Processo al Liceo Classico · MALVALDI: Anche io uso la concessio di Eco, bisogna sempre imparare...

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Processo al Liceo Classico “Il nostro liceo: cambiare per non morire?” Un’azione teatrale in forma di processo (organizzato dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo e dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca; in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Torino, l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte, l’Editrice il Mulino e con la partecipazione di Licei di Alessandria, Chieri, Chivasso, Cuneo, Ivrea, Novara, Oulx, Pinerolo, Torino e Vercelli) Torino Teatro Carignano, 14 novembre 2014 VERBALE DI UDIENZA (a cura del Cancelliere) Si dà atto che, alle 9.45 del 14.11.2014, introdotta da Alberto SINIGAGLIA, Pres.te Ordine Giornalisti del Piemonte è entrata in aula la Corte, costituita da: - Armando SPATARO, Procuratore della Repubblica di Torino (Presidente); - Marco CANTAMESSA, Presidente dell’ Incubatore I3P, Politecnico di Torino; - Gian Arturo FERRARI, Editorialista; - Luca REMMERT, Presidente della Compagnia di San Paolo; - Sergio RODA, Università degli Studi di Torino Letizia TORTELLO, giornalista de La Stampa, ha svolto funzioni di cancelliere addetta alla redazione del verbale d’udienza. La funzione di Pubblico Ministero è stata affidata ad Andrea ICHINO (Economista) e quella di difensore di fiducia ad Umberto ECO (semiologo, filosofo e scrittore);

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Processo al Liceo Classico

“Il nostro liceo: cambiare per non morire?”

Un’azione teatrale in forma di processo

(organizzato dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo

e dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca; in

collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università

degli Studi di Torino, l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte,

l’Editrice il Mulino e con la partecipazione di Licei di Alessandria, Chieri,

Chivasso, Cuneo, Ivrea, Novara, Oulx, Pinerolo, Torino e Vercelli)

Torino – Teatro Carignano, 14 novembre 2014

VERBALE DI UDIENZA

(a cura del Cancelliere)

Si dà atto che, alle 9.45 del 14.11.2014, introdotta da Alberto

SINIGAGLIA, Pres.te Ordine Giornalisti del Piemonte è entrata in aula

la Corte, costituita da:

- Armando SPATARO, Procuratore della Repubblica di Torino

(Presidente);

- Marco CANTAMESSA, Presidente dell’ Incubatore I3P, Politecnico di

Torino;

- Gian Arturo FERRARI, Editorialista;

- Luca REMMERT, Presidente della Compagnia di San Paolo;

- Sergio RODA, Università degli Studi di Torino

Letizia TORTELLO, giornalista de La Stampa, ha svolto funzioni di

cancelliere addetta alla redazione del verbale d’udienza.

La funzione di Pubblico Ministero è stata affidata ad Andrea ICHINO

(Economista) e quella di difensore di fiducia ad Umberto ECO

(semiologo, filosofo e scrittore);

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Di seguito, in forma sintetica e riassuntiva, vengono riportate le

dichiarazioni dei seguenti testimoni, oggetto di esame e controesame

in aula: Marco MALVALDI (scrittore), Luciano CANFORA (filologo

classico, Univ. “A. Moro” di Bari), Stefano MARMI (Matematico,

Scuola Normale Superiore di Pisa), Ivano DIONIGI (Latinista, Rettore

Univ. di Bologna), Gabriele LOLLI (logico e filosofo della matematica,

Scuola Normale Superiore di Pisa), Adolfo SCOTTO DI LUZIO

(studioso delle istituzioni scolastiche, Univ. di Bergamo);

SPATARO: Sono onorato di presiedere questa corte. Metto a conoscenza

delle parti le mie vicende di studente, ho frequentato il liceo classico fino

al ’66, 48 anni fa. Non sono incorso in recidive, ad ogni modo questo è un

elemento che l’accusa ha da valutare. Inoltre voglio dire che, da quando

sono in magistratura ho sempre fatto il pubblico ministero e, anche se

secondo il sistema italiano il pm dovrebbe ragionare come un giudice, la

circostanza potrebbe non essere gradita alla difesa visto che qui faccio il

giudice. Metto in campo subito queste due circostanze, chiedendo se le

parti confidano che il presidente possa dirigere il dibattimento con la

terzietà che sento di poter assicurare.

PUBBLICA ACCUSA: Nessuna obiezione.

DIFESA: Nessuna obiezione.

SPATARO: Ora mi rivolgo al pubblico. Molti procedimenti in sede penale

si definiscono con il patteggiamento della pena, in questo caso invece le

parti non si sono accordate su alcun patteggiamento. Si discuterà, dunque,

e alla fine la sentenza sarà di condanna o di assoluzione. Dichiaro aperto il

dibattimento, in nome della cultura italiana! Il pubblico ministero illustri le

imputazioni che l’accusa intende provare: prego professor Ichino.

ICHINO: Ringrazio la Corte e il pubblico. Con l’aiuto di dati statistici e

delle testimonianze di Marco Malvaldi e di Stefano Marmi mi propongo di

raggiungere 3 obiettivi. Il primo: dimostrare che il classico NON prepara

meglio dello scientifico allo studio delle materie scientifiche. Il secondo:

dimostrare che il classico non offre agli studenti strumenti adeguati per

affrontare i problemi della società del futuro. Il terzo: dimostrare che il

classico è iniquo perché ha contribuito a ridurre la mobilità sociale

intergenerazionale degli studenti italiani . Tre sono quindi i capi di

imputazione. INGANNO: Gli studenti del classico sono ingannati nel

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ritenere che questo liceo li prepari bene per materie scientifiche.

INEFFICENZA: Nel liceo classico vi è un cattivo uso delle scarse risorse

disponibili, primariamente il tempo. Chi intraprende studi umanistici,

lingue morte, rischia di avere una visione distorta della realtà. L’Italia ha

bisogno di scuole “à la carte” e non a “menu fisso”. INIQUITA’: il

classico è figlio di Gentile e della più fascista delle riforme, finalizzata a

ridurre la mobilità sociale e a impedire l’ascesa sociale delle classi meno

abbienti.

SPATARO: Ora mi rivolgo alla difesa e la invito ad illustrare il suo

obiettivo processuale: prego professor ECO.

ECO: La mia difesa partirà da una mossa retorica che si chiama concessio,

l’atto del dar ragione all’avversario per poi contraddirlo. Sono d’accordo

con il pubblico ministero, il liceo classico non prepara meglio alle materie

scientifiche, ma prepara in modo uguale. Discuterei il secondo punto,

mentre è vero che la riforma Gentile era classista e voleva formare la

classe dirigente con un’educazione alla cultura classica. Annuncio già che

la mia arringa di difesa si baserà sulla proposta di eliminare il liceo

scientifico, attendo lo sviluppo del dibattito per potermi fare un’idea che

non mi sono ancora fatto dell’opinione corrente di questi argomenti.

(Applausi)

SPATARO: Raccomando al pubblico di non pensare di condizionare la

Corte con gli applausi, la Corte sarà serena, secondo quanto la legge ci

impone. Nei processi ordinari vengono sentiti prima tutti i testimoni

d’accusa, poi quelli a difesa. In questo caso, le parti, con il consenso della

Corte, si sono accordati per alternarli. I testi d’accusa sono esaminati

prima dal pm, poi dal difensore. Viceversa per i testi a difesa. Nel

controesame sono ammesse domande suggestive. Il pm ci dice chi è il suo

primo testimone?

ICHINO: Marco Malvaldi, scrittore. Cresciuto alla Normale di Pisa, autore

di libri gialli.

Il teste sale sul palco.

ICHINO: Malvaldi, il nostro liceo classico è veramente il liceo che Platone

e Aristotele ci consiglierebbero di offrire ai giovani, se questi filosofi

fossero qui oggi?

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MALVALDI: Anche io uso la concessio di Eco, bisogna sempre imparare

da chi ne sa più di noi. Io sono completamente a favore del liceo classico,

ma il nostro non è un liceo classico, attualmente. Di fronte alla Scuola di

Platone stava scritto: “Non entri qui chi ignora la Geometria”. La cultura

classica è fatta di sapienza umanistica e sapienza scientifica, entrambe le

cose sono necessarie per la formazione di una cultura corretta. Quindi, mi

chiedo: gli studenti del liceo classico (non chiedo di alzare le mani, non è

consentito!) saprebbero dimostrare l’infinità dei numeri primi, o la

quadratura delle lunule? Se non sappiamo come costruire questi strumenti,

per quale motivo dobbiamo scegliere di ignorare una parte così

fondamentale della cultura umana? Il De rerum natura di Lucrezio, che era

un anatomista, ci fa osservare come il pigro olio scende non facilmente

come fanno l’acqua e il vino, l’olio è più viscoso dell’acqua perché le

catene molecolari di cui l’olio è costituito (acidi grassi) sono più lunghe.

Lucrezio l’aveva capito, così come aveva compreso perché alcune sostanze

sono dolci altre salate, ma non aveva gli strumenti chimici e fisici per

ipotizzare il corretto funzionamento del recettore. Sarebbe stato una bestia

Lucrezio…

SPATARO: La prego di non insultare gli assenti…

MALVALDI: … se avesse conosciuto la matematica che conosco io. Il

liceo classico forma per quanto riguarda le materie umanistiche, non

informa per le scientifiche. La cultura è qualcosa che non cambia.

L’energia è qualcosa che non cambia, il Teorema di Pitagora non lo

potremo mai rifiutare. La cultura è un prodotto della nostra capacità di

verificare e immaginare. Il nostro non è un liceo classico, esattamente

come lo scientifico non è un liceo scientifico. Sono licei, punto.

SPATARO: Altre domande? No.

ECO: Lei ha fatto il classico o scientifico?

MALVALDI: lo scientifico.

ECO: Ecco, allo scientifico le hanno spiegato il problema delle lunule e il

teorema di Fermat?

MALVALDI: No.

ECO: Quindi dopo lo scientifico lei si è fatto una cultura classica di storia

della scienza.

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MALVALDI: Certamente!

ECO: Appunto, sono contento.

SPATARO: preciso che, in questa sede, i testimoni non giurano, ma tutti

hanno dato assicurazione di dire la verità in nome della cultura. Passiamo

ora al primo teste della difesa...

CANFORA sale sul palco (tripudio in sala): Essere qui è un dovere civile.

La scuola è il cuore di una società aperta. Nella sua forma più completa,

cioè il liceo, la scuola è la trincea della democrazia, nel senso più alto della

parola. Ciclicamente, però, l’utilità del liceo è stata messa in discussione

da involontari amatori di esso. Chi formula critiche è innamorato del liceo,

però è deluso da come concretamente funziona. Voglio andare incontro

alla loro sofferenza, mettendo in luce i tratti salienti di un tipo di scuola

nata molto prima di Giovanni Gentile. Platone non raccomandava di

studiare il latino, anche se Malvaldi sa cosa c’era scritto sulle porte della

sua scuola. Elencherò alcuni punti per parlare della validità profonda di ciò

che chiamiamo liceo: il cardine della “licealità” è la storia del pensiero

filosofico e scientifico, questa è l’asse di una scuola veramente formativa.

La capacità di conoscere la storia del pensiero è fruizione ben diversa da

pensieri leggeri e volatili. Secondo punto che elencherò: la conoscenza

della storia passata. La storia non si può tagliare a fette, è tutta

contemporanea. Ci serve a distinguere, se possibile, il falso dal vero, a

resistere a coloro che negano che ci sia mai stata la Shoah. Terzo punto:

l’abito mentale filologico, che impone la domanda: “Dove sta scritto ciò

che mi viene detto?” Quarto punto: la traduzione. Tutta la cultura è

traduzione, noi traduciamo non solo davanti all’esecrato aoristo passivo,

che tanti odiano pur essendo un tempo che ha tutta la rispettabilità del

perfetto e del più che perfetto, traduciamo quando cerchiamo di capire

un’epoca storica, facciamo al tempo stesso uno sforzo analitico e sintetico,

nella comprensione degli altri. Se queste quattro virtù sono praticate, come

dice Tucidide, “mi basta”: “Ho cercato di capire la verità dei fatti accaduti,

per produrre esempi per chi dopo si troverà ad affrontare gli stessi fatti in

futuro”. Se questo accade, mi basterà.

ECO: La cultura filosofica dello scientifico è insufficiente rispetto al

classico? E’ una vera curiosità, la mia.

CANFORA: Se fatta con serietà è davvero appassionante. Geymonat

produsse manuale di filosofia per gli scientifici con un accento sulle

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materie filosofico-scientifiche. Io dico, però, che sia da difendere la

licealità tout court.

ECO: Geymonat ha fatto il classico o lo scientifico?

CANFORA: Non gliel’ho mai chiesto, ma suppongo il classico.

ECO: Grazie, è tutto per me.

ICHINO: Pensiamo agli anni ’70, nei licei classici si facevano 10 ore di

latino e greco, 2 sole ore di matematica e 1-2 di fisica. Dal 1861 a oggi,

qual è il cumulo delle conoscenze in campo scientifico e tecnico che

l’umanità ha acquisito? Altissimo. Ma la distribuzione delle ore al liceo è

rimasta sostanzialmente invariata. E’ utile la storia, ma ci sono altre cose

utili a uno studente. Studiata la storia e la filologia, lo studente non ha

appreso tutto ciò che deve sapere. Deve anche acquisire informazioni di

tipo scientifico. Non solo imparare a ricordare, ma anche ad utilizzare

informazioni, per risolvere problemi. Date le ore limitate di studio di uno

studente, lei ritiene che vada tutto bene così, o che oggi sia necessario un

riequilibrio?

CANFORA: A me risulta che le ore di greco e latino siano 7, matematica e

fisica 3 e 3.

ICHINO: Parlo del liceo che ho fatto io.

CANFORA: Sarà stato un momento sventurato della sua vita.

SPATARO: Che scuola ha fatto?

CANFORA: Il liceo classico, di cui sono piuttosto fiero.

SPATARO: Passiamo ora ad un altro teste dell’accusa...

MARMI sale sul palco.

ICHINO: Parliamo della probabilità di ammissione alla Normale di Pisa

per chi viene dal classico e dallo scientifico. Teniamo presente che gli

studenti che vanno alla Normale sono generalmente i migliori da ogni tipo

di scuola. Qual è la probabilità di entrare a seconda del tipo di scuola di

provenienza?

MARMI: Mostrerò una scheda fornita dalla segreteria studenti.

SPATARO: Ammettiamo il documento.

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MARMI: I dati sono degli ultimi tre anni, perché solo da tre anni i dati

sono disponibili in forma digitale. Lo scopo della tabella è illustrare la

frequenza con cui gli studenti che si presentano al concorso per

l’ammissione alle classi di Scienze e Lettere riescono a superarlo: quello

che emerge è chiaro. La frequenza con cui gli studenti provenienti dal

classico, per il concorso delle Scienze, sono ammessi è intorno a 1

studente su 60-80, mentre la frequenza con la quale gli studenti dello

scientifico vengono ammessi nella classe di Lettere è di 1 su 10.

ICHINO: Quindi alla Normale non ci sono nella classe di Scienze studenti

del classico nonostante ce ne siano che fanno domanda: una frequenza di

ammissione pari a zero; mentre tra quelli dello scientifico la frequenza di

ammissione è positiva.

Seconda domanda più generale. Il Paese non è ancora uscito da una crisi

nata nei mercati finanziari, che altri paesi hanno affrontato forse meglio.

C’è chi sostiene, con attendibili fonti statistiche, che parte del problema sia

la scarsa alfabetizzazione finanziaria degli italiani. Le competenze di tipo

quantitativo sono necessarie anche a questo fine. Chiedo a Marmi, che

insegna modelli dinamici applicati alla finanza: quanto il liceo classico

rende gli studenti capaci davvero di capire cosa succede in un mercato

finanziario oggi, per non rimanere succubi di una situazione quale quella

che ci ha travolti?

MARMI: La comprensione del mondo attuale attraverso gli strumenti

quantitativi è importante. Spesso agli studenti propongo un gioco:

immaginate di fare un investimento che a giorni alterni, rende o più 10% o

meno 10%, con regolarità. Che cosa succede al vostro investimento se voi

non fate nulla e lasciate lì i soldi? La stragrande maggioranza delle persone

risponde che non succede niente. Invece no, l’investimento perde l’1%

ogni due giorni. Questo tipo di riflesso è sistematico in Italia, non ho un

controllo sul fatto che il pubblico che scivola su questa cosa provenga da

studi classici. Ma noi non prepariamo le persone per capire in modo

adeguato il mondo che ci circonda. L’aoristo passivo per me è l’aoristo

passivo. L’incapacità di leggere la realtà ha dei costi molto alti. Non ho

strumenti per capire se la formazione classica contribuisca allo sviluppo

successivo. Ho fatto il liceo scientifico, anche se mi consigliavano il

classico. Volevo portare una riflessione: abbiamo generato in Italia una

società in cui, anche in salotti molto buoni e determinanti per il futuro

dell’economia, si può affermare senza vergogna “non so nulla del teorema

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di Pitagora”. E’ come dire che non sappiamo chi sia Alessandro Manzoni e

mi sembra un po’ grave.

ECO: C’è una sproporzione enorme tra studenti che fanno il classico e lo

scientifico. Non mi convince la statistica. Ovviamente quelli del classico

vanno alla Normale di Pisa scegliendo materie classiche, in cui sono molto

più preparati.

MARMI: Questa analisi ha lo scopo di dire che forse chi ha fatto studi

classici non ha un vantaggio per l’accesso agli studi scientifici. Io dico

sempre agli studenti svegliatevi, oggi avete una quantità straordinaria di

possibilità, molto più di quelle che ho avuto io alla vostra età. Volevo

portare alla riflessione della Corte questi dati.

CANTAMESSA (giudice componente la Corte): Per venire incontro alla

scarsa capacità intellettiva della Corte, vi dico che avrei gradito percentuali

e non valori assoluti, anche perché andando a guardare i dati non mi pare

che ci sia un’associazione statisticamente significativa.

MARMI: Questi dati non sono una prova scientifica. Mi sembra che

questo dibattimento non si costituirà solo di prove scientifiche. Vi

portiamo alcuni elementi di riflessione. L’incidente, cioè quello che la

tabella mostra, è che in una prova molto selettiva la frequenza con cui gli

studenti del classico hanno accesso agli studi scientifici è molto inferiore

alla frequenza con cui gli studenti dello scientifico hanno accesso agli

studi classici. Non è una prova scientifica ma è un fatto.

CANTAMESSA: Lei dice che non è sufficiente la conoscenza umanistica,

ma questa conoscenza scientifica è necessaria e anche sufficiente? Per

“affrontare le sfide” mi chiedo se non sia necessaria anche una formazione

di tipo tecnico.

MARMI: Non penso che la conoscenza scientifica da sola sia sufficiente.

Il mio è un grido d’allarme sulla tragica assenza in troppi contesti

importanti dove si decide l’agire di questo tipo di formazione. Per quanto

riguarda la crisi finanziaria, ad esempio, è stato ampiamente mostrato che

un problema importante è venuto dal fatto che nelle banche l’unico terreno

di incontro tra gli incentivi dei decisori e di chi ha gli strumenti

quantitativi era nella costruzione di un meccanismo che consentisse di

pagare velocemente le stock options. E’ un problema di comunicazione tra

due insiemi di persone che hanno una forte capacità di cambiare la realtà

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ma che non si incontrano sul terreno proprio della conoscenza scientifica

che è quello del dubbio.

FERRARI (giudice componente la Corte): Lei ha usato questi numeri non

per dire la verità ma per convincerci, c’è una retorica dei numeri secondo

lei?

MARMI: Ci sono diverse sfumature tra la retorica e la verità scientifica e

la stessa verità scientifica è una verità che è sottoposta a revisione. La

prova scientifica non la possiamo dare, non è un uso retorico ma un

argomento reale.

FERRARI: La retorica è realissima, non ho disistima.

ICHINO: Possiamo discutere di cosa sia prova scientifica, ma questo è un

fatto.

SPATARO: La fase di esame dei testimoni prevede domanda e risposta,

sig. Pubblico ministero. Le valutazioni le farà in sede di requisitoria finale.

MARMI: Il PM è incolpevole, cioè volevo dire è stato indotto da me a fare

questa domanda perché come matematico ho difficoltà a parlare di

probabilità in questo contesto.

SPATARO: Mi ha colpito la prima parte della sua risposta al pm. Lei

afferma che gli studenti manifestano difficoltà nel capire la realtà. Ma dal

suo punto di vista, la realtà è tutta nel capire i numeri? E’ una domanda

che solitamente faccio anche alla magistratura, per valutare le cui

professionalità qualcuno sostiene siano necessari degli algoritmi. Vorrei

capire il suo giudizio. La sua risposta serve anche per valutare la sua

attendibilità.

MARMI (si asciuga la fronte): Mi ha messo in difficoltà psicologica,

perché io non mi considero una persona attendibile. Viviamo in un mondo

che subisce una rivoluzione dettata dal numero, non dalla chimica e dalla

fisica come quelle del XVIII e XIX secolo, ma domina la matematica,

attraverso il suo braccio armato che è il computer. Le “non decisioni” che

prende l’Italia ci porteranno al paradiso dei milionari di indiani e

statunitensi che verranno qui a svernare. Ma allora smettiamola di dire che

non abbiamo abbastanza innovazione. Questa cravatta è stata fatta usando

la matematica, questo non accadeva trenta o quaranta anni fa. Ci può

piacere o non piacere, ma è così. Per cortesia forniamo strumenti adeguati

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a capire almeno un pochino le questioni che in questo momento ci

interessano molto da vicino. Dopodiché la realtà è molto più complessa,

nessuno pensa che la matematica da sola fornisca le risposte. Tutte.

REMMERT (giudice componente la Corte): Chiedo a un professore e a un

matematico quanto sia giusto ingabbiare i giudizi nell’importanza dei

numeri. Uno dei problemi di oggi è la concessione del credito dalle

banche, che si basa oggi sempre di più sulla valutazione del rating di un

soggetto. Ma le valutazioni non sono mai soddisfacenti, per capire se un

soggetto è affidabile.

MARMI: Il rating non è matematica, è un’opinione. Se l’impresa è grande

si fa fare il rating da Moody’s, non dal desk di rischio della banca. Le

grandi agenzie di rating si sono sempre difese dicendo “noi usiamo anche

algoritmi, ma i rating sono sempre opinioni”.

ECO: Non contraddirò mai il teste perché è il mio rettore! Avanti Ivano

Dionigi.

DIONIGI sale sul palco: Sgombro il campo da conflitti di interessi: dirigo

la rivista “Latinitas”, per incarico del Papa, e dichiaro il mio interesse

privato per il latino, perché ne traggo uno stipendio dignitoso. Il pm dice

che latino e greco sono lingue morte. Io sto con Eliot, secondo il quale

latino e greco sono lingue fortunatamente morte, così ce ne spartiamo

l’eredità. Ci sono idola da cui dobbiamo prendere le distanze. Qui il

dibattito oscilla tra “i classici” e il liceo “classico”: il liceo classico non è

una sorta di corpo mistico, ma la differenza la fanno gli insegnanti. In

questo Paese, tutti i giovedì dei mesi di maggio, che Dio manda in terra, da

14 anni, nell’Aula Magna del mio Ateneo si tiene un ciclo di letture di

classici: se parlassimo di politica avremmo davanti 100 persone; ma visto

che parliamo di classici sono 2000, per tacere dei tanti altri che seguono

via streaming. Sono tutti ingannati? Molti sono 18enni. In Francia e in

Germania è vero che il classico non gode di ottima salute, ma gli Stati

Uniti riempiono le nostre summer school e gli studenti cinesi vengono

apposta da noi per questo. Vi racconto un aneddoto: 25 anni fa Ciampi

Presidente ci convocò all’Enciclopedia italiana, era ospite di Scevola

Mariotti. Disse: “Ti ricordi, Scevolino, quando alla Normale di Pisa

ascoltavamo le lezioni di filologia e papirologia? Sapessi quanto questo mi

ha giovato, nel rimettere a posto i conti dello Stato!” (Ciampi si è laureato

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in Lettere, poi – siccome “carmina non dant panem” – ha preso anche la

laurea in Giurisprudenza).

ECO: Le risulta che Ciampi abbia diretto bene la Banca d’Italia?

DIONIGI: Mi pare un po’ più che bene. Ho un giudizio positivo,

confortato dai dati.

ICHINO: Insegno in università internazionali in cui vedo studenti che

sanno almeno 3 lingue in modo quasi perfetto. In Italia è difficile che gli

studenti sappiano anche solo l’inglese. Secondo lei è sufficiente per gli

studenti del classico il tempo scolastico a disposizione per imparare le altre

lingue? Per imparare inglese, cinese, arabo? In un mondo globale, una

volta imparato il latino e greco lei ritiene che si possa imparare tutto il

resto facilmente?

DIONIGI: Tralascio ogni discorso d’ordine cognitivo o epistemologico, ed

evito di spiegare quel che hanno di più il latino e il greco. Sulle lingue dico

semplicemente questo: ci sono alcune cose che si possono imparare

mandando i figli all’estero; ce ne sono altre che solo la scuola può dare.

Quanto al dover bilanciare le ore, riscontro che noi ci siamo rassegnati alla

cultura del come dire: o fai l’informatica o fai la storia, o fai l’inglese o fai

il latino. Questa è la rigida razionalità ministeriale. Alla cultura dell’aut-

aut io contrappongo l’et-et: siamo forse costretti a indossare o la camicia

di lino o il piumino? Forse sono uno sprovveduto, ma dico: perché non

dilatare gli orari della scuola? Ci vogliono investimenti, meno compiti a

casa, di più a scuola; in alcune zone sottrarremmo anche i ragazzi alla

malavita. E dobbiamo pagare di più gli insegnanti. Allora sarà l’et-et. Il

Rinascimento a cui tutti teniamo è stato un miracolo ma non ha rottamato

il passato: ha rottamato il presente in nome di un passato (quello classico)

ancora più remoto.

ICHINO: Debbo concludere che per il rettore dell’università di Bologna il

tempo e lo spazio sono dilatabili. L’economia è detta la scienza triste,

perché ricorda all’umanità che esistono vincoli di bilancio. Non si può fare

l’et-et. Perché in 5 anni di latino e greco i nostri studenti non parlano latino

e greco, mentre dopo 5 di inglese o francese iniziano a parlare queste

lingue?

DIONIGI: Latino e greco non sono fatte per scimmiottare altre lingue

moderne, ma per capire i testi. Queste lingue e culture sono antagoniste,

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plurali, noi abbiamo bisogno della differenza. Sono per l’inversione della

gerarchia attuale, che mette al primo posto l’economia, quindi la politica, e

alla fine la cultura. Marx e Rockefeller, Robespierre e Tocqueville,

Gramsci e Croce, tutti hanno fatto il classico. Come ha detto Mandel’stàm,

“Classico è ciò che ancora ha da essere”. Per questo ci riguarda tutti.

ICHINO: Quanti di quelli che hanno studiato greco e latino sanno leggere

opere greche e latine? La realtà è che passano il loro tempo solo a fare

versioni.

DIONIGI: L’unico punto su cui sono d’accordo con lei: molti sono malati

di quella che Pasquali chiamava conjunctivitis professoria. Ma questo non

è il liceo classico nella sua forma autentica. Lei ne fa una caricatura.

SPATARO: E’ stato detto che il latino ha una duplice natura, una struttura

profonda intrinseca e un’altra struttura profonda estrinseca. Abolire il

latino o il greco? Quando moriranno gli ultimi conoscitori di sanscrito e

latino, avremo un’umanità smemorata? Incapace di capire il passato?

DIONIGI: Questo è il rischio. La memoria. Sto con Thomas Khün: la

scienza si nutre di dimenticanza; una scoperta rimuove la precedente,

secondo il paradigma sostitutivo della dimenticanza. Ma c’è un altro

paradigma, quello cumulativo della memoria. Quando avremo fatto

davvero l’Europa, forse gli Europei non ci saranno più. Ma per noi che

veniamo di lì la nostra è lingua greca, lingua latina. Senza classici si può

vivere, ma si vive peggio.

SPATARO: Do atto che non sono presenti in aula altri testi d’accusa, non

essendo comparso Michele BOLDRIN, che sarà sentito in video

conferenza. Si accomodi allora l’altro teste a difesa, LOLLI.

LOLLI: Insegno alla Scuola di Pisa, appartengo alla classe di Lettere, ma

faccio corsi sulla matematica. Nella mia esperienza didattica ricordo

quando a Torino insegnavo a Informatica, venivano studenti da filosofia a

seguire il corso di Logica, erano i più bravi; i miei studenti della classe di

Lettere vedo che si appassionano alla matematica, e la capiscono. Per dirla

in due parole, non c’è differenza di genere tra Umanesimo e Scienze ed è

quasi inutile insistere sull’argomento. Ho l’impressione che qui si stia

processando l’imputato sbagliato. Forse ciò che c’è nei nostri ricordi… La

scuola ha da tempo perso la sua funzione di mobilità o immobilità sociale

e di preparare tecnici di alto livello. I governi reagiscono annaspando a

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questi cambiamenti. La commissione dei 40 saggi di Berlinguer

raccomandò “forti alleggerimenti dei contenuti disciplinari”, che si sono

tradotti in dequalificazione. Oggi i programmi sono turgidi, quasi che gli

studenti fossero otri da riempire di nozioni… da verificare alla fine con i

test. Abbiamo invece infine la possibilità di far sì che la scuola si dedichi

alla sua vera funzione, non di preparare a professioni che non ci sono più,

ma far crescere la personalità e il desiderio di conoscenza degli studenti. I

dati presentati dal PM non sono significativi. La scienza e la matematica

non sono numeri, ma pensieri, concetti, storie, dimostrazioni. Il tempo da

dedicare all’una o all’altra lasciamo che lo decidano studenti e docenti. Il

problema del Paese è che non si risolve il rebus della formazione se non si

decide un investimento massiccio d’emergenza sulla preparazione e sulla

formazione di docenti capaci di lasciar liberi di crescere i loro studenti.

ICHINO: E’ sorprendente e drammatico sentire che fatti e numeri siano

irrilevanti! Se davvero non ci fosse differenza tra preparazione in materie

scientifiche e materie umanistiche dovremmo vedere le stesse probabilità

di entrare alla Normale di Pisa indipendentemente dal tipo di liceo. Perché

sono diverse?

LOLLI: Il pubblico ministero usa ideologia nei suoi attacchi. Non sono

irrilevanti i numeri quando fai i conti della spesa, anche di un paese, ma se

si deve decidere quale è la cultura che offriamo e a cui chiediamo alle

nuove generazioni di aprirsi, la matematica non è quella dei numeri, ma

dei concetti, delle teorie, dei risultati ottenuti in una storia che parte da

lontano e si prolunga fino all’oggi. Il pm mi insegna che quel campione

non è ottenuto in modo scientifico, è una popolazione che si presenta

all’esame con dietro una storia di stimoli, ambizioni, è un campione

estremamente distorto, sapete che ci sono scuole che preparano

appositamente gli allievi al concorso per la Normale?

ECO: Voglio concentrarmi sull’uso della parola “fatti”. Come filosofo,

ritengo che i fatti siano individuali, diverse le interpretazioni dei fatti. Un

fatto statistico è un fatto o è una media ottenuta da una particolare scienza

che è la statistica?

LOLLI (occhi chiusi): I fatti sono l’indicazione delle preferenze di coloro

che fanno appello ai fatti. Il Gradgrind di Dickens in Hard Times dice

“Fatti, fatti, fatti”, ma è un positivista utilitarista che oggi viene dileggiato;

è chiaro che nella ricerca scientifica a un certo punto bisogna riferirsi a dei

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fatti per verificare le teorie, eppure i fatti sono pregni di teoria. Si può e si

deve cercare di renderli il più trasparenti possibile, per mettere in luce le

assunzioni nascoste. La popolazione che interessa a noi è l’intero paese, e

anche alla Normale di Pisa interessa una popolazione più ampia di quella

che attualmente bussa alle sue porte. La Normale riflette sui dati che

possiede, ma deve arricchirli e depurarli. Allo stato attuale delle cose, dai

dati che possiede la Scuola non si può concludere nulla.

REMMERT (giudice componente la Corte): Lo studente non sta al centro

dell’offerta formativa. Dipende da un difetto delle regole o dei docenti?

LOLLI: Le indicazioni ministeriali sono testi illeggibili, gonfiati per la

preoccupazione di non dimenticare nulla dello scibile contemporaneo, e

non sembrare incolti (i funzionari). Io dico, invece, che non si dovrebbe

ingabbiare in regole troppo rigide quella che deve essere un’attività viva.

Gli studenti devono studiare scienza, in modo da dare, sotto la guida di

docenti adeguati, un contributo creativo, anche piccolo, per capire l’etica

della scienza.

RODA (giudice componente la Corte): La formazione degli insegnanti, la

loro condizione economica. Il problema vero è come avere docenti in

grado di svolgere una didattica formativa. Questo comporterebbe una

laurea specifica per l’insegnamento di materie scientifiche come la

matematica, un aggiornamento serio, periodico, una vita dignitosa con uno

stipendio adeguato. Quella dell’insegnante è una missione e non un lavoro.

FERRARI (giudice componente la Corte): Lei sottolinea un fatto della

riforma Gentile, che ha dato l’ultima confezione al classico, cioè che si

fornisce allo studente una formazione complessiva. Lei dice di privilegiare

non il sapere strumentale, quanto quello complessivo, giusto? Ho capito

bene?

LOLLI: In ogni liceo e scuola dovrebbe aumentare il peso della cultura

scientifica, nessun sapere strumentale è possibile senza una profonda

comprensione della matematica, ma è possibile aumentare l’attenzione per

le scienze anche dando spazio alla storia di queste discipline. Una

conoscenza più viva degli argomenti, dunque una certa elasticità.

Viene introdotto l’ultimo teste a difesa presente in aula.

SCOTTO DI LUZIO: Mi occupo di Storia della Scuola, la discussione sul

liceo classico ha, per quello che ci riguarda, un’origine recente, coincide

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con la nascita dello Stato nazionale unitario. Parlare del liceo classico

significa dover sfatare due miti negativi che gravano sulla sua immagine.

Li abbiamo sentiti evocare anche dal Pubblico Ministero. Il primo,

riguarda il suo presunto classismo; il secondo, è il fascismo. Il professor

Ichino ha evocato a questo proposito la formula mussoliniana della più

fascista delle riforme riferito al lavoro di Gentile, ministro della Pubblica

istruzione. Cominciamo con il classismo. Vi siete chiesti cos’era l’Italia

nel 1860, qual era la struttura di classe della società dell’epoca? L’Italia

era un paese nel quale la stragrande maggioranza degli italiani era esclusa

di fatto dalla possibilità di partecipare a qualsiasi forma di cultura

superiore. Era un paese povero, fatto di milioni di contadini analfabeti. Lo

sforzo veramente titanico, la grande prova giacobina delle sue classi

dirigenti, fu, innanzitutto, di portare i figli di questi contadini nelle aule

della scuola elementare. Non si trattò affatto di costruire una scuola di

classe, ma semmai di dare una scuola ad una classe che per secoli era stata

esclusa da qualsiasi tipo di istruzione. E poi, c’era l’altro obiettivo, la

qualificazione delle classi dirigenti, la necessità di una scuola che

unificasse culturalmente i ceti borghesi della nuova Italia, problema

tutt’altro che secondario per uno Stato. C’è un’ulteriore considerazione da

fare, la legge Casati dice che l’istruzione secondaria è la scuola classica.

Accanto ad essa c’è il ramo dell’istruzione popolare che comprende scuola

elementare e scuola tecnica. Questo nel 1859. Già nel 1860, quando cioè la

legge varca i confini dello spazio politico in cui era stata elaborata, tra

Lombardia asburgica e Piemonte sabaudo, questa distinzione scompare. La

scuola secondaria italiana sorge sul terreno dell’incontro e del

compromesso tra principio aristocratico-classicista e principio democratico

popolare. Scuola classica e scuola tecnica stanno fin dall’inizio alla base

del sistema dell’istruzione secondaria del nostro paese e diventano i due

principali canali attraverso i quali passano generazioni di italiani e che

accompagnano l’imponente modernizzazione del paese. L’idea che il

classico abbia distrutto la preparazione tecnica è storicamente falsa per

tacere poi del fatto che l’istruzione scientifica nel nostro paese è debitrice

ancora una volta di Gentile. E’ lui ad aver istituito il liceo scientifico,

innalzando la sezione fisico-matematica dell’istituto tecnico al rango di

liceo. Qui discutiamo, tra l’altro, come se le società moderne fossero

regolate esclusivamente dalla competenza, ma alla base delle società

moderne c’è una tensione non risolta tra competenze e consenso. La scuola

classica sorge sul terreno del problema di tenere insieme competenza e

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consenso. Riguardo poi all’altra colpa storica, la matrice fascista della

riforma Gentile, ci sono troppi studi storici che hanno messo in luce come

i più accaniti avversari del ministero stessero nel Partito nazionale fascista

e non fuori per poter continuare a ripetere questa accusa. Il fascismo non

poteva accettare i tratti rigorosamente selettivi della scuola gentiliana, i

quali contraddicevano profondamente alla sua natura di regime di massa.

ECO: Forse il teste non ha chiarito se il modello Gentile sia attuale o

debba subire modifiche. Faccio l’avvocato del diavolo.

SCOTTO DI LUZIO: La scuola italiana e con essa il liceo classico hanno

smesso da molto tempo di essere “gentiliani”. Negli ultimi 20 anni c’è

stato un vero e proprio assalto alla scuola italiana. I suoi guai derivano da

qui, non da ciò che è accaduto 80 anni fa.

ICHINO: Lei è uno studioso di storia delle istituzioni scolastiche. Anche

di altri paesi, giusto? Allora perché Germania e Francia, che avevano un

sistema molto simile al nostro, lo hanno abbandonato?

SPATARO. Integro la domanda del PM, chiedendo preliminarmente se è

vera questa cosa che si sta dicendo di Germania e Francia?

SCOTTO DI LUZIO: È vero e non vero che hanno abbandonato

l’istruzione classica. Il caso francese è profondamente diverso da quello

tedesco. Quando si parla di scuola bisogna anche considerare che si parla

di oggetti che hanno un alto tasso di ideologizzazione, le riforme che la

riguardano riflettono sempre le ideologie prevalenti nella società e in

particolare tra i gruppi prevalenti all’interno delle élite nazionali. Lì, in

Germania in modo particolare, hanno prevalso correnti ideologiche

avverse al primato degli studi umanistici. Voglio anche ricordare, a questo

riguardo, che il punto non è tanto liceo classico sì liceo classico no, ma se

il liceo classico debba essere o meno il culmine di un sistema scolastico

pubblico. In Inghilterra, ad esempio, paese con il quale pure amiamo

confrontarci e che certamente rappresenta un termine di paragone

ineludibile, la riforma di tipo comprensivo dell’istruzione secondaria, a

metà degli anni Sessanta, fu pagata al prezzo della definitiva migrazione

delle élite dal sistema dell’istruzione pubblica statale (molte Grammar

Schools ebbero infatti la possibilità di trasformarsi in Public Schools, che a

dispetto del nome sono tutto fuorché delle scuole pubbliche). Questo

perché, le élites in qualsiasi paese difendono il modello educativo che

garantisce la loro riproduzione culturale. Allora, c’è da chiedersi, cosa

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diverrebbe la scuola pubblica italiana senza il liceo classico? Si

trasformerebbe in un apparato residuale dello Stato applicato alla gestione

culturale di una moltitudine sommariamente scolarizzata.

ECO: Non ho detto assolutamente questo. Ho detto: E’ curioso che nei

licei tedeschi non si insegna filosofia. Eppure dopo il liceo i tedeschi di

filosofia ne hanno sempre fatta tantissima.

CANTAMESSA (giudice componente la Corte): Siamo qui per il popolo

del 2030-40, lei da storico non crede che tutto il dibattito sia pesantemente

rivolto al passato? Quali sono le competenze che più servono, dal punto di

vista delle conoscenze? E quale la forma pedagogica più adatta?

SCOTTO DI LUZIO: La scuola è un’istituzione per definizione costituita

sulla dialettica dei tempi storici. Custodisce il passato sotto forma di

modelli culturali e di professori che educano i giovani, ma alberga in sé al

tempo stesso i germi del futuro. L’Italia del 2030 è qui in questo teatro,

sono gli studenti di oggi che saranno gli adulti di domani. Il punto è

formare dei cittadini che siano non competenti, come si usa dire oggi con

una parola molto ambigua e che molto male ha fatto e fa alla qualità

dell’insegnamento, ma responsabili, pubblicamente responsabili. In grado

di reggere le sorti del paese in maniera responsabile. Per fare questo

bisogna essere in grado di pensare il Paese, di produrre un’immagine

culturale dell’Italia. Altrimenti si interrompe il rapporto affettivo dei

cittadini con la propria identità nazionale. C’è poi un’altra cosa da dire: il

compito dell’educazione non è preparare a una professione, crescere non

significa prepararsi a una professione. L’autonomia dell’educazione va

difesa dalla subordinazione ideologica, dalla formazione alla professione.

Esauriti i testimoni esaminati e controesaminati in aula, sono stati

proiettati ed ascoltati i contribuiti in videointerviste (alle cui registrazioni

si rimanda) di Michele BOLDRIN (economista, Washington University

St. Louis), Massimo CACCIARI (filosofo), Tullio DE MAURO

(linguista), Massimo GILETTI (ex allievo del liceo classico “M.

D’Azeglio” di Torino), e Giulio GIORELLO (filosofo della scienza).

Hanno fatto seguito contributi spontanei in aula di professori di licei

classici e scientifici e di studenti di licei classici (non verbalizzati).

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Il Presidente SPATARO, a questo punto, esaurita l’assunzione delle prove,

ha dato la parola al Pubblico Ministero e poi al difensore per la requisitoria

finale dell’uno e l’arringa dell’altro.

Sintesi (ad opera del cancelliere) della requisitoria del prof. ICHINO

(PM):

Si vedano anche le slides allegate a questo verbale che ICHINO ha

utilizzato nell’esposizione

ICHINO: L’indagine Piaac Ocse ha misurato in modo standardizzato le

competenze degli adulti (16-65 anni) in vari campi, tra cui la matematica.

Poiché si tratta di adulti, quanto misurato da questa indagine non può

essere l’effetto dei tagli recenti alla spesa pubblica per la scuola.

Sulla base dei risultati di questa indagine il Governatore della Banca

d’Italia Ignazio Visco ha lanciato un allarme. Le competenze matematiche

evidenziano per Italia un grado evidente di analfabetismo funzionale. Il 70

per cento circa degli adulti italiani non è in grado di utilizzare ed elaborare

adeguatamente informazioni matematiche (contro il 52 per cento nella

media degli altri paesi). Serve un nuovo equilibrio tra cultura umanistica e

tecnico-scientifica?

Nessuno vuole abolire la cultura umanistica. Chiedo solo disponibilità a

ripensare l’equilibrio. Siamo l’unico paese al mondo in cui le élites degli

studenti dedica il massimo delle energia a studiare latino e greco, senza

imparare a leggere veramente una tragedia greca o un poema latino.

Si sente dire che questo non è un problema perché i diplomati del classico

non hanno difficoltà a laurearsi in materie scientifiche anzi sono i migliori.

E’ vera questa affermazione o è solo basata su aneddoti? Voglio andare a

vedere, al di là degli aneddoti, se queste informazioni sono vere. Se è

meglio che i giovani studino la logica attraverso il latino, oppure studiando

direttamente logica. Le ore di tempo sono limitate. C’è una parola indiana

che indica lo stato fortunato di “colui che può non scegliere”, ma non

siamo in questa condizione, non abbiamo tempo sufficiente per studiare

tutto. Ad esempio, dobbiamo scegliere se studiare l’aoristo passivo o i

mitocondri. Ossia, se studiare la cultura greca all’origine della nostra

civiltà europea, oppure gli organismi nei quali si nasconde probabilmente

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l’origine della vita sul nostro pianeta. Voglio sfatare il mito secondo cui,

studiando al classico, si può fare qualsiasi cosa.

Purtroppo non disponiamo di un esperimento controllato come quelli che

in campo medico consentono di stabilire se una terapia è efficace o no. Un

esperimento che compari studenti uguali che siano andati al classico o allo

scientifico. Ma mentre in campo medico questi esperimenti sono frequenti,

in campo sociale non si fanno. Tuttavia, l’evidenza che porto è

sufficientemente informativa

Utilizzo dati sui circa 10 mila studenti che hanno tentato il test di Medicina

a Bologna tra il 2005 e il 2012; circa 8000 vengono dal classico e dallo

scientifico. Quelli del classico partono con un enorme vantaggio. Inizio

dai 1700 studenti che vengono da licei bolognesi per i quali ho l’intera

distribuzione dei voti di maturità. Gli studenti del classico che tentano il

test, sono i migliori nelle loro scuole di origine, sia rispetto alla media che

rispetto alla mediana dei voti. Per lo scientifico non è così.

L’indagine nazionale sui laureati dell’Istat, del 2001, dice che gli studenti

del classico hanno un background familiare più favorevole di quello degli

studenti dello scientifico. Gli studenti del classico vengono da famiglie più

istruite e con professioni più privilegiate.

Nonostante questo vantaggio, gli studenti del classico che tentano il test di

medicina vanno meglio alla maturità e in cultura generale ma vanno

peggio in chimica e in fisica. E non vanno meglio nei primi due anni di

università in questo corso di laurea, se ammessi. A chi obiettasse che i test

di medicina non misurano nulla di significativo posso mostrare questi

grafici da cui si desume una forte e significativa correlazione tra risultato

nel test di ammissione e performance nei primi due anni in termini di

crediti e voti.

Per quel che riguarda la mobilità intergenerazionale, avere un padre

laureato aiuta a laurearsi molto più in Italia che non negli Stati Uniti. E per

aumentare la probabilità di avere un reddito elevato, in USA è più efficace

laurearsi piuttosto che nascere da un padre con reddito elevato, mentre in

Italia è vero il contrario: conviene scegliersi bene la famiglia. Il sistema

scolastico italiano offre meno pari opportunità di quello americano e il

liceo classico ha la sua dose di responsabilità nel fallimento della scuola

italiana come ascensore sociale.

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Se il liceo classico fosse così formativo e utile, come mai nessuno nel resto

del mondo oggi segue l’esempio italiano? Come mai chi lo seguiva (Italia,

Francia) lo ha abbandonato? Come mai nelle scuole straniere l’offerta

formativa non è fatta a menù fisso come in Italia ma consente la possibilità

di scelte à la carte?

La scuola che auspico non è senza materie classiche: è una scuola in cui gli

studenti possano gradualmente costruirsi il mix che preferiscono di materie

umanistiche, scientifiche e tecniche. Se questo fosse un processo civile,

offrirei questa come transazione. Non si può forzare un ragazzo a scegliere

tra pacchetti di materie a14 anni senza possibilità di ri-modulare in corso

d’opera quel che vuole fare. Andate a vedere il sito della Boston Latin

School.

Sintesi (ad opera del cancelliere) della arringa del prof. ECO

(Avvocato Difensore):

ECO: Partirò dalla concessio al mio contraddittore, accetto ciò che dicono

i testimoni, Gentile riteneva che la classe dirigente dovesse avere una

cultura umanistica, lui aveva poca fiducia nelle materie scientifiche. Il

classico non aveva insegnamenti di lingue tranne al ginnasio, e poi,

bizzarria, dedicava pochissimo tempo alla storia dell’arte (io studiavo su

libri che dei quadri avevano solo foto in bianco e nero sbiadite). Nessuno

mi ha mai insegnato qualcosa sul colore o sulle tecniche artistiche.

Ripensare un equilibrio significherebbe stabilire come si guadagnerebbe

spazio e tempo per le scienze, le lingue, e pure per l’arte. Noi facevamo 8

anni di latino, ma dopo la maturità non eravamo in grado di leggere Orazio

a prima vista. C’è qualcosa che non va nel modo in cui il latino viene

insegnato. Ok, capire i testi serve. Ma perché non si prova a dialogare in

un latino elementare, a leggere anche il latino medievale e quello

ecclesiastico, che sono più facili. A formare un latinista completo ci pensa

l’università, il liceo deve insegnare cosa sia la cultura espressa dalla lingua

latina. Si possono persino studiare lingue straniere comparandole col

latino, per far vedere come funzionano le diverse sintassi. Lo stesso si dica

del greco. Perché far lavorare lo studente sul greco di Omero, che pone

problemi anche agli esperti e non sul greco ellenistico, su quella koinè

parlata fino alla dissoluzione dell’impero romano, e tradurre da Aristotele?

Sto pensando alla nascita di un liceo umanistico-scientifico. Adriano

Olivetti assumeva ingegneri e geni dell’informatica, ma assumeva anche

chi avesse fatto una tesi su Machiavelli o Senofonte, perché riteneva che,

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se una educazione scientifica serviva per inventare lo hardware, per

inventare del software era utile una mente educata sulle avventure della

creatività. Io, appena ho avuto in mano l’Olivetti M20 nell’82, ho imparato

il Basic in una settimana e sono riuscito a programmare un sistema per

produrre i sillogismi classici. E questo perché sapevo qualcosa della logica

classica, da Aristotele agli stoici. Una volta, molti anni dopo, qualcuno

dell’Olivetti mi ha mostrato come si poteva far fare al computer dei links

ipertestuali e delle ricerche incrociate, ma non sapevano cosa mettere

dentro a quella macchina prodigiosa. Ho radunato 5 laureati in materie

filosofiche che hanno costruito un software bellissimo per CDRom, sulla

storia delle civiltà, arti e scienze comprese. Penso che quello che è

mancato in tutte queste statistiche illustrate stamane è il calcolo del

numero dei giovani che hanno inventato un nuovo mestiere, e quanti di

questi start upper sono usciti dal classico. Non dico che gli informatici che

pensano alla intertestualità debbano aver letto i formalisti russi o Bacthin,

ma hanno assorbito per via indiretta molte di queste ricerche sulla

testualità e Steve Jobs non è solo un esecutore di equazioni. A cosa serve

la cultura umanistica? Quando Hitler ha deciso di invadere la Russia non

aveva studiato la storia dell’invasione napoleonica, altrimenti avrebbe

saputo che non si può sfidare l’inverno russo. E quando Bush ha deciso di

invadere l’Afghanistan non si era informato sulle sventure ottocentesche di

inglesi e russi in quel paese e non avrebbe capito che la sua struttura

orografica e le divisioni tribali non avrebbero mai permesso di controllarlo

completamente. La cultura contemporanea sta perdendo la memoria, si

vive solo nel presente. Grandi scienziati, da Einstein a Heisenberg,

avevano una solida cultura alle spalle, per sapere se un dio gioca o no a

dadi bisogna saper qualcosa, oltre che di fisica, di teologia. Marx aveva

fatto la tesi di laurea su Democrito. Chi ci dice che i test di medicina citati

da Ichino non siano stati concepiti solo per chi ha una formazione

scientifica, mentre un buon medico dovrebbe anche sapere chi era

Vesalio?? Così si creano sacche di iperspecializzazione, dove l’esperto di

malattie rare non sa più curare un raffreddore. Nel liceo umanistico-

scientifico bisognerà insegnare il Teorema di Pitagora, ma anche le idee di

Pitagora sulla teoria delle sfere e il suo terrore dell’infinito.

Alle ore 13.45, il Presidente, esaurita la discussione, dichiara chiuso il

dibattimento.

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LA CORTE SI RITIRA IN CAMERA DI CONSIGLIO PER

DELIBERARE .

Alle 15.30, la Corte, rientrata in aula, attraverso il Presidente, dà lettura

della sentenza di assoluzione con formula piena del Liceo Classico e della

motivazione contestuale (al cui testo si rimanda).

F.to Il Cancelliere F.to Il Presidente

Letizia Tortello Armando Spataro