti alle costruzioni navali. Il ferro cominciò ad essere impiegato quando il legno iniziava a scarseggiare, soprattutto per lo scetticismo nell’utilizzare un materiale molto denso e non galleggiante per costruire navi. Quando l’elica sostituì la ruota a pale si ebbe poi il vero sviluppo della propulsione a vapore. Si necessitava, però, di grandi spazi per la motrice e per il combustibile (carbone). Gli spazi adibiti all’apparato motore si trovavano nella zona centrale ed erano delimitati da due paratie trasversali, mentre ai lati della caldaia c’erano i locali per il combustibile. La stiva poppiera aveva, quindi, una capacità di carico inferiore a quella prodiera e per garantire l’assetto dritto, il ponte di coperta presentava un gradino in modo da aumentare l’altezza della stiva poppiera. Inoltre, per ridurre i volumi chiusi che rientravano nel computo della stazza, si dotava il ponte superiore di aperture con chiusure non fisse.

Nel XIX secolo cambiano le merci da trasportare: non sono più beni poco pesanti e ad elevato valore (zucchero, caffè, cacao ecc.), ma merci molto voluminose e con un valore minore (carbone, legname, petrolio, cotone ecc.). Nella seconda metà del 1800 furono realizzate le prime navi per trasporto di petrolio alla rinfusa mentre la prima rompighiaccio fu realizzata solo nel 1898. L’importanza delle navi rompighiaccio è enorme in quanto consentono di tenere attive per quasi tutto l’anno rotte che altrimenti lo sarebbero per pochissimi mesi.

Fino alla Prima Guerra Mondiale c’è un costante aumento dei traffici di merci, anche dovuti all’apertura del canale di Suez. Nacque la figura del Broker, agente di collegamento tra il caricatore della merce e la nave, e le Conferences, riunioni tra le compagnie armatoriali per stipulare accordi per evitare le aspre guerre dei noli.

Negli anni della Prima Guerra Mondiale si ebbe una riduzione del 25% in volume del traffico di merci mentre aumento il traffico passeggeri con i flussi migratori. Durante la Seconda Guerra Mondiale si registra la stessa diminuzione e molte navi mercantili vengono adattata per scopi di supporto delle marine militari. La saldatura applicata al campo navale, permette di avere una netta riduzione dei tempi di costruzione e del peso scafo, che fino ad allora era chiodato. Negli anni della guerra gli Stati Uniti costruiscono 2700 navi gemelle dette Liberty che presentarono poi con il tempo dei difetti di costruzioni, che, analizzati, portarono a notevoli miglioramenti negli anni del dopoguerra.

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Petroliere

Dagli anni ’30 fino agli anni ’70 la richiesta di petrolio sempre crescente ha portato ad una corsa sfrenata al gigantismo delle petroliere (la più grande raggiunse quasi le 550000 DWT), accentuato dalla chiusura del canale di Suez nel 1967 (durato per 8 anni). Molti studiosi temevano che questa crescita così rapida potesse portare a gravi sinistri e catastrofici inquinamenti del mare e delle coste, dato che ogni innovazione seguiva dopo un lasso di tempo abbastanza grande dalla precedente. Le superpetroliere mettono in crisi molti porti per le loro dimensioni, per cui vengono create delle isole artificiali alle quali possono attraccare; da queste il petrolio viene pompato sulla terraferma con delle tubazioni. L’inquinamento delle superpetroliere non è stato solo connesso ai sinistri, ma anche allo sversamento in mare dell’acqua di zavorra contenuta nelle stesse cisterne in cui era contenuto il carico. Questa prassi è stata poi bloccata dalla MARPOL, che prevede cisterne esclusivamente dedicate all’acqua di zavorra. Sono tutte provviste di doppio scafo, sono suddivise in compartimenti sia longitudinali che trasversali, hanno un bordo libero minore per l’assenza di aperture in coperta, presentano grandi immersioni con una conseguente riduzione dell’aliquota ondosa della resistenza. In genere è il doppio scafo che contiene la zavorra, necessaria in quanto il carico costituisce buona parte del peso della nave che, quando è scarica, viaggia emersa, con problemi di slamming, cavitazione dell’elica emersa, riduzione della stabilità. Sono suddivise in tre classi dimensionali:

- Medium Size Crude Carrier (MSCC) da 60000 a 150000 DWT;

- Very Large Crude Carrier (VLCC) da 150000 a 350000 DWT;

- Ultra Large Crude Carrier (ULCC) oltre 350000 DWT.

Un’altra suddivisione è la seguente:

- Piccole: Coastal e Panamax;

- Medie: Suexmax e Aframax;

- Grandi: VLCC e ULCC.

Le due crisi petrolifere degli anni ’70 hanno arrestato, poi, la corsa al gigantismo, insieme alla riapertura del Canale di Suez ed alla maggiore sensibilità verso la salvaguardia dell’ambiente.

Navi per il trasporto di gas liquefatti

Il metano a -160°C passa allo stato liquido ed occupa un volume 600 volte minore . Per effettuare tale traffico, però, è necessario disporre di stazioni di liquefazione presso il paese esportatore e di gassificazione presso il paese importatore. I serbatoi possono essere a membrana integrati oppure indipendenti o autoportanti in forma sferica. Una particolarizzazione sono le Floating Storage Regassification Units, metaniere ferme in mare a cui attraccano metaniere più piccole o comunque collegate alla terraferma mediante tubazioni. Talvolta a questo scopo vengono riadattate grosse navi già esistenti. Essendo sprovviste di apparato di propulsione, necessitano di interventi di manutenzione in mare.

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Navi per il traporto di carichi secchi alla rinfusa.

La caratteristica principale delle bulk carrier è la forma delle stive: nel piano trasversale si nota la presenza di scivoli alti e scivoli bassi per aiutare le operazioni di carico e di scarico. Quelli alte permettono di riempire completamente le stive in quanto hanno pendenza prossima a quella di naturale declivio del prodotto caricato; nella fase di discarica, gli scivoli bassi favoriscono lo scorrimento del carico nella zona centrale del fondo che è in corrispondenza della boccaporta. Nel viaggio di ritorno, le casse alte sono riempite di zavorra innalzando il baricentro e rendendo la nave meno dura. La corsa al gigantismo interessò anche le bulk, ma in maniera minore. Non furono superati valori di 250000 DWT.

Portacontenitori.

Per ridurre i tempi di imbarco e sbarco del carico molte merci vengono unitizzate in container di dimensioni standard. Con essi è possibile combinare diversi vettori di trasporto in tempi brevi. Il contenitore preso come unità di carico è il TEU (Twenty feet Equivalent Unit) di 20 piedi li lunghezza e 8x8 piedi di sezione trasversale. Esistono anche contenitori di lunghezza diversa, fino a 40 piedi (FEU). Possono essere impilati in verticale fino a 5 unità, o di più in casi particolari. Il successo dei containers ha fatto attrezzare i porti per lo stoccaggio e la movimentazione. Tali porti sono chiamati terminal containers. Le più grandi possono non poter accedere ai porti, per cui vengono utilizzate delle feeder di grandezza minore che con più viaggi portano i containers fino al porto. Le portacontainers sono dotate di doppio fianco con casse di zavorra in quanto non dispongo i container secondo il peso e quindi ho spesso bisogno di correggere l’assetto trasversale. Inoltre, hanno problemi di visibilità perché la visuale è coperta dai container. Spesso si utilizzano delle telecamere. Il traffico con container è un sistema rigido in quanto richiede notevoli e complesse infrastrutture. Ciò da un lato rende efficiente il traporto, ma dall’altro non ha la capacità di adattarsi ai cambiamenti. Le dimensioni dipendono fortemente dal carico e sono scelte a seconda del numero di container da disporre nelle varie direzioni più un piccolo gap.

Nave roll on – roll off e nave lash

La nave ro-ro può essere in in diretta competizione con la portacontanitori se è dotata di mezzi fork lift che evita grandi aperture al ponte, ma allunga I tempi di carico e scarico. Quelle che, invece, non dispongono di mezzi fork lift sono impiegati su rotte brevi o medie e prevede una diversità di unità di carico (autocarri, automobili ecc.), prevedendo sistemazioni diurne e notturne per passeggeri. Potrebbero rientrare in questa categoria anche le car carrier, navi molto alte in quanto navi da volume e non da portata.

La nave LASH (Lighter Aboard Ship = nave con chiatta a bordo) imbarca contenitori su chiatte. L’imbarco e lo sbarco, mediante un carroponte che opera su due mensole sporgenti a poppa, avviene non in porto.

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Nave traghetto.

I traghetti realizzati negli anni ’50 (detti vaporetti) erano per soli passeggeri e navigavano su rotte brevi. Con la diffusione dell’automobile e lo sviluppo della rete stradale e ferroviaria, negli anni ’60 si è trasformata in ro-ro pax, destinata quindi a persone con auto al seguito. Negli anni ’80 poi si è avuta una differenziazione tra le ro-ro pax e quelle destinate alla alte velocità (aliscafi, catamarani ecc.). Negli anni ’90, infine, sono entrate in esercizio queste tipologie di servizi anche per rotte medio-lunghe. Le ro-ro pax necessitano di una grande quantità di energia elettrica a bordo, quindi utilizzano quasi sempre dei diesel-generatori. Questi permettono di sfruttare l’efficiente propulsione azipod. Bisogna sottolineare che per tutte le navi passeggeri aumentano le esigenze di confort e di sicurezza.

Chemical Tanker (Chimichiere).

Sono navi cisterna destinate a trasportare prodotti chimici spesso pericolosi (in questo caso sono trasportati in contenitori esterni). Sono a doppio scafo e presentano paratie corrugate quando il carico è particolarmente corrosivo, cercando inoltre di evitare saldature all’interno delle cisterne. Si classificano in Type 1,2 e 3 a seconda che il pericolo del carico sia alto, moderato o basso. Per le norme si fa riferimento all’IBC Code (International Bulk Chemical) dell’IMO.

Naval Ships (Navi Militari).

Hanno due differenze con le civili:

- Mettono in secondo piano l’aspetto economico;

- È solo da 6-7 anni che hanno un registro proprio (RINAMIL).

Oggi si studiano telai di base su cui possono essere alloggiati i vari moduli operativi.

Navi speciali.

Le seguenti navi rientrano nella categoria di navi speciali.

Fishing Vessels.

Hanno regolamenti a parte e non seguono le stesse norme sul bordo libero.

Offshore Supplier.

Deve avere ottime capacita di tenuta al mare per essere sempre operativo anche in condizioni severe. Sono specializzate in relazione al servizio: presentano mezzi antincendio, grandi spazi in coperta, possibilità di trasportare carichi liquidi.

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Navi oceanografiche.

Sono usate per lavori di:

- GEOLOGIA: trovano pozzi di petrolio. Devono avere un’ottima manovrabilità e spesso hanno un sistema di posizionamento dinamico;

- BIOLOGIA: sono più piccole e più rispettose dell’ambiente.

Dredger (Draga).

Rende il fondale più profondo aspirando sabbia e lasciandola a largo.

Tug (Rimorchiatore).

Hanno grandi potenze e basse velocità, buona manovrabilità e grande superficie di deriva.

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Capitolo 3 – CENNI DI GEOGRAFIA ECONOMICA E DI ECONOMIA

MARITTIMA.

3.1 – Il trasporto come attività produttiva

E’ corretto considerare attività produttive quelle che sono in grado di creare valore, pertanto, è indubbio che è attività produttiva trasportare una merce da un luogo in cui vale di meno ad un latro in cui vale di più, o comunque trasportare una persona da un luogo ad un latro se questa ne ricava utilità. Un dato bene (minerale, vegetale….) può essere ottenuto in grande quantità in una certa zona geografica, e tutto quanto connesso a tale ottenimento costituisce attività produttiva, ma la merce ottenuta potrebbe non avere efficienza economica se non venisse trasferita in altro posto dove esistono strutture (industrie, fabbriche….) in grado di trasformarla in latra merce di maggior valore, ma anche questi ultimi beni prodotti potrebbero non avere, in tutto o in parte, efficienza economica se non venissero trasferiti in latra zona geografica in cui gli stessi beni possono essere facilmente e vantaggiosamente venduti.

3.2 – Requisiti del trasporto

I requisiti fondamentali del trasporto sono la sicurezza, il tempo impiegato, la regolarità e la frequenza

- La sicurezza è il requisito più importante. La domanda di trasporto aumenta via via che i mezzi di trasporto si dimostrano più sicuri; per quanto riguarda il trasporto di persone la sicurezza è il requisito fondamentale e va inteso non solo come garanzia di incolumità, ma anche come stato di benessere durante il tragitto e certezza sugli orari di partenza e di arrivo; per le merci comunque ricopre una buona importanza in quanto gli incidenti possono causare ritardo consegna, avaria, perdita totale della merce…..il rischio che ciò avvenga, cresce quanto più il carico viene maneggiato.

- Il tempo in cui avviene il trasporto è anch’esso molto importante. Quanto minore è il tempo necessario al trasporto tanto maggiore può essere il prezzo richiesto per esso, purchè la rapidità del trasporto non incida negativamente sul prezzo del bene trasportato, sull’efficienza e soprattutto sulla sicurezza del trasporto. Il tempo in cui avviene il trasporto comprende:

a) Quello per l’accesso al luogo di partenza del vettore e quello necessario per l’imbarco

b) Quello di attesa che intercorre tra imbarco e partenza c) Quello per il trasferimento intercorrente tra partenza ed arrivo d) Quello di attesa che intercorre tra arrivo e sbarco merce e) Quello per lo sbarco e per abbandonare il luogo di arrivo del vettore

La diminuzione dei suddetti tempi comporta maggior fruizione del tempo libero nei riguardi del trasporto passeggeri, mentre per quanto concerne il trasporto merce,

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riduce intervallo dei tempi di produzione e vendita, riduce magazzinaggio e gli oneri assicurativi.

- La regolarità va intesa sia come costanza dei luoghi di partenza, di arrivo e delle tappe intermedie, sia come costanza della capacità e caratteristiche del vettore utilizzato; ed è fondamentale sia per il trasporto delle persone sia per quello delle merci.

- La frequenza del servizio per i passeggeri riguarda le fasce orarie nel quale si collocano le partenze/arrivi e la frequenza con cui si ripetono; per le merci è un requisito meno importante, anche se quanto maggiore è la frequenza tento minore sarà la necessità di depositi per le merci.

3.3 – L’accesso alle risorse

Nessun paese, per quanto sia grande e ricco, può fare a meno di importare alcuni prodotti e di esportarne altri; questa necessità deve essere soddisfatta nel modo più completo e sicuro, altrimenti si pone a rischio non solo l’equilibri economico e sociale, ma anche la potenza ed il prestigio del paese, fino alla sua indipendenza e per ultimo alla sua esistenza. L’interesse maggiore è per i prodotti fonti di energia, considerando che, l’energia idrica ricopre circa il 20%, quella nucleare poco meno del 20%, pertanto il 60% del fabbisogno energetico è coperto da petrolio, carbone e gas naturali.

Per quanto riguarda il petrolio, i giacimenti più ricchi e più facilmente sfruttabili si trovano in Medio Oriente, in Asia ed in Africa, quindi il trasporto deve partire maggiormente da questi paesi. La capacità di trasporto (in milioni di tonnellate) in funzione del tempo resta determinata da numerosi fattori: apertura/chiusura canale di Suez, eventi politici e militari, realizzazione di importanti oleodotti….. ovviamente stesso discorso può essere esteso ugualmente agli altri beni energetici, in particolare ai gas naturali, ed anche in via del tutto generale, in quanto la presenza di determinati eventi politici ed economici per lo più, condizionano tutti i mercati anche di beni abbastanza diversi da quelli energetici suddetti, e comunque anche quest’ultimi restano quota parte influenzati inevitabilmente dal mercato e dall’andamento del petrolio. Rispetto ad i beni energetici, le altre tipologie di materia trasportate necessitano di ulteriori considerazioni: le risorse minerali, ad esempio, si concentrano in pochissimi paesi che ne detengono praticamente il monopolio, ed inoltre sono suscettibili di forti incrementi in quanto il progresso scientifico e tecnologico mette a disposizione nuovi metodi e mezzi di ricerca e prospezione, mentre la moderna tecnologia rende sfruttabili giacimenti ritenuti prima non interessanti (di particolare interesse è lo sfruttamento sottomarino dei noduli polimetallici); Per quanto riguarda invece i beni alimentari, sono presenti in maniera molto più sparsa e distribuita sul pianeta vista anche la vastità di tipologie e caratteristiche di crescita e lavorazione che li contraddistinguono, ma nonostante ciò è da evidenziare che ci sono alcuni paesi in cui la produzione ricopre buona parte del fabbisogno mondiale e su ciò ne incide anche il consumo e l’utilizzabilità della materia stessa, nonché in bisogno di trasportarla (si pensi al grano in Cina).

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In conclusione, bloccare le esportazioni di beni verso un paese che ne è privo e/o bloccare le importazioni da un paese che è grande produttore di un dato bene vuol dire rallentarne drasticamente la crescita economica e sociale, sia per mancanza di prodotti strategici, sia per impoverimento delle casse di quel paese. Poiché la stragrande maggioranza delle importazioni ed esportazioni avvengono via mare, è evidente che è di fondamentale importanza per ogni paese assicurare la percorribilità in sicurezza delle rotte che lo interessano.

3.4 – Le vie del mare

Sull’enorme superficie del mare sono idealmente tracciate “strade” (rotte marittime) di diversa importanza. Le rotte più grandi, larghe qualche decina di miglia, sono in numero non grandissimo; esse attraversano, seguendo il percorso più breve, grandi mari, ed in prossimità della terra ferma si diramano in “strade” via via di minore importanza. Lo sviluppo di queste “strade” risente della forma dei continenti e dei passaggi obbligati, e di rotte convenientemente economiche, il risultato di ciò è che ci sono vastissime zone della superficie acquea che non vengono mai solcate. Con riferimento alla lunghezza, le rotte si distinguono come segue:

- Rotta di circumnavigazione, che percorre più oceani ed utilizza i canali di Suez e Panama; - Rotta Oceanica, attraversa un Oceano; - Rotta pendolare, collega due porti ubicati su opposti versanti di un Oceano, - Rotta breve o di cabotaggio, collega porti di uno stesso stato o di stati confinanti o

vicini.

Le più importanti rotte marittime si sviluppano nell’oceano Pacifico ed in quello Atlantico, e diverse di esse passano per stretti e/o canali. Gli stretti sono bracci naturali di mare che separano due aree di terraferma o collegano due aree marittime. I canali invece ne sono otto: quelli di Suez e di Panama i più famosi e degni di menzione, seguono poi Kiel, Caledonia, Corinto, Perekop, Capo Cod, Chesapeake.

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Il Canale di Suez divide il bacino del Nilo dal Mar Rosso, inizialmente le sue dimensioni erano di 161 km ed 7m di immersione poi successivamente portato a 16 m, questo canale ricopre grossa importanza per i rifornimenti di petrolio dall’area araba, transitano in media 37,5 navi al giorno (max petroliere 130.000 DWT/150:000DWT). Il Canale di Panama collega l’Oceano Pacifico con il Mare delle Antille, opera il sollevamento di navi di 26 metri attraverso 6 conche munite di chiuse; è lungo 82 km più 3 di prolungamento in mare, la larghezza varia tra 90 e 300m e la profondità varia tra 12,5 e 13,7 m. le navi in transito non possono superare le seguenti dimensione L=275 m B=32,3 m T=12m (l’immersione dipende dalla profondità dei laghi che il canale attraversa, la quale varia con le stagioni) questo rappresenta un limite per le grosse porta contenitore e comunque un limite max di 45.000 DWT per le petroliere. Il passaggio richiede un tempo compreso tra 8 e 10 ore. La flotta mondiale è distinta in 2 categorie: navi panamax e navi overpanamax, a seconda che le dimensioni delle stesse è tale da consentire o meno l’utilizzo del canale.

I canali di Suez e Panama più alcuni stretti sono detti choke point (punto di strozzatura) ovvero “stretti strategici”. Questi sono stretti in cui il controllo può essere esercitato da uno o pochissimi stati litoranei, di conseguenza, tali stretti, hanno un valore critico in quanto, se bloccati o strettamente controllati possono condizionare la libertà di navigazione, come successo al canale di Suez utilizzato più volte per fini strategici o militari. Uno stretto può essere definito choke point se sono presenti le seguenti condizioni:

1) Non sussistano idonee rotte alternative; 2) Il passaggio per esso è di primario interesse militare e/o commerciale per uno o più

stati; 3) Il passaggio per lo stretto può essere facilmente interdetto in breve tempo e con

limitati mezzi.

3.5 – Il costo di produzione del trasporto marittimo

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3.6 – Il nolo come prezzo del trasporto marittimo o per l’uso della nave.La locazione della nave

Canone e nolo hanno significati diversi. Il canone si riferisce alla locazione di una nave, mentre il nolo si riferisce alle prestazioni ricevute dalla nave.

Il canone

Il CDN stabilisce che “si ha la locazione della nave quando una della nave quando una delle parti si obbliga a far godere all’altra per un dato tempo la nave verso un determinato corrispettivo” . Il contratto di locazione avviene quindi tra il proprietario della nave (locatore) e l’armatore-esercente (conduttore); il proprietario, in quanto locatore, diviene estraneo all’esercizio della nave che è voluto e posto in essere solo dal conduttore.

Il Nolo

Nel linguaggio tecnico il nolo ha un duplice significato:

a) È il prezzo del trasporto marittimo delle merci e delle persone; ed in questo caso è rigorosamente determinato dalla legge della domanda e dell’offerta di tonnellaggio. Per un medesimo traffico (tipo merce e tipo di viaggio), in ogni momento esiste un solo tasso di nolo risultante dalla concorrenza in atto.

b) È il corrispettivo dovuto per usufruire di una nave per uno o più viaggi, o per un prefissato periodo di tempo; in questo caso la qualifica di armatore spetta al noleggiante che conserva la detenzione della nave. Si può avere il noleggio a viaggio “voyage charter” oppure il noleggio a tempo “time charter” che è la forma di noleggio più utilizzata; nel noleggio a tempo si prestabilisce la durata del noleggio, rimettendo al noleggiatore la facoltà di ordinare, entro il lasso di tempo pattuito, i viaggi che la nave dovrà compiere; nel noleggio a viaggio, invece, il contratto indica già quale visggio/i la nave dovrà compiere.

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Capitolo 4 – LA NAVE: DEFINIZIONI, CATEGORIE, TIPI.

NAVIGABILITA’, ISCRIZIONE NEI PUBBLICI REGISTRI.

Una buona definizione di nave può essere la seguente: la nave è una costruzione dotata di propri organi di propulsione e di governo atta allo svolgimento di un servizio lungo una via d’acqua. Nel codice della navigazione si legge: per nave s’intende qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua, anche a scopo di rimorchio, pesca, diporto o ad altro scopo. Le navi si distinguono in maggiori e minori. Sono maggiori le navi alturiere; sono minori le navi costiere (fino a 20 miglia dalla costa), quelle del servizio marittimo dei porti e le navi addette alla navigazione interna. Le disposizioni che riguardano le navi si applicano per quanto non sia diversamente disposto anche ai galleggianti mobili adibiti a qualsiasi servizio attinente alla navigazione o al traffico in acque marittime o interne.

La parola costruzione ci fa capire che una nave è tale dal punto di vista giuridico solo se completata ed allestita. Il trasporto in acqua implica, invece, che la nave debba avere la capacità di galleggiamento. Di conseguenza, non sono considerate navi alberghi e ristoranti galleggianti il cui scopo principale non è trasferirsi. Per quanto riguarda la distinzione in navi maggiori e minori, essa è rilevante solo per il regime più semplice al quale le navi minori sono sottoposte (iscrizione, documenti di bordo ecc.).

Il Rina assegna alle navi classificate una caratteristica di navigazione, espressa mediante l’indicazione Nav seguita da una sigla che indica la navigazione per la quale una nave viene riconosciuta idonea. Le navigazioni normali sono indicate con la sigla Nav mentre quelle speciali con Nav S ed in parentesi l’area alla quale viene applicata.

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Le navi possono essere suddivise per tipologia in due grandi insiemi: navi mercantili e navi per servizi (navi militari, da lavoro, da diporto). Le navi mercantili si possono suddividere in tre gruppi a seconda che trasportino solo passeggeri, solo merci o entrambi. In particolare, quelle per il trasporto merci si suddividono a loro volta a seconda che il carico sia liquido (cisterne) o solido (bulk). Quelle che non trasportano merci alla rinfusa poi vengono ulteriormente suddivise: ci sono navi da carico generale variamente confezionato, per merci pallettizzate,

portacontenitori ecc. Stesso discorso per i carichi liquidi. Le navi per servizi si distinguono in: posacavi, posatubi, draghe, rimorchiatori, rompighiaccio, da diporto, per la pesca ecc. ed ognuna di queste categorie possono ancora essere particolarizzate.

Il Rina assegna ad ognuna di queste categorie di navi una sigla per la loro identificazione. Utilizza anche annotazioni che possono essere associate ad alcune tipologie:

- HC può essere aggiunta a quella GC (General Cargo) per indicare navi il cui doppio fondo risulti adeguatamente rinforzato per il trasporto di carichi pesanti con massa volumetrica superiore a 1.3 t/m3;

- ESP (Enhanced Survey Programme) può essere aggiunta a quella BC (Bulk Carrier) per indicare portarinfuse ?????

Essendo la flotta militare statunitense la più potente al mondo, facciamo riferimento alla sua suddivisione. La Marina Militare USA prevede 4 insieme principali: navi da combattimento

(Combattant Ships), unità leggere da combattimento (Combattant Crafts), navi ausiliarie

(Auxiliary Ships), unità di servizio (Service Crafts).

La navigabilità della nave è l’attitudine della nave alla navigazione, cioè a svolgere la specifica funzione per la quale è progettata e realizzata e scaturisce dal possesso dei requisiti richiesti dalle leggi. Essa è strettamente collegata allo stato fisico della nave (strutture,

galleggiabilità, propulsione e governo ecc.), all’armamento (mezzi di segnalazione e

salvataggio, prevenzione ed estinzione incendi ecc.) ed all’equipaggio opportunamente

qualificato. Sono ammesse alla navigazione le navi iscritte nelle matricole o nei registri tenuti dagli uffici competenti ed abilitate nelle forme previste dal codice della navigazione. Sono iscritte nelle matricole e nei registri predetti le navi che rispondono ai requisiti di individuazione e di nazionalità. Agli effetti dell’iscrizione ed a tutti gli altri effetti di legge le navi ed i galleggianti sono individuati dalla stazza, dal nome o dal numero e dal luogo dove ha sede

l’ufficio di iscrizione. In realtà, per identificare precisamente una nave è necessario specificare anche la nazionalità, il tipo di nave e le caratteristiche principali. L’iscrizione della nave nel pubblico registro ha lo scopo di sancire un rapporto tra lo Stato ed il proprietario, dal quale derivano diritti e doveri nel diritto pubblico. Le navi maggiori sono contraddistinte da un nome, diverso e dissimile da ogni altro già registrato in qualsiasi matricola della Repubblica. Le navi minori ed i galleggianti sono contraddistinti da un numero, mentre avranno un nome se di stazza lorda superiore alle dieci tonnellate a propulsione meccanica o superiore alle 25 in ogni

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caso. Il numero di iscrizione delle navi minori e dei galleggianti deve essere preceduto da una sigla che ne identifichi l’ufficio di iscrizione. La nazionalità della nave sancisce un criterio di collegamento del bene-nave con l’ordinamento giuridico di uno Stato.

Rispondono ai requisiti di nazionalità richiesti per l’iscrizione nelle matricole o nei registri le navi che appartengono per una quota superiore ai 12 carati: a) a cittadini italiani; b) a persone giuridiche italiane, pubbliche o private; c) a società relativamente alle quali sia riscontrata la prevalenza di interessi nazionali negli organi di amministrazione e direzione.

La convenzione di Montego Bay del ’82 sul diritto del mare lascia liberi gli Stati di determinare i criteri per l’attribuzione della nazionalità. Nel CdN si legge che “le navi iscritte nelle matricole e nei registri sono abilitate alla navigazione dall’atto di nazionalità e dalla licenza. L’atto di nazionalità può essere temporaneamente sostituito da un passavanti provvisorio e la licenza da una licenza provvisoria. Ciò ha consentito il perdurare delle “bandiere ombra” o “di comodo”. Alcuni Stati, come la Liberia e Panama, hanno leggi che attribuiscono la nazionalità anche a navi di totale proprietà straniera o di società non controllate. Tali norme consentono a numerosi armatori di altri Stati di far battere alle proprie navi la bandiera dello Stato più permissivo e dove i costi di esercizio sono inferiori. Recentemente, alcuni Stati, allo scopo di indurre i propri armatori ad abbandonare le bandiere ombra, hanno istituito un secondo registro di immatricolazione con notevoli facilitazioni, in particolare nella disciplina dell’arruolamento dei marittimi stranieri, con notevole risparmio delle spese per gli equipaggi.

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Capitolo 5 – ORGANIZZAZIONI E CONVENZIONI

INTERNAZIONALI. I REGISTRI DI CLASSIFICAZIONE NAVALE.

La navigazione è un settore nel quale coesistono interessi di soggetti appartenenti a stati diversi. Alla fine del XIX secolo fu costituito il Comité Maritime International (CMI), in Belgio, da operatori giuridici, tecnici ed economici di molti stati con lo scopo di predisporre progetti di convenzioni internazionali. La sua forza nasceva dal prestigio dei membri e dal pieno appoggio del governo belga.

L’IMO (International Maritime Organization) è l’unica organizzazione intergovernativa che si occupa esclusivamente di questioni marittime. Iniziò la sua attività sotto il nome di IMCO (Intergovernmental Maritime Consultative Organization) e nell’1982 cambiò il suo nome in IMO. Lo scopo è quello di favorire la diffusione delle informazioni, potenziare la cooperazione tra gli stati e di formulare regolamentazioni in qualsiasi materia riguardante la navigazione, al fine di migliorare la sicurezza della nave, della navigazione e della vita umana in mare. All’IMO aderiscono attualmente la quasi totalità degli Stati. Organi dell’IMO sono:

- L’Assemblea, con rappresentanti di tutti gli Stati membri e con due organi sussidiari: Maritime Safety Committee ed il Maritime Environmental Protection Committee;

- Il Consiglio, organo consultivo composto da 24 membri eletti dall’Assemblea e con 3 organi sussidiari: Legal Committee, Facilitation Committee, Committee on Technical Cooperation;

- Il Segretariato.

Tra le più importanti convenzioni dell’IMO ricordiamo:

- OILPOL, sulla prevenzione dell’inquinamento del mare da idrocarburi;

- LOAD LINE, sul bordo libero delle navi;

- TONNAGE, sulla stazzatura;

- COLREG, per prevenire gli abbordi in mare;

- MARPOL, sulla prevenzione dell’inquinamento prodotto dalle navi;

- SOLAS, sulla sicurezza della nave e la salvaguardia della vita umana in mare;

- CONVENZIONE DI LONDRA ’78, sugli standard di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi.

Nel XVII secolo erano diffuse le assicurazioni navali, soprattutto in Inghilterra. Nella zona portuale di Londra, nel bar di Edward Lloyd, si riunivano proprietari di navi e commercianti e trovavano spesso finanzieri disposti ad assicurare le loro navi. Dopo la morte di Edward Lloyd, il bar era talmente famoso che un gruppo di assicuratori lo acquistarono senza cambiare il nome e iniziarono a stilare a mano una lista di navi con una serie di dati utili agli assicuratori, quindi caratteristiche tecniche, condizioni della nave ed una lettera che ne riassumeva il giudizio. Nel 1854 il controllo di tale registro fu affidato ad un ente autonomo che approntò un regolamento per la costruzione. L’osservanza di tale regolamento era una condizione indispensabile per poter assicurare una nave con i Lloyd’s.

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I registri, attraverso i propri tecnici, seguono la costruzione delle navi, controllandone nelle diverse fasi la qualità. Effettuano visite di controllo e collaudo, a terra ed in mare, di carattere ordinario e straordinario. Pubblicano infine dei propri regolamenti che riguardano tutti gli aspetti tecnici in generale. Alcuni registri di classificazione sono inseriti nell’amministrazione statale con un riconoscimento della personalità giuridica pubblica, altri sono soggetti di diritto privato con incarichi pubblici. Il Rina è un ente pubblico con monopolio per la classificazione delle navi ed altre funzioni che erano svolte in precedenza da altri organi dello Stato.

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Capitolo 6 – LE MERCI A BORDO DELLE NAVI

Il progettista dovrebbe sempre iniziare il proprio lavoro solo quando è in possesso di tutte le necessarie informazioni relative al carico o ai carichi cui la nave in progetto è destinata. Infatti, come abbiamo già precisato, le navi e le stive (compartimenti destinati al carico) si particolarizzano proprio in funzione del carico stesso. Se la nave da progettare rientra nella gamma di specializzazione del cantiere in cui il progettista opera, il lavoro sarà agevolato in quanto molte conoscenze sono già acquisite. L’armatore di solito richiede una nave indicandone la portata lorda, per cui è necessario progettare una nave che abbia volumi sufficienti a contenere la massima portata netta.

Si definisce fattore di stivaggio (m3/t) il rapporto tra il volume dello spazio destinato al carico ed il peso del carico contenuto. Se il carico è liquido alla rinfusa sarà l’inverso del peso specifico del liquido, se è solido alla rinfusa dipenderà dalla spezzettatura, mentre se è confezionato dipenderà dal tipo di confezionamento e di imballaggio.

6.2 - Carichi solidi e liquidi alla rinfusa.

Sono quei carichi non confezionati che vengono versati direttamente nelle stive. In alcuni casi, le navi sono sprovviste di mezzi di carico e scarico e si utilizzano quelli dei porti (navi per trasporto di cereali).

I prodotti chimici liquidi pericolosi e/o nocivi trasportati alla rinfusa sono classificati nell’annesso II della MARPOL in quattro categorie: A, B, C e D in ordine decrescente di pericolosità. Questa può essere in relazione alla sicurezza (S), all’inquinamento (P) o ad entrambi (S-P). A seconda del pericoli per l’ambiente e la sicurezza le navi che trasportano prodotti chimici si distinguono in tipo 1, 2 e 3 in ordine decrescente di pericolosità e di misure di sicurezza per prevenire la fuoriuscita di tali prodotti. Queste devono essere progettate, costruite ed equipaggiate secondo la regolamentazione internazionale vigente. Ad esse è rilasciato il Certificato Internazionale di Idoneità al Trasporto di Prodotti Chimici Pericolosi alla Rinfusa in cui sono specificati i prodotti che la nave è abilitata a trasportare.

6.3 – Angolo di natural declivo di Prodotti solidi alla rinfusa.

Un materiale incoerente senza contenitori si dispone secondo una forma conica e l’angolo δ formato dalla superficie inclinata con la base del cono viene detto angolo di naturale declivio (angle of repose). Questo varia per lo stesso materiale a seconda delle sue caratteristiche (umidità, pezzatura ecc.) anche in maniera notevole. Se la nave si inclina di un angolo φ > δ allora il carico scorrerà verso il basso dalla parte in cui è avvenuta l’inclinazione e la nave non ritornerà nella posizione di equilibrio cessata la causa oscillante, per cui questo rappresenta un pericolo serio che va risolto in fase di progetto.

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6.4 - Prodotti trasportabili sciolti e senza imballaggio – in sacchi.

Alcuni prodotti, come legna, lingotti di alluminio, alcuni tipi di carne, barre di ferro possono essere trasportati sciolti, senza imballaggio o al massimo con qualche legatura.

Altri sono trasportati in sacchi di tessuto grezzo, carta resistente o plastica, come caffè, cacao, cereali ecc.

6.5 - Prodotti trasportabili in balle.

La balla è un ammasso di materiale compresso e racchiuso in tessuto grezzo resistente, cerchiato con sottili strisce di ferro o materiale plastico resistente (reggette) o, più raramente, con corda, in modo da formare un collo regolare e di peso determinato. Vengono messi in balle i prodotti a basso peso specifico e di valore limitato, quali fibre vegetali ed animale, tessuti poveri, cortecce, pelli, tabacco ecc. La balle è anche una misura di quantità di fibra tessile, che assume valori diversi a seconda dei paesi. Ad esempio in Italia una balla di lana pesa 160 – 170 kg, 100 kg per la seta ecc. La realizzazione della balla varia da paese a paese e quindi le forme ed i fattori di stivaggio possono essere diversi.

6.6 - Prodotti trasportabili in barili, barilotti, botti e latte.

Il barile è un recipiente costituito da doghe di legno tenute strette con una serie di cerchi, in forma allungata e bistonda. Questo viene utilizzato per contenere prodotti diversi, come olio, vino, pesce salato, tabacco ecc. Il barile è una unità di misura di capacità: un barile italiano è 50 – 70 litri, uno americano circa 119 litri ed uno inglese 163.5 litri.

Il barilotto è un barile di forma larga e tozza con capacità pari a 238.5 litri e viene usato per contenere prevalentemente birra e tabacco.

La latta prende il nome dal materiale con il quale viene fatto: è un recipiente realizzato con una sottile lamina di ferro dolce ricoperto con uno strato protettivo di stagno.

La botte è un grosso recipiente analogo al barile.

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6.7 - Prodotti trasportabili in fusti e bidoni, in imballaggi a gabbia.

Il fusto ed il bidone sono recipienti metallici di forma cilindrica ed a sezione circolare utilizzati per diversi prodotti chimici, oli, grassi ecc. Possono essere anche in legno se usati per il vino ed altre sostanze.

Alcuni prodotti possono essere imballati in gabbie, casse e cassette, scatole di cartone, rotoli, bobine, rulli ecc. di dimensioni varie.

6.8 - Gas liquefatti trasportabili alla rinfusa con navi cisterna

specializzate.

Si definisce gassiera una nave da carico progettata e realizzata per il traporto alla rinfusa di gas liquefatti. Le gassiere vengono suddivise in 3 tipi in ordine decrescente di pericolosità e di misure di prevenzione adottate: 1G, 2G, e 3G. A queste si aggiunge una quarta categoria, la 2PG che comprende navi di lunghezza minore o uguale di 150 metri con significative misure di sicurezza. A seconda del tipo di gas può essere richiesto un controllo dell’atmosfera nei depositi, la rilevazione della presenza di vapori, depositi indipendenti. Le navi progettate per il trasporto di gas liquefatti devono rispettare tassativamente le prescrizioni dell’ “International Code for the Construction and Equipment of Ship Carrying Liquefied Gases in Bulk” (IGC Code) e quelle aggiuntive previste dal registro di classificazione navale.

6.9 - Prodotti alimentari refrigerati.

Vengono trasportati in navi frigorifere. Non rientrano in questa categoria le navi da pesca con stiva frigorifera e le gassiere. Locali refrigerati sono presenti a bordo delle navi che traportano passeggeri, in particolare quelle da crociera. I prodotti vengono conservati con 3 tecniche:

- Refrigerazione, se si porta il prodotto ad una temperatura sopra il punto di congelamento e con una fissata umidità relativa. Alcuni prodotti, come i prodotti ortofrutticoli, richiedono anche ventilazione;

- Congelamento, se si abbatte la temperatura al di sotto dei -20°C in un tempo inferiore a 4 ore;

- Surgelazione, se si abbassa rapidamente la temperatura in modo che i cristalli di ghiaccio formati siano piccolissimi e non alterano i tessuti del prodotto.

Alcuni prodotti, come le banane, sono sensibili alle variazioni di temperatura, per cui è opportuno portarli lentamente a quella di conservazione e nei mesi invernali è necessario immettere aria calda.

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6.10 - Brevi considerazioni su alcune merci.

Granaglie: orzo, riso, legumi secchi, sementi, avena, frumento, in sacchi o alla rinfusa.

Semi: oleosi e non quelli dei cereali, in sacchi o doppi sacchi per quelli piccoli.

Legumi freschi: sono organismi viventi, producono calore e devono essere ventilati.

Banane: imbarcate a caschi, avvolte in stuoie, per evitare distacco o ammaccature. Devono essere ventilati. Le bananiere sono navi abbastanza veloci per evitare il degrado del prodotto.

Frutta Secca: prugne, albicocche, uva e fichi, essendo soggetti a muffa devono essere stivati in ambienti ad umidità relativa bassa (20 – 30%).

Oli: a seconda dell’infiammabilità e del tipo, vengono stivati alla rinfusa o in barili o in fusti. Stesso dicasi per i grassi.

Legnami: spesso vengono caricati sul ponte per le grandi dimensioni o perché il loro stivaggio risulta essere molto laborioso. Ancora per il loro peso specifico, non sempre si raggiunge la portata della nave per cui si deve caricare una parte sul ponte.

Prodotti alcolici commestibili: sono infiammabili e la loro temperatura deve essere controllare per evitare il deterioramento. Bisogna, inoltre, proteggere tali prodotti dagli urti. Il vino può essere trasportato anche alla rinfusa.

Pellami: temono l’umidità e sono facilmente attaccati da insetti.

Cotone: viene caricato in balle pressate, teme l’umidità ed è soggetto ad autocombustione.

Caffè: è caricato in sacchi (60 kg), teme l’umidità.

Zucchero: è caricato in sacchi, si scioglie con l’umidità ed è infiammabile. Eventuali incendi vanno estinti con estintori chimici. La fermentazione a temperature elevate produce vapori nocivi.

Carbon Fossile: è una merce pericolosa in quanto può assorbire ossigeno, aumentare la temperatura fino a giungere all’autoaccensione. Va pertanto evitata la circolazione dell’aria all’interno del carico. Viene di norma caricato alla rinfusa.

Minerali: i più importanti sono quelli di ferro, zinco, rame, piombo ecc. Sono trasportati alla rinfusa o in sacchi se il carico è di modesta entità.

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6.11- Carichi pallettizzati e nascita del container.

Durante la II Guerra Mondiale nacque l’esigenza di trasportare diversi tipi di merci, ma i tempi ed i costi per la movimentazione erano elevati. Il problema fu risolto con delle piccole piattaforme quadrate (46x46 o 40x48 pollici) movimentati con dei fork trucks. Il carico viene imballato con un materiale plastico per proteggerlo e renderlo più unito. Una volta scaricati possono essere caricati su mezzi rotabili o gommati.

Per aumentare il peso del carico trasportato e per evitare furti nacquero i containers. La loro diffusione si è avuta con la standardizzazione del container e con l’avvento delle navi portacontenitori. Il container deve resistere agli urti ed alle intemperie e deve garantire una facile movimentazione e fissaggio. Si distinguono in 3 diverse serie:

- Serie 1: la sezione trasversale è 8x8 piedi e le lunghezze standard (un multiplo o sottomultiplo di 20) sono 40, 30, 20, 10 e 5 piedi, rispettivamente A, B, C, D ed E. Esistono altri 3 tipi della serie 1: AA, BB, e CC che differiscono dai corrispondenti A, B e C per avere un altezza di 8,5 piedi invece di 8.

- Serie 2: l’altezza è di 6 piedi ed 11 pollici (2,1 metri) e la lunghezza non è un multiplo o un sottomultiplo di 20 piedi.

- Serie 3: la sezione trasversale è 2,1x2,4 m e la lunghezza non è un multiplo o sottomultiplo di 20 piedi.

I containers di tutte le serie sono dotati agli 8 vertici di dispositivi di manovra (corner-fittings) che permettono l’aggancio dei mezzi di sollevamento e di manovra. Hanno anche dei dispositivi di serraggio e bloccaggio (twist-lock). Il sollevamento può avvenire o con aggancio diretto ai quattro corner-fittings superiori o su quelli inferiori con imbracature o ancora con l’ausilio di un telaio. Il rapporto tra la portata massima ed il peso massimo di un container varia tra 0.85 e 0.92 a seconda del rivestimento interno.

6.12 - Trasporto di automobili e fuoristrada.

Le navi adibite al trasporto di auto sono dette car carrier. Per i calcoli, si fa riferimento ad un auto tipo avente lunghezza di 4,2 metri e larghezza di 1,6 metri. Bisogna, inoltre, assicurare una distanza tra le file di auto e tra le auto in senso longitudinale, per cui si maggiora la superficie di pianta che arriva ad essere di circa 10,7 mq.

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6.13 - Trasporto di materiale rotabile e di veicoli commerciali, industriali e

da lavoro.

Devono contenere sistemazioni anche per i conducenti dei veicoli e dei passeggeri dei vagoni ferroviari. Non necessita di zone portuali ampie ed appositamente attrezzate. Spesso è preferita alla portacontenitore perché permette il collegamento anche con porti minori, anche perché ogni mezzo è movimentato dal proprio autista e quindi c’è una maggiore cura nella movimentazione, minor rischio di furti, riduzione dei tempi e dei costi. Per contro, comporta investimenti più elevati della portacontainer per la presenza del portellone poppiero, le sistemazioni, rampe ed elevatori. C’è, inoltre, una perdita di spazio per la distanza tra i vari mezzi e per la non standardizzazione delle unità.

Per quanto riguarda il materiale ferroviario, le dimensioni di ingombro devono essere contenute entro i seguenti valori:

Internazionale: B = 3150 (mm) – H = 4280 (mm)

Italiana: B = 3150 (mm) – H = 4300 (mm)

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Capitolo 7 – LE PERSONE A BORDO DELLE NAVI

7.1 – generalità + cenni di ergonomia ed elementi utili per dimensionare gli

spazi abitati

La gerarchia dei componenti dell’equipaggio marittimo è la seguente:

1) Comandante; 2) Direttore di macchina, comandante in seconda, capo commissario, medico di bordo capo

del servizio sanitario; 3) Primo ufficiale di coperta, primo ufficiale di macchina, cappellano, primo medico

aggiunto, primo commissario; 4) Secondo ufficiale di coperta, secondo ufficiale di macchina, secondo medico aggiunto,

secondo commissario, primo radiotelegrafista; 5) Altri ufficiali; 6) Nostromo, maestro di macchina; 7) Altri sottoufficiali; 8) Comuni.

Il pilota, durante il periodo in cui presta servizio a bordo, è equiparato al primo ufficiale.

La gerarchia dei componenti dell’equipaggio delle navi addette alla navigazione interna è la seguente:

1) Comandante; 2) Macchinista, motorista; 3) Capo timoniere; 4) Sottoufficiali; 5) Comuni.

Il pilota, durante il periodo in cui presta servizio a bordo, è equiparato al capo timoniere.

E’ il capitano di porto che provvede all’applicazioni delle leggi riguardanti il numero di persone dell’equipaggio ed il relativo grado a bordo delle navi, mentre è il ministero dei trasporti il responsabile nel caso di navigazione interna.

Le navi passeggeri accolgono un insieme di persone, oltre all’equipaggio, numeroso ed eterogeneo, alle quali bisogna garantire sistemazioni e servizi adeguati alla lunghezza del viaggio e, soprattutto la massima sicurezza sia in condizioni normali che di emergenza. Si definisce nave passeggeri una nave che trasporta un numero di passeggeri superiore a 12, dove per passeggero si intende ogni persona imbarcata che non sia parte dell’equipaggio. Non rientrano nel numero di passeggeri i bambini con età inferiore di un anno o tutto quelle persone imbarcate per disposizione delle autorità marittime o consolari o quelle imbarcate per esigenze particolari della nave.

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L’equipaggio è sottoposto a stress fisici e psicologici, lavora in un ambiente molto impegnativo, monotono, sottoposto a vibrazioni, oscillazioni, in alcuni casi vapori e polveri, cambiamenti climatici nel giro di qualche settimana, ambienti angusti e caldi (sala macchine o cucine), deve socializzare con persone che non sceglie, magari di nazionalità diversa, sta lontano dalla famiglia e così via. E’ evidente che si deve fare il possibile per rendere la vita a bordo sicura e non disagevole.

L’ergonomia studia il rapporto tra l’uomo, la macchina e l’ambiente di lavoro. La macchina e l’ambiente devono essere progettati a misura d’uomo ed i carichi di lavoro (sia fisici che mentali) devono essere tali da essere a lui più confacenti. Nella progettazione ergonomica intervengono conoscenze di anatomia (scienza che descrive la forma e la struttura del corpo umano), fisiologia in relazione alla sensibilità alle condizioni ambientali (temperatura, umidità ecc.), alla resistenza a fattori stressanti (rumore, moti, vibrazioni ecc.), psicologia ed ovviamente conoscenze d’ingegneria per la progettazione dell’ambiente e delle macchine di lavoro nonché per l’ottimizzazione dei parametri ambientali (temperatura, umidità, ventilazione, ricambi d’aria, illuminazione ecc.)

Le misure antropometriche possono essere statiche o dinamiche e variano con l’età, il sesso, la razza ecc. In generale, tali valori sono esprimibili in funzione della statura posta uguale a 100 parti. Le misure prese sono tabellate ed in funzione di queste è possibile ad esempio, valutare la distanza tra due corrimani di scale per una, due o tre persone che deve essere rispettivamente di 0.55, 1.30 e 1.90 metri, o gli ingombri dei sedili, pendenze delle scale (in locale macchina deve essere minore di 75°), le dimensioni delle porte. In presenza di una sola scala, è necessario disporla per chiglia in modo da non risentire molto di eventuali inclinazioni della nave; se, invece, le scale sono due, possono essere disposte per madiere in quanto una assumerà una pendenza maggiore e l’altra minore, quindi una delle due è praticabile. Gli ascensori sono dimensionati in funzione del numero di persone a bordo ed in particolare la velocità varia a seconda del numero di ponti da servire.

7.2 - Il benessere termico ed i fattori climatici.

L’essere umano è omeotermo, cioè a temperatura costante, per cui è dotato di un sistema termoregolatore che mantiene costante ed entro determinati valori la propria temperatura per garantire le condizioni di efficienza psichica e fisica. La temperatura interna è di 37° mentre quella esterna varia da 20° a 37° a seconda delle zone e delle condizioni. Il benessere termico è una sensazione soggettiva dipendente soprattutto dall’entità dello sforzo a carico del sistema termoregolatore per la conservazione dell’equilibrio termico del corpo umano. Il benessere termico, quindi, è in stretto rapporto con l’attività metabolica del soggetto che varia con il grado di attività dell’individuo. L’omotermia tende a bilanciare la quantità di calore che riceve dall’esterno e quella che produce. L’equazione del bilancio termico è:

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ERCMT CCCCB −±±=

in cui:

- CM è il calore di produzione metabolica; questo è sempre positivo, cioè sempre superiore alla quota necessaria;

- CC è il calore di conduzione e convezione; questo è positivo se lo scambio è dall’ambiente al corpo umano, negativo in caso contrario;

- CR è il calore di irraggiamento; questo è positivo se lo scambio è dall’ambiente al corpo umano, negativo in caso contrario;

- CE è il calore disperso attraverso l’evaporazione; è sempre negativo in quanto riguarda uno scambio dal corpo verso l’ambiente.

Il benessere termico, allora, si ha quando il bilancio termico è in pareggio, cioè quando BT è nullo, senza che avvengano particolari stimoli che tendono a far produrre più calore ed a disperderne di meno o a diminuire la produzione ed ad aumentare la dispersione (brividi, sudorazione eccessiva ecc.). La quantità di calore prodotta da una persona in totale riposo è pari a circa 60-70 kcal/h (circa 1700 al giorno) ed è detto metabolismo di base, cioè consumo energetico di base per la normale attività degli organi costituenti. Se dal riposo totale si passa ad una condizione di attività muscolare, il metabolismo energetico aumenta fino ad un massimo di 900-1200 kcal/h, a seconda degli individui. Lo scambio di calore per convezione tra la cute e l’aria è molto piccolo (2-3 %) perché è basso il coefficiente di conducibilità dell’aria; dipende dalla differenza di temperatura tra la cute e l’aria e dalla velocità di questa. La dispersione di calore per irraggiamento dipende dalla temperatura media della cute e dalla temperatura radiante media, a sua volta funzione della velocità dell’aria, della differenza di temperatura del termometro con bulbo asciutto (globotermometro) e quella dell’aria e della temperatura del globotermometro. Una cessione di calore dal corpo umano verso l’aria circostante avviene attraverso l’evaporazione che si manifesta con l’espirazione, con la respiratio insensibilis (una lieve ma continua evaporazione dalla superficie cutanea) e con la sudorazione, che avviene quando la temperatura ambiente supera i 35° in quanto cessa la termodispersione per conduzione, convezione ed irraggiamento ed agisce solo la dispersione di calore con la sudorazione. La quantità di calore ricevuto o disperso dal corpo umano nudo per convezione, irraggiamento o sudorazione sono ricavabili da nomogrammi.

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7.3 - Il riscaldamento artificiale ed il condizionamento

Per assicurare una temperatura interna ottimale all’uomo occorre agire sulle condizioni climatiche dell’ambiente (temperatura, umidità relativa, irraggiamento e ventilazione) modificando in modo opportuno il microclima (i valori sono tabellati). La quantità di calore che un impianto di riscaldamento deve fornire dipende da:

- Cubatura dell’ambiente;

- Temperatura esterna;

- Grado di isolamento delle superfici delimitanti l’ambiente;

- Numero di persone presenti nell’ambiente;

- Tipo di attività che si svolge in esso.

Bisogna tener presente che l’umidità è meglio tollerata se la temperatura è relativamente bassa e l’attività svolta nell’ambiente è moderata. Il ricambio dell’aria è molto importante in quanto per la sola presenza dell’uomo in un ambiente si ha un’alterazione dell’aria (ossigeno sottratto, anidride carbonica ed umidità prodotta, odori ecc.). Nelle navi, poiché l’aria esterna è di gran lunga più pura di quella presente in una città, il sistema migliore, più efficace ed economico è quello del ricambio, purché si abbia l’accortezza di evitare che le correnti generate investano direttamente le persone per un tempo non breve.

7.4 – L’illuminazione

L’illuminazione è uno dei fattori ambientali che condiziona lo stato di benessere e può rappresentare un fattore importante nella prevenzione di alcuni infortuni. Se l’illuminazione è carente o eccessiva l’individuo subisce effetti negativi che possono essere causa di disfunzioni irreversibili all’organo della vista, a stati depressivi, calo del rendimento e, a volte, a gravi infortuni. L’illuminazione deve essere adeguata alle attività che si svolgono nell’ambiente e non vi devono essere sbalzi di illuminazione troppo marcati passando da un ambiente ad un altro per evitare che la fase di adeguamento diventi momento di scarsa visione e, quindi, di pericolo. L’occhio umano riesce ad adattarsi a condizioni di sub-illuminazione ma il ripetersi di tale condizione può portare affaticamento, calo di rendimento e delle qualità del lavoro. L’eccessiva illuminazione può portare al fenomeno dell’abbagliamento che può essere causa di infortuni. L’illuminazione naturale è quella che proviene dalla luce solare diretta o riflessa dalla volta celeste e da tutto quanto è attorno a noi. Quella riflessa dall’atmosfera è la più adatta all’occhio umano anche perché è la più uniforme. Ecco le definizioni delle grandezze fotometriche più importanti:

- Quantità di luce Q: è la quantità di energia raggiante emessa da una sorgente monocromatica in un certo tempo, moltiplicata per la visibilità della radiazione, dipendente dalla lunghezza d’onda;

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- Flusso luminoso φ: è la quantità di luce che una sorgente emette per unità di tempo, quindi è il prodotto della visibilità per la potenza della radiazione. Il flusso luminoso si misura in lumen.

- Intensità luminosa I: in una data direzione è la variazione del flusso rispetto all’angolo entro cui è emesso. L’unità di misura è la candela.

- Illuminazione E: in un dato punto, è il rapporto tra il flusso luminoso ricevuto da un elemento di superficie infinitesimo intorno a detto punto e l’area dell’elemento stesso. L’illuminazione media EM è quindi EM = φ/S. L’illuminazione si misura in lux.

Quando non è sufficiente la luce naturale si sopperisce con quella artificiale, che non deve essere né oscillante né abbagliante, ma deve tendere quanto possibile a quella naturale. Le lampade ad incandescenza hanno un rendimento molto basso (circa il 5%), sviluppando radiazioni (80%) e calore (15%). Sono, però, le più idonee per la composizione spettrale molto prossima a quella naturale, oltre che per la stabilità, praticità e sicurezza. Le lampade a fluorescenza hanno un rendimento più alto (20%) ma sono pericolose in caso di rottura. Delle tabelle del CEI specificano i valori ottimali e massimi dell’illuminazione.

Dove possibile, bisogna utilizzare l’illuminazione indiretta che ha il pregio di evitare l’abbagliamento, o meglio ancora quella mista che riduce anche le ombre troppo intense e garantisce il contrasto in modo opportuno.

Anche il colore può essere molto importante. La funzione psicologica del colore è soggettiva. L’azzurro viene utilizzato per dare informazioni e va usato come sfondo dei cartelli e delle frecce, il giallo attira l’attenzione per questo viene usato per segnalare ostacoli. L’azzurro appare più lontano, il giallo più vicino. L’arancione è usato per segnalare il pericolo di incendio, il rosso per l’emergenza ed è utilizzato per estintori, interruttori, spie luminose, condotte ad alta temperatura ecc. Locali lunghi e stretti possono apparire più ampi se le pareti laterali vengono pitturate con colori freddi (azzurro, grigio, verde) e quelle frontali con colori caldi (giallo, arancione, rosso, rosa, crema, marrone). Pareti a due o più colori a fasce orizzontali appaiono di minore altezza. Il colore degli arredi va scelto in relazione a quello delle pareti per eliminare l’uniformità e la monotonia e per generare sensazioni di piacere e benessere.

7.5 – Il Rumore

Il suono è la propagazione di energia dovuta alla vibrazione oscillatoria di un corpo vibrante in un corpo elastico. Il rumore corrisponde ad un’oscillazione sonora di grande irregolarità ed è un suono sgradito all’orecchio umano e talvolta dannoso. L’acustica studia i fenomeni sonori nel caso in cui il mezzo di propagazione è l’aria ed il ricevitore è l’orecchio umano. Le principali grandezze di un campo sonoro sono: la potenza acustica (cioè l’energia sonora irradiata nello spazio), l’intensità acustica (cioè l’energia acustica che attraversa una superficie unitaria normale alla direzione di propagazione in un secondo) e la pressione acustica (cioè la perturbazione subita dalla pressione dell’aria a causa della sorgente sonora). Il rumore in un certo punto dello spazio dipende dalla pressione acustica (che a sua volta dipende dalla potenza acustica della sorgente),

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dalla distanza tra il punto e la sorgente e dalle condizioni ambientali di propagazione. Se la frequenza del suono è compresa tra 16 e 16000 Hz e se l’energia sonora ha un livello di intensità compreso tra due frontiere, dette soglia di udibilità e soglia del dolore, allora il suono è percepito dall’orecchio umano. Poiché il rapporto tra le intensità sonore della soglia del dolore e della soglia di udibilità è pari a 1014 è stata introdotta una scala logaritmica per valutare l’intensità del suono in base alla sensazione che esso provoca all’essere umano. Una unità di intensità di sensazione sonora molto usata è il bel. Si assume come zero la sensazione prodotta dalla più bassa intensità sonora che l’orecchio è in grado di percepire, e si dice che il libello del suono è aumentato di 1 bel, se l’intensità della sorgente sonora è diventata 10 volte maggiore. Il bel è quindi il logaritmo in base 10 del rapporto tra l’intensità del suono che si vuole misurare e l’intensità minima che l’orecchio può percepire. Nella pratica si usa il decibel, che è un decimo di bel. Un’altra scala è quella dei phon, ottenuta paragonando il suono ad uno sinusoidale di riferimento con frequenza di 1000 Hz. Lo zero dei phon corrisponde alla soglia di udibilità, mentre la soglia del dolore corrisponde a 130 phon.

Nella figura si riporta l’audiogramma normale medio di Munson e Flercher: superare anche di poco la soglia del dolore comporta il danneggiamento dell’organo uditivo. Inferiore a questa è la soglia del fastidio. L’esposizione prolungata a rumori con valori prossimi a quelli di tale soglia provoca danni gravi ed irreversibili all’orecchio.

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7.5 – Le vibrazioni

Uno stimolo esterno impresso ad un mezzo elastico muta lo stato di quiete o di moto preesistente; le particelle del mezzo si muovono di moto oscillatorio ripsetto alla posizione di equilibrio e generano vibrazioni meccaniche. Si chiama frequenza fondamentale di un corpo quella con cui esso vibra formando un solo segmento vibrante; si chiamano armoniche i segmenti vibranti le cui frequenze sono multiple di quelle fondamentali. Si parla di risonanza se o di interferenza se le armoniche sovrapponendosi si rinforzano o si riducono. Le vibrazioni meccaniche hanno una frequenza inferiore a 16 Hz, quindi lontane dalle frequenze delle oscillazioni sonore. Si distinguono in vibrazioni propriamente dette, se hanno frequenza compresa tra 5 e 16 Hz ed ampiezza modesta, e scuotimenti, se hanno frequenze comprese tra 0,1 e 5 Hz ed ampiezza elevata. Le vibrazioni del corpo umano si distinguono in vibrazioni a bassa (f < 2 Hz), media (2 < f < 80 Hz) ed alta (f > 80) frequenza. Nel campo delle medie ed alte frequenze la muscolatura volontaria non è in grado di controllare i movimenti vibratori ed il corpo si comporta come un insieme di masse diverse collegate e suscettibili di movimenti relativi. Ognuna di tali masse può entrare in risonanza in specifici campi di frequenza tra i 2 ed i 30 Hz. L’esposizione alle vibrazioni produce affaticamento e quindi riduzione della capacità lavorativa. Per vibrazioni fino a 100 Hz, i limiti esposizione in funzione dell’ampiezza massima di accelerazione (valore efficace RMS) sono ricavabili dalla figura seguente:

Il diagramma di Meister stima la sensibilità del corpo umano alle vibrazioni (Ampiezza delle vibrazioni in cm in funzione della frequenza in Hz/s):

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E’ fondamentale che i luoghi dove non si svolge attività lavorativa, siano esenti da vibrazioni in modo che vi sia un effettivo riposo del lavoratore.

(MANCANO PRESCRIZIONI PER GLI ALLOGGI – PARTE DELLE SLIDE SULL’ERGONOMIA “PERSONE A BORDO DELLE NAVI”)

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CAPITOLO 8 - CONSIDERAZIONI PRELIMINARI SULLA

IMPOSTAZIONE DEL PROGETTO DI UNA NAVE MERCANTILE

8.1 – Introduzione

Il progettista, qualunque sia il tipo di nave deve realizzare due condizioni:

� fornire alla nave una carena avente dimensioni tali che il suo volume sia in grado di dislocare una massa d’acqua tale da sostenere il peso della nave nella condizione di pieno carico, ossia con la portata lorda assegnata, assicurando un bordo libero adeguato;

� dotare la nave di spazi da destinare al carico tali che la loro capacità esaurisca

completamente la portata lorda assegnata. La prima condizione impone di progettare una nave per la quale il prodotto del volume di carena per il peso specifico dell’acqua di mare eguagli il peso totale della nave vacante più la portata lorda. La seconda condizione impone di progettare una nave il cui volume totale sia tale da poter destinare al carico tutto il volume necessario per esaurirla portata lorda assegnata. Entrambe le condizioni devono essere soddisfatte ma è evidente che a seconda del caso

una condizione è più vincolante dell’altra. Ne scaturisce una prima suddivisione fondamentale delle navi:

a) Navi da PORTATA LORDA cioè navi per le quali l’elemento condizionante è il peso del carico, quindi con basso fattore di stivaggio(volume occupato dal carico m3/t[per

carico liquido è pari alla densità]) (bulk carrier, chimichiere; b) Navi da VOLUME cioè navi per le quali

l’elemento condizionante è il volume dello spazio da destinare al carico, che ha un elevato fattore di stivaggio(come navi per carichi alla rinfusa, navi per unità di carico caratterizzate da altezza costante o quasi, pallettizati, carichi refrigerati,veicoli ferroviari, portacontainer, navi passeggeri ,

c) vi sono poi navi classificabili come speciali(special purpose) .

Il percorso generale per l’impostazione e lo sviluppo del progetto di base è formalmente lo stesso per qualunque tipo di nave mercantile, e può essere espresso dal diagramma blocchi qui riportato, ciò che varia in modo sostanziale a seconda che la nave appartenga al gruppo a o b è il lavoro inerente alle fasi 3 e 4. È di fondamentale importanza la conoscenza del blocco 0 (dati del progetto),parimenti al blocco A.

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Per quanto riguarda il blocco B è di fondamentale importanza non partire da zero. Le dimensioni principali delle navi del campione dovranno essere espresse in funzione di una variabile caratterizzante il progetto. Tale variabile è:

• La portata lorda per navi a; • Il volume di stiva o comunque quello destinato al carico pagante per navi b; • La portata lorda e il volume destinato al carico per navi c;

8.2 – Navi da Portata Lorda

Come già detto, le navi “di portata lorda” sono quelle non a doppio scafo e per le quali l’elemento condizionante è il peso del carico, in quanto questo è caratterizzato da una elevata densità (superiore ad 1) e da un basso valore del fattore di stivaggio. Il progetto va impostato per conseguire la portata lorda assegnata con il minimo valore del volume di carena conseguendo la massima immersione possibile. Il rapporto tra portata lorda QL ed il dislocamento di pieno carico Δi n funzione della portata lorda deve assumere valori compresi nei campi indicati nella tabella 1 per navi bulk carrier e per petroliere. I valori consueti dei rapporti caratteristici, in funzione della portata lorda (variabile obiettiva) sono riportati in tabella, per le bulk carrier e petroliere,NB l’adozione del doppio scafo ha reso tali navi più vicine alle navi “da volume”, anche se alcune sono ancora navi “da portata”.

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E’ opportuno determinare, da navi della stessa tipologia, il campo dei valori del coefficiente di finezza totale CB e la sua tendenza in funzione di L/B, i valori più frequenti di CB variano tra 0.80 e 0.85. Nella determinazione delle dimensioni principali, è opportuno scegliere i valori più idonei dei rapporti � = ��� e ��, del coefficiente di finezza CB (dai dati delle navi similari) e fissare un primo valore dell’immersione di progetto che sia il massimo possibile, considerando ovviamente i limiti imposti dall’armatore o, più raramente, dal cantiere costruttore. Il valore grande dell’immersione è per realizzare il minimo valore del bordo libero regolamentare, migliorando la stabilità a nave integra (bordo libero tipo A o B-100 per le navi cisterna e tipo B-60 per le bulk carrier) .Si determina quindi il valore della lunghezza tra le perpendicolari dalla relazione � = � � � che, ricordando che è stato posto � = ��� , può scriversi: �� ��� = �� � � �

e, quindi: � = � �� ��� �

una volta determinato L (noto QL e scelti opportunamente L/B, K, CB e T), si può ricavare B=L/(L/B) e, scegliendo un opportuno valore di B/D in base ai dati delle navi del campione, D=B/(B/D) . Ciò fatto si può calcolare Δ e verificare il valore K scelto,si effettua la compartimentazione e si passa poi al calcolo della quantità di acqua da imbarcare per la navigazione in zavorra. Il percorso accennato va ripetuto più volte fino a quando non si hanno valori congruenti e ritenuti soddisfacenti per le dimensioni di carena, K e CB , è probabile che si renda necessario variare i valori delle dimensioni principali, tenendo l’accortezza di rimanere comunque nel range delle navi della stessa tipologia. Il progetto preliminare di larga massima prosegue

secondo il diagramma a blocchi, approfondendo di

volta in volta i singoli temi e dando maggiore

importanza ai risultati del blocco “stima del peso e

convalida della portata lorda” .

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8.2 – Navi da Volume

Come già detto si definiscono “navi da volume” quelle navi per le quali l’elemento condizionante è il volume dello spazio da destinare al carico . La dimensione che caratterizza queste navi è l’altezza di costruzione che risulta (relativamente) molto grande rispetto a quella che caratterizza le “navi di portata lorda” poiché, quindi, nell’altezza di costruzione entra anche l’immersione il vero elemento caratterizzante le “navi da volume” è la notevole altezza di bordo libero,particolare attenzione deve essere riservata alla stabilità a nave integra (oltre che a quella in caso di falla) in quanto le caratteristiche ora dette comportano una notevole quota del baricentro nave a pieno carico; ne consegue che il valore del rapporto B/D ha una importanza fondamentale . A maggior chiarimento di quanto detto si presentano nella figura 2 due situazioni che ipotizzano che il peso della nave vacante (per semplicità si considera un pontone, CB=1) sia zero,la portata Q, la lunghezza e la larghezza siano le medesime, la nave sia in acqua dolce, ed il carico abbia diverso peso specifico,2 t/mc per il caso A (nave di portata lorda) e 0.5 t/mc per il caso B (nave di volume) . Si è supposto che il peso dei due pontoni scarichi sia nullo La situazione A comporta che

il volume necessario al carico: �� = ��� = �� = � � ��

volume di carena: � = �� = �� = � �

ricavando Q ed eguagliando si ha: 2 � � �� = � � per cui è: = 2 �� La situazione B comporta:

volume necessario al carico: �� = ��� = ��.� = � � ��

volume di carena: � = �� = �� = � � ricavando Q ed eguagliando si ha: 0.5 � � �� = � � per cui è: = 0.5 �� Confrontando i due casi, è: 2 dA = 0.5 dB

dB = 4 dA

T = TA = TB

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Quindi con le ipotesi fatte, proprio per esaltare la diversità dei due casi -risulta che

l’altezza di costruzione della “nave da volume” è quattro volte quella della “nave da

portata” pur avendo la medesima immersione. In generale, quindi, l’altezza di costruzione

di una nave da volume è più grande di quella di una nave “da portata” e tale maggior valore

è correlato al maggior valore del bordo libero . Detto BL il bordo libero regolamentare(quello che risulta dalle regole della Convenzione Internazionale sulla Linea di Carico del 1966) si avrà che esso, per il caso B trattato, non potrà essere la distanza tra il galleggiamento di pieno carico e l’orlo del ponte a murata, in quanto l’altezza di costruzione, per le navi da volume, sarà maggiore della somma dell’immersione di pieno carico ed il bordo libero regolamentare Infatti, detto BLR (il bordo libero reale), cioè la distanza tra il ponte ed il galleggiamento di pieno carico, si ha: D = T + BLR BL <BLR D >T + BL A causa degli accennati problemi di stabilità, spesso si è costretti ad aumentare la larghezza (e, di conseguenza a ridurre la lunghezza nave) .

Per navi da carico generale e polivalenti (“navi da volume”) il rapporto � = ��� può variare in un campo abbastanza vasto a seconda della velocità, dei mezzi di movimentazione del carico, delle dimensioni principali, ecc.; i valori più consueti sono K = 0.70 ÷0.75. I rapporti caratteristici sono quelli indicati in tabella in funzione della portata lorda in tonnellate.

Per la determinazione delle dimensioni principali conviene dare la precedenza alla larghezza. Dalla relazione � = � � � che, ricordando che è stato posto � = ��� , può scriversi:

� ��� = � � � �

e, quindi:

� = � � ��� ��

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una volta determinato B (noto QL e scelti opportunamente L/B, K, CB e T), si può ricavare L=B/(L/B) e, scegliendo un opportuno valore di B/D in base ai dati delle navi del campione, D=B/(B/D) . Ciò fatto si può calcolare Δ e verificare il valore K scelto,si effettua la compartimentazione e si passa poi al calcolo della quantità di acqua da imbarcare per la navigazione in zavorra. Il percorso accennato va ripetuto più volte fino a quando non si hanno valori congruenti e ritenuti soddisfacenti per le dimensioni di carena, K e CB , è probabile che si renda necessario variare i valori delle dimensioni principali, tenendo l’accortezza di rimanere comunque nel range delle navi della stessa tipologia. Il progetto preliminare di larga massima prosegue secondo il diagramma a blocchi,

approfondendo di volta in volta i singoli temi e dando maggiore importanza ai risultati del

blocco “stima dei volumi per le diverse funzioni e convalida della portata” .

8.3 - Navi “da volume” adibite al trasporto di unità di carico

caratterizzate dall’essere una o più dimensioni costanti (o quasi)

In questo paragrafo si accenna a due tipologie di navi:

• navi “da volume” adibite al trasporto di unità di carico caratterizzate da altezza costante (o quasi) e con superficie in pianta variabile;

• navi “da volume” adibite al trasporto di unità di carico caratterizzate da larghezza ed altezza costante (o quasi) e di lunghezza variabile.

Rientrano tra le prime • quelle per il trasporto di carichi pallettizzati • quelle per il trasporto di sole automobili (car carrier) • le Ro-Ro per il trasporto di soli veicoli industriali (con sistemazioni per gli

autisti), • le navi per il trasporto di veicoli industriali e di contenitori (Ro-Lo), • le navi Ro-Ro per il trasporto di veicoli di tipologia diversa (autocarri, autotreni,

autoarticolati, caravan, camper, autobus, TIR, automobili, furgoni, ecc.) e passeggeri

• la maggior parte delle navi frigorifere, ecc Rientrano nelle seconde quelle navi adibite al traghettamento di vagoni ferroviari e di passeggeri. Il tipo di carico condiziona essenzialmente la distanza tra i ponti, mentre la portata condiziona la lunghezza e la larghezza della nave, oltre che il numero dei ponti poiché la portata condiziona la superficie dei ponti ed il numero di essi (superficie totale disponibile per il carico), tali navi sono dette anche “navi da superficie” o, a volte, “navi a carreggiate”, in quanto la superficie di ponte necessaria viene valutata considerando larghezze diverse di “carreggiata” a seconda della tipologia dei veicoli cui la nave è destinata

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L’altezza degli interponti varia a seconda del carico, in quanto i contenitori hanno altezza costante (8 piedi) e classi analoghe di veicoli hanno altezze quasi costante Oggi la maggioranza delle navi frigorifere (trasporto frutta, carne congelata o surgelata, pesce surgelato, ecc.) trasportano il carico in pallete quello più usato ha base da 1.0 x 1.2 metri ed altezza (compreso il pallet) di 1.8 metri; per queste navi l’altezza netta di interponte è di norma pari a 2.2 metri (il franco di 0.40 metri consente una agevole manovra ai carrelli “lift” per la movimentazione del carico) Per le navi che trasportano, oltre che veicoli di dimensioni maggiori (TIR, autocarri, ecc.), anche automobili ed altri veicoli minori sono previsti, di norma, ponti mobili che dimezzano l’altezza tra i ponti fissi (strutturali) Particolare attenzione deve essere riservata alla stabilità a nave integra (oltre che a quella in caso di falla), in quanto le caratteristiche ora dette (soprattutto il numero dei ponti e la distribuzione dei carichi paganti) comportano una notevole quota del baricentro nave a pieno carico ne consegue che il valore del rapporto B/D ha una importanza fondamentale. Pari importanza va riservata alla stabilità in caso di falla con conseguente allagamento del ponte garage per navi Ro-Ro tra i dati di progetto direttamente forniti dall’armatore ci deve essere o il numero ed il tipo di veicoli (di solito diviso in due gruppi: numero di trailerse numero di automobili) o la superficie totale da destinare al carico o la lunghezza complessiva di carreggiata (se la nave è destinata solo al trasporto di trailers) . Viene inoltre fornita la portata lorda, la velocità alle prove e l’autonomia. Il progetto deve dare priorità alla superficie da destinare al trailerse solo in un secondo momento si considereranno le auto. Lo spazio in metri da destinare a ciascun trailers con contenitore è pari ad una superficie in pianta di 12.5 x 3 con altezza pari a 4.5 m; l’altezza di interponte è, di solito, pari a 5.5 m . Per navi Ro-Ro per trasporto di veicoli industriali, detta D* l’altezza complessiva del volume ad essi destinato, si forniscono in tabella i valori consueti per i rapporti caratteristici in funzione del numero di trailers. La prima grandezza da determinare è l’altezza di costruzione che dipende essenzialmente dal numero dei ponti da destinare al carico, oltre che dall’altezza del doppiofondo.

Si passa poi alla stima di Lin funzione di froude e in base alla superficie da destinare al carico, si passa poi alla stima di B, stimate le dimensioni principali si passa alla stima del CB, e quindi si ricava T. Si passa infine al calcolo di CM,CP,CW. Calcolato il volume di carena, si confronta il valore di � = ��� con quello di navi similari, quando si è affinata la stima di D e T si calcola il bordo libero,indi si passa quindi alla valutazione di larga massima della potenza propulsiva e della L di AM. Si stima il peso di nave vacante, si verifica la congruenza con il volume di carena, si passa poi alla compartimentazione trasversale, e alla stima della posizione del baricentro nave e alla verifica di stabilità.

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8.4 - Navi “da volume” adibite al trasporto di unità di carico unificate, cioè

di carichi modulari

Il carico di queste navi sono unità modulari, detti contenitori. I contenitori più diffusi sono quelli da 20 e 40 piedi di lunghezza, la larghezza e l’altezza è pari ad 8 piedi. Le navi che sono adibite al trasporto di soli contenitori sono dotate di un sistema di guide che consentono di impilare entrambi i suddetti tipi di contenitori, i quali restano bloccati e non necessitano di ulteriori mezzi di fissaggio. I contenitori vengono disposti con la dimensione maggiore nel senso longitudinale della nave, per cui la lunghezza della zona adibita al carico varia in funzione diretta della lunghezza del contenitore (aumentata di una piccola quantità dovuta alle guide ed ai laschi). La larghezza massima della nave dipende dal numero di file di contenitori (la cui larghezza è pari ad 8 piedi più una piccola quantità per le guide ed i laschi) e dalla necessità di dotare la nave di sezioni chiuse ad U (doppio scafo) per la resistenza della trave nave alle sollecitazioni di flessione e torsione. L’altezza delle navi portacontenitori dipende dal numero di contenitori impilati, il quale, a sua volta, dipende dalla resistenza del contenitore più in basso, che deve sopportare il peso di quelli sovrastanti. Il contenitore standard ha una resistenza tale da sopportare il peso di 5 contenitori, per cui, l’altezza di costruzione è data da D ≈DF + (1+5) 8 x 0.3048 = DF + 14.63 metri, essendo DF l’altezza del doppio fondo (sempre presente per rendere, come già detto, la trave nave con sezioni chiuse ad U). Vi sono contenitori a maggiore resistenza; quelli di massima resistenza possono sopportare fino a 13 pezzi [D ≈DF + (1+13) 8 x 0.3048 = DF + 34.14 metri] Più che fissare la portata lorda, l’armatore fissa il numero massimo di contenitori che la nave dovrà trasportare, esprimendola in contenitori da 20 piedi di lunghezza (TEU),inoltre, l’armatore indicherà se la nave dovrà passare o meno per il Canale di Panama, il che comporta una larghezza nave non superiore a 32.2 metri. Una nave portacontenitori avrà necessariamente un esteso corpo cilindrico, tutto destinato al carico (con limitati spazi non utilizzati solo nello strato inferiore a causa della presenza del ginocchio) e forme di prua tali da ridurre gradualmente il numero di file di contenitori ivi presenti. Non tanto perché il progetto va impostato avendo come fine principale la realizzazione di un idoneo volume per il carico, ma soprattutto perché il carico è a basso peso specifico, le navi portacontenitori sono navi “da volume” e, pertanto, sono caratterizzate da una notevole altezza di costruzione e non presentano problemi per il bordo libero. Facendo riferimento anche a navi similari, è opportuno iniziare il progetto determinando il numero di contenitori disposti nella fila longitudinale centrale, in una riga trasversale del corpo cilindrico ed in una pila, tali da permettere di realizzare il numero complessivo di contenitori. Sempre facendo riferimento a navi similari, si passa a stimare: • la lunghezza tra le perpendicolari in funzione del numero di contenitori della fila centrale, • la larghezza massima in funzione del numero di contenitori in riga, • l’altezza di costruzione in funzione del numero di contenitori in pila. Per navi portacontenitori che devono passare per il Canale di Panama, i valori consueti dei rapporti caratteristici sono quelli riportati nella tabella 10

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in funzione del numero di contenitori (TEU), mentre per navi portacontenitori che

non devono passare per il Canale di Panama i valori sono quelli in tabella 11.

8.5 - Navi per soli passeggeri e da Crociera

Le navi da crociera, ed in generale quelle per soli passeggeri, sono le navi “da volume” per antonomasia. Per le navi da crociera, il rapporto tra portata lorda e dislocamento è molto basso -inferiore a 0.20 –e la portata lorda è costituita anche, in modo non trascurabile, da zavorra liquida. Ad esempio, la nave Caribean Pricess ha un dislocamento di 71956 t ed una portata lorda di 10049 t (rapporto 13.96); la portata lorda comprende 2396 t di acqua di zavorra e 1531 t di acque grigie o di zavorra (per cui il 39% della portata lorda è costituita da zavorra liquida).Il peso delle persone (1108 di equipaggio e 3598 passeggeri) e dei loro effetti personali è di circa 470 t (pari al 4.68% della portata lorda). Notevole è, invece, il peso dei combustibili: 3310 t, pari al 32.9 % della portata lorda,ne scaturisce che l’immersione è molto piccola, 8.05 m a fronte di una Lunghezza tra le perpendicolari di 242.24 m ed una larghezza di 36.00 m. Tra i dati di progetto devono essere inserite informazioni abbastanza dettagliate sulle sistemazioni alberghiere, di intrattenimento e commerciali per i passeggeri, nonché sulle sistemazioni abitative per il personale che a diverso titolo lavora a bordo. Pertanto vanno definiti:

• numero delle cabine per passeggeri e relativa tipologia [suite, di lusso, esterne (con e senza balcone), interne, numero di posti letto] e livello di comfort(con particolare riferimento ai servizi igienici),

• numero delle cabine per equipaggio e altro personale e relativa tipologia [suite, esterne, interne] e livello di comfort,

• dimensioni e caratteristiche dell’atrio (questo ha assunto una notevole importanza richiedendo notevoli dimensioni in pianta ed altezza che si estende per molti ponti),

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• numero e caratteristiche dei ristoranti, tavole calde, sale buffet, bar, gelaterie, ecc.

• numero e caratteristiche delle mense ed altri spazi per l’equipaggio ed altro personale di bordo,

• numero e caratteristiche di teatri, sale da ballo, night club, sale di lettura, sale da fumo, sale per televisione, sale da gioco (per adulti, giovani, bambini), casinò, negozi (regalo, articoli da abbigliamento, fioraio, cartoleria, libreria, tabaccheria, ecc.), servizi (cambio, parrucchiere, barbiere, lavanderia, ecc.),

• numero e caratteristiche delle cappelle per il culto, • numero e caratteristiche delle piscine, giochi d’acqua, saune, palestre, campi da

gioco, ecc. • ecc

Il progetto ha inizio con una stima delle superfici necessarie per le cabine e per gli spazi comuni, si passa a valutare il volume necessario, che è influenzato dalla scelta del ponte d’imbarco. Si passa a stimare le dimensioni principali, abbozzando i piani generali con piccola scala 1/1000, passando ad una prima stima del peso, scegliendo il CB si valuta il volume di carena e quindi l’immersione. Si stima la potenza propulsiva e quella elettrica,scelta del motore, dimensioni dell’AM. Si studia poi la compartimentazione antincendio, si procede alla stesura dei piani generali 1/200 e si ripercorrono le fasi prima descritte, passando poi allo studio della compartimentazione, stabilità a nave integra, in falla. Si passa al proporzionamento strutturale (presenza dei puntelli nell’atrio) .

8.6 - Navi per carichi speciali

Esistono navi adibite al trasporto dei carichi speciali, caratterizzati da un peso elevato o da dimensioni considerevoli, richiedenti mezzi particolari per lo stivaggio e la movimentazione. Il progetto di queste navi segue lo stesso di quelle da portata lorda.

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CAPITOLO 9 - CONSIDERAZIONI GENERALI SUL

DISLOCAMENTO I PESI CHE LO COSTITUISCONO

9.1 – Introduzione

Qualunque sia il tipo di nave da progettare e qualunque sia il procedimento che si intende seguire per progettarla, occorre conoscere il suo dislocamento. Il dislocamento è il peso complessivo , in tonnellate , della nave che , per la legge di Archimede è uguale al peso del volume dislocato dalla nave che liberamente galleggia in condizioni statiche. Pertanto detto Δ il dislocamento e ∇ il volume , in metri cubi della carena fuori fasciame, si ha:

Δ= ∇

dove è il peso specifico dell’acqua dove liberamente galleggia (1.0259 t/m3

).

All’inizio del progetto non si conosce lo spessore del fasciame ed il volume delle appendici, per cui ci riferiamo inizialmente alla “carena nuda” ∇ , cioè della carena fuori ossatura e senza appendici.

Detto K il rapporto tra il volume della carena con fasciame e con la appendici, ed il volume della carena nuda �=∇ / ∇ si può utilizzare in una prima fase di progetto

Δ= K ∇ con :

• K=1.006 per navi monoelica;

• K= 1.010 per navi bielica

Di norma, il dislocamento è quello corrispondente alla massima portata lorda consentita.

Questo dislocamento è detto di progetto o di pieno carico normale, o alla massima immersione consentita, rappresenta il massimo dislocamento che la nave può assumere.

DISLOCAMENTO A NAVE VACANTE Δ0 " ΔNV o dislocamento leggero , è il peso della nave completamente scarica di persone e dei loro effetti personali, dei consumabili e del carico pagante, con i soli liquidi nelle tubazioni e nei macchinari(liquidi non aspirabili).

PORTATA LORDA QL: è la differenza tra il dislocamento di progetto e quello a nave vacante;

ovvero è la somma dei carichi paganti, dei carichi consumabili, delle persone e delle loro cose. Solitamente è un dato del progetto. Δ=ΔNV+####L

PORTATA NETTA QN: è il peso dei soli carichi paganti.

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DISLOCAMENTO DI ZAVORRA dislocamento della nave in zavorra, per consentire una efficiente navigazione nel caso sia costretta a navigare senza carico.

La determinazione del peso della nave vacante ΔNV viene detta “PESATA DELLA NAVE” e può essere fatta solo a nave completamente realizzata.

Per facilitare la pesata della nave , è d’uso nei cantieri navali , dividere il dislocamento in diversi insiemi.

Per navi da carico il numero minimo è:

• PS peso dello scafo (fondo, paratie, murate, impavesate, ponti, cofani, sovrastrutture etc.)

• PAM

peso dell’apparato motore (motrice, caldaie, linee assi, centrali elettriche, ausiliari

etc.)

• PAL

peso dell’allestimento (rivestimenti, aux, tubolature, impianto elettrico, alloggi etc.)

9.2 – Pesi costituenti la Portata Lorda

La portata lorda più spesso indicata con TDW o DWT(dead weight tons) è la portata massima della nave, cioè dei carichi paganti (portata netta) e dei carichi non paganti che possono essere imbarcati fino a far raggiungere alla nave il peso del dislocamento di progetto.

I carichi non paganti per una nave non passeggeri sono i seguenti:

• Equipaggio o Persone ;

o Effetti personali.

• Consumabili: o Combustibili

o Lubrificanti

o Acqua di alimentazione caldaie

o Acqua potabile

o Acqua dolce di refrigerazione

o Viveri

• Scorte o Materiale per pitture

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o Materiale per carpenteria

o Cavi, cime, catene ecc

o Altre

• Zavorra(non fissa)

9.3 – Classificazione dei diversi pesi costituenti la nave

Nei cantieri , a ciascun elemento costituente la nave scarica ed asciutta viene assegnato un codice, anche per facilitare la compilazione dell’esponente di carico e per individuare i disegni costruttivi. Viene adottato uno degli “ship work break down system”. Per le navi mercantili di norma si usa il seguente metodo. Gli elementi costituenti la nave vengono tutti divisi in 6 gruppi, come riportato nella tab 2. Pertanto ad esempio tutti gli elementi costituenti le strutture avranno numeri compresi tra 1000 e 1999. Ogni gruppo è poi diviso in sottogruppi(ad esempio “strutture dello scafo” ha numerazione da 1000 a 1199,e a sua volta il sottogruppo è diviso in livelli come mostrato in tabella.

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CAPITOLO 10 - STIMA DEL DISLOCAMENTO NELLA PRIMA FASE

DEL PROGETTO

10.1 – Introduzione

Se si è giunti alla decisione di realizzare una nuova nave è perché l’armatore ha stimato conveniente potenziare la propria flotta, è evidente che l’armatore ha svolto proprie valutazioni e intende avere una nave da impiegare in un dato traffico, aventi determinate caratteristiche , ovvero servizio, portata lorda(o netta) , velocità di servizio ed autonomia che saranno sicuramente dati del progetto. Tra questi dati , quello che ha maggior influenza sul dislocamento sicuramente è la portata lorda, oltre al tipo di servizio. Riviste specializzate , ed i libri registri dei Registri di classificazione difficilmente riportano il dislocamento, ma solitamente danno svariati dati delle navi. L’ufficio studi del cantiere, come anche il progettista che svolge in modo libero la professione, dovrebbero avere molta attenzione nel raccogliere articoli o “paper” inerenti alle navi varate, e catalogarli, in modo da poterli utilizzare in fase di progetto. I laboratori di idrodinamica navale, spesso , hanno proprie banche dati relative alle carene per le quali hanno seguito prove(in tal caso sicuramente troveremo anche il dislocamento), è ovvio che i laboratori sono tenuti alla segretezza , che può essere tolta solo su autorizzazione esplicita del committente.

10.2 – Valutazione del Dislocamento in relazione alla sola portata lorda

Come già detto sono sicuramente tra i dati di progetto : il servizio e la portata(netta o lorda). Se abbiamo la portata netta e non la lorda, allora possiamo stimare la portata lorda anche se in modo grossolano, calcolandoci il rapporto QN/QL per diverse navi dello stesso tipo e portata netta prossima a quella in progetto. Per la nave in progetto verrà assunto il valore della media dei detti valori, e quindi noto QN si determina QL, è preferibile , anche se con approssimazione più grossolana, porre in un grafico i valori di QN/QL in funzione di QN e determinare il valore di QL entrando nel grafico con il valore della QN della nave in progetto. Ovviamente in tal caso la stima è molto grossolana e può essere utilizzata solo come primo dato di orientamento.

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È possibile comunque eseguire un’analisi statistica dei valori del Δ e della QL del campione e ricavare, per la grandezza y= Δ, la curva dei valori medi in funzione della grandezza x=QL assunta come variabile indipendente. Oggi con un PC e con un foglio di calcolo elettronico è facile tracciare una o più linee di tendenza (polinomiale,lineare,esponenziale…etc) del diagramma dei valori medi.

Dal grafico per una QL= 50000 t Δ= 61099 t, per la1 e 61132 per la 2. Nella tabella a fianco sono riporti alcuni dati, tra i quali il dislocamento e la portata lorda, relativa a navi portacontenitori, come si può notare la portata lorda del campione in esame varia tra 22960t e 52100 t, con una media pari a 38976 t. Il campione in esame ha un dislocamento medio di 55592 t per cui per il campione si ha un k= 0.701. tale valore può essere utilizzato per una stima, certamente grossolana del dislocamento della nave portacontenitori in progetto assumendo che : Δ= QL/K=45000/0.701=64194 t. Ponendo invece i valori di tale tabella su di un diagramma (sotto riportato), troveremo che Δ=

(QL / 0.6767) – 1706 = 64793 t.

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10.3 – Valutazione del Dislocamento in relazione alla portata lorda ed alla

velocità

Invece di fare riferimento alla sola portata lorda, si può considerare anche la velocità di crociera. In tal caso la stima del dislocamento è un po’ meno grossolana, vista l’influenza di V sul dislocamento. Nell’ipotesi che i dati a disposizione sono quelli in tabella 2, occorre calcolare i valori di K correlati alla velocità di esercizio, potendo così arrivare a tracciare la retta di regressione come in figura 3.

O la polinomiale non tracciata:

le quali daranno rispettivamente Δ=67114 t e Δ=64870 t.

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10.4 – Determinazione del Dislocamento leggero per alcuni tipi di navi

mercantili senza far ricorso ad una nave base

Per alcune tipologie di navi( da carico generale, granaglie, carichi secchi, roll-on/roll-off, navi frigorifere e navi portacontenitori) esistono metodi approssimati per la determinazione del dislocamento di progetto. Tali metodi sono finalizzati alla stima del peso della nave vacante ΔNV, noto il quale è facile è facile valutare il dislocamento di pieno carico normale Δ, essendoci tra i dati di progetto la QL, Δ= ΔNV+QL. I metodi di calcolo sono dovuti ai professori Meizoso Fernandez e Garces, della scuola d’ingegneria navale di madrid, che permottono il calcolo del dislocamento a nave vacante delle navi sudette conoscendo il volume di stiva, la portata lorda, la velocità di prova ed il numero di persone dell’equipaggio. Gli stessi professori , hanno elaborato dei metodi per il calcolo del dislocamento a nave vacante e la stima delle coordinate del baricentro, attraverso valutazioni sui carichi costituenti la portata lorda e sulla loro probabile ripartizione tra le stive, presupponendo la conoscenza della lunghezza tra le perpendicolari, larghezza massima, altezza al ponte continuo più alto, potenza dell’apparato motore, regime di funzionamento del motore, modulo di resistenza della sezione

maestra.

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CAPITOLO 11 – TRATTAZIONE GENERALE DELL’EQUAZIONE DEL

DISLOCAMENTO SCRITTA UTILIZZANDO I DATI DI UNA NAVE

ANALOGA A QUELLA IN PROGETTO

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Capitolo 12 - DETERMINAZIONE DEL DISLOCAMENTO

UTILIZZANDO I DATI DI UNA NAVE ANALOGA QUELLA IN

PROGETTO

12.1 – Introduzione

In questo capitolo verrà applicata ad alcuni casi particolari l’equazione generale del dislocamento che, come visto nel capitolo precedente si presenta nella forma:

∆= % &'∆() �*)�+),)-.) … 01) O più sinteticamente ∆= ∑ 3' che traducono in forma generale l’analoga relazione

∆= ∆� + �� = 567 + 6�8 + 6��9 + 5�: + �; + �< + �= + �>9 (2)

12.2 – Determinazione del dislocamento per una nave avente solo diversa

portata rispetto alla nave presa a riferimento

Siano ∆�, 67�, 6���, 6�8� @ ��� i valori de inerenti alla nave base presa a riferimento di quella di progetto. La nave in progetto dovrà avere la stessa velocità V, la stessa autonomia H, e lo stesso numero E di persone d’equipaggio, ma la portata lorda �� diversa dalla nave di riferimento che, ovviamente , è dello stesso tipo di quella in progetto.

In questo caso particolare si avrà che i singoli addendi dell’equazione del dislocamento della nave in progetto differiranno da quelli della nave base, unicamente perché sarà diverso il valore del dislocamento tra le due navi, essendo diverso il valore della portata lorda. Allora si può scrivere:

∆= % &'∆() �*)�+),)-.) … 01) = % &'∆() + ��

Differenziando la (2) rispetto alla condizione iniziale si ha :

�∆= ��A∑ (BC∆C� � dove il termine 1 − ∑ F GC∆C = Φ detto coefficiente di variazione del dislocamento

per una variazione unitaria della portata lorda. H = I ∆I#

Rendimento di portata dovuto alla variazione di dislocamento ψ, è l’inverso di Φ, ovvero Ψ = .�.∆

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Le variazioni unitarie subite dalle singole categorie di pesi Xi a causa della conseguente variazione dΔ subita dal dislocamento, sono calcolabili differenziando 3 = & ∆( ovvero �3 = (∆C 3��∆

12.3 – Determinazione del dislocamento per una nave avente solo diversa

portata rispetto alla nave presa a riferimento usando l’equazione linea

rizzata del dislocamento

Alcuni studiosi suggeriscono di non considerare, come visto nel capitolo precedente,

l’uguaglianza tra i termini J' = K)∆ = K)C∆C = J'� per i = S(cafo); AM(app. motore),

AL(allestimento);

ma J7 = KL∆M/O = KLC∆CM/O = J7� , J�� = KP�∆Q/O = KP�C∆CQ/O = J���, J�8 = KPR∆S/O = KPRC∆CS/O =J�8�

Pertanto l’equazione del dislocamento diviene

∆= J7 ∆T/U + J��∆V/U + J�8∆�/U posto 3 = ∆�/U diviene

3U = J7 3T + J��3V + J�83� + �� che può essere risolta per tentativi.

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12.4 - Equazione del dislocamento nel caso in cui la nave in progetto e

quella di riferimento differiscono solo per i valori della portata lorda e della

velocità massima.

Nel caso in cui la nave in progetto e quella presa a riferimento differiscono per la portata lorda

e per la velocità di prova (o massima), l’equazione del dislocamento ∆= ∆� + �� =567 + 6�8 + 6��9 + ��

Rappresentata anche dalla ∆= ∑ &'∆() �*)�+),)-.) … 01) ricordando il prospetto

seguente può essere scritta

∆= J7 ∆ + J��∆ + J�8∆�/W�W + X��� raggruppando diventa

(1 − J7 − J��)∆ − J�8∆�/W�W − X��� = 0 e quindi

∆ − [PR <\(�A[LA[P�) ∆�/W − ]���(�A[LA[P�) = 0

Posto � = [PR <\(�A[LA[P�) e � = ]���(�A[LA[P�) e ponendo

x=Δ1/3

, possiamo scrivere ∆ − �∆�/W − � = 0

^W − �^� − � = 0 che è un’equazione di terzo grado nell’incognita x=Δ1/3 ed ammette come soluzione, unaradice reale e due complesse. I coefficienti di peso J' = K)∆ = K)C∆C = J'� per i = S(cafo); AM(app. motore), AL(allestimento);

L’equazione ∆ − �∆�/W − � = 0 può essere risolta sia per via analitica che grafica, riguardo la via grafica (o per tentativi) assunta una coppia di assi cartesiani x ed y e posto _ = ^W − �^� − � si fissano alcuni Δ, quindi x, trovando i corrispondenti y, la procedura finisce quando trovo la x che soddisfa l’equazione. Meno semplice è il caso in cui ho la portata netta e non la lorda.

In questo caso si perviene alla stessa espressione ∆ − �∆�/W − � = 0 nella quale però i coefficienti A e B avranno espressioni diverse da quelli prima trovati. In questo caso infatti la

∆= J7 ∆ + J��∆ + J�8∆�/W�W + X��� assume la forma

∆= J7 ∆ + J��∆ + J�8∆�/W�W + J:∆�/W�W` + X;a + X<a`� + X>�>

Ovvero per successive sostituzioni si ha:

� = [PR <\b[c <\d(�A[LA[P�) e � = ]e;dCb]f�fb]g;(�A[LA[P�)

∆ − �∆�/W − � = 0 potrà essere risolta in modo analogo a prima.

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Capitolo 13 - DETERMINAZIONE DELLE DIMENSIONI PRINCIPALI

E DEI COEFFICIENTI DI FINEZZA NELLE DIVERSE FASI DEL

PROGETTO

13.1 – Introduzione + Prima stima delle dimensioni principali

Le dimensioni principali hanno fondamentale importanza su diversi aspetti riguardanti la nave, come sintetizzato , in generale, nella tabella sotto.

Ovviamente , le dimensioni L,B,T hanno grande importanza sul volume di carena e quindi, sul dislocamento della nave.

Come detto nei capitoli precedenti

Per le navi da portata che in generale non presentano problemi relativi alla stabilità a nave integra, la dimensione principale più importante è la lunghezza che può essere espressa con la

formula dove � = ��� è ricavabile da navi similari e dello stesso tipo. Per tali

navi, il progetto va impostato per conseguire la portata lorda assegnata con il minimo valore del volume di carena, conseguendo la massima immersione possibile. Pertanto, noto QL e scelti opportunamente L/B, K, CB e T, in base ai valori di navi similari, si può eseguire una prima stima di L. Una volta determinato L, si può ricavare B (B=>L/B) e scegliendo un opportuno valore di B/D trovo D. Ciò fatto si può calcolare Δ e verificare il valore di K scelto. Il percorso accennato va ripetuto più volte fino a quando non si hanno valori congruenti e ritenuti soddisfacenti per le dimensioni di carena, K e CB.

Per le navi da volume , invece, che in generale presentano problemi relativi alla stabilità a nave integra, la dimensione principale più importante è la larghezza, che può essere espressa come

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dove � = ��� è ricavabile da navi similari e dello stesso tipo. Noto QL e scelti

opportunamente B/T,K,CB e L in base ai valori di navi similari e dello stesso tipo, si può effettuare una stima di B. Indi si può ricavare T=B/(B/T), e scegliendo un opportuno valore di B/D in base ai dati delle navi del campione, D=B/(B/D). Ciò fatto , si può calcolare � e verificare il valore K scelto. Il percorso accennato va ripetuto più volte fino a quando non si hanno valori congruenti e ritenuti soddisfacenti per le dimensioni di carena, K e CB. I valori tipici sono

Per le navi da portata lorda è fortemente consigliato scegliere un campione di navi dello stesso tipo e di recente costruzione, e porre in grafico ciascuna dimensione principale in funzione della portata lorda.

Nella determinazione delle dimensioni principali è molto importante considerare i valori che assumono i rapporti L/B, B/D e B/T. Esistono svariate formule per la stima in fase preliminare di L,B, e T( in funzione di Volume carico(da volume) e QL(portata lorda)). Tali formule non esauriscono il vasto insieme delle diverse tipologie di navi, come già detto è sempre opportuno esaminare un campione di navi di recente costruzione e della stessa tipologia della nave in progetto.

Come su scritto, si perviene alla prima stima dei valori delle dimensioni principali della nave , che saranno sottoposti a verifica nelle successive tappe. Una prima verifica della lunghezza, viene effettuata in funzione della velocità di esercizio e del dislocamento, finalizzata ad ottimizzare il rendimento economico della nave. La larghezza, l’immersione e l’altezza di costruzione saranno verificate essenzialmente sullo spazio da destinare al carico , alla stabilità a nave integra ed al conseguimento del bordo libero regolamentare. La formula seguente, basata su studi di ottimizzazione dei costi di produzione, consente di conoscere il valore opportuno che si

dovrebbe assegnare ad Lpp dove V è la velocità di esercizio, tale formula è

valida se il CB calcolato dalle seguente formula è compreso tra 0.48 e 0.85. il valore di Lpp così ottenuto è da ritenere valore a cui tendere per ottimizzare i costi, ma spesso la necessità di rispettare i requisiti tecnici non consentono di assumere tale valore.

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13.2 – Stima del coefficiente totale di carena

Il coefficiente di finezza totale Cb è, unitamente al coeff. Prismatico longitudinale CP, quello che maggiormente dipende dalla forma della carena. La capacità di carico e la resistenza al moto dipendono essenzialmente dalla lunghezza e dal CB. Una prima stima del CB viene fatta in funzione della velocità di esercizio e della lunghezza tra le perpendicolari. Tale stima è relativa a nave senza bulbo, sia perché il bulbo ha influenza diretta sul CB ma anche perché per ridurre la resistenza al moto il bulbo viene adottato o per velocità di esercizio o per valori di CB maggiori di quelli consueti per navi senza bulbo. Vengono date varie formule per il calcolo di CB fn(Lpp e V, o Fn), sotto riportate in grafico.

13.3 – Stima del coefficiente di finezza prismatico longitudinale

Il coefficiente di finezza prismatico longitudinale CP è quello che maggiormente dipende dalla forma della carena, anzi per navi con elevato Fn il Cp ha maggiore importanza di Cb. Navi che richiedono un lungo corpo cilindrico (portacontenitori, RO-RO) devono avere un elevato Cp. I valori di Cp dovrebbero essere compresi nei campi espressi dalle seguenti formule

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13.4 – Stima del coefficiente di finezza della sezione maestra

Il coefficiente di finezza CM della sezione maestra ha influenza non trascurabile sulla resistenza al moto. Navi piccole devono avere un valore CM abbastanza grande , per consentire di collocare sufficientemente in basso il motore(quanto più è piccolo il valore di CM comporta che il ginocchio si trovi a quota non piccola rispetto alla linea di chiglia. Una volta stimato il CM con una delle formule proposte, si deve controllare se esso è abbastanza prossimo a quello che si ottiene dalla relazione esatta

13.5 – Stima del coefficiente di finezza della figura di galleggiamento

Il coefficiente di finezza CW della figura di galleggiamento ha influenza sulla stabilità iniziale e sulla resistenza al moto. Una volta fissati CB e CM(quindi CP) il CW resta abbastanza definito, e può variare in un campo abbastanza definito in funzione della forma delle sezioni ad “U” o “V”.

13.6 – Coefficienti di finezza di carena ad immersione diversa da quella di

progetto

Fin dalle prime fasi del progetto preliminare può tornare utile stimare i valori assunti dai coefficienti CB e CW per dislocamenti intermedi tra quello a nave vacante e a pieno carico. Detto T il valore dell’immersione al dislocamento di pieno carico, l’immersione Tx al generico

dislocamento è data da

a cui compete

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13.7 – Stima della lunghezza del corpo cilindrico

La stragrande maggioranza delle navi mercantili hanno la parte centrale costituita da sezioni costanti(riduzione costi di costruzione, aumento capacità di stivaggio). Per assicurare una buona efficienza idrodinamica si consigliano i seguenti valori della lunghezza del corpo cilindrico.

13.8 – Stima della posizione longitudinale del centro di carena

Per ogni condizione di carico esiste una posizione ottimale del centro di carena e questa è realmente realizzabile se si ha XB=XG. Poiché è impossibile realizzare detta uguaglianza per ogni condizione di carico, si cerca di realizzarla per la condizione di pieno carico, accettando un piccolo margine di errore(piccolissimo trim) . i valori sotto riportati , massimo medio e minimo di Xb in percento misurato a partire da 0.5Lpp è positivo se verso prua.

13.9 – Considerazioni generali sull’influenza delle dimensioni principali e dei

coefficienti di finezza di carena

La determinazione delle dimensioni principali (e di conseguenza dei coefficienti di finezza) non può essere affidata unicamente alle formule fornite in questo capitolo, ma i valori ottenuti per le stesse devono essere sottoposti a verifica prima di essere accettati definitivamente. Per quanto riguarda la lunghezza nave, occorre, in primo luogo, verificare che il valore stimato non sia in contrasto con un eventuale vincolo posto dall'armatore (dovuto a chiuse, porti, bacini di carenaggio, ecc.) o con vincoli connessi al cantiere (lunghezza bacino o scalo di costruzione ).In secondo luogo, occorre verificare che il rapporto L/D non ecceda il valore massimo consentito dai Registri di classificazione navale, per non effettuare ulteriori verifiche della robustezza longitudinale della trave nave. Occorrerà poi verificare se una contenuta riduzione della lunghezza nave possa fare risparmiare una paratia trasversale di compartimentazione. Sarà necessario,

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anche, verificare che la lunghezza nave sia idonea ai fini delle prestazioni idrodinamiche della nave ed in particolare della resistenza al moto. In linea di massima occorrerà evitare che il numero di Froude sia tale da generare una interferenza negativa tra il sistema ondoso generato dal corpo prodiero e quello prodotto dal corpo poppiero della nave. Detti:

• L' la lunghezza della formazione ondosa trasversale generata dal corpo prodiero della nave, pari alla lunghezza al galleggiamento più una piccola quantità per tenere conto dello strato limite (non è errore grande considerare L'=LwL),

• λ la lunghezza d'onda della detta formazione ondosa,j • n=L'/ λ, il numero di onde della detta formazione ondosa che

interessano la nave, si ha che 1'interferenza tra i sistemi ondosi prodiero e poppiero è negativa se L'/( λ /2), detto il rapporto di interferenza, è un numero pari, mentre l'interferenza è benefica se il detto rapporto è un numero dispari. Nella tabella 3 sono riportati taluni rapporti di interferenza con le indicazioni corrispondenti. Se si e nella condizione di interferenza sfavorevole si dovrebbe variare la lunghezza di una quantità pari a λ/2 (per migliorare la resistenza a1 moto si deve aumentare la lunghezza e non diminuirla), impossibile. Per navi di medie o grandi dimensioni l'armatore nel suo studio di fattibilità ha già scelto velocita e portata (e, quindi, indirettamente dimensioni) tali che i1 numero di Froude sia prossimo a1 valore ottimale per quel tipo di nave. Per navi che hanno piccole dimensioni, basso valore di CB e numeri di Froude prossimi a 4, il fattore di interferenza e spesso prossimo a 2 (interferenza negativa) e non e possibile aumentare la lunghezza di una quantità pari a λ/2; in tale caso si dovrà dotare la nave di una carena di forma particolare nel corpo prodiero in modo da modificare convenientemente la formazione ondosa prodotta. Le verifiche cui deve essere sottoposto i1 valore della lunghezza nave cui si e ora fatto cenno ed altre che possono rendersi necessarie in relazione alia tipologia della nave ed alle sue prestazioni (esigenze connesse con i1 carico, manovrabilità, tenuta a1 mare, ecc.) sono tali da comportare 1'esame in tappe diverse del percorso progettuale, rna, comunque, si deve pervenire al valore definitivo certamente prima di iniziare i1 progetto esecutivo, preferibilmente in fase di progetto per i1 contratto. E' preferibile sottoporre a verifica simultaneamente la larghezza e l'immersione della nave in quanto :fissato i1 valore della lunghezza e quello del coefficiente di finezza totale CB,l’influenza della eventuale variazione di L deve incidere direttamente sul prodotto (L x B) e, quindi, una successiva variazione di B o di T deve comportare una congruente variazione di T o di B in modo che resti costante il valore del volume di carena V.

(a) Per quanto riguarda la larghezza nave, occorre, in primo luogo, verificare che i1 valore stimato non sia in contrasto con un eventuale vincolo posto dall'armatore (dovuto a chiuse, porti, bacini di carenaggio, ecc.) o con vincoli connessi al cantiere (lunghezza bacino o scalo di costruzione). Per quanto riguarda l'immersione si deve tenere presente che ad essa e direttamente legato il valore dell'altezza di costruzione e che, pertanto, occorre subito verificare che il valore stimato non sia in contrasto con un eventuale vincolo posto dall'armatore (dovuto al passaggio sotto ponti fissi) o con eventuali vincoli connessi.al cantiere (altezza massima di sollevamento delle gru). Va anche prioritariamente verificato che il valore stimato per l'immersione non sia in contrasto con un eventuale vincolo posto

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dall'armatore (passaggio in canali, porti, ecc. con fondali limitati). Per taluni tipi di navi (portacontenitori, traghetti per convogli ferroviari, ro-ro per veicoli industriali, ecc.) la verifica della larghezza nave e strettamente legata al carico.

Una variazione della larghezza B dovrà comportare una variazione – di segno opposto - di T e di D tali che non vari la (a), cioè il prodotto (B x T), e non vari 1'area della sezione maestra, cioè il prodotto (B x D);il primo per non incidere negativamente sulla stabilita della nave ed il secondo per non incidere sul volume destinato al carico. Pertanto il progettista deve tenere presente che un aumento della larghezza nave (e, quindi, una diminuzione dell'immersione) ha i seguenti effetti:

• aumento della resistenza al moto [RT = f (B/T)] e, quindi, della potenza propulsiva con conseguente aumento dei costi di investimento e di esercizio;

• possibilita di dover adottare un piu elevato regime di rotazione dell'elica (per ridurre il diametro) o di dover optare per la propulsione bielica (diametri decisamente inferiori rispetto a quello di una sola elica) per far fronte alla ridotta immersione; qualunque sia la soluzione, si avra un aumento dei costi di investimento e/o di esercizio; per le piccole navi (in particolare pescherecci, rimorchiatori, ecc.) si adotta la chiglia inclinata (navi a differenza di immersione) per garantire un adeguato battente d'acqua al disco dell'elica;

• aumento del peso scafo e, quindi, dei costi di investimento in quanto il peso dello scafo e funzione diretta del rapporto LID e, come gia detto, ad un aumento di B corrisponde una diminuzione di D e, quindi, un piu gravoso proporzionamento delle strutture del fondo e del ponte per garantire lo stesso valore del modulo di resistenza della sezione;

• aumento della stabilita iniziale dovuto ad un aumento di KM 5 ed ad una diminuzione di KG 6 (in definitiva si ha un duplice aumento di GM);

• doppia influenza sul diagramma di stabilita: aumento dei bracci di stabilita al piccoli angoli (vedi punto precedente) e riduzione del valore dell'angolo al quale l'orlo del ponte a murata tocca l'acqua a causa della riduzione dell'altezza D; di solito si ha anche un maggior valore dell'angolo di capovolgimento.

L'altezza di costruzione va verificata simultaneamente alia larghezza nave (come già detto), innanzitutto in relazione al bordo libero regolamentare; in secondo luogo in relazione al volume destinato al carico, infine in relazione alia quota del baricentro della nave nelle diverse principali condizioni di carico con riferimento alla stabilita a nave integra. Per quanto riguarda il coefficiente di finezza totale di carena CB, e semplicistico ritenere che quanto esso sia più piccolo tanto più piccola sarà la resistenza al moto. Infatti, se si riduce CB, per garantire i1 necessario volume di carena si deve aumentare una o più dimensioni principali. L'aumento più costoso è quello che riguarda la lunghezza nave; seguono nell'ordine l'aumento della larghezza (che migliora la stabilita) e quello dell'immersione (che peggiora la stabilita). Ne consegue che se si riduce CB, si deve aumentare B e tale aumento, come già detto, comporta un aumento della resistenza al moto che può annullare e a volte superare i benefici prodotti dalla riduzione di CB. A conclusione di questo capitolo si vuole ribadire che alla definizione delle dimensioni principali e dei coefficienti di finezza si perviene attraverso un percorso iterativo che, partendo da una prima stima grossolana, vede prendere in esame molteplici e diversi aspetti riguardanti i principali requisiti e caratteristiche della nave in progetto. Non procedere in tale modo

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comporta i1 serio e probabile rischio di non poter soddisfare a pieno uno o più requisiti con la conseguenza o di dover intervenire sulle dimensioni principali in una fase avanzata del progetto o di trovare soluzioni non pienamente corrette e comunque tali da comportare maggiori costi e tempi. Ne scaturisce che, alia conclusione del progetto per il contratto, le dimensioni principali della carena devono essere definite con certezza e quelle della nave con buona approssimazione in modo da essere certi di poter soddisfare tutti i requisiti e di realizzare una nave tecnicamente ed economicamente valida.

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Capitolo 14 - DETERMINAZIONE NELLE DIVERSE FASI DEL

PROGETTO DEGLI SPAZI DA ADIBIRE ALLE DIVERSE FUNZIONI:

EQUAZIONE DEI VOLUMI

Fin dalle primissime fasi del progetto è importante avere come obbiettivo la realizzazione di spazi il cui volume complessivo sia idoneo a ricevere il carico. E’ evidente che, come il dislocamento da assegnare alla nave dovrà corrispondere alla somma di tutti i pesi costituenti la nave, così il volume complessivo deve corrispondere alla somma dei volumi destinati alle stive e di quelli destinati a tutte le altre funzioni della nave. Pertanto come è fondamentale l’equazione del dislocamento lo è anche quella dei volumi. La portata lorda QL è il più importante dei dati di progetto. La portata netta QN può essere stimata con sufficiente approssimazione valutando il quantitativo necessario dei consumabili e sottraendo tale quantità dalla portata lorda. La conoscenza della portata netta serve a garantire il volume di stiva necessario per il carico.

Stima del volume complessivo della nave in funzione della stazza lorda.

La stazza lorda è data dalla formula GT = K1VT nella quale VT è il volume di tutti gli spazi chiusi della nave mentre K1 = 0.2 + 0.02 log10VT. Si ha allora che GT = 0.02 (10+log10VT)VT e quindi VT = (50GT)/(10 + log10VT)

Se la stazza lorda è un dato di progetto il progettista può ricavare facilmente il volume di tutti gli spazi chiusi attraverso la prima formula. La formula va utilizzata iterativamente, ovvero assegnato un primo valore arbitrario all’argomento del logaritmo (ad esempio VT = 1) si ricava, un valore per VT che viene attribuito come secondo valore all’argomento del logaritmo; si ricava quindi un altro valore per VT che viene attribuito come terzo valore all’argomento del logaritmo e cosi via.

Stima del valore della lunghezza tra le perpendicolari idoneo a realizzare il

volume complessivo stimato della nave.

Il volume di carena che deve essere dislocato per sostenere la nave nella sua condizione di pieno carico normale (PNV + QL) è dato da: V = CB LBT.

Il volume della nave sottostante il ponte superiore e compreso tra le perpendicolari VN può essere espresso con una formula analoga VN = CBD LB DC dove CBD è il coefficiente di finezza del detto volume e DC è l’altezza del ponte superiore cioe l’altezza del volume VN. Essa coincide

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con l’altezza di costruzione se la nave è senza insellatura ed imbolzonatura altrimenti DC = D + DLM + DTM dove DLM è l’altezza media dell’insellatura e DTM è la freccia media del bolzone.

Il volume della nave VN può essere considerato somma di due aliquote. La prima VC è quella relativa al volume fuori ossatura equivalente allo spazio sotto il ponte superiore adibito a contenere il carico. La seconda aliquota V0 è quella relativa al volume fuori ossatura equivalente allo spazio sotto il ponte adibito ad altri scopi (motori, macchinari ecc).

VN = VC + V0

Se la portata netta richiede un volume VT e può essere soddisfatta sistemando il carico pagante in parte nelle stive ed in parte sul ponte superiore occupando un volume VP allora VN può essere considerato come rapporto tra il solo volume sotto il ponte superiore da destinare al carico dato da: VT – VP ed un coefficiente KC che vale: KC = (VT – VP)/VN

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Per cui è VN = (VT – VP)/KC

Tali formule esprimono in modo diverso il volume della nave sottostante il ponte superiore compreso tra le due perpendicolari.

Il volume fuori ossatura equivalente allo spazio sotto il ponte superiore adibito a contenere il carico VC non è altro che il rapporto tra il volume sotto il ponte superiore da destinare al carico, dato da VT – VP, e la quantità 1-s dove s è la riduzione di volume dovuto alle strutture presenti.

La VN = CBD LB DC può essere scritta nel modo seguente:

��h = ��- �� -

��h �/W = ��- �� -�/W Supponendo DC = D e ponendo CBD = C’B si può scrivere

��h �/W = i �W�- �� - j�/W

E quindi

� = k �W�h �- �� - l�/W

3/1

2

2

'

=

DBC

BLVL

B

N

3/12

'

=B

N

C

D

B

B

LV

L

Stima della lunghezza e del volume degli spazi non destinati al carico

pagante

I principali spazi non destinati al carico pagante sono il gavone di prua, il locale apparato motore, il locale pompe, il gavone di poppa, il doppio fondo; nonché per alcune navi lo spazio compreso nel doppio scafo e le case laterali. Degli spazi prima detti è importante stimare la lunghezza fin dalle prime fasi del progetto mentre per il doppio fondo si stima l’altezza.

I gavoni di poppa e di prua

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I registri di classificazione prescrivono che la paratia del gavone di prua sia ubicata dalla perpendicolare avanti ad una distanza d compresa tra due valori fissati e diversi a seconda che la nave sia con bulbo o senza:

dove i valori f1 ed f2 sono in funzione del bulbo o di LPP

La scelta della distanza alla quale porre la paratia del gavone prodiero rispetto alla perpendicolare avanti, consente al progettista di contemperare a due esigenze opposte:

• aumentare la lunghezza della zona destinata al carico; • assicurare un congruo volume all’estrema prua per contenere la zavorra ed evitare di

dover sovradimensionare tali strutture.

E’ buona norma per il progettista dare priorità al volume da destinare alla zavorra.

Nessuna prescrizione è fissata dai registri per il posizionamento della paratia del gavone di poppa.

Locale apparato motore

La lunghezza dell’apparato motore dipende: tipo di motore, numero di motori, potenza propulsiva, presenza del riduttore, dimensioni principali della nave ecc.

Per tali ragioni è impossibile definire con precisione la lunghezza di tale compartimento apparato motore durante il progetto preliminare. Ci sono alcune formule empiriche per il calcolo della lunghezza apparato motore, funzione di LPP e potenza dell’apparato motore.

Locale pompe

Le navi cisterne che trasportano locali infiammabili e le chimichiere hanno un compartimento, a proravia della paratia delimitante l’apparato motore, destinato alle pompe per movimentazione del carico e per acque di zavorra. Detto compartimento ha, spesso, una maggiore lunghezza nella

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95

parte inferiore in quanto, la detta paratia, presenta un gradino verso il compartimento apparato motore.

Doppio fondo

I registri prescrivono l’altezza minima consentita per il doppio fondo in corrispondenza delle stive per il carico. IL DNV prescrive un altezza del DF non inferiore a: HDF = 2.50 + 20 B + 50 TC ( in mm).

Stima del volume da destinare al carico pagante

Il volume complessivo VC dello spazio da destinare al carico pagante può essere stimato sottraendo al volume totale della nave quello dei compartimenti non destinati al carico calcolati con le formule precedenti.

Il volume VC in metri cubi dello spazio da destinare al carico pagante può essere ricavato con formule empiriche ricavate per alcune categorie di navi.

Numero di contenitori in stiva e sul ponte di coperta.

Le navi porta contenitori hanno carico pagante in stive e sul ponte di coperta.

Il numero dei contenitori caricabile nelle stive può essere stimato con delle formule che sono funzione di:

- NT numero dei contenitori nella direzione trasversale (riga) nella sezione al mezzo;

- NL numero di contenitori nella direzione longitudinale (fila) nella sezione a 0,5B;

- NV numero di contenitori in altezza (pila) nella sezione a 0.5 LPP.

54.2

2 DST

BBN

−=

55.6stive

L

LN =

60.2

dDHHDN DFbocaportebolzone

V

−−+−=

Nelle formule scritte si fa riferimento alle dimensioni standard (TEU).

Il numero massimo dei contenitori caricabile sul ponte di coperta che non deve essere superato per compromettere una adeguata visibilità dalla plancia; tale numero è detto numero geometrico,

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96

di norma superiore al numero reale che rappresenta il numero massimo dei contenitori caricabili sul ponte mantenendo alla nave una buona stabilità.

Il numero geometrico è :

54.2

BNT =

55.6oPonteCaric

L

LN =

Per buona visibilità si intende il doppio della LPP partendo dalla perpendicolare avanti. È opportuno sottolineare che il numero massimo di contenitori impilabili sulle boccaporte è 5.

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Capitolo 15 – METODI PER LA VALUTAZIONE DEL PESO SCAFO

NELLE DIVERSE FASI DEL PROGETTO

15.1 - Introduzione

Esistono diversi metodi per stimare il peso dello scafo nelle prime fasi del progetto. Alcuni di questi presuppongono solo la conoscenza delle dimensioni principali e, pertanto, sono da usare con cautela. Altri presuppongono che il progetto sia in una fase meno iniziale, richiedendo un maggior numero di dati acquisiti. Alcuni metodi valutano il peso dello scafo complessivamente, altri lo distinguono da quello delle sovrastrutture. Ove possibile, è sempre consigliato fare ricorso a più metodi , in modo da non fare riferimento ad un unico valore.

15.2 – Metodi rapidi per la stima del peso scafo per tipologie di navi e

basati sulla conoscenza delle dimensioni principali

METODO DI MENDEL Per navi da carico Mendel determinò una formula (da usare con cautela, visto che consente la stima di larga massima)che fornisce il peso scafo (senza sovrastrutture Ps e la relativa quota del baricentro Zs se sono noti:

• L,B,D. METODO DEL MURRAY

Per navi da carico Murray determinò una formula che fornisce il peso scafo (senza le sovrastrutture) Ps se noti:

• L,B,D,T,CB. METODO DI OSORIO

Per navi da carico Osorio determinò una formula che fornisce il peso scafo (senza le sovrastrutture) Ps se sono noti:

• L,B,D,T,CB. FORMULE DI GARCES

Per navi di diversa tipologia (navi da carico generale, granaglie, frigorifere, roll-on/roll-of), determinò alcune formule che consentono di determinare il peso scafo Ps e di stimare le coordinate del baricentro se sono noti:

• L,B,D. METODO DI BENFORD PER NAVI TRASPORTO MINERALI E CISTERNA

Per navi suddette con dislocamento compreso tra 4000t e 100000 t si può utilizzare il metodo elaborato dal Benford. Il metodo si compendia di un grafico che è stato elaborato per rapporti B/T=3 e presuppone la conoscenza di :

• L,B,D,T,CB. Calcolato il numero cubico, NC=LBD e, quindi 2834 (LBD/100)10^-7

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Si entra nel grafico sotto riportato e si incontra la curva di livello corrispondente al rapporto L/D della nave in progetto , quindi si traccia la retta orizzontale fino ad intersecare la retta verticale del corrispondente CB ; il punto di intersezione si trova tra due o su una delle rette oblique che individua sulla scala delle ordinate il valore del coefficiente CS che, moltiplicato per LBD/100, fornisce il peso dello scafo: Ps= Cs LBD/100 Il valore così ottenuto è accettabile per le navi minerali ere, mentre per le cisterne va ridotto del 5%. Esistono svariate altre formule per la stima

del dislocamento in fase preliminare, le quali

come le precedenti sono da utilizzare con

molta cautela, visto l’ampio campione di

rappresentazione.

15.3 – Metodi per la stima del peso scafo per tipologie di navi e basati

sulla conoscenza delle dimensioni principali e del modulo di resistenza della

sezione maestra

METODO DEL GARCES Il Garces ha fornito varie formule per il calcolo del peso scafo e per la determinazione delle coordinate del baricentro scafo, per navi porta contenitori, granaglie e petroliere, se note:

o L,B,D,W. Se W non è noto è possibile stimarlo in via approssimata , con la seguente formula:

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15.4 – Metodo di Danckwardt per la stima del peso scafo di navi da carico

generale

Questo metodo è stato elaborato per navi da carico generale con apparato motore a centro nave. Per poter utilizzare tale metodo è necessario conoscere:

• L,B,T,D,CB,HDF(ALTEZZA DOPPIO FONDO).

Il metodo fa riferimento ad una nave standard avente i seguenti valori per i rapporti: L/B=7 CB=0.7 T/D=0.7 HDF/D= 0.1 Con numero di paratie pari al numero minimo regolamentare, ed altezza tra i ponti Hp=0.0175L+0.7. Dai grafici è possibile entrando con la lunghezza tra le pp, è possibile ricavare il peso scafo escluse sovrastrutture(diversi grafici per diverso numero di ponti). Per navi diverse da quelle standard, lo studio ci fornisce formule correttive diversi grafici, in funzione di : diversi rapporti caratteristici, diversa ubicazione

dell’AM, sovrastrutture, particolari tipi di navigazione, correzione per rinforzo dovuto alla formazione di ghiaccio….etc… Inoltre lo studio di Danckwardt consente di determinare anche la quota del baricentro relativo al peso dello scafo, escluse le sovrastrutture. Tale

quota è determinabile per nave standard

a due ponti dal grafico a fianco riportato, che fornisce il rapporto Zg/D, tenendo conto del registro

secondo le cui norme la nave è realizzata. E fornisce inoltre la tabella per le correzioni dalla nave standard, e per la presenza delle sovrastrutture, fornendo un grafico in cui riporta Zg so/h, dove h è l’altezze delle sovrastrutture, il tutto in funzione della larghezza B della nave.

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15.5 – Metodo di Watson per la stima del peso scafo per navi di diversa

tipologia

Questo metodo è stato elaborato per navi petroliere, chimichiere, bulk carrier, porta contenitori, da carico generale, frigorifere, navi costiere, per assistenza a piattaforme, rimorchiatori, pescherecci, da ricerca, traghetti e per passeggeri. Il peso dello scafo P*S relativo ad una nave standard avente CB=0.7 ed immersione data da T=0.8 D viene determinato attraverso la formula P*S =KE1.36 dove E=Lloyd’s Equipment Numeral(funz anche delle sovrastrutture). Il valore da assegnare a K dipende dal tipo di nave e può variare in un certo intervallo a seconda delle soluzioni progettuali e strutturali adottate. I detti valori di K sono riportati nella seguente tabella, nella quale, nella terza colonna è riportato il valore di E entro il quale è valido il metodo. Sono poi presenti in tale studio formule per la correzione per navi non standard. Il valore calcolato, va comunque corretto sealcune parti non sono in acciaio comune.

15.6 – Metodo di Cartesen per la stima del peso scafo di navi bulk carrier,

da carico generale e porta contenitori, in una fase avanzata del progetto

Questo metodo è valido per navi: • Da carico generale con 80<L<180 m • Bulk carrier con 140<L<200 m • Porta contenitori 140<L<200m L/B<6 0.55<T/D<0.75 Il metodo è applicabile quando il progetto ha raggiunto una fase avanzata, oltre alle dimensioni principali già deve essere nota la compartimentazione e le sovrastrutture. Il peso dello scafo di base P*S =(PSVL+PSOL+PSVT) d γ In cui I tre termini entro parentesi rappresentano rispettivamente , moltiplicati per d γ il peso delle superfici che si sviluppano piani verticali(svl), piani orizzontali(sol),piani verticali che si sviluppano in senso trasversali(svt). Lo studio ci fornisce le formule per il calcolo di tali superfici. d γ è la densità superficiale corretta ovvero γ moltiplicata per dei fattori correttivi che tengono conto della nave non standard. Il peso così calcolato va poi incrementato per la presenza del bulbo, mediante dei valori di stima del peso bulbo, tabellati in funzione del rapporto percentuale dell’area bulbo/ area sez maestra. Lo stesso per cofani e sovrastrutture,

lo studio ci fornisce delle formule per il calcolo separato di queste.

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15.7 – Quota del Baricentro dello scafo

Esistono varie formule (kupras e dokme, mandel, kiss) in funzione di L,e D e solo i primi anche di CB danno un valore approssimato del KGPS.

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Capitolo 16 – METODI PER LA VALUTAZIONE DEL PESO

ALLESTIMENTO

16.1 – Introduzione

Il peso dell’allestimento PAL è quello più difficile da stimare a causa della molteplicità e varietà dei suoi componenti che possono essere diversi nel numero e nelle caratteristiche anche in navi della stessa tipologia e non molto diverse tra loro. Il peso dell’allestimento può essere stimato globalmente, ma non porta sempre a valutazione sufficientemente prossima al vero, nelle prime fasi del progetto.

16.2 – Stima del peso totale dell’allestimento con formule globali

Le formule generali per la valutazione del peso , in tonnellate , dell’allestimento possono essere del tipo:

6�� = ��� + ��

6�� = ���- + �� nelle quali:

• K è il coefficiente di peso dell’allestimento escluso quanto necessario per la movimentazione del carico, in generale strettamente legato al servizio a cui è destinata la nave.

• K1 è il peso totale di quanto è necessario per la movimentazione del carico,

Il coefficiente di peso K è determinato da navi similari ed adibite allo stesso servizio attraverso le relazioni :

� = J@m" noo@mpqr@Fp" − J@m" s@onpqt" no m@stquq" n vwq on Fnt@ è �@mpqFnpn��(-m@v"F�n y"srwon)

E’ possibile usare anche la formula 6�� = (�� +���KK)�KK� utilizzando la tabella seguente per K1 e K2

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Se si ha una nave di riferimento è possibile utilizzare una delle seguenti formule:

6�� = 6��∗ ���∗�∗ J@s Fntq �n vnsqv" e

6�� = 6��∗ { ��∗|� ��∗ J@s FntqJnmm@}}@sq, m@stquq mJ@vqnoq, J@mvℎ@s@vvq

Altro metodo è quello di utilizzare la formula 6�� = ��KK� dove C0 va determinato attraverso il grafico qui a lato. ESISTONO SVARIATE FORMULE PER IL CALCOLO DEL PESO D’ALLESTIMENTO , LE QUALI IN FASE INIZIALE DI PROGETTO SONO DA PRENDERE CON ESTREMA CAUTELA, VISTO LA LORO APPROSSIMAZIONE. ESSE SONO FUNZIONE PRINCIPALMENTE DI L,B,D, E DI PAL0.

Esistono inoltre specifiche formule per la stima di:

• Parti in legno, quali rivestimenti e serrette;(superficie e spessore) • Protezione anticorrosiva, quali pittura(%PScafo), protezione catodica(Superficie carena

Swl) • Mezzi di ancoraggio , tonneggio e ormeggio(Ne Modulo d’armamento?); • Apparecchiature di navigazione ; • Mezzi di salvataggio (n°Pax)ed antincendio(volume AM o stiva, il maggiore); • Mezzi per la movimentazione del carico(n° e portata, e tipo dei picchi); • Mezzi per la refrigerazione e la coibentazione delle stive;(volume delle stive, tipo

coibentazione) • Boccaporte; (grandezza boccaporta, tipo chiusura) • Porte, portellini, finestrini;(numero d’equipaggio) • Scale,ringhiere e parapetti; (numero d’equipaggio,Lship) • Alloggi.(N equipaggio, p grado di comfort[3 a 6]

N.B. Durante il proprio lavoro, il progettista, in mancanza di dati certi, è opportuno che si rivolga alle ditte produttrici per conoscere il peso delle “cose” che interessano per il proprio lavoro.

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Capitolo 17 – VALUTAZIONE DEL PESO DELL’APPARATO MOTORE

17.1 – Introduzione

Il peso dell’apparato motore PAM dipende dalla potenza propulsiva necessaria per assicurare alla nave la velocità di esercizio e delle scelte fatte in relazione all’apparato propulsivo. Il progettista stimata la resistenza al moto, ovvero della carena nuda al rimorchio, e, quindi la Potenza effettiva PE, dovrà valutare la potenza PD al mozzo dell’elica, e poi, la potenza al freno PB della motrice, assicurando un margine di potenza per tenere conto delle condizioni di carena, dell’usura del motore che subirà nel tempo e delle non perfette condizioni meteo marine . Per tale ragione il progettista potrà effettuare una stima del peso dell AM solo in modo grossolano, solo in una fase più avanzate, si può effettuare una stima più accurata .

17.2 – Fattori che condizionano la scelta del motore di propulsione

Per la scelta della motrice principale, il progettista in generale, dovrà tenere conto delle seguenti caratteristiche

NUMERO DI MOTORI la stragrande maggioranza delle navi da carico ha un solo motore, ma per alcune tipologie di navi è necessario dividere la potenza propulsiva tra due o più motori per diverse ragioni(sicurezza,limitazione dell’altezza, piccolo T etc)

TIPOLOGIA DEL MOTORE la stragrande maggioranza delle navi da carico ha motori diesel,la maggior parte ha un diesel lento (numero di giri tra 60 e150) .

INGOMBRO DEL MOTORE di propulsione deve essere il più contenuto possibile(ingombro in pianta può essere grande per navi da portata, e deve essere contenuto per navi da volume) .

I COSTI D’INVESTIMENTO devono tenere conto se il motore di propulsione comprende i suoi “accessori” fondamentali(riduttore,pompe aux) .

I COSTI DI GESTIONE o esercizio, variano principalmente al variare del tipo, e quindi del costo del combustibile. Si può scegliere

• un combustibile che sia il più adatto al tipo di motore anche se di costo superiore, • un motore che richiede un combustibile economicamente conveniente, anche se il suo

consumo specifico è relativamente alto, • un motore capace di assicurare un basso consumo specifico con un combustibile

economicamente conveniente.

SICUREZZA E MANUTENZIONE DEL MOTORE di propulsione sono di fondamentale importanza; logicamente un’avaria al motore di una nave da carico ha certamente conseguenze gravi, ma certamente meno gravi dell’avaria del motore di una nave da crociere.

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ACCESSIBILITA’ da alcuni decenni si preferisce procedere alla sostituzione di quanto necessario per ridurre i tempi di sosta, quindi essa è la possibilità di poter agevolmente smontare e sbarcare un pezzo, o addirittura uno dei motori principali(va a braccetto con la facilità di installazione preponderante nella fase iniziale visto che incide sui costi di costruzione e gestione) .

VIBRAZIONI e IL RUMORE è senza dubbio il motore di propulsione la principale fonte di vibrazione e quindi di rumore, e l’ubicazione dello stesso, è uno dei principali termini influenzante l’ampiezza delle stesse.

MANOVRABILITA’ E OPERATIVITA’ alle basse velocità cioè la capacità di frequenti,precise e rapide manovre, può essere un fattore di fondamentale importanza nella scelta del motore.

Quanto detto sia pure sinteticamente mostra che la scelta dell’apparato motore deve basarsi su una molteplicità di fattori che assumono importanza diversa a seconda della nave. E’ evidente quindi che il peso dell’apparato motore potrà essere stimato(in modo grossolano) quando il quando il progettista avrà preso importanti decisioni(anche se non definitive)che tengano conto dei suddetti fattori, soprattutto quando la potenza propulsiva da installare a bordo è tale da rendere possibili scelte anche molto diverse.

17.3 – Cenni sui diversi tipi di motori di propulsione

MOTORI DIESEL

• LENTO • SEMI VELOCE • VELOCE

TURBINE A GAS hanno il grande vantaggio di avere elevati valori dei rapporti POTENZA/PESO e POTENZA /VOLUME, di contro hanno lo svantaggio di avere consumi specifici alti >= a quelli dei diesel veloci(trovano largo uso nelle navi militari. Nella tabella sotto sono sintetizzate le principali differenze tra una turbina a gas ed un diesel lento.

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TURBINE A VAPORE alimentate a carbone, furono largamente utilizzate in passato, l’utilizzo della nafta pesante per le turbine a vapore potrebbe renderle competitive nei confronti dei diesel .

17.4 – Peso dell’apparato motore con motrice principale a turbina

Il peso in tonnellate dell’apparato motore di navi da carico può essere stimato con svariate formule, funzioni della potenza al freno e del numero di giri al minuto.

In particolare il peso in tonnellate dell’apparato motore può essere calcolato come la sommatoria di 3 termini, P1 motore di propulsione, P2 parti che rientrano nell’apparato motore, P3 altre macchine ed apparecchiature non dipendenti dal motore ma presenti in locale AM. 6�8 = 6� + 6� + 6W

Se si è in fase iniziale del progetto, P2 e P2 saranno funzione della potenza al freno e del numero di giri, mentre P3 è funzione principalmente della lunghezza della linea d’assi, e del volume dell’AM

che diviene

Dove i vari coefficienti sono tabellari .

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17.5 – Peso dell’apparato motore con motrice principale a turbina

il peso dell’AM in tonnellate per turbina, sia essa a gas o a vapore, lo si effettua utilizzando la

formula dove K1 e k lo si calcolano dalla navi similari. Se la motrice è una turbina a vapore lo studio fornisce una tabella in cui sono accoppiati i k ai k1 da utilizzare. PF potenza al freno.

????

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17.6 – Coordinata verticale del baricentro del peso dell’apparato motore

?????

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Capitolo 18 – DETERMINAZIONE DEI CARICHI MOBILI NON

PAGANTI

18.1 – Introduzione

La portata lorda QL è il peso massimo dei carichi che la nave può trasportare. Il concetto di portata implica che i carichi siano mobili in contrapposizione agli altri che sono fissi e costituiscono il dislocamento leggero o di nave vacante. Rientrano nella portata lorda:

• QN portata netta o carico pagante; • QC peso dei liquidi per apparato motore(consumabili); • QE peso delle persone imbarcate e loro bagagli; • QV peso dei beni di consumo per le persone imbarcate; • QD peso delle dotazioni di consumo e delle scorte della nave; • QZ peso della zavorra mobile.

Solitamente la portata lorda è un dato di progetto, in caso contrario è data la portata netta, e può essere fissata direttamente o indirettamente(es per una nave da crociera il numero delle persone paganti, con il bagaglio al seguito) .

18.2 – Peso dei liquidi consumabili per l’apparato motore

La quantità dei liquidi consumabili dell’apparato motore varia con le caratteristiche dell’apparato motore e dell’autonomia della nave, cioè dalla durata dei viaggi e dal porto di rifornimento.

COMBUSTIBILI i combustibili possono essere di diverso tipo, a ciascun combustibile sono dedicate casse di deposito separate(bunkeraggio. . .TOTORE CI PUO’ SPIEGARE MEGLIA ;) ) . il tipo e le caratteristiche del combustibile da utilizzare è fissato dalla casa costruttrice del motore e in riferimento a tale combustibile è dato il consumo specifico. Orientativamente come da tabella(N.B. il consumo è per cavallo, non kWquindi x 1,36 per kW)

Il peso della quantità massima di combustibile necessaria per l’apparato motore è stimabile in base ai consumi specifici, all’autonomia, alla velocità di esercizio al dislocamento massimo.

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Il peso della quantità massima di combustibile per gli ausiliari deve tener conto dei consumi in rada ed alla banchina. È indispensabile prevedere un quantitativo per i diversi combustibili maggiore di quello strettamente necessario sia per evitare di aspirare dai doppifondi, ma anche per tener conto di particolari situazioni di servizio.

LUBRIFICANTI

I lubrificanti possono essere di diverso tipo a seconda del tipo di motore. Il tipo e le caratteristiche dei lubrificanti è fissato dalla casa costruttrice e viene indicato anche il quantitativo necessario in base al tempo di funzionamento.

ACQUA DOLCE DI RAFFREDDAMENTO E DI ALIMENTAZIONE

Di solito il quantitativo di acqua di alimentazione è pari a 2o 3 volte la capacità della caldaia, mentre quella di refrigerazione 3 a 5 volte la capacità del circuito di raffreddamento.

18.3 – Peso delle persone costituenti l’equipaggio e loro cose

Il numero delle persone costituenti l’equipaggio, nella sua composizione massima, è un dato del progetto fissato dall’armatore in base a considerazioni che tengono conto del tipo, delle caratteristiche e del grado di automazione della nave, nonché della legislazione vigente. Il peso delle persone costituenti l’equipaggio e dei loro effetti personali, è stimato di norma tra i 130 a 140 kg(fino a 170 per lunghi viaggi ) Il peso delle persone imbarcate come passeggeri e del loro bagaglio e cose, costituisce da sola la portata netta (se su nave da crociera), deve essere aggiunto il peso dell’automobile nel caso di roll-on/roll-off.

18.4 – Peso dei beni di consumo per le persone imbarcate

Il peso QV dei beni di consumo per le persone imbarcate comprende due voci :

• Peso dell’acqua;(da 100 a 500 litri pro capite al giorno) • Peso dei viveri.(da 5 a 10 kg al giorno pro capite max 15kg nave da crociera) .

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18.5 – Peso delle dotazioni di consumo e scorte

Il peso QD delle dotazioni di consumo e di scorte è fissato dall’armatore.

18.5 – Peso della zavorra mobile

Molte navi da volume necessitano di zavorra liquida per raggiungere l’immersione di progetto atta a garantire un sufficiente battente all’elica.

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Capitolo 19 – CALCOLO DEL BORDO LIBERO NELLE DIVERSE FASI

DEL PROGETTO

Ogni nave ha una parte immersa che le assicura di galleggiare ed una parte che può essere immersa la quale costituisce una riserva di galleggiabilità. Si definisce bordo libero la distanza verticale, misurata a metà della lunghezza nave, tra la linea di galleggiamento e la faccia superiore dell’orlo del ponte a murata. Il bordo libero è fissato da una convenzione dell’IMO (ICLL). Non si applica, però, a navi da guerra, a navi lunghe meno di 24 metri, a navi da diporto ed alle navi da pesca. La lunghezza da assumere è il maggiore dei seguenti valori:

- Il 96% della lunghezza totale della linea di galleggiamento tracciata all’85% dell’altezza di costruzione misurata a partire dalla parte superiore della chiglia;

- Distanza, lungo la linea di galleggiamento, tra la faccia prodiera del dritto di prua e l’asse di rotazione del timone.

Le navi da volume, hanno un altezza ed un immersione massima tale che il bordo libero è maggiore di quello regolamentare.

Sono specificate nell’IMO 3 diverse LOAD LINE:

- SUBDIVISIONE LOAD LINE: è la linea di galleggiamento usata per determinare la lunghezza di compartimentazione;

- DEEPEST SUBDIVISION LOAD LINE: è la subdivision load line che corrisponde all’immersione con il bordo libero estivo assegnato alla nave;

- PARTIAL LOAD LINE: è l’immersione della nave scarica ed asciutta più il 60% della differenza tra l’immersione della nave scarica ed asciutta e del massimo bordo libero di compartimentazione: dP = dLS + 0.6 (dL – dLS)

Ai fini del calcolo del bordo libero le navi sono suddivise in:

- Navi di tipo A: navi progettate e realizzate esclusivamente per carichi liquidi alla ringusa, con ponte esposto alle intemperie con aperture di limitate dimensioni e con efficaci chiusure stagne;

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- Navi di tipo B: tutte le navi che non rientrano nel tipo A.

Una nave di tipo B di lunghezza maggiore di 100 metri può avere un bordo libero ridotto del 60% della differenza del bordo libero tabulare per le navi di tipo B e di tipo A se rispetta alcune condizioni (soprattutto stabilità)(Navi di tipo B-60). In alcuni casi si può giungere fino al 100% della differenza detta prima, quindi il bordo libero diventa quello di una nave di tipo A (Navi di

tipo B-100). Nella valutazione del bordo libero regolamentare eseguita durante il progetto preliminare, si fa riferimento per ragioni cautelative, al bordo libero minimo estivo. Una prima stima può essere fatta mediante il rapporto T/D di navi similari con la seguente:

)11

()1( −=−=−=DT

TT

DTTDBL

Una volta determinato il bordo libero tabulare BLT (o con formule o con le tabelle fornite dall’IMO in funzione della lunghezza della nave), bisogna apportare delle correzioni per ottenere quello regolamentare BL. Infatti:

54321)( CCCCCBLTBL +−++=

in cui:

- C1 è la correzione per le sovrastrutture da applicare solo a navi di tipo B aventi lunghezza inferiore a 100 m e se la lunghezza della sovrastruttura è inferiore del 35% della lunghezza nave;

- C2 è la correzione per navi con coefficiente di finezza totale maggiore di 0.68, non quello di carena, ma quello calcolato ad un galleggiamento ipotetico a 0.85 D;

- C3 è una correzione, in millimetri, per D > L/15;

- C4 è un’altra correzione, in millimetri, per le sovrastrutture, in funzione della lunghezza nave e della lunghezza della sovrastruttura. Nel caso in cui la nave trasporta legno in coperta, la correzione è lievemente diversa;

- C5 è una correzione, in millimetri, nel caso di insellatura diversa da quella regolamentare. In particolare, si applica tale correzione se l’area sottesa la curva dell’insellatura, rispetto all’orizzontale tracciata a quota D è minore di quella regolamentare.

Inoltre, nel caso in cui la nave sia destinata a navigare in acqua dolce, il bordo libero BL si può ridurre ancora della quantità d = (Δ ∙ ΔU)/40, dove ΔU è il dislocamento unitario (questo per tener conto della maggiore immersione che le navi assumono in acqua dolce per la minore densità).

La Convenzione sul Bordo Libero impone, inoltre, che la distanza verticale, misurata sulla perpendicolare avanti, tra la linea di galleggiamento che corrisponde al bordo libero estivo assegnato nell’assetto di progetto, e la faccia superiore del ponte, a murata, esposto alle intemperie, deve essere non minore di un valore Fb dato in funzione della lunghezza della nave dell’immersione all’85% del bordo libero e di vari coefficienti di finezza. Questa altezza minima,

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in caso di insellatura si deve estendere per il 15% della lunghezza della nave a partire dalla perpendicolare avanti, mentre se è presente una sovrastruttura si deve estendere per il 7%.

Calcolato il bordo libero estivo, si ricavano gli altri valori del bordo libero stagionale. In particolare:

- Il bordo libero tropicale si ottiene togliendo al bordo libero estivo 1/48 dell’immersione corrispondente al bordo libero estivo ed è valido è per la navigazione in acque convenzionalmente considerate tropicali dall’IMO;

- Il bordo libero invernale si ottiene aggiungendo al bordo libero estivo 1/48 dell’immersione corrispondente al bordo libero estivo e deve essere assicurato per i periodi che nelle varie zone geografiche sono considerati invernali dall’IMO;

- Il bordo libero invernale nel nord Atlantico si riferisce alla navigazione che si svolge nel periodo considerato invernale nel nord Atlantico, a nord del 36° parallelo. Si aumenta il bordo libero invernale di 50 millimetri se la nave ha lunghezza inferiore a 100 metri.

- Il bordo libero in acqua dolce, come già detto, si ottiene riducendo quello estivo della quantità d = (Δ ∙ ΔU)/40;

- Il bordo libero in acqua dolce tropicale si ottiene riducendo il bordo libero in acqua dolce di 1/48 dell’immersione corrispondente.

Queste grandezze sono indicate sulla nave (circa a metà e su ambo i lati) dalle marche di bordo libero. La marca fondamentale consiste in una corona circolare intersecata da una striscia orizzontale (occhio di Plimsoll)il cui orlo superiore passa per il centro dell’anello e dista dal bordo inferiore della linea del ponte di una quantità pari proprio al bordo libero estivo. Ci sono poi le linee di carico, di cui, quella estiva, corrisponde proprio alla linea dell’occhio di Plimsoll.

Page 115: progetto della nave

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Capitolo 20 – CALCOLO DELLA STAZZA NELLE DIVERSE FASI DEL

PROGETTO

20.1 – Introduzione

La stazza è una misura convenzionale del volume degli spazi chiusi di una nave alla quale si fa riferimento per quantizzare gli aspetti economici connessi alla costruzione, all’esercizio, al nolo ecc. Attualmente le regole per determinare la stazza lorda e netta di una nave (L > 24 m) sono fissate dalla Convenzione Internazionale sulla Stazza delle Navi. A nave realizzata, viene rilasciato dall’autorità preposta il Certificato Internazionale di stazza. In funzione della stazza, alcune convenzioni internazionali, fissano il numero di dispositivi antincendio, il numero delle persone costituenti l’equipaggio, i mezzi per la movimentazione del carico ecc, per cui è necessario stimare quanto prima possibile la stazza in fase di progetto. Quasi sempre, il valore massimo della stazza è fissato dall’armatore che è interessato a contenere gli aspetti economici che ad essa sono relazionati.

20.2 – Stima di larga massima della stazza lorda

La stazza lorda è espressa dalla formula GT = K1 V in cui V è il volume complessivo di tutti gli spazi interni chiusi della nave in metri cubi e K dipende a sua volta dal 2% del logaritmo di V (valore piccolo). Possiamo, quindi, semplificare come GT = K V e vedere K come un coefficiente che assume quasi lo stesso valore per navi similari. Esprimiamo, poi, il volume V, con discreta approssimazione, con la formula V = LPP B D CBD in cui CBD è il coefficiente di finezza riferito al volume della nave fino alla quota D ed è ricavabile empiricamente. Sostituendo, otteniamo GT =

K LPP B D CBD e quindi K = GT / (LPP B D CBD). Da navi similari e dello stesso tipo possiamo ricavare vari valori di K e tra questi sceglierne uno da inserire nella formula per la stima di GT.

20.3 – Calcolo della stazza lorda in una fase avanzata del progetto

Il volume V degli spazi chiusi di una nave si può considerare costituito da 4 aliquote:

- Volume fino alla quota D, eventualmente corretto per tenere conto dell’insellatura. Questo è stimabile con la formula già vista prima V1 = LPP B D CBD; tale volume si corregge per le navi piccole e medie per tener conto dell’insellatura (che costituisce una percentuale piccola ma non trascurabile): V1 = LPP B (D + h1) CBD in cui h1 è l’incremento di altezza di costruzione che tiene conto del volume prodotto dall’insellatura e ricavabile da formule sperimentali (funzione dell’area sottesa l’insellatura e della lunghezza tra le perpendicolari).

- Volume per l’imbolzonatura del ponte, funzione della lunghezza tra le perpendicolari e del quadrato della larghezza nave;

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- Volume per sovrastrutture e tughe, funzione della lunghezza tra le perpendicolari;

- Volume per boccaporte non a paro del ponte, dato in funzione delle dimensioni delle boccaporte V4 = LB BB HB ed è una voce non trascurabile per le navi che trasportano carichi secchi.

Il ponte di riferimento è il ponte superiore, cioè il ponte completo più elevato , esposto alle intemperie ed al mare, le cui aperture esposte, sono tutte dotate di dispositivi permanenti di chiusura stagna alle intemperie. Nel caso presenti degli stacchi, si prolungherà la linea inferiore parallelamente alla parte superiore del ponte. Si definisce puntale (moulded depth) la distanza verticale tra la parte superiore della chiglia ed il piano inferiore del ponte superiore al punto di intersezione tra il ponte e la murata della nave. Per larghezza nave si intende la larghezza massima a centro nave fuori ossatura. Per spazi chiusi intendiamo gli spazi delimitati da paratie, ponti o strutture di riparo che non siano teloni. Gli spazi adibiti al carico, rientranti nella stazza netta, sono gli spazi chiusi destinati al trasporto di merci da scaricare dalla nave. Questi spazi dovranno essere contrassegnati dalle lettere CC (Cargo Compartment) alte almeno 100 mm e scritte con caratteri indelebili in bella vista.

Nota la stazza lorda, la stazza netta è determinata dalla formula:

++

=103

4 213

2

2

NNK

D

dVKNT C

Dove d è l’immersione, fuori ossatura, in metri a metà nave, D è il puntale, VC sono i volumi destinati al carico, K2 e K3 sono dei fattori uno funzione di Vc e l’altro di GT, N1 è il numero di passeggeri in cabina con non più di otto cuccette ed N2 è il numero degli altri passeggeri. Inoltre, se il numero totale di passeggeri che la nave è destinato a trasportare è inferiore di 13, allora N1 ed N2 sono da assumere uguale a zero.

Tutti i volumi rientranti nel computo della stazza lorda e della stazza netta dovranno essere misurati fino alla parte interna del fasciame.

Per ridurre la stazza, e quindi gli oneri che ne derivano, in passato furono realizzate delle navi dette a shelter deck (a ponte aperto), nelle quali tutto lo spazio sotto il ponte più alto, pur essendo destinato al carico, non veniva fatto rientrare nel computo della stazza in quanto le boccaporte esistenti su tale ponte non avevano i mezzi di chiusura. Tra gli oneri di esercizio commisurati alla stazza lorda figurano le tariffe di ormeggio e disormeggio, di pilotaggio, gli interventi dell’autorità marittima, le tariffe per i rimorchiatori, gli stipendi del personale. Sono, invece, commisurati alla stazza netta i diritti portuali, i diritti di spedizione, i diritti di passaggio nei canali ecc.

La stazza è qualcosa di irrazionale ed ingiusto in quanto non fa riferimento al tipo di nave o di merce trasportata o al servizio al quale è destinata. E’ ancora più assurdo pretendere di dare un’idea della grandezza di una nave o della consistenza della flotta di una nazione o la produttività di un cantiere in termini di stazza.

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Capitolo 21 – DETERMINAZIONE DELLA POTENZA PROPULSIVA

NELLE PRIME FASI DEL PROGETTO

21.1 – Intruduzione

E’ utile per il progettista poter conoscere, quanto prima possibile, la potenza necessaria affinché la nave, nella condizione di massimo peso (dislocamento di pieno carico) possa avanzare alla velocità di esercizio V assegnata. Questa dipende, ovviamente, oltre che dal dislocamento, anche dalle forme della carena e dalle dimensioni principali. La stima va fatta anche per verificare che i valori che si stanno per assumere per la lunghezza, larghezza, immersione e coefficienti di finezza siano ottimali.

21.2 – Prima stima della potenza propulsiva

- Metodo di Taggart: è valido per navi con lunghezza al galleggiamento tra 10 e 200 metri. Bisogna conoscere le dimensioni principali della nave (LWL, B, T), il coefficiente di finezza prismatico CP e quello totale CB, il volume di carena di pieno carico e la velocità in m/s. La resistenza al moto è data da: RT = 0.5 ρ S V2 (CF + CK + CR) in cui i coefficienti di resistenza d’attrito e residua si determinano per via grafica, mentre il coefficiente CK si determinano è tabellato. La superficie bagnata si calcola con la media ottenuta da due formule sperimentali. Infine si sostituisce la resistenza nella formula: PE = C RT V/75 in cui C è un coefficiente poco maggiore di uno che assume due valori diversi a seconda che la poppa sia quadra o tradizionale.

- Metodo di Watson: viene utilizzato per navi da carico solido alla rinfusa, cisterne e da carico generale. La formula sperimentale della potenza al freno è data in funzione di LPP, V (in nodi), dislocamento di pieno carico, del numero di giri al minuto del motore e di un coefficiente K tabellato.

- Metodo di Kupras: fornisce la potenza effettiva nelle condizioni di prova (carena pulita, mare calmo, assenza di vento ecc.) ed alla velocità massima economica:

1.427

332B

E

VCP

⋅∆⋅=

VB è ricavabile da una formula sperimentale in funzione di LPP e del coefficiente di finezza totale e C è una costante. Altre formule sperimentali permettono di ottenere la potenza assorbita dall’elica ed i vari rendimenti di elica isolata, relativo rotativo e quello di carena. Inoltre è fornita anche una correzione per una velocità diversa da VB.

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- Metodo di Van Oortmerssen: questo metodo è valido per carene dislocanti, tradizionali o spinte (piccole navi da lavoro, quindi rimorchiatori, pescherecci, servizio militare, e navi da diporto). Oltre alla resistenza della carena nuda, fornisce anche la resistenza d’aria, quella per tenuta della rotta e quella dovuta ad un’eventuale chiglia sporgente. Ci sono una serie di campi entro i quali il metodo è applicabile con fiducia, per esempio la lunghezza al galleggiamento deve essere compresa tra 8 e 80 metri. L’applicazione di tale metodo, presuppone la conoscenza di LWL, LPP, B, T, Δ, volume di carena, CP, CM, semiangolo di apertura iE ed LCB.

- Metodo di Holtrop e Mennen: il metodo è basato sull’analisi dei valori di numerosissime carene provate alla vasca di Wageningen e consente di determinare la potenza propulsiva per diversi tipi di navi attraverso il calcolo della resistenza al rimorchio, dei valori dei coefficienti della propulsione e del rendimento di elica isolata. Fornisce dati molto prossimi al vero se è utilizzato per rimorchiatori costieri, ro-ro e ferry, navi da

carico veloci, portacontenitori, petroliere e bulk carrier, ognuna con valori di CP, L/B, B/T, Fn compresi in determinati campi. La resistenza totale della carena in rimorchio è data dalla somma di un’aliquota viscosa, una delle appendici di carena, una per la formazione ondosa, una per la resistenza di pressione dovuta al bulbo prodiero, una per la resistenza addizionale dovuta alla parte immersa dello specchio di poppa ed una resistenza aggiuntiva per il trasferimento vasca mare:

ATRBWAPVT RRRRRRR +++++=

Le prime due aliquote sono calcolabili mediante delle formule del tipo: R = 0.5 ρ S V2 CF0 (1 + K) in cui S è la superficie di carena nel primo caso (stimabile con formule sperimentali) e delle appendici nel secondo, mentre CF0 è il coefficiente di resistenza di attrito dell’ITTC’57 ed il fattore (1 + K) è calcolato con delle formule sperimentali in funzione delle grandezze note. Le altre aliquote hanno delle formulazioni diverse, ma in ogni caso sono ricavabili dalle grandezze note (CM, CP, CVP, CB, B/T, Fn, L/B, LWL). Questo metodo è stato tradotto in programma per computer di media potenza, il che rende possibile effettuare una previsione affidabile della potenza in tempi assai brevi.

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Capitolo 22 – STIMA DELLA STABILITA’ A NAVE INTEGRA NELLE

DIVERSE FASI DEL PROGETTO

Il momento di stabilità trasversale di una nave è dato da:

ϕϕϕϕ senzysenzsenahM GBB ⋅⋅∆−⋅∆+⋅⋅∆=⋅−⋅∆= cos)( ''

in cui h è l’altezza del prometacentro H sul centro B della carena dritta ed a è l’altezza del baricentro H della nave sul centro B della carena dritta. Le prime due aliquote del momento di stabilità sono dette rispettivamente momento di stabilità di forma e momento di stabilità di

peso. Per angoli infinitesimi (qualche grado) vale invece la relazione M = Δ (r – a) sen φ dove r è il raggio metacentrico trasversale della carena dritta, cioè la quota del metacentro trasversale M della carena dritta sul centro B di carena. Sia h che r dipendono dalle dimensioni (larghezza ed immersione) della carena.

La stabilità di una nave deve soddisfare i requisiti imposti dalla normativa internazionale. E’ fondamentale che il progettista preveda già dall’inizio del progetto le conseguenze sulla stabilità delle proprie scelte.

Se l’altezza metacentrica (r-a) è positiva, la posizione iniziale è di equilibrio stabile e viceversa. Nelle diverse condizioni di carico, essa deve essere sempre positiva e mai inferiore al valore fissato dalla normativa internazionale per quel tipo di nave. Indicando con GM l’altezza metacentrica, possiamo scrivere: GM = KM – KG = KB + BM – KG. I valori di KB, di BM e di KG possono essere stimati con varie formule sperimentali, funzioni dell’immersione, della larghezza e dei coefficienti di finezza. Essendo queste formule molto numerose, è necessario valutare con più formule i valori e poi scegliere con spirito critico il valore da adottare. Il valore di KG dipende, ovviamente, dalla quota del baricentro della nave vacante e da quello della portata lorda. Essa sarà tanto più piccola quanto maggiore è la larghezza B e minore è l’altezza D. Un

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valore del rapporto B/D > 1.60 assicura, in generale, una buona stabilità; valori maggiori rendono la nave troppo dura. L’IMO stabilisce che il valore minimo dell’altezza metacentrica iniziale GM non deve essere inferiore a 0.15 m. Questo metodo, detto metodo metacentrico, è applicabile solo ad angoli infinitesimi (6-7°), mentre per valori più elevati non è più lecito considerare (r-a) in luogo dell’altezza prometacentrica (h-a) nella quale h è funzione dell’angolo di inclinazione. Riferendoci alla figura seguente, bisogna conoscere il diagramma del braccio di stabilità di forma KN = f(φ) per una data condizione di carico e quindi del baricentro. In questo modo possiamo ricavare il diagramma dei bracci di stabilità GZ sottraendo alle ordinate del primo diagramma quelle della sinusoide KQ = KG senφ (diagramma dei bracci di stabilità di peso)

I bracci di stabilità di forma KN possono essere calcolati con varie formule sperimentali a seconda del tipo e/o delle caratteristiche della nave. I metodi più utilizzati sono i seguenti: metodo di Kupras (navi da carico), metodo dell’università di Hannover (con limiti su CB, B/T, D/T per l’applicazione), metodo di Yilmaz e Guner (navi da carico, con il pregio di non presentare grafici per cui è gestibile mediante calcolatore. Il metodo è più affidabile con carene derivate dalla serie 60). I vari coefficienti numerici che compaiono nei predetti metodi, variano a seconda dell’angolo di inclinazione φ.

L’effetto delle superfici liquide nelle casse dei consumabili sulla stabilità non può essere calcolato nelle prime fasi di progetto, perché il numero, l’ubicazione e le dimensioni non è ancora definito. Tale effetto non è molto importante per cui si può procedere con una stima grossolana in questa fase, con una riduzione dell’altezza metacentrica variabile tra lo 0,7 e l’1,5% della larghezza nave, nel caso di navi piccole, e tra lo 0.3 e lo 0.6% per navi grandi. Stesso discorso si può fare per gli angoli finiti o addirittura si può proprio trascurare l’effetto.

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Nel caso di cisterne, invece, l’effetto è ben notevole e deve essere stimato fin dalle prime fasi del progetto. La riduzione di altezza metacentrica iniziale GM è data dalla formula:

∆⋅

= ∑ ixIdGM

γ

in cui Ixi è il momento d’inerzia della superficie libera rispetto all’asse longitudinale passante per il centro della figura che costituisce la superficie libera del liquido. Nella fase iniziale del progetto si può valutare il momento di inerzia come quello del rettangolo che ha per lunghezza quella totale della zona di nave destinata al carico e per larghezza nave (o la metà è prevista una paratia longitudinale o ancora B/3 se ne sono previste 3) e moltiplicarlo per il fattore K che tiene conto del numero di paratie longitudinali (0.60 – 0.70 se non vi è paratia longitudinale, 0.85 – 0.90 se vie è una o due paratie longitudinali). Per quanto riguarda la stabilità agli angoli finiti, la correzione del braccio di stabilità è data dalla formula:

∆= ∑ iSM

dGM

In cui MSi è il momento sbandante dovuto al carico liquido di ogni cisterna: MS = γ IX C in cui C è un coefficiente che dipende dalla geometria della cisterna, dal grado di riempimento e dall’angolo di inclinazione trasversale della nave.

Secondo le norme dell’IMO, i diagrammi dei bracci di stabilità per tutte le condizioni di carico per le quali va verifica la stabilità, devono essere tali da rispettare tutti i seguenti vincoli:

- Altezza metacentrica GM non inferiore a 0.15 m;

- Per φ = 30° = > GZ ≥ 0.20 m;

- Il massimo valore di GZ deve essere in corrispondenza di un angolo preferibilmente maggiore di 30° e mai in corrispondenza di un angolo inferiore a 25°;

- L’area sottesa dal diagramma dei bracci di stabilità GZ, nel tratto compreso tra 0 e 30° deve essere maggiore di 0.055 metri per radianti;

- L’area sottesa dal diagramma dei bracci di stabilità GZ, nel tratto compreso tra 0 e 40° ( o fino all’angolo al quale l’orlo del ponte a murata tocca l’acqua) deve essere maggiore di 0.090 metri per radianti;

- La differenza tra le ultime due aree deve essere maggiore di 0.030 metri per radianti.

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Capitolo 23 – STIMA DELLE QUALITA’ DI GOVERNO DEL MOTO DI

UNA NAVE

23.1 – Introduzione

Il governo di una nave in riferimento alla direzione del suo moto riguarda la stabilità di rotta, la manovrabilità e la capacità evolutiva, mentre in riferimento alla velocità del suo moto riguarda l’avvio, l’arresto, la retromarcia e l’accosto.

- Stabilità di rotta: si definisce rettilinea se la nave riprende dopo una perturbazione una rotta rettilinea, ma diversa dalla precedente, direzionale se è rettilinea e la nuova rotta è parallela alla precedente, di percorso.

La stabilità di rotta è influenza molto i consumi, soprattutto per le navi che percorrono lunghe tratte.

- La manovrabilità è la prontezza di una nave a rispondere all’azione del timone per assumere una rotta voluta o a riprendere quella persa ed è molto importante per evitare collisioni e per navigare in acque ristrette.

- La capacità evolutiva è la capacità di una nave di invertire la rotta in uno specchio d’acqua limitato senza subire sbandamenti. E’ importante per le manovre in porto ed in quelle di emergenza (evitare una collisione o recuperare una persona caduta in mare).

- L’avvio è il raggiungimento della velocità di esercizio dalla condizione di fermo alla velocità di normale esercizio. Ciò dipende dalla resistenza al moto, dal propulsore (in particolare per l’elica la spinta varia al variare del coefficiente di avanzo ed è funzione del coefficiente di risucchio che a sua volta dipende anche dalle forme di carena e dalla posizione del propulsore). L’avvio è importante per quelle navi che percorrono rotte brevi più volte al giorno.

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- L’arresto è l’azzeramento del moto mediante l’inversione del senso di rotazione delle motrici partendo dalla velocità di esercizio. Una buona decelerazione è fondamentale per le navi mercantili di grande dislocamento che sono caratterizza da una velocità di esercizio moderata , quindi, un arresto più lungo. Inoltre, bisogna tenere conto che la manovrabilità in fase di arresto è molto labile, quindi aumenta il rischio di collisione nelle zone di intenso traffico. Per gli apparati motore a turbina si proporziona la marcia addietro con l’80% della coppia ed il 50% del numero di giri, mentre nel caso dei diesel si può ritenere che la coppia sia costante qualunque sia il senso di rotazione del motore.

- La retromarcia è la condizione opposta a quella di marcia avanti. Esiste solo una velocità massima di retromarcia che è notevolmente inferiore a quella di marcia avanti in quanto la resistenza al moto aumenta ed il propulsore non valore in maniera ottimale. Inoltre il percorso da fare in retromarcia, in genere, è pari a due o tre volte la lunghezza della nave. La capacità di arresto, ovviamente, è maggiore in retromarcia.

- L’accosto è la capacita di una nave di avvicinarsi e di disporsi nell’assegnata postazione di approdo ed ormeggio; da non confondersi con l’accostata, che è lo spostamento angolare della prua dopo il brandeggio del timone.

23.2 – Prove a zeta, a zig-zag, evoluzione, spirale, e di arresto

Lo studio del governo di una nave è tra i più complessi tra quelli di competenza all’architetto navale. Spesso, le soluzioni che sono idonee a garantire in aspetto sono in disaccordo con un altro, come la manovrabilità e la stabilità di rotta. Inoltre non c’è più simmetria, ci sono moti secondari. Quindi una trattazione matematica se pur possibile non fornisce risultati accettabili.

Le qualità di governo non sono misurabili, per cui si effettuano delle prove per ottenere degli indici quando la nave effettua particolari manovre:

- Prova a zeta ed a zig-zag: con nave in moto rettilineo a velocità V pari almeno al 90% della velocità massima della nave, si pone il timone a δ=10° per evoluzione a dritta e lo si mantiene bloccato in tale posizione fino a quando la nave non ha virato di φ=10°. In questo momento si pone il timone a -10° fino a quando la nave non ha assunto una rotta di -10°, poi ancora una volta il timone si pone a 10° fino al raggiungimento di 10° di rotta. Questa manovra è la prova a zeta 10/10, mentre, se viene ripetuta per più volte si ha la manovra a zig zag 10/10. Esistono anche prove a 20/20 nel caso gli angoli siano di 20°.

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Dalla figura si nota che l’angolo di rotta diviene maggiore di quello di brandeggio, quindi al tempo t2 si ha un sopravanzo di rotta di φ2 – φ1. Nella manovra a zig-zag vengono dedotti i seguenti parametri: tempo occorrente per la prima manovra t1, periodo della

manovra a zig-zag T = t5 – t1, angolo di inversione della rotta ai tempi t2 e t4 ed il

sopravanzo verificatosi nei lassi di tempo t2 – t1 e t4 – t3. Per confrontare questi parametri a navi della stessa tipologia è conveniente dividere i tempi per il rapporto L/V, cioè riferendo i valori degli angoli al numero di lunghezze di nave percorse. La normativa IMO impone, per tutte le navi con lunghezza tra le perpendicolari superiore a 100 metri e per tutte le chimichiere e gassiere, che sia rispettato quanto segue: 1) applicando un angolo di barra di 10° a sinistra/dritta, la nave, nel

momento in cui la rotta è variata di 10° rispetto a quella iniziale, non deve aver

percorso un tratto superiore a 2.5 volte la lunghezza della nave stessa; 2) il valore

del primo angolo di overshoot nella prova 10/10 non deve superare 10° se L/V è

inferiore a 10 secondi, 20° se è uguale o superiore a 30 secondi e (0.5 L/V + 5) in

gradi se L/V è compreso tra 10 e 30 secondi; 3) il valore del secondo angolo di

overshoot nella prova 10/10 non deve superare i valori precedenti per più di 15°;

4) il valore del primo angolo di overshoot nella prova 20/20 non deve superare 25°.

Il valore dei primi angoli di sopravanzo possono essere stimati con delle formule in fase di progetto funzione di CB, LPP e B.

- Prova di Evoluzione (in circolo): è quella eseguita sia a dritta che a sinistra con il massimo angolo di barra (di solito 35°) alla velocità di prova già definita. Consiste nel far compiere alla nave un tratto rettilineo idoneo a velocità costante, si porta il timone al fissato valore dell’angolo di barra e si prosegue fino a che la nave non ha compiuto un percorso che fa registrare alla nave una rotazione di almeno 450° (360° + 90°). Durante tale prova, che deve essere ripetuta a pari velocità ed angolo di barra opposto, viene rilevato il percorso compiuto dal garicentro della nave (o del modello) e ripetuta per alcuni dislocamenti. Facendo riferimento alla figura seguente, distinguiamo le fasi di entrata, manovra (da quando si inizia a far ruotare il timone fino a che si è raggiunto l’angolo di barra voluto), di evoluzione (traiettoria curvilinea) e di girazione (traiettoria circolare). Gli elementi geometrici che caratterizzano una curva di evoluzione sono: 1) l’avanzo LA, cioè la distanza, misurata nella direzione della rotta iniziale tra il punto A di

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inizio della manovra ed il punto D nel quale la rotta della nave è mutata di 90° rispetto a quella iniziale; 2) il trasferimento LT, cioè la distanza tra i punti A e D misurata in senso normale alla direzione della rotta iniziale; 3) il diametro tattico DT, cioè la distanza in senso normale alla direzione della rotta iniziale, tra tale rotta e quella parallela che vede la nave ruotata di 180°, anche se in realtà non è un diametro in quanto il percorso tra A ed E non è un arco di circonferenza; 4) il diametro di girazione DG, cioè il diametro del cerchio descritto ad evoluzione stabilizzata. La normativa IMO, applicata alle stesse

navi dette in precedenza, impone un avanzo minore o uguale di 4.5 volte la

lunghezza della nave ed un diametro tattico minore o uguale di 5 volte la lunghezza

della nave.

In fase di progetto è possibile stimare tali grandezza con delle formule sperimentali funzioni dell’immersioni avanti, addietro e media, dell’angolo di barra, dell’area del

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timone, dell’area proiettata del profilo del bulbo di prua sul piano diametrale, della larghezza, del coefficiente di finezza totale, della lunghezza nave e della velocità.

- Prova di manovra a spirale (prova di Dieudonné): consiste nel fare inizialmente compiere alla nave un idoneo tratto rettilineo a velocità costante (fase di entrata), si porta poi il timone al massimo angolo di barra (δ = 35°) senza variare il regime di funzionamento dell’elica e si attende che il moto della nave si stabilizzi su una traiettoria circolare per rilevare la variazione dell’angolo di rotta nell’unità di tempo dφ/dt. Ciò fatto, si riduce l’angolo di barra di 5° in 5° fino all’angolo -35°. Infine si ripercorre a ritroso la sequenza degli angoli di barra fino a ritornare alla condizione di angolo di barra nullo. Il risultato di tale prova si riassume nel diagramma di Dieudonné, riportando dφ/dt in funzione dell’angolo di barra.

Se il diagramma si presenta come nella Fig. 5, vuole dire che i dati si dispongono su un’unica curva per valori di δ sia positivi che negativi per cui, la corrispondenza tra dφ/dt e δ è biunivoca. Inoltre, la curva passa per l’origine degli assi, quindi dφ/dt è nullo quando δ = 0, cioè con timone alla via la nave ha percorso rettilineo, il che vuol dire che la nave ha stabilità intrinseca alla rotta rettilinea.

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Se, invece, il diagramma si presenta come in Fig. 6 vuole dire che i dati non si dispongono su un’unica curva per valori positivi e negativi di δ, quindi la nave è instabile alla rotta rettilinea.

- Prova di arresto: consiste nel far compiere alla nave un tratto idoneo con rotta rettilinea e velocità costante (sempre uguale ad almeno il 90 % della velocità massima). Vengono rilevati il tempo impiegato e la traiettoria percorsa dal momento in cui viene dato l’ordine di indietro tutta (punto 0) fino al momento in cui la nave è ferma (punto 2). Dalla traiettoria percorsa si ricavano la distanza percorsa nella direzione della rotta iniziale (avanzo in frenata) e la deviazione laterale della rotta iniziale. Il punto 1 rappresenta il momento in cui il motore è al voluto regime di rotazione in marcia addietro o quello in cui si è completamente invertito l’orientamento delle pale dell’elica.

La normativa IMO (applicata alle stesse navi definite precedentemente) impone che

il tratto percorso nella prova di indietro tutta non deve superare 15 volte la

lunghezza della nave. Tuttavia, questo valore può essere aumentato per navi di

grandi dimensioni a giudizio della Direzione Generale del RINA. Per tratto percorso si intende la lunghezza della traiettoria, che può essere stimata in fase di progetto in funzione della potenza al freno del motore in marcia addietro, del diametro dell’elica, della velocità della nave utilizzata nella prova e del dislocamento. La potenza massima in marcia addietro di un motore diesel varia tra il 35 ed il 40 % della potenza massima in marcia avanti.

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23.3 – Forma e dimensione del timone

La stabilità di rotta e le qualità evolutive e di manovrabilità di una nave dipendono anche dalla forma e dalle dimensioni del timone. Un timone si dice a profilo costante se ha identiche sezioni per tutta la sua altezza h; un timone a spada o a semispada non è a profilo costante; un timone si dice compensato se si sviluppa sia a poppavia che a proravia del proprio asse di rotazione. Le forme di timone più consuete, facendo riferimento alla figura seguente, sono:

A) Timone non compensato ed a profilo costante a più agugliotti, per nave monoeleica dotata di telaio di poppa di tipo chiuso (dritto del timone + dritto dell’elica);

B) Timone compensato ed a profilo costante a due agugliotti, per nave monoelica dotata di telaio di poppa di tipo aperto (privo del dritto del timone);

C) Timone compensato ed a profilo costante senza agugliotti intermedi, per nave monoelica dotata di telaio di poppa di tipo aperto (privo del dritto del timone)

D) Timone Simplex, compensato ed a profilo costante, senza agugliotti intermedi, per nave monoelica dotata di telaio di poppa di tipo aperto al quale è reso solidale un particolare dritto del timone a sezione circolare e smontabile;

E) Timone semicompensato ed a semispada, con un solo agugliotto semisospeso ad una pinna di sostegno, per nave monoelica;

F) Timone semicompensato ed a semispada con due agugliotti, semisospeso al dritto di poppa, per nave bielica;

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G) Timone semicompensato ed a semispada, con un solo agugliotto, semisospeso ad una pinna di sostegno, per navi bielica;

H) Timone compensato ed a spada, a maggiore sviluppo longitudinale, sospeso, per nave bielica;

I) Timone compensato ed a spada, a maggiore sviluppo verticale, sospeso, per nave bielica.

Una stima molto grossolana della superficie del timone può essere fatta in relazione al piano di deriva della nave e, quindi, al prodotto T LPP. Valori consueti dell’area del timone proiettata sul piano diametrale sono tabellati. Esistono poi altre formule per una stima meno grossolana in funzione di altre grandezze come la larghezza, il coefficiente di finezza totale, la lunghezza tra le perpendicolari e la velocità di esercizio della nave. Il grado di compenso, cioè il rapporto tra la superficie a proravia dell’asse di rotazione e la superficie totale del timone è di norma contenuto, tra 0 e 0.20 per le navi da carico, mentre per le navi passeggeri e militari varia tra 0.15 e 0.30. La lunghezza della superficie di compenso non deve superare il 35% della lunghezza totale della pala.

23.4 – Eliche trasversali di manovra

Per migliorare la manovrabilità alle basse velocità, soprattutto per quelle navi che devono manovrare in specchi d’acqua ristretti o operare frequenti attracchi, vengono adottati uno o più spintori laterali, costituiti da un elica in un tunnel disposto trasversalmente al piano di deriva. Le piccole navi ne hanno uno a prua, le grandi fino a tre sia a prua che a poppa. La spinta laterale necessaria è funzione del tipo di nave e dell’area laterale proiettata sul piano laterale o dell’opera morta o dell’opera viva. Nel caso delle portacontenitori va inclusa nell’opera morta anche quella dei contenitori in coperta. Va assunto il valore maggiore dei due. I valori della forza per metro quadro di superficie sono tabulati in funzione del tipo di nave. Tale forza unitaria è legata alla velocità di rotazione e alla lunghezza tra le perpendicolari dalla seguente:

2

1 188

⋅= RPP VL

F

oppure mediante l’ausilio di grafici.

L’utilizzo di eliche trasversali produce un aumento della resistenza al moto di piccola entità Per una bulk con velocità di 12 nodi l’aumento è di circo lo 0.3% ed arriva al 2% nel caso di nave in zavorra e 16 nodi di velocità.

La potenza, invece, può essere valutata con la formula P = K Δ2/3 in cui K assume diversi valori a seconda del tipo di nave.

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130

Capitolo 24 – LA DEFINIZIONE DELLA FORMA DELLA NAVE: IL

CORPO CILINDRICO ED I CORPI STELLATI DI POPPA E PRUA

24.1 – Introduzione

Una volta definite le dimensioni principali (L, B, D, T), il volume di carena ed il coefficiente di finezza totale CB, bisogna dare forma alla nave definendo il piano di costruzione per poter particolarizzare pesi, volumi, posizione del baricentro, effettuare calcoli di idrostatica, di stabilità, procedere ad un primo studio della compartimentazione e talvolta realizzare un modello di carena su cui effettuare prove in vasca.

La forma della nave deve garantire pesi, superfici e volumi richiesti, sia per il carico che per l’equipaggio ed i macchinari, deve minimizzare la resistenza al moto ed essere tale da semplificare la geometria degli elementi strutturali, offrire buone capacità di tenuta al mare e di governo, stabilità e forme piacevoli all’opera morta ed alle sovrastrutture.

24.2 – La rappresentazione della forma di una nave: il piano di costruzione

La nave viene riferita ad una terna ortogonale con origine nel piede della perpendicolare al mezzo, asse X orizzontale e coincidente con la linea di base (coincidente con la linea di costruzione se la nave è senza immersione di progetto) ed orientato verso prua, asse Y orizzontale ed orientato verso sinistra, asse Z (coincidente con la perpendicolare al mezzo) verticale ed orientato verso l’alto. Questa terna definisce:

- Il piano orizzontale (XY), parallelo al galleggiamento di progetto, sul quale si proiettano le linee che rappresentano le intersezioni della superficie della nave con la famiglia di piani paralleli al piano XY e dividenti, in genere, l’immersione al mezzo in 10 parti uguali. Essendo simmetriche, le linee vengono tracciate solo a metà. Le intersezioni relative alla carena sono dette linee d’acqua vere (dalla 0 alla 10) e vengono indicate con numeri arabi progressivi dal basso verso l’alto, quelle relative all’opera morta sono dette linee d’acqua false o ausiliarie. Se la nave ha forme molto stellate nella zona del fondo o del ginocchio, vengono introdotte altre linee d’acqua indicate con ½ (ad es. tra la 1 e la 2 aggiungiamo la 1 ½). Il piano orizzontale conterrà, oltre alle linee d’acqua, segmenti di retta (orizzontali e verticali) corrispondenti alle proiezioni delle ordinate e delle longitudinali;

- Il piano trasversale (YZ), sul quale si proiettano le linee che rappresentano le intersezioni della superficie della nave (escluso il ponte) con la famiglia di piani paralleli

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al piano YZ e dividenti, di norma, la lunghezza tra le perpendicolari in 20 parti uguali. Poiché anche queste sono simmetriche, a destra vengono tracciate quelle prodiere (da 10 a 20) ed a sinistra quelle poppiere (da 0 a 10). Tali intersezioni sono dette ordinate ed anche in questo caso possono esserci ordinate ½ a poppa ed a prua. Il piano trasversale conterrà, oltre alle ordinate, segmenti di retta (orizzontali e verticali) corrispondenti alle proiezioni delle linee d’acqua e delle longitudinali;

- Il piano longitudinale (XZ), sul quale si proiettano le linee che rappresentano le intersezioni della superficie della nave (escluso il ponte) con la famiglia di piani paralleli al piano XZ e dividenti, di norma, la semilarghezza massima in 5 parti uguali. Tali intersezioni prendono il nome di longitudinali e sono indicati con numeri romani, da 0 (in genere omesso) a V man mano che si procede dal piano diametrale alla murata. Il piano longitudinale conterrà, oltre alle longitudinali, segmenti di retta (orizzontali e verticali) corrispondenti alle proiezioni delle linee d’acqua e delle ordinate.

Per definire completamente la forma della nave bisogna completare le tre figure con la proiezione dell’orlo a murata del ponte principale e di eventuali altri ponti e di altre

eventuali linee di discontinuità. L’utilizzo di questi tre piani permette di verificare la congruenza di ciascun disegno, di accorgersi di errori (bilanciamento del piano di costruzione). In generale, il trasversale va posto in alto a sinistra, il longitudinale in alto a destra, l’orizzontale in basso a destra, mentre in basso a sinistra vanno riportate le scritte necessarie per interpretare il disegno. Talvolta possono essere riportate altre intersezioni a quote diverse o con un certo angolo di inclinazione che prendono il nome di forme e vengono riportate nel IV quadrante al di sotto della traccia del piano di simmetria della carena. La scala del disegno varia a seconda della dimensione della nave e della fase del progetto (1:25, 1:50, 1:100 e 1:200).

24.3 – Diagramma delle aree delle sezioni immerse

La distribuzione del volume di carena al galleggiamento di progetto in senso longitudinale, può essere rappresentato da un diagramma al quale si dà il nome di diagramma delle aree delle

sezioni immerse o di curva di pienezza. In analogia al piano di costruzione, il segmento di lunghezza LPP dell’asse delle ascisse viene diviso in 20 parti uguali, si riporta il valore dell’area per ogni ordinata (riportata in scala) e si traccia la curva che racchiude tutti i segmenti rappresentativi delle aree delle sezioni, detta curva di pienezza.

Page 132: progetto della nave

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Detta AX l’ordinata generica del diagramma in corrispondenza dell’ascissa X ed a cavallo del segmento infinitesimo dx, si può ottenere il volume di carena mediante l’integrale:

∫=∇PPL

X dxA0

quindi l’area del diagramma rappresenta il volume di carena. Inoltre, rapportando quest’area con il rettangolo che la circoscrive otteniamo il coefficiente prismatico longitudinale di carena:

MPPP AL

C∇=

A volte è possibile che il diagramma si prolunghi oltre le perpendicolari (ad esempio in caso di bulbo).

Il diagramma può essere presentato anche dividendo i valori delle aree per quello massimo e l’ascissa di ciascuna sezione per la lunghezza tra le perpendicolari. In tale modo i valori delle orfinate saranno comprese tra 0 ed 1.

∫=∇1

0 PPM

X

L

dx

A

A

L’ascissa del centro dell’area del diagramma fornisce la posizione longitudinale del centro di carena.

Sia il piano di costruzione che il diagramma delle aree mostrano che la carena è costituita da due parti aventi in comune la sezione al mezzo: un corpo di entrata ed uno di uscita. Eventualmente ci può essere una parte centrale cilindrica e quindi avremo un corpo stellato di entrata, uno di uscita ed un corpo cilindrico.

Page 133: progetto della nave

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24.4 – Coefficienti di finezza, lunghezze e volumi della carena

- Coefficiente di finezza della sezione maestra:

MM

MM TB

AC =

- Coefficiente di finezza della figura di galleggiamento:

XWL

WW BL

AC =

dove AW è l’area della figura di galleggiamento di progetto e BX è la larghezza massima al galleggiamento di progetto;

- Coefficiente di finezza totale della carena:

MXWLB TBL

C∇=

- Coefficiente di finezza prismatico verticale longitudinale:

WLMP LA

C∇=

Si ottiene rapportando il volume di carena con il prisma ottenuto traslando per tutta la lunghezza l’area della sezione maestra. Rappresenta un indice di distribuzione dei volumi lungo l’asse X, quindi è legato al diagramma delle aree;

- Coefficiente di finezza prismatico verticale di carena:

MWPV TA

C∇=

Si ottiene rapportando il volume di carena con il prisma ottenuto traslando per tutta l’immersione l’area di galleggiamento.

Dalle definizioni, risultano le seguenti relazioni:

MPM

MB CC

BT

A

LATBLC =⋅∇=∇=

WPVW

WB CC

LB

A

TATBLC =⋅∇=∇=

Page 134: progetto della nave

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E di conseguenza:

M

BP C

CC =

W

BPV C

CC =

P

BM C

CC =

PV

BW C

CC =

Tutti questi coefficienti possono essere particolarizzati per i tratti in cui si divide la nave: ad esempio possiamo definire:

dove con il pedice A si fa riferimento al corpo poppiero (After Body), con F a quello prodiero (Fore Body), con P al corpo cilindrico (Parallel Middle Body), con R al corpo poppiero stellato (Run body) e con E al coppo prodiero stellato (Entrance Body).

Per una nave senza corpo cilindrico, si ha:

2PP

EFRA

LLLLL ====

Per cui, dividendo per LPP, ed indicando con λ i relativi rapporti, si ottiene:

Page 135: progetto della nave

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2PP

EFRA

LLLLL ====

Mentre non è detto che il volumi siano uguali:

EFRA ∇=∇≠∇=∇ e ERFA ∇+∇=∇+∇=∇

Dall’ultima relazione possiamo ricavare:

Page 136: progetto della nave

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Page 137: progetto della nave

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BR C

TBL

⋅= 2.3

Per navi da carico monoelica e senza bulbo prodiero le lunghezze adimensionalizzate dei corpi stellati di prua e di poppa e del corpo cilindrico possono essere determinate con formule polinomiali di terzo grade in funzione del coefficiente di finezza totale CB (riportate nei seguenti grafici).

Page 138: progetto della nave

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24.5– La forma della poppa

Le forme di poppa devono essere tali da minimizzare la resistenza al moto evitando il distacco di vena fluida e generando una scia accettabile e concentrata verso il propulsore in modo da migliorare l’efficienza propulsiva. Deve permettere l’alloggiamento del propulsore, realizzando distanze dallo scafo più ampie possibili in modo da ridurre le vibrazione, e del timone, in modo da realizzare un efficiente flusso allo stesso e quindi una buona manovrabilità e stabilità di rotta. Deve avere forme semplici in modo da ridurre tempi e costi di costruzione e tali da garantire un volume idoneo alle esigenze del carico e di assetto. La zona di ponte a poppa deve esser tale, per larghezza e forma, da consentire la collocazione razionale di tutto quanto necessario per l’ormeggio ed il tonneggio. Infine, bisogna tenere conto anche dell’estetica, in particolare per le navi passeggeri.

Alcune di queste caratteristiche riguardano la parte immersa, in genere soddisfatte con forme sottili ed avviate, altre la parte emersa, soddisfatte con forme larghe e squadrate, altre ancora entrambe. Ne scaturisce quindi che le due parti avranno forme molto diverse tra loro, ma tali da evitare le discontinuità nella zona del galleggiamento, cercando compromessi soddisfacenti.

Parte emersa del corpo stellato di poppa.

- Poppa mercantile o ellittica: utilizzata in passato per la quasi totalità delle navi mercantili e militari. La forma ellittica si nota dalle false linee d’acqua, la volta di poppa è molto slanciata e sul piano diametrale si ha un profilo quasi rettilineo. Presenta uno spigolo, detto spigolo del bindone, in corrispondenza della linea dell’orlo a murata del ponte superiore, prodotto dalle ordinate e longitudinali che diventano rettilinee.

Nei transatlantici la volta di poppa presentava delle longitudinali rettilinee e delle ordinate a lieve curvatura; l’opera morta presenta due spigoli di bindone ed a partire dal primo spigolo le linee cambiano inclinazione, mentre oltre il secondo esse diventano verticali; ciò al fine di aumentare la lunghezza dell’opera morta semplificando la costruzione. Si noti infine la

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presenza di un naso di poppa, volto ad aumentare la lunghezza al galleggiamento, migliorando le prestazioni della parte immersa.

- Poppa mercantile o a volta: viene utilizzata ancora oggi per i rimorchiatori. Lo spigolo di bindone è in corrispondenza dell’orlo del ponte a murata e la parte sovrastante ha la superficie rivolta verso l’interno della nave, per consentire il contatto del bottazzo con un’altra nave senza danneggiare l’impavesata e per evitare l’imbarco d’acqua sul ponte quando il rimorchiatore è in marcia addietro in mare mosso.

- Poppa a torpediniera: adottata fino alla seconda guerra mondiale dalle navi militari per

le unità siluranti. Lo spigolo di bindone viene sostituito da un raccordo con un piccolo raggio di curvatura in corrispondenza del galleggiamento di progetto. La parte superiore dell’opera morta poppiera è caratterizzata da murate incurvate verso l’interno mentre le false linee d’acqua continuano ad essere ellittiche. La particolare conformazione della poppa faceva sì che la lunghezza al galleggiamento fosse maggiore di quella tra le perpendicolari.

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- Poppa a canoa: venne ideata all’inizio del ‘900 per navi militari veloci bielica ed adottata

per circa 30 anni. Le false linee d’acqua hanno lo stesso andamento di quelle vere della parte immersa, sono quasi rettilinee con chiusura curva e di limitata larghezza.

- Poppa ad incrociatore o poppa tonda: utilizzata per navi militari e mercantili fino alla II Guerra Mondiale, ed ancora oggi trova qualche applicazione. Il nome deriva dalla forma della volta che ha le longitudinali tondeggianti e proseguono con lo stesso andamento per tutta la parte emersa. Le false linee d’acqua ricordano quelle della poppa mercantile o ellittica, ma hanno una lieve curvatura fino al tratto di chiusura che è con forte curvatura.

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- Poppa a specchio o quadra o tronca: venne studiata per navi molto veloci, per ridurre

tempi e costi di costruzione e per esigenze connesse alla movimentazione del carico (carica/scarico veicoli gommati). La parte terminale, detta specchio, è piana e verticale o leggermente inclinata verso l’esterno o ancora con lieve curvatura in senso trasversale. Spesso, per navi con velocità relativa molto elevata, si ha anche che la larghezza della parte emersa del corpo poppiero è quasi costante e spesso uguale a quella massima della nave.

Una particolare poppa a specchio detta a transom immerso è adottata in navi a sostentamento idrodinamico; essa può essere con specchio piano (verticale o inclinato verso l’esterno) o costituito da due metà formanti tra loro uno spigolo in corrispondenza del piano di simmetria, ma in entrambi i casi lo specchio è immerso a nave ferma o a velocità molto basse, mentre è completamente emerso a velocità di esercizio. Gli attacchi tra i fianchi ed il fondo e tra i fianchi e lo specchio sono a spigoli vivi.

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La poppa a specchio viene utilizzata anche per i pescherecci per poter disporre di una più ampia superficie di ponte a poppa ed aumentare notevolmente la stabilità statica trasversale e longitudinale. C’è da notare che in caso di mare di poppa e per un campo di velocità elevato rispetto a quello dell’onda, la poppa a specchio rappresenta un pericolo. Infatti nel beccheggio la poppa emerge e si ha una drastica riduzione della figura di galleggiamento, e quindi della stabilità trasversale e longitudinale. Per ridurre drasticamente i tempi ed i costi di costruzione, si può adottare una poppa costituita da un insieme di superfici piane, ovviamente con poppa a specchio.

Parte immersa del corpo stellato di poppa.

Riguarda principalmente le caratteristiche idrodinamiche ed idrostatiche.

Per quanto riguarda la separazione del flusso d’acqua, esso non dipende solo dalle forme di poppa ma anche dal propulsore che risucchia le linee di flusso. Nelle navi monoelica le linee di flusso sono portata a seguire percorsi analoghi alle forme di carena e ciò evita il distacco. La presenza

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di due eliche, invece, comporta una traiettoria delle particelle diverse dalle forme di carena. La forma della carena può generare la separazione del flusso se presenta discontinuità o curvature molto pronunciate. Le curvature in senso longitudinali dovrebbero essere tali che in nessun punto di una linea d’acqua la tangente ad essa formi un angolo con l’asse x maggiore o uguale a 15°, mentre raggiunti i 20° la separazione è inevitabile. Questi valori sono difficili da realizzare con carene ad alto coefficiente di finezza CB o nelle zone in cui la volta di poppa si raccorda con il dritto dell’elica. Il distacco diventa più preoccupante ad immersioni minori, in quanto all’aumentare della profondità, aumenta la pressione esercitata dal fluido e tende a “schiacciare” le particelle sulla carena impedendo il distacco. E’ evidente, quindi, che la posizione del propulsore è importante per gli effetti del risucchio e per assicurare al propulsore stesso un buon flusso d’acqua. Inoltre è necessario garantire al propulsore un idoneo battente per evitare cavitazione, in ogni condizione di carico. L’esperienza consiglia che la distanza tra il galleggiamento ed il punto più alto del disco dell’elica sia non inferiore al 10% del diametro dell’elica. Per valori del rapporto D/T ≤ 0.75 un buon flusso d’acqua, per navi monoelica, è favorito da forme della poppa con un piccolo angolo di chiusura, inferiore a 30° (ciò si ottiene spostando a prua il centro di carena, con minimi volumi immersi a poppa). Se invece sia al di sopra di tale valore di D/T, cioè abbiamo eliche con diametro abbastanza grande, è più difficile realizzare un idoneo battente d’acqua ed un buon flusso al disco dell’elica, per cui bisogna adottare una delle seguenti soluzioni:

- Eliminare il calcagnolo utilizzando un timone sospeso;

- Far sporgere il disco dell’elica oltre la linea di costruzione, soluzione accettata solo per navi militari. Il progettista deve comunque prospettare all’armatore mercantile tale soluzione.

- Per navi piccole si realizza una differenza di immersione, cioè con linea di costruzione inclinata. Per grandi navi non viene adottata questa soluzione in quanto l’inclinazione della linea di costruzione rende diverse tutte le ossature (molto numerose in questo caso) con conseguente aumento dei tempi e dei costi.

- Utilizzare una poppa a tunnel in modo da convogliare l’acqua verso l’alto ed alimentare tutto il disco dell’elica. Questa soluzione è adottata spesso nei battelli fluviali, caratterizzati da una scarsa immersione;

- Prolungamento delle linee di poppa quasi fino al galleggiamento di progetto, per arretrare l’elica in una zona con altezza maggiore. Ciò migliora la resistenza al moto ma bisogna verificare che la superficie di chiusura della poppa sia immersa.

Aumentare il diametro dell’elica comporta una riduzione del numero di giri, favorita dall’armatore in quanto permette di adottare un diesel lento (60 – 100 giri al minuto) accoppiato direttamente all’elica con un notevole risparmio nell’esercizio della nave e un discreto risparmio delle spese d’investimento (assenza del riduttore). Questa soluzione può ridurre talvolta il rendimento di scia tanto che il rendimento propulsivo totale è minore a quello di un’elica di diametro inferiore e numero di giri maggiore. Per ovviare a tale inconveniente, si sono realizzate delle poppe dette “a volta integrata” idonee alla sistemazione dell’elica di grande diametro e tale da migliorare i coefficienti di scia e risucchio. Il tunnel produce un accelerazione dell’acqua e permette di alimentare tutto il disco dell’elica con una scia regolare, riducendo le forze

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fluttuanti sull’albero e di conseguenza le vibrazioni. Tali vantaggi si conservano anche in mare mosso per cui i vantaggi economici per l’armatore sono tali da compensare il maggiore costo di costruzione.

Nella figura si nota la presenza di un bulbo di poppa, che aumenta il rendimento propulsivo (concentra la scia sull’elica) e riduce il distacco di vena, ma aumenta la resistenza di forma. Inoltre riduce il rischio di cavitazione e le vibrazioni.

Nel caso di navi bielica, l’esperienza ci dice che per minimizzare l’interferenza tra le due eliche, è conveniente avere un rapporto D/T < 0.7. La forma del corpo stellato poppiero più utilizzata è quella a twin skeg.

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24.6 – La forma della prua

Anche la prua è fondamentale per molti aspetti. La sua forma deve essere tale da minimizzare la resistenza al moto, migliorare il comportamento in mare mosso, essere quanto possibile semplice e permettere la collocazione di eventuali eliche trasversali di manovra, migliorare l’estetica soprattutto per navi passeggeri. Analogamente alla poppa, la parte immersa ed emersa avranno caratteristiche diverse e le due parti saranno raccordate in corrispondenza del galleggiamento di progetto.

Parte emersa del corpo stellato di prua.

- Prua dritta: adottata fino a pochi anni prima della II Guerra Mondiale, permetteva un facile collegamento tramite chiodatura con la chiglia. Oggi viene utilizzata, con forma lievemente diversa per l’uso della saldatura, solo per bette, pontoni o per quelle navi con alti CB (>0.90), fondo piatto (o quasi) e velocità molto basse (< 6 nodi), per navi fluviali. Il semiangolo di apertura può giungere fino a 45°.

- Prua slanciata con murate svasate: nella maggior parte dei casi la prua presenta la parte terminale slanciata con murate più o meno svasate in modo da ottenere volumi crescenti all’aumentare dell’immersione. Ciò per contrastare i moti di sussulto e molto di più di beccheggio. Tale forma è necessaria anche per garantire una maggiore superficie di ponte per alloggiare i diversi macchinari per ormeggio e tonneggio. Se la prua è molto svasata si avrà in mare mosso una maggiore resistenza al moto. Lo slancio in avanti del profilo prodiero evita l’imbarco d’acqua sul ponte in mare mosso. Inoltre, in caso di impatto, la collisione riguarderebbe prima l’opera morta.

Parte immersa del corpo stellato di prua.

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Anche per la parte immersa si è passati dalla prua dritta a quella inclinata per gli stessi motivi indicati per la parte emersa. Con il passare del tempo si passo alla prua slanciata o a clipper con il dritto di prua che si inclinava maggiormente e con sezioni maggiormente svasate. Le linee d’acqua presentano un semiangolo di apertura tanto più piccolo quanto maggiore è la velocità e senza raccordo (tagliamare) o con piccolissimo raccordo.

Negli anni ’60 fu molto usata la prua slanciata a sede d’onda caratterizzata da un incavo in senso longitudinale su ambo i lati della prua a cavallo della linea di galleggiamento di progetto. L’incavo produceva una figura di galleggiamento più affinata e, quindi, in grado di produrre un’onda di minore altezza e quindi meno resistenza d’onda. La parte superiore dell’incavo costituiva una guida all’onda nello scorrere lungo il fianco. In presenza di mare mosso migliorava le prestazioni, ma i tempi ed i costi di costruzione erano alti.

Per velocità basse (<15 nodi) ed alti coefficienti di finezza (> 0.80) viene adottata la prua cilindrica con sezioni longitudinali verticali o quasi.

Il bulbo di prua.

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Il bulbo serve a sfasare i treni d’onda di prua e di poppa in modo tale da ridurre la resistenza al moto. Inoltre, l’altezza dell’onda prodotta è minore, quindi si riduce anche la resistenza di frangimento delle onde, ma aumenta la superficie bagnata e quindi la resistenza d’attrito. Viene utilizzato anche per navi con prua cilindrica per ridurre la vorticosità che si crea per il piccolo raggio di curvatura del raccordo tra dritto e chiglia. Siccome è abbastanza costoso, conviene valutare se i vantaggi in termini di resistenza al moto giustificano la spesa. Il diagramma di Watson e Gilfillan mostra al variare di CB e di Fn quando è conveniente utilizzare il bulbo, con delle curve che delimitano dei campi di riduzione di resistenza (0 – 5 – 10%).

Questo grafico fa riferimento a navi in pieno carico. Non esistono altri grafici relativi ad altre condizioni di carico, ma studi mostrano che al diminuire del carico diminuiscono i vantaggi del bulbo o addirittura c’è un aumento di resistenza. Invece, un bulbo non vantaggioso per la condizione di pieno carico diviene spesso vantaggioso a carico minore. Se i vantaggi permangono anche nelle altre condizioni, il progettista può ritenere vantaggiosa l’adozione del bulbo. Altri fattori possono intervenire nella scelta, come il possibile miglioramento del comportamento in mare, l’incremento dei tempi di costruzione, difficoltà che possono insorgere nella manovra delle ancore (bisogna adottarne due e spostate a poppa per disporre di una maggiore larghezza di ponte o realizzare cubie sporgenti. In altri casi si dispongono listelli di protezione per il bulbo). In generale il bulbo è raccomandabile per Fn < 0.30. Quando il bulbo è integrato e le linee d’acque e le longitudinali si adattano viene detto integrato, mentre è detto innestato se forma delle discontinuità di forma (aggiunta ad una nave realizzata senza bulbo).

Per quanto riguarda la forma del bulbo, esso può essere:

- a goccia o a delta: presenta la maggior parte del volume immerso, viene utilizzato per le navi che navigano in condizioni di carico diverse. Con immersioni piccole e mare mosso accentua, però, il fenomeno dello slamming;

- a trottola o a nabla: realizza la maggiore concentrazione di volume verso l’alto. E’ quindi adatto a navi che navigano alternatamente in zavorra e pieno carico. Riduce notevolmente il beccheggio ed è più facilmente integrabile con le forme di carena;

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- ellittico o circolare o ad O: ha una distribuzione del volume più omogenea ed è applicabile a quelle navi che navigano frequentemente in mare severo. E’ difficile che presenti il fenomeno dello slamming.

I principali parametri che servono a definire il bulbo sono:

- Altezza del punto di massima sporgenza HX, misurata dalla linea di base. I valori consigliati sono tali che 0.35 < HX/T < 0.55 mentre per navi con Fn < 30 è opportuno che HX/T = 1;

- Ascissa del punto di massima sporgenza XX, misurata dalla perpendicolare avanti;

- Larghezza massima Y, sulla perpendicolare avanti;

- Altezza massima Z sulla perpendicolare avanti;

- Area trasversale del bulbo AT, sull’ascissa della perpendicolare avanti;

- Area longitudinale del bulbo AL, delimitata dalla perpendicolare avanti;

- Coefficiente di finezza CT della sezione trasversale dato dal rapporto tra l’area AT e l’area del rettangolo che la circoscrive YZ;

- Coefficiente di Taylor t dato da:

TM

PP

AA

tgLt

−=

γ2 dove γ è l’angolo formato dalla tangente alla curva standard (carena

senza bulbo) delle aree delle sezioni immerse in corrispondenza con la perpendicolare avanti e la retta orizzontale. Viene utilizzato, di norma, solo per navi veloci.

Buona parte di questi valori sono ricavabili con formule sperimentali o con tabelle che riportano i valori consigliati.

La complessità dello studio delle forme della carena fa si che il progettista parta sempre da una nave similare di riferimento, modificandola per adattarla al suo scopo e magari migliorata con prove in vasca. Se non è possibile percorrere questa strada, il progettista può far riferimento ad una serie sistematica di carena, che permette di prevedere in maniera abbastanza precisa la resistenza al moto.

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Capitolo 25 – DERIVAZIONE DELLA FORMA DI UNA NAVE DA

QUELLA DI UN’ALTRA GIA’ ESISTENTE

La definizione della forma da dare alla nave è un lavoro, complesso , lungo e difficile. Di norma il progettista preferisce partire da una forma di nave già studiata, adattandola alla nave che ha in progetto.

25.1 – Variazione della lunghezza del corpo cilindrico

Si supponga che per la nave in progetto siano state determinate le grandezze indicate in tabella col pedice 1, nella stessa tabella sono confrontati tali valori con quelli col pedice 0 relativi alla nave di riferimento. Il progettista può valutare opportuno assumere per le grandezze della nave in progetto i valori indicati in colonna 4 senza pedice. Tutte le grandezze sono note, compresa la L essendo

∇= ��� = ����� � � = ∇:���C�C

La lunghezza L viene realizzata aumentando(riducendo) il corpo cilindrico della nave base inserendo (sottraendo), nella sezione a LPP0/2, una trancia di corpo cilindrico di lunghezza L*, si ha quindi � = �� ± �∗ . Poiché per la nave base è ∇�= ������ � risulta essere ∇C:�C�C = �� � per cui in caso di

allungamento del corpo cilindrico, per la nave in progetto si ha : C� = ∇(�Cb�∗)�C�C = ∇:�C�C(�Cb�∗)∇C Essendo C�� = ��C�C�C quindi C� = :�C�∗b�C(�Cb�∗)

Inoltre essendo C�� = �BC�C�C e C� = �BC�C�C avremo CM0=CM.

Oltre in fase di progetto l’inserimento di un tronco cilindrico è operazione che viene

realizzata su una nave in esercizio per renderla più competitiva nel mutato mercato in cui

opera.

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25.2 – Piano di costruzione derivato in affinità da quello di una nave presa

a riferimento

ll piano di costruzione di una nave in progetto puo essere derivato da quello di un'altra nave, se entrambe hanno:

• stessa tipologia di missione,

• velocita relativa non molto diversa,

• stessa tipologia di propulsione e governo,

• stesso numero di propulsori,

• stesso valore del coefficiente di finezza totale di carena CB,

• stesso valore del coefficiente di finezza della sezione maestra CM 4•

Di solito, ma non necessariamente, la detta Iegge è lineare. In tale caso:

• indicando con X1 il valore reale di un segmento che si estende nella direzione

dell'asse X e con x1 quello dell'omologo segmento nel disegno, sarà Xt=λXt ed il coefficiente λ è detto scala delle lunghezze del disegno

• indicando con Y 1 il valore reale di un segmento che si estende nella direzione

dell'asse Y e con y1 quello dell'omologo segmento nel disegno, sarà yt=µYt ed il

coefficiente λ è detto scala delle larghezze del disegno, • indicando con Z1 il valore reale di un segmento che si estende nella direzione

dell'asse Z e con z1 quello dell'omologo segmento nel disegno, sarà Zt=τZt ed il coefficiente λ è detto scala delle altezze del disegno.

Se, come di solito avviene, è µ=τ=λ l'oggetto al vero ed il suo disegno sono in similitudine, cioè la sua rappresentazione grafica è monometrica.

Se, invece, non avviene µ=τ=λ, la rappresentazione non è più monometrica e I'oggetto al vero ed il suo disegno sono in affinità.

Un piano di costruzione eseguito in similitudine, cioè con unica scala λ (essendo µ=τ=λ), può essere letto utilizzando non solo un altro valore per λ, ma anche valori diversi per µ e τ.

Si possono distinguere due casi.

A- La nave in progetto e quella base hanno µ=τ=λ

Il nuovo piano di costruzione lo si può ottenere da quello della carena base considerando che le due navi sono in scala λ, cioè che i due piani sono in similitudine. Oltre ad essere, come impasto, CB=CBo,

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risulta essere 6:

Cw=Cwo Cx=Cxo LCB=LCBo

B La nave in progetto e quella base non hanno µ=τ=λ, ma potrebbero avere solo a due a due tali rapporti uguali , o nessuno dei tre, in questo caso bisogna ridisegnare in il tutto in AFFINITA’. Nei piani con assi di riferimento aventi scale differenti gli angoli non mantengono lo stesso valore e gli archi di cerchio si deformano in archi di ellisse.

Nei casi esaminati e semplice ridisegnare il nuovo piano di costruzione (in opportuna scala rispetto alla nave a1 vero), e possibile effettuare una attendibile previsione delle resistenza al moto e delle caratteristiche di stabilita a nave integra.

A volte può risultare opportuno a1 progettista fare riferimento a due navi già realizzate e non ad una sola nave. Infatti, il progettista può stimare più conveniente per la carena in progetto assumere il corpo poppiero derivato da una nave e quello prodiero da un'altra. In tale caso, attraverso i coefficienti µ1=τ1=λ1 relativi al corpo poppiero e µ2=τ2=λ2 relativi al corpo prodiero, gli stessi corpi vengono trasformati in affinità in quelli della nave in progetto. II valore del coefficiente di finezza Cb della carena in progetto sarà diverso da quelli relativi alle due navi di riferimento. Per le due navi prese a riferimento e per la nave in progetto vale la relazione:

(a) dove CBF e CBA sono, rispettivamente, i coefficienti di finezza del solo corpo prodiero e del solo corpo poppiero costituenti le tre navi. I detti due coefficienti di finezza (restati costanti nella trasformazione in affinità) non sono, in generale, noti.

Per evitare di calcolarli si possono usare le formule ricavate da H. Schneekluth e valide se le due navi sono prive di bulbo prodiero ed hanno un determinato coefficiente della sezione maestra.

Il ricorso a due navi di riferimento può essere consigliato se, come già detto, si ritiene che combinando corpi appartenenti a carene diverse si migliorino le caratteristiche di resistenza al moto e di propulsione.

La combinazione di corpo poppiero e corpo prodiero appartenenti a navi diverse presenta una complicazione quando il loro coefficiente di :finezza della sezione a meta nave CM non ha

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il medesimo valore. Infatti, operando la trasformazione affine per ciascuno dei due corpi, la nave in progetto presenterà un diagramma delle aree delle sezioni immerse con una discontinuità ΔAM nella sezione a 0.5 Lpp, come, ad esempio, e mostrato nella figura In generale la differenza ΔAM tra le due aree immerse AM delle due sezioni maestre e dovuta al diverso raggio di curvatura del ginocchio delle stesse e/o all'essere il fondo non piatto in entrambe o con fondo a diversa stellatura. Se però le due navi di riferimento sono state ben scelte è molto probabile che il ΔAM sia molto piccolo (differenza pm:i a1 massimo a1 2%). In questo caso e possibile correggere il diagramma delle aree delle sezioni immerse mediando tra i due semi-diagrammi e ridisegnare la sezione maestra mediando tra le due configurazioni.

ll ricorso all'affinità geometrica per ricavare da una carena nota (o da due semicarene) quella della nave in progetto, e il procedimento che viene più spesso utilizzato, rappresenta, quasi sempre, la prima tappa di un processo di derivazione meno semplice. Infatti, la carena ricavata in affinità viene quasi sempre assunta come nuova carena di riferimento e su di essa si applicano ulteriori trasformazioni per realizzare diversi valori per talune grandezze

Questa prima tappa del procedimento complessivo di trasformazione non si conclude con il disegno del piano di costruzione, ma unicamente nella compilazione di un nuovo quadro delle semilarghezze e nella elaborazione del diagramma delle aree delle sezioni immerse per la nave in progetto

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25.3 – Piano di costruzione derivato per interpolazione tra due navi prese a

riferimento

Nel caso in cui si dispone di due navi di riferimento aventi:

a) valori di CB tali da comprendere nel loro intervallo il valore fissato per la nave in progetto,

b) diagrammi adimensionalizzati delle aree delle sezioni immerse tali che la lunghezza del corpo cilindrico e la loro posizione sia non molto diversa,

è possibile procedere per interpolazione. Il procedimento consiste in una derivazione affine modificata.

Ciascuno quadro delle semilarghezze delle due navi di riferimento viene trasformato in affinità per ricondurlo alle stesse dimensioni principali (Lpp, B e T) della carena della nave in progetto. Interpolando tra i valori omologhi dei due quadri delle semilarghezze si ottiene quello relativo a1la nave in progetto. Detti Δ1 e Δ 2 - rispettivamente i dislocamenti della

nave in progetto (con coefficiente CB), della nave con coefficiente CB1 e di quella con CB2

(essendo CB1 < CB < CB2), queste ultime già trasformate in affinità e, quindi, aventi le stesse

dimensioni principali della nave in progetto - lo spostamento orizzontale - del generico punto Pi1 della nave di dislocamento Δ 1 espresso in percento del segmento Pi1-Pi2, verso il punto

Pi2 [omologo (cioè giacente sulla medesima linea d'acqua e appartenente alla sezione omonima) di Pi1] della nave di dislocamento Δ o2 - sara dato da:

E' opportuno, una volta derivata la carena per la nave in progetto, elaborare il diagramma delle aree delle sezioni immerse per controllare che la sua forma sia idonea. In particolare, esso deve presentare nei corpi stellati di poppa e di prua una sola curvatura con centro all'interno del diagramma; una doppia curvatura - come quella presentata in figura 2 - riduce notevolmente le qualità idrodinamiche della carena e, pertanto, va evitata. Di solito, se le due carene prese a riferimento rispettano la condizione b, la carena derivata per interpolazione non dovrebbe presentare la detta anomalia.

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25.4 – Piano di costruzione derivato da quello di una nave base di diverso

Cb per spostamento delle sezioni del diagramma delle aree secondo una

legge patabolica

Nel caso in cui si dispone di una nave di riferimento (avente rispetto alla nave in progetto la stessa tipologia di missione, non molto diversa la velocità relativa, la stessa tipologia di propulsione e governo e lo stesso numero di propulsori) avente coefficiente di finezza diverso da quello della nave in progetto, è possibile procedere prima con una derivazione

affine e, poi, con una derivazione non affine.

ll diagramma delle aree delle sezioni immerse della nave base viene trasformato in affinità per ricondurlo alle stesse dimensioni principali (Lpp, B e T) della carena della nave in progetto. L'area di tale diagramma rappresenta il volume di carena V0 della carena base

avente coefficiente di finezza totale CBo·

Se la nave in progetto ha volume di carena V>V0 ,è possibile trasformare il diagramma delle aree delle sezioni immerse in modo che abbia area uguale al volume di carena della nave in progetto. L'incremento di volume �V può essere ripartito-in parti uguali o diverse- tra i corpi poppiero e prodiero della nave. L'incrementoΔ V1 relativo ad uno dei due corpi sarà dato da

nella quale AM (ovvero B, T e CM) e già noto (ovvero sono noti B, T e CM),

mentre e:

K:= 0.70 se e Cp<=0.60

K = 0.70-44(Cp -0.60Y

see

Cp>0.60 essendo Cp il coefficiente prismatico longitudinale della carena in progetto.

Ricavato il valore di s dalla relazione scritta, e ridotto nella scala delle lunghezze del diagramma della ree delle sezioni immerse, e possibile tracciare sull'asse di detto diagramma la parabola quadratica avente freccia s posta a meta del segmento attraverso i cui estremi la parabola deve passare (uno deve essere il piede della sezione a meta Lpp e l'altro può essere

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arbitrario, ad esempio, vedi figura 3, il piede della perpendicolare estrema). Per ciascuna sezione del diagramma delle aree (a distanza x dalla perpendicolare estrema) viene individuata 1'ordinata della parabola che rappresenta lo spostamento che la detta sezione deve avere per passare al diagramma delle aree delle aree immerse della nave in progetto. Pertanto, ribaltata (di 90°) sull'asse x la detta ordinata della parabola, si ottiene la nuova posizione sull'asse x della sezione di area Ax.

L'area sottesa dal diagramma ad asse verticale posto a destra nella figura 3 rappresenta l'incremento di volume ΔV1. L'ascissa massima del detto diagramma rappresenta lo spostamento massimo di sezione realizzato (riguarda la sezione nella quale e ubicata la freccia della parabola), le altre ascisse rappresentano gli spostamenti delle altre sezioni, come la figura 3 chiarisce. Il rapporto tra 1'area sottesa dal diagramma degli spostamenti e quella del rettangolo che la circoscrive vale

Che è , trasformata, la formula prima scritta.

Il corpo (prodiero o poppiero) considerato, passando dalla carena base a quella in progetto, ha

subito una variazione del coefficiente di :finezza totale dato da:

pertanto, il valore della freccia s della parabola può essere determinato in relazione alla variazione di CB (in luogo della variazione di Δ) attraverso la formula:

E' evidente che se la nave in progetto ha volume di carena V<V0, il procedimento e perfettamente analogo, con la sola variante che lo spostamento delle sezioni (il ribaltamento delle ordinate della parabola) avviene in senso opposto di quello in figura 3.

Per quanto riguarda il corpo poppiero la scelta del secondo punto (nella figura 3 e quello corrispondente alla perpendicolare addietro), per il quale la parabola deve passare, va fatto tenendo presente quanto segue:

• >- se la parabola passa per la sezione relativa alla perpendicolare addietro, varierà la lunghezza della zona nella quale è ubicato il propulsore,

• >- se la parabola passa per la sezione nella quale è la fuoriuscita dell'albero

portaelica, non varierà la lunghezza della zona nella quale è ubicato il propulsore.

Nel caso in cui si desidera che le caratteristiche propulsive della carena base non mutino in modo rilevante, e preferibile optare per la seconda alternativa.

Il procedimento ora esposto e largamente usato non solo dai progettisti, ma anche negli istituti di ricerca nella elaborazione di serie sistematiche di carena, quando da una carena "madre" si devono ricavare delle carene "figlie" aventi prefissato valore del coefficiente di finezza totale.

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25.5 – Influenza dei procedimenti di trasformazione sull’angolo di

semiapertura della figura di galleggiamento.

Operando una trasformazione in affinità - che, come e stato pili volte detto, quasi sempre rappresenta la prima tappa di un procedimento pili articolato di derivazione della carena in progetto da quella di una nave presa a riferimento - l'angolo i della tangente all'estremità prodiera della linea d'acqua al galleggiamento di progetto varia inversamente con il rapporto L/B.

Se la derivazione della carena da quella base (che può essere anche quella gia ottenuta in affinita) fa varia:re la lunghezza del corpo cilindrico, si avrà una

variazione del coefficiente di finezza CB, la qual cosa inciderà sul valore dell'angolo i di semiapertura della figura di galleggiamento. n valore dell'angolo di semiapertura della carena derivata può essere determinato, conoscendo quello della carena di riferimento (le cui grandezze sono individuate con il pedice 0), con la relazione:

Se la derivazione della carena da quella base avviene per spostamento delle sezioni trasversali della carena base secondo una legge parabolica, si ha una variazione del valore del coefficiente di finezza CB. In questo caso il valore dell'angolo di semiapertura della carena derivata può essere determinato, con la relazione:

nella quale il valore della lunghezza tra le perpendicolari e quello comune alla carena in progetto ed alla carena presa a riferimento (questa può essere anche quella già ottenuta in affinità dalla carena di riferimento), e la grandezza s e la freccia della parabola usata per la trasformazione (uguale allo spostamento massimo di sezione operato).

Qualunque sia il procedimento di derivazione applicato, e opportuno che il progettista

presti la dovuta attenzione all'angolo di semiapertura della figura di galleggiamento in modo che, se necessario, possa apportare una correzione dello stesso durante la stesura del piano di costruzione della carena della nave in progetto. Di solito - se 1a carena presa a riferimento, oltre ad essere della stessa tipologia, ha caratteristiche prossime a quella della nave in progetto - la variazione dell'angolo di semiapertura e contenuto per cui non occorre alcuna correzione.

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25.6 – Influenza dei procedimenti di trasformazione sulla stabilità iniziale

Operando una trasformazione in affinità è possibile ricavare le quote del centro di carena e del metacentro trasversale dalla linea di base, conoscendo i corrispondenti valori per la carena di riferimento. Infatti è

(a)

(b)

Pertanto, in questo caso, non e necessario ne opportuno fare riferimento a formule empiriche (vedi capitolo 27).

Nel caso in cui la carena della nave in progetto viene derivata per interpolazione (vedi § 4) tra due carene di riferimento, i valori di KB e BM della carena derivata possono essere determinate interpolando tra i due valori di KB1 e KB2 e di KM1 e KM2 ottenuti applicando le formule (a) e (b) ad entrambe le carene di riferimento.

Nel caso in cui 1a carena per 1a nave in progetto viene derivata da quella presa a riferimento (o da quella già ottenuta da questa applicando l'affinità) attraverso una variazione della lunghezza del corpo cilindrico, la formula da Usare è:

nella quale dLp (con i1 segno positivo o negativo a seconda che la lunghezza del corpo cilindrico e maggiore 0 minore di quella della carena di riferimento) e la variazione del corpo cilindrico operata passando dalla carena di rife1imento a quella della nave in progetto. In questo caso i1 coefficiente di finezza della figura di galleggiamento della nave in progetto è dato da: Nel caso in cui la carena per la nave in progetto viene derivata da quella presa a riferimento (o da quella gia ottenuta da questa applicando l'affinita) attraverso uno spostamento delle sezioni trasversali secondo una legge parabolica, e necessario fare ricorso a formule empiriche (vedi capitolo 27), rna usando i1 valore del coefficiente di finezza della figura di galleggiamento dato dalla formula:

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25.7 – Conclusioni

I metodi esposti nel presente capitolo consentono, partendo dalla carena di una nave

di riferimento (piano di costruzione e diagramma delle aree delle sezioni immerse), di ricavare ilpiano di costruzione di una nave in progetto della stessa tipologia (in relazione al suo utilizzo, al sostentamento ed al numero delle eliche). Le due navi possono differire per i valori assunti da uno o pili delle seguenti grandezze:

1. lunghezza tra le perpendicolari, 2. larghezza massima, 3. immersione di progetto, 4. coefficiente prismatico, 5. lunghezza del tratto cilindrico del corpo poppiero, 6. lunghezza del tratto cilindrico del corpo prodiero, 7. posizione longitudinale del centro di carena, 8. posizione verticale del centro di carena, 9. forma delle sezioni trasversali, lO.ecc.

La trasformazione in affinità (trasformazione lineare) porta i valori delle dimensioni principali (lunghezza tra le perpendicolari, larghezza massima, immersione di progetto) della nave presa a riferimento a quelli della nave in progetto, mantenendo invariati i valori dei coefficienti di finezza e della posizione longitudinale del centro di carena; nel caso in cui 1a trasformazione lineare e operata facendo riferimento a due navi base, una per il corpo poppiero e 1'altra per il corpo prodiero, allora possono essere ricondotti a quelli della nave in progetto anche il valore del coefficiente di finezza totale e quello della posizione longitudinale del centro di carena. Nel prima o nel secondo caso, poi, la carena ottenuta puo essere assunta come carena base sulla quale e possibile applicare uno o pili metodi di trasformazione. Per tale motivo, di norma, la trasformazione in a:f:finita e la prima tappa del procedimento complessivo di trasformazione.

Avendo a disposizione due navi di riferimento e non volendo rinunziare all'unita

di entrambe (corpo poppiero e corpo prodiero), allora la carena della nave in progetto può essere derivata da quelle, prima applicando ad entrambe la trasformazione lineare (affinità), per ricondurle alle dimensioni principali della nave in progetto, e poi, utilizzando la trasformazione per interpolazione. Anche in questa caso la carena ottenuta può essere assunta come carena base sulla quale e possibile applicare uno o pili metodi di trasformazione. Per tale motivo anche la doppia trasformazione operata (affinità + interpolazione) può costituire la prima tappa del procedimento complessivo di trasformazione.

Molto spesso uno dei due procedimenti e sufficiente per le esigenze del progettista, sempre che la nave (o le navi) presa a riferimento e, oltre che della stessa tipologia della nave in progetto, anche rispondente a requisiti di progetto molto poco diversi. Se ciò non sussiste, assumendo come nave di riferimento

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quella già ottenuta- o con la sola affinità o con la combinazione dell'affinità e dell'interpolazione- applicando uno o più metodi tra quelli descritti (altri metodi di minore importanza sono disponibili) e possibile giungere ad una forma di carena che risponda a tutti i requisiti voluti.

Qualunque sia il procedimento complessivo adottato, la forma della carena della nave in progetto è correlata a quella della nave base e, pertanto, le caratteristiche idrodinamiche della seconda carena saranno correlate a quelle della carena di partenza. La correlazione è tanto più stretta quanto più le dimensioni principali, i coefficienti di :finezza e la posizione longitudinale del centro di carena delle due carene (di base ed in progetto) sono prossime. Comunque, 1'esistenza della detta correlazione consente a1 progettista, note le caratteristiche idrodinamiche della nave presa a riferimento, di stimare quelle della nave in progetto, con metodi abbastanza semplici.

Qualunque sia il procedimento complessivo adottato, 1'elaborazione della forma della nave e la sua rappresentazione grafica (piano di costruzione) e lavoro complesso e lungo che, oggi, viene eseguito con software appositamente elaborati che possono girare su calcolatori elettronici di media potenza.

L'adozione di una forma di carena idonea alle esigenze di una nave in progetto e la conoscenza rapida della resistenza a1 moto di essa (e, a volte, anche delle sue caratteristiche propulsive e/o di tenuta a1 mare mosso, ecc.), per alcune tipologie di navi, può essere fatta ricorrendo a serie sistematiche di carena appositamente studiate.

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Capitolo 26 – SERIE SISTEMATICHE DI CARENE

Introduzione

Una serie sistematica è un insieme di carene, tutte derivate con idonei criteri da una carena madre, i cui modelli sono stati sperimentati ed i risultati sono presentati in modo opportuno. Ogni serie sistematica è adatta per alcuni tipi di navi ed il progettista scegliendo da uno di questi deriverà la sua carena proprio come sono state ricavate le carene figlie.

Serie di Taylor.

E’ stata studiata a partire da un incrociatore nel 1902 e da esso sono stati ricavati 158 carene figlie nei successivi 40 anni. La carena madre presenta un CM = 0.926, quindi una sezione maestra molto piena con leggera stellatura del fondo e relativamente grande valore del raggio di curvatura del ginocchio. Il dritto di prua era verticale, coincidente quindi con la perpendicolare avanti, il corpo prodiero ha sezioni trasversali ad U mentre quello poppiero a V. 9 delle carene figlie sono state ottenute fissando il valore del coefficiente di finezza CM e facendo variare il valore di CP, B/T e Δ/(0.001 L)3 . Queste 9 carene sono state ricavate trasformando il diagramma adimensionalizzato delle aree trasversali immerse, che si presentava come due archi di parabola (corpo poppiero e prodiero) e definiti dall’equazione generale: y = a0 + a1 x + a2 x

2 + a3 x3+ a4 x

4 + a5 x5 dove la x = OA/0.5L è l’ascissa relativa alla

semilunghezza, misurata a partire dalla perpendicolare avanti o addietro e la y = AX / AM è il rapporto tra l’area della sezione locale e quella della sezione maestra a metà lunghezza L. I sei coefficienti sono dati dalle condizioni ai limiti:

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e dall’equazione:

PCydx =∫1

0

Che impone che l’area sottesa da una metà della curva del diagramma deve essere uguale al coefficiente prismatico longitudinale del corpo poppiero o prodiero. t è la tangente nell’origine della curva delle aree ed n è la derivata seconda della curva delle aree a metà lunghezza nave. Fissato il valore di CP e ricavati i valori di n sono determinati i valori dei sei coefficienti ai. Il piano di costruzione di ciascuna di queste nove carene è stato ottenuto ricollocando le singole sezioni trasversali per passare dalla carena madre a quella figlia. Detto M il diagramma della carena madre ed F quello della figlia, il piano di costruzione scaturisce dalla osservazione che, ad esempio, la sezione 28 della carena madre deve essere traslata verso sinistra nella posizione indicata da 28’ perché è qui che si troverà il valore AX / AM uguale a quello della madre.

E’ evidente che il trasversale della carena madre rappresenta il trasversale di una qualunque carena derivata. Gertler ha elaborato 2 x 14 grafici (ogni coppia relativo ad una linea d’acqua) che forniscono i rapporti tra la semilarghezza generica e quella massima in funzione di CP per le diverse sezioni trasversali.

Da ognuna delle nove, Taylor ricavò per affinità tre diverse carene variando il rapporto B/T, mentre per ognuna delle 27 ricavo altri modelli (da 4 a 7 a seconda dei casi) per affinità longitudinale variando il rapporto Δ/(0.001 L)3.

Le carene furono tutte provate in vasca per determinare la resistenza al moto in acqua calma ed i risultati sono stati diagrammati come RR / Δ in funzione di CP e di Δ/(0.001 L)3 e per varie velocità relative, mentre nella rielaborazione di Gertler è riportato CR in funzione della velocità relativa. Una successiva rielaborazione di Russo Krauss e Cassella permette al progettista di scegliere la carena migliore in relazione alla velocità di esercizio ed al dislocamento di progetto. I dati sono, infatti, stati ricondotti ad una nave di volume standard di 10000 m3.

Le carene della serie di Taylor possono raggiungere la planata: ciò si nota dai grafici del coefficiente di resistenza volumetrico che cala per valori di velocità relative superiori ad 1.1.

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Serie di Todd o Serie 60, per navi da carico monoelica.

È stata elaborata presso il David Taylor Model Basin (DTMB), partendo con un’analisi comparativa di alcune carena sperimentate. Cinque carene con B/T = 2.5 si mostrarono più efficienti con coefficienti di finezza totale CB variabile da 0.6 a 0.5 con scarto di 0.05. Tutti i modelli erano caratterizzati dalla stessa lunghezza (20 piedi), provati in vasca a rimorchio e in autopropulsione al fine di determinare la migliore posizione longitudinale del centro di carena per minimizzare la resistenza al moto e migliorare il rendimento propulsivo. I risultati furono diagrammati come coefficiente di resistenza totale in funzione della velocità relativa ed un altro come coefficiente di potenza effettiva (C = (427.1 PE)/(Δ2/3 V3)) in funzione del coefficiente di velocità (K = 0.5834 V Δ-1/6). Altri diagrammi aiutano a scegliere la posizione ideale del centro di carena.

Dalle 5 carene madri furono ricavate 40 carene variando in affinità i rapporti L/B e B/T. I risultati delle prove furono diagrammati come RR / Δ in funzione di L/B, CB e per valori costanti di velocità relativa e B/T, coefficiente di scia e risucchio e relativo rotativo funzione di L/B e CB e per valori costanti di velocità relativa e B/T. Tali grafici sono utili anche nella prima fase di progetto al fine di ricavare, fissati B/T e velocità relativa, la coppia di valori L/B e CB che ottimizza la resistenza al moto ed i coefficienti della propulsione.

Serie B.S.R.A per navi da carico monoelica.

E’ stata elaborata dalla British Ship Research Association (B.S.R.A.). La serie è costituita da quattro carene madri con coefficienti di finezza uguali a 0.65, 0.70, 0.75 e 0.80. Tutto quanto fornito nel lavoro è riferito ad una nave standard da 400 piedi (122 metri circa) di lunghezza tra le perpendicolari, 55 piedi di larghezza massima (17 metri circa) e 26 piedi i immersione al galleggiamento (8 metri circa). Per ciascuna delle carene madri è fornito il trasversale del piano di costruzione con 11 ordinate equidistanti più due ordinate ausiliarie. Oltre al galleggiamento di pieno carico è riportato anche quello indicativo per nave vacante. Il piano di costruzione di tali carene si può ricavare, oltre che con il trasversale, da una serie di grafici che riportano informazioni relative alle semilarghezze, ai profili di prua e di poppa. Per ricavare le altre carene occorre operare sul diagramma delle aree delle sezioni immerse. Per quanto riguarda la resistenza al moto, vengono forniti dati relativi alla costante cerchiata (C = (1000 R)/(4 π ρ ∇2/3 V2)) in funzione del coefficiente di finezza CB e della velocità per fissati valori di LCB. Altri grafici forniscono le correzioni in caso di LCB diverso.

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Serie B.S.R.A. per pescherecci.

Scelta una carena madre con lunghezza tra le perpendicolari di 46 metri, larghezza di 8 metri e immersione di 4, furono ricavate in affinità geometrica sette figlie variando i rapporti B/T e L/∇1/3. Vengono poi fornite informazioni relative a tre condizioni di assetto (dritto, appoppato, appruato). Sono stati studiati due profili di poppa per consentire la sistemazione di eliche di diverso diametro. I risultati delle prove sono riportati come costante C cerchiata in funzione della velocità sia in forma grafica che tabulare. Altre due carene furono derivate per spostamento delle sezioni trasversali del diagramma delle aree immerse, mantenendo invariata la lunghezza, larghezza ed immersione e cambiando il valore L/∇1/3. Da queste ultimi due furono derivate altre due carene mantenendo costante rispetto alla carena madre il rapporto B/T e L/∇1/3. Altre 8 carene furono ricavate modificando il diagramma delle aree per ottenere una diversa posizione del centro di carena. Alcuni modelli furono provati anche in autopropulsione con risultati in forma grafica e tabulare. Nell’ultimo lavoro furono introdotti altri modelli modificando prima il corpo prodiero e poi quello poppiero.

Altre serie per pescherecci.

La serie di Ridgely – Nevitt, basata su dati di pescherecci americani, non presenta prove in autopropulsione ed ha un valore più basso del coefficiente di finezza della sezione maestra, per cui è da preferire la BSRA se si vuole un valore più elevato. E’ relativa a pescherecci privi di poppa a specchio e di bulbo prodiero, rari all’epoca dell’elaborazione della serie. Poi, fu realizzato un modello con bulbo prodiero e poppa a specchio. Ridgely – Nevitt segnala una piccola riduzione dell’altezza metacentrica per la presenza del bulbo.

Anche la FAO ha elaborato una serie sistematica per pescherecci di piccole e medie dimensioni, prendendo in considerazioni pescherecci di lunghezze comprese tra i 7 ed i 32 metri e con dislocamento inferiore a 300 tons. Da questa indagine si evidenziò che il rapporto L/∇1/3 aveva una grande influenza sulla resistenza al moto. I risultati delle prove in vasca furono riportati come coefficienti di resistenza residua in funzione della velocità relativa. Le quattro carene non costituiscono una vera e propria serie sistematica, in quanto non sono derivate da una carena madre, ma i dati sono molto utili per pescherecci di piccole dimensioni, per i quali è difficile che si ricorra a prove in vasca.

Serie N.P.L. di Bailey

Questa serie è idonea per carene a sostentamento idrodinamico parziale. Le carene presentano poppa a specchio e ginocchio tondo, forme abbastanza avviate. Per costruire il piano di costruzione è fornito il profilo longitudinale, la tabella delle semilarghezze, profili e 4 linee d’acqua dei corpi prodiero e poppiero. Dalla carena madre furono ricavate in affinità geometrica 4 carene, variando B e T e tenendo costante dislocamento, lunghezza e coefficiente di finezza, in modo da realizzare prefissati valori di L/B. Da queste 5 carene ne vennero derivate altre facendo variare T, e quindi il dislocamento, in modo da realizzare fissati valori di Δ/(0.001 L)3, per un totale di 22 modelli. Le prove in vasca furono effettuate per un campo di velocità tale che 0.30 < Fn < 1.19 e l’elaborazione dei dati fu fatta

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utilizzando la formula ITTC-57, assumendo come superficie bagnata quella da fermo. Sono diagrammati coefficiente di resistenza totale, resistenza residua rapportata al dislocamento, angolo di assetto e quota del centro di gravità. Il lavoro comprende anche uno studio sull’influenza del cuneo poppiero, con un estensione in senso longitudinale dell’ 1.5 % della lunghezza al galleggiamento e con larghezza pari alla larghezza locale della carena. Furono sperimentati 3 cunei con 3 diversi angoli: 5°, 10° e 15°. Sono fornite, infine, informazioni relative all’influenza sulla resistenza della posizione longitudinale del centro di carena, della variazione del dislocamento, dati relativi all’autopropulsione, dati relativi al comportamento in mare e capacità evolutive con timone standard.

Dalla serie NPL è stata ricavata la serie NOVA, con 4 modelli, poppa a specchio ed attacco arrotondato tra fondo e murata, ed un 5 modello con spigolo vivo tra fondo e murata.

Carene per rimorchiatori

I rimorchiatori possono dividersi in portuali e di servizio (utilizzati per le manovre delle navi in porto e per l’ormeggio, per rimorchiare navi lungo linee d’acqua costiere o interne. La caratteristica fondamentale è la grande manovrabilità in quanto sono destinati ad operare in specchi ristretti e trafficati. La lunghezza arriva fino a 35 metri) e da salvataggio ed oceanici (utilizzati per soccorso sulle grandi distanze. Le caratteristiche fondamentali è l’elevata velocità di trasferimento e la capacità di operare in sicurezza anche in mari severi. Le lunghezze arrivano fino a 80 metri). La potenza da installare a bordo deve garantire la velocità voluta e assicurare la voluta capacità di tiro per il rimorchio (è il tiro a punto fisso che il rimorchiatore è in grado di esercitare, circa 14 kg ogni HP installato; se entra in gioco anche la velocità, la potenza all’asse può essere stimata con la formula del Simpson: PD = 0.01 T D). La forma della carena, larghezza e quota del baricentro devono essere tali da garantire un braccio del momento di stabilità positivo fino ad un angolo di sbandamento compreso tra 60° e 70°, considerando un’altezza di bordo libero limitata per consentire le operazioni fuori bordo in particolare nella metà poppiera della nave. La posizione dell’organo di rimorchio deve essere quanto più possibile essere spostata verso proravia per ridurre la distanza tra il centro di rotazione della nave durante le manovre ed il punto di applicazione del tiro. L’assetto della nave deve essere appoppato per spostare verso poppa il centro di rotazione della nave e per consentire l’adozione di un’elica di maggiore diametro (elica molto caricata).

Purtroppo non esistono serie sistematiche di carene per rimorchiatori, ma si può far riferimento ad uno studio di Roach che prende in esame dieci rimorchiatori propulsi ad elica i cui dati furono elaborati da Taggart. Sono riportate le caratteristiche geometriche dei rimorchiatori (piano di costruzione, figura di galleggiamento, diagramma delle aree delle sezioni immerse adimensionalizzate), dati relativi all’elica e caratteristica di funzionamento della stessa, diagramma che fornisce in funzione della velocità la potenza asse, il numero di giri del propulsore ed altre grandezze relative alla propulsione.

Sono forniti dei grafici del coefficiente di resistenza residua.

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Carene “Formdata” del Guldhammer.

Agli inizi degli anni ’60 quando il progettista non poteva avvalersi degli ausili informatici ed erano poche le serie sistematiche a disposizione, Guldhammer pensò di realizzare un insieme di carene con prefissate caratteristiche. Stante la finalità del lavoro, il notevole numero di carene previste e la diversa tipologia delle stesse, l’insieme delle carene non poteva costituire una serie sistematica. Il programma “Formdata” prevedeva 4 “serie” di carene ciascuna caratterizzata da un valore del coefficiente di finezza della sezione maestra CM (0.88 – 0.995), suddivise in sottoserie in base alle forme delle sezioni trasversali ed a quelle delle estremità prodiera e poppiera. Il lavoro costituisce ancora un valido aiuto per il progettista che non può ricorrere a serie sistematiche di carene e non dispone di una carena della stessa tipologia di nave di quella in progetto.

Serie sistematica CE.TE.NA. di carene ad alto coefficiente di finezza.

Nella prima metà degli anni ’70, durante la chiusura del canale di Suez, il CEntro per gli studi di TEcnica NAvale (CETENA) in Genova volsero un importante ricerca sull’influenza dei rapporti dimensionali e di alcuni parametri caratteristici della forma della carena sulla resistenza al moto di navi caratterizzate da velocità di esercizio tra 14 e 17 nodi con dislocamento fino a 500000 tonnellate e CB compreso tra 0.8 e 0.9.

Dato che per le carene in oggetto:

- La componente della resistenza d’onda è trascurabile rispetto alle componenti di attrito e di forma;

- La notevole estensione del corpo cilindrico rende trascurabili i fenomeni di interferenza tra la prua e la poppa;

si può formulare l’ipotesi di separabilità degli studi delle forme di poppa e di prua: attribuendo alle sole forme prodiere i fenomeni di resistenza d’onda ed alle sole forme poppiere la resistenza di forma. Per carene in esame nel campo di Fn < 0.16 e L/B > 5.5 l’ipotesi di separabilità è verificata in quanto:

- La lunghezza del corpo cilindrico non ha influenza sulla resistenza d’onda e su quella di forma;

- Il Coefficiente di resistenza d’onda dipende solo dalle caratteristiche del corpo d’entrata;

- La resistenza di forma dipende solo dalle caratteristiche del corpo d’uscita;

- Il fattore di forma (1 + k) è influenzata dalla lunghezza della carena.

- I parametri della propulsione dipendono dalle caratteristiche del corpo di uscita e dal coefficiente di carico dell’elica.

Un’altra serie sistematica analoga è quella MARAD utilizzata per grandi cisterne.

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Serie sistematica USNA di carene per navi rompighiaccio.

E’ stata sviluppata dalla United States Naval Academy (USNA) con particolare riferimento alle esigenze alle esigenze militari e mercantili degli USA nei mari del nord del Paese.

Dovendo rompere del ghiaccio, la forma dell’estremità del corpo prodiero ha importanza fondamentale. La prua viene caratterizzata da 3 angoli:

- Φ angolo di inclinazione del dritto di prua rispetto al galleggiamento di progetto, il quale dovrebbe essere intorno ai 30°;

- Β angolo di svasatura della murata in corrispondenza della sezione 2, il quale dovrebbe avere un valore di circa 45°;

- Α angolo di inclinazione della linea d’acqua al galleggiamento di progetto in corrispondenza della sezione 2, il quale dovrebbe avere un valore compreso tra 24° e 30°.

Altre serie sistematiche di carene.

- Serie 63 o serie di BEYS per imbarcazioni semidislocanti da 50 piedi (15.24 m);

- Serie SSPA o serie di Lindgren e Williams, per carene semidislocanti militari e paramilitari;

- Serie 64 o Serie di Yeh per imbarcazioni semidislocanti o semiplananti ad elevato allungamento, insieme alla NPL è la più utilizzata per il naviglio minore ed adatta anche per navi militari;

- Serie di Compton per carene a sostentamento idrodinamico parziale per navi militari e navi da diporto;

- Serie 62 o serie di Clement e Blount, sono carene a V caratterizzate da angolo di rialzamento del fondo da 12 fino a 30°;

- Serie di Holling ed Hubble o Serie 65, espressamente studiate per carene di aliscafi ed utilizzabile anche per carene plananti senza ali.

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Capitolo 27 – LA DISTRUBUZIONE DEGLI SPAZI IN RELAZIONE ALLE

DIVERSE FUNZIONI. I PIANI GENERALI.

27.1 – Premessa

Vengono detti piani generali di una nave quell’insieme di disegni che definiscono la suddivisione degli spazi e la loro utilizzazione. L’elaborazione dei paini generali ha inizio nella prima fase del progetto e prosegue nelle fasi successive. A mano a mano che il progetto viene sviluppato, vengono acquisite nuove conoscenze che hanno influenza sui piani generali, per cui, l’elaborazione degli stessi viene eseguita più volte con grado di precisione e di dettaglio sempre maggiore. La tipologia della nave condiziona molto i piani generali, per cui, il progettista dovrà prioritariamente e continuamente operare per soddisfare nel migliore dei modi la funzione principale che la nave deve adempiere e che caratterizza quel tipo di nave (ad esempio, se il progetto riguarda una nave da carico, lo studio della distribuzione degli spazi per il carico pagante dovrà avere la precedenza). Le funzioni secondarie (alloggi, locali condotta neve, ecc.) che la nave deve garantire verranno studiate appena si ha una sufficiente garanzia che quella primaria sia stata soddisfatta. I piani generali ed i piani dei ferri (cioè l’insieme dei disegni che rappresenta le strutture dello scafo e delle sovrastrutture) non sono indipendenti, ma si condizionano a vicenda; al termine del progetto per il contratto i paini generali, devono aver raggiunto un grado di definizione molto avanzato tralasciando solo aspetti di dettaglio, il paino dei ferri, invece, ha raggiunto un grado di definizione assai limitato (sezione maestra, piano delle ossature, paino delle puntellature, ecc.), lasciando al progetto esecutivo la stragrande maggioranza del lavoro di calcolo e disegno. Nelle navi da carico la ripartizione dei volumi (in termini macroscopici) è la seguente (anche in ordine gerarchico) : carico, apparato motore, gavoni di poppa e prua, liquidi di consumo, condotta nave, alloggi, depositi e magazzini, ancoraggio e ormeggio (su ponti di coperta o ponti di sovrastruttura), mezzi movimentazione del carico (ponte di coperta).

27.2 – Scelta della scala dei disegni

La scelta della scala da usare nell’elaborare i piani generali riveste una certa importanza pratica, tale scelta infatti dipende, oltre che dalla lunghezza della nave, anche dal tipo di nave e dal grado di approfondimento che si deve realizzare. Nelle prime fasi del progetto preliminare, quando pochi sono gli elementi certi a disposizione, è opportuno usare una scala grande per le seguenti ragioni: maggiore visione complessiva, stesso foglio tutti i ponti, focalizzazione dell’attenzione su fatti importanti trascurando aspetti di secondaria importanza e di dettaglio; a tale scopo le scale canonicamente utilizzate sono di 1/200 o 1/300 per una lunghezza di più di 200 m, scendendo fino ad 1/50 per una lunghezza di meno di 30 m.

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Scale meno piccole (il doppio di quelle indicate) possono essere usate solo quando si ha una ragionevole certezza che quanto già fatto verrà modificato, e si deve passare ad un disegno che preveda anche elementi di secondaria importanza e/o di dettaglio.

27.3 – Ubicazione degli spazi di primaria importanza

Per le navi da carico la prima decisione da prendere è l’ubicazione degli spazi destinati al carico pagante ed all’apparato motore. Fino a pochi decenni orsono, la soluzione quasi universalmente realizzata vedeva l’apparato motore circa a cavallo della sezione a metà lunghezza nave, mentre le stive per il carico erano ubicate a proravia ed a poppavia di esso. Tale soluzione era essenzialmente dovuta alla necessità di destinare all’apparato motore, di notevole ingombro, una zona della nave con sezioni più larghe e più piene; ed all’opportunità di collocare quanto più possibile a metà della lunghezza nave il baricentro di un rilevante peso fisso in modo da realizzare un assetto soddisfacente anche in condizioni non di pieno carico. Da alcuni decenni, la realizzazione di motori molto più compatti e meno pesanti (a parità di potenza) e la notevole riduzione del numero dei componenti dell’equipaggio, non rendono più quasi obbligata l’ubicazione dell’apparato motore a centro nave, ad eccezione delle navi molto veloci (più snelle e con potenze propulsive molto elevate). Per le navi mercantili, in particolare per quelle di grande lunghezza, è preferibile avere l’apparato motore a poppa per conseguire i seguenti vantaggi: aumentare lo spazio destinato al carico riservando ad esso zone della nave più larghe e più piene, avere stive contigue ed occupanti una lunga zona della nave, eliminare dalle stive il tunnel per la linea d’assi, avere una linea d’assi molto meno lunga riducendo i problemi ad essa connessi. Lo svantaggio che si ha nell’avere l’apparato motore a poppa, ai fini dell’assetto della nave in condizioni non di pieno carico, può essere facilmente superato con la creazione di compartimenti per la zavorra liquida idoneamente ubicati in zona prodiera. In fase meno iniziale del progetto preliminare delle navi da carico, la valutazione dello spazio netto da destinare al carico pagante va fatto con riferimento al volume lordo dei compartimenti, cioè al volume fuori ossatura derivato dal piano di costruzione. Il volume netto dei compartimenti (volume lordo meno quello occupato da strutture, tubazioni, scale, ecc.) va stimato attraverso fattori di riduzione che forniscono il volume da sottrarre in percentuale del volume lordo, fattori qui forniti in tab.2.

Nella navi per soli passeggeri ed in particolare per quelle da crociera, gli spazi di primaria importanza, oltre il compartimento apparato motore,sono quelli di grandi dimensioni e fortemente connessi tra loro e condizionanti altri spazi (saloni, cucine, locali cambusa, locali attività commerciali).

Per le navi militari sono spazi di primaria importanza quelli connessi con la funzione di offesa/difesa, cioè quelli destinati ai sistemi d’arma ed a quelli che sono di supporto o in funzione dei primi.

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Per i pescherecci, la posizione della stiva refrigerata è lo spazio di primaria importanza fortemente connessa con l’area di ponte destinata alla movimentazione dell’attrezzo da pesca ed alla cernita del pescato.

Dopo aver definita l’ubicazione degli spazi di primaria importanza, il progettista passerà ad interessarsi degli spazi di secondaria importanza, dando importanza a quelli che hanno rilevante connessione tra loro.

27.4 – Compartimentazione Stagna e Tagliafuoco

Compartimentazione Stagna

Il volume sottostante il ponte di bordo libero (ponte delle paratie) è diviso in compartimenti ai fini della sopravvivenza in caso di falla. La compartimentazione in senso longitudinale è assicurata da paratie stagne trasversali; questa suddivisione può essere integrata da una suddivisione in senso trasversale (paratie stagne longitudinali), e/o da una suddivisione in senso verticale (cielo del doppio fondo, ponti). Le seguenti paratie stagne trasversali devono essere previste, di norma, in tutte le navi:

1) Paratie prodiera del gavone di poppa (paratia del pressatrecce); 2) Paratia poppiera del gavone di prua (paratia di collisione); 3) Paratia poppiera del compartimento apparato motore; 4) Paratia prodiera del compartimento apparato motore.

Pertanto il numero minimo di paratie trasversali è 3 per le navi con apparato motore a poppa, 4 per le navi con apparato motore a centro nave o in zona centro poppiera. La distanza tra le paratie deve essere, per quanto possibile, la medesima. In casi eccezionali e motivati, gli enti di classificazione possono autorizzare un numero di paratie trasversali inferiore a quello

riportato in tab. 4 purchè siano previsti ed approvati adeguati rinforzi strutturali. Tutte le paratie stagne trasversali devono estendersi fino al ponte di bordo libero; nel caso la nave abbia castello di prua lungo più di 0,2L, la paratia di collisione deve estendersi fino al ponte della sovrastruttura. La paratie delimitante il gavone di poppa può estendersi fino al ponte o copertino stagno immediatamente sottostante al ponte di bordo libero, solo se detto ponte o copertino, è convenientemente al disopra del galleggiamento di pieno carico normale.

Una o più paratie stagne longitudinali vengono, in generale, previste per le grandi navi da carico liquido alla rinfusa; tali paratie si estendono per tutta la lunghezza LC destinata al carico. Il compito di tali paratie è essenzialmente quello di minimizzare la riduzione dell’altezza metacentrica iniziale effettiva: (GM)corr. = (BM)corr. – BG = kBM – a = kr-a Riduzione r dovuta alla presenza di specchi liquidi nelle cisterne destinate al carico.

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Le soluzioni adottate (numero di paratie e posizione) sono, in generale, quelle indicate nella tab.5.

Partecipa alla compartimentazione stagna la presenza del doppio fondo. L’altezza del doppio fondo deve rispondere a due esigenze:

- Contribuire alla robustezza della trave nave; - Consentire l’accessibilità per ispezione e manutenzione.

Il doppio fondo è, in generale, utilizzato per contenere liquidi di consumo e acqua di zavorra; per tale ragione il doppio fondo è suddiviso in spazi separati, e tale suddivisione è operata longitudinalmente con madieri stagni, di preferenza ubicati in corrispondenza delle paratie stagne, e, trasversalmente, con paramezzali stagni. Partecipa alla compartimentazione stagna la presenza dei ponti sottostanti il ponte delle paratie; nelle navi con tali ponti la distanza tra gli stessi dipende dal servizio cui la nave è adibita.

Compartimentazione Tagliafuoco

Il volume sottostante e sovrastante il ponte di coperta è diviso in compartimenti ai fini della sopravvivenza in caso di incendio. Nella parte sottostante il ponte di coperta, le paratie di suddivisione antincendio coincidono con le paratie di compartimentazione stagna. Nella stesura dei piani generali, il progettista deve preoccuparsi di definire nei suoi aspetti essenziali la protezione passiva agli incendi; ai fini della lotta contro gli incendi occorre prioritariamente assicurare:

- La divisione della nave in zone verticali principali delimitate da pareti aventi resistenza meccanica e termica;

- La separazione dei locali alloggio dagli altri spazi della nave con delimitazioni aventi resistenza meccanica e termica,

- La creazione di idonei percorsi di sfuggita e protezione degli stessi dagli incendi. La divisione della nave in zone verticali è realizzata mediante paratie (trasversali ed eventualmente longitudinali) tagliafuoco di classe A (determinata resistenza meccanica e termica, determinato isolamento…); la suddivisione deve comportare che la lunghezza e la larghezza (valori medi) degli spazi su ogni ponte non superino i 40 metri. Le paratie devono estendersi verticalmente da ponte a ponte e lateralmente fino al fasciame esterno. Per navi passeggeri, le paratie delimitanti le zone verticali principali devono essere in prosecuzione di paratie stagne di compartimentazione. La lunghezza e la larghezza massime degli spazi su ogni ponte può essere portata fino a 48 metri, se ciò è necessario a far coincidere la paratia tagliafuoco con la paratia stagna inferiore, stando accordi che l’area della zona in questione non superari i 1600 m2.

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27.5 – Mezzi di sfuggita: collegamenti verticali ed orizzontali

I collegamenti verticali sono realizzati con scale, scale mobili, ascensori e montacarichi. Gli ascensori sono presenti nelle navi per passeggeri, in talune nave per servizi speciali o da carico, mentre le scale mobili sono presenti solo nella navi passeggeri. I collegamenti orizzontali sono realizzati da corridoi. I collegamenti orizzontali e verticali (esclusi gli ascensori) hanno la funzione primaria di consentire, in caso di pericolo, la sfuggita delle persone dal luogo in cui si trovano, per raggiungere altre zone (in caso di incendio) o quello in cui sono presenti i mezzi di salvataggio (in caso di abbandono della nave).

Normativa riguardante i mezzi di sfuggita

In questa parte si farà cenno agli aspetti generali della normativa riguardante i mezzi di sfuggita, con particolare riferimento alle navi per passeggeri. La legge più recente che tratta dei mezzi di sfuggita, come aspetto particolare della sicurezza della nave per passeggeri, è quella della Comunità Europea attuata in Italia a mezzo del Decreto Legislativo n°45 del 4 Febbraio 2000 ed avente per titolo “Attuazione della direttiva 98/18/CE relativa alle disposizioni ed alle norme di sicurezza per le navi passeggeri adibite a viaggi nazionali”; tale DL vale anche per navi regolamentate dalla SOLAS seppur con qualche piccola variazione dettata dalla SOLAS stesso. L’art. 3 di tale Decreto suddivide le navi da passeggeri in categoria, a seconda dei tratti di mare in cui operano (classe A,B,C,D). L’allegato 1 al D.L. citato consta 80 pagine ed è suddiviso in 3 capitoli; il paragrafo 6 del 2 capitolo tratta proprio dei particolari costruttivi dei collegamenti di fuga, ed in particolare fa riferimento alla disposizione ed al numero di scale, scalette e pianerottoli, nonché alle dimensioni di questi ultimi, ed al numero di persone in base al quale tale dimensionamento va fatto; se ne riporta il seguente estratto “le scale devono avere una larghezza netta non inferiore a 900 mm, e devono essere provviste di corrimano su ciascun lato. La larghezza netta minima delle scale deve essere aumentata di 10 mm per ogni persona prevista in più di 90 persone”. L’orientamento delle scale è stato sempre, tranne casi particolari, quello poppa-prua (per chiglia) per consentire il loro uso meno difficoltoso in presenza di rollio. Con il sempre più vasto uso dei mezzi stabilizzatori del rollio, in molte tipologie di navi (crociera, passeggeri, ro-ro), tale consuetudine è cessata, anzi, si preferisce disporre le scale secondo l’orientamento trasversale (per madiere)

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ritenendo più gravoso il moto di beccheggio. La normativa vigente prescrive, per le navi passeggeri, che tutte le scale dimensionate per più di 90 persone devono essere allineate prora-poppa.

Tipologia di scale e considerazione generali

Poiché le scale hanno la funzione di collegare verticalmente i diversi ponti, è di fondamentale importanza, quindi, ciascun collegamento tra due ponti adiacenti si trovi sulla stessa verticale, ciò sia per ridurre i tempi di percorrenza tra una zona di ponte e la corrispondente zona di raduno o dei mezzi di salvataggio sia per evitare che, raggiunto un ponte, vi sia incertezza sul dove andare per completare il percorso. Poiché i cofani delle scale interrompono la continuità dei ponti, la verticalità del cofano scale ha anche il vantaggio di minimizzare la discontinuità strutturale, oltre che facilitare la recinzione delle scale per la protezione antincendio (fuoco, calore e fumo). La tipologia delle scale può essere diversa sia per orientamento (per chiglia o per madiere), sia per tipologia (rampe sovrapposte o rampe sfalsate), sia per soluzioni (rampe dimezzate, soluzioni miste, ecc.). (ho omesso gli schemi. Si trovano a pag. 1137-1142 libro 4). Prescrizione per il dimensionamento dei mezzi di sfuggita

La normativa di fianco, e di riferimento, è la SOLAS ’74, ed inoltre bisogna tener conto che:

- I percorsi di evacuazione al ponte di imbarco possono includere un punto di riunione;

- L’evacuazione dagli spazi chiusi entro ciascuna singola zona verticale principale deve tenere conto di tutte le persone che usano i cofani delle scale in ciascuna zona anche se le persone accedono alla scala da un’altra zona verticale principale. Tenendo conto di quanto enunciato, si

vanno a identificare altre a numero ed alla tipologia dei mezzi di sfuggita, anche il vero e proprio dimensionamento, determinando, tra l’altro:

- Larghezza minima netta W in mm delle scale; - Area S dei pianerottoli; - Rampe di scale; - Larghezza totale delle porte di accesso; - Alzata e pedata degli scalini; - Ecc.

Tutto ciò viene comunque dimensionato e stabilito tenendo anche un ulteriore riferimento, ovvero il “Regolamento per la protezione contro gli incendi” del RINA il quale fornisce schede e tabelle si supporto al dimensionamento ed alla scelta dei mezzi di sfuggita.

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27.6 – Gli alloggi per l’equipaggio nelle navi da carico

Tutti gli spazi destinati alla vita delle persone a bordo sono detti alloggi. Tempi addietro vi era una netta separazione tra gli alloggi degli ufficiali, ubicati a centro nave, e quelli dei non graduati; con il passare degli anni, fino ad arrivare ai giorni nostri, concordemente con l’aumentare delle dimensini delle navi, ritroviamo il raggruppamento e lo spostamento tendenzialmente verso poppa di tutto il blocco alloggi, ovviamente fatta eccezione casi particolari dove o per impossibilità (navi LASH carico su chiatte), o per convenienza (traghetti per trasporto veagoni), non è previsto il posizionamento di tale blocco verso poppa.

Negli ultimi decenni il numero delle persone costituenti l’equipaggio si è notevolmente ridotto. La richiesta degli armatori per ridurre il numero delle persone di equipaggio e , di conseguenza, i costi di gestione, è stata più pressante per diverse ragioni tra le quali: concorrenza del trasporto delle merci su gomma, aumento delle retribuzioni e degli oneri sciali, carenza di personale e concorrenza tra armatori con diverse legislazioni; tutto ciò è stato possibile per i seguenti motivi: ridotto impegno per la conduzione e manutenzione dei moderni motori ed impianti, adozione e diffusione dell’automazione dell’apparato motore, uso di sistemi autolubrificanti, manovre automatizzate, ecc.

Il numero dei componenti dell’equipaggio, che costituisce la tabella di armamento della nave, è un dato di progetto fornito dall’armatore; esso dipende dalla tipologia e dalla grandezza della nave, dalle esigenze dell’apparato motore e dei macchinari ausiliari della nave, e dalla navigazione cui è abilitata la nave. La tabella di armamento è necessaria ai fini di prevedere numero, tipologia e dimensioni degli alloggi.

Come già anticipato, gli alloggi comprendono tutti gli spazi che sono finalizzati alle diverse esigenze della vita a bordo, quali; cabine, studi-salotto, segreterie, mense, cucine, locali svago, infermerie, locali igienici, lavanderia, ecc. Nel blocco alloggi trovano ubicazione anche la plancia di comando, la sala nautica, la stazione R.T, ecc. Sulle caratteristiche e requisiti minimi degli alloggi si è già fatto cenno nei precedenti capitoli, si riportano comunque di seguito, ad integrazione di quanto già esposto, considerazioni su cabine ed ulteriori cenni su ulteriori locali facenti parte degli alloggi, tenendo presente che da regolamento, per tutti gli alloggi, l’altezza dello spazio libero non deve essere inferiore a 1,98 m (6 piedi e 6 pollici).

• Le cabine sono gli spazi ad uso privato per una o più persone; nelle grandi navi si tende a dare ad ogni persona di equipaggio una propria cabina, mentre nelle piccole navi le cabine singole sono solo per i più alti di grado. L’ubicazione delle cabine, la tipologia e la disposizione del mobilio dovranno essere studiati in modo da garantire: comfort e benessere, funzionalità, buona illuminazione naturale, facilità di pulizia e di mantenimento in ordine. Per quanto riguarda la forma delle cabine (ed in generale di tutti i locali destinati agli alloggi), oltre ad evitare le pareti curve, occorre evitare forme rettangolari a forte allungamento (per scomodità dell’ambiente) e forme quadre (riducono il perimetro delle pareti), pertanto si predilige adottare una forma a pianta rettangolare prossima ad un foglio A4 (rapporto lati 1.42).

• Locale studio-salotto, è previsto solo nelle grandi navi, e predisposto adiacente alla cabina notte degli ufficiali più alti di grado. Nelle nevi di media grandezza, tale locale è presente solo nelle cabine del comandante e del direttore di macchina. Nelle navi di piccole dimensioni, una parte della cabina del comandante e del direttore di macchina è destinata a solotto-studio.

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• Le segreterie, sono presenti a bordo di ogni nave con stazza superiore alle 3000 ton, ed in particolare si articolano in due locali: uno per servizio di coperta ed uno di macchina, entrambi ad uso ufficio ed arredati tali.

• Le mense sono distinte per gli ufficiali e per il restante personale, entrambe dimensionate per un numero di posti non inferiore a quello della metà delle persone che devono servirsene.

• La cucina deve essere molto vicina alle mense ed adiacente alla cambusa; di solito è ubicata sullo stesso ponte delle mense, ponte immediatamente superiore a quello della canbusa.

• La cambusa è obbligatoria per navi che effettuano navigazione superiore alle 24 ore; essa deve essere ubicata in modo da: poter essere rifornita dall’esterno agevolmente e con il minimo percorso, ed essere nelle adiacenze della cucina per evitare trasferimenti non brevi di prodotti che possono sporcare o emettere odori o essere pesanti.

• L’infermeria è obbligatoria per tutte le navi con equipaggio costituito da 15 o più persone e che effettui traversate della durata di più di 3 giorni. Il numero di posti letto è stabilito dalla Autorità Marittima in relazione al numero di persone di equipaggio ed alla durata dei viaggi.

• I locali per il tempo libero sono salette dove gli ufficiali e gli altri componenti dell’equipaggio possono trascorrere il proprio tempo libero. Quando lo spazio ridotto non consente di avere salette, le mense dovranno essere dimensionate ed arredate anche per svolgere tale funzione.

Una volta definiti tutti i locali costituenti gli alloggi (determinandone il numero), il progettista potrà procedere a valutare, per ciascuno di essi, l’area che, oltre a rispettare i valori minimi indicati dalla normativa vigente, terrà conto della tipologia della nave e delle richieste dell’armatore. Fatta questa stima, il progettista collocherà i locali tra i diversi ponti avendo cura di realizzare quanto segue:

- Locali con funzioni analoghe devono essere sullo stesso ponte e , se non possibile, su ponti immediatamente adiacenti;

- Assegnare alle cabine del personale più alto in grado un ponte più alto rispetto a quello da destinare al personale di grado inferiore;

- Fare in modo che la superficie totale di ogni ponte sia uguale o decrescente dal ponte più basso a quello più alto (ciò migliora la robustezza della sovrastruttura ed evita pareti molto alte a piombo sul mare).

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27.7 – Esempio di sistemazioni nel blocco alloggi di una nave da carico

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Ovviamente è un estratto della tabella C, che completa, descrive tutte le cabine del blocco alloggi, al fine di stimare in maniera precisa le superfici occorrenti per disporre il blocco alloggi. Il blocco alloggi dovrà, necessariamente essere ubicato entro determinati limiti:

- Longitudinalmente tra le 2 paratie delineanti il compartimento apparato motore; - Trasversalmente deve essere tale da consentire ampio passaggio.

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Dopodiché tenendo conto anche di ulteriori limitazioni (esempio superficie cofano motore) si determina la superficie utile (per ponte) per la sistemazione alloggi; stabilito poi il numero di ponti, si calcola la superficie utile totale addizionando quella dei vari ponti, ed a seconda che quest’ultima risulti maggiore o minore di quella stimata con le suddette tabelle e procedimenti, il progettista adotta determinati accorgimenti (per esempio fa 2 ponti non decrescenti e di stessa superficie nel caso in cui si debba recuperare superficie, mentre restringe un ponte creando la classica struttura decrescente nel caso in cui ha a disposizione superfici in esubero).

27.7 – Esempio di sistemazioni nel blocco alloggi di una nave da carico

Gli alloggi per il personale di bordo di navi adibite a servizi speciali possono essere molto diversi per numero e funzioni, a seconda del particolare servizio espletato dalla neve e del numero delle persone imbarcate. La realizzazione degli alloggi si presenta più difficile per le navi molto piccole e con sovrastrutture di limitata estensione. Non è possibile passare in rassegna il vasto insieme di tipologie di navi per servizi speciali, per cui, si farà solo qualche cenno a poche tipologie.

Un rimorchiatore oceanico ha un equipaggio costituito da un numero non piccolo di persone, le quali possono dover trascorrere a bordo anche alcune settimane. Gli alloggi, stante al limitato spazio disponibile, devono privilegiare le funzioni più importanti, pertanto, il progettista dovrà dare priorità alle cabine per assicurare un riposo soddisfacente, riducendo il numero dei locali ad uso collettivo e le loro dimensioni.

Per i pescherecci,si deve tener conto che, gran parte del ponte di coperta, a poppa, è dedicata a quanto necessario per l’espletamento del servizio, ed il volume sottostante il ponte di coperta è dedicato all’apparato motore ed alla stiva refrigerata. Inoltre, a seconda del tipo di pesca, la missione può durare un tempo molto limitato o molto esteso; i primi hanno equipaggi di pochissime unità, gli altri costituiti da un numero maggiore. A seconda delle persone imbarcate e del tipo e durata della missione gli alloggi sono molto diversi.

Per quanto riguarda le imbarcazioni da diporto, bisogna considerare che, da un punto di vista giuridico quelle con meno di 12 persone non sono navi passeggeri. Stante la funzioni di queste navi, gran parte del volume è destinato ad uso delle persone imbarcate. Le unità minori, e con limitata autonomia, non hanno equipaggio, essendo affidata la conduzione a persona patentata non iscritta tra la gente di mare. Nelle unità medie e maggiori, la conduzione della nave è affidata a professionisti e molto probabilmente c’è la presenza di equipaggi, pertanto verranno previsti alloggi a disposizione di tale personale.

27.8 – Sistemazioni per passeggeri

Tutte le navi che trasportano più di 12 persone, non facenti parti dell’equipaggio o del personale che svolge funzioni connesse con il servizio della nave, sono definite navi per passeggeri. Pertanto, le navi per passeggeri possono essere di dimensioni e caratteristiche molto diverse a seconda del numero dei passeggeri e della durata del viaggio. Fino alla prima metà del 900 le sistemazioni per i passeggeri erano divise in classi, tale suddivisione non solo riguardava la sistemazione in suite, cabine, cameroni o dormitori, ma anche l’uso differenziato di spazi destinati a feste, ristoranti, soggiorni, ecc. Successivamente, la suddivisione in classi è scomparsa del tutto, rimanendo solo, ovviamente, una differenza di prezzo per le cabine a seconda della loro ubicazione e del grado di comfort delle stesse.

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Nelle unità moderne, quindi, per quanto riguarda la sistemazione dei passeggeri, sono divise in tre gruppi: navi per viaggi molto brevi (navigazione diurna e serale), navi per viaggi notturni (ed anche diurni), e navi da crociera.

Sistemazione passeggeri su navi per viaggi molto brevi Le navi da passeggeri per viaggi molto brevi sono traghetti adibiti a traffico locale o a collegamenti veloci su distanze maggiori; la durata del viaggio varia da alcune decine di minuti a qualche ora. Stante la brevità del viaggio e gli orari di partenza e di arrivo, queste navi non sono dotate di cabine per i passeggeri, ma solo di posti a sedere (poltrone) e di un servizio bar. Operano in questo segmento di mercato sia navi “non convenzionali” quali aliscafi, catamarani veloci, SES, monocarene veloci, ecc., sia navi dislocanti. Molto spesso tali navi possono trasportare anche veicoli ferroviari o gommati, in questi casi, di solito, il ponte inferiore (ponte di imbarco) è completamente destinato a garage, mentre il ponte principale è destinato a saloni per i passeggeri; il ponte superiore ha un’ ampia area scoperta ed un ridotto numero di alloggi per l’equipaggio.

Sistemazione passeggeri su navi per viaggi con navigazione notturna Le navi passeggeri per viaggi brevi con navigazione notturna sono quelle impiagate su rotte di collegamento tra la terraferma e grandi isole, o tra porti di paesi diversi ed adibite, di norma, al trasporto di veicoli gommati e passeggeri. Le sistemazioni per i passeggeri sono finalizzati al riposo notturno, al vitto ed a brevi attività ricreative; pertanto, esse prevedono, di norma, diverse soluzioni per la notte (cabine e poltrone reclinabili) e servizi comuni, quali soggiorno-bar, ristorante, sala lettura, cinema, sala gioco, ecc. In tali navi è importante adottare soluzioni idonee ad assicurare il rapido imbarco e sbarco dei passeggeri e concentrare su di un unico ponte gli spazi comuni, in modo che sia più agevole per i passeggeri orientarsi ed usufruire degli stessi spazio.

Sistemazione passeggeri ed equipaggio nelle navi da crociera Le navi da crociera possono essere di tipologia molto diversa a seconda della navigazione, della durata, del livello di comfort, del numero di persone trasportabili,ecc. Limitando il discorso alle sole navi marittime, la tendenza nell’ultimo decennio è quella di avere navi di grandi dimensioni, per un elevato numero di passeggeri e ad elevato comfort. Come già detto, la suddivisione della nave in classi non esiste più, ma vi è, ovviamente, una offerta di cabine di diversa tipologia, grado di comfort, ecc.

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Capitolo 28 – IL PIANO DELLE CAPACITA’

Il piano delle capacità è una tavola che permette di individuare tutti i compartimenti destinati al carico e di fornire, in tabelle , tutti gli elementi relativi a tali carichi che possono essere utili nella progettazione e nell’esercizio della nave. Il piano delle capacità deve essere elaborato anche se in via non definitiva, durante la stesura del progetto per il contratto(stabilità a nave integra).

Il piano delle capacità riportata la sezione longitudinale e le necessarie sezioni orizzontali e trasversali atte a presentare la estensione, la forma e l’ubicazione di tutti gli spazi destinati ai carichi.

La stessa tavola riporta per ciascuno spazio, di norma, in una o più tabelle, i seguenti elementi:

• Numero di posizione; • Indicazione sulla posizione trasversale, se non centrale(sx, dx); • Individuazione sul longitudinale; • Denominazione; • Destinazione d’uso; • Volume; • Coordinata verticale del baricentro; • Coordinata longitudinale del baricentro; • Free surface momentum(fondamentale per il calcolo di GZeff);

Le indicazioni riportate nel piano delle capacità, consentono al progettista di avere a disposizione

tutti gli elementi per la determinazione della distribuzione dei pesi, delle immersioni, dell’assetto

della nave nelle diverse condizioni di carico.

È di fondamentale importanza per redigere il fascicolo “Istruzioni al comandante” , elaborato nel rispetto della SOLAS, consistente nella presentazione di :

• I risultati dei calcoli degli elementi geometrici delle carene dritte; • Calcoli degli elementi geometrici delle carene inclinate; • I dati relativi alle diverse condizioni di carico; • Diagramma di stabilità per ciascuna condizione di carico esaminata ed i valori degli indici di

stabilità calcolati, confrontati con quelli imposti dalla normativa; • La verifica del criterio meteorologico per ciascuna condizione di carico.

ESEMPIO

Ref Ht (cm.)

Load (%)

Volume (m3)

Weight (MT)

Lcg (m)

Tcg (m)

Vcg (m)

Fsm (m-MT)

0.00% 0.00 0.00 25.1 10.00% 11.70 10.06 123.194f 2.207p 0.141 121.48 43.3 20.00% 23.40 20.13 123.229f 2.520p 0.243 182.82 59.7 30.00% 35.10 30.19 123.250f 2.733p 0.334 237.39 74.9 40.00% 46.81 40.25 123.264f 2.900p 0.419 288.09 89.2 50.00% 58.51 50.32 123.275f 3.039p 0.499 319.93 103.4 60.00% 70.21 60.38 123.285f 3.140p 0.577 319.93 117.5 70.00% 81.91 70.44 123.293f 3.211p 0.652 319.93 131.7 80.00% 93.61 80.51 123.299f 3.265p 0.727 319.93 145.8 90.00% 105.31 90.57 123.303f 3.306p 0.800 319.93 100.00% 117.01 100.63 123.306f 3.340p 0.873

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Capitolo 29 – L’APPARATO ELETTRICO DI BORDO

29.1 – Introduzione

L’energia elettrica a bordo fu impiegata verso la fine dell’1800 e si diffuse rapidamente per la sua flessibilità. Fino al 1950 si impiegò la corrente continua per i seguenti vantaggi rispetto all’alternata:

- Il parallelo tra gli alternatori non era difficile da realizzare (con l’alternata bisogna mettere in fase i due alternatori);

- Minore difficoltà di azionamento delle utenze con forti variazioni di coppia e/o velocità (il motore asincrono presenta strettissimi margini di variazione);

- Quadri elettrici più semplici.

Poi fu soppiantata dalla corrente alternata, il cui utilizzo fu possibile grazie al progresso tecnologico. Essa viene preferita alla continua per vari motivi:

- Maggiore semplicità degli alternatori rispetto alle dinamo;

- Maggiore semplicità di manutenzione degli alternatori rispetto alle dinamo;

- Ridotto dimensionamento degli interruttori, essendo più bassi i valori di corrente di corto circuito degli alternatori rispetto alle dinamo;

- Minore costo, peso ed ingombro dei motori asincroni.

- Possibilità di ridurre la tensione, secondo le esigenze dell’utenza, con trasformatori statici;

- Possibilità di inserire direttamente un gran numero di motori senza l’utilizzo di ingombranti e costosi reostati;

- Possibilità di collegarsi alla rete di terra quando la nave è ferma.

Con l’aumentare del numero e delle potenze delle utenze elettriche di bordo (maggior coefficiente di elettrificazione), aumentava l’incidenza del peso e del costo dell’impianto elettrico rispetto a quelli della nave e quindi l’utilizzo della corrente alternata costituiva un enorme vantaggio.

Le differenze con un impianto di terra sono molteplici:

- La nave è un sistema mobile, in ferro, soggetta a moti oscillatori. Ciò comporta che l’impianto è sottoposto sollecitazioni meccaniche e vibrazioni. Gli spazi spesso sono angusti e le temperature elevate, c’è umidità (anche fino al 100%), vapori d’olio e salsedine. E’ un sistema isolato ed ha limitate risorse umane in caso di guasti per la riparazione e la manutenzione;

- Gli spazi per la sistemazione dell’impianto elettrico sono limitati, ciò influenza le scelte del numero e della taglia dei generatori (vincolo quasi inesistente sulla terraferma);

- Vi sono utenze (motori) con potenza molto elevata; la messa in funzione di questi ultimi provoca delle fluttuazioni di tensione e di frequenza;

- Le linee elettriche di bordo sono abbastanza corte, quindi, in caso di guasto le correnti di corto circuito sono molto elevate.

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Le macchine di produzione ed utilizzazione di energia elettrica a bordo delle navi devono quindi essere capaci di lavorare senza problemi in questo ambiente ostile, resistere alla corrosione ed all’umidità, essere sicuri ed affidabili, di facile montaggio e smontaggio ecc. Il costo (in senso lato, anche l’ingombro rientra in questo) deve essere contenuto e bisogna sempre scegliere la soluzione che comporta il maggior rapporto affidabilità/costo. Parimenti importante è minimizzare il numero di pezzi di rispetto e le operazioni di manutenzione per non aumentare il numero di persone dell’equipaggio.

Il sistema elettrico navale si divide in tre sottosistemi:

- Produzione: 1 o più centrali con relativi quadri;

- Distribuzione: rete primaria di collegamento tra i quadri principali e le sottostazioni; reti secondarie di distribuzione agli utenti forza e luce; rete terziaria di comando, controllo e regolazione;

- Utilizzazione: motori, apparecchi, strumenti, punti luce ecc.

Inoltre bisogna assicurare un funzionamento ordinario, uno ridotto (per evitare danni ai componenti) ed uno di emergenza (per evitare pericoli alla nave ed alle persone).

La progettazione del sistema elettrico a bordo non è compito del progettista navale, ma questi deve possedere conoscenze tali da operare scelte che non influiscano negativamente sul più vasto sistema nave.

29.2 – Centrali Elettriche

A bordo di ogni nave deve essere installata una o più fonti di energia principali, ed una di emergenza. Quella principali necessarie ad alimentare tutti i servizi ausiliari necessari per mantenere la nave in condizioni ordinarie di funzionamento, di abitabilità e di conservazione del carico. Deve essere costituita da almeno due gruppi generatori, ognuno di potenza tale che, nel caso in cui uno qualsiasi dei due gruppi venga arrestato, sia ancora possibile alimentare i servizi necessari per assicurare le condizioni ordinarie di propulsione e sicurezza (organi di governo, pompe per eliche a pale orientabili, trattamento combustibile ecc.), le minime condizioni di abitabilità (riscaldamento, refrigerazione, ventilazione, cucina ecc.) e la conservazione del carico. Generalmente le navi da carico hanno un solo locale apparato motore ed in questo è ubicata l’unica centrale elettrica di servizio, con almeno due gruppi elettrogeneratori ed il quadro elettrico. Nel caso di più centrali elettrica i quadri sono collegati tra di loro ed il carico può essere parzializzato. Le centrali di emergenza devono produrre energia elettrica, in caso di avaria delle centrali principali, in grado di alimentare gli utenti vitali di bordo. Per tutte le navi mercantili con stazza lorda non inferiore a 500 tonnellate e per tutte le navi passeggeri abilitate a navigazioni internazionali, i Registri impongono la presenza di una fonte autonoma di energia elettrica di emergenza, denominata centrale di emergenza, indipendente da quella principale.

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29.3 – Cenni su potenza, tensione e frequenza elettrica a bordo delle navi

La potenza nominale complessiva di bordo deve essere scelta valutando la potenza di tutte le utenze, tenendo conto dei vari rendimenti dal generatore fino alle utenze, il tutto nelle condizioni più gravose, quindi anche con un diesel generatore fuori uso. Nel caso di più diesel-generatori, ad ognuno è richiesto in tutte le condizioni operative una potenza prossima all’80% di quella nominale per avere alti rendimenti e basse emissioni inquinanti. E’ buona norma installare una potenza maggiore di quella valutata per far fronte ad eventuali nuove utenze che possono essere installate durante la vita nave.

L’aumento della tensione comporta:

- Minore corrente (anche di corto circuito) a parità di potenza, quindi minori sezioni dei conduttori e minori perdite per effetto Joule;

- Cadute di tensione più basse;

- Minore utilizzazione dei motori asincroni (la coppia di spunto è proporzionale al quadrato della tensione);

- Maggiore stabilità della trasmissione.

Per contro, bisogna aumentare l’isolamento dell’impianto perché tensioni più alte sono più pericolose, il che comporta un costo maggiore. I valori maggiori della tensioni si hanno per le utenze di potenza maggiore, come i motori. I registri di classificazione fissano i valori della tensione massima per le varie utenze.

Le frequenze più utilizzate a bordo sono 50 e 60 Hz con netta prevalenza della seconda già dopo il 1950. Questo perché molte navi sono state ricostruite dopo la Seconda Guerra Mondiale con forniture USA. Utilizzare una frequenza maggiore, comunque, comporta come vantaggi una maggiore impedenza

dei cavi (quindi limitazione della corrente di corto circuito), generatori e motori più veloci,

riduzione del peso e dell’ingombro delle macchine elettriche.

29.4 – Cenni sui generatori di elettricità

Le fonti di energia elettrica principale sono costituite da diesel-generatori (diesel + generatore sincrono) , turbo-generatori (turbina + riduttore + generatore sincrono) e generatori d’asse, mentre quelle di emergenze sono o diesel-generatori o batterie di accumulatori. L’utilizzo della turbina, sebbene presenti un consumo specifico più elevato ed una minore prontezza di intervento, presenta come vantaggi la riduzione di peso, ingombro, vibrazioni, manutenzione, riesce a fornire

una sovrapotenza pari al 10% di quella nominale per un tempo illimitato (il diesel per 2 ore), e

pari al 20% per 2 ore (il diesel non lo permette). La generazione asse sfrutta la rotazione dell’asse dell’elica per mettere in movimento un alternatore. Si sfrutta in questo modo lo stesso combustibile del motore anche per la produzione di energia elettrica (anche se in parte). Il limite di questo sistema è che può funzionare solo con la nave in movimento, quindi l’utilizzo è confinato a quelle navi che navigano molto. Inoltre anche con nave in navigazione si possono avere regimi di rotazione non costanti a causa dei moti nave, per cui vengono utilizzati degli inverter per gestire le oscillazioni di frequenza e tensione. La scelta della generazione asse è influenzata da altri fattori:

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- Il motore di propulsione deve avere una potenza maggiore;

- Il costo della trasmissione meccanica tra asse elica ed alternatore;

- Il costo dell’apparato di conversione della frequenza;

- Minore costo del combustibile;

- Minore consumo di lubrificante;

- Minore rumorosità e vibrazioni;

- Minor ingombro;

- Maggiore sicurezza in navigazione.

Le pile trovano impiego nell’alimentazione di utenze a bassa potenza (orologi, avvisatori, strumenti di misura), mentre gli accumulatori sono utilizzati nell’alimentazione di utenti a più elevato assorbimento che richiedono energia indipendente da quella fornita dagli elettrogeni (illuminazione di emergenza, allarmi importanti, avviamento gruppi elettrogeni ecc.). Gli accumulatori più utilizzati sono quelli alcalini o quelli al litio e possono essere a scarica normale o a scarica rapida a seconda che devono fornire correnti medio-basse per tempi maggiori (illuminazione d’emergenza) o alte correnti per poco tempo (avviamento elettrogeni).

29.4 – Centrale elettrica di emergenza

E’ composta da uno o più elettrogeneratori e da una batteria di accumulatori. I primi devono essere capaci di avviarsi in maniera autonoma, di solito immagazzinando aria compressa. Deve essere ubicata a poppavia della paratia di collisione, fuori dal compartimento apparato motore e sopra il ponte delle paratie stagne per evitare che un incidente metta fuori uso entrambe le centrali. L’autonomia della

centrale di emergenza deve essere di 3 ore per navi da carico di stazza lorda inferiore alle 5000

t, 6 ore per quelle di stazza superiore e 36 ore per le navi passeggeri. Inoltre, deve alimentare

illuminazione di emergenza, organi di governo e manovra, pompe antincendio, manovra porte

stagne, chiusure porte tagliafuoco, radiocomunicazioni ecc. In condizioni normali la rete di emergenza è alimentata dalla centrale principale ed in caso di emergenza viene cambiata automaticamente l’alimentazione, con un’interruzione totale di energia elettrica per un tempo variabile tra 10 e 45 s.

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29.5 – Stima della potenza elettrica da installare a bordo, numero di generatori

e collocazione

La potenza totale è data da:

∑= UiiTOT PKnP

in cui PUi è la potenza dell’i-esima utenza e Kni è il coefficiente medio di utilizzazione, ricavato da dati sperimentali o calcolato come prodotto del coefficiente di utilizzazione istantanea per il coefficiente di intermittenza. Il primo è dato dal rapporto tra la potenza media resa dall’utente e la potenza nominale dello stesso utente:

in

irm

P

Pistutilizzcoeff

.

.... =

Il secondo, invece, è dato dal rapporto tra il numero di ore N di funzionamento dell’utente ed il numero di ore in un giorno:

24.int.

Ncoeff =

Sostituendo:

∑= Uiin

irmTOT P

N

P

PP

24.

..

Tale potenza va maggiorata per tener conto delle perdite ed ancora di un 10-20% per eventuali ulteriori utenze che possono essere installate successivamente.

Per quanto riguarda il numero, è conveniente adottare più generatori, magari con potenze diverse, ma aumentano poi i pesi, i costi e gli ingombri. E’ bene installare generatori per quanto possibile identici tra loro e fissarne il numero, magari eccedendo nella potenza e riducendone il numero. L’esperienza consiglia 2, 3 o 4 generatori rispettivamente per potenze assorbite fino a 500, 1500 o piu kW. In condizioni normali, i generatori vengono utilizzati a rotazione in modo che il numero di ore di funzionamento sia uguale. La loro collocazione dipende dal tipo di nave e dai criteri di sicurezza e di servizio. Nelle navi da carico si ha un’unica centrale principale ubicata nel compartimento apparato motore per motivi di economia di spazio e di comodità di esercizio. Nelle navi passeggeri di stazza lorda superiore alle 25000 tonnellate di stazza lorda, è obbligatorio distribuire i gruppi elettrogeni in due centrali autonome, collocando in una delle due il controllo generale dell’impianto.

La potenza dell’apparato di produzione dell’elettricità viene espressa in kVA perché la potenza effettivamente assorbita P dal circuito a corrente alternata è legata al voltaggio ed all’amperaggio tramite il fattore di potenza:

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ϕcosVIP =

Nella prima fase di progetto è bene stimare, in maniera grossolana ovviamente, la potenza elettrica da installare a bordo, valutandola con formule sperimentali ottenute come linea di tendenza dei dati di navi similari.

Mentre per quasi tutte le navi la potenza elettrica a bordo aumenta in maniera regolare con la portata lorda, non è sempre cosi per i rimorchiatori e per altri tipi di navi speciali come le antincendio. A seconda del profilo di missione, è possibile, infatti, tracciare più rette di regressione. Per i rimorchiatori, inoltre, l’aliquota propulsiva della potenza elettrica è un bel po’ maggiore, in quanto essi necessitano di coppie elevate a basso numero di giri per trainare e quindi utilizzano motori elettrici per la propulsione.

29.6 – Classificazione delle utenze

L’elenco preciso si avrà solo durante il progetto esecutivo e deve essere concluso prima delle prove in mare. Le diverse utenze vengono raggruppate in base ai diversi servizi di bordo e per ognuna di esse vengono indicati: numero totale delle macchine utilizzatrici, la potenza resa ed assorbita unitaria e

totale ed il fattore di esercizio. La tabella seguente mostra una classificazione dei carichi:

Nel caso di propulsione elettrica, se c’è un impianto elettrico dedicato completamente alla propulsione, questo sarà detto principale e gli altri ausiliari.

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29.7 – Bilancio Elettrico

E’ un documento, sotto forma di tabella, che fornisce le informazioni relative alla potenza assorbita da ciascun utente nelle diverse condizioni di esercizio della nave. Viene eseguito sommariamente alla fine del progetto di contratto ed in maniera dettagliata durante il progetto esecutivo. Ogni riga è destinata ad un’utenza e più righe possono essere raggruppate per sezioni, ognuna destinata ad un servizio. Le colonne sono suddivise in più gruppi; uno per la descrizione dell’utente, altri per l’assorbimento di energia per ogni particolare condizione di esercizio (nave in porto durante le operazioni di carico o scarico, nave in manovra, navigazione ai tropici, all’equatore, in climi invernali ecc. – variano a

seconda del tipo di nave). Ovviamente si vanno a trascurare le condizioni che possono essere comprese in altre più gravose (la zavorra è meno onerosa del pieno carico). Tra la navigazione diurna e quella notturna si assume la seconda che spesso è quella più onerosa per la maggiore utilizzazione del circuito di illuminazione. Nel primo gruppo di colonne sono indicate le caratteristiche delle utenze (un progressivo, la denominazione dell’utente, il numero di unità installate, la potenza in uscita da ogni singola unità, il rendimento, la massima potenza elettrica) mentre in ogni gruppo successivo, destinato ad una particolare condizione di esercizio, sono riportate il numero di unità in funzione, il fattore di servizio e la potenza assorbita dalle utenze (PASS = q·fS·PMAX).

Il fattore di servizio è costituito da due componenti: la componente di carico, ovvero il rapporto tra la potenza assorbita nella condizione in cui opera l’utente (carico elettrico reale) P0 e la massima potenza che può assorbire (carico elettrico massimo) PMAX; la componente di ciclo, ovvero il rapporto tra il tempo in cui l’utente lavora rispetto al tempo totale, cioè 24 ore. Il fattore di servizio è dunque dato da:

24max

0 N

P

Pf S =

La scelta dei fattori di servizio è data dall’esperienza da navi similari con caratteristiche di allestimento simili.

Dal bilancio elettrico si ricava una tabella riepilogativa in cui si riportano le somme parziali per ogni sezione (servizio) e la somma totale che da, in definitiva, la potenza elettrica totale, che andrà poi maggiorata per i motivi detti in precedenza.

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