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Iran tra tradizione e modernità Viaggio attraverso i percorsi storici di un’antica civiltà, per comprendere le possibili modalità di uno sviluppo economico in contesto di pace.

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Iran tra tradizione e modernità

Viaggio attraverso i percorsi storici di un’antica civiltà, per

comprendere le possibili modalità di uno sviluppo economico in

contesto di pace.

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Una Finestra sull’Iran

Ero perso con lo sguardo verso il mare

Ero perso con lo sguardo nell'orizzonte,

tutto e tutto appariva come uguale;

poi ho scoperto una rosa in un angolo di mondo,

ho scoperto i suoi colori e la sua disperazione

di essere imprigionata fra le spine

non l'ho colta ma l'ho protetta con le mie mani,

non l'ho colta ma con lei ho condiviso e il profumo e le spine tutte quante.

Ah, stenderei il mio cuore come un tappeto sotto i tuoi passi,

ma temo per i tuoi piedi le spine di cui lo trafiggi.

Hafez

“(…)L'Iran, nonostante la sottoscrizione della Convenzione Internazionale per i Diritti del

Fanciullo -prosegue Sbai continua a non rispettare gli accordi presi e si conferma un regime

estremista, razzista, intollerante e patriarcale, capace di macchiarsi giorno dopo giorno di sangue

innocente, soprattutto di donne. Mi chiedo che valore abbia la sottoscrizione di diversi trattati da

parte di uno stato come l'Iran il cui presidente ha fatto dichiarazioni incontestabilmente estremiste

in sede internazionale. Non ci resta che fare appello a tutti gli studenti, uomini e donne, a

ribellarsi, ad alzare la voce, a non stare zitti. La morte di Delara deve essere ricordata e

commemorata. E dopo il lutto bisogna agire: non e' piu' accettabile, accettare questo genocidio

femminile”.

COMUNICATO STAMPA DELL'ON. SUAD SBAI SULL'IMPICCAGIONE DI DELARA

DARABI

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Profili economici dell’Iran tra tradizione e modernità

L‘Iran è la culla della nostra civiltà, un paese dove convivono culture e tradizioni diverse in uno

stesso luogo ed è intatta un‘identità . Andare in Iran è come fare un viaggio tra tradizione e

modernità .Una leggenda Greca narra che sul portale della tomba di Ciro a Persepoli vi fosse

scritto:

―IO SONO CIRO FONDATORE DEGLI ACHEMENIDI. TU UOMO, FORSE UN GIORNO

VERRAI QUI A TROVARMI, MA TI PREGO, NON INVIDIARMI PER QUESTO PEZZO DI

TERRA‖

e che quando Alessandro Magno visitò questa tomba s‘inginocchiò e, chiedendo perdono, pianse

per quello che aveva fatto.

L'antica Persia era la linea di confine tra Asia e Europa, lungo la storica via della seta, attraverso la

quale entravano in contatto Oriente ed Occidente. Nel corso dei secoli, il ruolo geopolitico dell'Iran

è diventato sempre più cruciale. Quando Mohammad Mosaddeq, dopo aver vinto le elezioni, nel

1951 nazionalizzò l'industria petrolifera, il rancore tra il governo e lo Scià andarono peggiorando,

fino a quando quest'ultimo non fu costretto a lasciare il paese e cercare riparo in Europa. A partire

dal 1963, lo Scià lanciò la Rivoluzione Bianca, un programma sociale e politico che avrebbe dovuto

trasformare l'economia e la società iraniana. In questo modo, il governo ridistribuì i terreni a 2

milioni e mezzo di iraniani, intensificando il processo di scolarizzazione e migliorando le

condizioni sanitarie nelle aree più rurali del paese.

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La riforma, d‘altro canto, non apportò sufficiente ricchezza ai piccoli coltivatori che si riversarono

in massa nelle grandi città in cerca di una vita migliore. Inoltre, la Rivoluzione Bianca attirò a sé le

ire degli ulema, i leader spirituali, poiché molte delle terre confiscate appartenevano alle vaqf, le

associazioni caritatevoli che erano amministrate proprio da quest'ultimi.

Tra i capi religiosi che si opponevano alle politiche dello Scià, apparve Ruhollah Musawi

Khomeini, insignito, per la sua battaglia politico-religiosa col titolo di Ayatollah, ovvero il titolo più

elevato per il clero sciita (in arabo, "segni di Allah‖).

Una moltitudine di studenti islamici scesero per le strade di Teheran a cominciare dal gennaio 1978,

per contestare le accuse mosse contro Khomeini sui quotidiani della capitale. La risposta dello Scià,

che era ormai da tempo malato di cancro, fu piuttosto confusa. Inizialmente le milizie regali

repressero nel sangue le proteste, causando un'inevitabile recrudescenza della violenza e dello

scontento contro la famiglia reale.

Quando però nel 1979 le sue condizioni di salute si aggravarono, lo Scià cercò riparo negli Stati

Uniti per ricevere un trattamento medico adeguato, lasciando il paese nel caos. Nonostante il

diniego da parte di Washington (per non prendere parte diretta nella difficile situazione politica

iraniana), l'episodio ebbe un'eco molto pesante all'interno del movimento rivoluzionario iraniano, e

con molta probabilità fu la scintilla che portò al rapimento dei 55 diplomatici americani. Ad un

anno dalle prime insurrezioni, Mohammad Reza Pahlavi lasciò l'Iran, per riparare prima in Iraq e

poi in Egitto, dove morì.

Il governo di Teheran, ad oggi, rappresenta uno dei principali interlocutori per pacificare la

tormentata regione Mediorientale. Tra il 1980 ed il 1988, l'Iran ha combattuto una sanguinosa

guerra contro l'Iraq, per il possesso di territori contesi. Le problematiche che caratterizzano la

situazione attuale iraniana, riguardano principalmente il tentativo di accogliere le influenze

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modernizzanti provenienti dall'estero e la possibilità di riconciliare il controllo clericale del regime

con la partecipazione popolare al governo del Paese e con la diffusa richiesta di riforme.

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L'Iran contemporaneo

Nel gennaio del 2005, il conservatore Mahmoud Ahmadinejad, ex sindaco di Teheran, vinse le

elezioni sconfiggendo l'ex premier Hashemi Rafsanjani e come prima cosa, vietò dalla televisione e

dalla radio statale la musica considerata "indecente". Nei primi anni, Ahmadinejad dovette

scontrarsi con l'inflazione e l'alto tasso di disoccupazione che non accennarono a diminuire. Il

Premier decise di rispondere alle difficoltà economiche del paese aumentando gli investimenti nel

programma nucleare.

L'arricchimento dell'uranio, secondo quando dichiarato dal governo di Teheran, sarebbe servito a

scopi civili, per diversificare l'economia iraniana, e diminuire la dipendenza dal petrolio, anche se il

paese rimane uno dei maggiori produttori di oro nero ma non è in grado di effettuare il processo di

raffinazione in autonomia.

Il contestato programma nucleare iraniano che è da anni ormai al centro delle tensioni tra Teheran e

Washington, rese ancora più ostili le relazioni tra i due paesi, in particolare negli otto anni

dell'amministrazione Bush. A più riprese l'ex presidente Usa accusò Teheran di sostenere le

organizzazioni islamiche fondamentaliste, attive soprattutto in Palestina (come per esempio Hamas)

e Libano (Hezballah), inserendo l'Iran nel noto "asse del male".

Nel corso della conferenza contro il razzismo di Ginevra (nominata Durban 2), organizzata nel

marzo del 2009 dalle Nazioni Unite, Ahmadinejad accusò lo stato ebraico, pur senza mai

nominarlo, di essere razzista e di perpetuare lo sterminio delle popolazioni palestinesi.

In seguito a tali dichiarazioni, i delegati dell'Unione Europea abbandonarono l'aula, creando

ulteriori tensioni nelle relazioni diplomatiche con il governo di Teheran.

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Un segnale di distensione arrivò con la liberazione della giornalista iraniano-americana Roxana

Saberi, ex corrispondente per la CNN da Teheran, accusata nel gennaio del 2009 di spionaggio e

condannata a 6 anni di reclusione. In seguito ad una serie di dure proteste da parte della comunità

internazionale, il regime di Teheran dopo 4 mesi rilasciò la giornalista, con la motivazione, rimasta

alla storia, che "gli Stati Uniti non costituiscono una nazione ostile".

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Lo stato dell’economia iraniana

L‘Iran ha avuto tra il 1960 e il 1977 un processo di industrializzazione finanziato dai proventi del

petrolio, a cui però non fece seguìto, un adeguato aumento delle infrastrutture ed un paritetico

sviluppo dell'agricoltura. A tale annosa situazione si aggiunse l‘aggravarsi delle tensioni politiche e

religiose ed ai conseguenti moti di protesta, la guerra con l'Iraq e il crollo del prezzo del petrolio,

accentuando le difficoltà della giovane nazione.

L‘Iran anche se occupa il secondo posto mondiale per le sue riserve petrolifere, ha una tale scarsa

disponibilità di raffinare il prodotto, come precedentemente accennato, da spendere eccessivamente

nell'importazione di combustibile.

Il 30% della popolazione iraniana vive d‘agricoltura, praticata su un territorio coltivato solo per il

10%, le principali coltivaioni sono: pistacchio, cereali, orzo, cotone, che viene esportato, tabacco,

barbabietola e canna da zucchero. Largamente diffuso è l'allevamento bovino nelle zone di pascoli,

ovino e caprino in quelle più aride. Accanto al petrolio, di cui l'Iran è uno dei principali produttori

mondiali, le risorse minerarie annoverano gas naturale, ferro, rame, carbone; anche gli altri

idrocarburi rappresentano una buon risorsa. Sono sorte alcune industrie nel settore petrolchimico in

alcune città tra cui Teheran, in quello siderurgico a Isfahan e Bandar-Abbas e in quelli metallurgico

e meccanico. Ai settori tessile e alimentare si sono aggiunte industrie per la produzione di beni di

consumo ed elettrodomestici, di macchinari, automobilistiche, di materiali da costruzione,

farmaceutiche, cosmetiche, della pelle, elettriche e di elettronica. Importante è il settore

dell'artigianato, rappresentato soprattutto dalla produzione e dall'esportazione di tappeti.

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Notevoli sforzi sono stati compiuti durante la presidenza di Rafsanjani per tornare ad un'economia

di pace e modernizzare le strutture produttive, aprendo al mercato e ai capitali stranieri, ma la nuova

linea di politica economica ha portato a una grave crisi nei primi anni Novanta, con pesanti costi

sociali: rialzo dell'inflazione, difficoltà dell'industria nazionale e tutta una serie di problemi che

hanno reso difficile la ripresa economica. A tutto ciò si aggiungono i problemi causati dall'ideologia

religiosa che ha impedito la privatizzazione di alcuni settori dell'economia iraniana: la costituzione

islamica, infatti, vieta gli investimenti stranieri. I tassi di prestito sono comunque alti: nella prima

metà del 2007 hanno superato il 14% per le banche statali ed il 17% per quelle private. Anche

l'inflazione è alta e gli investimenti si sono rivolti prevalentemente al mercato immobiliare.

Nel gennaio 2008 il governo iraniano ha annunciato che avrebbe aperto la Iranian Oil Bourse (IOB,

Borsa Iraniana del Petrolio) nel periodo tra l'1 e 11 febbraio successivo. Il 30 gennaio 2008, però,

una serie di danni ai cavi di fibra ottica sottomarini isola quasi completamente l'Iran dalla rete

Internet (oltre all'Iran, rallentamenti e disguidi si sono avuti negli altri Paesi del Golfo, oltre che in

Egitto e in India), rendendo di fatto impossibile l'eventuale apertura della Iranian Oil Bourse.

Il 17 febbraio 2008 il governo iraniano ha inaugurato l'Iranian Oil Bourse per commerciare petrolio

e prodotti petroliferi. La moneta usata nelle transazioni sarà il Riyal iraniano.

A febbraio 2009, il tentativo di vendere al pubblico iraniano il 5% di Banca Mellat ha fallito. Gli

investitori nel mercato dei capitali di Teheran non hanno dimostrato fretta di acquistare le quote. Il

governo ha offerto agli investitori un totale di 656 milioni di azioni della sua banca. La ragione

principale del fallimento della privatizzazione è stata la scelta del momento, dato che la borsa di

Teheran e' in seria crisi negli ultimi mesi alla luce del calo dei prezzi del petrolio nel mercato

mondiale.

Dopo l'annuncio di un boicottaggio di tutte le imprese che hanno connessioni con il regime

"sionista" le autorità iraniane chiedono spiegazioni ad una società locale di bibite. Secondo fonti

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iraniane, il Ministro iraniano dell'Industria e delle miniere, Ali Akbar Mehragian ha convocato i

dirigenti della società iraniana Khoshgovar al fine di ottenere un chiarimento sulla natura del loro

rapporto con la società americana Coca Cola. La società iraniana paga circa $ 1,5 milioni di dollari

l'anno per la licenza e per l'utilizzo del marchio Coca Cola. L'attuale campagna contro la Coca Cola

in Iran è stata accelerata dal recente conflitto nella Striscia di Gaza iniziato nel dicembre 2008.

Crisi Economica e Petrolio

Il calo del prezzo del petrolio che si è verificando nel mercato mondiale ha provocando ingenti

danni all‘economia iraniana. Tale tendenza avrebbe potuto danneggiare gravemente l‘industria

petrolifera iraniana.

Tuttavia l‘economia iraniana, contrariamente a quella del mondo occidentale, non si trova in una

fase di recessione. Secondo le stime dell‘Economist, l‘Iran crescerà di mezzo punto nel corso del

2009, distanziandosi così dalle perdite che faranno segnare paesi come il Giappone (-6,4), la Russia

(-5,0%), gli Stati Uniti (-3,2) e la stessa Italia (-4,6). La crisi si è comunque fatta sentire anche

all‘interno dei confini della Repubblica Islamica, che ha rallentato la sua corsa rispetto agli anni

passati. Grazie anche all‘elevato prezzo del petrolio, il PIL iraniano era cresciuto alla media del

5,8% annuo nel periodo 2000-08, con un picco del 7,8% nel 2007.

Nonostante lo sviluppo continuativo degli ultimi anni, diversi fattori limitano ancora la crescita

dell‘economia iraniana. Il primo di questi impedimenti è stata sicuramente l‘inflazione, che si

ritiene abbia toccato il suo culmine nel corso del 2008, con la percentuale del 28%. Grazie

probabilmente all‘approssimarsi delle elezioni, questa cifra sta scendendo e secondo le stime

dell‘Economist dovrebbe raggiungere il 19% al termine del 2009. L‘alto tasso di inflazione ha

creato molti problemi alla popolazione iraniana, soprattutto nella loro vita di tutti i giorni. In pochi

anni i prezzi dei beni di prima necessità e degli immobili sono cresciuti vertiginosamente ed gli

iraniani che fino a qualche tempo addietro potevano permettersi di comprare una casa si sono

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ritrovati improvvisamente senza il denaro sufficiente per farlo. La classe sociale più colpita dal

fenomeno inflattivo è stata probabilmente la piccola borghesia urbana, che si è ritrovata

improvvisamente senza i risparmi necessari per aumentare il proprio benessere.

Un altro impedimento che limita l‘ulteriore sviluppo dell‘economia iraniana è il problema dei

sussidi. Lo stato infatti paga i produttori per mantenere artificialmente bassi i prezzi di diversi

prodotti di largo consumo, tra cui il pane e la benzina. Questi finanziamenti si sono dimostrati

particolarmente onerosi per le casse dello stato e non potranno essere mantenuti per molto tempo se

il prezzo del petrolio dovesse scendere sotto una certa soglia. Per dare un‘idea del costo di tali

politiche, nel 2005/06 il governo ha speso circa 5 miliardi di dollari in sussidi e 3 miliardi di dollari

in importazioni di benzina. Sono alcune stime, queste cifre sono attualmente raddoppiate e tendono

a crescere in modo sempre più deciso. I sussidi hanno avuto poi un effetto negativo generale sul

livello di produttività del sistema, che è diminuito a causa della mancata competizione, e sul livello

di consumo di tali prodotti, che è aumentato in breve tempo oltre ogni aspettativa. L‘Iran ha

oltretutto subito in questi anni un crescente isolamento economico da parte dell‘Occidente, dovuto

sia alle sanzioni approvate delle Nazioni Unite, sia alla pressione esercitata da Washington nei

confronti dei suoi alleati europei ed asiatici. Teheran ha risposto a questa chiusura aumentando le

proprie relazioni con alcuni paesi dell‘Asia Orientale e del Medio Oriente, ampliando i propri

rapporti commerciali con paesi come Turchia e Cina. Fino ad ora tale strategia si è dimostrata

vincente nell‘evitare l‘isolamento. Nel 2009, Pechino ha siglato due accordi miliardari con la

Repubblica Islamica in ambito energetico. In gennaio i cinesi hanno concluso un accordo per lo

sviluppo dei campi petroliferi del North Azadegan, mentre il 4 giugno, a pochi giorni dalle elezioni

presidenziali, la China National Petroleum Corporation (CNPC) ha ufficialmente sostituito la

compagnia francese della Total per lo sviluppo del giacimento di gas del South Pars.

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La ratio della politica di Ahmadinejad

La crescita dell‘inflazione in Iran era un evento atteso da molti esperti finanziari. Già nel 2007,

quando Ahmadinejad ha impedito l‘aumento dei tassi di interesse per bilanciare l‘enorme afflusso

di denaro derivante dal petrolio, in molti avevano previsto l‘incremento dell‘inflazione e la fuga

degli investimenti dalla borsa ai beni immobili. Ahmadinejad era probabilmente ben consapevole

delle conseguenze delle sue scelte e secondo il parere di alcuni analisti ha evitato di dare troppo

ascolto alle parole degli economisti per rincorrere invece i propri interessi politici. Se avesse alzato

il tasso di interesse, come gli consigliavano gli esperti, non avrebbe potuto rispettare la promessa di

―portare sulle tavole degli iraniani i soldi del petrolio‖ ed avrebbe creato delle difficoltà a buona

parte della popolazione che aveva bisogno di liquidità. Secondo alcuni analisti, gli alti tassi di

interesse avrebbero poi penalizzato i finanziatori della sua campagna elettorale, che dovevano

ancora sistemare i prestiti contratti qualche anno prima con diversi istituti di credito. A spingere

Ahmadinejad a non preoccuparsi troppo dei contraccolpi economici della sua decisione ha

probabilmente giocato un ruolo anche la storia dell‘inflazione all‘interno dei confini della

Repubblica islamica. Già dal 1991 al 1996 il tasso era stato costantemente superiore al 20% ed

aveva toccato la quota record di 49,1% nel 1995. Anche nel recente passato, nel periodo compreso

tra il 1997 ed il 2006, l‘inflazione era stata sotto il 15% nel 1999/2000 e nel 2005/2006.

Le politiche economiche di Ahmadinejad, contrariamente a quanto può sembrare, comunque, non

sono la conseguenza diretta di una cattiva gestione delle risorse economiche del paese, ma sono il

frutto di una strategia che mira a rafforzare i rapporti del presidente con alcuni gruppi di potere e

con le classi sociali a lui più vicine. L‘attuale presidente, conscio delle caratteristiche da ―prima

repubblica‖ vigenti all‘interno del sistema politico iraniano, ha preferito rafforzare i legami con i

propri sostenitori più che adottare politiche previdenti per il bene collettivo della comunità. Questo

consolidamento di alleanze e di legami clientelari potrebbero avvantaggiarlo nel corso delle

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prossime elezioni presidenziali, poiché il suoi principale sfidante, Mousavi, ha deciso di sostenere il

principio della liberalizzazione economica, che trova ancora molte resistenze all‘interno del paese. I

risultati delle elezioni del 12 giugno saranno perciò il banco di prova della gestione del potere da

parte di Ahmadinejad, che potrebbe essere premiato in virtù della sua ―realpolitik‖, oppure essere

punito dalla popolazione per bruciato l‘enorme quantità di ricchezza piovuta in Iran dopo l‘aumento

del prezzo del petrolio.

Tuttavia, mentre gli iraniani festeggiano il 30° anniversario della Rivoluzione Islamica, la politica

sarà oscurata dalle difficoltà economiche, sorte in parte a causa del crollo dei prezzi del petrolio e in

parte a causa della crisi finanziaria mondiale.

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L’Iran e le sanzioni

Nel 2008, il Consiglio di Sicurezza dell‘Onu ha approvato due ulteriori risoluzioni sul programma

nucleare iraniano e sulle sanzioni internazionali, portando a cinque il numero totale di risoluzioni da

quando ebbe inizio l‘impasse con l‘Occidente.

Mahmud Ahmadinejad, il presidente iraniano, ha continuato a mantenere un tono di sfida dicendo:

―Emettete tutte le risoluzioni che volete. Approvate risoluzioni fino a quando la vostra ‗borsa di

risoluzioni‘ non scoppierà‖. L‘Organizzazione per l‘Energia Atomica dell‘Iran ha annunciato che

stava pianificando di installare 6.000 centrifughe al fine di raddoppiare la sua capacità di

arricchimento dell‘uranio rispetto agli anni passati. Mentre le sanzioni non sono riuscite ad

obbligare Tehran a tenere a freno il suo programma nucleare, esse hanno protetto l‘economia

iraniana dalla recessione economica globale – ma solo momentaneamente.

Circa cinque anni di prezzi petroliferi alle stelle avevano aiutato l‘Iran ad aumentare la spesa

pubblica nel tentativo di proteggere l‘economia locale dal tracollo finanziario globale. Tuttavia,

questa politica è stata duramente criticata da molti economisti, che hanno messo in guardia contro

l‘aumento dell‘inflazione, e hanno invitato a una maggiore disciplina in campo economico, e a

ridurre la spesa.Malgrado gli ammonimenti, Ahmadinejad ha continuato a portare avanti i suoi

controversi piani economici, che prevedevano fra l‘altro l‘obbligo delle banche di abbassare i loro

tassi di interesse e di offrire prestiti a buon mercato alle piccole imprese.

Ciò ha portato a un alto numero di dimissioni all‘interno della squadra economica del governo.

Tahmasb Mazaheri, il governatore della Banca Centrale dell‘Iran (CBI), che era riuscito con

successo a controllare la crescita vertiginosa della liquidità, si è dimesso a settembre.

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Egli era stato in carica per circa un anno, e le sue dimissioni hanno fatto esplodere i contrasti

economici già esistenti fra i conservatori al potere.

I conservatori, che avevano sempre lodato i successi di Ahmadinejad sulla scena internazionale e la

sua abilità di far marciare le masse contro la volontà delle potenze mondiali di affondare le

ambizioni nucleari dell‘Iran, hanno preso le distanze dai suoi piani economici.Ahmadinejad è

diventato sempre più solo nella sua battaglia economica.

Politiche economiche dannose

Le defezioni hanno posto una sfida ad Ahmadinejad, che in precedenza aveva goduto di un

appoggio quasi incondizionato in materia di politiche economiche.

Dopo le elezioni, molti deputati conservatori hanno detto che le sue politiche economiche erano

dannose. Ciò ha spinto coloro che avevano espresso queste critiche verso posizioni più vicine a

quelle dei loro rivali riformisti, e il risultato è stato l‘elezione di Ali Larijani, l‘ex capo negoziatore

nucleare dell‘Iran, alla presidenza del parlamento.

Larijani si era dimesso dal suo incarico di capo negoziatore a seguito di alcuni contrasti con

Ahmadinejad su come gestire la prolungata disputa del Paese con l‘Occidente.

Sebbene egli non avesse mai criticato apertamente Ahmadinejad, le sue dimissioni segnalavano la

comparsa di una fazione conservatrice più moderata.

Il 4 novembre scorso, il parlamento iraniano ha dato inizio allo scontro con Ahmadinejad dando il

benservito al ministro degli Interni. Ali Kordan, che era stato nominato solo 90 giorni prima, è stato

destituito con voto unanime perché aveva presentato un falso certificato di laurea dell‘Università di

Oxford per ottenere la conferma parlamentare.

I membri del parlamento lo hanno definito una disgrazia per il conservatorismo iraniano.

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Il parlamento ha poi approvato il nuovo candidato presentato da Ahmadinejad per quella carica, il

suo stretto alleato Sadeq Mahsouli, in una dimostrazione di unità con il governo, ma la spaccatura

stava cominciando a scuotere la fiducia dei legislatori nel fatto che il Paese fosse incamminato nella

giusta direzione.Ahmadinejad spera che il parlamento approverà un piano di ―rivoluzione

economica‖ che dovrebbe eliminare gran parte dei sussidi governativi rimpiazzandoli con dei

contributi di 40-70 dollari mensili a persona.Un giornale riformista ha recentemente rivelato che

questo piano è in effetti una copia della raccomandazione della Banca Mondiale di risparmiare gli

introiti petroliferi iraniani per progetti di sviluppo di cui vi è urgente bisogno.

Pur potendo sembrare strano per un governo che ha costantemente criticato le politiche della Banca

Mondiale, forse esso non ha avuto altra scelta.I prezzi del petrolio che erano schizzati a oltre 140

dollari al barile a luglio, sono ora scesi sotto i 50 dollari.Saeed Leylaz, analista economico e aspro

critico delle politiche monetarie di Ahmadinejad, ha dichiarato che il governo attualmente deve far

fronte a un deficit di 100 milioni di dollari al giorno. Il governo è obbligato a tagliare le spese,

inclusi i 90 miliardi di dollari annualmente erogati in sussidi. Altri esperti ritengono che il ―piano di

rivoluzione economica‖ accrescerà l‘inflazione almeno sul breve periodo; ariani ha affermato che il

parlamento bloccherà qualsiasi piano, legge o provvedimento che alimenti l‘inflazione.

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Minacce Future

Ci si attende che la frattura tra i conservatori seduti in parlamento e quelli che compongono il

governo si aggraverà nel prossimo anno. Coloro che criticano Ahmadinejad dicono che il suo piano

di rivoluzione economica è soltanto un modello populista per guadagnare voti in vista delle elezioni

presidenziali del 12 giugno. Egli ha ripetutamente respinto questa accusa, affermando che questo

piano non farà che danneggiare la sua popolarità.Ironicamente, il crollo dei prezzi del petrolio

potrebbe riportare in primo piano la questione nucleare. Privato di una parte importante dei suoi

introiti, l‘Iran non può permettersi di rimanere isolato dal resto del mondo.Il governo potrebbe

sentirsi obbligato a ritornare al tavolo dei negoziati con le potenze mondialiCiò, a sua volta,

potrebbe costare caro al governo in vista delle elezioni.Ahmadinejad, che era giunto al potere con la

promessa di migliorare il tenore di vita dei poveri, e che aveva mantenuto la sua popolarità sfidando

le potenze mondiali nello scontro nucleare fra l‘Iran e l‘Occidente, corre il rischio di perdere su

entrambi i fronti. Il suo piano di rivoluzione economica potrebbe essere una via d‘uscita. L‘impatto

del piano economico sulla popolarità di Ahmadinejad rimane da vedersi, ma vi sono pochi dubbi sul

fatto che la sua posizione tra i suoi alleati conservatori sia in declino dopo la sua vittoria elettorale

del 2005.

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Le Risorse Minerarie

L'Iran è il secondo produttore mondiale di gas naturali dopo la Russia, con 28 trilioni di mc stimati

che rappresentano circa il 18% dell'intera riserva mondiale. Bisogna altresì dire che le riserve di gas

non costituiscono, in termini di sfruttamento, un'opportunità commerciale della portata del

comparto petrolifero. Attualmente è in fase di realizzazione un ambizioso progetto per lo sviluppo

del vasto giacimento del South Pars, tale progetto è sostenuto dal Governo sia per contenere

l'eccessivo consumo interno di petrolio sia per consentire una rilevante esportazione di gas verso la

Grecia.

Gran parte dei giacimenti minerari resta tuttora inesplorata, anche se sono stati già identificati

depositi di carbone, ferro, rame, piombo, zinco (di cui l'Iran è al primo posto nel mondo per riserve)

e cromite, argento, manganese, sale, magnesite e zolfo alimentano l‘industria estrattiva.

In Iran la produzione industriale su larga scala si sviluppò negli anni Settanta e oggi il settore

contribuisce per il 44,6% alla formazione del PIL.Le industrie più importanti sono quelle

petrolchimiche, tessili, alimentari, di attrezzatura elettronica, laterizi, acciaio, autoveicoli.Il 30%

della popolazione attiva è impiegato nell‘industria. In forte ascesa è il settore automobilistico

(+29%) anche grazie alla tutela del regime protezionistico caratterizzato dall'esistenza di due

aziende parastatali: Iran Khodro e Saipa.Importante è il settore dell'artigianato, rappresentato

soprattutto dalla produzione e dall'esportazione dei tappeti, tessuti e annodati, e degli scialli di seta.

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Le esportazioni

Le esportazioni iraniane sono rappresentate per l'80% dal petrolio (quarto produttore mondiale e

secondo in ambito OPEC); anche il gas naturale incide notevolmente sulle esportazioni essendo

L'Iran il secondo produttore mondiale dopo la Russia.

Per quanto riguarda i prodotti non-oil esportati possiamo annoverare: tappeti annodati a mano,

prodotti chimici e petrolchimici, prodotti dell'agricoltura (frutta secca), prodotti industriali

(macchinari, equipaggiamento per trasporti) inclusi quelli di base (acciaio e ferro).

Nell'ambito dell'export iraniano non-oil, l'Italia si colloca al 5° posto dopo Emirati Arabi, Germania,

Giappone e Azerbaijan, con un peso - sull'export totale – pari al 5%.

Nel 2003 le esportazioni complessive del Paese raggiunsero 33.788 milioni di dollari USA, a fronte

di importazioni per 25.638 milioni di dollari USA.I principali prodotti importati dall‘Iran, invece,

sono in prevalenza macchinari e attrezzature, macchine elettriche, ferro e acciaio e prodotti

dell'agricoltura, in particolare frumento).La Germania resta il primo fornitore con una quota del

10.45%, al secondo posto gli Emirati Arabi con il 9.16% e terza l'Italia con una quota del 6.8% che

equivale ad un incremento del 1.33% rispetto al 2000. I principali partner commerciali sono il

Giappone, la Germania, la Francia, l‘Italia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e i Paesi Bassi. L‘unità

monetaria iraniana è il rial, suddiviso in 100 dinar ed emesso dalla Banca Markazi, fondata nel 1960

e controllata dal governo.

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Interscambio fra Iran e Italia

Per quanto riguarda l‘interscambio tra Iran ed Italia, i dati parziali del secondo bimestre 2006

rivelano un saldo favorevole all'Italia, in quanto l'Iran ha visto diminuire, in termini assoluti, le sue

esportazioni verso l'Italia fino a raggiungere quota 0 nel 2006, con una variazione di -100% rispetto

al 2005.

Nel 2006, comunque, la prima voce dell‘import italiano dall‘Iran continua ad essere il petrolio

greggio e gas naturale (oltre 3 miliardi di euro). Seguono, per valori molto inferiori, il rame

esemilavorati, i prodotti della siderurgia (in calo rispetto al 2004), frutta, piante e spezie.

Un notevole incremento si è registrato in vari comparti, quali: materie plastiche in forme primarie;

altri prodotti chimici di base organici e pietre ornamentali. In calo, invece, le importazioni di

prodotti chimici vari per uso industriale; tessuti di filati di cotone e carburanti per motori,

combustibili minerali e gassosi, i quali dopo la ripresa registrata nel 2005, hanno raggiunto

nuovamente quota 0, come nel 2004.

La composizione dell‘export nazionale verso l‘Iran è costituita per gran parte da prodotti

dell‘industria meccanica, in particolare turbine idrauliche e termiche ed altre macchine che

producono energia meccanica; macchine per la lavorazione delle materie plastiche e della gomma e

macchine per impieghi speciali; macchine da miniera, cava e cantiere. Si tratta comunque di

prodotti in calo rispetto agli anni precedenti; come è avvenuto per i seguenti comparti: autoveicoli;

parti e accessori per autoveicoli; prodotti della siderurgia e macchine per impiego generale ed altro

materiale meccanico.

Page 21: Profilieconomicidelliran2

In forte aumento, invece, l'interscambio di pompe e compressori e sistemi idraulici, macchine per la

metallurgia, che nel 2006 registra un incremento in valore di oltre 248 e 135 milioni di €,

rispettivamente.

Interscambio Italia -

Iran 2003 (in €) 2004 (in €) 2005 (in €)

Importazioni 2.178.952.820 2.946.330.049 3.880.919.911

Esportazioni 2.157.232.754 2.255.805.983 1.838.572.388

Saldo -21.720.066 -690.524.066 -2.042.347.523

Fonte: dati Istat Gen-Dic 2005 (agg. 01/06/2006)

Page 22: Profilieconomicidelliran2

Principali trattati tra Italia ed Iran

Accordo Italia-Iran sulla reciproca promozione e

protezione degli investimenti

Firmato a Roma il 10 marzo 1999 e ratificato

con Legge 11 luglio 2002, n. 171

Accordo Italia-Iran per i trasporti internazionali su

strada

Firmato a Roma il 25.7.1990: nel mese di

dicembre 1992 è stato ratificato da parte

iraniana. Non è in vigore in mancanza della

ratifica italiana.

Accordo di cooperazione scientifica

Nell‘ottobre `96 è stato firmato il programma

esecutivo dell‘Accordo culturale fra Italia ed

Iran per gli anni 1996-99. Esso prevede il

rilancio della cooperazione culturale, scientifica

e tecnologica tra i due paesi.

Accordo per il l‘effetto di scadenza del debito

Raggiunto tra SACE, MEDIOCREDITO e

Banca Centrale iraniana su base privatistica in

data 28.7.1994.

Accordo per l‘effetto di scadenza delle quote di

scoperto assicurativo di crediti assicurati ―Credit

Extension Agreement‖

Raggiunto tra MEDIOCREDITO e Bank Tejarat

e Bank Markazi a Roma in data 27.6.95.

Fonte: Mondimprese marzo 2008

Page 23: Profilieconomicidelliran2

Conclusioni

Quella iraniana è un'economia ancora in gran parte da ricostruire, soprattutto tenendo conto della

scelta che il paese ha fatto optando per la differenziazione delle fonti del proprio reddito nazionale.

La volontà di sviluppare in maniera particolare il comparto manifatturiero, apre alle PMI italiane

nuovi orizzonti, anche alla luce del rinnovato interesse con cui i principali istituti di credito

nazionali guardano alla repubblica islamica.

Il settore tessile, dell'automobile, del turismo e della manifattura, rappresentano i settori trainanti di

un sistema che non vuole più dipendere esclusivamente dagli introiti petroliferi e ha deciso di

puntare sul rinnovamento e sulla modernizzazione della propria base tecnologica e infrastrutturale.

In questo senso, la volontà di Teheran di privilegiare le importazioni di componentistica e di beni

intermedi rispetto a quelle di prodotti di consumo, offre agli operatori italiani un ulteriore atout.

Un mercato in espansione e un'ottima collocazione geografica, fanno dell'Iran, non solo un

importante mercato di sbocco, ma anche una via privilegiata attraverso cui accedere ai mercati del

Golfo Persico e del medio asiatico. Il basso costo del lavoro, l'ampia disponibilità di risorse

energetiche ad un prezzo contenuto, la buona dotazione infrastrutturale, ne rafforzano ulteriormente

l'appetibilità per gli investitori occidentali.

Occorre sempre ricordare però che l'Iran sta attraversando una fase di gravi ristrettezze finanziarie,

dovute al debito pregresso e al basso prezzo del greggio sui mercati internazionali. Anche la rigida

politica monetaria e le complesse procedure che regolano la concessione delle licenze agli operatori

stranieri possono avere un effetto disincentivante.

Page 24: Profilieconomicidelliran2

Infine, nonostante il governo stia cercando di normalizzare le proprie relazioni con l'Occidente, la

repubblica islamica continua ad essere un paese politicamente sensibile e, potenzialmente, soggetto

a improvvise turbolenze.

Affinché il viaggio alla sua scoperta sia quindi aziendalmente proficuo, nella valigia sono

indispensabili una generale conoscenza del paese e della sua cultura, nell'obiettivo prioritario di

evitare spiacevoli gaffe interculturali che potrebbero pregiudicare contatti ed approcci, oltre alle

principali indispensabili nozioni in materia tributaria, giuridica e valutaria.

In base a un piano di riforma agraria iniziato in Iran negli anni Cinquanta, furono ridistribuiti tra i

contadini circa 800.000 ettari di terreni.Il 30% della popolazione vive ancora di agricoltura,

praticata su un territorio coltivato solo per il 10%, coltivando soprattutto pistacchi, cereali, orzo

patate, riso, miglio, cotone (che viene esportato) tabacco, barbabietola e canna da zucchero.

Tra i prodotti principali si annoverano anche pomodori, tè, datteri, olive, agrumi e semi

oleosi.Diffuso è l‘allevamento bovino nelle zone di pascoli, ovino e caprino in quelle più aride. Si

allevano inoltre equini, cammelli, bufali e volatili da cortile.Dalle uova di storione pescato nel Mar

Caspio si ricava una pregiata qualità di caviale.L'allevamento è una risorsa fondamentale sia per

l'industria e sia per il settore alimentare (latte e derivati), per il tessile (lana) e per il cuoio.Il pellame

iraniano è il migliore sul mercato internazionale per il tipo di grasso sottopelle degli animali.

L'Italia è uno dei maggiori importatori di pellame iraniano; vengono importate ogni anno circa 22

milioni di pelli di pecora e 8-10 milioni di pelli di vitello e capra. Altro settore noto e

particolarmente fiorente è rappresentato da petrolio e gas; questo è il settore trainante dell'economia

iraniana, da cui dipende circa l'80% degli introiti delle esportazioni. L‘Iran è tra i principali

produttori petroliferi del mondo: i principali giacimenti di petrolio, che si concentrano all‘estremità

del Golfo Persico, nella regione sudoccidentale del Paese, vengono stimati tra i più grandi del

pianeta e sono sufficienti a mantenere i livelli attuali di produzione per i prossimi settant‘anni. Nel

Page 25: Profilieconomicidelliran2

2004 la produzione fu di 1.367 milioni di barili di petrolio. L‘Iran, nazionalizzò l‘industria

petrolifera nel 1951 e da allora la produzione viene controllata dal Ministero del Petrolio.

Il futuro dell'Iran, come quello della maggior parte degli altri paesi che esportano petrolio, verrà

determinato sia dalla geologia del suo sottosuolo che dall'ideologia dei suoi leader. Tuttavia, i

responsabili delle decisioni politiche possono scegliere la loro ideologia, ma non hanno molta

libertà di azione per quanto concerne la geologia. L'Iran ha molto petrolio e questo fatto geologico

inevitabile ha determinato e continuerà a determinare le scelte politiche a disposizione dei

governanti. Oggi il petrolio e il gas rappresentano circa il 25 per cento dell'economia iraniana, l'80

per cento dei ricavi delle esportazioni e l'85 per cento di tutte le entrate governative. L'Iran è il

quarto maggiore esportatore mondiale di petrolio e il suo sottosuolo contiene le terze maggiori

riserve di petrolio del mondo. Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Turchia, Italia e Francia sono

solo alcuni dei paesi che dipendono in larga misura dal petrolio iraniano. Esistono molte incertezze

sul futuro dell'Iran, ma una cosa è innegabile: il petrolio continuerà a essere la principale attività

economica della nazione e probabilmente assumerà ancora più importanza poiché nessun altro

settore può essere così competitivo a livello internazionale, può crescere così rapidamente e può

essere così redditizio. L'Iran, quindi, è e continuerà ad essere un cosiddetto "petro-state".

Le elezioni iraniane, lo sviluppo dell'energia nucleare, le posizioni verso Israele e il ruolo in Iraq e

in Medio Oriente in generale, le ambizioni in America Latina, le tensioni tra le aspirazioni della

popolazione giovane e le rigidità della struttura politica ed economica dell'Iran sono tutte questioni

controverse. Queste ed altre controversie alimentano il già ampio dibattito sul tipo di paese che

l'Iran si appresta a divenire nel prossimo decennio. Nessuno lo sa. Ma ciò che si sa è che le

caratteristiche dell'Iran quale petrostate determineranno la risposta a tale domanda ma anche, o

forse soprattutto, le sue lotte tra fazioni, le sue ambizioni internazionali e il suo programma

nucleare. Tutti i petro-state sono paesi ricchi di petrolio afflitti da istituzioni deboli, da un settore

pubblico che non funziona adeguatamente e da un'alta concentrazione di potere e ricchezza. Le loro

Page 26: Profilieconomicidelliran2

popolazioni sono perennemente frustrate dalla mancanza di proporzioni tra la ricchezza di petrolio

della nazione e la loro diffusa povertà. La Nigeria e il Venezuela sono ottimi esempi. Lo stesso

dicasi della Russia. E, naturalmente, dell'Iran. Il fatto che l'Iran abbia il petrolio non è una novità.

La novità è rappresentata dai profondi mutamenti che sono avvenuti nei mercati globali degli

idrocarburi e nella situazione del settore petrolifero iraniano. Molte nazioni produttrici di petrolio

hanno approfittato dell'impennata del prezzo del petrolio negli anni ‗90 per rafforzare la loro

industria petrolifera. Molte, ma non tutte. L'Iran è uno dei paesi produttori di petrolio che a seguito

delle sue politiche economiche, della sua situazione politica e delle reazioni internazionali di

ritorsione alle sue politiche sta entrando nel secondo decennio del Ventunesimo secolo con

un'industria petrolifera debole. Come si sa, le sanzioni internazionali hanno limitato le attività e gli

investimenti di importanti aziende petrolifere in Iran. Eppure, nonostante le agitazioni politiche, le

sanzioni internazionali e le inadeguate politiche energetiche, l'Iran continuerà ad attrarre compagnie

petrolifere straniere, che sanno come operare con profitto in paesi con deboli diritti di proprietà e

una politica instabile. Di conseguenza, la politica incerta dell'Iran e gli attriti internazionali

potrebbero temporaneamente fare fuggire alcuni investitori, ma la sua allettante geologia continuerà

ad attrarre società energetiche che non possono permettersi di essere escluse dalle riserve di petrolio

più ricche del mondo.

Dati economici

Informazioni Generali

Superficie: 163.6 km2

Popolazione: ca. 68.200.000 (stima 2003); 71,2 milioni (stime FMI fine

anno 2007.)

Principali città e rispettivi abitanti (stime ufficiali 2007)

Tehran (capitale): 7.705.000 abitanti;

Mashhad: 2.411.000;

Isfahan: 1.583.000;

Tabriz: 1.379.000;

Page 27: Profilieconomicidelliran2

Shiraz: 1.205.000.

Lingua La lingua ufficiale del paese è il Persiano (Farsi.)

Religione

l'Iran è un Paese musulmano a maggioranza sciita (90%). Sono presenti

importanti comunità di musulmani sunniti nel sud ovest del Paese, di

armeni e, in misura minore, di cattolici ed ebrei, cui è consentita libertà

di culto.

Moneta

L’unità monetaria dell’Iran è il Rial (IRR). 10 Rial = 1 toman (mentre

tutte le statistiche governative utilizzano il rial, in circostanze non

ufficiali, gli iraniani utilizzano i toman come riferimento).

Il sistema di cambi multipli è stato sostituito da un cambio unico all’inizio

dell’anno fiscale 2002.

Il tasso di cambio ad ottobre 2008 è di IRR 13145.4:1€.

Il tasso di cambio nel 2008 è di IRR :1€.

Calendario

L’anno iraniano inizia il 21 marzo; i primi sei mesi sono di 31 giorni, i

successivi cinque sono di 30 ed il 12esimo ne ha 29 (30 ogni quattro

anni). Il calendario iraniano parte dal viaggio di Maometto a La Mecca

nel 622 A.C., ma a differenza del calendario islamico, segue gli anni

solari.

Principali indicatori economici

DATA AND CHARTS: ANNUAL DATA AND FORECAST

2007a

2008b

2009c

2010c

PIL

PIL nominale in

(US$ bn) 286.058 329.480 387.017 461.877

PIL nominale ( IR

trn) 2.655 3.012 3.606 4.350

Crescita reale del

PIL (%) 7.8 6.5 3.8 4.5

Spesa sul PIL

(% reale)

Consumi privati 9.1 8.5 6.1 6.2

Consumi del

Governo -4.3 5.0 4.0 5.0

Investimenti lordi

fissi 6.0 5.8 5.0 5.5

Export di beni e

servizi 6.0 4.0 2.0 3.0

Import di beni e

servizi 8.3 9.0 10.0 10.5

Origine del PIL

(% reale)

Agricultura 6.2 3.0 4.6 4.5

Industia 7.9 4.5 4.5 4.3

Servizi 6.8 5.8 3.1 4.7

Page 28: Profilieconomicidelliran2

Demografia e

reddito

Popolazione

(mln) 71.2 72.1 72.9 73.8

PIL pr-capite

(US$ a PPP) 10.781 11.711 12.367 13.046

Tasso di

disoccupazione

(media %)

Indicatori

fiscali (% del

PIL)

Reddito del

Governo centrale 35.7 38.6 30.3 29.3

Spesa del

Governo centrale 25 29.9 28 26.7

Bilancio di

Governo -6.6 11.2 -9.5 -8.8

Debito netto

pubblico 22.2 25 25.3 25.1

Prezzi e

indicatori

finanziari

Tasso di cambio

IR:US$ (media) 9.281 9.143 9.319 9.417

Prezzi al

consumo (fine

periodo; %)

17.1 28 25 22.5

Prezzi alla

produzione

(media; %)

Tasso di

interesse di

prestito (media;

%)

Conto corrente

(US$ mln)

Bilancia

commerciale 40.819 38.631 17.603 24.871

Merci: export fob 97.401 106.424

88.650 97.694

Merci: import fob -56.582 -67.793 -71.047 -72.823

Bilancia dei

servizi -11.230 -13.737 -14.411 -14.745

Bilancia dei

redditi 4.638 2.079 2.411 3.511

Bilancia dei

trasferimenti di

conto

461 498 538 581

Bilancia in conto

corrente 34.081 27.472 6.140 14.217

Debito estero

(in US Mld)

Stock del debito 21.020 21.772 21.495 20.992

Debito dei servizi

pagato 2.420 2.763 2.727 2.743

Principali

ripagamenti 1.280 1.542 1.534 1.631

Page 29: Profilieconomicidelliran2

Interessi 1.140 1.221 1.194 1.112

Riserve

internazionali

(US$ mld)

Totale delle Riserve internazionali

82.059 96.559 88.309 86.060

Rischio paese

La SACE colloca l’Iran nella 6a categoria dell'OCSE; condizioni di

assicurabilità: apertura con restrizioni (aggiornato a novembre 2008).

Prospettive future

Gli esperti del settore, hanno dovuto rivedere al ribasso le previsioni

della crescita reale del PIL: nell'anno 2009/2010 ci si aspetta una

diminuzione al 3.8%, mentre nel 2010/2011 al 4.5%.

Nel 2007/08 gli alti prezzi del petrolio hanno fatto salire le entrate

derivanti dall’export di petrolio del 10%, nonostante i volumi dell’export

siano rimasti stabili. Mentre l'import è aumentato, in seguito alla crescita

delle importazioni di benzina, che sono nuovamente salite dopo

l'imposizione del razionamento della benzina.

Di qui si è stimato che il surplus commerciale diminuisca nel 2008/09 a

38,6 miliardi di dollari.

Per tutto il periodo analizzato i volumi di export aumenteranno

leggermente e le importazioni cresceranno, in linea con la crescente

spesa dei consumatori e degli investimenti.

Secondo le stime degli esperti, il surplus commerciale diminuirà a 17,6

miliardi di dollari nel 2009/10, prima di aumentare a 24,9 miliardi di

dollari nel 2010/11. Il deficit non-commerciale dovrebbe aumentare nel

2009/10, prima di diminuire nel 2010/11.

Si stima, dunque, che il surplus dei conti correnti diminuisca all'1,6% del

PIL nel 2009/10, rispetto all'8,3% del 2008/09, prima di aumentare al

3,1% del PIL nel 2010/11.

Secondo la Bank Markazi, alla fine del mese di settembre 2008,

l'inflazione ha raggiunto il 29,4%, rispetto alla media annuale del 17,1%

del 2007. Secondo gli esperti l'inflazione raggiungerà il 28% nel 2008 e

con la diminuzione dei prezzi della prodotti petroliferi e non, ci si aspetta

che l'inflazione annuale diminuirà al 25% nel 2009 e al 22,5% nel 2010.

Indicatore

2006

2007

2008

2009

Tasso di crescita reale (%) 5,8 6,2 6,5 6

Produzione di petrolio ('000

barili/g) 3.885 3.930 4.000

4.150

Esportazioni di petrolio (milioni

di US$) 62.457,7 69.691,9 82.111,8

77.607,1

Inflazione (%) 14,7 19,5 24

22

Bilancia Commerciale (miliardi di

US$)

Esportazioni 75.5 84 97.5

93.9

Page 30: Profilieconomicidelliran2

Importazioni 49,3 53,9 58,5

61,3

Tasso di cambio IR$:US$

(media) 9.170,9 9.281,2 9.026,7

9.166,2

Debito estero (fine anno-

miliardi di US$) 13,7 13,8 12,9

11,7

Fonte: EIU, Economist Intelligence Unit: Country Report May 2008

Settori produttivi

La struttura dell’economia iraniana negli ultimi 40 anni si è basata

prevalentemente sul petrolio. Produttore di petrolio greggio dalla prima

decade del secolo, l’Iran ha attraversato periodi di boom e di

depressione dipendenti dagli aumenti e dai crolli del prezzo del petrolio

sui mercati internazionali. Piani troppo ambiziosi di sviluppo, seguenti

all’esplosione dei prezzi del 1973, hanno determinato una maggiore

concentrazione del potere nelle mani del settore pubblico, mentre la

nazionalizzazione di molte grandi società nel periodo post-rivoluzionario

e la ristrutturazione post-bellica negli anni ’80, hanno rafforzato il

processo. La quota del settore petrolifero sul PIL totale è scesa dal 30-

40% negli anni ’70 al 10-20%, soprattutto a causa dei danni di guerra

alle strutture produttive ed ai limiti di quota imposti dall’OPEC.

Comunque, i guadagni collegati al petrolio forniscono ancora l’80% dei

guadagni delle esportazioni e tra il 40 ed il 70% delle entrate

governative, tanto che il settore degli idrocarburi ha la parte del leone

nella destinazione degli investimenti interni ed esteri. La crescita del

settore industriale non petrolifero è stata ostacolata dall’incerta

realizzazione del processo di privatizzazione, insieme alla soppressione

delle importazioni imposta durante gran parte degli anni ’90. Dal 2000,

comunque, ci sono stati dei piccoli cambiamenti di rotta, in parte grazie

al programma di riforme economiche del governo, seppur molto cauto, in

campo commerciale. Anche l’incremento degli investimenti nel settore

pubblico e privato ha iniziato a registrare qualche successo nelle

industrie ad energia intensiva, come la produzione petrolchimica e

dell’acciaio.

Il settore dei servizi ha registrato la maggiore crescita di lungo periodo,

in termini di quota del PIL, ma le restrizioni valutarie, l’eccessiva

burocrazia e l’incertezza della pianificazione di lungo termine ne hanno

fatto un settore volatile.

Il settore agricolo è stato oggetto di investimenti statali per una

espansione dello stesso: la liberalizzazione della produzione ed il

miglioramento dell’imballaggio e del marketing hanno contribuito a

sviluppare nuovi mercati di esportazione. I progetti di irrigazione su

larga scala, unitamente ad una più ampia produzione di prodotti agricoli

basati sull’export, come datteri, fiori e pistacchi, hanno fatto

dell’agricoltura il settore con il tasso di crescita più veloce di tutti i settori

negli anni ’90, nonostante le gravi siccità del 1999, 2000 e 2001. Da

allora, però, il settore è in forte ripresa, restando uno dei maggiori datori

di lavoro (con il 22% dei posti di lavoro, secondo un censimento del

1991).

L’Iran ha una topografia ed un clima diversificati: quasi due quinti dalla

superficie terrestre (circa 61 milioni di ettari) è sufficientemente bagnata

dalle piogge ed è classificata come coltivabile; le montagne che

circondano l’altopiano centrale forniscono, grazie alle grandi nevicate,

acqua che irriga i raccolti primaverili. I terreni sono profondi e fertili in

Page 31: Profilieconomicidelliran2

aree abbastanza estese, anche se a volte danneggiati dall’erosione. Di

recente, alcune zone sono state colpite dalla siccità. Tuttavia, la terra e

le risorse acquifere disponibili non sono utilizzate pienamente: nel 2002,

solo 17,1 milioni di ettari risultano permanentemente coltivati, rispetto ai

19 milioni nel 1995. Il declino in parte potrebbe riflettere le recenti

cattive condizioni climatiche, anche se i rapidi tassi di urbanizzazione

dell’Iran rende difficile ottenere un incremento nella terra coltivata. La

terra irrigata fornisce quasi l’80% della produzione alimentare non

zootecnica, anche se rappresenta meno del 40% della superficie

coltivata. Gran parte dell’agricoltura iraniana è basata su piccole fattorie

con bassa produttività, ad eccezione di alcuni complessi su larga scala

sviluppatisi all’epoca dello scià: quattro fattorie su cinque, comunque,

sono sotto gli 11 ettari.

Gli sforzi intrapresi dal Governo di una maggiore diversificazione

economica, si concentrano su alcuni settori per i quali si prevedono

buone possibilità di espansione, tra questi il petrolchimico e l`industria

dell`acciaio.

Contributo dei settori produttivi alla formazione

del PIL (%)

Settore 2007

Servizi 5.2

Industria 4.8

Agricoltura 3.0

Fonte: EIU, Economist Intelligence Unit: Country Report may 2008

Interscambio

Per quanto riguarda l’interscambio tra Italia ed Iran, i dati aggiornati del

2007 rivelano un saldo negativo, anche se rispetto al 2006 si è avuto un

sostanziale aumento dell’export (+23,59%), ed un calo dell’import (-

24,35%); con una variazione del saldo del -66,64%.

Nel 2007, la prima voce dell’import italiano dall’Iran continua ad essere il

petrolio greggio e gas naturale (oltre 3 miliardi di euro). Seguono, per

valori inferiori, il rame e semilavorati, i prodotti della siderurgia (in calo

rispetto al 2006), frutta, piante e spezie, Carne, non di volatili e prodotti

della macellazione. Un notevole incremento si è registrato per Piombo,

zinco e stagno greggi e semilavorati altri prodotti chimici di base

organici. In calo, invece, le importazioni di fibre sintetiche artificiali,

materie plastiche in forme primarie Altra frutta, anche a guscio; piante

utilizzate per la preparazione di bevande e spezie.

La composizione dell’export nazionale verso l’Iran è costituita per gran

parte da prodotti dell’industria meccanica, in particolare turbine

idrauliche e termiche ed altre macchine che producono energia

meccanica; macchine per la lavorazione delle materie plastiche e della

gomma e macchine per impieghi speciali; macchine da miniera, cava e

cantiere. Si tratta comunque di prodotti in calo rispetto agli anni

precedenti; come è avvenuto per i seguenti comparti: autoveicoli;

Pompe e compressori e sistemi idraulici.

In forte aumento, invece, l'interscambio di Parti e accessori per

autoveicoli e motori, altre macchine utensili e Macchine automatiche per

la dosatura, la confezione e l'imballaggio.

Page 32: Profilieconomicidelliran2

Interscambio commerciale

Interscambio Italia - Iran Trend 2007-2006-2005

2007

valore in € 2006

valore in € 2005

valore in €

Esportazioni 1.825.214.997 1.856.328.537 2.170.454.487

Importazioni 3.894.899.277 4.158.123.937 3.920.827.114

Saldo -2.069.684.280 -2.301.795.400 -1.750.372.627 Fonte dati Istat Gen-Dic 2007 (agg. novembre 2007)

Principali trattati

Accordo Italia-Iran sulla reciproca

promozione e protezione degli

investimenti

Firmato a Roma il 10 marzo 1999 e ratificato con

Legge 11 luglio 2002, n. 171

Accordo Italia-Iran per i trasporti

internazionali su strada

Firmato a Roma il 25.7.1990: nel mese di

dicembre 1992 è stato ratificato da parte

iraniana. Non è in vigore in mancanza della

ratifica italiana.

Accordo di cooperazione scientifica

Nell`ottobre `96 è stato firmato il programma

esecutivo dell`Accordo culturale fra Italia ed Iran

per gli anni 1996-99. Esso prevede il rilancio

della cooperazione culturale, scientifica e

tecnologica tra i due paesi.

Accordo per il riscadenzamento del

debito

Raggiunto tra SACE, MEDIOCREDITO e Banca

Centrale iraniana su base privatistica in data

28.7.1994.

Accordo per il riscadenzamento delle

quote di scoperto assicurativo di crediti

assicurati “Credit Extension Agreement”

Raggiunto tra MEDIOCREDITO e Bank Tejarat e

Bank Markazi a Roma in data 27.6.95.

Page 33: Profilieconomicidelliran2

Investimenti esteri e tecnologia

Lo scorso maggio, infatti, Seifollah Jashnsaz, direttore della National Iranian Oil Co., ha detto

all'agenzia stampa Mehr in Iran che lo scorso anno il paese ha attratto investimenti esteri per circa

10 miliardi di dollari. Nessun altro settore è in grado di attrarre così tanti investimenti e tanta

tecnologia estera nel paese. Facendo troppo affidamento sulle esportazioni di idrocarburi, il

problema è che, quando i ricavi del petrolio inondano una nazione con un fragile sistema di

controlli e contrappesi democratici, ne derivano una politica e un'economia inefficienti ed emerge

un petro-state. La forza della democrazia e l'efficienza del settore pubblico spiegano perché il

petrolio non abbia sconvolto la Norvegia così come è successo alla Nigeria o all'Iran. La differenza

basilare sta nel fatto che la Norvegia aveva uno stato e istituzioni democratiche ben funzionanti

prima dell'avvento della sua grande e importante industria petrolifera. Quando il petrolio viene

scoperto in paesi con istituzioni deboli, diventa difficile rafforzarle. Grandi quantità di petrolio unite

a istituzioni pubbliche deboli producono povertà, ineguaglianza e corruzione. Inoltre, minano la

democrazia. Nessun petrostate è riuscito a trasformare il petrolio in prosperità per la maggior parte

della sua popolazione. Un'economia che si affida perlopiù alle esportazioni di petrolio finisce

inevitabilmente con un tasso di cambio che rende i beni importati meno cari e le esportazioni più

costose. Questo sopravvalutato tasso di cambio rende altri settori — l'agricoltura, l'attività

industriale, il turismo — meno competitivi dal punto di vista internazionale e ostacola la loro

crescita. I petro-state, inoltre, soffrono di disoccupazione e hanno una crescita economica volatile. Il

petrolio genera ricavi dalle esportazioni e tasse per lo stato, ma crea pochi posti di lavoro.

Nonostante la sua importanza economica, l'industria iraniana del petrolio e del gas impiega solo una

piccola parte della forza lavoro totale della nazione, che ammonta a 29 milioni. Inoltre, poiché il

prezzo internazionale del petrolio è volatile, i petro-state soffrono di costanti e debilitanti cicli

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economici di boom-bust, ossia di espansione-contrazione. Le contrazioni portano alle crisi bancarie

e a tagli del budget pubblico che danneggiano i poveri, i quali dipendono largamente dai programmi

governativi. In questo momento l'Iran sta subendo questo effetto poiché il precipitoso crollo del

prezzo del petrolio ha portato a gravi squilibri economici. Un effetto molto importante, comune a

tutti i petro-state, è la tendenza, difficile da cambiare, a contenere al massimo il prezzo della

benzina e di altri prodotti degli idrocarburi. Nei petro-state la benzina tende a essere il prodotto

meno caro. Inevitabilmente, ingenti incentivi stimolano il consumo e peggiorano gli squilibri e le

deformazioni economiche dei paesi. I petro-state, inoltre, soffrono di una ristretta base fiscale

poiché il grosso delle entrate governative proviene da poche grandi aziende che operano nel settore

del petrolio e sono di proprietà dello stato. La fragile affidabilità governativa è il tipico effetto

collaterale di questa dipendenza, poiché il legame tra l'elettorato e la spesa pubblica è indiretto e

inconsistente.

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