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InfezIonI da HPV nella PoPolazIone omosessuale
mascHIle
morbIlloIl vaccino aiuta a contrastarel’amnesia del sistema immunitario
VaccIno Per l’IPertensIone
bersaglio l’angiotensina II
Giovani donne e vaccinazione anti-clamidia
Professionaledition
C L I N I C A L L E A D E R
M I C h A E L D . M C L E A N
Vaccini
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PROFESSIONAL EDITION
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Da oggi 24 smart magazine per veicolare l’informazione medico scientifica
24 Magazine di patologia
24 Newsletter quindicinali
24 Canali web dedicati
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L’informazione scientifica si fa in 3
24MagazineDigitaliTrimestrali
24Newsletter quindicinali
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Gli smart magazine e le newsletter quindicinali sonoinviati a un target profilato di clinici grazie alla banca dati in grado di raggiungere oltre 400.000 professionisti tra medici e farmacisti
Gli ingredienti vincenti per una informazione medico scientifica di qualità
Hightlights, Report Congressuali, Evidence Based Medicine,Journal Article, Clinical Game, Review
TARGETMIRATO
CONTENUTIDI QUALITà
24Canali di patologia quotidiani
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PROFESSIONAL EDITION
1
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sommario
clinical SHOT
8 coleranuovo vaccino orale sicuro ed efficace
11Vaccino sperimentalePreviene l’infezione in metà dei casi di HiV
12morbilloil vaccino aiuta a contrastare l’amnesia del sistema immunitario
HIGHLIGHTS
14Herpes Zosterla vaccinazione riduce il rischio di nevralgie
15HpVlesioni cervicali di grado elevato ridotte dalla vaccinazione
16infeZioni da polioVirusPer l’oMs prevenzione assoluta con vaccino bivalente
17Vaccino per l’ipertensioneBersaglio l’angiotensina ii
18lattantiVaccini trivalente e anti-dengue sicuri se somministrati insieme
EVIDENCE BASED MEDICINE
20efficacia dei vaccini PrP anti-pneumococco ed anti-haemophilus influenzaei tipo B
20Vaccini polisaccaridici per la prevenzione della meningite da meningococco di sierogruppo a
21Vaccini coniugati per la prevenzione della meningite da meningococco di tipo C e della setticemia
21Vaccino anti-pneumococco per pazienti con pneumopatie ostruttive croniche
INSIDE
22 infeZione da HpV nella popolaZione omosessuale mascHile
26conVenienZa dei proGrammi di VaccinaZione anti-clamidia nelle GioVani donne
THE CLINICAL GAME
26 fai la tua diagnosi e scopri se è esatta
CLINICAL LEADER
30 Vaccini VeGetali per risparmiare Gli antibiotici a tu per tu con Micheal d. Mclean
Professional E dit ionVa c c i n i
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Direttore Responsabile francesco Maria avitto
Direttore Editoriale Vincenzo Coluccia
Direttore Scientifico lucia limiti
E D I T O R I A L S TA F FMedical Editor Patrizia Maria Gatti, sara raselli, leonardo scalia,Magazine Editor Marco landucciWeb Editor Marzia Caposio
A R TArt Director francesco MoriniImpaginazione niccolò iacovelliWeb Developer roberto Zanetti, Paolo Cambiaghi, Paolo Gobbi
I T & D I G I TA LICT Manager Giuseppe ricciDigital Operation Manager davide Battaglino
DISTRIBUZIONE DIGITALE
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Totale 96.000
Farmacisti ospedalieri 2.275
Mmg 35.815
Internisti 17.056
Geriatri 5.465
Igiene e medicina preventiva 7.748
Pediatri 14.859
Ginecologi 10.990* Dati aggiornati al 31.01.2015
VacciniSupplemento al n°5 di Popular Science
Agosto-Settembre 2015
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Clinical ShotLa scienza in immagini
coleraNuovo vaccino orale sicuro ed efficaceUn vaccino orale contro il colera, non vivo ed economico, somministrato tramite la rete dei servizi governativi , si è dimostrato in grado di proteggere in sicurezza le popolazioni urbane più povere del Bangladesh, dove la malattia è endemica.Questo dato deriva dal primo studio sul campo effettuato su un nuovo vaccino, condotto da firdausi Qadri del Cen-tre for Diarrhoeal Disease Research Bangladesh di dacca, che ha portato la sperimentazione su una popolazione di oltre 90.000 persone, di età superiore ad un anno.secondo l’autore, la ricerca ha dimostrato che la vaccina-zione orale di routine contro il colera, nelle regioni in cui la malattia è endemica, potrebbe ridurne in modo sostan-ziale il carico e contribuire efficacemente al controllo della diffusione. il vaccino è stato sperimentato a dacca, un sobborgo di Mirpur, dove l’alta densità abitativa e le condizioni sanitarie scadenti moliplicano il rischio di infezione.la chiave per il controllo del colera risiede comunque nell’utilizzo di acque pulite e in una sanitizzazione ade-guata: un obiettivo piuttosto difficile da raggiungere per le nazioni più povere e per quelle colpite da cambiamenti climatici, guerre e disastri naturali. si stima che più di un miliardo di persone sia a rischio di colera in più di 50 nazioni dove questa malattia è endemica, con circa 2,5 milioni di casi e 95.000 decessi ogni anno.il vaccino proposto presenta un’efficacia prolungata per 5 anni, ma oltre questo limite è ignota. secondo gli esperti, il monitoraggio continuo per valutare la durata della pro-tezione dovrebbe essere una componente essenziale di qualunque programma di vaccinazione di massa, allo scopo di somministrare eventuali dosi di richiamo e valutare il rapporto costo/beneficio dell’intervento.
fonte: Lancet online 2015
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Un vaccino sperimentale si è dimostrato in grado di prevenire completamente l’infezione da Hiv nella metà delle scimmie in cui è stato inoculato e che poi sono state esposte ad elevate dosi di un ceppo aggres-sivo del virus, lo studio internazionale è passato alla fase umana e attualmente è in corso su 400 volontari in usa, africa orientale e meridionale, e thailandia. l’infezione da Hiv interessa 35 milioni di persone e, ad oggi, ha ucciso 40 milioni di persone in tutto il mondo. la vaccinazione proposta è suddivisa in due fasi: la prima introduce una versione indebolita del virus nell’organi-smo per stimolare il sistema immunitario, nella seconda si somministra una dose successiva contenente una proteina di superficie purificata dell’Hiv, allo scopo di indurre una potente risposta immune.il tasso di infezione per singola esposizione osserva-to nello studio è circa 100 volte superiore rispetto a quello che viene tipicamente riscontrato negli esseri umani; pertanto, i ricercatori si attendono che il vaccino risulti ancora più efficace nell’uomo. anche se il vaccino proteggesse soltanto la metà dei soggetti che lo ricevo-no, avrebbe comunque un enorme impatto sulla salute pubblica.se i risultati dello studio preliminare saranno soddisfa-centi, lo studio di fase 2b inizierà entro i prossimi due anni.
Fonte: Science online 2015
VaccinosperimentalePreviene l’infezione in metà dei casi di HIV
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morbilloIl vaccino aiuta a contrastare l’amnesia del sistema immunitario
Il vaccino contro morbillo non solo agisce sulla malattia, ma aiuta anche a con-trastare l’effetto che questa ha sul sistema immunitario. Come emerge da uno studio della Princeton university (usa), pubblicato su Science, il morbillo ha la capacità di pro-vocare nel sistema immunitario dei bambini fino a tre anni una sorta di “amnesia” che li rende quindi più vulnerabili ad altre malattie infettive. lo studio si basa sull’evidenza che quando un bambino si ammala di morbillo, le cellule principali del sistema immunitario si “dimenticano” delle altre malattie infetti-ve, concentrandosi unicamente su questo virus. Per comprendere quanto duri questa amnesia, se meno o più di due mesi, l’èquipe di ricercatori della Princeton university ha analizzato i decessi infantili in inghilterra, stati uniti, Galles e danimarca, scoprendo che il periodo di ”amnesia” ha una durata media di 28 mesi.Questo significa che i bambini sono più pre-disposti ad ammalarsi e a morire di altre ma-lattie infettive nei due anni successivi all’aver contratto il morbillo. dallo studio è emerso anche che il vaccino contro il morbillo può aiutare a prevenire questa defaillance del sistema immunitario. “dall’analisi dei decessi nei Paesi presi in esame - ha affermato Michael Mina, immunologo ed epidemiologo della Princeton university - possiamo dire che il 50% delle morti infantili è riconducibile al morbillo”.
Fonte: Science, 2015
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Highlights
in alcuni pazienti che sviluppano successivamente l’infezione, la vaccina-zione preventiva contro l’herpes zoster riduce il rischio di nevralgia post-erpe-tica rispetto ai soggetti non vaccinati.Secondo Hung Fu Tseng della Kai-ser Permanente South California di Pasadena- autore dell’ultimo studio in materia che ha interessato più di 2.000 pazienti - questo dato si va ad aggiun-gere alla crescente mole di letteratura che evidenzia il beneficio incrementale del vaccino al di là della riduzione
dell’incidenza dell’infezione che porta alla varicella ed al cosiddetto “Fuoco di Sant’Antonio".La protezione addizionale è un fenome-no che sembra riguardare solo il sesso femminile. Questo dato potrebbe essere dovuto ad un errore statistico casuale, ad un fenomeno biologico ignoto o a differenze comportamentali nella ricerca dell’assistenza medica fra i sessi. Esistono, infatti, solide documentazioni relative al fatto che, fra i pazienti con dolore cronico, le donne sono maggior-
mente propense a ricercare assistenza medica e a richiedere terapie farmaco-logiche.Secondo i ricercatori, le evidenze emerse dallo studio sono clinicamen-te importanti, in quanto pazienti e provider potrebbero avere maggiori probabilità di prendere in considerazio-ne la vaccinazione,in virtù del fatto che può prevenire gli episodi più prolungati di nevralgia post-erpetica.
Fonte: J Infect Dis online 2015
Herpes zosterLa vaccinazione riduce il rischio di nevralgie
2.000I PAZIENTI che hanno
partecipato allo studio
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HpvLesioni cervicali di grado elevato ridotte dalla vaccinazione
2I VACCINI contro l’HPV
disponibili dal 2006
Dall’introduzione dei vaccini anti-Hpv, si è rilevata una diminuzione delle ano-malie cervicali che possono portare allo sviluppo di tumori nelle giovani donne, ma i test di ricerca di queste anoma-lie sono ancora poco effettuati tra le pazienti al di sotto dei 21 anni.Secondo Susan Hann del Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, autrice dell’indagine che ha dato conferma di queste evidenze, la riduzione nelle giovani donne delle lesioni di grado elevato è molto proba-bilmente dovuta ad una combinazione fra un ritardato accesso allo screening e l’adozione del vaccino anti-Hpv. Infatti, vi sono molte evidenze a favore dell’im-
patto sulla popolazione dei vaccini anti-Hpv ed altri studi di monitoraggio hanno riscontrato una riduzione nella prevalenza di Hpv e verruche genitali dopo l’introduzione del vaccino. Allo stesso tempo, i cambiamenti nelle raccomandazioni sullo screening hanno probabilmente anche portato ad un minor rilevamento delle lesioni.Le lesioni di grado elevato non causano sintomi, ma possono progredire verso tumori invasivi se non trattate per mol-ti anni. Più della metà di queste lesioni è causata dai ceppi di Hpv che possono essere prevenuti dai due vaccini dispo-nibili dal 2006. Secondo i ricercatori, tutti i bambini di 11-12 anni di ambo i
sessi dovrebbero essere vaccinati. Le nuove raccomandazioni di iniziare lo screening all’età di 21 anni e di effet-tuarlo meno di frequente si basano su solide evidenze, secondo le quali alcune anomalie cervicali associate all’Hpv possono risolversi senza intervento medico, specie nelle giovani donne al di sotto dei 21 anni. I tumori cervicali, inol-tre, sono rari in questa fascia d’età, ed in generale sono necessari anni perché le lesioni di grado elevato divengano abbastanza gravi da venire considerate tumorali.
Fonte: Cancer online 2015
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infezioni da poliovirus Per l’OMS prevenzione assoluta con vaccino bivalente
Oltre ai protocolli vaccinali, la strategia dell’OMS comprende la sorveglianza ed un piano di risposta per i casi di paralisi flaccida acuta, e lo sviluppo di farmaci antivirali per trattare i casi associati ad immunodeficienza persistente
La Global Polio Eradication Initiative dell’OMS mantiene un registro dei casi correlati ad immunodeficienza, che sono rari. Oltre ai protocolli vaccinali, la strategia dell’OMS comprende la
Le infezioni da poliovirus associate alla vaccinazione sono in declino, ma il WHO Endgame and Strategic Plan è ancora di importanza vitale per prevenirne la trasmissione dai soggetti con casi da immunodeficienza che continuano ad espellere virus vivo per anni. Questo dato deriva dall’analisi dei dati OMS effettuata da Ousmane Diop, del Department of Immunization, Vaccines, and Biologicals di Ginevra. Oggi la maggior parte dei casi di infezione da poliovirus deriva-no dal vaccino orale antipolio, che consiste in tre sierotipi virali attenuati. I poliovirus circo-lanti di derivazione vaccinale sono geneticamente diversi dai propri cugini wild-type, ma possono causare focolai epidemici, specialmen-te nelle aree in cui l’immunizzazione è incompleta. Inoltre esistono persone con infezioni derivate dal vaccino ed associate ad immunodeficienze ereditarie che possono continuare ad espellere il virus per 20 anni.
sorveglianza ed un piano di risposta per i casi di paralisi flaccida acuta, e
lo sviluppo di farmaci antivirali per trattare i casi associati
ad immunodeficienza persistente.
Secondo l’autore, la sostituzione pre-
vista del vaccino trivalente con
un vaccino bi-valente ridurrà enormemente il rischio di fo-colai epidemici e la cessazione globale dell’uso del vaccino
trivalente li preverrà del
tutto. Rimarrà comunque neces-
saria una completa copertura con un
vaccino monovalente addizionale, nonostante la
crescente rarità dell’infezione, al fine di prevenire nuovi casi di
soggetti con immunodeficienze che continuano a secernere poliovirus per anni dopo l’ultima dose di vaccino.
Fonte: Morb Mortal Wkly Rep. 2015; 64: 640-7)
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secondo una nuova ricerca pubblicata su Hypertension, giornale dell’American Heart Association, in futuro un vaccino potrebbe contribuire a ridurre la pressio-ne sanguigna fino a sei mesi. Lo studio sui topi potrebbe fornire una nuova alternati-va per il trattamento dell’ipertensione per le persone, che non dovrebbero più aver bisogno di prendere una pillola al giorno. “Il potenziale di un vaccino per l’iperten-sione è quello di offrire un trattamento innovativo che potrebbe rivelarsi molto efficace nel controllo della non aderenza, uno dei problemi principali nella gestione dei pazienti ipertesi”, ha affermato Hironori Nakagami, coautore dello studio e professore alla Osaka University in Giappone.I ricercatori hanno progettato un vaccino a DNA che colpisce l’angiotensina II, un ormone che provoca l’aumento della pressione a causa del restringimento dei vasi sanguigni. Tale restringimento può far aumentare la pressione e costringere il cuore a lavorare di più. Nello studio, i ratti sono stati vaccinati tre volte ogni due settimane con iniezioni senza ago. Il vaccino non solo abbassava la pressione per un periodo fino a sei mesi, ma ridu-ceva anche il danno tissutale cardiaco e i vasi sanguigni associati all’ipertensione. Inoltre, non vi erano segni di danni ad altri organi come rene o fegato. Il vaccino a DNA funziona in modo simile ai farmaci ipertensivi ACE-inibitori che favoriscono
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Vaccino per l’ipertensioneBersaglio l’angiotensina II
Il vaccino a DNA colpisce l’angiotensina II. Nello studio sul modello animale ha dimostrato non solo di essere in grado di abbassare la pressione per un periodo fino a sei mesi, ma anche di ridurre il danno tissutale cardiaco e i vasi sanguigni associati all’ipertensione
il rilassamento e l’apertura dei vasi sangui-gni producendo una riduzione della pres-sione sanguigna. Sono stati testati anche altri vaccini per l’ipertensione (ad esempio un vaccino peptidico), ma non hanno mostrato effetti duraturi e alcuni hanno provocato effetti collaterali indesiderati.Il fine ultimo di un vaccino anti-iperten-sivo è raggiungere il perfetto controllo della pressione sanguigna, migliorando l’aderenza a un farmaco tramite il vaccino stesso. Inoltre, nei paesi in via di sviluppo come quelli africani e dell’Asia meridiona-le, i farmaci ipertensivi come l’ARB (bloc-
cante del recettore dell’angiotensina) sono costosi. Secondo i ricercatori, in questi paesi un vaccino a DNA potrebbe fornire tratta-menti ipertensivi più economici ed efficaci. “Ulteriori ricerche su questo vaccino a DNA, tra cui sul prolungamento della durata della riduzione della pressione, potrebbe fornire una nuova opzione terapeutica per trattare pazienti ipertesi”, ha concluso Na-kagami. La tecnologia può essere applicata anche per creare altri vaccini.
Fonte: American Heart Association, 2015
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il vaccino per la febbre Dengue e quello trivalente morbil-lo-parotite-rosolia sono sicuri ed immunogeni se sommini-strati insieme nel lattante. Questo dato deriva da uno studio di Denis Crevat, di Sanofi Pasteur, condotto su 210 lattanti, che prevede che il vaccino per la febbre Dengue verrà presto in-trodotto come parte dei normali protocolli di immunizzazione nelle aree endemiche. Il vaccino tetravalente 17D per la febbre Dengue, attualmente in fase di sviluppo, è risultato sinora ben tollerato con un profilo di sicurezza favorevole in tutte le fasce d’età su cui sinora è stato sperimentato.La somministrazione contemporanea di entrambi i vaccini è associata a un numero lievemente maggiore di reazioni a livel-lo del sito di infezione, ma nel complesso queste reazioni av-vengono in meno del 5% dei casi. Anche lo sviluppo di febbre
Lattanti Vaccini trivalente e anti-Dengue sicuri se somministrati insieme
di grado 1 o 2 risulta più comune dopo la co-somministrazione, ma nessuno degli effetti collaterali osservati è stato reputato in correlazione con il vaccino.Peraltro l’immunogenicità dei vaccini non sembra risentire della co-somministrazione. Secondo i ricercatori questi dati sono incoraggianti e supportano ampi studi di fase 3 per valutare la co-somministrazione del vaccino anti-Dengue con altri vaccini vivi o inattivati nel calendario di immunizzazione dei lattanti. Questi studi sono anche necessari prima che la vaccinazione anti-Dengue stessa possa essere raccomandata su vasta scala.
Fonte: Ped Infect Dis J online 2015
210I LATTANTI
protagonisti dello studio
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A = ELEVATA abbiamo molta fiducia nel fatto che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale negli esiti con-siderati. le evidenze accumulate presentano deficit scarsi o nulli. e’ nostra opinione che i dati siano stabili, ossia che un nuovo studio non porterebbe ad un cambiamen-to nelle conclusioni.
B = MODERATAsiamo moderatamente certi che la stima dell’efficacia sia vicina alla re-ale efficacia per gli esiti considerati. le evidenze accumulate presentano alcuni deficit. e’ nostra opinione che i dati siano probabilmente stabili, ma permangono alcuni dubbi.
C = BASSAla certezza del fatto che la stima dell’efficacia sia vicina alla reale efficacia per gli esiti considerati è limitata. le evidenze accumulate presentano deficit numerosi o importanti (o entrambi). e’ nostra opinione che siano necessarie ulteriori evidenze prima di poter concludere che i dati siano stabili o che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale.
D = INSUFFICIENTEnon abbiamo evidenze, non siamo in grado di stimare l’efficacia, o non abbiamo fiducia nella stima dell’ef-ficiacia per quanto riguarda l’esito considerato. non sono disponibili evidenze, oppure le evidenze accu-mulate presentano deficit inaccetta-bili, precludendo il raggiungimento di una conclusione.
Solidità delle evidenze: gradi e definizioni
evidence based medicine
EBM
Cosa sono?
L’EBm, in italiano “medicina basata sulle prove di efficacia”, ha come obiettivo quel-lo di assicurare che le decisioni cliniche siano informate dai risultati della ricerca, in particolare della ricerca clinica. Tra le sue funzioni chiave c’è quella di forni-re uno strumento di lettura rispetto ai dati della ricerca e di ricondurli al singolo paziente. Per accresce-re la credibilità delle deduzio-ni di un medico – rispetto, per esempio, all’utilità di un test o all’efficacia di una terapia o per una corretta prognosi – e per trasformare tali deduzioni in nozioni condivisibili dai colleghi e dall’intera comunità scientifica, diventa imprescindibile lo sforzo di standardizzare e validare le osservazio-ni maturate nel contesto della pratica medica. E per interpretare la letteratura scientifica esistente su eziologia, diagno-si, prognosi ed efficacia delle strategie terapeutiche è necessario comprendere e condividere le regole metodologiche di base. Non tutti gli studi clinici forniscono informazioni di uguale affidabilità, quin-di nella decisione clinica le prove di effi-
cacia avranno un peso maggiore a secon-da della robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia è quella della pirami-de delle evidenze, che posiziona al pro-
prio vertice le prove sperimentali più af-fidabili e alla base quelle aneddotiche.
Sebbene esistano diverse varianti di piramide delle evidenze, la scala ge-rarchica di ciascuna pone al primo posto le informazioni desunte da revisioni sistematiche che inclu-dono studi clinici controllati di buona qualità; all’opposto, il pa-
rere degli esperti senza supporto di studi empirici occupano l’ultima
posizione. Nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli
studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizio-ne a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.
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Evidence summaries20/3/2003LiVELLo EViDENZE = a
I vaccini polisaccaridici contro pneumococco ed haemophi-lus influenzae tipo b sono efficaci nella prevenzione di queste infezioni.
Una revisione sistematica che ha incluso 7 studi (n=14179) sul vaccino anti-pneumococco e 9 studi (n=77634) sul vacci-no anti-Haemophilus Influenzae tipo b è stata riassunta nel database DARE. Gli studi erano RCT o studi caso-controllo. L’ esito negli RCT era il numero di pazienti vaccinati e trat-tati con placebo infettati dalla malattia, mentre per gli studi caso-controllo l’esito era il numero di soggetti di studio e di controllo retrospettivamente esposti al vaccino. Per quanto riguarda il vaccino polisaccaridico anti-pneumococco, gli RCT hanno fornito un OR complessivo pari a 0,73, e gli stu-di caso-controllo un OR complessivo pari a 0,56. L’ efficacia complessiva del vaccino anti-Haemophilus Influenzae tipo b era 0,80 per gli RCT e 0,38 per gli studi caso-controllo.
Bibliografia: Mills OF, Rhoads GG. The contribution of the case-control approach to vaccine evaluation: Pneumococcal and Haemophilus Influenzae type B PRP vaccines. J Clin Epi-demiol 1996 Jun;49(6):631-6.
Efficacia dei vaccini PRP anti-pneumococco ed anti-haemophilus influenzae tipo B
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Evidence summaries20/8/2010LiVELLo EViDENZE = a
La terapia corticosteroidea in fase precoce di malattia po-trebbe ridurre l’incidenza degli aneurismi coronarici nei pa-zienti con malattia di Kawasaki.
Una revisione sistematica che includeva 8 studi per un to-tale di 1.208 pazienti è stata riassunta nel database DARE. Fra questi, due (70 partecipanti) erano studi randomizzati controllati, uno (294 partecipanti) era uno studio retrospet-tivo ed il design degli altri cinque studi (844 partecipanti) rimane poco chiaro. Il numero dei pazienti trattati con cor-ticosteroidi che sono andati incontro ad un aneurisma co-ronarico è significativamente inferiore rispetto al gruppo di controllo (OR 0.546 95% CI: 0.371, 0.803, P=0.002; 8 studi). I partecipanti che hanno ricevuto corticosteroidi più aspiri-na ed immunoglobuline per via endovenosa (IVIG) sono an-dati incontro a meno aneurismi rispetto a quelli che hanno ricevuto soltanto aspirina ed IVIG (OR 0.352, 95% CI: 0.136, 0.909, P=0.031; 3 studi).Commento: La qualità delle evidenze è ridotta a causa dei risultati imprecisi (pochi pazienti ed ampi intervalli di confidenza negli studi randomizzati controllati) e dalle li-mitazioni nella metodologia di revisione (gli studi che era-
no stati esclusi dall’analisi lo sono stati sulla base dell’ete-rogeneità piuttosto che della qualità.)
Bibliografia: Wooditch AC, AronoffSC. Effect of initial corticosteroid therapy on co-ronary artery aneurysm for-mation in Kawasaki disease: a meta-analysis of 862 chil-dren. Pediatrics 2005;116:989-995.
Vaccini polisaccaridici per la prevenzione della meningite da meningococco di sierogruppo A
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Evidence summaries26/4/2007LiVELLo EViDENZE = a
Il vaccino coniugato anti-meningococco di sierogruppo C è sicuro, immunogeno ed in grado di indurre memoria immu-nologica in tutte le fasce d’età.
Una revisione del database Cochrane ha incluso 22 studi. I vaccini polisaccaridici anti-meningococco (MPLS) proteggo-no contro la malattia di gruppo C, ma non producono una risposta immune nei neonati al di sotto dei due anni di età. Questa limitazione può essere superata collegando il polisac-caride C a proteine carrier (“coniugazione”), creando così vac-cini coniugati anti-meningococco di sierogruppo C (MCC). Gli studi hanno dimostrato che il vaccino MCC risulta im-munogeno nei neonati dopo due e tre dosi, nei lattanti dopo una e due dosi e nelle fasce di età più avanzata dopo una sola dose. In generale sono stati generati titoli maggiori con i vaccini MCC che con quelli MPLS. L’iporesponsività immu-nologica osservata dopo dosi ripetute dei vaccini MPLS può essere superata con i vaccini MCC. Gli studi osservazionali hanno documentato un significativo declino nella malattia da meningococco C nelle regioni in cui i vaccini MCC sono stati più largamente impiegati. Commento dell’autore: la tempistica delle vaccinazioni, lo specifico coniugato impiegato ed i vaccini somministrati in concomitanza o combinati potrebbero essere importanti.
Bibliografia: Conterno LO, Silva Filho CR, Rüggeberg JU, Heath PT. Conjugate vaccines for preventing meningococcal C meningitis and septicaemia. Cochrane Database Syst Rev 2006 Jul 19;3:CD001834.
Vaccini coniugati per la prevenzione della meningite da meningococco di tipo C e della setticemia
Evidence summaries17.9.2008LiVELLo EViDENZE = a
La vaccinazione anti-pneumococco polivalente iniettabile potreb-be fornire una qualche protezione contro la morbidità nei soggetti con pneumopatie ostruttive croniche, benché le evidenze in mate-ria siano insufficienti.
Una revisione del database Cochrane ha incluso 7 studi per un totale di 1709 soggetti. Due studi più vecchi hanno impiegato un vaccino 14-valente, e 5 studi più recenti hanno impiegato un vac-cino iniettabile 23-valente. Le riduzioni nelle probabilità di svilup-pare polmoniti (OR 0.72, 95% CI 0.51 - 1.01; 6 studi, n=1 372, moderata eterogeneità I2=46%) o riacutizzazioni della BPCO (Peto OR 0.58, 95% CI 0.30 - 1.13; 2 studi, n=216) non risultavano statisticamente significative con la vaccinazione anti-pneumococco rispetto a quanto osservato nei soggetti di controllo. Non è stato riscon-trato alcun effetto statisticamente significativo nella riduzione dei ricoveri ospedalieri (2 studi) o nelle visite in pronto soccorso (1 studio). La mortalità complessiva (OR 0.94, 95% CI 0.67 - 1.33; 3 studi, n=888) o quella da cause cardiorespiratorie (OR 1.07, 95% CI 0.69 - 1.66) non differiva fra i gruppi vaccinati e quelli trattati con placebo.Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta per via dei ri-sultati imprecisi (dimensioni degli studi limitate per ciascun raf-fronto) e delle limitazioni nella qualità degli studi (occultamento delle allocazioni e design in cieco non chiari).
Bibliografia: Walters JA, Smith S, Poole P, Granger RH, Wood-Ba-ker R. Injectable vaccines for preventing pneumococcal infection in patients with chronic obstructive pulmonary disease. Cochra-ne Database Syst Rev 2010;(11):CD001390.
Vaccino anti-pneumococco per pazienti con pneumopatie ostruttive croniche
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L’infezione da HPV è associata a tu-mori a livello di diversi siti di testa e collo, ma quelli più importanti sono i tumori orofaringei, la cui inciden-za è aumentata sensibilmente negli ultimi decenni. La stima globale della prevalenza dell’HPV negli uomini è
del 5%, e fra gli uomini omosessuali al di fuori del Regno Unito essa varia fra il 3% ed il 57%, ma pochi studi hanno paragonato la prevalenza dell’HPV fra la popolazione maschile eterosessuale e quella omosessuale. Inoltre, la storia naturale dell’infezione orale da HPV ed il suo ruolo nello sviluppo dei tumori di testa e collo non sono stati ancora ben compresi. L’infezione da HPV e le malattie correlate negli uomini omosessuali sono di particolare interesse, dato il potenziale preventivo conferito dalla vaccinazione. La stima del potenziale beneficio del-la vaccinazione degli uomini omosessuali richiede la conoscenza dell’epidemiologia dell’infezione orale da HPV: sino ad oggi, sono stati condotti solo tre studi che hanno coinvolto un totale di 877 uomini omosessuali Hiv-negativi, allo scopo di stimare la prevalenza dell’in-fezione orale da HPV ad alto rischio (HR-HPV), ed i loro risultati mancano di costanza (rispettivamente 2%, 9% e 17%). Analogamente, la correlazione fra infezione orale ed anogenitale da HPV negli uomini omosessuali non è stata ben compresa. La maggior parte dei modelli di trasmis-sione dell’HPV impiegati per informare la progettazione dei programmi vaccinali presume che l’infezione avvenga tramite contatto anogenitale, ignorando il ruolo del con-tatto orale-anogenitale. In effetti, le stime di concordanza fra le infezioni orali ed anogenitali da HPV non soltanto hanno implicazioni per le valutazioni relative ai vaccini, ma anche per la comprensione delle caratteristiche epi-demiologiche chiave quali via di acquisizione, possibilità che le infezioni anogenitali vengano acquisite simulta-neamente o tramite rapporti o atti a rischio separati, o eventualità che gli uomini trasferiscano l’infezione da un sito anatomico all’altro tramite autoinoculazione. E’ stato dunque condotto in cui è stata descritta la preva-lenza dell’infezione orale da HPV e la concordanza fra il rilevamento dell’HPV DNA tipo-specifico nei campioni orali ed anogenitali derivanti da uomini omosessuali Hiv-negativi che frequentano un ambulatorio per la salu-te sessuale nella zona centrale di Londra. La prevalenza dell’HR-HPV nel campione considerato è stata del 6%, un valore superiore a quello della stima globale in uomini e donne sani (3.5%; 95% CI 3.0% - 4.1%), ma in linea con le stime effettuate in precedenza negli uomini omosessuali Hiv-negativi. Benchè questi ultimi siano ad alto rischio di patologie anogenitali da Hpv, nessuno dei pazienti con infezione orale da HPV presentava un’infezione da HPV
dello stesso genotipo a livello anogenitale. La prevalenza di ogni sottotipo di Hpv risultava anche superiore nei campioni anogenitali rispetto a quelli orali. Nello studio longitudinale MAC, l’HPV, ed in particolare l’HR-HPV, negli uomini omosessuali aveva maggiori probabilità di persistere a livello anale che nella cavità orale, mentre gli uomini eterosessuali avevano la stessa probabilità di presentare infezioni orali persistenti da HPV rispetto a quelli omosessuali, ma meno probabilità di presentare infezioni anali persistenti da HPV Nello studio HIM, in cui soltanto il 3,5% dei soggetti erano uomini omosessua-li, la persistenza dell’HPV risultava simile nei siti orali ed anogenitali, ma la sua incidenza risultava minore a livello orale. Nell’ambito di una valutazione incrociata, non è stato possibile distinguere le infezioni persistenti da quelle transitorie e in questo studio non sono stati
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valutati i sintomi relativi alla cavità orale, ma la minore prevalenza orale rispetto a quella anogenitale potrebbe essere dovuta sia ad una minore incidenza dell’infezione vera e propria, sia ad una minore proporzione di infezioni persistenti. Benchè le tipologie di HR-HPV siano state raggruppate sulla base del loro potenziale oncogeno a livello della cervice uterina, le uniche prove a supporto del ruolo del virus nei tumori di testa e collo riguardano l’HPV16. Era stato precedentemente dimostrato che la po-polazione esaminata nel presente studio fosse a maggior rischio di acquisizione di malattie a trasmissione sessuale rispetto agli uomini omosessuali che frequentano reparti ambulatoriali analoghi in altre zone della Gran Bretagna: se l’infezione orale da Hpv è funzione del cambiamento dei partner, le stime della prevalenza dell’infezione orale da Hpc nella popolazione considerata potrebbero risul-
LA stImA gLobALe della prevalenza dell’HPV negli uomini è del 5%, e fra gli uomini omosessuali al di fuori del Regno Unito essa varia fra il 3% ed il 57%, ma pochi studi hanno paragonato la prevalenza dell’HPV fra la popolazione maschile eterosessuale e quella omosessuale. Inoltre, la storia naturale dell’infezione orale da HPV ed il suo ruolo nello sviluppo dei tumori di testa e collo non sono stati ancora ben compresi
tare incrementate rispetto a quelle rilevate in altri siti. I vaccini anti-HPV possono prevenire le infezioni da HPV, ma la loro capacità di risultare efficaci anche nella pre-venzione dei tumori di testa e collo correlati all’Hpv deve ancora essere dimostrata. La mancata concordanza fra i campioni orali ed anogenitali suggerisce che gli ulteriori potenziali benefici della vaccinazione anti-HPV per la prevenzione della patologia orale da HPV debbano essere presi in considerazione nell’ambito dei modelli epidemio-logici e della storia naturale dell’infezione, in aggiunta ai dati relativi all’infezione anogenitale da HPV. Sono necessari però ulteriori studi, comprensivi di meta-ana-lisi, per chiarire sia l’epidemiologia che la storia naturale dell’infezione orale da HPV.
Fonte: Sex Transm Infect. 2015; 91: 284-6
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La Clamidia rimane un problema per la salute pubblica, con circa 105,7 milioni di nuovi casi di questa infezione registrati nel 2008 nel mondo fra gli adulti di età compresa fra 15 e 49 anni. Negli USA sono stati riportati più di 1,4 milioni di casi di infezione da Clamidia nel 2012. Un recente
studio ha stimato che nel 2008 negli USA vi erano circa 2,8 milioni di casi di questa infezione fra tutte le fasce d’età, e che nel 2013 la stima dei costi vitalizi legati a questa pato-logia avrebbe superato i 500 milioni di dollari. La maggior parte delle infezioni che intervengono nel sesso femminile è asintomatica, e le infezioni non trattate possono progre-dire verso gravi sequele, come malattia infiammatoria pel-vica (PID), gravidanze ectopiche, infertilità tubale e dolore pelvico cronico. Inoltre la Clamidia non trattata potrebbe causare a sua volta gravi e costose sequele, come uretriti, epididimiti, proctiti e sindrome di Reiter nell’uomo. E’ sta-to effettuato uno studio che ha esplorato gli esiti economi-ci e sanitari legati all’introduzione di un ipotetico vaccino anti-Clamidia negli USA dal punto di vista della società. Benchè attualmente non esista alcun vaccino anti-Cla-midia, lo sviluppo futuro di un vaccino efficace di questo tipo è possibile, ed il supporto per l’impiego di un vaccino per le future iniziative di prevenzione di queste infezioni continua ad aumentare. I modelli di efficacia e convenien-za dei vaccini anti-Hpv sono stati sviluppati prima che i vaccini anti-Hpv venissero approvati per l’impiego nella popolazione USA. Questi modelli, come anche i modelli successivi che i primi avevano contribuito ad informare, si sono dimostrati utili per la sanità pubblica. Il modello esplorativo proposto nel presente studio intende aiutare a far progredire la discussione riguardante lo sviluppo di un vaccino anti-Clamidia efficace, informare gli eventuali investitori nel campo delle relative ricerche e promuove-re lo sviluppo di modelli più dettagliati in modo tale che siano disponibili gli strumenti necessari per le raccoman-dazioni sulla vaccinazione anti.Clamidia. È stato impiegato un modello di trasmissione eterosessuale deterministico relativamente semplice rispetto a quelli precedentemente pubblicati, focalizzandosi sui programmi per ragazze di 14 anni e donne di 15-24 anni negli USA. Nel complesso, i risultati dell’analisi esplorativa hanno dimostrato che un vaccino anti-Clamidia potrebbe essere conveniente in mol-ti scenari plausibili. In genere, gli interventi che riducono i QALY persi per un ammontare di circa 50000 dollari USA vengono considerati convenienti. L’analisi effettuata sug-gerisce che un vaccino anti-Clamidia altamente efficace, caratterizzato da immunità prolungata, potrebbe deter-minare considerevoli risparmi nelle zone in cui l’infezione è prevalente, ed i dati raccolti sono coerenti con le prece-denti proiezioni preliminari, secondo le quali il vaccino
anti-Clamidia costerebbe meno di 10000 dollari per QALY risparmiato. Un vaccino ad elevata performance potrebbe potenzialmente eliminare l’infezione da Clamidia se la copertura fosse superiore al 75% fra i soggetti suscettibili prima del debutto sessuale. Questo dato risulta coerente con quelli di studi precedenti ed è stato anche dimostrato che la vaccinazione addizionale delle donne di 15-24 anni, oltre a quella delle ragazze di 14 anni, determina un incre-mento nell’indice ICER, il che implica che per costi superio-ri verrebbero risparmiati ulteriori QALY. L’ aggiunta della vaccinazione addizionale delle donne di 15-24 anni non cambierebbe la prevalenza a lungo termine dell’infezione, ma ridurrebbe le tempistiche necessarie a realizzare gli effetti della vaccinazione. Un ulteriore aspetto della vac-cinazione consiste nel fatto che essa sarebbe più semplice da implementare rispetto ad un intervento di screening di routine, in quanto non necessiterebbe di essere ripetuta su base annuale. Benché i dati sanitari abbiano dimostrato tassi di screening della Clamidia non inferiori al 30% nelle
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giovani donne, i dati assicurativi hanno dimostrato che meno dell’1% delle donne di età non superiore a 25 anni si sottopone a screening costante almeno una volta all’anno. Nonostante le indubbie limitazioni, il modello proposto fornisce utili informazioni sulla potenziale convenienza di un vaccino anti-Clamidia, nonché un’utile base per future analisi costo/beneficio del vaccino. In particolare, la ge-rarchia dei parametri determinanti implicati nel presente modello sarebbe utile per le analisi future, ed aiuterebbe nel comprendere i ruoli relativi svolti da numerose varia-bili che vengono impiegate nei modelli di questo tipo, per facilitare le discussioni su input semplici e complessi da inserire nel modello. Lo studio effettuato, in ultima ana-lisi, suggerisce che un vaccino anti-Clamidia di successo potrebbe avere un effetto sostanziale sulla prevalenza di queste infezioni, riducendo pertanto il carico sanitario ed economico collegato alla Clamidia stessa.
Fonte: Emerging Infectious Diseases. 2015; 21: 960-8
La maggior parte delle infezioni che intervengono nel sesso femmi-nile è asintomatica, e le infezioni non trattate possono progredire verso gravi sequele, come malattia infiammatoria pelvica (PID), gravi-danze ectopiche, infertilità tubale e dolore pelvico cronico
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La diagnosi corretta è: maLaria
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PaZiENtEUna giovane donna di 19 anni rientra negli Stati Uniti dopo aver trascorso un anno in Africa occidentale e si presenta in PS
aNamNEsi FisioLogicaSviluppo psicosomatico nella norma, vive in famiglia. Studentessa diplomata in attesa di accedere al college. Mentre era in Africa: nega aver assunto farmaci profilattici. Non allergie.Esposta a più animali in zone rurali dell'Africa compresi bovini e capriniDieta: in Africa, ha mangiato e bevuto il cibi e acqua locali.Viaggi: Africa occidentale (Ghana)Vaccinazioni: vaccinazioni standard, per i viaggi in Africa occidentale (vaccinazio-ne obbligatoria solo per la febbre gialla)Esposizione Sport / acqua: ha nuotato in fiume locale in Africa occidentale
aNamNEsi FamiLiarEnulla da segnalare
aNamNEsi PatoLogica rEmotaUn anno fa è partita per l’Africa dove ha insegnato in un villaggio rurale. Mentre era in Africa, ha avuto 2 episodi di febbre non diagnosticata trattati come malaria. Un mese prima di ripartire, ha avuto per 3 giorni diarrea grave risolta senza terapia.
aNamNEsi PatoLogica Prossi-maAll'arrivo negli Stati Uniti, si accorge che i suoi “occhi sono gialli” e si presenta al
pronto soccorso. Nei 3 giorni prima del rientro riferisce febbre elevata (oltre 39 C°) con sudorazione, agitazione, brividi; sintomi cominciati in aeroporto quando era in attesa di lasciare l'Africa.
EsamE oBiEttiVoCute: soffusione itterica diffusa e ittero sclerale. Punture d’insetto troppo nume-rose per essere contate.Stato generale scadente. Cuore e polmoni :NDPAddome: dolorabilità lieve/ modesta alla palpazione del quadrante superiore dx con fegato palpabileEstremità: ndpApparato genito-urinario: ndpEsame neurologico: Normale
Esami Di LaBoratorio E stru-mENtaLiConta leucocitaria: 2,1 x mm3Emoglobina: 9,8 g / dLPiastrine: 95.000 / mLBilirubina: 4.5 mg / dLTransaminasi: LDH 600 U / L; ALT 434 U / LAnalisi delle urine: negativo tranne bilirubinaRx torace normale
Qual è la diagnosi più probabile? a) amebiasi con ascesso epaticoB) malariac) febbre giallaD) epatite E
Vaccini
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DiscussioNE
BiBLiograFia
http://www.med-scape.com/viewarti-cle/808148_3a 36-Year-old Man With Blurred Vision and HypertensionCarlo r. Bernardino, Md - July 25, 2013
flanagan C, kline l, Curé J. Cerebral blin-dness. intophthalmol-Clin. 2009;49:15-25.
http://siia.it/wp-con-tent/uploads/2013/07/eurheartj.eht151.full_.pdf esH/esC Guideli-nes:2013
http://www.epicentro.iss.it/approfondimen-ti/2013/whdComunica-zioneCardio.asp approcci personalizzati per obiettivi comuniBarbara de Mei - unità di comunicazione e formazione, Cnesps-iss
alzheimers dement. 2015 feb 11. pii: s1552-5260(15)00017-5. doi: 10.1016/j.jalz.2014.11.009. [epub ahead of print]Mind diet associated with reduced incidence of alzheimer's disease.
La diagnosi differenziale di questo caso deve tenere in conto che nell’Africa Occidentale sono diffusi il virus dell’HIV/AIDS e di altre malattie veneree. Inoltre, in forma ricorrente a seconda delle regioni, sono presenti le seguenti malat-tie: tifo, colera, epatite virale, filaria, salmonella e meningite. Sono anche in sensibile aumento i casi di colera. La malaria è endemica. Casi di meningite sono stati segnalati nelle regioni del nord. E’ inoltre presente la bilharziosi.Al momento della partenza il certificato di vac-cinazione contro la febbre gialla è obbligatorio per i viaggiatori di età superiore a nove mesi. Per la profilassi delle infezioni presenti in Africa l’OMS consiglia: previo parere medico, la vaccinazione contro il tifo, l’epatite A e B, il tetano. Essendo il continente ad alto rischio malarico, prima di mettersi in viaggio si consi-glia di consultare un medico sull’opportunità di effettuare la profilassi antimalarica (Cloro-china e Proguanil Cloridato). In caso di viaggi all’interno dell’Africa, si consiglia di avere sempre a disposizione una confezione di medi-cinali, in caso di attacchi di malaria improvvisi. La migliore prevenzione si effettua, in ogni caso, con l’uso di repellenti contro le punture di insetti, utilizzando un abbigliamento che copra tutte le parti del corpo, specialmente nelle ore che vanno dal tramonto all’alba e alloggiando in ambienti dotati di zanzariere. Sulla base della presentazione di questa paziente, quindi, tutte le patologie poste in diagnosi differenziale sono possibili. Tuttavia l’iter diagnostico ha portato alla diagnosi certa della malaria. Va prima di tutto sottolineato che al momento dell’accettazione in PS la pa-ziente non aveva febbre, ma dopo qualche ora la temperatura corporea è salita a oltre 39 C°, il polso a 110 battiti / minuto; la respirazione a 16 respiri / min; PA a 120/90 mm Hg.L’ascesso epatico da amebiasi è stato escluso con una TC. Anche se ha avuto diarrea un mese prima della presentazione, si rammenta che i pazienti con ascesso epatico di solito non hanno la colite amebica, e quelli con colite non sono soliti sviluppare un ascesso epatico.La febbre gialla può essere una malattia bifasi-ca, con ittero presente durante la seconda fase. Ma clinicamente, questa paziente sarebbe stata nella prima fase della febbre gialla, quando i sintomi sono febbre e mialgie gravi, tra cui
mal di schiena che spesso predomina. Inoltre questa paziente aveva ricevuto una vaccina-zione contro la febbre gialla, che nel 95% dei è efficace nel prevenire la malattia.Va aggiunto che lo striscio ematico sul fresco di questa paziente eseguito in accettazione era positivo per il Plasmodium falciparum, e il 2% dei suoi globuli rossi erano parassitati. È stata iniziata una terapia dopo una discussione con i Centri statunitensi per il Controllo e la Preven-zione delle Malattie (CDC). La mattina successi-va, il 7% dei globuli rossi erano parassitati: uno dei criteri che depongono per l’aggravamento della malaria. In questo caso, anche se clinicamente stabile, la paziente è stata trasferita al reparto di terapia intensiva e sottoposta a trattamento parente-rale con chinidina. Nel corso delle successive 24 ore, la paziente è andata in insufficienza respiratoria e ha richiesto la respirazione assistita. Il fatto che il grado di parassitismo possa aumentare nelle prime 24 ore di terapia appropriata non è insolito, come il declino delle condizioni cliniche che si può verificare nella malaria grave dal terzo al settimo giorno.L’aumento delle transaminasi e l’ittero possono verificarsi nei casi più severi di malaria e sono un segno prognostico di malignità. Al riguardo la valutazione di coinfezioni malariche con il virus dell’epatite E non è stata segnalata nella maggioranza degli studi, tranne un solo caso fatale. Va ricordato che l’epatite E ha diversi genotipi. I genotipi 1 e 2 si trovano nell’acqua contaminata da feci nei Paesi in via di sviluppo in tutto il mondo e assomigliano a queli dell’epatite A. I genotipi 3 e 4, associati con la trasmissione zoonosica in tutto il mondo e in Nord America, Europa occidentale e Giappone, sono associati con il consumo di prodotti di carne di maiale, il contatto con suini, e il con-tatto con animali domestici. Questa infezione è probabilmente sottodiagnosticata negli Stati Uniti, perché l’epidemiologia suggerisce che il 21% della popolazione degli Stati Uniti è siero-positiva per l’epatite E.
In conclusione, l’insufficienza respiratoria della paziente si è risolta rapidamente, anche grazie alla respirazione assistita, e la giovane è stata dimessa con valori di laboratorio del tutto normali.
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Utilizzare le piante per produrre vaccini destinati agli ani-mali, in particolare a quelli da fattoria e domestici. Una pratica che potrebbe aiutare a razionalizzare l’uso degli antibiotici anche – e soprattutto – fra gli esseri umani.Come? Ce lo spiega michael d. mclean, genetista che lavora nel campo della biotecnologia vegetale da più di 30 anni
Dottor mc Lean, perché la vaccinazione degli animali può esse-re utile anche per la salute umana?Molti batteri patogeni cominciano a diventare resistenti agli antibiotici. Più frequentemente gli antibiotici vengono utilizzati, più la resistenza verrà sviluppata. Se utilizzassimo dei vaccini per prevenire le malattie degli animali, faremmo un minore uso di antibiotici - con conseguente contenimento del fenomeno della resistenza dei batteri - potendoli così utilizzare solo quando davvero necessari, sia negli animali, sia negli esseri umani. Anche i vaccini per i virus possono aiutarci a ridurre l’uso di an-tibiotici, perché le infezioni virali indeboliscono il sistema immu-nitario causando infezioni batteriche secondarie, che vengono poi trattate con antibiotici. Inoltre alcuni patogeni che colpisco-no gli animali possono infettare anche gli esseri umani. Dunque, prevenire le infezioni animali con i vaccini significa che anche le persone avranno meno probabilità di ammalarsi. Gli obiettivi principali della vaccinazione sono gli animali da fattoria, perché in questo caso batteri come Salmonella ed E. coli, e virus come l’influenza aviaria possono colpire anche gli esseri umani. Ma anche gli animali domestici possono anche avere delle infezioni che si trasmettono agli uomini, come la rabbia.
Quali sono i principali vantaggi dei vaccini veterinari basati sulle piante?In confronto ad altre piattaforme, i vegetali sono più sicuri perché non possono contenere patogeni animali come i prioni, e non producono endotossine. Per questo motivo i vaccini veterinari prodotti dalle piante possono essere sviluppati per una somministrazione orale, eliminando quindi il costo della purificazione, la necessità di bloccare l’animale per un’iniezione transdermica, che tra l’altro è una pratica che può promuovere infezioni secondarie. Le piante sono anche molto più flessibili per la scalabilità, visto che ogni pianta può essere considerata come il proprio bioreattore. Quindi aumentare le dimensioni dell’impianto di produzione di vaccini vegetali richiede l’uso di
più piante, mentre i bioreattori convenzionali richiedono grandi investimenti di capitale. Inoltre, i vaccini prodotti nelle piante sono basati su sub-unità proteiche o particelle simili a virus che sono però incapaci di replicarsi, quindi non possono diventare infettive. Infine i vaccini presenti nelle foglie essiccate o nei semi sono stabili a temperatura ambiente e riducono i costi di stoc-caggio e distribuzione, visto che non servono frigoriferi.
Quali sono le principali piattaforme di vaccinazione?La tecnica di agroinfiltrazione transiente viene utilizzata in molti casi e la pianta impiegata è la Nicotiana benthamiana, un vegetale non alimentare connesso al tabacco. Questo sistema utilizza un batterio che, in natura, infetta le piante ed inserisce il proprio DNA nelle loro cellule. Per produrre vaccini, il DNA del batterio viene sostituito con un DNA che verrà utilizzato per produrre le proteine che costituiscono il vaccino. Le foglie delle piante vengono infettate con questo batterio modificato e cominciano a produrre il vaccino. Il sistema è “transiente” perché solo le foglie vengono infettate, i semi ed il polline non sono geneticamente modificati. L’agroinfiltrazione transiente ci fa ottenere la proteina richiesta in 1-2 settimane, ed è già stata adottata da diverse aziende biotecnologiche in tutto il mondo. Per esempio, è così che è stato prodotto il cocktail di anticorpi monoclonali Zmapp per il virus Ebola-Zaire.Altri sistemi vengono sviluppati per produrre vaccini animali utilizzando vegetali transgenici, nei quali il gene che produce vaccini può essere trasferito tramite la riproduzione, come il riso o i semi dei piselli prodotti in serre ben limitate.
Quali vaccini possono attualmente essere prodotti nelle pian-te?L’idea di utilizzare le piante per produrre vaccini veterinari è sta-ta studiata ampiamente nelle precedenti due decadi. Concettual-mente, qualsiasi vaccino basato su antigeni a sub-unità protei-che può essere prodotto nelle piante. Tuttavia gli attuali vaccini basati su virus uccisi o inattivati non possono essere “convertiti”, perché contengono tutti i componenti della particella virale. I nuovi vaccini basati sui soli antigeni o su particelle simili a quelle virali possono essere sviluppati se si volesse sostituire gli attuali vaccini con quelli prodotti da vegetali.Esempi di vaccini già prodotti nei vegetali e dimostratisi funzio-nanti includono vaccini per il pollame contro il virus di Newca-stle, il virus della bronchite infettiva, la malattia di Gumboro;
Vaccini vegetali per risparmiare gli antibioticiA tu per tu con Michael D. McLean
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CLINICAL LEADER
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michael d. mclean ha ottenuto il phd in genetica presso l’università della Georgia. lavora nel campo della biotecnologia vegetale da più di 30 anni. È cofonda-tore ed attualmente diretto-re di ricerca della plantform corporation, una azienda che produce anti-corpi monoclonali, proteine per la cura del cancro ed altre malattie, e vaccini.
i vaccini per i suini contro il coronavirus della gastroenterite trasmissibile, Enterotoxigenic E. coli, Verocytotoxic E. coli, virus della malattia piedi-bocca; i vaccini per i suini contro il Rinder-pest virus, l’herpes virus bovino, il virus della diarrea bovina, e il virus della lingua blu.
La produzione di vaccini nei vegetali è più economica di altri metodi?È stato dimostrato che il costo della produzione di proteine terapeutiche nei vegetali è inferiore a quello della produzione in altre piattaforme. Secondo uno studio realizzato da Daniell nel 2001 e ripreso da Frenzel nel 2013, il costo della produzione di un anticorpo nei vegetali è appena dell’1-10% rispetto a quello della produzione in cellule di mammiferi.
Questo vale anche per i vaccini umani?Si, l’obiettivo principale sono i vaccini per animali, ma si stanno sviluppando anche vaccini per uso umano.
Le normative vigenti sugli ogm possono essere un problema per la produzione di vaccini nei vegetali?I vaccini prodotti in vegetali OGM sono già in uso in Europa ed in altre parti del mondo. Gli OGM non sono coltivati all’aperto, ma in modo protetto.Esistono delle leggi che assicurano un contenimento appropriato, rispettate in Europa, per la ricerca sulla piante transgeniche. È ipotizzabile che qualsiasi vaccino basato su vegetali venga sem-pre prodotto in ambienti chiusi, come serre e laboratori. Tuttavia, sarebbe possibile produrli anche all’ aperto. Buona parte dei vegetali transgenici attualmente coltivati all’ aperto è pensata commercialmente per l’alimentazione, ed è già stata dichiarata sicura. Tuttavia, le piante utilizzate per produrre vaccini non han-no lo scopo di diventare cibo, quindi sarebbero necessarie altre leggi riguardo dove e come possano essere coltivate e riguardo cos’altro si possa coltivare accanto ad esse. Se le piante usate per produrre vaccini sono invece utilizzate normalmente anche per produrre del cibo, come il mais, allora ci sono altre regole da se-guire per assicurarsi che le piante transgeniche non si mescolino con quelle utilizzate per il cibo. Le piante non utilizzate per il cibo sono quindi più facili da gestire, il che è un motivo in più per utilizzare la Nicotiana benthamiana per la produzione di vaccini. Il Canada sta ancora elaborando delle leggi per gestire queste situazioni. In Europa, le regole sulle piante transgeniche tendono in generale ad essere più restrittive di quelle di altre giurisdizioni. Credo, quindi, che sarà molto difficile riuscire a coltivare vegetali che producono vaccini nel territorio europeo. Questi vaccini potrebbero più fa-cilmente essere prodotti in stabilimenti chiusi in Europa, oppure in luoghi che si trovano al di fuori dell’UE. e poi essere importati per l’utilizzo.