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Progettare il futuro Alla ricerca di nuove beatitudini IN PREGHIERA Invito alla santità L’uomo è irragionevole, egocentrico: non importa, amalo! Se fai il bene ti attribuiranno secondi fini egoistici: non importa, fa’ il bene! Se realizzi i tuoi obiettivi troverai falsi amici e veri nemici: non importa, realizzali! Il bene che fai verrà domani dimenticato: non importa, fa’ il bene! L’onestà e la sincerità ti rendono In qualche modo vulnerabile: non importa, sii sempre e comunque franco e onesto! Quello che per tutti hai costruito può essere distrutto in un attimo: non importa, costruisci! Se aiuti la gente, se ne risentirà: Progettare il futuro – alla ricerca di nuove beatitudini

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Progettare il futuroAlla ricerca di nuove beatitudini

IN PREGHIERA

Invito alla santità

L’uomo è irragionevole, egocentrico:non importa, amalo!Se fai il bene ti attribuiranno secondi fini egoistici: non importa, fa’ il bene!Se realizzi i tuoi obiettivitroverai falsi amici e veri nemici:non importa, realizzali!Il bene che fai verrà domani dimenticato:non importa, fa’ il bene!L’onestà e la sincerità ti rendonoIn qualche modo vulnerabile:non importa, sii sempre e comunquefranco e onesto!Quello che per tutti hai costruito puòessere distrutto in un attimo: non importa, costruisci!Se aiuti la gente, se ne risentirà:non importa aiutala!Dai al mondo il meglio di te e ti prenderanno a calci:

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non importa, continua! ( Madre Teresa di Calcutta)

Alla ricerca di nuove Beatitudini

“La nuova Gerusalemme, la città santa” (Ap.21,2-4), è la meta verso cui è incamminata l’intera umanità.

È interessante che la Rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città. Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze.

La presenza di Dio accompagna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso”

(dall’ Esortazione Apostolica “EVANGELII GAUDIUM” di Papa Francesco)

1.DALLA VITA ALLA PAROLA

InterroghiamociSembra chiaro intorno a noi, come le nostre città non siano più lo spazio vivibile in cui la relazione, la condivisione e la solidarietà ne erano i pilastri. Per dialogare ci serviamo sempre più dei telefonini con cui scambiamo continui sms, dei diversi social network, delle e-mail. Ci nascondiamo sempre più dietro un universo virtuale.Finiamo in questo modo di diventare estranei gli uni agli altri e diffidenti non solo negli ambienti di lavoro, di studio ma anche tra vicini e tra parenti. Questa diffidenza, con il passare del tempo, ci fa diventare estranei alla nostra stessa città, al luogo dove viviamo e dove la nostra vita sembra non avere più spazio anzi ci soffoca e la tristezza, il senso di inadeguatezza, di infelicità, il non essere mai appagati prendono il sopravvento nel

nostro essere più intimo.Siamo alla ricerca della felicità ma non sappiamo in realtà che cosa davvero ci renderebbe felici perché ogni volta che abbiamo raggiunto un traguardo, che crediamo appaghi la nostra spasmodica ricerca, ci sentiamo vuoti e ancora infelici.

E allora immaginiamo che qualcuno ci chieda di che cosa abbiamo bisogno per essere felici e cerchiamo di dare una risposta onesta, vera.Sentiamo dire: “Beato te che sei giovane” ad un vecchio; “Beato te che sei ricco” ad un povero; “Beato te che hai un lavoro” ad un disoccupato e potremmo continuare con tanti altri esempi. Lasciamoci sollecitare dalle parole del testo di una canzone di Rino Gaetano

Le Beatitudini [www.youtube.com/watch?v=wBdGVMoGxd8]Beati sono i santi, i cavalieri e i fantiBeati i vivi, i morti ma soprattutto i risorti

Beati sono i ricchi perché hanno il

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mondo in mano Beati i potenti e i re e beato chi è sovrano Beati i bulli di quartiere perché non sanno ciò che fanno Ed i parlamentari ladri che sicuramente lo sanno Beata è la guerra, chi la fa e chi la decanta Ma più beata ancora è la guerra quando è santa Beati i bambini che sorridono alla mamma, Beati gli stranieri ed i soufflé di panna Beati sono i frati, beate anche le suore

Beati i premiati con le medaglie d’oro Beati i professori, beati gli arrivisti, I nobili e i padroni specie se comunisti Beata la frontiera beata la finanza Beata è la fiera ad ogni circostanza Beata la mia prima donna che mi ha preso ancora vergine Beato il sesso libero si ma entro un certo margineBeati i sottosegretari i sottufficiali Beati i sottaceti che ti preparano al cenone Beati i critici e gli esegeti di questa mia canzone

Anche per noi queste categorie di persone sono i beati? Noi stessi ci sentiamo Beati? Che cosa ci manca per esserlo? In questa nostra società è così difficile essere dei beati? Perché?

2. IN ASCOLTO DELLA PAROLA

Dal Vangelo secondo Matteo (5,1-12)

Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo, allora la parola, li ammaestrava, dicendo:“Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.Beati gli afflitti,perché saranno consolati.Beati i miti,perché erediteranno la terra.Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati.Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia.Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio.Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio.Beati i perseguitati per causa della giustizia,perché di essi è il regno dei cieli.Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

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[www.youtube.com/watch?v=GYLqaK27cUU]

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PROVOCATI DALLA PAROLALE BEATITUDINI OGGI (tratto da “Alle porte del Regno”, Don Tonino Bello)

Ce l’hanno spiegata con mille sfumature, e vien quasi da pensare che ogni biblista abbia un suo modo di leggere questa pagina delle beatitudini: l’unica che vorremmo salvare, se di tutti i libri della terra si dovesse sottrarre all’incendio solo il Vangelo e di tutto il Vangelo si dovesse preservare dalle fiamme soltanto una sequenza di venti righe. Si intuisce subito che queste parole pronunciate da Gesù nascondono promesse ultraterrene.Alludono a quegli appagamenti di gioia completa che andiamo inseguendo da tutta una vita, senza essere riusciti mai ad afferrare per intero. Fanno riferimento a quel senso di benessere pieno di gioia totalizzante che esiste solo nei nostri sogni. Traducono, come nessun altro frasario umano, le nostre nostalgie di futuro, e ci proiettano verso quei cieli nuovi e terre nuove in cui la settimana si accorcia a tal punto da conoscere solo il sabato eterno.Imprigionano il “non ancora” - sempre abbozzato e mai esploso pienamente - di quel “risus paschalis” che ora sperimentiamo solo nella smorfia delle nostre troppo rapide convulsioni di letizia per cedere subito il posto all’amarezza del pianto.Non ci vuol molto a capire, insomma, che sotto queste sentenze veloci del discorso della montagna c’è qualcosa di grande. E che, di quel misterioso “regno dei cieli”, la cosa più ovvia che si possa dire è che rappresenta il vertice della felicità. Sì, Gesù vuol dare una risposta all’istanza primordiale che ci assedia l’anima da sempre. Noi siamo fatti per essere felici. La gioia è la nostra vocazione. È l’unico progetto, dai nettissimi contorni, che Dio ha disegnato per l’uomo. Una gioia raggiungibile, vera, non frutto di fabulazioni fantastiche, e neppure proiezione utopica del nostro decadentismo spirituale. Beati: provocazione

all’impegno

Che cosa significhi il termine “beati” è difficile spiegarlo. C’è chi ha voluto specularci sopra, capovolgendo addirittura il senso delle parole del Signore per utilizzarle a scopi di imbonimento sociale. Quasi Gesù avesse inteso dire: state buoni, poveri, perché la misura della vostra felicità futura sarà inversamente proporzionale alla misura della vostra felicità presente. Anzi, quante più sofferenze potete collezionare in questa vita, tanto più vi garantite il successo nell’altra.È questo un modo blasfemo di leggere le beatitudini, perché spinge i poveri all’inerzia, narcotizza i diseredati della terra con le lusinghe dei beni del cielo, contribuisce a mantenere in vigore un ordine sociale

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[www.youtube.com/watch?v=8OPCPmirQFc]

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ingiusto e, in un certo senso, legittima la violenza di chi provoca il pianto degli oppressi dal momento che a costoro, proprio per mezzo delle lacrime, viene offerto il prezzo per potersi pagare, in contanti, il regno di Dio. C’è invece, chi ha visto nella formulazione delle beatitudini un incoraggiamento rivolto ai poveri, agli afflitti, agli umili, ai piangenti, ai perseguitati… per sostenerli con la speranza dei beni del cielo. Quasi Gesù avesse inteso dire: se a un certo punto vi sentite sfiniti per le ingiustizie che patite, tirate avanti lo stesso e consolatevi con le promesse della felicità futura. Guardate a quel che vi toccherà un giorno, e questo miraggio di beatitudine vi spronerà a camminare, così come il desiderio del riposo accelera e sostiene i passi di chi, stanchissimo, sta tornando verso casa.Anche questo è un modo stravolto di leggere le beatitudini. Meno delittuoso del primo, ma pur sempre alienante e banale. Perché punta sull’idea della compensazione. Perché con la lusinga della meta, non spinge la gente a mutare le condizioni della strada. Perché se non proprio a rassegnarsi, induce a relativizzare la lotta, ad arrendersi senza troppa resistenza, a vedere i segni della ineluttabilità perfino dove sono evidenti le prove della cattiveria umana e a leggere i soprusi dell’uomo come causa di forza maggiore.E c’è finalmente, il modo legittimo di leggere le beatitudini. Che consiste, essenzialmente, nel felicitarsi con i senzatetto e i senza pane, come per dire: complimenti, c’è una buona notizia! Se tutti si son dimenticati di voi, Dio ha scritto il vostro nome sulla palma della sua mano, tant’è che i primi assegnatari delle case del regno siete voi che dormite sui marciapiedi, e i primi a cui verrà distribuito il pane caldo di forno siete voi che ora avete fame. Felicitazioni a voi che, a causa della vostra mitezza, vi vedete sistematicamente scavalcati dai più forti o dai più furbi: il Signore non solo non vi scavalca nelle sue graduatorie ma vi assicura i primi posti nella classifica generale dei meriti.Auguri a tutti voi che state sperimentando l’amarezza del pianto e la solitudine dei giorni neri: c’è qualcuno che non rimane insensibile al gemito nascosto degli afflitti, prende le vostre difese, parteggia decisamente per voi, e addirittura si costituisce parte lesa ogni volta che siete perseguitati a causa della giustizia.Rallegratevi voi che, in un mondo sporco di doppi sensi e sovraccarico di ambiguità, camminate con cuore incontaminato, seguendo una logica che appare spesso in ribasso nella borsa valori della vita terrena ma che sarà un giorno la logica vincente.Su con la vita voi che, sfidando le logiche della prudenza carnale, vi battete con vigore per dare alla pace un domicilio stabile anche sulla terra: non lasciatevi scoraggiare dal sorriso dei benpensanti, perché Dio stesso avalla la vostra testardaggine.Gioia a voi che prendete batoste da tutte le parti a causa della giustizia: le vostre cicatrici splenderanno un giorno come le stimmate del Risorto! Perché di essi sarà…

Il significato preciso della parola “beati”, comunque, lasciamolo spiegare agli studiosi. Così pure lasciamo agli studiosi la fatica di spiegarci il significato dei destinatari delle beatitudini.Se i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli oppressi, gli operatori di pace… siano categorie distinte di persone o variabili dell’unica categoria dei “poveri”, ci interessa fino a un certo punto.

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E neppure ci interessa molto sapere se i poveri “in spirito” siano una sottospecie aristocratica di miserabili o coincidano con quei poveri banalissimi che ci troviamo ogni giorno tra i piedi. Tre cose, comunque, ci sembra di poter dire con sicurezza.Anzitutto, che il discorso delle beatitudini ha a che fare col discorso della felicità. Non solo perché sembra quasi che ci presenti le uniche porte attraverso le quali è possibile accedere nello stadio del regno.Sicché chi vuole entrare nella “gioia” per realizzare l’anelito più profondo che ha sepolto nel cuore, deve necessariamente passare per una di quelle nove porte: non ci sono altri ingressi consentiti nella dimora della felicità Ma anche perché la croce, la sofferenza umana, la sconfitta… vengono presentate come partecipazione all’esperienza pasquale di Cristo che, attraverso la morte, è entrato nella gloria.E allora; se il primo titolare delle beatitudini è Lui, se è il Cristo l’archetipo sul quale si modellano tutti i suoi seguaci, è chiaro che il dolore dei discepoli, come quello del maestro, è già contagiato di gaudio, il limite racchiude in germe i sapori della pienezza, e la morte profuma di risurrezione!La seconda cosa che ci sembra di poter affermare è che, in fondo, queste porte, pur differenti per forma, sono strutturate sul medesimo telaio architettonico, che è il telaio della povertà biblica. A coloro che fanno affidamento nel Signore, e investono sulla sua volontà tutte le “ciance” della loro realizzazione umana, viene garantita la felicità da una cerniera espressiva che non lascia dubbi interpretativi “… perché di essi sarà”.Quel “perché di essi sarà…” rappresenta il titolo giuridico di possesso incontestabile, che garantisce tutti i poveri nel diritto nativo di avere non solo la “legittima” ma l’intero asse patrimoniale del regno. È un passaggio indicatore di una disposizione testamentaria così chiara che nessuno può avere il coraggio di impugnare. È insomma, il timbro a secco che autentica in modo indiscutibile il contenuto di uno straordinario rogito notarile.La terza cosa che possiamo dire è che, se vogliamo avere parte all’eredità del regno, o dobbiamo diventare poveri, o, almeno, i poveri dobbiamo tenerceli buoni, perché un giorno si ricordino di noi.Insomma, o ci meritiamo l’appellativo di “beati” facendoci poveri, o ci conquistiamo sul campo quello di “benedetti”, amando e servendo i poveri.Ce lo suggerisce il capitolo venticinque di Matteo, con quel “Venite, benedetti dal Padre mio: ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”. Beati o benedetti

Veniamo a sapere, dunque, che, come titolo valido per l’usufrutto del regno, esiste un’alternativa al titolo di “povertà”: quello della “solidarietà” con i poveri. Diventare, cioè, così solidali con loro da esserne il prolungamento. Fare tutt’uno con loro, così da esserne considerati quasi la protesi.

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[www.youtube.com/watch?v=3F2ThQG9prQ]

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Se si vuole entrare nel regno della felicità perciò occorre vistare il passaporto o col titolo di “beati” o col titolo di “benedetti”.È splendida l’esortazione che al termine della messa nuziale viene pronunciata sugli sposi: “Sappiate riconoscere Dio nei poveri e nei sofferenti, perché essi vi accolgano un giorno nella casa del Padre”. “Venite, benedetti, nel regno

preparato per voi”

Non potrò mai dimenticare lo stupore di Mons. Gasparini, vescovo missionario nel Sidamo, quando un giorno, indicandomi un gruppo di bambini etiopi, dagli occhi sgranati per fame, dalle gambe filiformi, devastati dalle mosche sul corpo scheletrito, mi disse quasi sottovoce: “Vedi che questi bambini siano figli di Dio non mi sorprende più di tanto. E neppure che siano fratelli di Gesù Cristo. Ma ciò che mi sconcerta e mi esalta è che questi poveri siano eredi del paradiso! Sembra un assurdo. Ma è proprio per annunciare quest’assurdo, che sono felice di aver speso tutta la mia vita in mezzo a questa gente”. “Beati… perché di essi…”, “Venite, benedetti, nel regno preparato per voi…”.

Il Signore ci conceda che, nel mazzo delle carte d’identità racchiuse da quei due pronomi personali, un giorno, col visto d’ingresso, poco importa se con la sigla “beati” o con la sigla “benedetti”, egli possa trovare anche la nostra.E ci riconosca.Alle porte del regno.

BEATITUDINI: “VIE DELLA FELICITÀ”(tratto da “Le vie della felicità. Gesù e le beatitudini”, Enzo Bianchi)

Ma i “cristiani” sono gente «felice»? «I “credenti” devono mostrare, con la vita, vie di “umanizzazione” per tutti gli uomini. Invece, sembriamo quelli che, proprio a causa della “fede”, portano “fardelli” che li “schiacciano”, e vivono “sottomessi” ad un “giogo” pesante ed “oppressivo”». Che senso ha oggi leggere le “Beatitudini”? Perché meditare su queste “paradossali” parole di Gesù?Innanzitutto, credo, per una ragione “umanissima”. Nel contesto “socio-culturale” in cui viviamo, noi “cristiani” siamo chiamati, oggi più che mai, a mostrare con la nostra vita cammini di “umanizzazione” e di salvezza percorribili da tutti gli uomini. Ora, la maniera più efficace per scoprire questi cammini consiste nel praticare la ricerca del “senso”, esercizio che ai nostri giorni pare sempre più raro: è diventato difficile, soprattutto per le nuove generazioni, dare “senso” alla vita e alle realtà che la costituiscono, tanto che da più parti si levano voci che denunciano la «crisi del senso».

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In questa situazione noi “cristiani” dovremmo saper mostrare a tutti gli uomini, umilmente ma risolutamente, che la “vita cristiana” non solo è “buona”, segnata cioè dai tratti della bontà e dell’amore, ma è anche “bella” e “beata”, è via di “bellezza” e di “beatitudine”, di “felicità”. Chiediamocelo con onestà: il “cristianesimo” testimonia oggi la possibilità di una vita “felice”? Noi “cristiani” ci comportiamo come persone “felici” oppure sembriamo quelli che, proprio a causa della “fede”, portano “fardelli” che li schiacciano e vivono “sottomessi” a un “giogo” pesante e oppressivo, non a quello dolce e leggero di Gesù Cristo (cfr. “Mt 11,30”)? In realtà mi pare che spesso ci meritiamo ancora il rimprovero rivolto ai “cristiani” da Friedrich Nietzsche oltre un secolo fa: «[I “cristiani”] dovrebbero cantarmi canti migliori perché io impari a credere al loro “redentore”: più gioiosi dovrebbero sembrarmi i suoi “discepoli”!». Certamente la “via cristiana” è esigente, richiede fatica e sforzo al fine di «entrare attraverso la porta stretta» (“Lc 13,24”; cfr. “Mt 7,13”) ed essere conformi alla “chiamata” ricevuta. Non serve ricordare le tante “esortazioni” pronunciate da Gesù in questo senso, condensate nel suo “monito”: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34). D’altra parte, secondo l’insegnamento di Gesù e, ancor prima, secondo il suo esempio, la vita di chi si pone alla sua “sequela” non solo vale la pena di essere abbracciata ma è causa di “beatitudine”, è fonte di felicità.

È proprio qui che si situa l’annuncio delle “Beatitudini”, che potremmo definire il cuore dell’“etica cristiana”: un’“etica” – va detto con chiarezza – che non è tanto una “legge” o, peggio, una “morale” da schiavi, quanto uno “spirito” e uno stile, quello annunciato e vissuto da Gesù nella libertà e per amore, quello in cui Gesù ha trovato la “felicità”. Sì, le “Beatitudini” sono una “chiamata” alla “felicità”.Sappiamo bene che, solo quando gli uomini conoscono una ragione per cui vale la pena “perdere” la vita, cioè “morire”, essi trovano anche una ragione per “spendere” quotidianamente la vita e, di conseguenza, sono “felici”. Ebbene, le “Beatitudini” aiutano a scoprire questa ragione e così consentono di dare un “senso” alla vita, anzi conducono al «senso del senso»: Gesù proclama “beati” uomini e donne i quali vivono alcune precise situazioni in grado di rendere pieno di “senso” il loro cammino “umano” sulla terra e, per quanti hanno il dono della “fede”, in grado di facilitare il loro cammino verso la “comunione” con Dio.Ma il primo e più elementare “senso” delle “Beatitudini” – lo ribadisco – è la “felicità”, la gioia di scoprire che grazie all’assunzione consapevole di un atteggiamento, di un comportamento, si può vivere un’esistenza che, pur a caro prezzo, ha i tratti di una vera e propria “opera d’arte”: la “povertà in spirito”, il pianto, la “mitezza”, la fame e la sete di “giustizia”, la “misericordia”, la purezza di cuore, l’azione di pace, la “persecuzione” subìta a causa della “giustizia”, sono situazioni capaci di produrre “beatitudine” già qui, in questa vita, e poi nel «mondo che verrà», quello in cui Dio regna definitivamente. Insomma, per rendere realtà la “buona notizia” del “Vangelo”, occorre vivere le “Beatitudini”.

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A tale riguardo, lungo i secoli c’è sempre stato chi si è interrogato sull’attuabilità delle “Beatitudini”, sull’effettiva possibilità che queste fossero qualcosa di più di semplici parole “utopiche”, prive cioè di un «luogo», di una realizzazione “storica”, a livello “personale” o “comunitario”. Vi è chi ha affermato che le “Beatitudini” valevano solo per i contemporanei di Gesù e per la prima generazione “cristiana”; vi è chi, in seguito alla svolta “costantiniana” e poi con particolare insistenza nel “secondo millennio”, ha letto le “Beatitudini” come «consigli» riservati solo ai “Monaci” e ai “Religiosi”, coloro che «abbandonano il mondo»; e potremmo continuare nell’elenco di queste interpretazioni “riduttive”.

Oggi, come in ogni generazione, siamo chiamati a lasciar risuonare la nuda “domanda”: è possibile vivere le “Beatitudini” qui e ora? A mio avviso tale “interrogativo” ha sempre ricevuto e può ancora ricevere una “risposta” positiva, non però in modo “trionfale” o “sovra-esposto”, non attraverso forme “eclatanti” che si impongano agli occhi degli altri uomini, bensì nelle vite “quotidiane”, sovente “nascoste”, di tanti uomini e donne: persone che, nonostante le loro “contraddizioni” e il loro “peccato”, hanno cercato e cercano di seguire il Signore Gesù vivendo il suo stesso stile di vita, lo stile «scandaloso» delle “Beatitudini”.

Sì, è sempre stato e sempre sarà possibile vivere le “Beatitudini”.

3. DALLA PAROLA ALLA VITA

Esercizi di laicità“Voi avete una missione: di far vedere al mondo che si può essere un buon cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino” (San Giovanni Bosco). Parafrasando don Bosco, la missione a cui siamo chiamati coinvolge necessariamente il nostro senso civico che, in quanto cristiani, dobbiamo educare ai valori evangelici, di cui ci facciamo sinceri ricercatori e portatori con la nostra testimonianza laicale, singolarmente e comunitariamente. “Siamo stati scelti dal mondo” (Gv 15,19) e di esso dobbiamo occuparci con un sentimento di interesse che non sia né quello che facilmente si arrende all’impotenza e allo sconforto davanti ai problemi irrisolti, né quello di colui che si fa possedere dal mondo. Dobbiamo praticare una solidarietà soprattutto per sostenere i più deboli che vivono, sempre più numerosi, ai margini delle nostre città che intendiamo amare, abitare e rendere più belle e accoglienti. La passione per la vita delle nostre città nasce da un’educazione a una visione alta del bene comune, come bene di tutti e di ciascuno, che ci rende capaci di tradurre il Vangelo nel vissuto concreto, attraverso la parola della profezia che apre al domani ed essere così testimoni di speranza.Vogliamo impegnarci con slancio e generosità nelle città, contribuendo a promuovere

il bene comune , ricostruendo il tessuto della convivenza civile e rendendolo spazio di vita “amabile”

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“Lontani da un cristianesimo intimistico e astratto, senza umanità e storia, il mistero dell’incarnazione ci radica in pienezza nel nostro tempo, ci spinge ad essere pienamente cittadini e a prenderci cura dei luoghi, delle realtà, delle persone

[www.youtube.com/watch?v=oj0UcTjmMqc]

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per qualsiasi cittadino. L’apertura al territorio è segno tangibile del rendersi visibile nelle pieghe della storia per divenire “Chiesa in situazione”. Abitare la città significa innanzitutto partecipare attivamente e responsabilmente alle dinamiche della vita civile, impegnandosi a fare dello spazio della convivenza un bene comune. Occorre sviluppare, in sinergia con gli altri attori sociali del territorio, dialogo e cooperazione con le istituzioni pubbliche per promuovere la riqualificazione degli spazi della vita pubblica e “organizzare” una solidarietà capace di incontrare le nuove povertà, di costruire reticoli di integrazione culturale, di trasformare le criticità in occasioni di promozione dell’uomo, ristabilendo il principio della partecipazione di tutti alla costruzione di una città aperta, dialogante ed educante. Riaffermare il valore dell’impegno laicale significa anche confrontarsi con il volto concreto delle persone e abitare quelle prassi partecipative che rendono viva la democrazia nella quotidianità. L’attenzione alla città va intesa come stile che educa all’ascolto e alla partecipazione, aprendo a dimensioni sempre più grandi. Occorre coltivare l’interesse per il bene comune visto come ciò che accomuna gli uomini di fronte alle sfide dell’oggi, riconsiderare il valore etico dei piccoli gesti quotidiani ([www.youtube.com/watch?v=jnGM6RaBcTY]), accompagnando le persone verso orizzonti di responsabilità economica e sociale e acquisendo stili di vita compatibili con la tutela dell’ambiente e orientati alla custodia del creato, restituire spessore alle nostre esperienze, profondità alle cose che facciamo, prospettiva ai nostri progetti, responsabilità al nostro impegno, con quella logica della gratuità di cui il Vangelo è fondamento che restituisce dignità alle relazioni con le cose e con gli altri.

Non bisogna temere di sbilanciarsi verso l’esterno per contribuire a un nuovo progetto per la società civile. Per la riflessione …

I giovani e gli adulti come vivono concretamente il valore del bene comune?Sono cittadini attivi oppure si disinteressano rispetto a ciò che li circonda?Nelle nostre città è possibile vivere le beatitudini ed essere segno visibile dell’amore di Cristo e testimoni di speranza?

4. MATERIALILe beatitudini (Giovanni Paolo II)http://www.youtube.com/watch?v=GYLqaK27cUU

Gente del 2000 (Agnese Ginocchio)http://www.youtube.com/watch?v=WKw9y7T_92o

Ficarra e Picone ricordano padre Puglisihttp://www.youtube.com/watch?v=qpkkOE19Qhk

La perla preziosa (Marcello Marrocchi)http://www.youtube.com/watch?v=u_yQMZcLBxc

Le dieci cose che Dio ti chiederàhttp://www.youtube.com/watch?v=sgGaMdbO6Nc

Dialogo sullo spreco (le nuove beatitudini)http://www.youtube.com/watch?v=jnGM6RaBcTY

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Papa Francesco alla diocesi Roma: uscite da parrocchie e dialogatehttp://www.youtube.com/watch?v=3F2ThQG9prQ

Roberto Benigni e l’indifferenza alla politicahttp://www.youtube.com/watch?v=oj0UcTjmMqc

Pepe Mujica (Presidente dell’Uruguay): il più bel discorso del mondowww.youtube.com/watch?v=8OPCPmirQFc

In questo mondo di ladri (Antonello Venditti)http://www.youtube.com/watch?v=t_tkA55AQMI

Beatitudini (Rino Gaetano)http://www.youtube.com/watch?v=wBdGVMoGxd8

Itinerario di preghierahttp://www.azionecattolicacaltagirone.it/2012/04/13/chiamati-ad-essere -santi-insieme-un-itinerario-di-preghiera-sulle-beatitudini

5. L’IMPEGNOGIOVANISSIMO, GIOVANE, ADULTO: … ATTIVATI!

L’obiettivo conclusivo di questo percorso è quello di instaurare un dialogo costruttivo tra i giovani, gli adulti e le istituzioni territoriali, utilizzando gli strumenti già esistenti. Quante volte camminando per strada ci accorgiamo di qualcosa della nostra città che avrebbe bisogno di un intervento delle nostre amministrazioni locali? Quante volte ci sentiamo piccoli e impotenti, limitandoci nella migliore delle ipotesi a lamentarcene con gli altri? La democrazia è un sistema che non si accontenta del nostro voto: per funzionare ha bisogno della nostra voce, della nostra partecipazione attiva e costruttiva. Sono tante le situazioni di precarietà individuale e collettiva che rimangono nascoste e inespresse; coloro che ci amministrano spesso non arrivano a conoscerle. Attività

Non aspettiamo che la politica, con i suoi tempi, venga da noi: interpelliamo noi la politica! Ecco alcuni spunti …Ogni associazione parrocchiale di AC è invitata ad affrontare il percorso formativo che porta all’evento del 2 giugno in collaborazione ed armonia con: giovani ed adulti di Azione Cattolica insieme associazioni parrocchiali di Azione Cattolica dello stesso paese inoltre, a seconda delle caratteristiche del proprio territorio e della conoscenza

delle realtà ivi esistenti, è auspicabile che le associazioni parrocchiali si facciano promotrici di allargare l’invito al percorso e all’evento ad altre associazioni e movimenti dello stesso paese che si occupano delle tematiche del bene comune, solidarietà, famiglia, impegno sociale.

Progettare il futuro – alla ricerca di nuove beatitudini

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In questo modo verrà a formarsi un “gruppo di impegno” (che pertanto sarà costituito da Giovani e/o Adulti di AC e/o altre associazioni parrocchiali di AC dello stesso paese e/o altre associazioni-movimenti dello stesso paese, tutti insieme), il quale, dopo la riflessione e confronto sui temi proposti sopra in questa scheda, opererà nel modo seguente: Il primo passo potrebbe essere quello di prendersi un po’ di tempo nel quale

prestare più attenzione alle situazioni presenti nei luoghi in cui trascorriamo la giornata: dai cassonetti dell’immondizia rotti ad un marciapiede dissestato, ai luoghi pubblici abbandonati sino alla presenza di situazioni di disagio allarmanti.

Secondo passo. Dopo questa prima riflessione sarà necessario elencare tutte le situazioni che necessiterebbero di intervento da parte delle amministrazioni locali. Una volta definita la lista, si può decidere, tra queste, le due o tre che si ritengono prioritarie.

Terzo passo. Una volta individuata la situazione sarà cura del gruppo di impegno individuare gli strumenti democratici esistenti (istanze, petizioni, raccolte firme, proposte di deliberazioni) per portare questa criticità all’attenzione delle amministrazioni competenti e nello stesso tempo cercare modi e momenti per “rimboccarsi” le maniche, “sporcarsi” le mani e testimoniare con “azioni” il bene per le persone e le cose della nostra comunità.

Consigli e note tecniche per la realizzazione dei prodotti che costituiranno la mostra del 2 giugno

Ogni “gruppo di impegno” potrà contribuire alla mostra esposta durante l’evento del 2 giugno con i seguenti prodotti: una documentazione di iniziative di attenzione al territorio, al bene comune già

svolte (anche in anni precedenti, ma non troppo precedenti…) dai componenti del “gruppo di impegno” (massimo una decina di foto formato A3 e/o A4)

una documentazione della situazione che necessiterebbe di intervento da parte delle amministrazioni locali e per la quale si prende un impegno di cura (massimo una decina di foto formato A3 e/o A4)

uno slogan che richiami l’impegno preso nel curare la situazione critica (un piccolo striscione della dimensione di 2/3 fogli A3)

un segno, tipo gadget, preferibilmente e graditissimo se a “costo zero” (è fondamentale metterci fantasia, tanta fantasia!... un fiocco, un sasso, un cartoncino, un coccio, una poesia…, cioè “eco-gadget”), coerente con l’impegno preso, da distribuire ai visitatori della mostra.

Le foto devono essere stampate in proprio (anche semplicemente su carta tipo fotocopiatrice), lo striscione può anche essere scritto a mano, così come la produzione dell’ “eco-gadget” è lasciata all’operosità dei membri del “gruppo di impegno”.È ovvio che, per motivi organizzativi, è necessario comunicare ai responsabili diocesani dei settori adulti e/o giovani l’adesione a questa iniziativa (un colpo di telefono, una e-mail per avvisare che la “mia” parrocchia sta lavorando per produrre “qualcosa” da esporre), così come, per la giusta e dovuta visibilità ai lavori/prodotti dai “gruppi di impegno”, foto, striscione ed “eco-gadget”, devono esser pronti e

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Nota:

L’impegno assunto sarà raccontato il 2 Giugno 2014,

a Parabita, all’interno di una

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disponibili per l’esposizione prima dell’inizio dell’evento (possibilmente entro il 1 giugno).

Buon lavoro

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