Professione sceneggiatore. In viaggio tra narrazione e scrittura creativa

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Professione sceneggiatore di Sergio Badino è il primo volume della collana TunuéLab, i manuali Tunué dedicati a chiunque voglia

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presentazione di Maurizio Nichettipremessa alla seconda edizione

introduzione

1. il principio

2. il taccuino delle idee2.1 Le fasi della narrazione scritta

2.2 La documentazione2.3 Il What if…?

3 personaggi3.1 Caratteristiche

3.2 Gli archetipi di Vogler3.3 L’uovo e la gallina3.4 «Bibbia» narrativa

3.5 L’antefatto

4. soggetto e sinossi4.1 Il tema4.2 Il tono

4.3 La scaletta4.4 Il «paradigma» di Syd Field

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indice

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4.5 Il «viaggio dell’eroe» di Christopher Vogler4.6 Il «principio a radice quadrata»

4.7 Soggetto esempio4.8 Le 5 w

4.9 Praticamente… la stesura4.9.1 Inizio (o incipit)

4.9.2 Svolgimento (o corpo)4.9.3 Finale

4.10 Il concept4.11 Trattamento

5. La sceneggiatura5.1 Sceneggiatura per il fumetto

5.1.1 Numerazione5.1.2 Regia

5.1.3 Dialoghi5.1.4 Effetti

5.1.5 Questione di metodo5.1.6 Ordine

5.2 La striscia e la tavola autoconclusiva5.3 Il «paradigma» nel fumetto

5.4 Sceneggiatura cinematografica e per il cinema d’animazione5.5 Composizione

6. La narrativa6.1 Cenni tecnici e classificazione

6.2 Racconto esempio: Eroe precario6.3 Racconto esercizio: Piccoli Fantastici Quattro

prefazione alla prima edizione di Sergio Bonellisoluzioni agli esercizi proposti

Bibliografia

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Ho deciso di rimettere mano ai concetti espressi cinque anni fa, nella prima edizione di Professione sceneggiatore, per diversi motivi. Il principale ci lega a filo doppio al libro precedente, ed è di natura professionale: rispetto a un lustro fa le condizioni per chi voglia intraprendere il mestiere di sceneggiatore, o, più in generale, di «scrittore» (mi riferisco, con questo termine, a chiunque scriva per mestiere in uno qualsiasi degli ambiti – li vedremo nel primo capitolo – che richiedano la presenza di un autore di testi), sono mutate.

Vincolo principe, la spaventosa crisi economica di cui giusto un quinquennio fa si sono cominciate a percepire le prime avvisaglie e che investe, come quasi ogni altro settore professionale, anche il mondo dell’editoria. Così, mentre per esempio, nell’introduzione alla precedente edizione mi rivolgevo in primo luogo a un ipotetico aspirante sceneggiatore di fumetti, oggi mi sono reso conto che sarebbe riduttivo e profondamente illusorio prospettare a un giovane smanioso di esordire nel mondo della narrazione scritta soltanto l’eventuale sbocco del fumetto, anche qualora l’ambito lavorativo della letteratura disegnata fosse la massima ambizione del nostro candidato X. Quindi, se anche molti degli esempi che presentavo nella passata edizione del libro andavano già in una direzione interdisciplinare, oggi più che mai ritengo che l’approccio didattico nei confronti di un giovane scrittore abbia il dovere di essere a tutto tondo. Intanto per indicare, a chi voglia iniziare, ogni possibile declinazione della propria capacità di scrivere (in tempo di crisi più

preMessaaLLa seconda edizione

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cose si sanno fare, possibilmente bene, meglio è), e poi perché le conoscenze e l’esperienza acquisibili in ciascuna disciplina che implichi la presenza di scrittura creativa, come in un sistema di vasi comunicanti, andranno inevitabilmente ad arricchire le altre cui, probabilmente per necessità, ci si dovrà dedicare. Oltre, va da sé, a valorizzarci nel profondo.

In proposito mi auguro che il sottotitolo scelto sia chiarificatore: dopo Dritte, trucchi e segreti del mestiere, oggi Professione sceneggiatore è completato da In viaggio tra narrazione e scrittura creativa proprio a sottolineare la pluralità a cui miro con questa nuova edizione e a cui spero desiderino puntare anche i lettori aspiranti autori. Il titolo del libro, rivelatosi vincente, è rimasto immutato: vedremo appunto come partire con un approccio «da sceneggiatore» sia un vantaggio nell’apprendimento e nella pratica della scrittura.

Parlavamo dei perché di una seconda edizione: mi sembra coerente farlo, visto che nel primo libro m’interrogavo sulla necessità di un nuovo volume sulla sceneggiatura. La seconda ragione, quindi, è di tipo sociale. Nella passata pubblicazione mi rivolgevo parimenti a un aspirante autore e a una qualunque altra persona che voglia saperne di più sul mondo della narrazione; oggi continuo a farlo, con maggiore convinzione, perché le storie sono dappertutto. Lo storytelling è diventato una vera e propria strategia comunicativa, nel marketing e nella pubblicità, senza contare tutti i mass media – ne esamineremo diversi – che prevedono, come caratteristica del loro stesso essere, il narrare una storia. A tutti noi piacciono le storie, tutti amiamo leggerle, ascoltarle e farcele raccontare: padroneggiare i meccanismi narrativi vuol dire comprendere qualcosa in più della società che ci circonda e in cui viviamo, del nostro passato (si pensi alle decine di racconti, mitologici e non, comuni alle varie civiltà) e, di conseguenza, conoscere qualche elemento in più di noi stessi. Le storie sono metafore della vita, esperienze trasfigurate, e apprenderne il funzionamento – delle nostre e di quelle degli altri – significa imparare a capire qualcosa in più di ciò che siamo.

Infine, altra determinante causa di questa nuova edizione è la volontà dell’editore, conseguente all’interesse dimostrato dai tanti lettori che hanno acquistato, letto e mi auguro apprezzato Professione sceneggiatore nel corso dei cinque anni passati. A loro e a tutti voi, che sfogliate oggi queste pagine, va il mio «Grazie!» più sincero.

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Quand’eri piccolo giocavi con i pupazzetti e inventavi storie che duravano ore? Allora forse sei un narratore.

Ognuno dei tuoi soldatini aveva, oltre che un nome, una storia passata? Allora forse sei uno sceneggiatore.

Conosci a memoria decine di film? Non perdi nemmeno una puntata dei tuoi telefilm preferiti? Non sali mai su un autobus o su un treno senza qualcosa da leggere? Allora forse, chissà, magari, dentro di te c’è un potenziale scrittore.

Ed è proprio a te che questo libro si rivolge, a te che vuoi avere le basi e qualche dritta per quello che speri possa essere il tuo futuro mestiere, e anche a te, insegnante di scuola o donna manager, che indovini sempre i finali dei film e sei interessato/a a scoprire come sia costruita una storia.

Perché un altro libro su narrazione e sceneggiatura? So che qualcuno se lo sta domandando, e me lo sono chiesto anch’io prima di proporre l’idea all’editore. Da qualche anno tengo corsi di scrittura in diversi istituti (università, accademie di belle arti, scuole di fumetto): ho notato che le domande e le lacune iniziali degli studenti, ma anche di chi, più in generale, chiede notizie su questo lavoro, sono sempre le stesse, perfino da parte di persone che hanno già letto svariati testi in materia. Le medesime lacune che avevo io agli inizi e che, suppongo, a poco a poco, con la pratica e l’esperienza mi sono lasciato per lo più alle spalle.

introduzione

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Non sentivo la necessità di scrivere l’ennesimo manuale; anzi, ben mi guardo dal definire «guida» questo testo. Si tratta piuttosto di un abc, di un approccio preliminare di (spero) facilissima comprensione: la mia intenzione, con questo libro, è quella di raccontare in che cosa consista il mestiere dello sceneggiatore – e, più in generale, del narratore inteso come autore di testi e scrittore – dal punto di vista di chi lo pratica. Parlando, quindi, della mia personale esperienza: quella di un autore relativamente giovane che ha vissuto in prima persona, sulla propria pelle, tutte le difficoltà e gli intoppi del caso, ma anche i successi e le soddisfazioni.

Percorreremo, fase dopo fase, l’intero processo creativo d’ideazione di una storia e della sua declinazione attraverso vari mezzi di comunicazione: vedremo come, dallo spunto iniziale, si arrivi alla sceneggiatura e al racconto finiti, passando attraverso l’ideazione di personaggi e la stesura di un soggetto. Da qui, poi, mi auguro che tu decida di approfondire leggendo i libri di Christopher Vogler e di Syd Field, di Will Eisner e di Scott McCloud, ma, anche e soprattutto, di metterti d’impegno e dedicarti agli anni di pratica necessari per diventare professionista.

Chi è uno sceneggiatore? Una persona che scrive sceneggiature? Non solo. O meglio, lo è in ogni ambito che richieda la presenza di tale figura professionale, tranne che nel fumetto, dove di norma chi è definito «sceneggiatore» ricopre anche il ruolo di soggettista e di dialoghista. Parti, queste ultime, che nel cinema o in televisione sono a volte affidate a più scrittori specializzati.

Nell’ambito del fumetto, quindi, essere sceneggiatore richiede un alto livello di preparazione e, se possibile, più o meno talento: il percorso che attende l’aspirante autore professionista, che probabilmente in questo momento stringe questo libro tra le mani, è lungo e impegnativo. In questo libro, sviscerata la fase relativa alla nascita di una storia e alla stesura di una sinossi convincente, partiremo proprio dall’analisi della sceneggiatura per il fumetto, il tipo di scrittura creativa più efficace per apprendere quella capacità di sintesi così indispensabile in ogni altra forma di narrazione.

Parlando in particolare di fumetto, quindi, visto che molto probabilmente sai già quali argomenti tratteremo, ti dico subito quelli che non affronteremo. Non parleremo di manga (i fumetti giapponesi), né di fumetto cosiddetto «d’autore», né di comics sperimentali: ci concentreremo esclusivamente sul fumetto seriale, l’unico che oggi come oggi, in Italia, può offrire sbocchi lavorativi decorosamente retribuiti. Requisito che, con qualche eccezione, appartiene essenzialmente alle case editrici Disney e Bonelli: grandi editori che, qualora individuino talento e desiderio di migliorare in chi vuole cominciare a scrivere soggetti e sceneggiature, oltre a offrire i primi compensi insegnano piano piano il mestiere attraverso l’approvazione o la bocciatura (motivata) dei testi proposti.

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11INTRODuzIONE

Tutto quello che viene dopo il sicuro lavoro retribuito è un qualcosa in più: nessuno vieta di cimentarsi con un romanzo a fumetti, ma probabilmente non sarà quello il lavoro che darà da mangiare all’autore. Potrà essere integrato – per prestigio, per curriculum, per passione, perché essendo professionisti bisogna fare di tutto – in un normale contesto di lavoro, che però dovrà principalmente fondarsi su altre basi.

Non affronteremo gli universi del fumetto giapponese perché sarebbe inutile: che un italiano disegni manga è, a livello di mercato, una mossa del tutto improduttiva, poiché i manga richiesti e amati dal pubblico sono quelli provenienti dal Giappone e basta. Come superfluo e ingannevole sarebbe far credere a un giovane aspirante che potrà di sicuro diventare un autore con la A maiuscola e proporre a editori e mercato tutto quello che gli passerà per la mente. Sbagliato. Gli autori veri sono molto pochi, e spesso hanno raggiunto un alto livello d’indipendenza e di «autorialità», dopo aver macinato migliaia di tavole su commissione per decenni. Certo, esistono sceneggiatori (così come scrittori) che sfondano con un prodotto totalmente proprio alla prima esperienza, ma in questi casi siamo di fronte a un misto di talento, fortuna, testardaggine e ripetuti tentativi che difficilmente si replica: questi sono ottimi professionisti, ma si tratta di mosche bianche con cui non è il caso di identificarsi, pena, il più delle volte, cocenti delusioni.

Fin troppe sono le scuole di fumetto che illudono i loro iscritti con corsi di manga e totale libertà creativa. Certo, ci vuole anche quella, e inoltre si può voler imparare a fare fumetti di questo o quel tipo non per aspirazioni professionali ma più che altro per piacere personale (il che è legittimo e anche auspicabile!); ma, tornando al tema della scrittura come lavoro, un mestiere s’impara mettendosi al servizio di determinate regole – e le vedremo tutte – che, una volta metabolizzate, consentono poi di guardare verso altri lidi creativi e magari di migrarvi. È mia ferma intenzione, in questa sede, discostarmi nettamente da tutto quanto non possa essere realizzato, nemmeno con sforzi e sacrifici, da un volonteroso e talentuoso dilettante: già troppe sono le occasioni illusorie attraverso le quali chi ha poca esperienza deve cercare di districarsi.

Non voglio sembrare troppo severo, ma sarà un percorso duro e faticoso. Non è mia intenzione alimentare false promesse, ma farti vedere com’è questo lavoro dal punto di vista di chi davvero lo svolge, perciò àrmati di santa pazienza: quando sarai arrivato in fondo al libro, probabilmente non sarai ancora uno sceneggiatore, uno scrittore, né tanto meno un soggettista professionista.

Ne saprai, questo è sicuro, qualche cosa in più.

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Il mestiere dello sceneggiatore galleggia, per alcuni profani, nella nebbia più totale: c’è chi confonde sceneggiatore con scenografo (per lo più conoscenti e parenti che vogliono sapere in che cosa consista di preciso il nostro lavoro), e chi pensa si tratti di una fase marginale nella realizzazione di un film. Per quanto riguarda il fumetto, il profano di solito ritiene che compito dello sceneggiatore sia quello di scrivere i dialoghi direttamente nelle nuvolette della tavola già disegnata e finita (mestiere dignitosissimo che però si chiama lettering e viene in ogni caso dopo il lavoro dello sceneggiatore, che ha tra i suoi compiti anche quello di ideare le battute dei personaggi).

C’è poi una domanda tipica che lo scrittore e lo sceneggiatore si sentono rivolgere: «Ma come fai a farti venire in mente tutte quelle idee?». Se farai questo mestiere ti ci abituerai con il sorriso, dopo un tot di risposte a denti stretti, borbottii impacciati e magari anche un po’ di nervoso.

Chi ti approccia con questo quesito ha già fatto centro: tutto nasce dall’idea.

2.1 Le fasi della narrazione scrittaLe fasi della scrittura creativa sono, schematicamente parlando, le seguenti.1. Idea2. Soggetto o sinossi3. Sceneggiatura o scrittura in prosa

iL taccuino deLLe idee 2

La fiamma del peccato: Barbara Stanwyck e Fred MacMurray. La

sceneggiatura del film, tratta da un romanzo di

James M. Cain, fu scritta dal regista Billy Wilder

insieme a Raymond Chandler, uno dei padri

della letteratura noir, ideatore dell’investigatore privato Philip Marlowe. ©

Paramount Pictures

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PROFESSIONE SCENEGGIaTORE 18

Ce n’è poi qualcun’altra, intermedia, e la vedremo nel dettaglio negli appositi Capitoli. Quelle che per ora ci interessano, però, sono le prime due: accomunano il lavoro di uno sceneggiatore di fumetti, di cinema, di televisione e anche di uno scrittore di narrativa. Sono competenza di ciascuna di queste figure professionali.

Il senso comune circa le idee e chi le deve avere per vivere, è che vengano così, di punto in bianco, senza sforzo. E, ancora peggio, che il nostro sia un lavoro rilassante, e che noi sceneggiatori – e più in generale gli scrittori – non conosciamo il volto della fatica. Ma, ahimé, non è così. Purtroppo si è abituati all’immagine un po’ bohémien dello scrittore che si siede al suo tavolo e comincia a far fluire parole dalla penna sulla carta o dalle dita sulla tastiera del computer, in preda all’ispirazione. Ecco, dimentica questa parola. Le idee che arrivano tramite ispirazione (che calano, cioè, dall’alto) sono molto poche rispetto a quelle che un autore di testi deve necessariamente avere per poter essere professionista e quindi vivere del suo lavoro. Un autore professionista è più simile a un artigiano che non a un artista nel senso romantico del termine.

La parte più difficile dello scrivere per mestiere è proprio la prima, quella più creativa, quella, cioè, in cui si ha la necessità di avere una buona idea e di lavorarci sopra con costanza e pazienza per svilupparla. Quindi dove si trovano queste idee? Dappertutto. Lo sceneggiatore e lo scrittore sono per prima cosa animali assai curiosi e perciò, se aspiri a diventare uno di loro, devono necessariamente piacerti parecchio sia il cinema che le buone letture, e per queste ultime intendo libri, romanzi, saggi, riviste, quotidiani, fumetti. È poi insita nel narratore una certa componente voyeuristica (che però non deve decadere nel maniacale, pena l’arresto…) che lo spinge a osservare la gente – sui mezzi pubblici, al bar, per strada, allo stadio – per carpirne il carattere, i modi di fare, e ascoltarne i discorsi.

Forse l’amore per cinema e letteratura deriva dal bisogno dello sceneggiatore e dello scrittore di «avere storie tra le mani»: buone o cattive che siano, quando non ne hanno di proprie vanno bene anche quelle degli altri. In questo modo, poi, lo sceneggiatore e lo scrittore hanno modo di sottoporre ad autopsia decine e decine di trame altrui, analizzandole e sezionandole in ogni minima parte: da qui lo spiacevole inconveniente (ma si tratta di deformazione professionale) di non riuscire mai a lasciarsi coinvolgere fino in fondo da un film o da un romanzo e di tentare, spesso azzeccandoci, di indovinarne il finale. Questo processo t’impedirà di goderti la pellicola di turno e farà imbestialire amici e fidanzate a cui rivelerai gli imminenti colpi di scena senza riuscire a trattenerti. Ma anche a questo farai l’abitudine.

L’idea, dicevo, ti aspetta dove meno l’attendi. Col tempo ti accorgerai che scrittore e sceneggiatore sono una sorta di squali terrestri, in eterno movimento a caccia di un’idea. Il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista) è che in questo lavoro non si stacca mai veramente: finita una giornata in studio, se non avrai risolto quel punto della tua storia che ti dà l’assillo da tempo, non lascerai lì il problema prima di tornare a casa. Quel passaggio ti tormenterà per strada, durante la cena, mentre guardi la tv, in fila in posta per pagare le bollette, e sarà così finché non l’avrai risolto. Quando terrai tra le mani l’idea giusta, ti sentirai sollevato come se avessi confessato il peggiore dei crimini: ti si aprirà davanti un mondo intero, comprese infinite possibilità per

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19IL TaCCuINO DELLE IDEE

procedere con la tua trama. Quindi dimentica in via definitiva lo ste-reotipo bohémien dello scrittore che si siede davanti al foglio bianco (che ormai è praticamente sempre una pagina di word processor ancora vergine): scrivere soggetti, romanzi e sceneggiature è faticoso, e porta all’enunciato «Questo mestiere è come il maiale, non si butta via niente».

Prendi questo corollario come prima regola di vita e inizia ad annotare, su un taccuino che porterai sempre con te, tutto quello che ti stimola l’idea per una storia: fatti curiosi letti sul giornale o su internet, frasi udite o situazioni viste in giro (al supermercato, in palestra), sensazioni scaturite dalla visione di un film o dalla lettura di un romanzo. Per queste ultime, mi raccomando, occhio al plagio: verifica di non aver copiato di sana pianta e di aver solo tratto ispirazione da una parte infinitesimale dell’opera.

Vanno bene anche poche parole, purché ti facciano subito tornare in mente, perfino rileggendole dopo anni, di quale idea stavi parlando. Intendiamoci, annotare le idee è una cosa personale: il tuo taccuino sarà soltanto tuo, e non importa che le frasi che vi scriverai sopra siano in perfetto italiano e con una chiarissima calligrafia. Basta che ci capisca tu.

Un esempio? La frase «Con gamba ingessata vede omicidio» potrebbe essere alla base del romanzo La finestra sul cortile di Cornell Woolrich,1 da cui in seguito Alfred Hitchcock ha tratto l’omonimo film. È chiaro che poi l’idea è stata sviluppata, ma la scintilla iniziale potrebbe anche essere nata da queste poche parole.

Dei tanti spunti che scriverai, soltanto pochi si trasformeranno subito in soggetto e poi in sceneggiatura o in romanzo. Gli altri saranno dimenticati per sempre, o momentaneamente accantonati, per poi saltare fuori a distanza di mesi, magari

1 Cornell Woolrich (1903-1968). Nato a New York, è uno dei maggiori creatori del poliziesco a suspense. Celebre la sua «serie in nero»: La sposa era in nero (1940), Alibi nero (1942), L’angelo nero (1943). Ha pubblicato romanzi con lo pseudonimo di William Irish (Vertigine senza fine, 1944, Ho sposato un’ombra, 1948) e con quello di George Hopley (La notte ha mille occhi, 1945). Il film: La finestra sul cortile (Rear Window, 122’, colore, Usa 1954), di alfred Hitchcock. Con James Stewart, Grace Kelly, Raymond Burr, Thelma Ritter, Wendell Corey.

La finestra sul cortile: Grace Kelly e James Stewart. © 1954 Patron, Inc. Renewed 1982 Samuel Taylor & Patricia Hitchcock O’Connell

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combinati tra loro, quando finalmente troverai quello che ti mancava per trasformarli in storie vere e proprie.

Per riempire di spunti quest’or-mai famoso taccuino, è necessa-rio aver fame di conoscenza ed essere curiosi a 360°. Sii onni-voro di saggi, romanzi, film, do-cumentari, telefilm, riviste spe-cializzate… Cerca di ampliare a più non posso i tuoi interessi e di coltivare quelli che già hai. È una facoltà che va allenata ma che, una volta messa a punto, non ti lascerà mai solo: immagazzinare le idee ti verrà automatico e, per-fino in vacanza, comodamente spaparanzato sulla battigia, non potrai fare a meno di captare fat-ti curiosi e prenderne nota. Sce-neggiatori e scrittori vivono delle

proprie idee, per cui è giusto e sacrosanto tirarne fuori e accumularne il più possibi-le: possono anche esserci periodi di magra, in cui non ti verranno pensieri folgoranti su cui avrai voglia di metterti a lavorare, e allora sarà utile e divertente sfogliare a ritroso le pagine del tuo taccuino, a caccia di quegli spunti che – magari per dare la precedenza a un altro che sul momento ti piaceva di più – avevi accantonato.

Occhio all’autobiografismo: prendere spunto da vicende personali può essere utile, ma solo se ci si limita all’idea iniziale. In questi casi è necessario rielaborare completamente e inserire l’episodio autobiografico in un contesto del tutto originale. È molto difficile che qualcuno trovi interessante quanto accaduto a noi in prima persona, specie se ancora non padroneggiamo gli strumenti per trasformare l’autobiografia in storia, trasfigurando così quanto vissuto sulla nostra pelle per renderlo appetibile a chiunque altro. Questo è uno degli errori più frequenti fra i dilettanti: ritenere le proprie autobiografie tremendamente interessanti.

2.2 La documentazioneUna volta individuata l’idea di partenza, della quale naturalmente devi essere

molto convinto, il resto della storia non ti cadrà automaticamente tra le braccia. Prima di diventare un soggetto dovrà ancora transitare attraverso diverse fasi, la prima delle quali è quella della documentazione.

Ormai la nostra idea portante, quella attorno a cui ruoterà tutta la storia, l’abbiamo imbrigliata, quindi si tratta, svolgendo qualche breve ricerca, di tentare

Il baule in cui Stanley Kubrick accumulò le varie versioni del trattamento e della sceneggiatura di Napoleon, il film che non riuscì mai a realizzare. Il regista, la cui accuratezza dedicata alla fase di documentazione per ogni pellicola era proverbiale, riempì un intero schedario e decine di faldoni con gli appunti e le immagini scaturiti dalla ricerca che effettuò su Napoleone e su ogni elemento riguardante la sua epoca che potesse essere utile alla realizzazione del film. © 2011 Taschen Gmbh

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21IL TaCCuINO DELLE IDEE

di approfondirla documentandosi. Per esempio, se vuoi a tutti i costi scrivere una storia che ruoti intorno alla Statua della Libertà, ti sarà allora utile scoprire in che anno e dove è stata costruita, di che materiale è fatta, come si chiama la persona che l’ha progettata, qual è il nome dell’isolotto su cui poggia… cose così. Scoprirai meraviglie che nemmeno immaginavi e che apriranno nuove porte nella tua trama in costruzione.

La documentazione non serve solo ad arricchire la nostra trama: molte idee spesso vengono generate dalla documentazione stessa. Compito di ogni scrittore e sceneggiatore è quello di crearsi un proprio archivio, una propria libreria (e qui torniamo a ciò che ciascun aspirante autore dovrebbe prima di tutto fare: leggere) da consultare e da cui attingere sia per approfondire gli spunti che già abbiamo, sia per far nascere nuove storie tra le mura di casa o del proprio studio.

2.3 il What if…?Ora che hai diverse idee appuntate sul taccuino e che ne hai approfondite alcune

con la documentazione, sei pronto per iniziare a ragionarci su e trasformarle in spunti. Lo stratagemma forse più adoperato per far rimbalzare un’idea contro un’altra e vedere cosa succede è quello del What if…?, che, tradotto in italiano, suona come «Che cosa succederebbe se…?».

Consiste, sostanzialmente, nel lasciare il più possibile libera l’immaginazione: poniti delle domande, di continuo. Che cosa succederebbe se un uomo su una sedia a rotelle assistesse a un omicidio dalla finestra di casa? che cosa succederebbe se un assicuratore e la sua amante uccidessero il di lei marito per incassarne la polizza sulla vita?2 che cosa succederebbe se un supercriminale spezzasse la spina dorsale a Batman?3 che cosa succederebbe se l’equipaggio di un’astronave s’imbattesse per caso in una specie sconosciuta di ferocissimi alieni?4

2 La fiamma del peccato (Double Indemnity, 107’, b/n, Usa 1944), di Billy Wilder. Con Fred MacMurray, Barbara Stanwyck, Edward G. Robinson.

3 Batman: Knightfall (Usa, 1993-’94), di Doug Moench e Chuck Dixon, è una miniserie a fumetti in cui Bane, supercriminale ideato per l’occasione (e ripreso come antagonista principale da Christopher Nolan nel recente film Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno), dopo avergliene fatte passare di ogni genere, immobilizza l’Uomo Pipistrello su di una sedia a rotelle. Batman è così costretto a cercarsi un sostituto.

4 Alien (id., 116’ nella versione director’s cut, colore, Usa 1979), di Ridley Scott. Con Sigourney Weaver, Tom Skerritt, Veronica Cartwright, Ian Holm.

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