Proforma - corso universitario di comunicazione politica allo IED: tutte le slide

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Istituto Europeo del Design - Roma Corso di comunicazione politica

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Istituto Europeo del Design - Roma

Corso di comunicazione politica

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5 novembre 2015

Le differenze essenzialitra un detersivo e un politicoe la fantasmagoria del guru.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

chi sonoMi chiamo Andrea Camorrino

Sono socio, direttore commerciale e consulente di comunicazione politica dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)

@A_iR

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linkedin.com/in/andreacamorrino

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premessa

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

Il linguaggio della politica è costruito con alcuni stilemi che lo rendono immediatamente riconoscibile.

Da alcune tracce possiamo anche subito individuare se si tratti di un politico di sinistra o di destra.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

Facciamo un esempio, con una frase retorica classica e secca.

Sarà di destra o di sinistra chi ha detto:

“C’è chi crede che lealtà, amicizia e solidarietà siano missioni da compiere ogni giorno” ?

Ecco chi lo ha detto

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

Per acquistare una autovettura, la componente più importante è l’emozione.

Per conquistare un target giovane, il messaggio del gestore di telefonia è socialità + sensualità.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

In sostanza, dalla comunicazione non abbiamo informazioni sul sapore dell’amaro, sulle caratteristiche tecniche della autovettura, sulla qualità della rete cellulare.

Diamo per acquisito che mentre accediamo ad un prodotto, stiamo entrando nel suo universo valoriale.Il graffio della Nike non è un paio di scarpe, la mela della Apple non è un microprocessore, le ali della Red Bull nulla hanno a che vedere con il gusto della bevanda.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

Possiamo dunque dire – semplicemente da fruitori (attivi e passivi) di comunicazione – che

tutti i grandi prodotti non vendono primariamente sé stessi per quel che sono, ma per il loro universo valorialecostruito da squadre di marketing solitamente eccellenti.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

Torniamo alla politica ma anche

Le parti politiche coincidono con il loro universo valoriale,

che non può essere affidato ad un ufficio marketing.

Nonostante una vulgata alla moda sostenga diversamente,

la politica è cosa altra da un prodotto commerciale.

La loro comunicazione rispecchia questa differenza radicale, pur non mancando di perfette analogie.

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le differenze

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

I prodotti commerciali sono cose concrete che per vendersi meglio necessitano di un universo di valori.

La politica ha radici in un universo di valori, ma per veicolarli deve tradurli in cose concrete.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

Il comunicatore politico deve:

rendere comprensibile il linguaggio del politico;

tradurre i programmi astratti in azioni chiare;

sollecitare l’utilizzo di esempi pratici e di riferimenti alle cose della quotidianità.

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I prodotti commerciali non essenziali rispondono ad aspettative create dalla comunicazione.

La politica è una esigenza propria dell’uomo come animale sociale.

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Il comunicatore politico deve:

fare i conti con la pessima condizione della (immagine della) politica oggi;

provare a veicolare il senso più profondo della politica in ogni azione di comunicazione;

essere consapevole che nel suo mestiere vivrà in ambienti colmi di passione pura e di cinismo freddo, talvolta alternati, spesso contemporanei.

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Gli uffici marketing dei prodotti commerciali di regola pianificano la comunicazione e devono badare al loro segmento di mercato.

La politica comunica 24 ore su 24, 365 giorni su 365, ed è soggetta all’interazione tra i soggetti politici, nonché a variabili di ogni tipo: ambientali, sociali, economiche, locali, internazionali, etc.

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Il comunicatore politico deve:

convincere il politico che la sua comunicazione non può essere presente a fasi alterne;

ottenere un utilizzo corretto dei diversi media a disposizione, soprattutto in condizioni di forte sovraesposizione;

riuscire in una gestione coerente, lineare, genuina dei social network, il media per eccellenza del racconto permanente.

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Alcuni prodotti differiscono unicamente per il packaging.

Ogni uomo o donna in politica è diverso dall’altro.

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Il comunicatore politico deve:

entrare in sintonia con il politico, ricordando sempre che il proprio ruolo è suggerire come dire e mai cosa dire;

esigere uno staff di livello dove i compiti siano chiari a tutti;

soprattutto nei periodi di forte stress, essere pronto ad una gestione molto elastica dei propri tempi, che spesso si venano di contributi psicologici.

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analogie

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Se un politico è scarso o commette errori nessuna comunicazione potrà mai salvarlo.Lo stesso vale per un prodotto commerciale.

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Il comunicatore politico deve:

mettere subito in chiaro che il suo mestiere non è fare miracoli;

esigere in partenza un sondaggio almeno quantitativo (meglio se anche qualitativo);

rifiutare commesse pur importanti se, a fronte di una condizione di partenza pessima, la richiesta è: “fateci vincere”.

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Un buon politico mal comunicato diventa un cattivo politico.Lo stesso vale per un prodotto commerciale.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

Il comunicatore politico deve:

essere conscio del proprio ruolo di responsabilità;

studiare il contesto ricordando che ogni situazione differisce dall’altra;

ricordare che la sua figura è contemporaneamente interna ed esterna, e non deve mai essere solo esterna o solo interna per non perdere lucidità.

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Come per un prodotto commerciale, un politico che vuole parlare ad un vasto pubblico deve conoscere tutte le regole della comunicazione.

Come per un prodotto commerciale, un ottimo politico con una ottima comunicazione moltiplica con progressione geometrica il proprio successo.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

È per questo che

il comunicatore politico è in primo luogo un comunicatore.È per questo che – se consapevole delle radicali differenze tra i due prodotti – deve trattarli esattamente allo stesso modo.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

conclusioni

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Fino a 20 anni fa, la comunicazione politica corrispondeva alla migliore organizzazione dei contenuti programmatici di un partito,

dove il punto più alto della creatività era lo slogan su un manifesto.

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Oggi il claim, il visual, il payoff sono l’ultima derivatadi una analisi su una strategia complessiva, della ricerca della narrazione più efficace, del posizionamento più coerente, dello studio dei punti di forza e di debolezza, della diversificazione degli strumenti e – se possibile – dei target.

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Da punti di partenza agli antipodi nei fondamenti, le forme del percorso creativo per i prodotti commerciali e per la politica diventano le stesse, nella pratica reale.

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Dunque anche gli esiti: una straordinaria pubblicità non potrà variare il sapore sbagliato o la cattiva fattura di un prodotto.

Al picco di vendite dovuto alla comunicazione, seguirà il declino dovuto alla esperienza reale del consumatore.

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Allo stesso modo, i politici capaci di permanere sulla scena mediatica con reali punte di consenso sono sempre figli della loro qualità, che può essere aiutata dalla comunicazione ma non inventata.

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le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru

La figura del guru capace di tirare fuori dal nulla il candidato di successo è una invenzione comoda a quelli che vogliono dimostrare che i politici sono tutti uguali e che basta un po’ di buon marketing per vincere le elezioni.

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Per fortuna della democrazia e per sfortuna della voglia di onnipotenza del creativo, non è così.

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12 novembre 2015

Governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali.10 appunti per il comunicatore politico.

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chi sonoMi chiamo Andrea Camorrino

Sono socio, direttore commerciale e consulente di comunicazione politica dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)

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premessa

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

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Nei 3 giorni che vanno dal sei all’otto novembre 2015 Matteo Salvini, leader della Lega Nord, pubblica sulle proprie pagine Facebook 15 contenuti a sfondo xenofobo.

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Siamo nel periodo antecedente una importante manifestazione nazionale per quel partito: occorre motivare i propri militanti alla partecipazione. Ma nessuno si può stupire di testi siffatti: siamo pienamente entro la narrazione leghista.

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In effetti, le dichiarazioni di Salvini che producono sincero spaesamento, nell’agenda politica italiana, sono quelle del 10 settembre 2015.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

Perché succede questo?

Occorre un flashback in forma di appunti.

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10 appunti

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Fonte: Analfabetismo funzionale (Wikipedia)

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Nella comunicazione politica, la politica è la condizione necessaria (ma non sufficiente).

appunto 1

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Una ottima comunicazione non potrà mai rendere buona una azione politica vacua, contraddittoria, debole.

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Una cattiva comunicazione può però deteriorare una buona azione politica.

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La politica è inscindibile dalla sua comunicazione.

appunto 2

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Supporre che un buon contenuto si racconti da sé è una fesseria.

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La comunicazione politica esiste da sempre, anche se prima si chiamava stampa e propaganda. Ma oggi è cambiata e cambia in continuazione.

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Nessuna brillante campagna di comunicazione può risollevare le sorti di una prolungata cattiva (comunicazione) politica precedente.

appunto 3

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

“Ora facciamo le cose, poi a fine mandato le raccontiamo bene”: se va bene si devono fare le corse per recuperare il tempo perso contro la narrazione degli altri. Se va male, non si recupera sull’agenda fissata nel frattempo dagli altri.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

“Ora facciamo le cose, poi quando la gente vedrà i risultati non ci sarà nessuna campagna contro che potrà fregarci”: se va bene si dovrà fare comunque comunicazione ma in ritardo.Se va male, la campagna degli altri è già stata: “il miglioramento non c’entra niente con l’azione dell’esecutivo”.

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Una goccia di comunicazione al giorno scava la pietra, una cascata negli ultimi 60 la disperde.

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È fondamentale avere un passato da raccontare, un orizzonte da proporre, un presente che lo vivifichi. Il tutto nella coerenza della biografia che parla.

appunto 4

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L’uomo di potere non si potrà mai rifare una verginità in modo credibile, il ragazzo alla prima esperienza è inutile che millanti esperienza. Entrambi hanno altri punti di forza da far valere.

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Nessuna notizia domina l’immaginario per più di una decina di giorni. Non appena ha perso l’appeal, viene surclassata da una nuova più importante per il marketing delle emozioni.

appunto 5

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

Il marketing delle emozioni è mosso dai media tradizionali, dalle discussioni sui social, dai trending topic: non c’è il grande fratello cattivo, ma un sistema cui prendiamo parte.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

Pochi sopporterebbero 10 giorni senza una emozione nuova.

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Una comunicazione senza ritmo fa cambiare canale.

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La comunicazione semplifica, ma la realtà è complessa.

appunto 6

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

“Per ogni situazione complessa c’è una risposta semplice, ed è sbagliata” (autore incerto)

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

La comunicazione irresponsabile si può consentire di semplificare tutto. Quella responsabile, sembra in un cul de sac: se comunica in modo complesso, sarà sopraffatta dal linguaggio semplice degli altri; se comunica ipersemplificando, estromette la complessità, che è il terreno del suo cimento.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

La prevalenza della narrazione ipersemplificata ha reso i racconti complessi quasi del tutto irricevibili.

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Se costruiamo una griglia, dividendo le suggestioni tra quelle legate alla semplicità e quelle legate alla complessità, la sfida della comunicazione responsabile pare impossibile.

appunto 7

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SEMPLICITÀ COMPLESSITÀCaducità Memoria

Velocità Lentezza

New media Old media

Populismo Responsabilità

Opposizione Governo

Pancia Testa

Pars destruens Pars costruens

Evocazione Costruzione

Brevissimo termine Medio e lungo termine

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

La società (italiana) della semplificazione ha prodotto (ed è il prodotto de) il più alto tasso di analfabeti funzionali al mondo.

appunto 8

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

Se il destinatario non capisce, la domanda sui compiti della comunicazione cambia.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

Se il destinatario non capisce, la comunicazione deve diventare ancora più elementare?

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Al comunicatore politico viene chiesto di rendere semplici gli argomenti complessi.Ma è arrivato invece il tempo di reintrodurre elementi di complessità nel discorso politico oggi ipersemplificato.

appunto 9

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Gli argomenti complessi, ipersemplificati, diventano simulacri di ragionamento, dove i nessi di causa effetto sono completamente persi.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

Gli argomenti complessi non hanno un luogo dove essere rappresentati: la tv misura in soundbite, il tweet è di 140 caratteri, il filmato virale deve stare nei 20-30 secondi, l’editoriale cartaceo si rivolge ad una elite.

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La ricomplessizzazione dell’immaginario collettivo non è solo responsabilità del discorso politico, ma è uno dei compiti principali della comunicazione politica.

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I mediatori del XX secolo tra il discorso politico e i cittadini, i giornalisti, sono i corresponsabili di una infinita coazione a ripetere del discorso ipersemplificato che procede per inerzia, pigrizia, incapacità di sperimentare.

appunto 10

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Il cerchio politico-giornalista, (disinter)mediato o meno da un tweet o un post, riproduce 99 volte su 100 un piccolo mondo antico totalmente autoreferenziale.

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Il piccolo mondo antico dimora e finisce nella somma dello share dei due talkshow del martedì.

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conclusioni

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Fonte: Sondaggio Demos & Pi, Settembre 2015 (base: 1055 casi)

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Abbiamo qualche elemento in più per rispondere: perché Salvini il 10 settembre ha detto di essere pronto ad ospitare un profugo?

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La risposta ha qualche elemento di complessità (evviva) nel contesto di quel periodo:

Papa Francesco invoca accoglienza con toni sempre più forti e duri, fino a chiedere ad ogni parrocchia di ospitare una famiglia di profughi.

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Angela Merkel decide di aprire le frontiere, usando parole nettissime.

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Il Governo italiano, che da sempre lavora per favorire una politica europea di accoglienza, abbandona sempre più anche gli indugi nel linguaggio.

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Le immagini di disperazione aumentano a dismisura fino a quella – umanamente intollerabile – del piccolo Aylan sulle spiagge turche.

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La politica ha mosso i suoi passi, la comunicazione ha seguìto.

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A sinistra si è passati da “La legalità non è né di destra né di sinistra” (dunque avallando l’idea che il migrante sia motivo di illegalità, secondo l’agenda dettata da destra) allo “scontro tra umani e bestie”: dalla paura alla speranza, dalla “Ruspa!” alla fratellanza.

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L’agenda su questo tema si è spostata a sinistra, tramite l’introduzione di minimi elementi di complessità nella narrazione, rompendo l’equazione migrante=delinquente e puntando sul tema della fuga dalla guerra, della responsabilità, della umanità.

Concetti più complessi di paura e “Ruspa!”.

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Che Salvini parlasse credendo alle sue parole o solo per opportunismo, il discorso non varia: “Ruspa!” in quelle ore non era più in sintonia con la coscienza collettiva, dopo 20 anni nei quali di fronte a “Ruspa!” una narrazione alternativa era muta.

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Il tema della immigrazione è stato fino ad agosto il tema politico impraticabile per eccellenza nell’ambito della razionalità, mentre oggi sembra conquistato (per quanto tempo dipenderà dai passi successivi) ad un ragionamento potabile.A conferma della tesi che la prossima via della comunicazione politica – per chi vuole andare oltre il populismo - non sta nella semplificazione, ma nella ricomplessizzazione del discorso politico.

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i compiti a casa del comunicatore politico

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SEMPLICITÀ COMPLESSITÀCaducità Memoria

Velocità Lentezza

New media Old media

Populismo Responsabilità

Opposizione Governo

Pancia Testa

Pars destruens Pars costruens

Evocazione Costruzione

Brevissimo termine Medio e lungo termine

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

1. Il nuovo compito del (comunicatore) politico responsabile è rendere la complessità in modo chiaro ma senza banalizzarla (ovvero negarla) e senza vergognarsene.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

2. Il politico responsabile va in televisione solo se ha la certezza di potere argomentare le proprie tesi e se ha di fronte un giornalista responsabile (bando assoluto alla politica di palazzo, parlare solo di fatti concreti, sottoporsi a fact checking).

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

3. Il politico responsabile disegna scenari di futuro in ogni suo discorso: il breve termine è sempre al servizio di un progetto a medio e lungo termine.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

4. Il politico e il suo staff studiano come introdurre elementi di complessità senza perdere ritmo, come prendere qualche secondo in più per argomentare ma senza eccedere e senza annoiare.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

5. Il politico responsabile utilizza strategie on e off line coerenti tra loro, che giocano di rimando, 24 ore al giorno, ma senza disumanizzarsi, 365 giorni all’anno, ma senza credere che il mondo nasca e finisca nella politica.

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governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali

1. Non si fa ingannare dalla caducità e rievoca le tappe del passato;

2. È veloce ma introduce pause di riflessione;

3. Sta sui new media in modo corretto e usa gli old media solo alle proprie condizioni;

4. È pop senza cedere al populismo;

5. È al governo anche quando è all’opposizione;

6. Emoziona di pancia, ma parla sempre alla testa;

7. Non distrugge se non sa come costruire;

8. Evoca e costruisce, costruisce ed evoca, sempre, incessantemente;

9. Il breve termine è solo parte dichiarata di un progetto complessivo.

Rifacendoci alla nostra tabella, in sintesi, il politico responsabile:

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#decarosindaco

19 novembre 2015

Bari, elezioniAmministrative 2014:la case-historyPrimarie, primo turno, ballottaggio:la campagna di Antonio Decaro, sindaco di Bari

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

chi sonoMi chiamo Dino AmenduniTwitter @dooniee-mail [email protected] il resto about.me/dinoamenduni

Sono comunicatore politico e pianificatore strategico per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)

Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing e comunicazione politica)

Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente(sia la consultazione che il download) agli indirizzi www.slideshare.net/dooniee www.slideshare.net/proformaweb

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

1. 30 dicembre 2013, processo per concorso in tentato abuso d’ufficio (rito abbreviato): assoluzione

2. 11 gennaio 2014, annuncio della candidatura alle Primarie del centrosinistra

3. 24 febbraio, vittoria alle Primarie (turno unico) con il 53% dei voti

4. 26 aprile, presentazione del cuore del suo programma in un evento pubblico

5. 25 maggio, al primo turno, Decaro ottiene il 49%

6. 8 giugno, vittoria al ballottaggio con il 65%

i momenti clou della campagna

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

primarie

Niente soldi,niente polemiche,niente slogan:la campagna a impatto zero.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Antonio Decaro è il protagonista di un video (in stile Art-Attack) in cui chiede ai suoi sostenitori di aiutarlo a realizzare manifesti della campagna a costo zero, attraverso foto-selfie da inviare via Facebook.

Modello: dal denaro al surplus cognitivo.

primarie: il video-tutorial

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

L’allestimento del comitato “fisico” di Antonio Decaro, ubicato esattamente di fronte al comitato del suo avversario principale (Mimmo Di Paola) è realizzato utilizzando gli scatti giunti nelle settimane di campagna per le Primarie.

La partecipazione online ha un significato simbolico tangibile.

primarie: circolo online-offline

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

amministrative: la campagna

“Il mio sindaco siamo noi”:la creatività declinata in tre fasi.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Come dare forza a una campagna corale?

“Io non so fare molte cose, ma una sì: so risolvere problemi. Lo faccio da dieci anni. Ma se credete che io possa farlo da solo, siete fuori strada.” (11 gennaio 2014).

Il suo modello di governo (e di campagna elettorale) è orientato al dialogo e all’assunzione di responsabilità: “Ascolto tutti ma decido io”.

amministrative: scenario

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Per supportare questa scelta strategica, la campagna per le Amministrative è stata divisa in tre fasi:

a. una campagna teaser, mirata a raccogliere suggerimenti programmatici dai cittadini;

b. lo sviluppo (revealing) con l’utilizzo dei suggerimenti più ricorrenti, incarnati da cittadini con storie coerenti con i testi;

c. una foto di Decaro con i protagonisti della revealing e con due volontari di DeClub (comitato elettorale), per dare sostanza al claim della campagna: “Il mio sindaco siamo noi”.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

amministrative: teaser

Primo manifesto 6x3: indirizzo email volutamente generico, raccolta degli spunti via mail, sintesi degli spunti ricevuti in cluster tematici coerenti con le richieste più rilevanti sulle priorità amministrative, emerse dai sondaggi.

Una campagna aperta ai contributi di tutti i cittadini.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

amministrative: revealing

Campagna affissioni: i soggetti sono cittadini-“testimonial”, le loro storie personali incrociano gli slogan tematici, dando coerenza al tema generale della campagna (ascolto + decisione grazie ai cittadini – “il mio sindaco siamo noi”).

La cornice è simbolo di continuità narrativa tra Primarie e Amministrative.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

amministrative: dieta mediatica

Dove si informano i cittadini baresi?La televisione pesa quasi tre volte i social media (sondaggio SWG, aprile 2014).

Il posizionamento strategico delle Primarie non avrebbe funzionato alle Amministrative.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Amministrative: gradimento

Impatto della campagna elettorale (sondaggio SWG, aprile 2014)

I messaggi hanno funzionato, anche tra gli indecisi (budget dichiarati per l’intera campagna elettorale: Decaro 200 mila euro, Di Paola 325 mila euro)

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

La “fohaccia”:il video Decaro-Boschi

#sciamaninn:perché quel video,perché è stato stroncato,perché ha funzionato (comunque).

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Decaro-Boschi: scenario

Obiettivo strategico: consolidare il ticket Comune-Governo, nuova amministrazione-nuovo PD, Decaro-(governo) Renzi

Gradimento del governo Renzi: 56% a febbraio, 61% a maggio (Demos).

Percentuale di gradimento di Maria Elena Boschi: 59% ad aprile 2014.

55% dei cittadini baresi si informano attraverso la televisione (SWG) → necessità di realizzare spot tv

Il ministro Boschi è a Bari (per poche ore) per un’iniziativa pubblica a sostegno di Decaro

L’aereo che la porta a Bari arriva con un’ora di ritardo… Il video va girato in pochi minuti: buona la prima.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Decaro-Boschi: il videoSpot 30 secondi (creatività Proforma, regia di Giovanni Abbaticchio, staff Decaro, pubblicato il 14 aprile 2014).

Comunicare la familiarità.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Decaro-Boschi: stroncature

“Ricordi una scena scartata dal film ‘Amici come noi’ di Pio e Amedeo. Scartata perché non funzionava, perché non faceva ridere, perché la comicità pugliese è altra cosa.” (Aldo Grasso, Corriere della Sera)

“Più che uno spot elettorale, sembra l’inizio di un film porno.” (Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano, su Twitter)

“Il gusto più amaro di questo allegro, leggero, solare spot elettorale lo offre l’inutile ricerca di un qualsiasi senso politico nel messaggio dei due. L’inutile caccia a un seppur minimo accenno al programma, a un’idea, a una suggestione di un programma, all’ombra di un’idea. Niente.” (Angelo Rossano, Corriere del Mezzogiorno)

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Decaro-Boschi: analisi

Decaro ha perso o guadagnato voti?Difficile da dire, mancano indicatori di misurazione certi. Però:

Le analisi si sono concentrate sugli aspetti attoriali-scenici e in parte sulla sceneggiatura, in pochi hanno ragionato sul raggiungimento del nostro vero obiettivo strategico (il “ticket”).

L’hashtag #sciamaninn è diventato virale (e il video ha ottenuto 46mila visualizzazioni su YouTube, stroncature incluse, oltre a essere caricato su tutti i principali portali nazionali.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Il video ha generato una risposta-parodia da parte del centrodestra (Giorgia Meloni e Filippo Melchiorre, candidato vicesindaco), che ha dato ulteriore centralità al “caso”.

Tra aprile e maggio, Decaro è cresciuto di 4 punti nei sondaggi. Non sarà merito del video, ma…

Analizzare un singolo contenuto senza ragionare sul significato strategico di medio-lungo termine è, spesso, un errore.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Chiama Decaro:il video istituzionale

Come comunicare un tema serissimodella campagna elettoraleattraverso l’ironia(anche nei confronti dell’avversario).

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Come valorizzare i principali punti di forza del profilo di Decaro?

Vicino alla gente

Competente

Giovane, ma già con una buona esperienza amministrativa

Risolutore di problemi

Autoironico

Barese “verace”

Con un buon seguito giovanile (a partire dall’attivismo del comitato elettorale)

Chiama Decaro: scenario

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Chiama Decaro: scenarioIl profilo di Antonio Decaro tra i baresi (sondaggio SWG, aprile 2014 / confronto con marzo 2014)

Lo spot “ufficiale” doveva potenziare questo profilo già in via di consolidamento.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Chiama Decaro: il video

Spot da 30 secondi: 64mila visualizzazioni su YouTube, 90mila in totale (creatività Proforma, regia di Pippo Mezzapesa. Pubblicato l’8 maggio 2014).

La competenza diventa tormentone.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Chiama Decaro: analisi

Tre livelli di lettura del videoA livello locale: “Chiama Decaro” risulta credibile perché coerente con la biografia politica del candidato (nota: nell’ultima scena del video compaiono la moglie e le due figlie del candidato).

A livello nazionale: il video fa sorridere perché evoca un tormentone, facendo riferimento anche a situazioni ironiche (crisi coniugali, auto in panne, etc).

Nel confronto con l’avversario, il cui video è citato esplicitamente con l’obiettivo di prenderlo in giro e di creare straniamento ai cittadini che li hanno visti in tv uno dietro l’altro.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Chiama Decaro: lo sfottò

Fotogramma dello spot originaledi Di Paola (qui il video)

Fotogramma dello spot di Decaroche “cita” l’avversario

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Comunicare il programma

Convincere dell’esistenzadei contenuti(mentre in tanti diconoche non ci sono).

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Come comunicare un contenuto complesso in modo che sia accessibile al più alto numero di elettori?

Antonio Decaro ha presentato il cuore del suo programma in un evento pubblico. In questa sede ha parlato per quasi due ore, proiettando 64 slide che raccontavano cifre, scelte, impatti sul futuro della città.

Il programma: scenario

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

I messaggi erano sempre accompagnati da claim, impaginazioni “pop” senza mai rinunciare all’approfondimento di contenuto.

Le slide sono state subito pubblicate su Slideshare e condivise sul sito e sui social media.

L’ultima slide prevedeva il prospetto che certificava le coperture economiche necessarie a mantenere ciò che si era promesso.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Le cinque macro-idee di programma (qui il documento integrale) sono state comunicate secondo un percorso (grafica, impaginazione, testi) autonomo, che ha sempre tenuto conto delle necessità del lettore/elettore.Dovere della comunicazione istituzionale: essere comprensibile.

Il programma: le slide

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

(qui: piano del trasporto pubblico) (qui: bici-plan)

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

(qui: digitalizzazione) (qui: piano per il verde pubblico)

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

(qui: “piazze marine”)(qui: riqualificazione Caserma Rossani)

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Il programma è “certificato” da un documento che dimostra l’esistenza delle coperture finanziarie, oltre che una stima precisa dei costi di ogni misura annunciata

Fine della retorica: si deve promettere solo ciò che si può mantenere.

Il programma: le coperture

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

I social media

Format stabili, programma,post sponsorizzati:sei mesi di lavoro a sostegnodella strategia generale(qui la pagina FB di Decaro)

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Come utilizzare i social media modificando la strategia nelle varie fasi della campagna ma mantenendo coerenza nel tono e nello stile di gestione?

Social media: scenario

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Comunicando per format stabili di comunicazione, contenuti omogenei per tipologia, pubblicabili a intervalli fissi e “a freddo” (una volta approvato il format, il social media manager può muoversi in autonomia).

Comunicando in diretta gli eventi principali della campagna elettorale (confronti televisivi, eventi, comizi, appuntamenti nei quartieri, etc).

Utilizzando contenuti “pop” (foto informali, comunque non elettorali) in specifici momenti della campagna (giorni festivi, pause, giorni di silenzio elettorali).

Pianificando post sponsorizzati su Facebook.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Post sponsorizzati per la politica: il modello-Proforma

Una campagna di advertising su Facebook deve sempre iniziare da un’azione mirata ad aumentare il numero di “mi piace” all’interno del territorio elettorale (in questo caso: utenti maggiorenni residenti a Bari città). I primi post sponsorizzati devono essere successivi o al massimo contemporanei a questa campagna.

I post sponsorizzati devono coincidere, quando possibile, con i format “fissi” progettati per i social medi (ad esempio: webcard, infografiche, numeri, contenuti di programma).

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

I post sponsorizzati devono avere come target i soli utenti che hanno cliccato “mi piace” sulla pagina del politico. Se un utente vuole essere informato, avrà già cliccato mi piace (campagna al punto 1). Se non vuole essere informato, vivrà la comunicazione politica come invasiva, come spam.

Gli unici post meritevoli di essere sponsorizzati sono i contenuti programmatici, cioè tutti i contenuti che possono generare empowerment individuale degli utenti/sostenitori. Il politico offre un contenuto rilevante per l’utente che, dunque, ha più motivi per condividerli con i suoi amici, allargando così la base degli utenti che vedranno il post (senza essere infastiditi dalla comunicazione direttamente elettorale). È possibile sponsorizzare anche contenuti video (spot, tutorial, data-journalism) ed eventi speciali.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Tutti gli altri post (contenuti politici, polemiche, foto pop, aggiornamenti d’attualità) non vanno sponsorizzati sia perché in alcuni casi sono meno rilevanti, sia per evitare eventuali strumentalizzazioni (esempio: se un politico fa una foto con la sua famiglia e lo sponsorizza, quest’ultima diventa contenuto elettorale, generando un possibile effetto boomerang).

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Primarie: i decaroghiOgni martedì, Decaro ha pubblicato dieci impegni relativi a un tema specifico, su un tema diverso di settimana in settimana.

Social media: i format

1º decarogo:le dieci cose che non farò da sindaco

6º decarogo:scritto grazieai consiglidei cittadini

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Amministrative: 50 idee in 50 giorniOgni giorno, negli ultimi 50 giorni di campagna elettorale (senza alcuna interruzione), è stata pubblicata un’idea di programma.

pubblica illuminazione marketing territoriale

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Amministrative: le slide (sponsorizzate)Nelle ultime due settimane, una volta ogni 48 ore, è stata pubblicata una slide del documento programmatico, re-impaginata per rispettare la regola del 20% di testo nelle immagini, necessaria per sponsorizzare un post.

reddito di cittadinanza

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Ballottaggio: 10x100Nei 10 giorni centrali della campagna del ballottaggio, ogni 24 ore (primo contenuto del giorno), sono stati pubblicati i 10 impegni che Decaro ha preso nei primi 100 giorni di mandato.

manutenzione delle strade 1, 2, 3, 4, 5, 6

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

Il contenuto più popolare della campagnaFesta della mamma, foto di Decaro che lava i piatti (citando il finale dello spot Chiama Decaro).

Pop funziona quando è vero e coerente. Ma comunque non basta.Nota: Decaro primo tra i candidati sindaci in Italia nel 2014 per “mi piace” e portata.

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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history

23 giugno 2014: la proclamazione

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pubblicate il 26 novembre 2015

Dieci domandeche gli studenti ci fanno durante le docenzeFaccioni sui manifesti, etica aziendale, marketing virale, gestione delle comunità online: una selezione delle questioni più frequenti raccolte in questi anni

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

chi sono

Mi chiamo Dino AmenduniTwitter @dooniee-mail [email protected] il resto about.me/dinoamenduni

Sono comunicatore politico e pianificatore strategico per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)

Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing e comunicazione politica)

Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente(sia la consultazione che il download) agli indirizzi www.slideshare.net/dooniee www.slideshare.net/proformaweb

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

1. Lavorate per tutti i politici che vi chiamano?2. Voglio fare comunicazione politica: mi date un consiglio?3. Esiste un profilo professionale ideale per lavorare

sulla comunicazione politica online?4. Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no?5. Non avete paura che le vostre campagne siano oggetto di satira?6. Un politico sta per iniziare una campagna elettorale e vuole fare il primo

passo su Facebook: meglio usare un profilo o aprire una pagina pubblica? 7. Chi deve gestire gli account social dei politici in campagna elettorale

(il candidato, i comunicatori, entrambi)? 8. Cosa faccio quando un utente trolla o insulta?9. È efficace l’utilizzo dei social media anche

in contesti territoriali molto piccoli?10. Il marketing virale può aiutare la politica?

le dieci domande

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

prima di iniziare

Facciamo una raccolta di domande libere da parte vostra.Ad alcune ci sarà risposta già in queste slide, ad altre proveremo a rispondere in una prossima presentazione.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

1. Lavorate per tutti i politici che vi chiamano?

No, per scelta.Ma pensiamo che sia legittimo pensarla diversamente

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

No.Riteniamo che le campagne elettorali richiedano il 101% dello sforzo professionale dei consulenti di comunicazione politica, in qualsiasi contesto si svolgano (dai piccoli centri a campagne nazionali: ogni elezione ha uguale dignità, e simili difficoltà).

La combinazione di alcune componenti abituali degli appuntamenti elettorali (tempi stretti, tante decisioni da prendere, tanti cambiamenti in corsa, gruppi di lavoro da coordinare, pressione da parte degli elettori e dei media, generale clima di sfiducia nei confronti della politica) richiedono, a nostro avviso, massimo impegno, dedizione e concentrazione (il 101%, appunto).

Lavorate per tutti?

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

No.L’unico modo, per noi, di dare questo benedetto 101% è avere anche solo un minimo di condivisione emotiva, valoriale, politica di ciò che il candidato propone all’elettorato.

Non tutti i candidati possono piacere allo stesso modo (così come non siamo piaciuti allo stesso modo a tutti i candidati), ma abbiamo bisogno di un livello minimo di partenza per poter dare il massimo.

Per questo abbiamo deciso di non accettare commesse che provengono dalla parte politica più lontana dalle nostre idee (la destra, nello specifico).

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

No, ma non è detto che sia giusto.Non ci sogneremmo mai di dire che il nostro modello aziendale sia l’unico corretto, anzi.

Molti consulenti politici ritengono che l’unico metodo per svolgere correttamente questa professione sia sostanzialmente il nostro opposto, cioè lavorare mantenendo distanza critica dai candidati e dalle loro idee. Il distacco, visto da noi come un elemento capace di non farci rendere al massimo, può essere invece considerato il giusto ingrediente per dare consigli e suggerimenti non viziati da componenti emotive o di appartenenza.

Lasciamo al lettore la scelta su quale modello adottare.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Non esiste un modello universalmente valido: entrambi gli approcci (lavoro “di appartenenza” e lavoro “per tutti”) convivono da sempre nel panorama della comunicazione politica, rinnovando un confronto sempre stimolante.

C’è lo stesso dilemma nella professione di comunicatore politico: è un mestiere a parte, che richiede competenze specifiche, o un professionista deve saper “vendere” un politico e un detersivo allo stesso modo? Noi pensiamo che sia un lavoro specifico, pubblicitari molto più bravi di noi (Jacques Seguela, ad esempio), la pensano all’opposto.

La nostra posizione è un lusso: se fossimo un’agenzia che fa solo campagne elettorali, non potremmo permettercelo. Lavorare anche nel campo della comunicazione non politica ci rende più liberi di scegliere.

In sintesi

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

2. Voglio fare comunicazione politica: mi date un consiglio?

Ne diamo due: fare almeno una campagna dietro le quinte, presentarsi dai politici con un piano di lavoro già pronto

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

1. Fare una campagna dietro le quinte

Spesso si impara più lavorando come volontari in una campagna elettorale, anche molto piccola, anche in un ruolo molto marginale, che studiando modelli teorici troppo elaborati (e troppo slegati dal contesto italiano, specie locale).

Il nostro primo consiglio è, dunque: cercate la pratica, l’esperienza concreta, anche non su livelli nazionali, perché si impara molto di più “sporcandosi le mani” che studiando ma a “distanza di sicurezza”.

Nel bene e nel male, si impara più dietro le quinte, e questo tipo di esperienza non si può trovare altrove, se non in campagna elettorale.

Due consigli

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

2. Andare dai politici ma con le idee chiare

L’offerta di comunicazione politica professionale supera, al momento, la domanda. La cultura della comunicazione politica fa fatica a radicare e ancora oggi ci sono tantissimi politici e partiti che non ritengono di aver bisogno di consulenti, di analisi, di sondaggi, di dati scientifici.

Per questo non è più sufficiente andare da un politico e dire di essere in grado di fare una campagna elettorale. Serve un altro approccio, più dispendioso dal punto di vista del tempo e dell’impegno necessario. Serve andare da un cliente potenziale illustrando con precisione qual è lo scenario, qual è la potenziale crisi di comunicazione e come si risolve.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Possibile schema di lavoro:

Individuazione di un partito o di un politico con cui si intende lavorare;

Analisi scientifica dei punti di forza e dei punti di debolezza nell’attuale comunicazione del destinatario;

Spiegazione puntuale di come si intendono risolvere i punti di debolezza, in quanto tempo, con quali strumenti e perché è così importante che il politico investa per risolvere i problemi segnalati;

Indicazione chiara e definita di quale può essere il ruolo del comunicatore politico per risolvere il problema evidenziato (e, dunque, perché un politico dovrebbe scegliere proprio quel collaboratore).

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

3. Esiste un profilo professionale ideale per la comunicazione politica online?

Spoiler: il percorso accademicoconta fino a un certo punto

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Sì, esiste un profilo professionale ideale per chi vuole fare comunicazione politica online.

Le sue caratteristiche:

Buona e autonoma conoscenza della politica (per precedente militanza o per passione) e delle sue dinamiche, che difficilmente possono essere ‘insegnate’ (all’Università o nei corsi di formazione) o trasmesse da un profilo senior a un profilo junior in un’agenzia.

Profilo professionale ideale

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Autonomia totale dal punto di vista della produzione tecnica di contenuti: chi sa montare un video, creare manifesti o webcard, sa scrivere un testo e sa lavorare in gruppo (senza eccellere necessariamente in tutto) ha un chiaro vantaggio competitivo in questa fase della storia della comunicazione politica italiana, e non solo.

Capacità di lavoro sotto stress e aumento della disponibilità di tempo all’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale.

Capacità di svolgere lavori simili per più clienti contemporaneamente per potersi garantire la piena sostenibilità economica, sia da freelance sia in agenzia.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Il curriculum accademico non basta, serve l’esperienza sul campo. E serve fare gavetta.

La competenza professionale non basta, quando il mercato è saturo.

Serve un approccio più proattivo, in cui problemi e soluzioni siano mostrati ai politici con prontezza, in alcuni casi prima ancora che loro siano consapevoli di avere quel tipo di problemi.

Meglio una buona campagna locale, con autonomia e responsabilità, che una grande campagna nazionale ma con un ruolo piccolo e defilato, specie nelle prime fasi.

Il comunicatore politico, se gli va bene,

lavora sette giorni su sette e 24 ore su 24. O si accetta questa regola (almeno in alcune parti dell’anno) o si rischia di non essere efficaci come servirebbe in questo momento storico.

In sintesi

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

4. Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no?

Dipende (dal livello di popolarità del candidato)

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Faccioni sì o faccioni no?

Dipende

Partiamo da un presupposto. Questo tipo di valutazione non dovrebbe essere di tipo estetico, ma legato alla gestione di una variabile: la popolarità del candidato all’interno dell’elettorato di riferimento.

Popolarità assoluta: percentuale di elettori che conoscono il candidato.

Popolarità relativa: confronto di popolarità tra il candidato e i suoi competitor (tenendo conto anche della distanza temporale dalla data delle elezioni).

Più basso è l’indice di popolarità assoluta, più largo è il divario tra i candidati (con il “nostro” candidato in svantaggio), più il volto sui manifesti è strategicamente sensato.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Francesca BarracciuPrimarie del centrosinistra (settembre 2013, Sardegna) -> volto sul manifesto perché il livello di conoscenza del candidato era più basso rispetto al Presidente Cappellacci, essendo lei la sfidante.

Il manifesto della campagna è dunque utile ad aumentare la notorietà all’interno di un pubblico più ampio.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

No

Matteo RenziPrimarie del centrosinistra (dicembre 2013, Italia) -> il volto sul manifesto non è stato necessario perché il livello di conoscenza del candidato era molto alto sia in termini assoluti, sia nei confronti dei competitor (Cuperlo, Civati, Pittella).

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse

Nichi VendolaRegionali Puglia (2005) -> il volto sul manifesto è stato utile perché Vendola era stato in Parlamento negli anni precedenti e aveva percentuali di notorietà molto più basse rispetto a Raffaele Fitto, Presidente di Regione in carica.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse

Nichi VendolaRegionali Puglia (2010) -> lo scenario è molto diverso dalla campagna di cinque anni prima: Vendola ha governato e dunque è molto più conosciuto dei suoi principali avversari, Palese e Poli Bortone.

Il volto non è dunque indispensabile dal punto di vista strategico.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Presupposto: un sondaggio che vi dica qual è il livello di notorietà del candidato. Senza questo indicatore la scelta è totalmente arbitraria e svincolata da ogni riflessione strategica.

Orientamento: il volto è utile per aumentare il tasso di popolarità in tempi brevi, soprattutto se si agisce contemporaneamente su altri mezzi (spot tv, social media, stampa, presenze televisive) per consolidare l’associazione nome-volto.

Nessuna scelta è definitiva: non esistono candidati per cui il volto sui manifesti va sempre bene o sempre male. Lo stesso candidato può avere esigenze che cambiano negli anni e a seconda del contesto (a partire dalle caratteristiche dei competitor).

In sintesi

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

5. Non avete paura che le vostre campagne siano oggetto di satira?

No, anzi. Quando è possibile,progettiamo campagnefatte apposta per essere taroccate

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Paura della satira?

No, anzi.

Da qualche anno proviamo a progettare campagne il cui sviluppo (visual, concept) è naturalmente orientato a stimolare processi generativi da parte degli utenti.

Questo tipo di apertura può favorire l’aumento di visibilità e di popolarità delle campagne, soprattutto se sono inserite in un contesto competitivo molto polarizzato, con grande “tifo” e allo stesso tempo grande ostilità per il candidato con cui stiamo lavorando.

In alcuni casi non ci limitiamo a realizzare campagne “virali”, ma costruiamo strumenti (ad esempio generatori automatici di manifesti) che permettano a chiunque, anche senza alcuna competenza grafica, di realizzare adattamenti liberi.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Tarocca il Manifesto (Regionali 2010)

Sito “neutro” (ma progettato dal comitato Vendola) in cui l’utente poteva liberamente taroccare i manifesti dei tre candidati principali. 85% dei manifesti generati ha riguardato Vendola, circa il 50% di quei manifesti era “negativo” ma nelle ore successive alla pubblicazione del sito, la campagna di Vendola ha sovrastato quella degli avversari sui social media.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Oppure Vendola (Primarie 2012)

Campagna creata con un concept ipervirale. Sapevamo che la generazione dei manifesti avrebbe potuto ottenere effetti satirici, ma anche che in questo modo il claim “Oppure Vendola” sarebbe diventato più rapidamente popolare sul web.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Matteo Renzi (Primarie 2013)

Il sito www.cambiaverso.com permetteva agli utenti di generare il proprio manifesto personalizzato e di pubblicarlo direttamente su Facebook e su Twitter, con un solo click e inserendo solo il proprio testo.

Grazie a questo strumento, sono stati realizzati oltre 10mila manifesti nella prima settimana dopo l’uscita del generatore.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Non avere paura dei “manifesti tarocchi”: se la campagna non funziona, non funzionerà anche se non sarà oggetto di satira. Se funziona, è meglio far sì che circoli nel modo più semplice e virale possibile.

Scelta strategica e di creatività: le campagne non sono “virali” per definizione. Chiaramente un candidato molto amato o molto odiato favorisce meccanismi di generazione di manifesti. Ma è altrettanto importante progettare una campagna che si presti a questo tipo di declinazioni. La progettazione, dunque, può condizionare almeno in parte concept e visual della campagna.

Evitare di inserire il candidato (in particolare foto, in particolare il volto) direttamente sui manifesti oggetto di satira. Questo potrebbe favorire un effetto-boomerang (l’oppositore può mettere parole scomode in bocca al candidato).

In sintesi

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

6. Che faccio, apro una fanpage?

Primi passi di campagna elettoralesu Facebook

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Che faccio, apro una fanpage?

Non è più necessario, ma molto dipende da cosa si è fatto in passato.

Alternative strategiche:

Il politico ha già un profilo personale, lo ha sempre usato per parlare di politica e intende continuare a farlo -> Si può continuare a usare il profilo personale, rendendo pubblici tutti i post da quel momento in poi.

Il politico ha già un profilo personale, ma non lo usa per parlare di politica -> Il profilo personale può restare aperto, ma deve essere usato per interagire con i propri amici. Tutto il flusso politico-elettorale potrà essere sviluppato, in questo caso, su una pagina pubblica, sul profilo personale si parlerà di politica il meno possibile, per differenziare i flussi informativi tra profilo e pagina pubblica.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Il politico ha già un profilo personale e/o una pagina pubblica, ma non utilizza i social media in prima persona -> aprire una pagina pubblica gestita dallo staff (dichiarandolo), facendo migrare l’eventuale profilo privato sulla pagina pubblica per non perdere i contatti acquisiti

Il politico non è presente sui social media a inizio campagna elettorale -> aprire direttamente una pagina pubblica per sfruttare le opportunità collegate a questo strumento (a partire dai post sponsorizzati).

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Buona pratica (non politica): profilo personale Facebook di Selvaggia Lucarelli: gestione personale dell’account, risposta ai commenti, privacy “pubblica” per i post rendono inutile l’apertura di una pagina pubblica.

Gli utenti possono direttamente seguire il profilo e interagire senza essere necessariamente amici dell’utente.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

7. Chi deve gestire gli account di un politico sui social media?

(O anche: può un politico, compromettere mesi di lavoro con un tweet?Sì, può. Così come può farlo un comunicatore)

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Chi gestisce gli account?

Regola generale: meglio la gestione imperfetta e naturale di un politico rispetto a quella perfetta e “artificiale” di uno staff, agli elettori (giustamente) interessa di più così.

Alternative strategiche:

Se un politico gestisce già i suoi account sui social e intende continuare a farlo, l’assistenza può riguardare la valutazione di contenuti da condividere intervenire ex ante, o il monitoraggio del feedback ex post. Sarebbe comunque inutile, se non addirittura sbagliato o controproducente, “espropriare” la gestione social di un politico. Si perde in naturalezza e ci possono essere anche tensioni tra politico e consulenti sul “chi fa cosa”.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Se un politico preferisce in modo netto un social media sugli altri, il compromesso può essere: lui/lei gestisce in prima persona il social “preferito”, lo staff gestisce gli altri canali con un tono di voce più istituzionale. Nota: gli utenti preferiranno comunque l’originale.Se un politico non utilizza i social media, è sensato che lo staff apra i canali personali (in particolare Facebook e Twitter) chiedendo però al politico di intervenire in prima persona a intervalli più o meno regolari.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Il “compromesso Emiliano”: su Twitter il presidente della Regione Puglia gestisce quasi esclusivamente in prima persona (incluso qualche “coraggioso” retweet), su Facebook è maggiormente sostenuto dallo staff.

Effetto: Emiliano è uno dei pochi politici italiani ad avere più follower su Twitter che like su Facebook: gli utenti preferiscono l’originale.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

8. Cosa faccio quando un utente trolla o insulta?

La modalità Gandhi, la modalità Darth Fener, la modalità Morandi

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Guerra contro i troll

Premessa: qualsiasi strategia si decide di utilizzare, va dichiarata e resa pubblica.

Esistono due macrostrategie di lavoro possibili:

Non moderare nulla. È la nostra preferita perché:

a. riteniamo che uno spazio social costantemente aggiornato e curato porti gli utenti ad autogestirsi maggiormente. Meno c’è cura del feedback, più c’è spazio per troll e insulti.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

b. riteniamo che, soprattutto in campagna elettorale, le parole scritte sui social dagli utenti possano offrire un ulteriore elemento di riflessione per chi deve votare. Esempio: Cecile Kyenge, campagna europee 2014: zero moderazione perché anche gli insulti ricevuti possono aiutare un elettore a decidere da che parte stare.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Moderare, ma spiegare come e perché.È la strategia maggiormente indicata per le istituzioni. Qualsiasi intervento di moderazione dei commenti deve essere giustificato da un sistema pubblico di regole che non porti gli utenti a sentirsi vittime di censura o discriminazione. Esempio: il blog collettivo Valigia Blu, mutuando in parte le linee-guida del The Guardian, ha condiviso le buone pratiche di partecipazione sui suoi spazi di discussione (social media e commenti del sito).

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Stile di gestione: modalità “Gandhi”

Valorizzare tutti i commenti costruttivi, anche critici, dando sistematicamente feedback a quel tipo di commento.

Non perdere la pazienza durante i momenti di polarizzazione del confronto, cercando la mediazione e il riconoscimento del valore nei contenuti della persona con cui si sta discutendo (qui lo scambio Esposito-Meloni-Delrio).

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Rispondere anche ai troll, senza esagerare, ma farlo pensando al valore pubblico dello scambio (parlare al troll per parlare a tutti i partecipanti).

Rispondere sempre nel merito rinunciando a rivendicazioni personali anche legittime.

Fare tutto questo con grande regolarità e sistematicità, per qualsiasi post, con qualsiasi utente, senza creare distinzioni.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Stile di gestione: modalità “Darth Fener” (o modalità “James Blunt”)

Utilizzare lo stesso tono di voce dell’interlocutore, anche quando quest’ultimo è aggressivo.

Ignorare le provocazioni, soprattutto se ripetute.

Mettere in evidenza affermazioni e comportamenti palesemente scorretti da parte degli interlocutori, senza porsi particolari scrupoli.

Bannare sistematicamente chi non rispetta le regole.

( Qui un post sul rapporto piuttosto franco tra James Blunt e i suoi follower su Twitter)

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Stile di gestione: modalità “Gianni Morandi”

Pochi contenuti, ma pubblicati tutti i giorni.Rispondere ai commenti, ma farlo tutti i giorni.

Mantenere il filo dei discorsi fatti in precedenza sui social media, a partire dai commenti degli utenti.

Ma soprattutto, trollare più forte dei troll.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Macrostrategie di moderazione e stile di gestione dipendono dall’incrocio di tre variabili:

tono di voce desiderato;

livello di reputazione digitale del mittente;

capacità tecniche e soprattutto relazionali di chi gestisce i social media.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

9. I social media sono utili in campagna elettorale anche nei piccoli comuni?

(e anche dove ci sonopochi utenti di Internete poca connettività veloce?)

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

E se fossero più utili nei piccoli centri, invece che nelle grandi città?

Orientamento generale: all’aumentare della complessità del sistema dei media, aumenta la tendenza alla “reintermediazione” della comunicazione sui social media, cioè l’elaborazione, discussione e riutilizzo sui media tradizionali.

Quindi, in teoria, i grandi centri sono i luoghi ideali per utilizzare i social media.

Campagne social in campagna

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Ma lavorando per sottrazione, emerge un altro aspetto: in assenza di giornali, televisioni e altri media, come accade nei piccoli centri, i social (di un’amministrazione, o anche di un politico in campagna elettorale) possono rappresentare il principale strumento di informazione per i cittadini, così come le discussioni online possono proseguire offline e viceversa a causa della più facile sovrapposizione tra le comunità reali nei piccoli centri e le corrispettive comunità digitali (“ci conosciamo tutti”).

In sintesi: l’efficacia potenziale dei social media in campagna elettorale appare inversamente proporzionale rispetto alla complessità del sistema dei media nel territorio dove si va a votare.

Meno il sistema è complesso, più c’è potenziale.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Questo orientamento vale per la comunicazione elettorale ma ancor di più per la comunicazione istituzionale, e funziona ancora meglio se esiste una virtuosa integrazione tra online e offline.

Il sindaco di Capannori (Lucca) organizza momenti regolari e codificati di interazione, il cui calendario è disponibile sul sito del Comune.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

10. Il marketing virale può aiutare la politica?

Sì, ma senza esagerare. La politica è semprepiù importantedella comunicazione

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Sì, ma senza esagerare.

Se è vero che una buona comunicazione può aiutare, è altrettanto che vero che una buona comunicazione, da sola, non basta per vincere le elezioni.

Serve molto altro, serve la politica. Servono le cose fatte per un sindaco, una proposta chiara per un candidato, una visione strategica d’insieme per un gruppo di lavoro. Per questo motivo bisogna fare sempre attenzione a dare il giusto peso a ogni singola componente della comunicazione pensando che nessuna idea, da sola, risulta davvero decisiva.

I video virali, anche geniali, non fanno eccezione.

Il marketing virale aiuta?

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Cos’è un video virale

Un video è virale quando:

È condiviso dai tastemaker, da utenti con grande popolarità e reputazione che accelera il processo di conoscenza del contenuto;

Ha un format facilmente riproducibile da altri utenti, che moltiplicano sia la portata del contenuto, sia la conoscenza dello stesso;

Contiene componenti (soggetto, sceneggiatura, scelte stilistiche) imprevedibili, che tengano alta l’attenzione dello spettatore.

Queste tre condizioni sono necessarie, ma non sufficienti. I video virali non si costruiscono in laboratorio (salvo rarissimi, e comunque non del tutto gestibili, casi).

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Michele Emiliano - “Problemi di elezione” (Amministrative 2009)

Un video autoprodotto a costo zero da due volontari diventa così popolare su Internet da indurre un cambio di pianificazione sui mezzi tradizionali: questo video va in televisione nell’ultima settimana prima delle elezioni.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Michele Emiliano - Gianni Paulicelli (Amministrative 2009)

Un noto commerciante barese, conosciuto per i suoi video pubblicitari sulle principali tv locali, realizza uno spot politico “atipico” a sostegno di Michele Emiliano, sindaco di Bari.

Qui un suo spot originale...

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Michele Emiliano - Gianni Paulicelli (Amministrative 2009)

… e qui lo spot politico, realizzato tenendo conto di tutte le caratteristiche stilistiche dell’originale, ma con un messaggio forte e di profonda attualità per le amministrative 2009: il no al nucleare.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Michele Emiliano - Gianni Paulicelli (Amministrative 2009)

Lo spot per la tv e per internet (due minuti) con cui Michele Emiliano, rilanciando e rovesciando un messaggio elettorale di Berlusconi, comunica la sua candidatura nelle ultime due settimane di campagna elettorale.

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

Virali si nasce, non si diventa È giusto impegnarsi per progettare contenuti (in particolare video) di successo, ma se la grande idea non arriva, non bisogna fissarsi né disperdere troppe energie in questo segmento.

Virale è autoironico Anche se in politica può sembrare difficile, o addirittura pericoloso, è impossibile pensare a un contenuto davvero virale senza tenere conto di una dose, anche piccola, di ironia, meglio se applicata a se stessi.

Virale è genuino Un video troppo perfetto, patinato, preciso, difficilmente riuscirà a ottenere la carica empatica necessaria alla diffusione di un contenuto. Meglio impreciso ma fatto in casa, vero, accessibile a tutti.

Virale non è tutto La politica viene sempre prima della comunicazione. Mai dimenticarselo.

In sintesi

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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze

conclusione

“ Voglio una squadra con tre C: Cabeza, Corazón y Cojones.”

Andrea Anastasi2005

(la traduzione delle tre C è superflua)

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pubblicata il 3 dicembre 2015

Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettoraliTempi e orari di lavoro, ruolo dei social media, peso della comunicazione, gestione delle crisi, l’importanza di avere patatine e taralli a portata di mano

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

chi sono

Mi chiamo Dino AmenduniTwitter @dooniee-mail [email protected] il resto about.me/dinoamenduni

Sono comunicatore politico e pianificatore strategico per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)

Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing e comunicazione politica)

Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente(sia la consultazione che il download) agli indirizzi www.slideshare.net/dooniee www.slideshare.net/proformaweb

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

1. Chi si sveglia prima al mattino ha un vantaggio sull’avversario

2. Bisogna leggere la rassegna stampa tutti i giorni, anche quando sembra inutile

3. È utile creare meccanismi informali e attivi 24 ore su 24 di comunicazione nello staff e tra staff e candidato (quando possibile)

4. Le elezioni locali sono determinate prima di tutto da dinamiche locali…

5. …ma le scelte di voto amministrative sembrano sempre di più legate a dinamiche nazionali

Dieci cose in 700 giorni

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

6. I sondaggi sono indispensabili, ma non sono ugualmente affidabili in tutti i contesti

7. Più la partecipazione volontaria manca, più è importante che i comunicatori adottino contromisure nella costruzione degli staff

8. Le campagne elettorali finiscono il venerdì alle 23:59 (e anche dopo)

9. Primarie e amministrative sono due tipologie di elezione completamente differenti

10. Individuare (subito!) strategie di decompressione individuale per scaricare lo stress

Dieci cose in 700 giorni

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

premessa“I candidati di oggi si muovono in un ambiente in cui la dinamica del potere fra politica e media è bilanciata a loro favore. Le campagne non si affidano più così tanto ai media per comunicare.

Possono fare i loro siti e i loro tweet come vogliono, e affidare il resto alle loro macchine ausiliarie del rumore […]. Siccome i media sono diventati più estremi politicamente, i candidati possono scegliere con più agio con chi parlare, sapendo che alcuni sono amichevoli, e rifiutando quelli ostili”.

Mark Leibovich

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

+24.9%: italiani che acquisiscono informazioni da parenti e amici prima di votare (2009-2013 – dati Censis)

Premessa di scenario

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Fiducia nei partiti: 3%Fiducia nel Parlamento: 7%(dicembre 2014 - dati Demos)

Premessa di scenario

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

1. Svegliarsi il prima possibile

Le prime mail di lavoro,in campagna elettorale,arrivano prima delle 8(quando va bene)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

I Conservatori nel Regno Unito (campagna elettorale 2015) iniziavano a lavorare alle 5.45 del mattino. Alle 7.30 c’era un briefing quotidiano con il candidato, e primo ministro, David Cameron. Si cenava alla scrivania, con cibo d’asporto.

I laburisti, invece…

(tratto da un articolo del Telegraph)

Svegliarsi il prima possibile

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Svegliarsi il prima possibile

Domande e risposte

Lo devono fare tutti i componenti di uno staff elettorale? No, vale solo per chi ha responsabilità strategiche.

È un servizio che va offerto di default a tutti i candidati? No, una dedizione di questo tipo richiede investimenti congrui e la stessa dedizione da parte del candidato.

Vale anche nei fine settimana? Vale sempre. I giornali escono tutti i giorni, i telegiornali vanno in onda a tutte le ore.

Va fatto per tutta la campagna elettorale? Non necessariamente, ma più ci si avvicina alla data delle elezioni più diventa indispensabile. Nell’ultimo mese, in particolare, è opportuno non prendere molti altri impegni né di lavoro né extralavorativi.

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

2. Leggere la rassegna stampa tutti i giorni

Una quota fissa dell’impegno quotidianova dedicato alla lettura per raccogliere spuntie riflessioni utili nel resto della giornata

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Proforma ha lavorato alla campagna elettorale (persa) di Raffaella Paita in Liguria e abbiamo costruito una social-rubrica, #toticontrototi, che quotidianamente metteva in luce le liti nazionali tra i partiti che formavano la coalizione di centrodestra.

(Purtroppo la sinistra era assai più divisa…)

Leggere la rassegna stampa

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposte

Come si costruisce una rassegna stampa?È possibile abbonarsi ai principali quotidiani oppure a servizi di composizione di rassegna stampa giornaliere, basate su parole-chiave.

La rassegna stampa è solo locale? No, avere una rassegna nazionale è utile sia a raccogliere dati politici generali da usare su scala locale, sia per leggere analisi, editoriali e riflessioni utili per migliorare la strategia.

Leggere la rassegna stampa

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposte

Quanto tempo va dedicato alla rassegna?Idealmente non meno di tre ore al giorno, per quanto sia assai complicato mantenere certi standard in campagna elettorale

“Entrare” nella rassegna stampa con i propri contenuti: consigli?

• Cercare di dare una notizia nuova al giorno;• usare i social media in modo “pop”,

interattivo e attrattivo per i giornalisti;• non mandare i comunicati oltre le 18

(dopo rischia di essere troppo tardi)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

3. Creare canali di comunicazione interna attivi 24 ore su 24

L’idea buona può arrivare quando meno te lo aspetti…

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Canali attivi 24 ore su 24

Proforma ha lavorato alla campagna elettorale (vinta) di Michele Emiliano in Puglia e con il candidato abbiamo ragionato su questo tweet, che poi è diventato una notizia rilanciata su tutti i principali media nazionali.

(Io ho dato il mio contributo alle 7:20 del mattino, dal bagno di un albergo, in un gruppo WhatsApp)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Canali attivi 24 ore su 24

Domande e risposte

Quali sono gli strumenti ideali per una conversazione attiva 24 ore su 24?Noi solitamente adottiamo gruppi Facebook ristretti e segreti di staff, per lavorare sui social media e sui testi dei comunicati. In parallelo lavoriamo su WhatsApp, con due gruppi, uno più esteso e di “cazzeggio” e uno più ristretto e operativo.

I candidati devono essere coinvolti in questi flussi?Solo se ne hanno voglia e se partecipano attivamente. In questi casi, gli altri partecipanti ai gruppi devono ridurre le conversazioni inutili a zero.

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Canali attivi 24 ore su 24

Domande e risposte

Esistono strumenti di monitoraggio in tempo reale dei comportamenti degli avversari? Ne suggeriamo due:

• un pannello di controllo come Tweetdeck o Hootsuite, per monitorare i flussi legati a specifiche parole-chiave;

• strumenti come IFTTT per ricevere mail legate a specifiche attività online (esempio: quando un avversario twitta).

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

4. Le elezioni locali non sono un test nazionale…

Le dinamiche di votosembrano stabilmente legatea dinamiche competitive nei territori

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Il valore locale delle elezioni

“I veneti sono gente pratica. L’anno scorso hanno voluto premiare il tentativo di cambiamento di Renzi. E quest’anno, dovendo pensare al proprio territorio, abbiamo confermato Zaia, che è stato un buon governatore”

(Bepi Covre, imprenditore e sindaco di Oderzo nel 1993 con la Lega Nord – articolo di Alberto Brambilla su La Stampa, 2 giugno 2015)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Il valore locale delle elezioni

Elezioni europee 2014: solo 3 elettori su 10 hanno votato sulla base della propria autocollocazione ideologica (sinistra versus destra) o sulla base di appartenenza a un partito. (dati Cise-Luiss, giugno 2014)

È ragionevole prevedere che il peso della variabile “ideologica” cali ulteriormente alle elezioni amministrative, e che al contempo cresca l’orientamento di voto/non voto basato sulla percezione di credibilità dei candidati.

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposteQuanto conta la valutazione dell’amministrazione uscente nel determinare l’esito di una campagna elettorale?I dati delle regionali 2015 sembrano univoci: il bilancio sull’operato dell’amministrazione uscente è spesso determinante (Zaia vince, Rossi vince, Paita perde, Caldoro perde).

Il valore locale delle elezioni

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposteCosa fare in caso di amministrazione uscente percepita come deficitaria?Se il candidato ha ben governato e si ricandida, è importante iniziare la campagna elettorale con largo anticipo, comunicando intensamente le cose fatte, per recuperare il consenso.

Se il candidato è nuovo ma espressione dell’amministrazione uscente, deve marcare sin da subito un profilo di netta discontinuità, politica prima ancora che comunicativa.

Se il candidato non ha responsabilità nell’amministrazione precedente ma è della sua stessa parte politica, può sottolineare le differenze senza timore (Emiliano).

Il valore locale delle elezioni

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

5. …ma sembrano sempre più legate a dinamiche nazionali

Cala il ricorso alle preferenze, anche al Sud Italia. E se si vota solo la lista, allora esiste un effetto nazionale

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Il valore nazionale delle elezioni

Ricorso al voto di preferenza alle elezioni regionali del 2005-2010-2015 in sei delle sette regioni andate al voto (dati Istituto Cattaneo).

Se cala il legame tra candidati locali e territorio, aumenta il peso delle proposte nazionali nelle scelte di voto.crescita della Lega Nord -> capacità di egemonizzare

i temi dell’immigrazione

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Il valore nazionale delle elezioni

Ricorso al voto di preferenza alle elezioni regionali del 2010-2015 divisi per appartenenza politica.

Lega e MoVimento5Stelle sono i partiti i cui elettori hanno fatto meno ricorso al voto di preferenza.(dati Istituto Cattaneo - in Umbria la Lega Nord è passata dal 4 al 14% mentre il ricorso alle preferenze degli elettori della Lega è sceso di 50 punti percentuali)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposteCosa conviene fare ai partiti nazionali in vista delle elezioni locali?Specializzarsi su un unico macro-tema nazionale e monopolizzarlo (Lega: immigrazione; M5S: ricambio della classe dirigente)

Esiste un effetto di trascinamento del leader nazionale sulle elezioni locali?Sì, se il leader ‘incarna’ il tema nazionale nei suoi interventi a sostegno dei candidati e sui media.

No, se il leader si limita semplicemente a sostenere i candidati con iniziative congiunte. In ogni caso l’elettore ha votato la proposta politica nazionale del partito più del suo leader (M5S va bene nonostante Grillo sia defilato).

Il valore nazionale delle elezioni

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e rispostePossono esistere strategie diverse sulla base del posizionamento nazionale dei partiti (al governo/all’opposizione)? Questi dati suggeriscono che i partiti al governo hanno più bisogno di candidati consiglieri forti e radicati rispetto ai partiti di opposizione.

Il valore nazionale delle elezioni

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

6. I sondaggi sono indispensabili…ma non sempre ci azzeccano

Serve una riflessione profonda su efficacia e limiti di uno strumentodi cui comunque non si può fare a meno

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Attenzione ai sondaggi

Tutti i sondaggi in Liguria, per tutta la durata della campagna, attribuivano a Raffaella Paita un leggero vantaggio su Giovanni Toti. In particolare,

il dato della Lega è stato sottostimato e il dato del PD è stato sovrastimato.(estratto di un’intervista a Raffaella Paita, su La Repubblica del 2 giugno 2015)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Attenzione ai sondaggi

“Votare? L’ho fatto, preferirei non dire per chi”

Estratto di un articolo del Secolo XIX del 2 giugno 2015, dal titolo:

La breccia della Lega nei caruggi: «Li voto, ma non fate il mio nome»

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposteCome si può migliorare l’affidabilità dei sondaggi?Anche se i dati indurrebbero a un disinvestimento su questo tipo di strumenti, la realtà ci dice che il metodo (e i budget) vanno potenziati per tornare su buoni livelli di affidabilità. In particolare:

• utilizzare metodi misti (mai solo interviste telefoniche; se possibile inserire analisi qualitative, utilissime per De Luca in Campania);

• allargare l’ampiezza campionaria (attualmente il campione medio è di 1000 interviste, nel Regno Unito suggeriscono di arrivare a 4000);

Il valore nazionale delle elezioni

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Il valore nazionale delle elezioni

• aumentare la segmentazione su base territoriale (cittadina o provinciale) e non accontentarsi più di sondaggi regionali/nazionali;

• aumentare la frequenza delle rilevazioni (da mensile a settimanale);

• interrogare i cittadini su tutti i principali temi di attualità politica e non indagare solo le intenzioni di voto;

• quando possibile, incrociare i dati di diversi territori per sondare eventuali trend nazionali omogenei.

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

7. Più la politica è in crisi, più gli staff devono essere organizzati

Quali risorse umane sono indispensabiliper condurre una buona campagna elettorale al tempo dei social media?

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Come comporre uno staff

Figure tecniche indispensabili nella costruzione dello staff

Social media manager (se possibile con competenze minime di grafica e di montaggio video)

Portavoce/addetto stampa (per comunicati ed eventualmente per supporto al social media manager)

Responsabile dell’agenda (deve scegliere le attività più utili al candidato, senza sovraccaricarlo e senza far perdere tempo)

Webmaster (per il sito Internet)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Redattore (per i contenuti per il sito e per il coordinamento con i comitati elettorali, anche per la produzione di contenuti ‘periferici’

Videomaker (sia per seguire il candidato negli eventi sia per realizzare spot, tutorial e contenuti per il web)

Fotografo (come sopra)

Tutte queste figure devono essere coordinate da un coordinatore-campaign manager (e non dal candidato)

Come comporre uno staff

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposteQueste risorse devono essere retribuite?È altamente consigliabile. Le risorse volontarie saranno legittimamente impegnate in altro durante la campagna elettorale

È possibile accorpare alcune di queste competenze in un’unica figura?Sì, anche se questo può ridurre la capacità operativa complessiva della struttura elettorale

Come comporre uno staff

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposte

Le figure sono tutte indispensabili, a prescindere dall’ampiezza territoriale e dal tipo di elezione (amministrativa/regionale/nazionale)?Il discrimine vero non è la grandezza del territorio o il numero di elettori da coinvolgere, ma piuttosto la volontà di essere presenti in Rete e la quantità di contenuti che si intende produrre in campagna elettorale.

Se si vuole essere attivi online e vitali, queste figure sono indispensabili in qualsiasi livello territoriale.

Come comporre uno staff

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

8. Le campagne elettorali finiscono il venerdì alle 23:59 (e anche dopo)

Abbassare la guardia è vietato,anche nell’ultima settimana

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Si finisce il venerdì alle 23:59

Indecisi nell’ultima settimana (serie storiche ISPO)

Elezioni politiche del 2008: 12% ha deciso nell’ultima settimana, l’8% il giorno del voto, 11% ha deciso di non votare

Elezioni europee del 2009: 14% ha deciso nell’ultima settimana, 13% il giorno del voto, 13% ha deciso di non andare a votare

Elezioni politiche del 2013: 30% degli elettori (5 milioni di persone) indeciso nell’ultima settimana

Elezioni Regionali Liguria del 2015 (sondaggi a nostra disposizione): indecisi stabilmente sopra il 20%, anche nell’ultima settimana

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Si finisce il venerdì alle 23:59

In alcuni casi l’appello al voto può essere orientato all’aumento dell’affluenza e non semplicemente a portare elettori sul nome del candidato.

È il caso del video con cui Michele Emiliano chiede ai pugliesi di andare a votare alle elezioni Regionali 2015.

(I sondaggi ci dicevano che Emiliano sarebbe stato avanti con qualsiasi dato di affluenza)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Si finisce il venerdì alle 23:59

Europee 2014: quasi un elettore su 5 ha deciso per chi andare a votare il giorno del voto, o addirittura nell’urna (di questi, circa il 25% ha votato PD e circa il 5% ha votato M5S – dati Euromedia)

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposte

Esiste il silenzio elettorale su Internet?La legge che disciplina la materia è del 1956 ed è stata aggiornata solo nel 1975, dunque non contempla Internet. Comunicare online durante il silenzio elettorale non è dunque illegale.

Noi però lo sconsigliamo: riteniamo che il silenzio elettorale vada comunque rispettato, prima di tutto per rispettare gli elettori. Qui i dettagli della nostra proposta.

Si finisce il venerdì alle 23:59

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Domande e risposteFino a quando ha senso immaginare la produzione di nuovi strumenti di comunicazione?Nelle ultime due settimane, a meno che non emergano forti novità nel dibattito, non ha senso produrre nuovi materiali ma piuttosto semplificare la comunicazione, puntando su due-tre messaggi fondamentali

Gli “eventi finali” hanno ancora senso?In questi anni è sempre più difficile riempire una piazza politica, ma chi ha la forza di farlo dovrebbe provarci, perché un bagno di folla può convincere gli ultimi indecisi (esempio: Grillo a San Giovanni nel 2013)

Si finisce il venerdì alle 23:59

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

9. Primarie e Amministrative sono due campagne completamente diverse

Le regole della consultazionee le caratteristiche degli elettoricondizionano profondamentele scelte di comunicazione

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

L’elettorato delle Primarie condotte dal 2005 a oggi presenta due tipologie di profilo peculiare e costanti nel tempo:

over 55 e pensionati con dieta mediatica tradizionale (giornali)

studenti e laureati con dieta mediatica mista e non televisiva

(In giallo i dati peculiari – tabella IPSOS sull’elettorato alle Primarie del centrosinistra del 2012, primo turno)

Primarie versus Amministrative

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Primarie versus Amministrative

Domande e risposteQuali sono le principali differenze di comunicazione tra elezioni primarie ed elezioni amministrative?

Regole di accesso ai mezzi: quasi sempre le coalizioni si auto-impongono restrizioni nell’acquisto di spazi pubblicitari, in particolare su tv e radio;

Tetto di spesa: alle Primarie è quasi sempre previsto un tetto di spesa piuttosto basso per le campagne dei candidati (Primarie PD 2013: tetto di spesa nazionale di 200.000 euro, inclusi eventuali costi di agenzia);

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Tipologia di elettorato: l’elettorato delle Primarie è mediamente più anziano e scolarizzato rispetto all’elettorato delle Amministrative, va raggiunto con la stampa, la “piazza” e Internet;

Ruolo della televisione: poco determinante alle Primarie, assolutamente centrale alle Amministrative.

Primarie versus Amministrative

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

10. Sto lontano dallo stress

700 giorni sono tanti:serve disciplina e strategie individuali di decompressione

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Tecniche di gestione incontrate nel nostro cammino in questi due anni

Fare la spesa di patatine fritte e taralli per tutto l’ufficio ogni settimana (tecnica Amenduni)

Spegnere il telefono un’ora in pausa pranzo, qualsiasi cosa accada

Darsi un orario fisso di inizio e/o fine lavoro

Irreperibilità totale in alcuni momenti della settimana

Sto lontano dallo stress

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

Attività fisica regolare

Brevi pause cadenzate a distanza di due ore

Non lavorare solo sulle campagne elettorali (tecnica Proforma, attenzione a non esagerare con le ore di lavoro)

Non perdere energie a litigare sui social media Smettere del tutto di lavorare una volta usciti dall’ufficio

Sto lontano dallo stress

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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali

conclusione

“ La vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti”

Søren Kierkegaard

Se avessi capito la metà delle cose che ho scritto in questa presentazione PRIMA della fine delle campagne elettorali, sarei stato un comunicatore politico migliore.

Per questo ho deciso di condividere con voi ciò che ho imparato.

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pubblicata il 17 dicembre 2015

Buone e cattive pratichedi comunicazione politica sui social media(e cosa possiamo imparare da queste storie)

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

chi sono

Mi chiamo Dino AmenduniTwitter @dooniee-mail [email protected] il resto about.me/dinoamenduni

Sono comunicatore politico e pianificatore strategico per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)

Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing e comunicazione politica)

Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente(sia la consultazione che il download) agli indirizzi www.slideshare.net/dooniee www.slideshare.net/proformaweb

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

A. Come la politica dovrebbe comunicare online: la guida di Twitter

B. Politica e social media regole minime di sopravvivienza

C. Cinque post di successo sui social media

I tre moduli

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Come la politica dovrebbe comunicare online:la guida di Twitter

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. All politics is local (all news is global)

2. Le agorà anche senza piazza

3. I ‘superelettori’

4. Dallo storytelling allo storylistening

5. I primi 20 minuti dopo un’intervista sono decisivi online

6. Scrivi tweet multimediali

7. Personality wins on Twitter

8. Potenzia il portavoce

9. Quanti tweet al giorno?

sommario

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

La guida di Twitter

Twitter ha realizzato una guida, “Government and Elections Handbook”, pubblicata nel settembre 2014 (qui un’analisi per Valigia Blu).

La guida è stata curata internamente dallo staff di Twitter e prodotta per il sistema politico e istituzionale americano.

La guida vale anche per l’Italia?Nel nostro Paese possiamo fare campagne elettorali mature come negli Stati Uniti, ma serve volontà, risorse umane ed economiche, fiducia nella comunicazione e, soprattutto, bisogna rinunciare alla tentazione di copiare, scimmiottare, ignorare le grandi differenze politiche, di regole del sistema elettorale e di cultura comunicativa tra le due nazioni.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. All politics is local (all news is global)

Il contatto con il territorio resta la chiave per vincere le elezioni, ma ciò che si comunica localmente può avere un impatto nazionale.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Nella guida di Twitter troviamo (come paradosso) il tweet di Chuck Grassley, senatore dell’Iowa, coinvolto in un incidente stradale che ha causato la morte di un cervo:

quasi 3000 retweet e notizia rilanciata dai principali media nazionali.

1. All politics is local (all news is global)

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

La guida di Twitter inizia con una frase, “All politics is local”. Nel contesto dei social media, ribadire che tutto ciò che riguarda la politica ha una declinazione inevitabilmente locale vuol dire sottolineare come oggi i social media favoriscano un rapporto diretto con il proprio elettorato di riferimento, anche se il politico è lontano dal territorio per motivi istituzionali. Tra siti, newsletter, account personali, si può davvero costruire un “rapporto fiduciario digitale” (a condizione che ci sia la volontà politica, ovviamente) a costi molto ridotti rispetto al passato.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Cosa possiamo imparare da questa storia?

Ma oggi c’è un’altra verità: “All news is global”. Non è detto che manifestare interesse per notizie iperlocali e rilevanti per le vicende del proprio collegio elettorale (anche in contesti ‘globali’ come le reti sociali), non possa essere interessante anche su scala nazionale.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

2. Le agorà senza piazza

La presenza fisica non è più un elemento indispensabile per la partecipazione politica.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Twitter offre la possibilità di organizzare momenti pubblici di confronto (Twitter Town Hall Meeting) tra politici/istituzioni e cittadini.

Barack Obama fu il primo a utilizzare questo servizio a luglio del 2011. Di solito si utilizza un hashtag (in questo caso #AskObama) per aggregare più facilmente le domande e le risposte.

(qui il video integrale della Twitter Town Hall con Obama)

2. Le agorà senza piazza

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

La presenza di connessioni ubique da dispositivi mobili porta a un aggiornamento automatico del significato della parola ‘partecipazione’, in particolare se applicato alla politica: per partecipare non necessariamente bisogna essere fisicamente presenti nei luoghi istituzionali o elettorali in cui la politica “avviene”.

Un utente può per esempio fare una domanda al sindaco della sua città mentre è nella sala d’attesa di uno studio medico, o al supermercato.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Questo aggiornamento ha due implicazioni: da un lato il politico può organizzare momenti di partecipazione diffusi, distribuiti, svincolati dalla sua presenza in un luogo (chiaramente non basta solo la partecipazione digitale, ma quest’ultima è un’utile e fino a pochi anni fa inedita integrazione), dall’altro lato il cittadino può partecipare alla vita politica anche se ha tempi di vita incompatibili con i tempi della politica.La capacità di incrociare queste nuove domande e offerte di partecipazione è una delle componenti più rilevanti per determinare la qualità della comunicazione politica contemporanea.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

3. I ‘superelettori’

Esistono elettori ‘digitali’ che votano e danno consigli su chi votare: loro valgono anche più degli indecisi.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Secondo una ricerca mondiale condotta da Nielsen nel settembre 2015, il passaparola è lo strumento di “pubblicità” più efficace su scala mondiale e anche in Italia.

Tutto ciò che solitamente fa capo al mondo dell’advertising risulta essere meno efficace rispetto al consiglio di conoscenti, ai commenti online e alle recensioni.

3. I ‘superelettori’

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Secondo una ricerca del Pew Research Institute citata nella guida di Twitter, gli utenti che parlano di politica online hanno il 50% di possibilità in più di partecipare a eventi politici (come i comizi) o di attivarsi in prima persona in campagna elettorale.

Incrociando questo dato ai recentissimi e continui confronti tra l’affidabilità del passaparola (in crescita) e quello della pubblicità (in calo), è possibile dedurre che esiste una piccola categoria di “superelettori”: attivi digitalmente, disponibili a impegnarsi a livello elettorale, e dunque potenziali promotori di meccanismi di passaparola, sia a favore sia contro i politici.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Oggi questi superelettori “valgono” più di molti investimenti pubblicitari e per “averli” non basta il denaro: serve sincerità e coinvolgimento reale.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

4. Dallo storytelling allo storylistening

Perché mettere al centro le proprie storie quando quelle degli elettori sono più interessanti?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

4. Dallo storytelling allo storylistening

Tra i dati più interessanti della guida c’è un suggerimento diretto ai politici, in particolare in occasione di Town Hall Meeting (le “agorà senza piazza” di cui si parlava nel punto 2) o di sessioni di domande e risposte online: quando interagite con un utente, chiedetegli qual è la sua storia.Il consiglio potrebbe sembrare banale e di buon senso, ma se si decide di dar seguito fino in fondo ci si deve porre un nuovo, e più generale interrogativo: le storie di cui i politici (e i media) devono parlare sono quelle raccontate dai politici o quelle raccontate dai loro elettori?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

4. Dallo storytelling allo storylistening

E quindi, estremizzando: non sarebbe meglio ascoltare storie, dare voce agli elettori, utilizzare la propria cassa di risonanza di consenso o di visibilità, piuttosto che raccontarle?

Se così fosse, il ruolo di storyteller cambierebbe radicalmente: da ‘inventore’ di storie a ‘selezionatore’ di storie.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

5. I primi 20 minuti dopo un’intervista sono decisivi online

Non basta vincere i confronti televisivi, serve anche che qualcuno dica che li hai vinti (soprattutto online).

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

“In the old days, campaigns flooded the designated spin room the second the debate ended with staff and high-level surrogates to explain why their candidate won (even if they didn’t). As a onetime spinner, I can tell you we literally ran into the room to beat the other candidates’ spinners to the awaiting media hordes. This was the first chance to try to affect the judgment of the political intelligentsia. Now, it’s basically all over but the shouting before the first person sprints into the spin room.”

(Dan Pfeiffer, CNN)

5. I primi 20 minuti dopo un’intervista sono decisivi online

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Twitter suggerisce esplicitamente di creare le condizioni per una “postintervista” online coinvolgendo direttamente il giornalista e commentando i passaggi salienti con gli utenti.

Questo consiglio sembra perfettamente in linea con l’analisi di Dan Pfeiffer, secondo il quale i primi 20 minuti di discussione online dopo la fine di un dibattito televisivo possono orientare lo “spin”, cioè la percezione pubblica di chi ha vinto e perso il confronto.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Cosa possiamo imparare da questa storia?

Morale: i politici dovrebbero correre sui social appena escono dagli studi televisivi e l’impatto di un’intervista non si esaurisce con la sua pubblicazione.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

6. Scrivi tweet multimediali

Fare post sui socialdi solo testo riduce il loro potenziale virale.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Il data scientist di Twitter, Douglas Mason, ha analizzato milioni di tweet provenienti da account verificati negli Stati Uniti, e l’indagine ha restituito alcuni dati tendenziali sulla propagazione virale dei tweet a contenuto politico.

La percentuale di retweet di un contenuto politico/istituzionale cresce del 62% del tweet contiene foto, il 30% se contiene hashtag, il 16% se contiene cifre, il 14% se contiene citazioni e la stessa percentuale se contiene video.

6. Scrivi tweet multimediali

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Cosa possiamo imparare da questa storia?

I tweet fatti di sole parole sono i meno efficaci.

Twitter inoltre suggerisce di inserire un hashtag di riferimento in caso di aggiornamenti in diretta e di twittare, quando possibile, utilizzando i trending topic di giornata in modo da favorire la propagazione virale dei contenuti e l’allargamento della propria base di follower.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

I consigli appaiono ancora più pertinenti nelle circostanze in cui gli aggiornamenti online riguardano eventi catastrofici: nella guida è citato un tweet di Chris Christie, governatore del New Jersey, durante l’uragano Sandy nel novembre 2012.

Questa citazione contiene un altro consiglio indiretto: in caso di calamità naturali, gli attori politici devono comunicare molto di più, non molto di meno.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

7. Personality wins on Twitter

La politica-pop interessa sia agli utentisia ai media tradizionali.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Il tweet che ha generato il maggior engagement nella carriera social di Hillary Clinton fino alla data di pubblicazione della guida (settembre 2014) è un commento in diretta durante il Superbowl (finale del campionato di football americano).

7. Personality wins on Twitter

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

“Fingiamo di interessarci alla crisi, al debito, alla disoccupazione, quando siamo assetati di storie, di eroi e di cattivi. Ci crogioliamo nei feuilleton politici che non hanno altro fine se non tenerci col fiato sospeso. Seguiamo le campagne come una successione di episodi intigranti, un reality show permanente di cui i sondaggi e l’auditel misurano il successo. Esigiamo della suspense, dei colpi di scena. Rivendichiamo la nostra dose di emozione. Siamo tutti delle Bovary dell’urna, avidi “di falsa poesia e di falsi sentimenti”.”

(Christian Salmon, “La politica nell’era dello storytelling”. Può piacere o non piacere, ma al momento la situazione è questa)

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

8. Potenzia il portavoce

Meglio una voce in più per far trapelarei retroscena e le informazioni non istituzionali.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

8. Potenzia il portavoce

30 agosto 2014: Federica Mogherini è eletta Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea.

Filippo Sensi (@nomfup), portavoce di Renzi, pubblica una foto su Instagram che racconta l’istante in cui Renzi e Mogherini ricevono la notizia della nomina.

Poteva scattarla solo lui.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Twitter suggerisce esplicitamente ai politici di dotarsi di una seconda bocca di fuoco comunicativa, rappresentata dal profilo del proprio portavoce, e non solo dagli account dell’istituzione amministrata (o dagli account del comitato elettorale se si è in corsa per un incarico).

Questo espediente permette sia di intervenire in modo più libero nel dibattito pubblico, ad esempio smentendo o confermando indiscrezioni emerse proprio sui social media in tempi rapidissimi, sia di produrre contenuti apparentemente non ufficiali ma in realtà assai rilevanti dal punto di vista della comunicazione politica.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

9. Quanti tweet al giorno?

Esiste una regola ufficialedi Twitter:non esiste una regola.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

9. Quanti tweet al giorno?

La guida di Twitter libera i social media manager da una delle ansie più ricorrenti di chi fa questo lavoro: non esiste una regola quantitativa definita, non esiste un numero minimo e massimo di tweet giornalieri da produrre. Se lo dicono loro, allora è possibile dichiarare chiuso l’argomento.

Il suggerimento di Twitter è tanto facile a dirsi quanto difficile a farsi: scrivi solo quando hai qualcosa di rilevante da dire, se non scrivi nulla non è un problema.E questo è vero negli Stati Uniti, come nel resto del mondo.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Politica e social media:regole minimedi sopravvivenza

2ª edizione

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. Ogni atto di comunicazione sul web è potenzialmente pubblico

2. Parla nel modo più semplice e didascalico possibile

3. Vuoi parlare direttamente agli elettori? Usa Facebook. Vuoi parlare attraverso i media? Usa Twitter. Vuoi parlare ai nativi digitali? Non dimenticarti di Youtube

4. Non dare la colpa agli stagisti o agli hacker se fai un errore (e chiedi scusa: tutti sbagliano)

5. Non iniziare a usare i social media a distanza troppo ravvicinata dalle elezioni

sommario

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. Un tweet è come un comizio

Strumenti personali,impatto pubblico:ogni parola scritta da un politico può avere un’influenza immediataonline e offline, in Italia e all’estero.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. Un tweet è come un comizio

Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, tweet scritto nella notte tra il 14 e il 15 giugno 2014, alle 2 del mattino, dopo Italia-Inghilterra ai mondiali di calcio in Brasile.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. Un tweet è come un comizio

Articolo del Guardian a commento del tweet di Gasparri, 15 giugno 2014.

Gasparri è descritto come “one of Italy’s most gaffe-prone politicians”.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Tre conseguenze sulla comunicazione politica

Prima di spingere invio, rispondere alla domanda: “Ripeterei le stesse parole in una piazza gremita?”. Se la risposta è ‘no’, non pubblicare.Se un politico decide di dare una notizia sui propri canali sui social media, anziché sui mezzi tradizionali (soprattutto se in campagna elettorale o con un ruolo amministrativo) ha buone opportunità di essere rilanciato sui mezzi tradizionali, ma con il vantaggio di dare un senso all’utilità di seguire i suoi account: lì le notizie si trovano prima e dalla viva voce dei protagonisti.

Tenersi alla larga dai social media quando si è in uno stato di alterazione (stanchezza, ubriachezza, rabbia...).

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

2. Parlare nel modo più semplice e didascalico possibile

Tra analfabetismo funzionale, velocità e disinteresse: comunicare senza mai dare nulla per scontato.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

2. Parlare nel modo più semplice e didascalico possibile

Percentuale di analfabetismo funzionale nei Paesi dell’area OCSE (dati Human Development Report).

Quasi un italiano su due non comprende pienamente un testo scritto dopo averlo letto: se non si parla in modo comprensibile, il messaggio non arriverà.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Tre conseguenze dirette sulla comunicazione politica

Bisogna comunicare immaginando che il pubblico stia ascoltando per la prima volta ciò che abbiamo da dire: linguaggio didascalico, niente acronimi, niente elenchi di leggi o decreti senza spiegazioni. Meglio un post lungo e comprensibile che un post breve e incomprensibile.

I contenuti devono essere prodotti secondo una logica di scalabilità, dal livello minimo di complessità (social media) al livello massimo (approfondimenti sul sito Internet). L’elettore deve essere lasciato libero di scegliere dove e come informarsi.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Cosa possiamo imparare da questa storia?

Tre conseguenze dirette sulla comunicazione politica

“Se non lo riesci a dire in 140 caratteri, non mi interessa” (da un articolo de La Stampa) → su Twitter meglio un titolo con link che contrazioni e punteggiature sballate.

Buona comunicazione = uso appropriato della lingua italiana

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

3. Un ecosistema, tre strategie diverse

Facebook = disintermediazioneTwitter = reintermediazioneYouTube e video = nativi digitali

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Rapporto Facebook/Twitter in Italia: circa 7 utenti a 1

Nel mondo: rapporto 5 a 1 circa

Youtube più diffuso di Facebook tra gli under 30 (dati Censis).

I tre strumenti hanno funzioni diverse e interdipendenti.

3. Un ecosistema, tre strategie diverse

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Cosa possiamo imparare da questa storia?

Tre conseguenze dirette sulla comunicazione politica

Facebook è il luogo della disintermediazione: è lo strumento teoricamente ideale per comunicare ai cittadini senza l’aiuto della mediazione giornalistica.

Perché la disintermediazione sia reale, è necessario che il flusso di comunicazione sia bidirezionale: non solo dai politici ai cittadini, ma anche dai cittadini ai politici (e il feedback deve avere un valore politico).

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Cosa possiamo imparare da questa storia?

Tre conseguenze dirette sulla comunicazione politica

Twitter è il luogo della reintermediazione. Strumento amato dai grandi nodi dell’informazione italiana, può rappresentare un’alternativa rapida ed efficace ai comunicati stampa (e in alcuni casi persino alle conferenze stampa).

Se si ambisce a raggiungere un pubblico under-30, il primo passo da fare è pianificare una strategia di produzione di contenuti video (Elezioni politiche 2013: M5S al 43% tra gli under 24 e con il canale Youtube con più visualizzazioni nell’anno in Italia).

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

#Matteorisponde, format creato per le Primarie PD dell’8 dicembre 2013

Sessione di domande e risposte → i media tradizionali non servono

Uso di Twitter → i media tradizionali rilanciano

Youtube (Hangout) → i media tradizionali hanno

contenuti a costo zero

Un’idea di comunicazione nata per il web ha effetti molto più complessi.

3. Un ecosistema, tre strategie diverse

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

4. Non dare la colpa allo stagista

Se fai un errore sui social e accusi qualcun altro, non ti crederà (quasi) nessuno.Meglio ammettere di aver sbagliato (capita a tutti) piuttosto che peggiorare la situazione.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, fa confusione tra gli aerei da guerra F35 e gli elicotteri della Protezione Civile...

4. Non dare la colpa allo stagista

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

...e si giustifica attribuendo la responsabilità “a chi gestisce il profilo”.

Online questa spiegazione è stata considerata poco credibile.

4. Non dare la colpa allo stagista

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Tre conseguenze dirette sulla comunicazione politica

Se si fa un errore di comunicazione, meglio inviare immediatamente una rettifica sullo stesso canale, cancellando il post erroneo solo qualora il contenuto sia ad alto tasso di viralità.

Qualora la frittata sia già stata fatta e il post è stato visto da molte persone bisogna evitare di cancellarlo per cercare di nascondere le prove. Potrebbe scattare un Effetto Streisand che aumenterebbe la conoscenza di quel post invece che ridurla.

Dare la colpa a condizioni esterne (stagisti, hacker, virus) non risolverà il problema, anzi: gli utenti non ci crederanno il personaggio politico ne uscirà ancora più delegittimato.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

5. Se è già troppo tardi, non iniziare

Recuperare il tempo perso è corretto quando si fa con molti mesi di anticipo: a poche settimane o a pochi giorni dalle elezioni sarà solo una mossa elettorale, potenzialmente dannosa.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Letizia Moratti inizia a usare Twitter in modo intensivo tra il primo e il secondo turno delle elezioni Amministrative a Milano del 2011 (Moratti era sindaco in carica). Per farlo crea un hashtag (#mirispondi) con lo scopo di generare più interazioni possibili. Costruisce uno staff last-minute, ma proprio lo staff cade in un tranello satirico.

Questo è uno dei più gravi errori di comunicazione politica degli ultimi anni: il sindaco in carica dimostra di non conoscere le strade della città che amministra.

5. Se è già troppo tardi, non iniziare

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

In questa slide: effetti collaterali di una comunicazione politica approssimativa sui social media.

5. Se è già troppo tardi, non iniziare

Page 317: Proforma - corso universitario di comunicazione politica allo IED: tutte le slide

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Tre conseguenze dirette sulla comunicazione politica

Se il profilo di un politico è incompatibile con la comunicazione sui social media (scarsa abitudine tecnologica, mancanza di volontà di usare gli strumenti, scarsa empatia), è meglio essere coerenti e non usarli fino alla fine, piuttosto che tentare un’operazione simpatia poco prima del voto. Le elezioni possono essere vinte anche senza social (e senza comunicazione, in alcuni casi estremi).

Cosa possiamo imparare da questa storia?

Page 318: Proforma - corso universitario di comunicazione politica allo IED: tutte le slide

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Tre conseguenze dirette sulla comunicazione politica

Più tardi si inizia con l’utilizzo dei social media, più la pressione dell’opinione pubblica è forte, meno ci si dovrebbe affidare a risorse esterne, soprattutto se a digiuno di politica.

La comunicazione sui social media è altamente consigliata ma non del tutto obbligatoria: alla luce di queste cinque regole, il lavoro va organizzato in modo scientifico, altrimenti i rischi sono decisamente superiori rispetto alle opportunità.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Cinque post politici di successo sui social media (e cosa possiamo imparare da queste storie)

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. Hillary Clinton e un commento a un post di una pagina Facebook (luglio 2015)

2. Graziano Delrio versus Giorgia Meloni sulle corsie preferenziali a Roma (agosto 2015)

3. Matteo Salvini a Strasburgo dopo il referendum in Grecia (video da due minuti - luglio 2015)

4. Matteo Renzi (subito) dopo la finale Pennetta-Vinci agli US Open (settembre 2015)

5. Barack Obama e il tweet più popolare della storia della comunicazione politica (novembre 2012)

sommario

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

1. Hillary Clinton su “Humans of New York”

Uscire dai propri spazi social (ogni tanto) può offrire risultati eccellenti.

Page 322: Proforma - corso universitario di comunicazione politica allo IED: tutte le slide

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Humans of New York è una pagina Facebook che raccoglie storie di abitanti, stabili o di passaggio, della città americana attraverso un lavoro quotidiano di storytelling fotografico (foto più breve didascalia). Conta 15 milioni di utenti su Facebook. A luglio HONY ospita la storia di un giovane ragazzo omosessuale, preoccupato per il suo futuro.

Hillary Clinton interviene direttamente tra i commenti della pagina, ottenendo più di 95mila “mi piace”.

1. Hillary Clinton su “Humans of New York”

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Rinunciare alle gerarchie comunicative classiche della “vita reale” è quasi sempre una buona idea e questo è vero soprattutto sui social media, dove le aspettative sociali degli utenti sono orientate alla parità, all’orizzontalità, alla reciprocità e dove il modello “io parlo, tu (pubblico) mi ascolti” non funziona come funzionerebbe in televisione.

Parlare fuori dai propri spazi social vuol dire riconoscere l’esistenza dell’altro e la sua rilevanza: meno autoreferenzialità e maggiore accettazione della complessità del sistema dei media sono due elementi che favoriscono l’empatia.

Fare tutto questo per primi, o commentando contenuti/post su temi rilevanti, favorisce la notiziabilità dell’atto comunicativo (atto solo online, vantaggi anche offline).

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

2. Delrio versus Meloni su Twitter

I botta e risposta tra politici servono?Sì, soprattutto se il tuo oppositore mostra il fianco.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

2. Delrio versus Meloni su Twitter

Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture del governo Renzi, chiede a Stefano Esposito, neoassessore ai trasporti del Comune di Roma, perché le corsie preferenziali siano occupate illegalmente dalle automobili. Giorgia Meloni (Fratelli D’Italia) prova a inserirsi nella discussione per attaccare Marino (la “Panda Rossa”) e lo stesso Delrio. Ma Delrio, che spesso utilizza la bicicletta, ha una facile risposta, che non a caso ottiene un risultato maggiore in termini di retweet e favoriti.

(nota: il tweet di Meloni è più ‘visibile’ di quello di Delrio - il punto prima della tag - che è una replica e dunque è visto solo da chi segue i protagonisti dello scambio)

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Se c’è uno scambio comunicativo ‘alla pari’ e uno dei due interlocutori presta il fianco, è possibile sfruttare lo scambio a proprio vantaggio. Ogni scambio di tweet è pubblico e, dal punto di vista dei possibili impatti mediatici, può equivalere in alcuni casi (come questo) a una buona performance televisiva.

Prestare il fianco al contrattacco è più facile se si va off-topic, se non si commenta/risponde nel merito. Questo è doppiamente vero perché gli scambi sui social si svolgono “in piazza” e quindi qualsiasi utente può entrare nella conversazione, mettendo in difficoltà gli interlocutori politici.

Se il botta-e-risposta non fosse avvenuto nell’arco di poche ore (nel corso di un’unica giornata politica), questo scambio non sarebbe diventato una notizia.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

3. Matteo Salvini a Strasburgo

Anche i contenuti politici possono ottenere milioni di visualizzazioni su Facebook?Sì, a certe condizioni.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

3. Matteo Salvini a Strasburgo

Matteo Salvini estrae una clip video di due minuti dal suo discorso al Parlamento Europeo dell’8 luglio, tre giorni dopo il referendum in Grecia sull’accordo con l’Europa, e la pubblica direttamente su Facebook.

Nel discorso elogia in parte Tsipras e critica apertamente le istituzioni europee. Le cifre (like e condivisioni) mettono in evidenza un grande e virale successo del contenuto.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Esistono quattro predittori di un buon risultato per un contenuto politico sui social media:

Alta fruibilità: obiettivo raggiunto perché il video ha una durata inferiore ai tre minuti ed è dunque facilmente consultabile anche da dispositivi mobili;

Titolo non lasciato al caso: in questo caso è stato realizzato con un tono volutamente aggressivo, utile a polarizzare il dibattito e a motivare il proprio elettorato di riferimento;

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Tempismo nei tempi di pubblicazione: il video è online pochi minuti dopo il discorso dal vivo ed è stato caricato direttamente su Facebook, traendo così giovamento dal comportamento premiante dell’algoritmo nei confronti dei contenuti pubblicati direttamente sulla piattaforma;

Inerzia politica favorevole: Salvini difende Tsipras, con qualche distinguo, e attacca l’establishment europeo, rappresentando di fatto un sentimento che aveva visto la sua netta affermazione politica nel risultato del referendum in Grecia di tre giorni prima.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

4. Matteo Renzi agli US Open

Postare quando hai tutti gli occhi addosso è spesso un’ottima idea.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

4. Matteo Renzi agli US Open

Matteo Renzi pubblica quattro foto sulla sua pagina Facebook poche ore dopo la conclusione della finale degli US Open tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci.

Nonostante gli scatti siano stati pubblicati in piena notte (a mezzanotte e 51 del 13 settembre 2015), il post ha generato un numero di like superiore a molti altri contenuti pubblicati negli ultimi mesi.

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

5. Barack Obama: Four more years

Il più efficace tweet politico di sempre (fino a ora): ma cosa c’è di così speciale?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Il primo tweet di Barack Obama dopo l’ufficializzazione della sua rielezione a Presidente degli Stati Uniti nel 2012.

Tre parole, una foto, 740mila retweet.

5. Barack Obama: Four more years

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Esiste un rapporto di proporzionalità quasi diretta tra l’esposizione mediatica tradizionale e il successo di un post sui social media: più il politico è esposto alla pressione mediatica (esempio: livetweeting durante una diretta tv), più i suoi atti sui social sono attesi dagli utenti, e dunque generano immediata e più rapida attivazione (engagement).

Esiste un rapporto di proporzionalità quasi diretta tra la presenza di un sentimento positivo nell’opinione pubblica, in questi casi generati da una finale sportiva e da una vittoria elettorale, e risultati positivi sui social media, a condizione che esista una coerenza tra quel sentimento e il messaggio pubblicato (real-time marketing).

Cosa possiamo imparare da queste storie?

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Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media

Esiste un rapporto di proporzionalità quasi inversa tra successo di un post sui social media e tempi di reazione online: se entrambi i post fossero stato pubblicato 24 ore dopo, non avrebbe ottenuto lo stesso risultato perché l’attenzione dell’opinione pubblica non sarebbe stata più concentrata esclusivamente sulla notizia del momento.

Cosa possiamo imparare da queste storie?

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Grazie.

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