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Progetto Comenius 3.1

RA.ME Radici e memoria

Quasimodo

Classe V A ins. Alessandra Galdenzi Loredana Piacentini Francesca Mingardi Carmela Manzo Classe V B ins. Franca Scala Teresa Benedetti Luisa Lucentini Patrizia Zinni

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Sabini Latini

Le nostre origini

Etruschi

RomaniRomani

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Le origini

I castelliDai Latini ai Romani

I Territori

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L’antica Lazio(Latium Vetius)aveva approssimativamente per confini il Tirreno dalla foce del Tevere ad Anzio e alle culture di Terracina a Sud, i monti Prenestini e Lepini ad oriente ed il Tevere a Nord.

Nell’età neolitica(2000 a.C.)questo territorio fu occupato da quelle tribù di Italici che lo abitavano

più tardi, nei tempi storici, col nome di Latini,

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I Latini sono una antica popolazione italica di origine indioeuropea che abitava il “Latium vetus” dal Tevere al

capo di Anzio. Le città principali erano Roma, Tivoli, Gabi, Preneste (Palestrina) Tuscolo Albalonga

Quest’ultima era a capo di una lega che aveva il suo centro nel tempio di Diana presso Ariccia e celebrava ogni

anno la propria unione con solenni sacrifici al monte Albano.

Sconfitti dal Re di Roma, Anco Marzio e Tarquinio Prisco i Latini furono nuovamente battuti presso il lago

Regillo nel 494.L’anno seguente i Romano stipularono con essi il “Foeder Laziarum, un trattato che

riconosceva l’autonomia della lega Latina e stingeva l’alleanza tra Roma e i Latini.

Nel 338, però, i Romani non vollero dividere le terre conquistate, dovettero prendere le armi contro di loro e

sciogliere la lega incorporando alcune città latine nel territorio romano con diritoo di cittadinanza.

I Latini pre-romani parlavano il latino – falisco, un linguaggio del ceppo indioeuropeo che successivamente si è

evoluto nel latino dei Romani.

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I primi abitanti di queste zone furono, più di 50.000 anni fa, degli uomini di Neaderthal che vivevano

cacciando cinghiali e cervi. Dal 6000 a.C. in queste fertili colline si stabilirono popolazioni di agricoltori. La

civiltà dei Latini si sviluppò dal IX secolo a. C.

Quando Roma, divenuta forte e potente, cominciò ad ampliare i suoi territori, le sue ricche città i suoi colli

furono tra le prime ad entrare nella sua orbita. Da allora, fino alla caduta dell’impero, queste zone furono

destinate all’agricoltura e divennero il luogo preferito di vacanza dei ricchi romani. Nel medioevo vi sorsero

borghi fortificati e ben difesi da mura inespugnabili. Dal 500, i colli Albani tornarono ad essere tranquilli

luoghi di soggiorno, dove i nobili costruirono splendide residenze. Durante la seconda guerra mondiale tutta

l’area fu pesantemente danneggiata; alcuni paesi vennero rasi al suolo

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I latini erano circondati da popoli umbri, sabini, sanniti, apici (che appartenevano alla comune stirpe

(italica);ma via che si allontanava dalle rive Tevere ,le divergenze nazionali e linguistiche aumentavano.

C’erano al nord di Roma gli Etruschi, i Liguri, i Galli, i Veneti ecc. E ad sud i Greci, i Siculi ecc…, che

parlano lingua straniera, nettamente distante dal Latino. Ma noi sappiamo che i Latini , mercè la loro

intelligente intraprendenza lo spirito organizzativo di lui erano dotati, la prevalenza delle loro armi e dei loro

guerrieri e i condottieri , si impadronirono nel ionio di pochi secoli di tutte le regioni e le province di Italia,

della Gallia dell’Algeria, dell’Africa settentrionale ecc. E allora la lingua che parlano si allargava, arricchiva,

di parole, derivati, di forme più precise, di significati e di valori più vasti, in conformità alla funzione che i

Romani erano chiamati ad assolvere da loro destino imperiale. E serve con la necessità di scrivere e unificare

le leggi, di affidare ai principi religiosi e civili alla memoria delle lettere, di rinnovare la grande storia della

patria, di fornire alla nuova aristocrazia, prima della repubblica e dell’intera, opere di pensiero, di scienza di

filosofia, di poesia. A mano a mano stabilirono la grande lingua latina: ricca, precisa, solenne. Da

lingua(materna), come la chiama Dante a lingua universale. Dunque tutte queste popolazioni, che come s’è

detto erano di stirpe accettavano, il dominio, si uniformavano alle sue leggi ch’erano le migliori dell’antichità,

ne apprendevano necessariamente la lingua. Poco per volta finirono con il dimenticare il linguaggio dei loro

avi sostituendolo con il latino, che aveva maggior prestigio, non solo perché era parlato dai vincitori, ma anche

perché con esso erano scritte le leggi e le opere di pensiero: insomma, perché la lingua di Roma rappresentava

allora la civiltà più evoluta dell’Italia e dell’Europa occidentale.

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Le usanze dei Romani

Le feste dei Romani L’arte della guerra

Gli schiavi a Roma Le case dei Romani

I ragazzi romani Le costruzioni

Le origini

Le leggendeI personaggi di Roma

La religione

Piccole curiosità

Le origini della scrittura greco latina

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LA VITA QUOTIDIANA

Ogni giorno una grande quantità di persone riempivano le strade di Roma , e strillavano per pubblicare le merci .

Nei mercati e nelle botteghe si vendevano di tutto , provenienti da tutte le provincie , anche dalle più lontane .

Le botteghe aprivano la mattina presto e chiudevano a mezzogiorno , riaprivano tardi e restavano aperte fino al

tramonto .

A Roma oltre alle botteghe c’erano i barbieri , i librai, droghieri , fornai , pollivendoli , negozi d’arredamento e

bancarelle di cibi cotti.

Questo lavoro i romani lo detestavano , e la maggior parte dei bottegai erano schiavi o ex schiavi .

Il commercio più fornito era quello dell’olio , infatti l’olio serviva per l’illuminazione e per la cucina , inoltre veniva

usato al posto del sapone A Pompei le botteghe dei mercanti , spesso erano annesse alle loro case d’abitazione .

Un signore che era diventato mercante aveva messo sulla sua villa un‘insegna che diceva : “ salve o guadagno!”.

LA GIORNATA DI UN ROMANO

I cittadini romani per sfruttare al massimo la luce, si svegliavano all’alba.

Dopo una colazione leggera i bambini venivano mandati a scuola. Il capofamiglia, se era un patrizio riceveva i clienti,

cioè coloro che usufruivano della sua protezione. Se era un plebeo usciva di casa per andare a lavorare nella propria

bottega. Le persone andavano a lavorare la mattina. Alle otto si aprivano le banche e i tribunali, e iniziavano tutti i

tipi di attività.

Verso mezzogiorno si ritornava a casa e si consumava un pranzo scarso e in estate in particolare. Dopo il pranzo si

ritornava a lavoro per poche ore. Alla fine della giornata le rimanenti ore si trascorrevano a bere nelle taverne e a

parlare con gli amici o alle terme o al circo.

Continua…..

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LE DONNE

Le matrone, cioè le donne appartenenti alle famiglie Patrizie, non potevano uscire nemmeno per fare la spesa,

rimanevano a casa a filare o a dare ordini alle schiave. Dalle commissioni se ne occupavano gli schiavi e gli uomini.

Le uniche distrazioni che le donne potevano avere era quella di andare a trovare le amiche o a vedere gli spettacoli. Le

donne romane frequentavano le terme, e per molto tempo fu considerata scandalosa la loro presenza.

L’ABBIGLIAMENLTO

In casa gli uomini indossavano una tunica, una corta veste di lana senza maniche. Poi quando uscivano si mettevano

sopra una toga anche questa di lana, bianca e lunga messa attorno al corpo. I senatori indossavano le toghe che avevano

una grande striscia di porpora ai bordi, quelle dei bambini ed dei ragazzi avevano invece la striscia di porpora sottile.

Le donne indossavano la stola che era una lunga tunica che aveva spesso le maniche corte. Sopra la stola per uscire

indossavano la paglia una specie di toga di un colore vivace con un lembo che usavano per coprirsi il capo. Le donne

amavano i profumi, i cosmetici e i gioielli.

LE ACCONCIATURE

Per le acconciature la moda cambiava con la stessa rapidità di oggi. Sia gli uomini che le donne si arricciavano i capelli

con speciali arricciatori per avere una pettinature maggiormente elaborata.

Per farsi crescere bene i capelli utilizzavano olio e grasso.

UNA STRADA DELL’ ANTICA ROMA

Una bella strada lastricata che si apriva davanti a loro .In prossimità degli incroci esistevano già gli “ attraversamenti

pedonali “ ;erano delle grosse pietre squadrate che sporgevano dal piano stradale.

C ‘ era dello spazio tra una pietra e l’ altra così potevano passare le ruote dei carri che sono alte per non bagnarsi

quando piove .

Questa via che immaginavano di vedere era una via molto elegante , passavano gli uomini in toga candita , un

sacerdote che era in toga orlata di porpora, le donne a volte erano in bei mantelli . I negozi eleganti si aprivano lungo i

marciapiedi , un bar aveva il balcone sulla strada , i romani si fermavano a bere un bicchiere di vino.In fondo alla

strada si vedevano le case a più piani , le case erano dei poveri. Continua…….

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BOTTEGHE DI OGNI TIPO

fornai e i pasticceri preparavano pane e dolci, stavano in certi punti della città dentro botteghe che davano alle vie il

nome, tipo via delle spezie o il vicolo dei sandali. Si mangiava e si beveva spesso nelle caverne giocavano di azzardo.

Ci stavano barbieri perché i Romani da quando avevano visto i Greci, cominciavano a radersi la barba, ma non c’erano

i parrucchieri. Alcune materie prime erano lavorate dagli artigiani, che erano falegnami, gioiellieri e argentieri.

L LAVORO E IL COMMERCIO A ROMA

Quando Cartagine venne eliminata, Roma non fece fatica ad occupare altri territori, e si trovò patrona di un impero.

Dall’uno all’altro capo di questo impero, tutte le strade, tutte le rotte, tutti i convogli di navi e le caravane di carri

convergevano a Roma , offrivano mercanzie di ogni genere affluivano alla città da diverse province .

Dal Nord arrivano pellicce prodotti agricoli e lana .

Dall’ Oriente giungevano navi cariche di tessuti di lino, e di seta, gioielli e profumi,l ‘ Africa dava grano, pesce e vino .

La Spagna produceva piombo e argento .

LA VITA DEI NOBILI

I neonati ricevevano il nome dopo pochi giorni dalla nascita. I maschi avevano tre nomi: il PRUENOMEN che è il

nostro nome di battesimo (Marco), il NOMEN che indicava la sua stirpe oppure “GENS” (come Tullio), e infine il

COGNOMEN che distingueva i rami delle famiglie (come Cicerone).

Alla scuola elementare, lo scolaro imparava a leggere, a scrivere e a far di conto. A tredici anni, passava alla scuola

secondaria dove aveva per maestro un GRAMMATICO greco. Lo studente che proseguiva negli studi poteva andare

alla scuola di un RETTORE a imparare l’arte dell’eloquenza o RETORICA.

I l matrimonio era generalmente combinato dai genitori. La sposa poteva avere solo tredici anni e lo sposo qualche

anno di più. Dopo la cerimonia nuziale si teneva un banchetto: poi una processione a lume di torce accompagnava la

sposa casa dello sposo, che la portava in braccio oltre la soglia. Continua...

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A trent’anni, un uomo ambizioso poteva essere eletto QUESTORE. I questori amministravano il tesoro dello

stato. Un buon questore poteva poi venire eletto EDILE. Gli edili sovrintendevano ai lavori pubblici (acquedotti,

strade), all’approvvigionamento della città, al traffico e ai divertimenti.

A trentanove anni, un romano nobile diventare PRETORE. I pretori erano otto, e presiedevano ai tribunali

oppure diventavano governatori di una provincia. Durante l’anno di carica, il pretore era responsabile della

pubblicazione delle leggi dello stato.

L’ex pretore poteva diventare console a quarantadue anni. Nel periodo della repubblica, i due consoli erano

potentissimi, in quanto presiedevano al senato e comandavano l’esercito. Dopo il I secolo a.C., invece anche se

rimanevano funzionari molto rispettati, essi ebbero minor potere.

I consoli duravano in carica un anno. L’ex console poteva diventare PROCONSOLE. Il proconsole poteva

governare una provincia importante, dove aveva la possibilità di arricchirsi fortemente.

Molti proconsoli si procuravano abbastanza denaro da vivere nel lusso per il resto dei loro giorni.

Quando moriva un romano nobile era rivestito dei suoi abiti ufficiali e incoronato con una corona d’alloro. Il suo

corpo veniva quindi condotto alle esequie in portantina . Il funerale era annunciato da un banditore. Prima che il

corpo venisse bruciato, si tenevano discorsi sul morto.

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I pranzi dei romaniAlla sera i Romani stanno a casa , i ricchi danno feste per gli amici , i poveri vanno a letto quando fa buio.

Stasera Petronio ha amici a cena , i servitori hanno lavorato tutto il giorno per preparare le pietanze alcune delle quali ti

potrebbero sembrare strane e disgustose oggi.

I poveri non possono comprare tutti i giorni la carne o il pesce perciò mangiano spesso una specie di zuppa di grano ,

qualche volta i ricchi danno feste per loro.

Gli schiavi portano alla festa una donna in lettiga. E’ in rotondo, ma nessuno brontola.

A Roma ci sono solo meridiane o clessidre, ed è difficile essere puntuale. La carne viene arrostita sul fuoco, al sole e le

verdure si cuoce in padella. Con tutta questa gente al lavoro, la cucina è calda, buia e sporca del fumo delle lampade.

II romano mangiava in genere poca carne. L’alimento principale della maggioranza delle persone era le farina di grano ,

trasformata in pane.

Per rendere più appetitosa la pappina , i cuochi romani vi aggiungevano odori , olive, verdure e spezie diverse.

I Romani si alzavano all’alba e smettevano di lavorare verso le tre del pomeriggio .

Per prima colazione , i bambini che andavano a scuola mangiavano una focaccia salata con datteri miele oppure olive .

Gli adulti intingevano la focaccia nel vino, a mezzogiorno la famiglia comune consumava un piatto unico di pappina di

farina aromatizzato.

I benestanti avevano invece maggiori possibilità di scelta e mangiavano molta più carne dei poveri.

Ai banchetti di ricevimento venivano servite anche sette portate, un piccolo esercito di schiavi attendeva al banchetto

del ricco, mentre uno o due schiavi si davano da fare senza sosta con ventagli di penne di pavone per cacciare le mosche

dal cibo.

Continua….

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GLADIATORI E AURIGHI

I combattimenti di gladiatori e le corse di bighe sono gli sport preferiti dei Romani .

Durante le feste la gente affolla le arene , nell’ arene si mettono a morte i prigionieri e i criminali. Alcuni devono

combattere con belve selvagge e affamate altri con i feroci gladiatori . Alla pista delle corse , l’ imperatore , i ricchi , le

nobildonne, i poveri e i bambini gridano per incitare gli aurighi .

La più grande arena sportiva di Roma è il Colosseo , una tenda protegge dal sole i 45000 spettatori che può accogliere.

Ognuna delle 76 entrate ha un numero che è scritto sui biglietti degli spettatori per facilitare l’ entrata .

I gladiatori sono degli schiavi addestrati in speciali scuole a combattere e morire coraggiosamente per il divertimento della

folla, dall'Africa e da altre lontane regioni dell’ impero vengono portati migliaia di animali feroci per i combattimenti .

I gladiatori hanno molte armi per rendere la lotta eccitante ,un lottatore usa la rete per evitare la spada del nemico poi passa

all’attacco butta la rete sull’avversario per impigliarlo e colpirlo con il tridente ‘ il ferito chiede pietà .

Se la folla alza il pollice significa che lo vuole salvo , il pollice in giù vuol dire “ Ucciderlo “.

Le bighe sono pronte sulla linea di partenza ,gli aurighi sono chiamati in avanti per equilibrare col loro peso le leggere

bighe di pelle e legno la tromba suona :all’ abbassarsi della bandiera bianca i carri partono , appoggiati contro le redini , all’

indietro , Se la biga si rompe , o una ruota si stacca, o un cavallo cade ,l’ auriga taglia le redini della sua biga per non essere

trascinato tra i cavalli.

IL CIRCO

Le corse di bighe si tengono sulla grande pista chiamata CIRCO , prima del via si svolge una processione di sacerdoti e

ufficiali i cavalli corrono attorno alla “spina “ della pista sette volte. Il vincitore , considerato un eroe avrà una barra d’

oro .La gente fa scommesse scegliendo il proprio favorito dal colore della tunica e lo incoraggia agitando drappi colorati, le

virate attorno alle estremità della spina sono i momenti più pericolosi ,sono pochi e fortunati quelli che sopravvivono, gli

aurighi portano elmetti di metallo e gambali di pelle e metallo per proteggersi.

Continua...

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POMERIGGIO ALLE TERME

Al pomeriggio, quando hanno finito il lavoro ,i romani vanno alle terme , si va non solo per

lavarsi , ma anche per vedere amici, sentire le ultime novità o parlare di affari . Alcuni ci

vanno per far ginnastica , leggere o passeggiare .

Le donne Livia e le sue amiche vanno alle terme al mattino, quando non ci sono gli uomini, o

alle terme per donne.

A Roma ci sono molte terme. Costano poco e alcune sono gratis. Solo i ricchi hanno simili

bagni in casa.

Gli abiti e i sandali si lasciavano sugli scaffali dello spogliatoio.

Gli appartamenti intorno alla piscina fredda, sono molto rumorosi perché i bagnanti cantano,

fischiano o discutono.

Nella piscina fredda ci si rinfresca dopo il bagno caldo e si nuota.

Un pasticciere vende dolci di miele ai bagnanti affamati.

Nel giardino adiacente si può chiacchierare in pace o passeggiare con gli amici.

L’acqua sporca va in un tunnel sotto le terme, nel sottosuolo, e si scarica nel fiume.

Un bagno tipico rinfresca dopo un bagno bollente e uno di vapore.

Dopo aver fatto un bagno caldo o tiepido, ognuno si raschietta per pulirsi, perché non c’è

sapone, poi si asciuga.

L’acqua è portata da acquedotti e tubi sotterranei da fuori città.

Per mezzo di tunnel sotterranei l’aria scaldata dal fuoco va alle piscine. Questo sistema fu

inventato dai Romani ed è chiamato ipocausto.

I GIOCHI

I giochi diffusi tra i bambini di quell’epoca erano giocare con: la palla, con le trottole o

trascinare rudimenti di carrettini. I vicoli, le piazze e le strade erano rallegrate dalle voci dei

bambini. Se magari il carro era più grande i ragazzi per divertirsi ci salivano sopra e si

facevano guidare da un compagno o da un animale.

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MARCO FA IL SOLDATO

Marco, il figlio di Pretorio , ora ha 16 anni e deve fare il soldato . E’ giunto all’accampamento dopo molti giorni di

viaggio . Qui imparerà con le altre reclute cosa si deve fare per combattere i nemici . Per difendere le frontiere

dall’impero , migliaia di soldati vivono negli immensi accampamenti , circondati da alte mura di protezione . La gente

che vende cibo e altre cose ai soldati ha fondato nuove città vicino ad essi . Un soldato scrive i nomi delle nuove

reclute su un libro. Poi le reclute giurano di essere fedeli all’imperatore, dovranno ripetere questo giuramento tutti gli

anni .Un sarto prende le misure di Marco per fargli la divisa ,fatta di una tunica e un’armatura di metallo e pelle.

Ora Marco prova degli elmi di bronzo che sono foderati di pelle per proteggere la testa. Cominciamo l’esercitazione

per diventare buoni soldati .Dapprima si fanno le esercitazioni, si marcia due volte al giorno ,con le pesanti armi

addosso e con grossi zaini ;

L’ADDESTRAMENTO

Marco armato di una spada di legno si deve lanciare contro un pupazzoe farà finte lotte con spade e lance , cavalcare è

divertente, tutti ridono di Marco quando cade, non ci sono staffe per poggiare i piedi e non è facile stare in equilibrio

con l’ armatura. Le reclute imparano a serrare gli scudi per fare la “testuggine” , una formazione che li proteggerà da

frecce e pietre, ma non è tanto facile.

LA FORTEZZA

Molti anni fa i soldati hanno costruito questo accampamento ,attorno alle mura ora ci sono case , negozi per vendere

ai soldati ciò che a loro serve .Molti soldati sono fuori per una lunga spedizione. Quelli che sono rimasti di guardia

hanno il tempo di aggiustare le mura o coltivare ortaggi.

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IL LAVORO DEGLI SCHIAVI

A Roma gli schiavi erano privi di ogni diritto .I padroni che di solito erano singoli cittadini ,o dello Stato ,e di solito

erano prigionieri di guerra venduti nei mercati ,la loro vita dipendeva dai padroni ,essi potevano avere figli ,ma non

potevano sposarsi e il padrone poteva decidere se trattarli con maggiore o minore umanità.

La vita degli schiavi non dipendeva solo dal padrone ,ma anche dal lavoro che facevano .Gli schiavi più colti andavano

ai ricchi tipo dottori ,musicisti ,maestri .Mentre quelli atletici e forti dopo un duro allenamento andavano a combattere

negli anfiteatri.

Gli schiavi dello Stato si occupavano della manutenzione degli edifici pubblici, lavorando negli uffici o negli archivi.

La peggiore condizione degli schiavi era quella di lavorare nelle miniere. Questi, per la fatica e i maltrattamenti non

resistevano più di sei mesi.

Una enorme quantità di schiavi lavorava nelle aziende agricole, la loro giornata durava dodici ore e anche più.

Dopo venivano rinchiusi in ambienti poco sani. Le loro condizioni di vita erano dù

I GLADIATORI

Una forma di “divertimento” aveva luogo nell’anfiteatro. Era qui, infatti, che i gladiatori (gli schiavi)si fronteggiavano

uno contro l’altro ad un incontro all’ultimo sangue, o contro belve. Criminali, prigionieri e, soprattutto, cristiani si

fronteggiavano contro leoni o tigri tenuti a per molto tempo per farli diventare più feroci.

Questo spettacolo piacque ai romani per molti secoli e i romani quando vedevano un gladiatore ferito non avevano

nessuna pietà, quindi veniva ucciso.

Il più grande anfiteatro romano fu il Colosseo, costruito nell’80 d. C. e fu festeggiato con 100 giorni di feste

ininterrotte.

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LA CASA DEI POVERI

I poveri romani vivevano in stanzucce disopra dalle botteghe, o in locali presi in affitto, in casamenti popolari, simili

ai palazzi condominiali.

Questi casamenti erano grandi che sembravano “isole” erano strade circostanti, erano chiamate insulae.

La casa dei poveri contenevano uno o due giacigli, e uno sgabello o una sedia, tutte le donne avevano un fuso per

filare e un telaio per fare i vestiti, d’Inverno le case venivano riscaldate di carbonella acceso in un braciere.

Quando il fuoco si spegneva era difficile riaccenderlo.

Quando Ottaviano diventò imperatore a Roma c’erano 45.000 casamenti, in città non si poteva costruire altri

casamenti perché non c’era spazio, per questo le insulae erano alte e strettee avevano cinque piani.

Usavano materiale di buon mercato a bassa qualità, le insulae erano mal costruite e certe volte le pareti si crepavano, i

soffitti crollavano.

Cicerone che era un proprietario, cosi protestò e disse: “due dei miei edifici sono crollati.

Nei piani superiori non c’era acqua, e né impianti igenici, e né riscaldamento controllato.

Gli inquilini usavano i bagni pubblici e versavano i liquami delle finestre quando veniva il buio.

Il pericolo incendio era costante e spesso bruciavano insulae interne.

Continua...

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LE VILLE DEI RICCHI

A Roma uno straniero notava che le case dei ricchi erano diverse da quelle dei poveri. I ricchi vivevano dentro ville

con colonne di marmo, pavimenti e mura di cinta possedevano tendaggi lussuosi e avevano i mobili di bronzo e

d’avorio.

I benestanti pagavano grandi artisti per far decorare la villa. Questi artisti dipingevano splendidi affreschi sulle

pareti, e sui pavimenti facevano dei disegni a mosaico. Anche i ricchi avevano le finestre senza il vetro, e poche

cucine avevano camini.

In un atrio c è una a vasca piena di acqua sopra c’era il tetto con un buco rettangolare da dove, quando pioveva, la

vasca si riempiva ed entrava la luce.

LA VITA IN CASA

Nelle case dei ricchi c’era un bel giardino con bellissime statue che si apre sul retro dell’atrio attorno c’erano le

stanze da letto, poi una sala dove si mangiava accanto al tavolo c’erano dei letti pieni di cuscini.

I Romani si appoggiano sul tavolo con il gomito e il braccio libero, mangiavano con le mani le vivande. Il pranzo era

buono e veniva consumato durante il pomeriggio, si mangiavano:ghiro arrosto al miele, ali di struzzo dolci in cui

entravano miele, aglio e aceto e pollame, cacciagione , carne di maiale .

Gli uomini in casa portavano la tunica, una veste con maniche corte di lino finissimo. Arrivavano a mezza gamba,

sopra il romano gettava la maestosa toga dagli ampi panneggi.Quando uscivano, sostituivano i sandali con una specie

di stivaletti.

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CASE E SCUOLE

I cittadini di Roma amavano la vita sociale. I ricchi amavano molti ricevimenti. Sia i ricchi sia i poveri passavano il

tempo fuori casa durante la giornata, andando ad assistere ai giochi (LUDI) oppure andando ai bagni pubblici. Poiché era

pericoloso girare di notte per le strade di Roma la gente rincasava prima che il sole tramontasse. Il padre romano aveva il

potere assoluto sulla moglie e sui figli anche adulti. Le mogli ottenevano in seguito una certa indipendenza quando l’ora fu

concessa la facoltà di possedere beni propri. I figli dei ricchi andavano a scuola. La scuola poteva essere una semplice

stanza o un locale separato dalla strada per mezzo di una tenda .

Gli insegnanti erano in genere Greci e talvolta erano schiavi . Molti insegnanti erano severi e battevano spesso i loro

scolari .ANCHE I RAGAZZI VANNO AL LAVORO.

Oggi era giornata di lavoro :e tutti si sono affrettati alle loro occupazioni , anche i ragazzi avevano il lavoro .

I figli dei plebei cercavano di aiutare i genitori , i figli dei ricchi andavano a scuola .Le lezioni si tenevano sotto un

porticato, in una bottega sulla pubblica via alcune volte facevano lezione anche all’aperto.

Per completare il “programma “ che il Senato romano si era imposto, bisognava il dominio di tutto il Sud. Ma l’impresa

era più dura che credevano loro. A Taranto, che era il massimo dei porti dell’Adriatico c’era una forte colonia greca. Essa

chiamava in aiuto contro i Romani un grande compatriota: Piro, re dell’Epiro una regione che era dell’antica Grecia.

Piro era sceso in Italia con un’arma segreta ,gli elefanti addestrati appositamente al combattimento.

La prima battaglia i Romani si spaventarono e sono fuggiti. La seconda è andata un po’ meglio, i Romani persero molti

soldati, ma anche molti elefanti sono stati uccisi e Piro ha detto che se sarà una vittoria come questa lui tornerà in Epiro da

solo. In tanto i Romani scoprirono che gli elefanti si spaventarono davanti del fuoco. I Romani hanno attaccato con le

frecce con la punta di fuoco. Gli elefanti si sono spaventati e indietreggiando travolsero i soldati di Piro.

Taranto fu conquistata: Roma non aveva più rivali in Italia.

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LA COSTRUZIONE DEGLI AQUEDOTTI

Dopo che i romani hanno trovato del buon calcare i loro piani edilizi diventarono più ambiziosi,progettarono grandi

acquedotti per portare acqua pulita a Roma: due acquedotti che si chiamano Acqua Claudia e Acqua Marcia.

Il primo era lungo 69 km su una collina dove scorreva l’acqua attraverso i canali sotterranei che era lungo 55 km nella

pianura e scorre l’acqua fino alla città.

Per realizzare grandi progetti ci volevano tanti operai.l lavoro era costituito da schiavi per lo più catturati in guerra.

I tecnici erano importanti per le riparazioni e nelle operazioni .

Gli schiavi erano anche responsabili dei guasti degli acquedotti che portavano l’acqua alle case private.Per sistemare i

blocchi di pietra i costruttori usavano macchine , per esempio le gru, Per fare blocchi di pietre i costruttori usavano gli

schiavi. Gli ingegneri romani impararono a usare le gru e delle pulegge dai greci.

Il Colosseo

L’imperatore Vespasiano iniziò la costruzione del Colosseo, ma furono i suoi figli Tito e Domiziano a portarla a

termine. Il Colosseo è un esempio della grande abilità degli architetti romani. Esso fu edificato su un terreno appartenuto

all’imperatore Nerone dove vi era un lago. Il primo problema degli architetti fu di prosciugare il lago. Allora

l’architetto costruìun sistema di drenaggio con i canali del Tevere che mantenevano il luogo asciutto. Il Colosseo fu

progettato per ospitare piu’55.000 person. Il secondo problema per gli architetti era quello di svuotare velocemente

l’arena senza incidenti. Il pubblico era seduto in grandinate che andavano fino al bordo superiore dell’arena, ed era

alto91 metri. Per costruire il Colosseo furono usati marma, tufo, e dorati soffitti, dipinti e pareti con mosaici fatti di

pietra preziosa.

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Al centro di tutte le città imperiali c’è un foro .Luogo di mercato e centro della vita politica e religiosa , il foro è

il posto da frequentare per essere al corrente degli ultimi avvenimenti . Tutti i fori seguono più o meno lo stesso

disegno : tre porticati coperti per uffici e botteghe occupano tre lati della piazza , con la basilica o tribunale sul

quarto lato .La curia (sede del senato) i templi e i santuari sono situati all’interno della piazza. Tuttavia il Foro

Romano , il primo ad essere costruito non segue lo stesso schema .Il numero di santuario e delle statue crebbe

talmente da non poter più essere utilizzato come luogo d’incontro , al punto che gli imperatori che seguirono , a

cominciare da Cesare ,costruirono i loro fora – i Fori Imperiali . E’ nel Foro Romano che si respira Roma in

tutto il suo splendore e la sua grandezza .

Altare della Venere Cloacina : dedicato Venere Cloacina , dea delle fognature . La Cloaca Massima , la fogna

principale della entra nel Foro. Pietra miliare aurea : le distanze all’interno della città e fuori vengono misurate

da questa colonna di marmo e bronzo.

Casa delle Vestali : sei vestali mantengono un fuoco costantemente acceso nel Tempio di Vesta appunto si

pensa infatti che se il fuoco si spegnesse un disastro si abbatterebbe su Roma .

Basilica Giulia : tribunale inaugurato intorno all’anno 55 a.c. da Giulio Cesare .

Basilica Emilia : la seconda basilica ad essere costruita a Roma , nell’anno 179 a.c..

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Tempio di Saturno : il primo tempio dedicato al dio Saturno .Saturno avrebbe insegnato ai Romani l’arte

dell’agricoltura .

Regia : resistenza ufficiale del Pontefice Massimo .

Rostri : grande piattaforma in pietra ; serviva inizialmente agli oratorio per rivolgersi alle folle .

Curia : (sede del Senato) durante la Repubblica , il luogo da quale i senatori governavano Roma .

Tempio della Concordia : edificato per celebrare la pace tra patrizi e plebei nel 3° secolo a.C.

Tempio di Vespasiano : tempio che commemora l’imperatore Vespasiano (dopo la morte gli imperatori assumono

il ruolo di dei) .

Tempio dei Dio scuri :dedicato a Castore e Polluce, figli gemelli del dio Giove che avrebbero soccorso i romani

in battaglia.

TABULARIUM: l’archivio dello stato, dove sono conservati i documenti ufficiali.

Lopis Niger: (pietra nera) lastra di marmo nero che secondo alcuni indica la tomba di Romolo , fondatore di

Roma. Secondo altri , è qui un tempio dedicato al dio Vulcano

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Le strade dei romani, le "consolari", sono considerate tra le realizzazioni più gloriose e durature della Roma

antiacidi furono circa 100.000 chilometri di strade ed altri 150.000 chilometri di strade in terra battuta, ma

sufficientemente larghe e adatte per i carri. La larghezza di ogni strada era di circa 5 metri, in modo che potessero

affiancarsi, senza danno, due carri. Tutte le strade partivano da Roma da un luogo del Foro in cui era infissa una

colonna di bronzo dorato su cui erano incise le varie distanze, calcolate da quel punto al limite estremo di ogni

strada. Le strade erano costruite secondo un preciso criterio: uno strato più profondo(statumen) di sassi e argilla;

un secondo strato (rudus) fatto di pietre, mattoni rotti, sabbia, tutti impastati con calce; un terzo strato (summum

dorsum)di lastre levigate di pietra che combaciavano le une sulle altre appoggiate sul nucleus. Su ogni strada, sul

un lato, erano infisse ogni miglio, cioè 1400 metripietre grandi più di due metri:i cippi,su cui erano incisi dei

dati ;la distanza da quel punto a Roma;il nome di chi aveva progettato la strta le caratteristiche della strada.Lungo

tutte le strade esistevano a distanza di circa20 chilometri l’uno dall’altro “posti di tappa”(statium),dove si

potevano cambiare o ristorare cavalli, muli,buoi e dove era possibile riparare i carri.

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LE PRINCIPALI STRADE ROMANE IN ITALIA

-VIA APPIA Costruita nel 312 a.C. sin dall’antichità chiamata Regina Viarum, la Regina delle strade è la

più’ antica delle vie consolari romane, era composta da un primo tratto Roma-Capua estesi poi sino a

Beneventum (Benevento) e a Brindisium (Brindisi) passando per Tarentum (Taranto).-VIA DOMITIANA si distaccava dalla via Appia-Capua proseguendo fino a Rhegium (Reggio Calabria)-VIA TRAIANA collegava Beneventum con Brindisium (Brindisi)-VIA LATINA Collegava Roma con Capua, toccando Anagnia (Anagni), Frusino (Frosinone), Casium (Cassino).-VIA SALARIA una delle più antiche strade commerciali; partiva da Roma e finiva a Castrum Truentinum (Porto d’Ascoli) toccando Reate (Rieti) e Asculum (Ascoli Piceno).-VIA VALERIA univa Roma a Ostia Aterni (Pescara).-VIA CASSIA collegava Roma al Nord sino a Pisae (Pisa), attraverso Arretium (Arezzo), Florienta (Firenze), Pistoria (Pistoia), Luca (Lucca).-VIA CLODIA univa Roma e Saturnia, nell’alto Lazio.-VIA AURELIA era la strada litoranea verso Nord: univa Roma con Vada Sabatia (Vado ligure), passando da Pisea, Luna (Luni, presso Carrara), Genua (Genova).-VIA FLAMINIA Congungeva Roma con Ariminum (Rimini),Fanum Fortunae (Fano) e Pisaurum (Pesaro).

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Secondo gli storici fu la tribù dei Latini a fondare Roma. I Latini dovettero difendersi dagli Etruschi , fu così che

si rifugiarono sul colle Palatino , e decisero di fondarci un villaggio perché era un ottima posizione per vedere il

nemico, i suoi spostamenti, e per controllare il passaggio delle barche sul fiume Tevere, che era la più veloce via

di comunicazione .Il colle Palatino quindi offriva tutte le migliori condizioni per costituire un nuovo

villaggio .Nacque così Roma che secondo gli storici fu costruita ne753 a.c. con il passare del tempo la città si

ingrandì e occupò gli altri sei colli : il Quirinale, il Virinale, l’Esquilino, l’Aventino, il Celio, il Campidoglio.

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PLINIO IL VECCHIO

Nato a Como , educato a Roma , Plinio il Vecchio ci ha lascito una vera enciclopedia di conoscenze scientifiche : la

medicina , la geografia , l’astronomia , l’architettura , lo studio dell’uomo .Morì durante l’eruzione del Vesuvio che

seppellì Pompei ed Ercolano : purtroppo egli ritardò la partenza della città , proprio per osservare questo

straordinario fenomeno .

VIRGILIO

Virgilio nacque vicino Mantova .Celebrò la grandezza di Roma con un poema : l’Eneide. Virgilio nell’Eneide narra

la storia di Enea : dalla fuga di Troia in fiamme , alle grandi imprese attraverso le coste del mediterraneo, fino allo

sbarco alla foce del Tevere dove nascerà Roma .

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MECENATE

Mecenate nacque ad Arezzo . Fu grande amico e consigliere di Ottaviano Augusto . Era di origine etrusca , era ricco

e colto . Nella sua corte raccolse gli scrittori più famosi di quel tempo. Il suo nome è rimasto nella lingua italiana ed

indica una persona ricca e potente .

TITO LIVIO

Tito Livio nacque a Padova .Era un grande ammiratore di Augusto e fu anche uno dei più grandi storici

dell’antichità . Scrisse in 142 libri la storia di Roma partendo dalla sua fondazione .Fu un’opera straordinaria di cui

purtroppo restano soltanto 35 libri e frammenti in cui si esalta la grandezza della città attraverso la sua lunga storia e

i tanti episodi e personaggi che possono essere veri o mitici.

MARCO AURELIO

Dal 161 al 180 , Marco Aurelio fu imperatore romano . Marco Aurelio , dopo una lunga guerra con la Germania ,

consentì ad alcune tribù Germaniche di stabilirsi sulla frontiera Romana . Durante le sue campagne militari scrisse

i Ricordi . I Ricordi sono una raccolta di pensieri e memorie sulla sua vita .

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Quando Roma fu attaccata dagli Etruschi, Caio Muzio decise di uccidere Porsenna, che al tempo era il Re

degli Etruschi. Così durante la notte Caio Muzio riuscì ad entrare nella fortezza etrusca ,ma invece di uccidere

Porsenna, uccise il suo segretario. Fatto immediatamente prigioniero dagli Etruschi fu portato da Porsenna.

Porsenna, in preda all’ira ,minacciò di bruciare Muzio se non avesse svelato il complotto per ucciderlo. Ma il

giovane , per dimostrare quanto poco peso desse alle minacce del re ,mise la mano su un braciere ,lasciandola

bruciare senza segno di dolore.

Porsenna, sconvolto dal gesto ,decise di trattare la pace.

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Molte ricche matrone romane amavano vantarsi dei loro abiti e dei loro gioielli. Ogni incontro con le amiche è

l’occasione per sfoggiare le ultime novità, spesso portate dai mariti come bottino di guerra. Non fanno eccezione le

amiche di Cornelia, figlia dell’africano e moglie di Sempronio Gracco. Una di loro durante una visita, non smette

d’elogiare le colonne, gli anelli e i bracciali che indossa. Alla fine chiede a Cornelia di farle vedere i suoi. Non è

possibile che la moglie di un generale vittorioso non abbia pietre e ori di eccezionale bellezza! Cornelia conferma

anzi propone di mostrarle subito le sue splendide gioie. L’amica curiosa acconsente. Cornelia, ordina a una

schiavetta di condurle ai suoi tesori: Tiberio e Caio, i suoi due figli. Appena i figli entrano nella stanza Cornelia

esclamò: “ecco i miei gioielli!” L’amica rimane sbigottita e delusa.

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ORAZI E CURIAZIDurante il governo di Tullio Ostilio, Roma dichiarò guerra ad Alba Longa la più importante città latina di

allora, governata da Gaio Cluiolio.

La tradizione narra che due re nemici dopo aver costatato l’inutilità di uno scontro diretto, vengono a patti.

Decidono che un duello, tra i “campioni” dei due eserciti, risparmierà sangue e sofferenze inutili. Vengono

scelte due terne di fratelli, i tre Orazi per i romani e i tre Curiazi per gli Albani.

Nel racconto degli antichi il duello assume toni quasi epici. I due eserciti, in silenzio, trattengono il respiro,

mentre i sei campioni si scagliano gli uni sugli altri. Due degli Orazi romani rimangono sul terreno, ma ancora

una volta la buona stella di Roma ha la meglio. L’unico sopravvissuto degli Orazi si dà alla fuga e, riuscendo a

distanziare ciascuno degli avversari, li uccide uno per volta. La grande gioia che segue alla vittoria è di breve

durata. I tre Orazi anno una sorella, fidanzata con uno dei Curiazi uccisi. Non appena ella riconosce sulle

spalle del fratello il mantello che lei stessa aveva tessuto per l’innamorato, si getta a terra disperata. L’orgoglio

Orazio si infuria per questa disperazione fuori luogo e la uccide. Tullio Ostilio è costretto a condannarlo a

morte per l’orrendo delitto! Il giovane guerriero si appella al popolo. IL vecchio padre, Publio Orazio sostiene

che la figlia sciagurata è morta giustamente; invece, suo figlio, che ha salvato la patria, è ingiustamente

condannato a morte da una città, che fino a poco prima l’aveva festeggiato come un eroe. L’assemblea, colpita

dal discorso del padre, decide che il giovane Orazio viva e che espii il suo delitto compiendo cerimonie di

purificazione presso il Tagillum Sorarium.

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Enea , sfuggito alla distruzione di Troia per l’intervento divino di Venere , dopo un lungo peregrinare , arrivò

in Italia , sulle coste pugliesi . Ma non si fermò , continuò a viaggiare fino a che decise di stabilirsi nel

LAZIO , su un terreno che gli fu concesso dal re Latino. Fu così che fondò Lavinio in onore della figlia del

re , la bella Lavinia , che divenne sua sposa .

Suo figlio ASCANIO , alcuni anni dopo fondò la città di ALBALONGA che diverrà in breve il più

importante centro del Lazio.

Dopo 11 generazioni ,il re PROCA , discendente diretto di ENEA, ebbe due figli , NUMITORE ed

AMULIO; quest’ultimo , il minore , usurpò in trono del fratello e ne uccise il figlio maschio. Salvò invece la

figlia FEMMINA REA SILVA , ma, per evitare che mettesse al mondo dei figli che un giorno avrebbero

potuto rivendicare il trono , la fece diventare sacerdotessa della dea Vesta ,vincolata alla castità .Ma Rea Silva

rimase in cinta lo stesso (lei attribuì il concepimento al Dio Marte) e partorì due gemelli senza che nessuno se

ne fosse accorto della sua gravidanza.

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AMULIO s’infuriò , la fece imprigionare ed ordinò che i due gemelli fossero soppressi, ma il servo

incaricato del delitto ebbe compassione dei due pargoli , li mise in una cesta e li abbandonò nella corrente del

fiume Tevere.

La cesta si arenò in un’ansa del fiume, in aperta campagna tra due alberi : il germalo e il fico ruminale . I

due gemelli furono ritrovati da una lupa che li portò nella sua grotta dove li allattò ,salvandogli la vita .

Qualche giorno dopo , un pastore di nome Faustolo , passando di lì si accorse dei due bambini e li portò alla

moglie Acca Laurentina che si occupò di farli crescere .

Per qualcuno la “lupa” in effetti non era altro che la stessa Acca e l’equivoco si spiegherebbe con il fatto che

in latino il termine “lupa” era il nomignolo delle prostitute.

I due gemelli, di nome Romolo e Remo, crebbero ed una volta venuti a conoscenza della loro storia, decisero

di vendicarsi: uccisero l’usurpatore Amulio e rimisero sul trono di Albalonga il loro nonno Numitore.

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Fondata la città , ripetutamente sconfitti i nemici , ingrandito il territorio di Roma , Romolo è ormai un eroe che ha

esaurito la sua missione.

Durante una parata dell’esercito in piazza d’armi, in Campo Marzio , scoppia una tempesta improvvisa , durante la

quale il re scompare misteriosamente .Si grida subito al miracolo , ma il popolo pensa che i senatori abbino

organizzato l’omicidio di Romolo .

Un certo Proculo Giulio si presenta all’assemblea cittadina e annuncia di aver avuto una visione : Romolo gli è

apparso , gli ha comunicato che Roma avrà un grande destino e che la sua scomparsa rientra nella volontà degli

dei. Da quel momento Romolo è identificato come il dio Quirino che protegge con la sua benevolenza Roma. Il

popolo accetta per buona la visione e la profezia ; comincia però un difficile interregno , in attesa d’un che riporti

in città l’ordine e l’armonia.

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Alle origini, i Romani credevano che gli uomini venissero aiutati o tormentati da forze invisibili e misteriose

(“demonio o spiriti”).

In seguito, i Romani furono influenzati dalla religione degli Etruschi e dei Greci. Accolsero molte divinità

greche, indicandole però con i nomi latini. Avevano molta importanza le divinità che proteggevano la famiglia

(i Lari e i Penati),o i boschi (Pale), o il raccolto nei campi (Cerere) ,o il fuoco sacro (Vesta).

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GRECHE ROMANE Zeus Giove Padre degli dei

Era Gunone Mogliedi Zeus protettrice della famiglia.

Atene Minerva Dea della sapienza.

Afrodite Venere Dea della bellezza

Ares Marte Dio della guerra

Felbo Apollo Dio del sole e della scienza

Artermide Diana Dea della caccia

Dioniso Bacco Dio del vino

Ermes Mercurio Dio del commercio

Poseidone Nettuno Dio del mare

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GIOCHI DA VIAGGIO

L’autoradio non c’era: per vincere la noia, viaggiando si poteva strimpellare sul flauto o sul tamburo !I più

raffinati, l’imperatore Claudio, avevano vetture –casinò, con il tavolo verde da giocosi più colti leggevano.

Plinio il Vecchio dettava le sue opere e uno schiavo scriveva! Il tempo è denaro!

CASTELLI DI PIETRA

Il milionario : un coltello segnaletico in forma di colonna o ceppo . Indicava le distanze in miglia “migliaia di

passi” (un miglio = 1478 m circa). 41 migliaio a

Napoli,60km circa : a piedi ,tre giorni. Coraggio !

SCHIAVI AL MERCATO

Sia un domus, sia in villa, i lavori più pesanti erano affidati agli schiavi. Dove si trovavano? Al mercato. Era un

commercio crudele che si svolgeva nel foro. I venditori mostravano la loro “merce”, decantandone i pregi.

Gli schiavi recavano al collo cartelli con il paese di provenienza e il loro prezzo.

POSTA DA CASA

I legionari del forte ricevevano e spedivano posta. Le lettere erano sottili fogli di . . . legno! Ricavate dalla sotto

corteccia della betulla. Si scriveva con cannucce appuntite, intinte in inchiostro di carbone mescolato ad’acqua

e a gomma arabica. Cari saluti, legionario!

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“TAXI”

L alternativa al giro turistico di Roma a piedi è affittare una portantina o carro senza ruote usato dai

cittadini più benestanti e portato dagli schiavi. È importante saper scegliere bene : la gamma va dalle

portantine di lusso con cuscini imbottiti o quelle sporche e mezze sfasciate.

ALLA LARGA !

Se sei tentato di esplorare le zone malfamate di Roma (dopo tutto la città non è fatto solo banchetti e mosaici)

tieniti alla larga dallo Subrizza. È un quartiere molto povero e dalla pessima reputazione dove i turisti

sprovveduti diventano facili prede dei ladri.

OPERATORI ECOLOGICI

Anche nell’antica Roma c’erano gli operatori ecologici, si chiamavano curatores viarum. Erano persone

incaricate della pulizia delle strade e della raccolta dei rifiuti, nonché del traffico cittadino.

IL GALATEO NELL’ ANTICA ROMA

Anche se esistono coltelli e cucchiai (ma non le forchette) quasi tutti preferiscono mangiare con le mani e,

nonostante il cibo sia di solito tagliato in cucina, si finisce per impiastricciarsi. Perciò dopo ogni porta ,gli

schiavi versavano acqua profumata nelle mani dei commensali e le asciugano, offrendo inoltre raffinati

stuzzicadenti. Non stupirti delle stramberie degli invitati: non solo spuntano ma, per dimostrare che

gradiscono le pietanze, fanno rutti sonori! Non imitarli!!!

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Guatatio (antipasti)Ravanelli, lattuga, uova,

funghi, ostriche, formaggie sardine

Musulm (pietanze)Triglia fritta con gamberettiSgombro con salsa di tonno

Servito con pane caldo

Arrosti assortitiCervo arrosto con porri

Fritti nel mieleCinghiale arrosto con salsa

Liquomen servito con cavolo,rape, fagioli e cavolini.

Secundae mensae (dolci)Torte al miele, datteri ripieni

Frutta fresca (mele, pere, uva, fichi e noci).

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L’origine La stirpe

Il ratto delle sabine

La religione

I territori

Il culto dei morti

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Antica popolazione italica, assai a fine ai Sanniti.

Stanziata già nell’VIII secolo a.C. sul colle Quirinale, fin dalle origini di Roma si fuse con i romani; prese la

propria indipendenza nella terza guerra sannitica, M. Curzio Dentato ne conquistò e confiscò tutto il territorio

( 290 a.C. )..

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Le fonti tramandano che da Umbri e Sabini, che in tempi remotissimi erano un’unica grande stirpe,

presero origini nuove entità antiche, come ad esempio i Sanniti e i Piceni, mediate l’uso di rituali di

fondazione chiamati Ver Sacrum ( lett. “Primavera sacra”), con i quali si dava mandato ad un gruppo di

giovani, di andare a costruire una nuova città.

Le testimonianze storiografiche greche, che ci sono pervenute ( per esempio Zenotato), fanno inoltre

emergere diverse affinità tra Umbri e Sabini, sia in riferimento agli ordinamenti istituzionali su cui si

reggevano ( città – stato a regime repubblicano ), sia per quanto concerne la comune tipologia

organizzativa degli insediamenti in sistemi fortificati d’altura ( castellieri ) che si mantennero in forme

diversificate anche durante l’epoca repubblicana.

Da una parte abbiamo la ricca Sabina Tiberina caratterizzata dai bracciali e dagli anelli d’oro dei guerrieri

contrapposta a quella povera , montuosa di Rieti, Norcia Amiternum che venne in contatto con il mondo Romano

agli inizi del terzo secolo a.c. Le due parti sono in contrasto non solo economicamente, ma anche geograficamente

E’ certo che una parte della popolazione di Roma era di origine Sabina ed è dimostrato che alla morte di Romolo fu

eletto Re di Roma il Sabino Numa ed in seguito il Re Anco Marzio, anche esso Sabino

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Catone crede che la prima dimora dei Sabini fosse intorno Amiternum cioè presso la base del Gran Sasso

d’Italia. E’ certo però che da tempo antichissimo i Sabini aggrupparono la fertile valle del Velino e vi si

stabilirono. Da qui sembra che scendessero a mano verso il basso Tevere e venissero cosi con l’andare del

tempo a contatto con la nuova città di Roma. Gran parte della storia latina in età e arcaica ruota intorno ai miti

e alle leggende riguardanti i primi contatti tra Sabini e Romani. La regione Sabina al suo interno non

mostrava un aspetto coerente dal punto di vista della cultura materiale dando, vita ad una cultura dai due

volti: La ricca Sabina tiberina, quelle curenze caratizzata dai bracciali e dagli anelli d’oro dei suoi guerrieri,

contrapposta alla povera sabina montuosa, quella di Rieti, di Narcai, di Amiternum, che venne in contatto con

il mondo romano molto più tardi, agli inizi III secolo a.C. Non stupisca dunque questa immagine scissa in due

parti, fortemente contrastata, non soltanto socialmente ed economicamente, ma anche geograficamente e

climaticamente.

I Sabini occupavano la fascia regionale Sud degli Appennini, costituita da colline e montagne tra le più alte

della regione, da piccole vallette attraversate dai fiumi principali Nera, Sordo e Corno, e da tre ampie

vallette in corrispondenza di Santa Scolastica presso Norcia, dell’Altopiano di Castelluccio e di Villa San

Silvestro Nursia, ma centri di notevole interesse dovettero essere in epoca preistorica, le due aree

corrispondenti alle attuali località di Monteleone di Spoleto e Cascia.

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Secondo la tradizione, la leggendaria fondazione di Roma è caratterizzata da una sequenza di episodio dal forte

significato simbolico:

- la nascita dei gemelli Romolo e Remo dalla giovane Dea ( riconducibile all’etimologia Beote ) amata dal dio Marte;

- la loro travagliata infanzia: vengono abbandonati sul fiume Tevere, raccolti ed allattati da una “Lupa”, vale a dire da

una prostituta, che l’iconografia rappresenta con le sembianze dell’animale;

- La ribellione di Remo e la sua uccisione da parte del fratello Romolo;

sono le drammatiche fasi che danno inizio alla storia della più grande potenza dell’antichità.

A queste fa seguito “Il ratto delle Sabine”

Secondo la tradizione Romolo ed i suoi compagni approfittarono dei “ludi” (giochi) in onore del dio Conso per invitare i

Sabini e rapire le loro donne. Questo atto di violenza e di inganno fu causa di un conflitto, che fu risolto grazie all’azione

pacificatrice delle stesse donne vittime del rapimento.

La leggenda trova parziale conferma nei rituali complessi del “ver sacrum”che comportava l’allontanamento di una leva

di giovani destinati a fondare una nuova colonia. All’atto dell’insediamento deve necessariamente seguire la formazione

di nuovi nuclei familiari in grado di dare vita alla comunità. Secondo altre interpretazioni, invece il ratto avrebbe avuto

una funzione rituale ed avrebbe rappresentano una cerimonia , arcaica “ut amore ferarum” come dice Orazio,

caratteristica della comunità dei Sabini .

Sta di fatto che nei secoli successivi si sarebbe affermato il rituale nuziale tipico di Roma strettamente legato alla

tradizione Sabina per i suoi legami con l’alimentazione: il pasto riutale fatto di farro che gli sposi consumavano insieme

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Nel febbraio 1929 il mezzadro che coltivava a Camporeatino i terreni agricoli di pertinenza chiesa di San

Giovanni di statua lavorando la vigna, trovò casualmente alcuni frammenti di antiche suppellettili: scavi

sistematici consentirono l’identificazione di una necropoli da cui vennero riportati alla luce interessanti

reperti archeologici databili all’età del ferro (IX secolo a. C.).

Tra questi va segnato per importanza e per integrità di conservazione un’urnetta cineraria a capanna, che

documenta la presentazione nel territorio Sabino di una cultura debita alla pratica nell’incenerimento.

Il manufatto ha infatti la funzione di conservare le ceneri di un defunto, custodendolo all’interno di un

parallelepipedo che riproduce le forme di una casa dalle pareti squadrate dal tetto a due spioventi, la cui

porta d’accesso – collocata sulla facciata – è chiusa mediante un rudimentale efficace chiavistello.

L’analisi della forma e della funzione della piccola urna di terracotta consente di attribuire al popolo Sabino

stanziato lungo le rive del “lacus Velinus” delle caratteristiche singolari, che riguardano sia l’organizzazione

della vita, sia il rituale di sepoltura dei defunti.

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Gli antiche Sabini vivevano in abitazioni modeste, ma ben strutturate, costituite da pareti in muratura o in tessuto

di rari giunchi impastati di fango e malto, coperte da intelaiature di paglia incrociate a spioventi.

Tali abitazioni che accolgono nuclei famigliari numericamente modesti, sono presumibilmente costruite

agglomerati che possono definirsi come veri e propri villaggi.

La pratica dell’incenerazione è messa in atto dai popoli indoeuropei che intendono così sottrarre al disfacimento i

resti dei cadaveri, riducendoli in cenere.

Le ceneri sono poi custodite in vasi sigillati (urne o canopi), che riproducono le sembianze dei defunti o delle loro

abitazioni terrene, cosi da scongiurare la conservazione e la consegna della memoria e del singolo individuo,

ridotto ai minimi termini, all’eternità.

I popoli inceneritori hanno credenze religiose dominate dal senso della brevità, dalla vita terrena e dall’aspirazione,

alla vita eterna.

Popoli inumatori, coloro cioè che seppelliscono i morti in tombe ipogee, sia individuale che collettive,

restituiscono i cadaveri al cielo incessante della natura, lasciando che si depongono e che diano così lungo ad altre

forme di vita vegetale ed animale.

Le tombe sotterranee, scavate nel terreno, sono in genere orientale, lungo l’asse Est – Ovest a simboleggia la

conclusione del cielo vitale dell’individuo, che ripercorre il cammino apparente del sole.

Il defunto viene deposto nella tomba munito, del corredo funerario cioè con gli abbiti e gli arnesi tipici della sua

condizione(armi, se si tratta di un guerriero, gioielli e strumenti da cucito e tessitura, se si tratta di una donna,

giochi di terracotta e d’osso se si tratta di un bambino).

Il viso e gli arti del defunto sono spesso cosparsi di terra ocra , il cui colore rossastro evoca la vita trascorsa, e

rappresenta un ultimo augurio di vita eterna.

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L’antico popolo dei Sabini ,stanziato in età preromana lungo la dorsale appenninica della penisola italica, è

caratterizzata secondo gli eruditi latini Marco Terenzio Varrone e Pilinio i

l vecchio dal profondo spirito di religiosità , da cui deriva l’obbedienza delle leggi e il rispetto della parola

data :lo stesso nome di Sabini deriverebbe dalla radice indioeuropea - sab, che corrisponde al verbo greco

sebestai (=venerare ).

Come molti popoli dell’antichità, anche il popolo Sabino intese la religione con un sistema di credenze che

poteva spiegare l’origine del mondo e l’ordine naturale delle cose, rispondendo attraverso il mito agli

interrogativi in ordine alla presenza ed alla funzione dell’umanità in un processo divino, nel quale non si

faceva riferimento ad un Essere Supremo concepito come creatore, ma ogni aspetto della vita e delle forze

della natura veniva concepito come sacro e concepito come divinità.

La religione degli antichi Sabini era dunque politeistico, ammetteva cioè molti dei immortali, ciascuno dei

quali esercitava la sua protezione su uno o più aspetti del ciclo vitale degli elementi.

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Il Dio padre dei Sabini era Sabo, o Sanco, al quale erano eretti templi sulle sommità delle colline. Poiché i

Sabini erano agricoltori e pastori ed i territori in cui erano stanziati erano prevalentemente montuosi e

collinari, ricchi di acque e ricoperti di vegetazione, assunzero particolare importanza le divinità fluviali o

acquatiche e le divinità dei boschi, come Vacuna, più tardi associata alla dea romana Vittoria o Vesta, che

veniva rappresentata come una donna dal seno nudo alla quale dei genietti alati porgevano delle fiaccole: i

templi della dea Vacuna, tra cui è famoso quello di Cutilae, si trovavano in prossimità di acque sorgive e

presso di essi gli schiavi venivano affrancati

Questo stesso rito veniva compiuto presso i templi della dea Feronia, la divinità che proteggeva le messi e

più in generale soprintendeva alla riproduzione, come la dea greca Demetra o la romana Cerere.

Una divinità celebrata perché proteggeva le attività dei campi e dalla pastorizia era anche la dea Matura,

tutelare delle prime ore del giorno, associata con l’Aurora. Il re di origine Sabina Numa Pompilio

impose a Roma gli onori al Dio Termine, nume tutelare dei confini, ed alla dea Fede, che vigilava sul

rispetto dei patti.

Gradualmente, i Sabini si assimilarono ai Romani ed assunsero tutte le divinità del loro Olimpo

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Un banchetto per dare l’addio ai defunti e poi, la porta dell’ade veniva chiusa per sempre. E’ un aspetto sconosciuto

del rituale funerario dei Sabini emerso nel corso di due recenti campagne di scavo condotte dall’Istituto di studi sulle

civiltà Italiche e del Mediterraneo antico (Isuma) del CNR – in accordo con la sovrintendenza ai beni archeologici del

Lazio – nella Necropoli di Colle di Forno presso Montelibretti (Roma) Gli scavi hanno portato alla luce cinque tombe

intatte del V – IV secolo a. C. di cui due a fossa e tre a camera, costituite cioè da un corridoio d’accesso, dromos, e da

un ambiente sepolcrale con sulle pareti. In quest’ultima tipologia le ceramiche non si trovano nella camera, come

corredo del defunto per il suo viaggio nell’aldilà, ma nel dromus.

“Questo dato – spiega Paolo Santoro dell’Iscima CNR – sta a dimostrare che vivono utilizzando nel banchetto che

accompagnava la chiusura dell’intera tomba”. Le indagini effettuate nei mesi di luglio e settembre, segnano la ripresa

di quelle iniziate nel 1973/79 e poi interrotte per allestire nel museo civico archeologico di Fara in Sabina i corredi

delle 23 tombe allora emerse.

“ La necropoli di colle del Forno – spiega Santoro – apparteneva al centro Sabino di Eretum risalente al 18° secolo

a.C., ubicato in posizione strategica sulla riva sinistrra del Tevere. Dai saggi di scavo abbiamo potuto costatare che la

necropoli si trova in un ottimo stato di preservazione e offre, portando, l’opportunità di ricostruire l’intera storia

dell’insediamento”. Nelle cinque tombe scoperte erano custodite spade, pugnali e punte di lance appartenute a

guerrieri, e manufatti quali placche di cinturoni e ornamenti in bronzo tipici del costumi maschile e femminile, che

testimoniano i contatti dei Sabini con altre genti dell’Italia centrale, quali gli Etruschi di Veio, i Capenati, i Romani, i

Piceni e i Sanniti

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Le origini

La vita attiva

La vita quotidiana

La religione

Forme d’arte

Organizzazionepolitica e militare

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Popolazione Italica antica che fiorì nell’area corrispondente all’odierna toscana ed in alcune regioni

del nord e del sud della penisola tre il IX e VI secolo A.C., raggiungendo la sua massima estensione

tre il VII e V secolo A.C.

Il termine Etruria costituisce la versione latina del greco Tyrrhenia, i romani chiamavano gli etruschi

o tusci , nome dal quale deriva quello dell’antica Toscana

Le origini degli etruschi rimangono oscure; in alcune fonti si sostiene che provenissero dall’Asia in

altre, invece, che fossero una popolazione indigena dell’Italia

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Un aspetto della vita Etrusca, che ci mostra questo popolo ricco, economicamente potente e politicamente

sicuro è la sua vita quotidiana. La grande ricchezza era soprattutto ostentata dentro le città etrusche. Qualche

notizia sulla loro vita ce la fornisce uno storico Greco “gli Etruschi si fanno apparecchiare due volte al giorno

una tavola sontuosa e usano tutto ciò che serve ad una vita agiata: preparare le coperte da letto ricamate a

fiori, disporre una quantità di vasellame d’argento, farsi servire da un numero considerevole di servi.”

Evidentemente questa è una giornata lieta e gaudente d’un etrusco ricco, doveva essere invece ben diversa la

vita della maggioranza della popolazione

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Come del resto oggi la Toscana, l’Etruria era una regione fertilissima sempre celebrata come “Etruria felix” una

terra fertile ricca e generosa coltivata con amore e tenacia

Plinio così la descrive:

“Il paesaggio è molto bello. Immaginate un anfitreato immenso, quale soltanto la natura può offrire: una piana

vasta e spaziosa cinta da colline e monti che hanno fino alla sommità boschi antichi di alto fusto e selvaggina

abbondante e varia

Dall’alto dei boschi scendono in declivio dolci colline di terra buona e non sono inferiori per fertilità i campi

situati nella pianura, dove ricche messi vi maturano più tardi, ma non meno bene.

Ai loro piedi da ogni lato si distendono i vigneti, allacciati tra loro in modo da coprire uniformemente lo spazio e al

limite inferiore sorgono boschetti e poi prati e ancora terreni da grano che non si possono arare se non con l’aiuto

di buoi possenti e aratri robusti. Poi praterie cosparse di fiori producono trifoglio e altre erbe, sempre giovani e

tenere, essendo questi terreni irrigati da sorgenti inesauribili.

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La pittura in Etruria fu destinata generalmente al mondo dei morti ed ebbe sempre un legame con la vita quotidiana,

una finalità pratica più che estetica, tanto che riferito ad essa si è spesso parlato di artigianato artistico.Dall’arte greca

gli Etruschi trassero la maggior parte dei temi rielaborandoli però in forme espressive più immediate e decorative.

Si trattò quindi di un’arte spontanea, che mirava all’intensità dell’espressione anche a costo di deformare la realtà

naturale La tecnica pittorica era iniziale te molto elementare:

Nel corso del VII secolo, infatti, gli artisti stendevano direttamente sulla roccia, precedentemente lisciata, il colore.

Con il passare del tempo essi affinarono le modalità di lavoro e presero a coprire la parete da affrescare con un sottile

strato di calce , sul quale incidevano con uno stili il disegno preparatorio che veniva in seguito affrescato.

Successivamente giunsero a fissare fini a tre strati di intonaco ed a realizzare veri e propri affreschi

Inizialmente gli affreschi erano molto semplici e spontanei, mentre a partire dalla metà del IV secolo divennero più

ricchi, con effetti di chiaroscuro determinati da un sapiente uso delle linee oppure dei colori.Anche i temi trattati

subirono nel corso del tempo delle variazioni

Nel VI e V secolo, infatti, il motivo dominante è quello del banchetto, di cui si affiancano i giochi, la caccia, le attività

di lavoro e così via.

A partire dal IV secolo, invece, i temi cambiarono: demoni infernali, eroi mitici, viaggi nell’aldilà mostrarono un

mondo più cupo, quasi ossessionato dalla morte. Indipendentemente dai soggetti, legati al motivo conviviale oppure

al mondo mitologico o ancora a quello religioso, gli affreschi giunti a noi sono comunque quasi sempre lo specchio

di una civiltà raffinata, attaccata alla vita e ai suoi riti quotidiani . Continua...

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L’indecifrabilità della lingua ha contribuito a creare un alone di fascino e mistero intorno alla civiltà Etrusca. Infatti

nonostante l’alfabeto sia chiaramente derivato da quello Greco, la lingua etrusca appare agli studiosi isolata nel

contesto storico. L’insoddisfacente livello di conoscenza, che non ci consente di inserirla in un preciso ceppo

linguistico, contribuisce a creare incertezza per quanto riguarda l’origine del popolo etrusco.

Oggi possiamo dire che l’enigma della lingua etrusca è stato almeno parzialmente svelato, in quanto ne conosciamo la

fonetica, il significato di molte parole, e possiamo ricostruire parte delle regole grammaticali.

Gli strumenti erano a percussione, a corda e a fiato, in particolare quello più usato era il flauto in tutte le sue svariate

fogge, anche se quello doppio era considerato lo strumento nazionale etrusco.

Gli etruschi apprezzavano molto la musica e solevano accompagnare con essa tutte le attività della giornata: il lavoro, il

mangiare,le cerimonie civili e religiose. Anche sul campo di battaglia i movimenti delle truppe erano coordinati

facendo ricorso al suono delle trombe.

La musica accompagnava i movimenti ritmati di danzatori e danzatrici, il cui ballo non era solo uno spettacolo, ma

poteva essere una cerimonia legata a riti propiziatori o a celebrazioni funebri.

La musica accompagnava anche gli spettacoli scenici di ogni origine, che avevano carattere di mimo e rappresentati da

attori – danzatori mascherati. Dal IV secolo A.C. si diffuse il teatro drammatico dialogato di ispirazione greca

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Nel corso del periodo arcanico furono in particolare le ricche città dell’Etruria meridionale - Tarquinia, Cerveteri

– Veio – quelle che svilupparono una propria tradizione figurativa, creando scuole locali specializzate in diversi

tipi di manufatti. Notevoli esiti in ambito architettonico (tombe monumentali), nella lavorazione dei metalli

(oreficerie, argenterie, bronzi smaltati e fusi) e nella produzione ceramica (urne- sarcofago, decorazione

architettonica fittile) si registrano soprattutto a Cerveteri.

Straordinaria esempi di pitture monumentale funeraria, realizzata con la tecnica dell’affresco, si trovano nelle

tombe di Tarquinia; da Veio si diffusero le ceramiche dei pittori etrusco- corinzi, oltre a pregevoli candelabri,

specchi e statuette in bronzo. A VEIO si colloca l’attività della scuola di scultura cui è legato di nome dell’unico

artista etrusco a noi noto, quel Vulca che lavorò, secondo le fonti antiche, per il tempio capitolino di Roma e al

quale sono attribuite le sculture del tempio di Apollo Veiente.

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LE CITTÀ STATO

La forma di governo peculiare dell’Etruria fu quella della città – stato .Tre diverse confederazioni emergono

dalla storia etrusca – a nord , a sud e al centro della regione - ciascuna composta di dodici città . La sola

confederazione che assunse una certa importanza storica fu quella del centro : si trattava di una non ben

definita organizzazione politico- religiosa , una lega sacra che aveva il proprio centro di culto nel santuario

della dea Voltumna, dominante il lago di Volsini (oggi di Bolsena ) nel Lazio.

ORGANIZZAZIONE MILITARE

Alla base della potenza etrusca vi erano l’ abilità e la forza militare : la fanteria costituiva il fondamento dell’

esercito , le cui armi più importanti erano rappresentate dalla lancia e dall’ ascia da combattimento (quest’

ultima usata sia come arma da lancio sia per colpire); erano impiegati anche l’ arco e il giavellotto, trovati di

frequente – insieme a frecce – nelle deposizioni tombali .

Elmi e scudi di varie fogge risentono dei modelli greci e nordeuropei, mentre le spade (rare ) costituivano

probabilmente una merce assai pregiata . La cavalleria rappresentava con ogni probabilità un settore

importante dell’ esercito( carri da combattimento sono stati trovati nelle camere mortuarie più ampie ).

Altrettanto abili e potenti gli etruschi furono sul mare : la loro flotta dominò il Mediterraneo per almeno due

secoli.

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Anche se sono noti i nomi di numerose divinità etrusche , la loro funzione specifica è sconosciuta.

Secondo alcune fonti latine tarde , la triade Capitolina (formata da Giove, Giunone, e Minerva ) è rappresenta

nella regione etrusca rispettivamente da Tinia , Uni e Minerva . Sethlans, costituiva la controparte etrusca di

Vulcano ,Fufluns di Bacco e TURMS di Mercurio .Chautha era la divinità solare, Tiv quella lunare e Thesan il

dio dell’ oltre tomba . Turan rappresentava Venere e Aplu Apollo. Al vertice di queste divinità vi era un insieme

di potenze prive di nome, personificazione del fato. Numerosi aspetti della religione etrusca sopravvissero

presso i romani .

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La scrittura fu introdotta dai Fenici, i quali essendo grandi navigatori si recarono sulle coste greche. I greci,

popolo curioso e desideroso di ampliare la propria cultura, avevano introdotto una legge in base alla quale tutte

le navi che si fermavano nei porti, dovevano lasciare una documentazione relativa alla merce trasportata.

Pertanto furono lasciate anche copie dei loro manoscritti.

La scrittura greca è stata a lungo studiata e ancora oggi si formulano ipotesi sulla datazione delle sue origini.

Quella più accreditata fa risalire la sua nascita tra il IX e IIIV secolo a.C., come testimoniano le prime incisioni

greche pervenuteci.

All’inizio la scrittura scorreva da destra a sinistra e da sinistra a destra a righe alterne. Solo successivamente si

arrivò all’attuale scrittura da sinistra a destra. La “rotazione” di alcune lettere dell’alfabeto deriva dal cambio di

direzione della scrittura e dal gusto estetico proprio della cultura greca.

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La più importante ed innovativa caratteristica della scrittura greca rispetto a quella semitica fu la

trasformazione dal sistema sillabico a quello alfabetico. Successivamente ci fu l’introduzione delle vocali, nata

dall’esigenza di rendere più fluida una lingua con suoni consonantici molto aspri. I simboli sillabici

dell’alfabeto fenicio per un fenomeno di “riduzione” si trasformarono in singole lettere.

Il termine alfabeto deriva dalla fusione delle prime due lettere dell’alfabeto greco: alfa e beta .

L’alfabeto greco ha avuto un’ampia diffusione e, a seconda delle culture dei diversi popoli cui è pervenuto, ha

subito varie modifiche.

Gli Etruschi ad esempio modificarono il sistema di scrittura greca che giungeva fino a loro dalle popolazioni

dell’Europa centrale che l’avevano adottato in precedenza.

I latini, a loro volta, elaborarono un proprio alfabeto derivato direttamente da quello etrusco. Pertanto i caratteri

della scrittura latina che sono giunti fino a noi derivano in maniera trasversale da quelli greci.