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Sommario: 1. Premessa: la competenza delle Regioni nel settore energetico - 2. Il lungo cammino verso l’approvazione dei Piani energetici regionali - 3. I limiti all’attività di pianificazione regionale in campo energetico - 3.1. La competenza legislativa della Regione siciliana e l’inquadramento delle disposizioni del P.E.A.R.S. nel sistema delle fonti - 3.2. La dichiarazione di illegittimità di numerose disposizioni del P.E.A.R.S. - 4. La “corsa ai ripari” della Regione Siciliana alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa e dell’ema - nazione delle tanto agognate linee guida nazionali 1. Premessa: la competenza delle Regioni nel settore energetico Dopo la riforma del Titolo V, Parte II della Costituzione, la competenza in materia di “pro- duzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” è attribuita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, secondo la classica ripartizione in base alla quale la determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato, mentre la competenza per la predisposizione della disciplina di dettaglio è attribuita alle Regioni. In tema di energia, però, è noto che lo Stato, appellandosi ad esigenze inderogabili di unitarietà di indirizzo e di coordinamento dei livelli di governo, si sia di fatto impadronito di importanti porzioni di potestà legislativa 1 , anche di dettaglio, a discapito del ruolo degli enti regionali, mediante l’attivazione del meccanismo della “chiamata in sussidiarietà” 2 . Profili critici dello strumento dei piani energetici regionali: in particolare, l’esperienza della Regione siciliana Claudia Fraterrigo Dottoranda di ricerca in “Processo di integrazione europea e diritto internazionale” presso l’Università degli Studi di Palermo 1 È vero anche che la materia de qua tende a “scivolare” verso ambiti materiali contigui, quali quello del gover- no del territorio, dell’ambiente, dell’urbanistica, della tutela della concorrenza, influenzando i processi decisio- nali che li riguardano e, al contempo, lasciandosi permeare dalle istanze che provengono da questi. 2 Di rilevante importanza appare richiamare la recentissima sentenza del 12 maggio 2011, n. 165, in cui la Corte costituzionale, dopo aver confermato l’orientamento giurisprudenziale prodottosi in tema di “chiamata in sussi- diarietà” da parte dello Stato delle funzioni amministrative e, per via del principio di legalità, anche della paralle- la disciplina legislativa nella materia di competenza concorrente “produzione, trasporto e distribuzione naziona- le dell’energia”, compie un ulteriore passo in avanti, consentendo che l’attrazione in sussidiarietà coinvolga addi- rittura anche il momento attuativo-realizzativo di interventi la cui “natura strategica” impone che “la loro realizza- zione proceda in modo unitario e coordinato, giacché le finalità complessive concordate tra Stato e Regioni potrebbero essere frustrate, se si verificassero forti discrasie nei tempi e nelle modalità di esecuzione”. Cfr., per maggiori approfondimenti, ex plurimis, O. SPATARO “La disciplina sulle energie rinnovabili nella dinamica delle fonti del diritto. La legislazione regionale nella morsa della sussidiarietà?”, in Nuove Autonomie, 2010, p. 697 e ss., G. SCACCIA, “Sussidiarietà istituzionale e poteri statali di unificazione normativa”, Napoli, 2009, p. 75 e ss.. 1

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Sommario: 1. Premessa: la competenza delle Regioni nel settore energetico - 2. Illungo cammino verso l’approvazione dei Piani energetici regionali - 3. I limiti all’attività dipianificazione regionale in campo energetico - 3.1. La competenza legislativa della Regionesiciliana e l’inquadramento delle disposizioni del P.E.A.R.S. nel sistema delle fonti - 3.2. Ladichiarazione di illegittimità di numerose disposizioni del P.E.A.R.S. - 4. La “corsa ai ripari”della Regione Siciliana alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa e dell’ema -nazione delle tanto agognate linee guida nazionali

1. Premessa: la competenza delle Regioni nel settore energeticoDopo la riforma del Titolo V, Parte II della Costituzione, la competenza in materia di “pro-

duzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” è attribuita alla potestà legislativaconcorrente dello Stato e delle Regioni, secondo la classica ripartizione in base alla quale ladeterminazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato, mentre lacompetenza per la predisposizione della disciplina di dettaglio è attribuita alle Regioni.

In tema di energia, però, è noto che lo Stato, appellandosi ad esigenze inderogabili diunitarietà di indirizzo e di coordinamento dei livelli di governo, si sia di fatto impadronito diimportanti porzioni di potestà legislativa 1, anche di dettaglio, a discapito del ruolo degli entiregionali, mediante l’attivazione del meccanismo della “chiamata in sussidiarietà” 2.

Profili critici dello strumento dei piani energetici regionali: inparticolare, l’esperienza della Regione sicilianaClaudia FraterrigoDottoranda di ricerca in “Processo di integrazione europea e diritto internazionale” pressol’Università degli Studi di Palermo

1 È vero anche che la materia de qua tende a “scivolare” verso ambiti materiali contigui, quali quello del gover-no del territorio, dell’ambiente, dell’urbanistica, della tutela della concorrenza, influenzando i processi decisio-nali che li riguardano e, al contempo, lasciandosi permeare dalle istanze che provengono da questi.2 Di rilevante importanza appare richiamare la recentissima sentenza del 12 maggio 2011, n. 165, in cui la Cortecostituzionale, dopo aver confermato l’orientamento giurisprudenziale prodottosi in tema di “chiamata in sussi-diarietà” da parte dello Stato delle funzioni amministrative e, per via del principio di legalità, anche della paralle-la disciplina legislativa nella materia di competenza concorrente “produzione, trasporto e distribuzione naziona-le dell’energia”, compie un ulteriore passo in avanti, consentendo che l’attrazione in sussidiarietà coinvolga addi-rittura anche il momento attuativo-realizzativo di interventi la cui “natura strategica” impone che “la loro realizza-zione proceda in modo unitario e coordinato, giacché le finalità complessive concordate tra Stato e Regionipotrebbero essere frustrate, se si verificassero forti discrasie nei tempi e nelle modalità di esecuzione”. Cfr., permaggiori approfondimenti, ex plurimis, O. SPATARO “La disciplina sulle energie rinnovabili nella dinamica dellefonti del diritto. La legislazione regionale nella morsa della sussidiarietà?”, in Nuove Autonomie, 2010, p. 697 ess., G. SCACCIA, “Sussidiarietà istituzionale e poteri statali di unificazione normativa”, Napoli, 2009, p. 75 e ss..

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Tale atteggiamento accentratore ha trovato anche l’avallo della Corte costituzionaleche in non poche pronunzie tende a “soffocare” l’attivismo delle Regioni ed utilizza il crite-rio della prevalenza per blindare e rafforzare le competenze statali, ponendo ai margini delsistema quelle regionali 3.

D’altra parte, è pur vero che le Regioni spesso non producono fulgidi esempi di un usoponderato e consapevole - alla luce del riparto di competenze tracciato in Costituzione econsolidato nell’orientamento giurisprudenziale - degli strumenti normativi, finendo peresorbitare gli ambiti competenziali propri e contravvenendo pertanto ai parametri costituitidalla normativa costituzionale 4 ed europea.

Infatti, nella perdurante “latitanza” dello Stato centrale, le Regioni sono riuscite adintervenire anche su ambiti della politica energetica che, per la loro connessione con esi-genze unitarie riguardano il livello nazionale, esercitando di fatto un’influenza determinan-te negli ambiti della pianificazione energetica, dei procedimenti di autorizzazione e localiz-zazione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili e dei sistemi di incentiva-zione per la produzione di energia elettrica da tali fonti 5.

In questo contesto non può revocarsi in dubbio l’importanza del ruolo svolto dalleamministrazioni regionali e locali che, con la propria attività di produzione normativa, hannosupplito all’andamento carsico degli interventi statali nell’ambito della politica energeticanazionale e alla perdurante mancanza di linee guida nazionali, solo di recente approvate 6.

Tuttavia, non sempre le Regioni hanno dimostrato di sapersi mantenere entro gli argi-ni segnati dai principi fondamentali dettati dallo Stato e così, spesso, molteplici disposizio-ni regionali sono cadute sotto i colpi di scure della giurisprudenza amministrativa e di quel-la costituzionale.

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3 In tal senso, F. BENELLI, R. BIN, “Prevalenza e “rimaterializzazione delle materie”: scatto matto alleRegioni”, in Le Regioni, 2009, p. 1185 e ss.4 Un esempio è fornito dalla legge 13 agosto 2010 recante “Conversione in legge, con modificazioni, deldecreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, recante “Misure urgenti in materia di energia. Proroga di termine per l’e-sercizio di delega legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi” che riguarda il c.d. “decreto salvaPuglia”. Con tali atti normativi si è concessa una sanatoria per gli impianti di produzione di energia elettricaaventi potenza maggiore rispetto alle soglie fissate dal D.Lgs. n. 387/2003 realizzati attraverso il ricorso allaprocedura semplificata della denuncia di inizio attività (D.I.A.), in luogo dell’autorizzazione rilasciata a segui-to del procedimento unico, sulla base di alcune disposizioni della L.R. Puglia n. 31/2008 successivamentedichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n. 119 del 26 Marzo 2010.5 In tal senso, L. CORALLI, E. D’ANGELO, G. LAI, “Federalismo energetico: Il nuovo ruolo degli Enti Localiin materia di Energia ed Ambiente. La pianificazione energetica regionale e locale, aspetti metodologici e statodell’arte”, in www.enea.it/com/web/news/attiv/07rappian.pdf.6 Ci si riferisce al D. M. del 10 settembre 2010.

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2. Il lungo cammino verso l’approvazione dei Piani energetici regionaliL’istituto dei Piani energetici regionali trova il suo fondamento nella legge 9 gennaio

1991, n. 10, recante “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di usorazionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”.

In base alla previsione di cui all’art. 5, le Regioni e le Province Autonome individuano“i bacini che in relazione alle caratteristiche, alle dimensioni, alle esigenze di utenza, alladisponibilità di fonti rinnovabili di energia, al risparmio energetico realizzabile e alla preesi-stenza di altri vettori energetici, costituiscono le aree più idonee ai fini della fattibilità degliinterventi di uso razionale dell’energia e di utilizzo delle fonti rinnovabili di energia”.

Inoltre, sentiti gli enti locali ed in coordinamento con l’ENEA, le Regioni e le ProvinceAutonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dellasuddetta legge, avrebbero dovuto predisporre rispettivamente un piano regionale o provincia-le relativo all’uso delle fonti rinnovabili di energia 7, il cui contenuto riguarda, in particolare:

a) il bilancio energetico regionale o provinciale;b) l’individuazione dei bacini energetici territoriali;c) la localizzazione e la realizzazione degli impianti di teleriscaldamento;d) l’individuazione delle risorse finanziarie da destinare alla realizzazione di nuovi

impianti di produzione di energia;e) la destinazione delle risorse finanziarie, secondo un ordine di priorità relativo alla

quantità percentuale e assoluta di energia risparmiata, per gli interventi di risparmio ener-getico;

f) la formulazione di obiettivi secondo priorità di intervento;g) le procedure per l’individuazione e la localizzazione di impianti per la produzione di

energia fino a dieci megawatt elettrici per impianti installati al servizio dei settori industria-le, agricolo, terziario, civile e residenziale, nonché per gli impianti idroelettrici.

All’indomani dell’entrata in vigore di tale legge, la Corte costituzionale, chiamata adesprimersi su molteplici questioni inerenti alla nuova normativa, asseriva che alla base diquesta vi è “un preminente interesse nazionale, di carattere generale, non suscettibile difrazionamento a livello locale, nel presupposto della rispondenza del risparmio energeticoad esigenze unitarie dell’economia del paese” 8.

7 Secondo quanto previsto dall’art. 5, co. 2, della legge n. 10/1991.8 Così la Corte costituzionale nella sentenza n. 483/1991, punto 4 del considerato in diritto. Sempre nellamedesima pronuncia viene precisato che lo scopo della normativa è quello “di favorire, attraverso un usorazionale dell’energia, lo sviluppo economico-sociale del paese e la competitività del sistema produttivo nazio-nale, salvaguardando al tempo stesso le fondamentali esigenze di tutela dell’ambiente e della salute umana”.

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Questa perentoria affermazione era bilanciata dal riconoscimento della prerogativadel settore energetico di incidere anche su altri settori sociali ed economici, alcuni dei quali,inevitabilmente, ricadenti nella sfera di competenza delle Regioni e delle ProvinceAutonome in relazione alle materie di loro spettanza.

Alla luce di tale composita realtà, si manifestava l’esigenza di un coordinamento deidiversi enti pubblici di livello costituzionale coinvolti, da attuarsi mediante moduli procedi-mentali idonei a salvaguardare gli eterogenei interessi pubblici affidati alla cura dei vari entipubblici, nel rispetto del diverso grado di autonomia di ciascuno di essi.

Pur intervenendo ben venti anni prima della riforma del Titolo V della Costituzione, laCorte costituzionale esprimeva già la necessità di un coinvolgimento degli enti regionalinella disciplina del settore energetico, attraverso l’esercizio delle competenze concorrentiloro riconosciute in altre materie in qualche modo contigue al settore in questione.

Nonostante la puntuale previsione normativa contenuta nella legge n. 10/1991 e l’at-teggiamento della giurisprudenza costituzionale, si è registrato, tuttavia, un endemico ritar-do delle Regioni nell’impiego dello strumento giuridico dei Piani energetici regionali.

Bisognerà, infatti, attendere sino all’iniziativa della Regione Toscana nel 2000 9, perassistere alla approvazione del primo Piano energetico regionale, a seguito del conferimen-to alle Regioni di tutte le funzioni amministrative in tema di energia, non riservate allo Statoo non attribuite agli enti locali, operato con il D.Lgs. n. 112/1998.

Il ciclo di redazione dei Piani regionali per l’Energia è inaugurato dalla “Conferenza deiPresidenti delle Regioni e delle Province Autonome per il coordinamento delle politiche fina-lizzate alla riduzione dei gas serra nell’atmosfera”, tenutasi a Torino il 5 giugno 2001, nellaquale i partecipanti prendono atto della prassi che fino a quel momento aveva orientatointerventi di tipo rapsodico volti alla tutela dell’ambiente, della salute e della qualità della vitadelle popolazioni dei propri territori, nonché al contenimento dell’inquinamento atmosferico.

In questa occasione, in vista dell’obiettivo di riduzione dei gas serra, alla luce anchedell’impegno assunto dall’Italia nell’ambito degli obblighi dell’UE stabiliti dagli accordi inter-nazionali 10 e “considerata peraltro la necessità di concordare impegni unitari su alcune fon-

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9 Il Piano Energetico Regionale della Regione Toscana, approvato con D.C.R. 18 gennaio 2000, n. 1 è il primoatto di programmazione regionale nel settore energetico. Esso coniugava la strategia di promozione delle fontirinnovabili e di investimenti nell’efficienza degli usi energetici (basata sull’uso dello strumento degli accordivolontari sia di settore che per specifiche realizzazioni) con gli obiettivi di politica ambientale di riduzione delleemissioni di gas serra previsti dal Protocollo di Kyoto. L’attuale Piano di Indirizzo Energetico Regionale è statoapprovato con D.C.R. 8 luglio 2008, n. 47.10 Tale impegno è consacrato con la delibera CIPE 137/98 del 19 novembre 1998 che ha fissato le politichee le azioni necessarie per conseguire gli obiettivi di riduzione (rispetto ai livelli del 1990) del 6.5% delle emis-sioni dei gas oggetto del Protocollo di Kyoto, entro il periodo 2008-2012. In particolare, il CIPE ha individua-

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damentali esigenze”, i rappresentanti delle Regioni si impegnano a garantire l’elaborazionedi un Piano Energetico Ambientale che tenga conto dei singoli bilanci energetici e che pre-veda misure di promozione dell’uso di fonti rinnovabili e di razionalizzazione della produzio-ne elettrica e dei consumi energetici.

Malgrado il carattere non giuridicamente vincolante del Protocollo d’intesa di Torino,dal 2001 anche altre Regioni 11 giungono all’approvazione di propri Piani energetici checostituiscono il punto di riferimento per la pianificazione di interventi energetici nel territorioregionale sia per gli attori pubblici sia per gli operatori privati, poiché contengono, inter alia,“gli indirizzi, gli obiettivi strategici a lungo, medio e breve termine, le indicazioni concrete,gli strumenti disponibili, i riferimenti legislativi e normativi, le opportunità finanziarie, i vinco-li, gli obblighi e i diritti per i soggetti economici operatori di settore, per i grandi consumato-ri e per l’utenza diffusa” 12.

I Piani tengono conto delle specificità di natura economica, sociale, geografica edambientale, che connotano peculiarmente ogni singolo territorio e, pertanto, contengonodisposizioni che spesso si differenziano sensibilmente da Regione a Regione.

Questa eterogeneità dei contenuti è stata certamente favorita dalla perdurante man-canza di un nuovo Piano Energetico Nazionale 13, che ha determinato l’instaurarsi di unquadro alquanto disomogeneo e frammentario di azioni portate avanti dalle Regioni inmateria di uso razionale dell’energia e di impiego delle fonti rinnovabili 14.

to sei azioni a carattere nazionale consistenti nell’aumento di efficienza nel parco termoelettrico, nella riduzio-ne dei consumi energetici nel settore dei trasporti, nella produzione di energia da fonti rinnovabili, nella ridu-zione dei consumi energetici nei settori industriale, abitativo, terziario, nella riduzione delle emissioni nei set-tori non energetici ed infine nell’assorbimento delle emissioni di biossido di carbonio dalle foreste.11 Si ricordano, le Regioni Basilicata e Lazio (nel 2001), Lombardia, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma diTrento, Liguria e Sardegna (nel 2003), Piemonte ed Umbria (nel 2004), Calabria, Marche e Veneto (nel 2005),Molise (nel 2006), Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Puglia (nel 2007), Abruzzo, Campania e Sicilia (nel2009). I dati sull’approvazione dei piani energetici regionali sono riportati sul sito dell’ENEA, all’indirizzohttp://enerweb.casaccia.enea.it/enearegioni/UserFiles/Pianienergetici/pianienergetici.htm.12 Così, L. CORALLI, E. D’ANGELO, G. LAI, “La pianificazione energetica regionale e locale, aspetti meto -dologici e stato dell’arte,” cit..13 Il primo Piano Energetico Nazionale vede la luce nel 1975; nel 1977 e nel 1981 vengono elaborate unaseconda e terza versione, quest’ultima aggiornata nel 1985. Successivamente, nel 1988, viene dato un nuovoimpulso allo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile con l’approvazione dell’ultimo PEN, cui seguono leleggi di attuazione 9 gennaio 1991, nn. 9 e 10 ed il Provvedimento CIP 6/92. I Piani Energetici Nazionali sonoatti approvati dal CIPE, su proposta del Ministro dell’Industria previa deliberazione delle Commissioni parla-mentari competenti per materia. 14 Questo è quanto emerge dall’indagine sulle “Azioni di coordinamento e supporto delle Regioni Italiane agliEnti Locali per l’energia sostenibile e la protezione del clima”, realizzata dal Coordinamento Agende 21 LocaliItaliane nell’ambito del progetto europeo “Lg-Action”, la cui consultazione è disponibile on-line all’indirizzoh t t p : / / w w w . l g - a c t i o n . e u / f i l e a d m i n / t e m p l a t e / p r o j e c t s / l g -action/files/pl_hu/LG_Action_Benchmark_Regioni_ITA.PDF.

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La mancanza di coordinamento determina, inoltre, una sostanziale perdita di efficaciadelle “best practices” promosse dalle Regioni in vista dell’obiettivo di riduzione delle emis-sioni inquinanti che, sebbene sia perseguito dalla totalità di esse, è quantificato su basi econ metodi di calcolo diversi che non consentono il confronto tra i dati riscontrati nei variterritori regionali, non essendo tali elementi espressi da un indicatore aggregato.

Nella maggior parte dei Piani, infatti, sono previsti interventi finalizzati all’aumentodella produzione di energia da fonti rinnovabili, ma tale incremento è enunciato generica-mente e non è quantificato in termini percentuali rispetto al totale dell’energia prodotta 15.

Dall’analisi comparativa delle discipline regionali 16 emerge anche la varietà delle pro-cedure di formazione di siffatti documenti che, talvolta, coinvolgono l’esecutivo regionale 17,mentre, nella maggioranza dei casi, prevedono l’approvazione da parte del Consiglio.

Non mancano, poi, ipotesi in cui i due organi concorrono, ciascuno in base alle pro-prie competenze, all’approvazione del Piano di indirizzo energetico di pertinenza consilia-re, e del Programma energetico ambientale, spettante alla Giunta regionale 18.

Infine, in alcune Regioni tra cui la Sicilia 19, tale documento assume la denominazionedi “Piano energetico ambientale regionale”, proprio per sottolineare come gli effetti dellapianificazione energetica si riverberino su quella ambientale e determinino la necessità diuna visione sinottica dei dati e degli obiettivi inerenti a questi due settori.

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15 Per esempio, secondo i dati riportati dall’indagine sopra citata, solo 13 su 18 Regioni (non sono state con-siderate Sicilia e Trentino Alto Adige) hanno identificato un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serranel proprio strumento di pianificazione e ciascuna in modo differente. Infatti, la maggioranza dei Piani fa rife-rimento al Protocollo di Kyoto ma con previsioni eterogenee, poiché cinque di essi (Abruzzo, Lombardia,Piemonte ed Emilia Romagna) sono coerenti con l’obiettivo nazionale (-6,15% rispetto alle emissioni del 1990entro il 2012), tre fissano un obiettivo inferiore (Liguria, Marche e Puglia) e il Lazio si prefigge un obiettivomaggiore (-9-16% emissioni di gas serra in meno entro il 2010). Invece, si riferiscono alla strategia europea“20-20-20”, il Piano per una Lombardia sostenibile e il Piano Energetico Toscano, mentre la Regione FriuliVenezia Giulia e il Piano energetico delle Marche prevedono una riduzione delle emissioni, ma non identifi-cano un indicatore aggregato. Infine, i Piani Energetici di Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia e Veneto nonprevedono uno specifico obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra. Se si considera poi la riduzionedei consumi, emerge che solamente Abruzzo, Calabria, Lazio e Molise prevedono una effettiva riduzione delladomanda di energia rispetto a quella attuale. Per quanto riguarda, poi, lo sviluppo delle energie rinnovabili,tutti i piani prevedono degli aumenti, ma molti di questi (Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche,Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto) non identificano un indicatore sintetico per quantificarli, ma solouna serie di azioni e politiche di settore.16 V. amplius, L. SALOMONI, “Il ruolo delle Regioni nella disciplina del settore energetico”, in C. BUZZAC-CHI, a cura di, Il prisma energia: integrazione di interessi e competenze, Milano, 2010, p. 43 e ss..17 Come nel caso delle Regioni Friuli Venezia Giulia (v. art. 6, co. 5, della l.r. 19 novembre 2002, n. 30) eLombardia (v. art. 30, co. 1, della l.r. 12 dicembre 2003, n. 26).18 Così in Toscana (v. art. 6 della l.r. 24 febbraio 2005, n. 39), Emilia Romagna (v. artt. 8 e 9, della l.r. 23dicembre 2004, n. 26) e Lombardia (v. art. 30 della l.r. 12 dicembre 2003, n. 26).19 Si ricordano anche la Liguria (v. art. 4 della l.r. 29 maggio 2007, n. 22) e la Basilicata (v. art. 2 della l.r. 26aprile 2007, n. 9).

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3. I limiti all’attività di pianificazione regionale in campo energetico

3.1. La competenza legislativa della Regione Siciliana e l’inquadramento delle dispo -sizioni del P.E.A.R.S. nel sistema delle fonti

Una parte consistente del più recente contenzioso amministrativo e costituzionaleriguarda, certamente, la determinazione dei limiti operativi e delle facoltà riconosciute alleRegioni, in quanto titolari di potestà legislativa ed amministrativa in materia di energia 20.

Una porzione di tale contenzioso concerne i contenuti che possono assumere ledeterminazioni regionali racchiuse nei Piani energetici, come appare da una serie di recen-ti pronunzie del giudice amministrativo di prime cure che ha dichiarato l’illegittimità di talu-ne disposizioni contenute nel “Piano Energetico Ambientale della Regione Siciliana(P.E.A.R.S.)” 21.

Già a pochi mesi dalla sua approvazione, sono stati proposti innanzi al T.A.R. Siciliavari ricorsi avverso alcune disposizioni asseritamente ritenute in contrasto con i principi fon-damentali dettati dal D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 di “Attuazione della direttiva2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rin-novabili nel mercato interno dell’elettricità”.

In occasione di tali pronunzie, il Tribunale amministrativo ha avuto modo di affrontarerilevanti questioni interpretative, quali quella riguardante il titolo di competenza che legitti-ma l’esercizio della potestà legislativa e amministrativa della Regione nel settore delle fontienergetiche rinnovabili.

Nelle difese spiegate dall’amministrazione, l’adozione del P.E.A.R.S. veniva ricondot-ta alla competenza legislativa esclusiva attribuita alla Regione Siciliana dall’art. 14 delloStatuto speciale in tema di paesaggio, conservazione delle antichità od opere artistiche edorganizzazione della produzione industriale, la quale ben può riguardare la produzione dienergia, ancorché effettuata con fonti alternative.

20 Come nota L. LA ROCCA, “Rassegna giurisprudenziale sul diritto dell’energia. Le recenti decisioni riguar -danti il P.E.A.R.S.”, in Rassegna dell’Avvocatura dello Stato, 2010, p. 346 e ss., la quale sottolinea come ilproliferare di tale contenzioso e la conseguente rimessione all’autorità giudiziaria di decisioni in materia didiritto dell’energia e dell’ambiente possano determinare una commistione tra scelte di natura politico-ammini-strativa e valutazioni giudiziarie. Per altro verso, S. PICONE, “Tutela dell’ambiente e realizzazione di impian -ti per la produzione di energia da fonti rinnovabili”, in giustizia-amministrativa.it, 27 aprile 2010, individua lecause della crescente quantità e qualità del contenzioso amministrativo nella rilevanza degli interessi econo-mici in gioco, nel sempre maggiore protagonismo delle Regioni nella regolazione del settore energetico e neiproblemi che sorgono dall’operatività di taluni istituti procedimentali.21 Il Piano è stato adottato con delibera della Giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, emanata con D.P.R.S.del 9 marzo 2009, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 13 del 27 marzo 2009.

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Tuttavia, nella sentenza n. 364/2006 della Corte costituzionale, viene perspicuamentesottolineato che la disciplina relativa alle procedure di autorizzazione in materia di impiantieolici trova il proprio addentellato costituzionale nella materia di legislazione concorrente“produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, di cui all’art. 117, co. 3, Cost..

Il riferimento costituzionale primario della suddetta disciplina non è da individuare,infatti, nelle materie della “tutela dell’ambiente” e del “governo del territorio”, in quanto essaincide principalmente sull’interesse nazionale all’approvvigionamento energetico, sebbene,inevitabilmente, produca anche un impatto sul sistema territoriale, in ragione del quale èconsentito alla Regione l’esercizio di poteri urbanistici e paesaggistici.

Anche nelle sue più recenti pronunzie 22, la Corte costituzionale non ha mancato diribadire che, nonostante gli interventi operati nel settore energetico generino innegabilirefluenze sugli interessi pubblici in materia paesaggistica, tali implicazioni non determinanol’attrazione delle competenze in materia di energia nell’orbita di quelle paesaggistiche.

Del resto, l’esclusione della sussistenza, da parte dei giudici amministrativi, di unacompetenza legislativa esclusiva della Regione Siciliana in subiecta materia, ha trovatoconferma anche nella recente sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 6 maggio2010, nella quale è stato ribadito che l’inquadramento materiale della disciplina degli inse-diamenti di impianti di energia eolica nella materia di potestà legislativa concorrente “pro-duzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” vale anche per la Regione adautonomia differenziata Valle d’Aosta, pur in assenza di una specifica previsione nell’ambi-to dello Statuto, la cui lacuna va, infatti, colmata applicando l’art. 10 della legge costituzio-nale n. 3/2001.

È stato sottolineato, peraltro, il carattere puramente teorico della disputa intorno al tipodi potestà legislativa esercitabile in materia dall’amministrazione siciliana, nella perdurantemancanza dell’esercizio di siffatta competenza 23.

Infatti, nonostante il legislatore statale abbia dato attuazione alla Direttiva n.2001/77/CE con il D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, la Regione Siciliana non ha, ad oggi,esercitato la potestà legislativa di dettaglio per il recepimento di tale normativa.

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2 2 Vedi, in particolare, la sentenza n. 166/2009, punto 6 del considerato in diritto: «La prevalenza della tutelapaesaggistica perseguita dalla disposizione in esame, non esclude che essa, in quanto inserita nella più ampiadisciplina di semplificazione delle procedure autorizzative all’installazione di impianti alimentati da fonti rinno-vabili, incida anche su altre materie (produzione trasporto e distribuzione di energia, governo del territorio) attri-buite alla competenza concorrente. La presenza delle indicate diverse competenze legislative giustifica il richia-mo alla Conferenza unificata, ma non consente alle Regioni, proprio in considerazione del preminente interes-se di tutela ambientale perseguito dalla disposizione statale, di provvedere autonomamente alla individuazio-ne di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa».23 In tal senso, la sentenza del T.A.R. Sicilia, sez. II, 10 marzo 2010, n. 2537.

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Per superare l’inerzia regionale, la giurisprudenza ha ricavato dal tessuto costituzio-nale 24 un potere suppletivo del legislatore statale di attuazione delle direttive europeeriguardanti materie attribuite alle Regioni o alle Province Autonome in via esclusiva o con-corrente, attraverso proprie fonti normative applicabili solo in quello specifico ambito terri-toriale e aventi natura cedevole 25, cioè efficacia provvisoria e limitata sino al momento incui gli enti regionali esercitino le proprie prerogative.

Pertanto, in quegli ordinamenti regionali, come quello siciliano, in cui non si è proce-duto all’emanazione di una normativa di esecuzione degli obblighi comunitari, le norme dicui al D.Lgs. n. 387/2003 e alla legge n. 239/2004 26 assumono natura suppletiva e si appli-cano anche per la disciplina di dettaglio, costituendo parametro di legittimità costituzionaledegli atti delle amministrazioni regionali 27.

Il giudice amministrativo, facendo applicazione di un consolidato orientamento giuri-sprudenziale 28, ha anche compiuto un inquadramento, all’interno del sistema delle fonti deldiritto, delle disposizioni del P.E.A.R.S., riconoscendo loro “natura formalmente amministra-tiva, ma sostanzialmente normativa, vale a dire natura regolamentare” 29.

24 In particolare dagli artt. 11 e 117, co. 1 della Costituzione, che sanciscono la responsabilità dello Stato uni-tariamente considerato per il rispetto dei vincoli comunitari. Appare utile rammentare che il quadro costituzio-nale è completato dalla previsione dell’art. 117, co. 5 secondo cui “Le Regioni e le Province Autonome diTrento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, [...] provvedono all’attuazione e all’esecuzione degliaccordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da leggedello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”. Gli artt. 11e 16 della legge n. 11/2005 dettano proprio le norme di procedura per l’esecuzione degli obblighi comunitari.Si vedano, in particolare, le sentt. della Corte costituzionale nn. 126/1996 e 425/1999 e la pronunzia delConsiglio di Stato, Adunanza Generale n. 2 del 25 febbraio 2002.25 Sul concetto di cedevolezza, vedi, ex multis, M. SANTINI, “Il tema della cedevolezza e le sue residue appli -cazioni dopo la riforma del Titolo V della Parte Seconda della Costituzione”, in federalismi.it, n. 10/2003, in cuil’A. rinviene come principi posti alla base del principio di cedevolezza, quelli della “necessità” e della “conti-nuità” dell’ordinamento giuridico.2 6 Legge 23 agosto 2004, n. 239 di “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassettodelle disposizioni vigenti in materia di energia”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 13 settembre 2004.27 Appare, qui, utile rammentare la sentenza del 30 dicembre 2009, n. 339, in cui la Corte costituzionale haaffermato il principio per cui è possibile distinguere la competenza legislativa concorrente delle Regioni nellamateria “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” dalla più ampia nozione di “politica ener-getica” che fa capo esclusivamente allo Stato e riguarda la fase di programmazione degli interventi strategicinecessari in materia. 2 8 V., sul punto, le sentt. del T.A.R. Sicilia nn. 1632/2009, 1716/2009, 1775/2010. Tale qualificazione verrà riba-dita anche nelle successive pronunzie, tra cui si segnalano, le sentt. nn. 1850/2010, 1952/2010, 2537/2010.29 Nella sentenza del 9 febbraio 2010, n. 1775, il Tribunale assimila la natura giuridica delle disposizioni delP.E.A.R.S. a quella del decreto assessoriale n. 123 del 28 aprile 2005, dal punto di vista della materia disci-plinata e delle modalità di disciplina della stessa, e rimanda alle considerazioni già compiute nella sentenzan. 1632/2009, in cui attribuisce a quest’ultimo provvedimento le caratteristiche della novità, della generalità edell’astrattezza, qualificando le sue disposizioni come vere e proprie norme di carattere secondario.

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Da tale natura giuridica conseguono, sul piano della gerarchia delle fonti, la subordi-nazione delle norme del Piano alle fonti di rango primario, nonché, dal punto di vista delladisciplina del procedimento autorizzatorio, la qualificazione delle medesime disposizionicome ius superveniens rispetto alle istanze presentate prima della loro entrata in vigore.

Quest’ultimo rilievo comporta che l’amministrazione regionale non possa pretendereche le istanze di autorizzazione ex art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, presentate prima dellapubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Piano, debbano uniformarsi ai contenuti, proce-dimentali e sostanziali, di questo, poiché si determinerebbe una inammissibile violazionedell’art. 11 delle Preleggi e del principio di certezza del diritto (Rechtssicherheit).

Ciò, poi, è tanto più vero per quelle istanze non esitate entro il termine di 180 gg. 30, acausa di un inadempimento dell’amministrazione, per le quali un problema di applicazionedelle disposizioni del P.E.A.R.S. non si sarebbe neppure dovuto porre.

D’altronde, anche la Corte costituzionale, chiamata a pronunziarsi sulla legittimità dialcune disposizioni della legge della Regione Calabria n. 42/2008, ha osservato che, anchese generalmente in forza del principio tempus regit actum, la disciplina applicabile agli attiamministrativi deve essere quella vigente nel momento in cui gli stessi vengono posti inessere (id est quella in vigore al momento dell’adozione del provvedimento finale), non sipuò trascurare che il soggetto che ha dato avvio al procedimento di autorizzazione è titola-re di una mera aspettativa e non di una posizione giuridica consolidata 31.

Nonostante le disposizioni del Piano siano inapplicabili alle istanze presentate primadell’entrata in vigore delle medesime, viene riconosciuto in capo ai soggetti che si ritengo-no lesi da un atto di natura regolamentare, contenente disposizioni impositive di precisiobblighi o divieti, l’interesse - anzi “uno specifico onere” 32 - ad impugnarlo autonomamen-te rispetto all’atto applicativo, che si configura come un atto meramente consequenziale.

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30 Questo è il termine di conclusione del procedimento autorizzatorio di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003,norma alla quale la giurisprudenza costituzionale attribuisce natura di principio fondamentale in materia dienergia, in quanto «risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garanten-do, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimen-to autorizzativo» (cfr. sentt. nn. 364/2006, 282/2009 e 124/2010).3 1 In tal senso la sentenza della Corte costituzionale del 1 aprile 2010, n. 124, punto 5.1 del considerato in dirit -t o, in cui viene richiamato il principio in base al quale «l’intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregres-se è legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi generali ditutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche [...]. La norma successiva non può, però,tradire l’affidamento del privato sull’avvenuto consolidamento di situazioni sostanziali» (sentenza n. 24/1999).3 2 Così nella sentenza, T.A.R. Sicilia, sez. II, 10 marzo 2010 n. 2537, la quale rimanda alla decisione 7 ottobre 2009n. 6165 del Cons. Stato, sez. V. Nella medesima pronunzia il T.A.R. dichiara che, approssimativamente, produco-no un immediato effetto lesivo le disposizioni regolamentari che possono qualificarsi come autosufficienti dal puntodi vista applicativo e che risultano direttamente conformative della posizione giuridica dei richiedenti l’autorizzazio-ne, tanto da non lasciare alla amministrazione decidente alcuno spazio di discrezionalità. A titolo esemplificativo,sono citate le disposizioni regolamentari che indicano la documentazione da depositare contestualmente alla istan-za di autorizzazione unica e quelle che disciplinano il procedimento di localizzazione degli impianti autorizzabili.

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3.2. La dichiarazione di illegittimità di numerose disposizioni del P.E.A.R.S.Dalle recenti pronunzie giurisprudenziali è possibile ricavare la cornice dei limiti allo

svolgimento dell’attività di pianificazione regionale nel settore energetico. Non è così consentito alla Regione imporre una distanza minima nella localizzazione

degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, con potenza nominale superiore a 10 MW 33,poiché ciò costituisce una evidente violazione dell’art. 12, co. 10, del D.Lgs. n. 387/2003,che non sembra attribuire “alle Regioni un così ampio potere inibitorio, quanto all’individua-zione territoriale dei siti ove realizzare gli impianti” 34.

La Corte costituzionale, pronunciandosi su norme riguardanti i poteri di localizzazionesul territorio di impianti elettromagnetici 35, da una parte, ha richiamato l’autonoma potestàdelle Regioni di regolare l’uso del proprio territorio, dall’altra, ha individuato, nel rispettodelle esigenze di pianificazione nazionale degli impianti, i limiti ai criteri di localizzazione deimedesimi, il cui insediamento non deve essere ingiustificatamente ostacolato.

Evidentemente, la determinazione di distanze minime, non ancorata a precisi para-metri tecnici o scientifici e non differenziata a seconda dei siti interessati dall’installazio-ne degli impianti, si traduce nell’esercizio di un potere amministrativo in contrasto con ilprincipio di legalità sostanziale e conduce, concretamente, ad una equiparazione di situa-zioni eterogenee.

La disposizione di cui all’art. 12, comma 10, del citato decreto legislativo «non con-sente alle Regioni di provvedere autonomamente alla individuazione dei criteri per il corret-to inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa» 36 e, inogni caso, è il Piano urbanistico regionale e non il Piano energetico, il locus in cui l’ammi-nistrazione avrebbe dovuto esercitare i propri poteri di localizzazione di siffatti impianti, inquanto rientranti nelle competenze di pianificazione urbanistica 37.

A tal proposito, è appena il caso di ricordare che lo Statuto della Regione Siciliana pre-vede la potestà legislativa esclusiva in materia di urbanistica (art. 14, lett. f), benché il legi-slatore regionale non abbia ancora adottato una normativa organica, ma si sia limitato adintegrare o modificare la disciplina di livello statale 38.

33 Tale previsione è contenuta all’art. 21 del P.E.A.R.S..34 Così, la sentenza del T.A.R. Sicilia da ultimo citata.35 Vedi, sent. n. 307/3003.36 Così la sentenza n. 168/2010. Vedi, in senso analogo, anche le sentenze nn. 166 e 282 del 2009.3 7 Questa considerazione è avallata dal parere n. 2849 del 14 ottobre 2008, reso dalla Sez. III delConsiglio di Stato.38 Cfr. approfonditamente, M. PELLINGRA CONTINO, “Il principio di “leale cooperazione” tra stato, regionied enti locali nella tutela del paesaggio”, in Rassegna Amministrativa Siciliana, 2010, p. 1714 e ss..

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Un ulteriore limite alle scelte che possono essere compiute nell’ambito degli strumentidi pianificazione energetica regionale riguarda la previsione di “misure di mitigazioneambientale” e “misure di compensazione” 3 9, le quali possono essere introdotte solo attraver-so determinazioni legislative che, allo stato, mancano nell’ordinamento regionale siciliano.

Infatti, a seguito della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, lett.f) della legge n. 239/2004 40, limitatamente alle parole «con esclusione degli impianti alimen-tati da fonti rinnovabili» 41, “anche al legislatore regionale è stata estesa la facoltà di intro-durre misure di compensazione nella disciplina delle fonti rinnovabili di energia, peraltro acondizione che i beneficiari delle predette misure non siano né le Regioni, né le Provinceeventualmente delegate” 42.

La recente giurisprudenza costituzionale 43 ha chiarito che le misure di compensazio-ne consistono nella monetizzazione delle esternalità negative sull’ambiente connesse all’at-tività di produzione di energia elettrica e comportano che l’operatore economico proponen-te l’installazione di un determinato impianto s’impegni a rendere, in favore dell’ente localecui compete l’autorizzazione, determinati servizi o prestazioni.

La Corte costituzionale ha, inoltre, tracciato un netto discrimen tra le misure compen-sative vietate e quelle ammesse. Sono ascrivibili al primo gruppo le misure di compensa-zione di tipo patrimoniale, in cui viene imposto un corrispettivo, quale condizione per il rila-scio di titoli abilitativi per l’installazione e l’esercizio di impianti da energie rinnovabili, tenu-to anche conto che, secondo l’ordinamento comunitario e nazionale, queste ultime sonolibere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa regionale 44.

Ammessa è, invece, la stipula di accordi che contemplino misure di compensazione eriequilibrio di tipo a m b i e n t a l e consistenti nella riduzione delle emissioni inquinanti da partedell’operatore economico proponente, in base alla normativa di cui alla legge n. 239/2004,art. 1, comma 4, lett. f), già citato, e comma 5 che afferma il diritto delle Regioni e degli entilocali di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazionee riequilibrio ambientale coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale 4 5.

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39 Previste agli artt. 6 e 7 del P.E.A.R.S..40 Secondo tale disposizione, ai fini dell’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastruttu-re energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole Regioni, anche illegislatore regionale può prevedere «eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territo-riale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di atti-vità, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale».41 Sentenza n. 383/2005.42 Così, la sentenza n. 282/2009, punto 7.1 del considerato in diritto.43 Ci si riferisce alla sentenza 24 marzo 2010, n. 124 ed alla successiva pronunzia del 26 marzo 2010, n. 119.44 Come previsto dall’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, attuativo dell’art. 6 della direttiva 2001/77/CE.45 Nella sentenza n. 119/2010, la Corte ha anche ricordato che la sent. n. 248/2006 ha ammesso che unanorma regionale, in via generale, possa prevedere misure di compensazione quale contenuto di un’autoriz-

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Sulla scorta della qualificazione legislativa di “opere di pubblica utilità indifferibili edurgenti” degli impianti alimentati da fonti rinnovabili 46, la giurisprudenza amministrativa haritenuto illegittima la disposizione del P.E.A.R.S. che richiedeva, tra i documenti da presen-tare unitamente alla istanza di autorizzazione, la documentazione attestante la disponibilitàgiuridica dell’area destinata all’impianto in capo al richiedente 47.

Infatti, tale qualificazione normativa disvela la volontà del legislatore statale di consen-tire la realizzabilità di siffatte opere anche nell’ipotesi in cui il richiedente l’autorizzazionenon abbia ancora la disponibilità dell’area destinata all’impianto, poiché a tal uopo soccor-re il potere espropriativo della Pubblica Amministrazione, che può essere esercitato anchea favore dei privati e con riguardo a “beni immobili o (...) diritti relativi ad immobili per l’ese-cuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità” 48.

L’attività di pianificazione regionale, come del resto in generale anche l’attività norma-tiva dello Stato e delle Regioni non deve contrastare con i principi di derivazione comunita-ria, consacrati nel Trattato e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia 49.

Così, è stata dichiarata illegittima la disposizione che prescrive la produzione, a cor-redo dell’istanza di autorizzazione, di una “autocertificazione con la quale il richiedenteassume nei confronti dell’Amministrazione la responsabilità, diretta e non trasmissibile,per l’interezza delle fasi di realizzazione e avvio dell’impianto”, in quanto ritenuta suscetti-bile di incidere sulla circolazione dei beni giuridici e delle correlate posizioni soggettive,connessi alla realizzazione di impianti eolici e, pertanto, ritenuta contrastante con l’art. 41,co. 1 della Costituzione, e anche con le disposizioni del Trattato UE che tutelano le quat-tro libertà di circolazione 5 0.

zazione, a fini di riequilibrio ambientale. Nell’ambito delle medesime pronunce del T.A.R. Sicilia precedente-mente citate, è stata, invece, ritenuta legittima la previsione dell’obbligo di prestazione di una garanzia ante-riormente all’inizio dei lavori ed il conseguente diritto della Regione ad incamerarla nel caso in cui, a seguitodella decadenza o dell’inefficacia dell’autorizzazione, il titolare della medesima non provveda a ripristinare lostato dei luoghi. Infatti, ciò che viene in rilevo è l’interesse all’integrità del territorio che non deve subire unalesione ingiustificata, in quanto neppure funzionale ad alcuna esigenza di produzione energetica nel caso incui si verifichi una vicenda che incida sull’autorizzazione stessa.4 6 Vedi l’art. 12, co. 1 del D.Lgs. n. 387/2003, a mente del quale “Le opere per la realizzazione degli impianti ali-mentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’e-sercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.47 Art. 2, lett. b) del Piano regionale.48 Così, l’art. 1 del D.P.R. n. 327/2001 recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari inmateria di espropriazione per pubblica utilità”.4 9 In base all’art. 117, co. 1, a mente del quale “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioninel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighii n t e r n a z i o n a l i ” .50 In tal senso, la sentenza del T.A.R. Sicilia del 9 febbraio 2010, n. 1775.

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I principi del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi, sanciti rispettivamen-te dagli artt. 49 e 56 del T. F.U.E., risultano violati dalla norma che impone, ai fini della speditez-za dei procedimenti autorizzatori, l’istituzione di una sede legale in Sicilia da parte dell’istante eil suo impegno al mantenimento della medesima per il tempo di efficacia dell’autorizzazione 5 1,norma che si configura, altresì, come una disposizione irragionevole, in quanto grava gli opera-tori economici di un adempimento sproporzionato rispetto alla esigenza di assicurare la rapiditàdelle comunicazioni, avuto riguardo alle attuali possibilità tecnologiche e comunicative.

Inoltre, la Regione non può accordare, sotto l’egida di declamati obiettivi di sviluppoed incremento dell’occupazione nel territorio regionale, priorità temporale, nell’esame delleistanze di autorizzazione, ai progetti che garantiscono la filiera industriale completa all’in-terno del territorio regionale 52.

In questo modo, infatti, si introduce una inammissibile deroga alla tempistica procedi-mentale prevista dall’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, sulla base di logiche di carattere pre-miale o disincentivante legate alle ricadute che gli impianti alimentati da fonti rinnovabili pro-ducono sul territorio siciliano.

L’instaurarsi di “un regime sostanzialmente protezionistico o proibizionistico (rispettoall’accesso al mercato di imprese non siciliane)”, contravviene ai più noti principi comunita-ri, quali quelli di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, nonché al più gene-rale divieto di discriminazione per motivi territoriali e di misure ad effetto equivalente, stabi-lito all’art. 12, Trattato CE 53.

Del resto, anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 124/2010 ha precisato chediscriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale contrasta conil principio secondo cui la Regione non può adottare provvedimenti che ostacolino in qual-siasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni.

Da ciò discende «il divieto per i legislatori regionali di frapporre barriere di carattereprotezionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere impren-ditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonché, inbase ai principi comunitari sulla libertà di prestazione dei servizi, in qualsiasi paesedell’Unione europea)» (sentenza n. 207/2001) 54.

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51 Tale contrasto, ha sottolineato il T.A.R., non è escluso neppure se l’obbligo si riferisca solo all’esistenza diuna sede operativa sul territorio regionale allo scopo di agevolare la celerità del procedimento. Infatti, la Cortedi Giustizia, nella sentenza 13 dicembre 2007, in causa C-465, ha stabilito che obbligare i prestatori di servi-zi ad avere una sede operativa in ogni provincia in cui viene esercitata l’attività di vigilanza privata determinala violazione degli obblighi che incombono alla Repubblica italiana in base ai sensi dell’art. 49 del Trattato CE(punto 88 della motivazione).52 Art. 1 del P.E.A.R.S..53 Così, il T.A.R. Sicilia nella sent. n. 2537/2010.54 Punto 4.2 del considerato in diritto.

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L’esplicarsi di una legittima attività di pianificazione energetica da parte della Regionerichiede anche che vengano rispettate le norme comuni dettate per il mercato interno del-l’energia elettrica e recepite dal D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, attuativo della direttiva1996/92 CE, in base al quale, le attività di produzione, importazione, esportazione, acqui-sto e vendita di energia elettrica sono libere, sebbene subordinate al rispetto degli obblighidi servizio pubblico, mentre le attività di trasmissione, dispacciamento e distribuzione sonosvolte sotto la vigilanza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Il gestore della rete di trasmissione nazionale ha l’obbligo di connettere ad essa tutti isoggetti che ne facciano richiesta e di motivare l’eventuale diniego di accesso alla rete, chepuò essere legittimamente opposto solo nel rispetto delle regole tecniche e delle condizio-ni tecnico-economiche fissate non dal gestore medesimo, bensì dall’Autorità di settore.

Contrasta con tale normativa, la disposizione regionale che prevede la presentazionedi una comunicazione del gestore della rete elettrica circa la compatibilità della capacitàrecettiva della rete rispetto all’energia prodotta dall’impianto autorizzando, perché introdu-ce un inammissibile limite all’esercizio di una attività che, in base alla normativa comunita-ria e a quella nazionale di recepimento, è pienamente liberalizzata.

Infine, malgrado alla Regione siano consentiti interventi volti alla tutela del bene pae-saggistico, non le è parimenti consentito prevedere che le Soprintendenze ai Beni Culturalied Ambientali comunichino in sede di conferenza dei servizi 55 se le aree oggetto delle istan-ze di rilascio di autorizzazione per impianti da fonte rinnovabile siano sottoposte a vincoli.

Infatti, in base al comma 4 dell’art. 12, tale autorizzazione è rilasciata a seguito di unprocedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate e che si svol-ge con le modalità procedimentali stabilite dalla legge n. 241/1990, norma di rango prima-rio che non può essere derogata da una norma regolamentare che consenta la partecipa-zione di amministrazioni non titolari di competenze in relazione all’affare da deliberare.

4. La “corsa ai ripari” della Regione Siciliana alla luce della più recente giurisprudenzaamministrativa e dell’emanazione delle tanto agognate linee guida nazionali

A seguito delle sentenze rese dal T.A.R. Sicilia sul P.E.A.R.S., la difesa erariale ha pro-posto impugnazione innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa, le cui decisioni nonsono ancora state depositate.

Nelle more della definizione del giudizio di appello, è stata emanata la legge regiona-le 12 maggio 2010, n. 11 56, il cui art. 105, co. 5 prevede che il Presidente della Regione

55 Indetta ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003.56 Tale legge reca le “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010”.

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disciplini con proprio decreto le modalità di attuazione degli interventi da realizzarsi nel ter-ritorio della Regione al fine di raggiungere gli obiettivi europei di promozione dell’impiego difonti energetiche rinnovabili e prevede anche che fino alla data di entrata in vigore di taledecreto trova applicazione il D.P.Reg. 9 marzo 2009, di emanazione della delibera con cuila Giunta regionale ha adottato il P.E.A.R.S..

Secondo l’amministrazione regionale, l’effetto derivante da tale legge consisterebbenella ratifica ed elezione a fonte primaria delle linee guida del P.E.A.R.S. che assumereb-bero una sorta di “copertura legislativa” ed acquisirebbero contenuti normativi.

D’altro canto, però, un duplice ordine di considerazioni osta a siffatta interpretazione.Innanzitutto, secondo una consolidata giurisprudenza amministrativa, una disposizionelegislativa “intervenuta in epoca successiva rispetto a quella di emanazione ed entrata invigore” della disciplina regolamentare è “insuscettibile di determinare, per quest’ultima, unasanatoria a posteriori” 57.

Inoltre, come ha già avuto modo di precisare il T.A.R. Palermo, l’art. 105 della leggeregionale n. 11/2010 si limita a prevedere una limitata efficacia temporale del P.E.A.R.S., nellemore dell’adozione della disciplina organica di settore senza, tuttavia, approvare specificata-mente o far proprio il suo contenuto dispositivo e, comunque, si limita a conferire efficacia tem-porale solo per l’avvenire, restando preclusa ogni applicazione in senso retroattivo 5 8.

La disposizione in questione desta anche dei sospetti di illegittimità costituzionale perviolazione dell’art. 12 dello Statuto della Regione Siciliana in quanto sembra aver attribuitovalore regolamentare alla delibera della Giunta regionale ed al decreto del Presidente dellaRegione, in palese contrasto con la norma statutaria e con l’art. 9, co. 2 del D.Lgs. 24 dicem-bre 2003, n. 373, che sottopone l’esercizio del potere regolamentare al parere del C.G.A. 5 9.

Sempre nel 2010, dopo circa sette anni di attesa, si è assistito finalmente all’emana-zione delle linee guida nazionali che, ai sensi dell’art. 12, co. 10 del D.Lgs. n. 387/2003,avrebbero dovuto essere approvate in sede di conferenza unificata al fine di assicurare uncorretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggioed in attuazione delle quali le Regioni avrebbero potuto procedere all’indicazione di aree esiti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

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57 Così, ex multis, la sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. III, 18 febbraio 2008, n. 1422.58 In tal senso, l’ordinanza del T.A.R. Palermo, 4 febbraio 2011, n. 126.59 La richiamata delibera giuntale, infatti, non ha di per sé natura regolamentare ma la acquisisce attraversol’operare dell’art. 105, co. 5 della citata legge, che prefigura per il futuro l’approvazione di un vero e proprioregolamento. A tal proposito, si ha notizia che con deliberazione n. 16 del 27 gennaio 2011, la Giunta dellaRegione Siciliana ha deliberato di apprezzare lo “Schema di regolamento in materia di energia rinnovabile”,al fine di consentire l’avvio degli ulteriori momenti propedeutici all’adozione del regolamento in questione.

Page 17: Profili critici dello strumento dei piani energetici regionali: in … · 2019. 11. 12. · 3In tal senso, F. BENELLI, R. BIN, “Prevalenza e “rimaterializzazione delle materie”:

Nonostante il vuoto legislativo perpetratosi così a lungo, si è avuto già modo di osser-vare alcuni degli interventi normativi, più o meno pregevoli, compiuti dalle Regioni in mate-ria di fonti di energia rinnovabile.

Proprio l’incipit del decreto ministeriale del 10 settembre 2010 60, segnatamente nellaparte riguardante i “considerando” iniziali, riconosce “la presenza di un livello accurato diprogrammazione da parte delle Regioni” ma contestualmente ritiene che questa rappresen-ti solo “la premessa necessaria ma non sufficiente, atteso il valore di riferimento delle pre-senti linee guida, anche in base alla sentenza della Corte costituzionale n. 166/2009”.

Infatti, la previsione dell’approvazione delle linee guida nazionali per il corretto inserimen-to degli impianti eolici nel paesaggio da parte della Conferenza unificata e x art. 12, comma 10,è espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambientale 6 1.

Come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 344/2010 “la predisposi-zione delle indicate linee guida è finalizzata a garantire un’adeguata tutela paesaggistica,di talché non è consentito alle Regioni «proprio in considerazione del preminente interessedi tutela ambientale perseguito dalla disposizione statale, di provvedere autonomamentealla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimen-tati da fonti di energia alternativa» (sentenza n. 16/2009)”.

Non sfuggono, certamente, le interferenze generate su alcune materie di competenzaregionale dalle norme statali dettate in materia di tutela dell’ambiente, che è una di quellematerie di competenza esclusiva dello Stato che la stessa Corte costituzionale definisce“trasversali” e che determinano una limitazione anche delle peculiari potestà legislativedelle Regioni a Statuto speciale 62.

Pertanto, sembra ragionevole affermare che, nonostante la Regione Siciliana goda dispecifiche potestà legislative in materia di paesaggio e di attività produttive industriali,comunque non avrebbe potuto provvedere ad individuare i criteri per il corretto inserimen-to degli impianti eolici nel P.E.A.R.S., in assenza di linee guida nazionali emanate solo inepoca successiva.

60 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010 e cui sono allegate le “Linee guida per ilprocedimento di cui all’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l’autorizzazione alla costru-zione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche pergli impianti stessi”, entrate in vigore il 3 ottobre 2010.61 Vedi, la sentenza della Corte costituzionale n. 119/2010.62 La Corte costituzionale, nella sentenza n. 407/2002, ha affermato che la tutela dell’ambiente è una “nonmateria” e non “una “materia” in senso tecnico” poiché non configura una circoscritta sfera di competenza sta-tale, ma inevitabilmente si intreccia con altri interessi e competenze. Essa, piuttosto, è un «”valore” costitu-zionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale simanifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioniche rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale».

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