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1. Principi di finitura a letto fluido La tecnologia a letto fluido nasce e si sviluppa nel panorama industriale come tecnica di lavaggio di pezzi di geometria complessa. I bassi costi operativi, l’elevata produttività ed efficienza, aggiunti al vantaggio di ottenere superfici pulite e asciutte, nonché di avere emissione inquinanti prossime allo zero, ne hanno consentito lo sviluppo in questo importante settore. La fluidizzazione di finissime particelle di vetro permette, attraverso l’energia cinetica sviluppata dagli urti sulla superficie del pezzo, la rimozione di contaminanti blandamente adesi, senza alterare al contempo lo stato superficiale. La possibilità di disporre di polveri metalliche sottili e con caratteristiche meccaniche molto elevate, permette di spostare l’attenzione degli studi su tale tecnologia indirizzandola verso operazioni di finitura superficiale. Il miglioramento delle condizioni della superficie è affidato all’interazione superficie-particelle che, a seconda delle velocità di impatto, può avvenire con i seguenti meccanismi: Rolling: per velocità minori di 2,5-2,7 m/s, i grani fluidizzati colpiscono la superficie di lavorazione, penetrano leggermente nel substrato e vengono espulsi rimbalzando. Sliding: i grani urtano sul materiale ad alta velocità (maggiore di 2,7 m/s). Grazie all’elevata energia cinetica posseduta, penetrano nella superficie, scorrono per qualche decimo di millimetro e poi fuoriescono.

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1. Principi di finitura a letto fluido

La tecnologia a letto fluido nasce e si sviluppa nel panorama

industriale come tecnica di lavaggio di pezzi di geometria complessa. I

bassi costi operativi, l ’elevata produttività ed efficienza, aggiunti al

vantaggio di ottenere superfici pulite e asciutte, nonché di avere

emissione inquinanti prossime allo zero, ne hanno consentito lo sviluppo

in questo importante settore. La fluidizzazione di finissime particelle di

vetro permette, attraverso l’energia cinetica sviluppata dagli urti sulla

superficie del pezzo, la rimozione di contaminanti blandamente adesi,

senza alterare al contempo lo stato superficiale.

La possibilità di disporre di polveri metalliche sottili e con

caratteristiche meccaniche molto elevate, permette di spostare

l’attenzione degli studi su tale tecnologia indirizzandola verso operazioni

di f initura superficiale. Il miglioramento delle condizioni della superficie

è affidato all ’interazione superficie-particelle che, a seconda delle

velocità di impatto, può avvenire con i seguenti meccanismi:

• Rolling: per velocità minori di 2,5-2,7 m/s, i grani fluidizzati

colpiscono la superficie di lavorazione, penetrano leggermente nel

substrato e vengono espulsi rimbalzando.

• Sliding: i grani urtano sul materiale ad alta velocità (maggiore di

2,7 m/s). Grazie all’elevata energia cinetica posseduta, penetrano

nella superficie, scorrono per qualche decimo di millimetro e poi

fuoriescono.

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Dall’ impatto delle particelle abrasive sulla superficie discendono

cambiamenti della morfologia valutabili attraverso due fattori: il Vdi t c h e

Vpi le . I l primo rappresenta il volume inflesso rispetto alla linea originaria

del profilo (volume della cavità realizzata durante l’impatto); ovviamente

avremo una variazione di tale quantità durante e dopo l’urto a causa del

ritorno elastico del materiale. Parte del profilo inflesso in condizioni di

deformazione elasto-plastiche muta la sua morfologia ed, una volta

rilasciata l’aliquota elastica, può estroflettersi dalla linea media andando

a caratterizzare il volume di piles. Al termine dei fenomeni deformativi

possiamo perciò trovarci di fronte ai tre casi seguenti:

a) Vpi le s=Vdi t c h : ovvero il materiale in lavorazione subisce solo un

cambio di morfologia a causa delle deformazioni plastiche indotte

nel materiale dagli urti ad elevata velocità. Questo comportamento

accade sovente nel caso di polveri f luidizzate molto dure e pezzi in

lavorazione costituiti di materiali duttili ;

b) Vpi le s < Vdi t ch : in questo caso il fenomeno è il cosidetto microcutting;

ci troviamo perciò in presenza di una piccola asportazione di

truciolo.

c) Vpi le s=0: ovvero il volume di inflessione è nullo, il materiale subisce

piccole rotture fragili (microcracking) dovute alla micro-fatica

superficiale.

L’asportazione delle creste di rugosità avviene secondo due

meccanismi: micro-taglio e micro-fatica. Il primo ha luogo quando le

particelle dotate di elevata energia cinetica incontrano la superficie di

lavorazione, anch’essa in rotazione ad elevate velocità angolari, andando

a fratturare le creste di rugosità attraverso elevati sforzi tangenziali. La

micro-fatica deriva dalla presenza di urti normali di particelle abrasive

sulla superficie: tutti i punti sono soggetti ad un ciclo di fatica

superficiale oligociclica con valore della tensione normale massima pari a

quella generata dall’urto e valore della tensione minima pari a zero.

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Entrambi i fenomeni contribuiscono alla finitura mediante letto

fluido, ma il prevalere dell’uno rispetto all’altro dipende da molti fattori.

Primo fra tutti i l materiale in lavorazione. Se il materiale è ad elevata

durezza la frattura fragile delle creste di rugosità risulta il fenomeno

prevalente unitamente alla presenza di microfratture superficiale dovuti

agli urti . Nel caso, invece, di materiale molto duttile la micro-fatica

prevale sugli altri due fenomeni.

Risulta evidente che, nel caso di pezzo in rotazione rispetto alla corrente

fluida, i fenomeni siano entrambi presenti contemporaneamente, in

maniera minore o maggiore a seconda di quanto detto in relazione al

materiale della superficie interessata.

Le superficie così ottenuta è caratterizzata da due parametri:

ampiezza dei solchi causati dall’abrasivo e spaziatura fra di essi . Al fine

di adeguare le qualità della superficie realizzata con le specifiche di

tolleranza dimensionale richieste, si può agire sul materiale fluidizzato,

la dimensione dei grani e la velocità d’impatto. Impostati i parametri di

fluidizzazione della polvere in funzione del materiale da trattare, la

minima rugosità media aritmetica realizzabile variando il solo tempo di

residenza del pezzo nella camera di fluidizzazione è funzione dei

parametri scelti .

I materiali delle polveri fluidizzabili sono generalmente materiali

ceramici (elevata durezza e fragilità) ma anche carburi, nitruri e metalli

(acciai soprattutto con durezze di 600-700HV).

La dimensione dei grani e la velocità sono i parametri che

maggiormente influenzano lo stato finale della superficie, agendo

sull’energia cinetica scambiata fra abrasivo e superficie in lavorazione

(Ec i n = 1/2mv2). Realizzando urti più energetici si riducano i tempi di

lavorazione a fronte di tolleranze dimensionali ottenibili più basse

(solchi profondi). Con urti meno energetici , invece, si ottiene minore

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finezza della superficie con tempi di lavorazione più elevati. La velocità

relativa fra pezzo e polvere abrasiva è ottenuta modulando

opportunamente la velocità di f luidizzazione e quella periferica di

rotazione del pezzo. Esistono perciò molte combinazioni

granulometria/velocità possibili per ottenere le medesime condizioni di

finitura sul pezzo: esse andranno studiate caso per caso.

1.1 Parametri per la misura della rugosità

La f initura del materiale dipende dalle microimperfezioni geometriche della

superficie.

Queste possono essere raggruppate in tre categorie: errori di forma,

ondulazione e rugosità. Prendendo in considerazione una stessa lunghezza

nominale le microimperfezioni si distinguono per le differenti lunghezze di

oscil lazione. Si parla di rugosità quando la distanza fra due creste o due vall i

successive è nell’ordine di 0,1 mm, di ondulazione quando questa distanza

sale f ino a 10 mm.

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Figura 1 Difett i micro geometrici in relazione alla lunghezza d’onda

In questo contesto verranno prese in considerazione entrambe le

imperfezioni geometriche (rugosità e ondulazione) e, per conoscerne al

meglio l’andamento in un assegnato profilo, saranno uti l izzati alcuni

markers, detti parametri di rugosità e parametri di ondulazione. Nelle norme

internazionali sono stati inserit i una quantità notevole di parametri in grado

di darci informazioni su profil i bidimensionali e tridimensionali, ma in

questo studio ne saranno presi in considerazione 6 per ogni tipo di

imperfezione. Di seguito verrà spiegato i l signif icato f isico e le modalità di

calcolo per i parametri di rugosità scelt i, gli equivalenti parametri di

ondulazione si ottengono nello stesso modo tenendo in considerazione che i

calcoli devono essere effettuati sul profi lo d’ondulazione. I parametri di

rugosità adottati sono: Ra, Rz, RSm, RDq, Rsk, Rku, mentre quelli relativi

all ’ondulazione sono: Wa, Wz, WSm, WDq, Wsk, Wku.

3.1 Ra

Rappresenta lo scostamento medio aritmetico del profilo ed è calcolato con la

funzione:

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∫=L

a dxxZL

R0

)(1

dove L è la lunghezza del profi lo e Z(x) la funzione:

Figura 2 Ra

L’asse x rappresenta la l inea media del profilo misurato. Ra risulta essere,

dunque, l’altezza equivalente del rettangolo avente per area quella sottesa

alla funzione Z(x) e per base la lunghezza L del profi lo.

Ra è i l parametro solitamente più uti l izzato per una descrizione sommaria

delle qualità di un profi lo, ma esso risulta insensibile alla distribuzione dei

picchi e delle vall i lungo la corda misurata.

4.2 Rz

E’ definito come l’altezza massima del profilo ovvero la distanza che esiste

fra il picco più alto e la valle più profonda rispetto alla l inea media misurato

su una lunghezza di base:

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Figura 3 Rz

4.3 RSm

Rappresenta la larghezza media degli elementi del profilo, dove ogni

elemento è calcolato a partire dall ’ intersezione del f ianco del profilo con la

linea media dello stesso:

Figura 4 Rsm

∑= Xsim

RSm1

4.4 RDq

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E’ un parametro ibrido, indica la pendenza quadratica media del profilo

mediata su una lunghezza di base

4.5 Rsk

Detto anche “skewness”. Misura la simmetria di un profi lo rispetto alla

sua linea media, dipende perciò dalla distribuzione dei picchi e delle vall i su

tutto l ’arco di misura. Analit icamente è definito come:

dxxZLRq

RskL

∫⋅=0

33

)(11

Dove Rq è la rugosità quadratica media calcolata secondo la relazione:

dxxZRqL

∫=0

2)(

Figura 5 Rsk

Superfici con Rsk posit ivi presentano alti picchi che si protendono al di

fuori della linea media, superfici con Rsk negativi presentano invece

profonde valli (superfici porose).

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4.6 Rku

Definita dalla relazione analitica:

( )∫∫=a

qku dxdyyxZ

RR 4

4),(

1

dove Rq è lo stesso visto in precedenza.

Figura 6 Rku

Il signif icato di questo parametro è quello di darci un’informazione

sull’appiatt imento delle creste di rugosità, inoltre per valori molto diversi da

3 si ha un’idea sulla distribuzione irregolare delle creste e delle vall i su tutto

il profilo di misura.

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2. La teoria della fluidizzazione

La teoria della f luidizzazione studia l ’analisi dei fenomeni di interazione

tra f lussi f luidi e solidi, in genere, sotto forma di particolato di piccole

dimensioni. La prima condizione che si presenta nella descrizione di un Letto

f luido è quella in cui all ’ interno del reattore tubolare, che in genere presenta

sezione circolare o rettangolare, vengono poste delle polveri senza che queste

vengano investite da un f lusso di gas: tale configurazione statica in cui le

particelle occupano un volume minimo viene definita Letto f isso. Quando si

convoglia all ’ interno del contenitore un f lusso di gas si ha il sollevamento

delle particelle e si possono individuare due zone. La prima è occupata dal

particolato f luidizzato, la seconda, detta free board zone, si trova

immediatamente sopra alla prima ed ha la funzione di impedire che i solidi

trasportati dal gas escano dal reattore evitando il fenomeno caratteristico dei

letti f luidi detto elutriazione.

Figura 7 Nomenclatura delle zone di f luidizzazione del Letto

FREE B OARD ZONE

FLU ID ISED BED

F IXED BED

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TU R BU LE N T

R E G I M E

(d )

F I X ED

B E D

(a )

S LU G G IN G

R E G I M E

(c )

FA S T

F LU ID I Z A T I O N

(e )

PN E U M A T IC

C O N V EY IN G

( f )

B U B B LI N G

R E G I M E

(b )

La f luidizzazione si osserva quando un Letto di particelle solide viene in

contatto con un flusso di gas o di l iquido che sale verso l ’alto con una

velocità intermedia: le particelle solide sono trasformate in stato f luido

attraverso sospensione in un gas o in un l iquido. Quando si esaminano le

caratteristiche f luidodinamiche di un Letto f luido il primo aspetto da

evidenziare è che all ’aumentare della portata del gas di f luidizzazione si

riscontra un progressivo mutamento delle caratteristiche del sistema formato

dalle particelle e dal gas.

I regimi che si incontrano a partire dalla condizione di f lusso nullo sono:

• f ixed bed

• bubbling regime

• slugging regime

• turbulent regime

• fast f luidization

• pneumatic conveying

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Figura 8 Regimi di fluidizzazione

I regimi di f luidizzazione si susseguono tra loro al variare della portata

del gas f luidizzante a parità degli altri parametri, quali le dimensioni del

Letto e le proprietà f isiche e geometriche delle particelle. In conseguenza

all ’aumento della velocità del gas si ha un aumento del grado di vuoto nel

Letto definito come:

f r

r

V V

−= (2.1)

dove:

- V f è il volume del Letto in sospensione

- V r è il volume del Letto f isso

Se la velocità è bassa i l f luido f i ltra tra gli spazi vuoti delle particelle

stazionarie, questa è la condizione di Letto f isso (f ig. 2a); all ’aumentare

della velocità le particelle iniziano a vibrare e a muoversi in regioni ristrette,

questa è la condizione di Letto espanso.

Il primo regime che si incontra è quello di minima fluidizzazione al quale

si giunge per una velocità del gas pari a Umf. Questo valore è quello riferito

ad una portata di gas che garantisce una spinta suff iciente a bilanciare il peso

delle particelle e a portarle in sospensione: in altr i termini le condizioni di

f luidizzazione si ottengono allorquando la “drag force” esercitata dal f luido

sulle particelle eguaglia il peso delle particelle stesse, o, equivalentemente,

quando il prodotto tra la perdita di carico attraverso il Letto e la sezione

trasversale del tubo uguaglia i l prodotto tra il volume del Letto, la frazione

del Letto costituita da solidi e il peso specif ico dei solidi stessi.

Il salto di pressione necessario aff inché ciò avvenga è dato dalla

relazione:

gHp fp ))(1( ρρε −−=∆ (2.2)

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dove:

- H è l ’altezza del Letto

- ε è il grado di vuoto

- g è l ’accelerazione di gravità

- ρp e ρ f sono rispettivamente la densità delle particelle e del f luido

L’andamento della perdita di pressione attraverso il Letto in funzione

della velocità superficiale del f l

Figura 9 Caduta di pressione in funzione della velocità del f luido

La regione del piano individuata dal segmento rettil ineo OA rappresenta

la condizione di Letto f isso. Qui le particelle

relativo e le distanze tra di esse rimangono costanti. La relazione che lega il

salto di pressione e la velocità del f luido in questa regione à descritta nel

caso generale dall’equazione che segue proposta da

trattazione non viene riportata.

La regione BC è quella in cui si ha la f luidizzazione ed è in questa che si

applicano le relazioni prima riportate per stimare

al perdita di pressione cresce fino al raggiungimento di un deter

H è l ’altezza del Letto

g è l ’accelerazione di gravità

sono rispettivamente la densità delle particelle e del f luido

L’andamento della perdita di pressione attraverso il Letto in funzione

della velocità superficiale del f luido è rappresentato in f igura 3:

Caduta di pressione in funzione della velocità del f luido

La regione del piano individuata dal segmento rettil ineo OA rappresenta

la condizione di Letto f isso. Qui le particelle solide non possiedono moto

relativo e le distanze tra di esse rimangono costanti. La relazione che lega il

salto di pressione e la velocità del f luido in questa regione à descritta nel

caso generale dall’equazione che segue proposta da Ergun

trattazione non viene riportata.

La regione BC è quella in cui si ha la f luidizzazione ed è in questa che si

applicano le relazioni prima riportate per stimare ∆p. Nel punto A si nota che

al perdita di pressione cresce fino al raggiungimento di un deter

sono rispettivamente la densità delle particelle e del f luido

L’andamento della perdita di pressione attraverso il Letto in funzione

uido è rappresentato in f igura 3:

Caduta di pressione in funzione della velocità del f luido

La regione del piano individuata dal segmento rettil ineo OA rappresenta

solide non possiedono moto

relativo e le distanze tra di esse rimangono costanti. La relazione che lega il

salto di pressione e la velocità del f luido in questa regione à descritta nel

ma che in questa

La regione BC è quella in cui si ha la f luidizzazione ed è in questa che si

p. Nel punto A si nota che

al perdita di pressione cresce fino al raggiungimento di un determinato

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valore. Questa crescita è più marcata nelle polveri che hanno subito una

compattazione prima delle prove ed è dovuta alla forza in più richiesta per

vincere le azioni di attrazione interparticellari.

Per determinare analiticamente il valore della velocità di minima

fluidizzazione Umf la letteratura propone varie espressioni tra cui:

21 2 1Remf C C Ar C= + − (2.3)

dove:

- Remf è i l numero di Reynolds dato dalla relazione: g

mfpg

mf

Ud

µ

ρ=Re ,

- Ar è il numero di Archimede definito come: 2

3

g

pg dgAr

µ

ρρ ∆= ,

- ρg e µg indicano la densità e la viscosità del gas

- dp è il diametro medio delle particelle

- g è l ’accelerazione di gravità

Le costanti C1 e C2 dipendono dalla forma e dal tipo di particelle, secondo

quanto proposto da Lucas [1] e Adanez & Abanades [2]. Qualora nel corso

della f luidizzazione si formino degli agglomerati di particelle allora sarà

necessaria una velocità del gas molto maggiore rispetto a quella calcolata con

la precedente relazione per raggiungere la condizione di sospensione del

Letto. In generale però si possono verif icare due eventualità per quello che

concerne la minima fluidizzazione e cioè non è detto che vi sia

necessariamente la formazione delle bolle ma si può avere anche una

condizione priva di bolle. Di questo argomento si discuterà nel paragrafo

seguente.

Aff inché si possa ottenere un valore per la Umf da queste espressioni è

necessario conoscere il grado di vuoto del letto nel momento di incipiente

f luidizzazione cioè ε = εmf . Supponendo che si abbia εmf dalla condizione di

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letto f isso, si può ottenere un valore di prima approssimazione per U

Tuttavia nei casi pratici l ’ indice di vuoto all’ inizio della f luidizzazione può

essere considerato più grande di quello in condizioni di f issità. Un tipico

valore di mf è 0,4.

I ricercatori Wen e Yu [3] (1966) hanno ricavato una correlazione

empirica per Umf che è simile all ’equazione sopra in due formulazioni

equivalenti:

Re 33,7 1 3,59 10 1

Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle sferiche

appartenenti all ’ intervallo: 0.01 < Re

Per la f luidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per

il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 100

correlazione di Baeyens [4] (1974), mostrata nell’equazione di seguito,

rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100

µm:

Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle sferiche

appartenenti all ’ intervallo: 0.01 < Re

Per la f luidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per

il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 100

correlazione di Baeyens (1974), mostrata nell’equazione di segui

rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100

µm:

letto f isso, si può ottenere un valore di prima approssimazione per U

Tuttavia nei casi pratici l ’ indice di vuoto all’ inizio della f luidizzazione può

essere considerato più grande di quello in condizioni di f issità. Un tipico

I ricercatori Wen e Yu [3] (1966) hanno ricavato una correlazione

che è simile all ’equazione sopra in due formulazioni

21652Re 24,5Remf mfAr = +

( )0,55Re 33,7 1 3,59 10 1mf Ar− = + × −

Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle sferiche

appartenenti all ’ intervallo: 0.01 < Remf < 1000.

Per la f luidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per

il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 100

correlazione di Baeyens [4] (1974), mostrata nell’equazione di seguito,

rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100

066,087,0

8,1934,0934,0

1110

)(

g

PfPmf

xgU

ρµρρ −

=

Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle sferiche

ppartenenti all ’ intervallo: 0.01 < Remf < 1000.

Per la f luidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per

il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 100

correlazione di Baeyens (1974), mostrata nell’equazione di segui

rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100

066,087,0

8,1934,0934,0

1110

)(

g

PfPmf

xgU

ρµρρ −

=

letto f isso, si può ottenere un valore di prima approssimazione per Umf .

Tuttavia nei casi pratici l ’ indice di vuoto all’ inizio della f luidizzazione può

essere considerato più grande di quello in condizioni di f issità. Un tipico

I ricercatori Wen e Yu [3] (1966) hanno ricavato una correlazione

che è simile all ’equazione sopra in due formulazioni

(2.4)

(2.5)

Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle sferiche

Per la f luidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per

il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 100 µm, mentre la

correlazione di Baeyens [4] (1974), mostrata nell’equazione di seguito,

rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100

(2.7)

Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle sferiche

Per la f luidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per

il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 100 µm, mentre la

correlazione di Baeyens (1974), mostrata nell’equazione di seguito,

rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100

(2.8)

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Dopo aver raggiunto questa condizione di minima fluidizzazione in un

sistema l iquido-solido un aumento della velocità provoca un’espansione del

Letto in maniera progressiva, mentre in un sistema solido-gas un aumento

della velocità produce una grande instabili tà del flusso con la nascita di

bolle: l ’agitazione del f lusso diventa più evidente, il movimento del

particolato più vigoroso. Questo tipo di regime è chiamato f luidizzazione a

bolle (f ig. 2c).

In funzione del t ipo di particelle si presenta un campo di transizione tra i

due regimi di diversa ampiezza. In particolare è stato evidenziato che per

polveri di t ipo A, secondo la classif icazione di Geldart, si ha un campo

apprezzabile di velocità tra quella di minima fluidizzazione e quella di

minimo regime a bolle (Umb), mentre per le polveri del gruppo B le due

velocità coincidono. Sulle ragioni che influenzano la transizione tra i due

regimi ci sono varie teorie che interpretano il fenomeno in modo differente. I

modelli proposti da Foscolo & Gibilaro [5] e Batchelor [6] individuano cause

di tipo idrodinamico, altr i studi invece si fondano su considerazioni legate

alle forze interparticellari. Inoltre all ’aumento della pressione per entrare

nella condizione di Letto a bolle bisogna incrementare sia la velocità che i l

grado di vuoto.

In un Letto a bolle queste ultime salgono, si uniscono ingrandendo la loro

dimensione, potrebbero diventare grandi quanto la sezione del contenitore

tubolare. Questo Letto è chiamato slugging (f ig. 1d).

Quando il particolato è f luidizzato ad un velocità suff icientemente alta il

trascinamento diventa apprezzabile, si instaura un moto turbolento tra parti

di polvere e vuoti di gas di varie grandezze e forme: questo è il Letto f luido a

regime turbolento (f ig. 1e). La transizione al regime turbolento avviene in

corrispondenza della velocità superficiale Uc a cui i l salto della pressione

raggiunge un massimo, oppure in corrispondenza della velocità superficiale

Uk a cui la f luttuazione della pressione diventa indipendente dall’aumento

della velocità del gas.

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Per calcolare Uc in letteratura sono disponibil i le equazioni di Cai (1989)

riportate di seguito:

0,45c

0,46c

Re 1,24

Re 0,57

Ar

Ar

=

= (2.9)

dove all’ interno del numero di Reynolds compare la velocità Uc.

Il passaggio al regime turbolento è dato al meccanismo per cui le bolle si

uniscono e si rompono in continuazione ad una certa altezza del Letto.

Questo fenomeno dipende da molti fattori come ad esempio la distribuzione

granulometrica. Anche per questa transizione si differenzia i l comportamento

per i diversi t ipi di polveri. Essa appare più repentina per le polveri di tipo

A, mentre per i gruppi B e D si ha interposizione di un regime alternato tra

“Slug-l ike” e turbolento.

Il regime successivo è la f luidizzazione veloce (o “fast f luidization”)

caratterizzata dalla velocità critica superficiale Usc data dalla relazione:

0,5

1,53 psc

g

g dU

ρρ

∆=

(2.10)

Infine l’ultimo grado di f luidizzazione, il “pneumatic conveying”, si

verif ica quando la velocità del gas è tale da non consentire la deposizione

delle particelle sul distributore di f lusso situato nel fondo del Letto. Anche

tale regime è caratterizzato da una velocità denominata Uca data dalla

relazione:

0,352

0,324 0,0687,34 ( ) sca p

G

GU g d Ar

ρ

= (2.11)

Aumentando la velocità del gas, le particelle possono fuoriuscire dal Letto

con le bolle. Questo stato è chiamato disperso, diluito, o fase magra del Letto

f luidizzato (f ig. 1f). La f igura 1g mostra un Letto con trasporto pneumatico

di particelle: le particelle hanno abbastanza energia per uscire e rientrare nel

Letto.

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In tutte le f luidizzazioni veloci, gran parte del particolato è perso

precludendo la continuità dell ’operazione, è quindi necessario, per la

costanza dell’operazione, che i grani trascinati siano raccolti da cicloni e

riportati nel sistema. In altri termini da un punto di vista pratico le ultime tre

condizioni di f luidizzazione si possono realizzare solo in certune tipologie di

Letti f luidi. In particolare è necessario prevedere un ricircolo delle polveri.

Quando esse hanno alte velocità il regime idrodinamico non permette la

formazione di f lussi discendenti al l’ interno della colonna fluidizzata.

Aff inché ci sia una quantità costante di polvere sul diffusore di f lusso si può

prevedere la presenza di un condotto di ricircolo delle particelle che

dall’estremità di uscita del Letto le riconduce verso i l diffusore.

Figura 10 Schema di Letto fluido ricircolante

Lo studio sui diversi t ipi di f luidizzazione e sui moti realizzati dalle

particelle possono essere condotti anche tramite le teorie del caos. Risulta

infatti che i l comportamento seguito dalle masse in moto pur seguendo un

andamento caotico si r ipropone con una certa periodicità. Ci troviamo quindi

davanti ad un comportamento caotico deterministico. In questa sede, però,

analisi di questo tipo non verranno riportate.

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2.2 Fluidizzazione con e senza bolle

In funzione del tipo di polveri con cui è caricata l ’apparecchiatura, dopo

che viene raggiunta la co

possono apparire bolle o vuoti tra le particelle.

Per velocità superficiali maggiori del valore di minima fluidizzazione

possiamo riscontare in generale l’ insorgenza sia di un regime a bolle che di

un regime che ne è privo. I diversi comportamenti sono dovuti a particolari

combinazioni tra f luido e particelle.

Si incontrano perciò alcuni t ipi di sistemi che presentano una

fluidizzazione l iquida (sistema solido

in cui si hanno particolati molto densi, non presentano la formazione di bolle.

Uno schema di questo comportamento è riportato nella f igura seguente che

mostra un Letto con particelle di vetro investite da un f lusso d’acqua che

esibiscono un comportamento di un Letto Fluido senza bolle.

Figura 11 Espansione di un Letto f luido; (i) condizione di minima fluidizzazione, con velocità del f luido appena maggiore della Ucondizione in cui la velocità del liquido è molto mag

luidizzazione con e senza bolle

In funzione del tipo di polveri con cui è caricata l ’apparecchiatura, dopo

che viene raggiunta la condizione di minima fluidizzazione nel Letto f luido

possono apparire bolle o vuoti tra le particelle.

Per velocità superficiali maggiori del valore di minima fluidizzazione

possiamo riscontare in generale l’ insorgenza sia di un regime a bolle che di

regime che ne è privo. I diversi comportamenti sono dovuti a particolari

combinazioni tra f luido e particelle.

Si incontrano perciò alcuni t ipi di sistemi che presentano una

fluidizzazione l iquida (sistema solido-liquido), i quali, ad eccezione dei

in cui si hanno particolati molto densi, non presentano la formazione di bolle.

Uno schema di questo comportamento è riportato nella f igura seguente che

mostra un Letto con particelle di vetro investite da un f lusso d’acqua che

ento di un Letto Fluido senza bolle.

Espansione di un Letto f luido; (i) condizione di minima fluidizzazione, con velocità del f luido appena maggiore della Ucondizione in cui la velocità del liquido è molto maggiore della U

In funzione del tipo di polveri con cui è caricata l ’apparecchiatura, dopo

ndizione di minima fluidizzazione nel Letto f luido

Per velocità superficiali maggiori del valore di minima fluidizzazione

possiamo riscontare in generale l’ insorgenza sia di un regime a bolle che di

regime che ne è privo. I diversi comportamenti sono dovuti a particolari

Si incontrano perciò alcuni t ipi di sistemi che presentano una

liquido), i quali, ad eccezione dei casi

in cui si hanno particolati molto densi, non presentano la formazione di bolle.

Uno schema di questo comportamento è riportato nella f igura seguente che

mostra un Letto con particelle di vetro investite da un f lusso d’acqua che

ento di un Letto Fluido senza bolle.

Espansione di un Letto f luido; (i) condizione di minima fluidizzazione, con velocità del f luido appena maggiore della Umf; (i i)

giore della Umf .

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Di altra natura sono i cosiddetti sistemi di f luidizzazione a gas in cui al

raggiungimento del valore di Umf si presenta un regime a bolle a cui seguono

le varie condizioni f luide esaminate nel paragrafo precedente al crescere

della velocità del f lusso di trasporto.

Il regime fluido in assenza di bolle è anche noto come fluidizzazione

omogenea o particulate f luidization, quello con le bolle viene detto

f luidizzazione aggregativa o eterogenea.

2.3 Principali proprietà delle polveri

Quando si vanno definire i parametri caratterizzanti le particelle con cui

viene alimentato un Letto Fluido è necessario definire diversi t ipi di densità

che possano essere inserit i nelle relazioni per i calcoli idrodinamici in modo

da descrivere in maniera appropriata i fenomeni in esame. I principali

parametri che vengono adottati sono la densità particellare, la densità

assoluta, la densità delle particelle nel Letto e la densità di Bulk o del solido.

2.3.1 Densità particellare e densità assoluta

La corretta densità uti l izzata nelle equazioni di fluidizzazione è la densità

particellare, definita come la massa di una particella divisa per il suo volume

idrodinamico. Col termine volume idrodinamico si intende i l volume del

f luido nella sua interazione dinamica con le particelle e comprende i l volume

di ogni poro del particolato sia aperto che chiuso :

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Figura 12 Volume idrodinamico di una particella

Pertanto abbiamo:

Densità particellarevolume idrodinamico della particella

=

Per solidi non porosi questo valore è facilmente misurato con un

pycnometer o con specif ica

essere per solidi porosi poiché essi forniscono i l valore della

assoluta, abs ,del materiale di cui la pa

è però adatto alla descrizione dei fenomeni che intervengono nell ’ interazione

tra particelle e f lusso fluido. Possiamo definire la densità assoluta come:

Densità assolutavolume del solido che forma la particell

=

Per solidi porosi la densità delle par

apparente o densità di inviluppo

diretta sebbene alcuni metodi sono stati proposti da Geldart (1990).

Volume idrodinamico di una particella

massa della particella

volume idrodinamico della particella

Per solidi non porosi questo valore è facilmente misurato con un

o con specif ica gravity bottle, ma questi sistemi non possono

essere per solidi porosi poiché essi forniscono i l valore della

,del materiale di cui la particella è composta. Questo valore non

è però adatto alla descrizione dei fenomeni che intervengono nell ’ interazione

tra particelle e f lusso fluido. Possiamo definire la densità assoluta come:

massa della particella

volume del solido che forma la particella

Per solidi porosi la densità delle particelle p (anche detta densità

apparente o densità di inviluppo-involucro) non è di facile misurazione

diretta sebbene alcuni metodi sono stati proposti da Geldart (1990).

Volume idrodinamico di una particella

Per solidi non porosi questo valore è facilmente misurato con un gas

, ma questi sistemi non possono

essere per solidi porosi poiché essi forniscono i l valore della densità

rticella è composta. Questo valore non

è però adatto alla descrizione dei fenomeni che intervengono nell ’ interazione

tra particelle e f lusso fluido. Possiamo definire la densità assoluta come:

(anche detta densità

involucro) non è di facile misurazione

diretta sebbene alcuni metodi sono stati proposti da Geldart (1990).

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2.3.2 Densità del letto

La densità del Letto è un altro termine correlato ai feno

Letti Fluidi ed è definita come:

Densità del lettovolume occupato dalle particelle e dai v

=

2.3.3 Densità di Bulk

Un altro parametro di densità spesso usato quando si lavora con le polveri

è la densità di Bulk o del solido la cui definizione è simile a quella della

densità del Letto:

Densità di bulkvolume occupato dalle particelle e dai v

=

La più influente grandezza delle particelle usata nelle relazioni che

descrivono le interazioni che intervengono tra di esse e il f luido veicolatore è

il di ametro idrodinamico che è una definizione equivalente a un diametro

sferico derivato da misure sperimentali che coinvolgono i legami tra

particelle e f luido. Nella pratica tuttavia, in molte applicazioni industrial i, le

dimensioni sono scelte uti l izzando s

fori presenti su di essi, x

particelle sferiche o di forma prossima a quella di una sfera i l valore di x

può considerarsi paria quello di x

che xv 1.13 xp. Per gli impieghi nelle f luidizzazioni partendo da analisi

tramite setaccio la dimensione maggiore delle polveri è spesso calcolata con

la seguente relazione:

è un altro termine correlato ai feno

Letti Fluidi ed è definita come:

massa delle particelle nel letto

volume occupato dalle particelle e dai vuoti che le separano

Un altro parametro di densità spesso usato quando si lavora con le polveri

o del solido la cui definizione è simile a quella della

massa della particella

volume occupato dalle particelle e dai vuoti che le separano

La più influente grandezza delle particelle usata nelle relazioni che

descrivono le interazioni che intervengono tra di esse e il f luido veicolatore è

ametro idrodinamico che è una definizione equivalente a un diametro

sferico derivato da misure sperimentali che coinvolgono i legami tra

particelle e f luido. Nella pratica tuttavia, in molte applicazioni industrial i, le

dimensioni sono scelte uti l izzando setacci e correlazioni tra i diametri dei

fori presenti su di essi, xp ,e i l diametro del volume delle particelle, x

particelle sferiche o di forma prossima a quella di una sfera i l valore di x

può considerarsi paria quello di xp. Per particelle con spigoli si può stimare

. Per gli impieghi nelle f luidizzazioni partendo da analisi

tramite setaccio la dimensione maggiore delle polveri è spesso calcolata con

è un altro termine correlato ai fenomeni presenti nei

uoti che le separano

Un altro parametro di densità spesso usato quando si lavora con le polveri

o del solido la cui definizione è simile a quella della

uoti che le separano

La più influente grandezza delle particelle usata nelle relazioni che

descrivono le interazioni che intervengono tra di esse e il f luido veicolatore è

ametro idrodinamico che è una definizione equivalente a un diametro

sferico derivato da misure sperimentali che coinvolgono i legami tra

particelle e f luido. Nella pratica tuttavia, in molte applicazioni industrial i, le

etacci e correlazioni tra i diametri dei

,e i l diametro del volume delle particelle, xv. Per

particelle sferiche o di forma prossima a quella di una sfera i l valore di xv

spigoli si può stimare

. Per gli impieghi nelle f luidizzazioni partendo da analisi

tramite setaccio la dimensione maggiore delle polveri è spesso calcolata con

Page 24: Principi di finitura a letto fluido - uniroma2.it · 1. Principi di finitura a letto fluido ... che in genere presenta sezione circolare o rettangolare, vengono poste delle polveri

1p

i

i

xm

x

=

∑ (2.12)

Dove xi è i l valore aritmetico della media dell ’ i-esimo elemento vagliato

al quale è associata una frazione massica mi . Quella riportata è pertanto la

distribuzione armonica delle maggiori masse che si considera essere

equivalente alla distribuzione armonica delle maggiori superfici.

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2.4 Classificazioni delle polveri

Il comportamento dei sistemi f luidizzati con un gas è strettamente

dipendente dalle proprietà delle particelle solide, dalla dimensione, dalla

densità, dal grado di particelle f ini presenti, dalla coesività, ecc.; è sbagliato,

quindi, assumere che le proprietà determinate per una polvere possano essere

applicate a polveri che hanno differenti caratteristiche.

Per superare queste diff icoltà Geldart [7] (1973) ha suggerito un

classif icazione per particelle solide, o polveri, in quattro differenti gruppi.

La classif icazione eseguita da Geldart segue la logica di una ripartizione in

base alle proprietà di f luidizzazione delle polveri e alle condizioni ambientali

in cui si trovano ad esser impiegate. La catalogazione di Geldart è tuttora

largamente impiegata in ogni campo delle tecnologie in cui sono uti l izzate le

polveri.

Geldart divide le polveri in 4 gruppi indicati con le lettere da A a D:

• Gruppo A: le particelle del t ipo A sono caratterizzate da avere un

campo di velocità apprezzabile tra la velocità di minima fluidizzazione

e quella di minimo regime a bolle e danno luogo ad un forte

mescolamento delle polveri (per superare la Umf ed entrare nel regime a

bolle necessitano di un deciso aumento della velocità del f lusso)

• Gruppo B: appena si supera la Umf danno immediatamente la

f luidizzazione a bolle (f luidizzano direttamente in regime a bolle).

Vengono identif icati inoltre due gruppi secondari:

• Gruppo C: sono polveri coesive molto sott il i incapaci di f luidizzare in

quanto sono particelle di piccole dimensione che tendono ad aggregarsi

ed a formare dei canali di salita dei gas piuttosto che bolle, per questo

sono diff ici lmente f luidizzabili .

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• Gruppo D: al gruppo D infine appartengono le polveri di grandi

dimensioni che si caratterizzano, una volta investite dal gas, per la

formazione in superficie di un getto a zampillo che parte dalla zona

inferiore dell ’emulsione come si vede in f igura 12

Le proprietà di f luidizzazione di una polvere veicolata in aria può essere

prevista stabilendo a quale gruppo essa appartiene. E’ importante notare che

per temperatura e pressione di lavoro maggiori di quelle ambientali un

polvere può sembrare appartenente ad un gruppo differente da quello in cui la

troveremmo in condizioni ambientali. Questo è dovuto all ’effetto delle

proprietà del gas sul raggruppamento delle particelle e può avere importanti

influenze sulle condizioni di f luidizzazione. Il diagramma seguente mostra

come i gruppi in cui sono classif icate le polveri sono legati alle loro

proprietà:

Figura 13 Diagramma di Geldart

La tabella seguente riassume le t ipiche caratteristiche delle classi di polveri:

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GRUPPO A GRUPPO B GRUPPO C GRUPPO D

Caratteristiche

principali

Ideal i per la

f luidizzaz ione.

Pres enta no u n

interval l o di

sos pensione

senza bol l e

Pres enta no la

formazione di

bol le a partire

dal la U m f

Coesiv e,di ff ico

ltà di

f luidizzaz ione

Sol id i di grana

grossa

Solidi tipici Catal iz zatori Sa bbia da

costru zione

Farina ,

cemento Ghia ia

Espansione nel

Letto Alta Modera ta

Bassa a cau sa

del l ’ inca nalam

ento

Bassa

Smaltimento di

calore Lento, l inea re Veloc e

Veloc e

al l ’ in izio , poi

es ponenz ial e

Veloc e

Proprietà delle

bolle

Le bol l e

cresc ono e s i

uniscono. B ol l e

di d imens ione

massima

Non c ’è l imite

a l la

dimensione

Niente bol l e

solo

inca nala menti

Non c ’è l imite

a l la

dimensione

Mescolamento

dei solidi Alta Modera ta Molto bassa Bassa

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Mescolamento

dei gas Alta Modera ta Molto bassa Bassa

Spouted bed No Sol o in

profondità No

Si , a nc h e in

let t i profondi

Tabella 1 tabella delle tipologie di polveri

In considerazione del fatto che, i l range di valori di velocità che, per le

polveri di t ipo A, danno luogo a f luidizzazione senza bolle è molto limitato,

se ne deduce che la f luidizzazione a bolle è la t ipologia più diffusa nei letti

f luidizzati a gas in applicazioni industrial i.La velocità del gas alla quale le

bolle cominciano a formarsi è chiamata velocità di minima eboll izione Umb.

Una prematura ebollizione può essere causata da un distributore di f lusso

troppo piccolo o da perturbazioni all’ interno del Letto. Abrahamsen and

Geldart (1980) hanno stabilito una correlazione tra i l massimo valore di Umb

e le proprietà del gas e delle particelle:

0,06

0,3472,07exp(0,716 ) P g

mb

xU F

ρµ

=

(2.13)

dove F è la frazione di polvere di dimensione inferiore a 45 µm.

Per le polveri del Gruppo A quando Umb > Umf si formano bolle che si

uniscono e collassato in continuazione. Esse raggiungono in questa

condizione un valore di grandezza massimo. Per questo motivo si ha una

fluidizzazione molto l iscia e regolare come mostra la f igura sotto.

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Figura 14 Bolle in un Letto fluido costituito da polveri di tipo A

Nel caso delle polveri dei Gruppi B e D per Umb= Umf le bolle crescono

progressivamente non raggiungendo mai una dimensione massima

predeterminabile. Questo influisce sulla bassa qualità della f luidizzazione

fino a quando non si raggiungono elevati valori della pressione del gas di

trasporto.

Figura 15 Getto a zampillo in un Letto f luido costituito da polveri di t ipo D

Nel caso delle polveri di gruppo C le forze d’interazione fra le particelle

sono comparabili con le forze che si sviluppano per l ’azione del gas (forze

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d’inerzia), di conseguenza risulta favorita la compattazione e quindi non si

ha praticamente una fluidizzazione vera e propria. Di conseguenza non si

formano bolle ma i l gas attraversa i l Letto tramite creando, come si vede in

f igura, dei canali preferenziali.

Figura 16 Letto costituito da polveri di tipo C: si può notare la formazione di canali preferenziali attraverso cui i l gas oltrepassa il Letto di polveri

senza portarlo in fluidizzazione.

Dato che in questo caso il gas non sostiene i l peso del Letto la perdita di

pressione è minore del peso del Letto diviso per l’area della sezione

trasversale. Questo fenomeno indica anche un metodo strumentale per la

determinazione delle polveri appartenenti al gruppo C; c’è da dire che

uti l izzando questa classe di polveri è comunque possibile ottenere

f luidizzazione del Letto nel caso s’impieghi un sistema che lo metta in

vibrazione facil itando così la rottura dei legami tra le polveri.

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2.5 Idrodinamica del letto a bolle

La conoscenza delle proprietà idrodinamiche dei letti f luidi quando si ha

la presenza di bolle è notevolmente importante in quanto si r iescono a

comprendere fenomeni di scambio termico e di massa, la capacità di

sviluppare reazioni, i meccanismi di usura e corrosione che i componenti

all ’ interno del Letto subiscono. Una schematizzazione con la quale si può

rappresentare una bolla prevede una suddivisione in tre zone: la bubble zone

che si trova al centro ed è composta solamente da gas, una corona attorno al

gas che lo separa dalla fase emulsione detta cloud zone ed una scia definita

wake zone in cui oltre al gas ci sono anche delle particelle veicolate dalla

bolla e pertanto aventi la stessa velocità.

Figura 17 Struttura e nomenclatura di una bolla.

Per calcolare la dimensione della bolla nella porzione di Letto l ibero da

vincoli si può uti l izzare la relazione di Darton:

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2,0

8,05,04,00 )4()(54,0

g

AZuud cmf

b

+−= (2.14)

dove:

• A c è la “catchment area”

• g è l ’accelerazione di gravità

• Z è la distanza parallela all ’asse del Letto che la bolla può

percorrere nel suo sviluppo senza essere vincolata.

Se invece nel Letto ci sono dei vincoli che tendono ad impedire lo

sviluppo delle bolle, come possono essere dei tubi per lo scambio termico,

allora la dimensione della bolla può essere ricavata con un’altra relazione:

0,4

0 0,5 0,8

0,2

( )0,54 ( 4 )

1

mfc

t

bedb

U UZ A

A

Ad

g

− + − = (2.15)

dove:

• A t indica l’area della sezione trasversale del Letto all ’altezza del

diffusore

• A bed è l ’area della sezione ostruita dai vincoli presenti nel Letto

(nella maggior parte dei casi si tratta proprio di tubi)

Per lett i f luidi bidimensionali dove sono presenti di tubi è stato studiato

l’andamento della pressione e delle forze dinamiche su di essi esercitati a

causa del passaggio di una bolla. In particolare nello studio di Y. Nagahashi

si ha una trattazione sperimentale ed analit ica del fenomeno che viene di

seguito descritto.

Il tubo, quando non sono presenti bolle, è soggetto ad una forza verso

l’alto dovuta alla spinta di Archimede che gli deriva dall’essere immerso

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nell’emulsione. Quando una bolla si avvicina alla parte inferiore del tubo la

forza diretta verso l ’alto aumenta.

L’andamento della pressione all’ interno dell’emulsione causato dal

passaggio di una bolla può essere determinato con la seguente equazione:

2

cosa

P J rr

ϑ = −

(2.16)

dove:

• J è i l gradiente di pressione presente nel Letto

• r è i l raggio della bolla

• a è la distanza tra i l punto nel quale si vuole calcolare la pressione

dal centro della bolla

• � è l ’angolo formato rispetto al segmento che unisce il centro con

il punto estremo della bolla.

Questo incremento di sollecitazione si verif ica f ino a quando i l tubo non

viene completamente ad essere assorbito nella bolla. A questo punto si

riscontra una forte riduzione della spinta dovuta al cambio di densità del

f luido all’ interno del quale è immerso il tubo. Il decremento che si realizza,

considerando come condizione imperturbata quella del tubo nell’emulsione in

assenza di bolle, dà luogo ad una forza netta diretta verso il basso.

Una volta che la parte gassosa della bolla i l tubo viene dalla wake zone:

si r iscontra una variazione repentina della direzione e dell’ intensità della

forza che determina l’ insorgenza di una pulsazione verso l’alto.

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Figura 18 Andamento della forza al passaggio di una bolla su un tubo.

Da questo modello si evince che i l valore di questa pulsazione è molto

maggiore rispetto al valore della spinta di Archimede nell ’emulsione in

quiete. Infine è presente anche una forza diretta verso il basso dovuta alla

dispersione della scia della bolla una volta che questa è passata oltre la

sommità del tubo.

Una volta che la bolla ha superato l’ostacolo il tubo torna nella

condizione di partenza. La sperimentazione ha anche ri levato che il valore

della pulsazione della forza dinamica è influenzato dalla velocità e dalle

dimensioni della bolla e cresce all’aumentando di questi due parametri.

Se invece si vuole conoscere il valore della pressione agente su un

oggetto presente all’ interno di una bolla bidimensionale in base alla sua

posizione rispetto al centro, si può sfruttare la relazione dovuta a Davidson

di seguito riportata:

2

( , ) (1 ) cosbr mf p r

RP r g r

rθ ε ρ ϑ

= − − −

(2.17)

dove:

• r e θ r sono presi in un sistema di r iferimento che ha per origine i l

centro della bolla

• Rb è il raggio della bolla

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• g l ’accelerazione di gravità

• ρp la densità delle particelle

• εmf i l grado di vuoto in minima fluidizzazione.

Quando si ha la necessità di calcolare la velocità delle bolle in assenza di

vincoli si r icorre di solito alla seguente relazione:

0( )b mf b bU U U K gd= − + (2.18)

dove:

• K b è i l coeff iciente di velocità di risalita delle bolle che per Letti

Fluidi tr idimensionali vale 0,71

• d b è i l diametro delle bolle.

La presenza di vincoli quindi influenza sia la dimensione delle bolle che

la velocità con cui esse risalgono il reattore. Precedentemente si è già

proposta una formula per calcolare la dimensione media delle bolle in

presenza di tubi ma quando si ha la necessità di uno approccio più

approfondito ci si può riferire ad uno studio dovuto a A.S. Hull. In proposito

viene proposta una relazione per determinare la dimensione delle bolle una

volta passate attraverso una fila di tubi. Questa formulazione ha validità

generale per la valutazione della velocità delle bolle ed è applicabile anche

nella zona con presenza di vincoli:

02 1

(9 )

( ) 11

1

mf

b b

U

U

bedb b b b bf u

t

A A z eu f u K gd

A e

− −

− −= − + −

(2.19)

in cui vale la nomenclatura f ino ad ora adottata:

• A(z) che indica la sezione trasversale del Letto all ’altezza z

• f b è la frazione di fase gassosa della bolla.

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Infine oltre alla dimensione delle bolle e alla loro velocità bisogna tenere

conto di un ultimo fenomeno denominato throughtflow. Questo meccanismo

consiste in un f lusso di gas all’ interno delle bolle che va dalla zona inferiore

alla zona superiore ed è causato dal gradiente di pressione presente. I l f lusso

così generato è importante perché consente di stabilizzare la superficie

superiore della bolla e di regolare sia i l trasporto di massa dalla zona densa a

quella diluita che la quantità di gas presente nelle due.

Per Letti tridimensionali è stata misurata una velocità di throughtflow Ut f

pari a 2,7 volte la velocità di minima fluidizzazione Umf. Inoltre è stato

trovato sperimentalmente che la velocità Ut f aumenta col crescere dell ’altezza

del Letto di particelle, mentre risulta praticamente indipendente dalla

posizione e dalla quota all’ interno della bolla.

2.6 Dimensionamento fluidodinamico di un letto fluido

2.6.1 Fluidizzazione senza bolle

In un Letto Fluido in cui si realizza un regime di f luidizzazione in cui

non si ha la formazione di bolle per velocità del gas inferiori a Umf la

separazione delle particelle aumenta con la crescita della velocità

superficiale mentre la perdita di pressione attraverso i l Letto si mantiene

costante. La relazione che intercorre tra la velocità del f luido e il grado di

vuoto può essere determinato dall ’analisi dei sistemi multiparticellari

(Rhodes, 1998). Per una sospensione di particelle stabile in un f luido essendo

verif icato il bi lancio delle forze agenti la velocità relativa tra polveri e

f luido, Ure l , può essere ricavata da:

( )rel P f TU U U U fε ε= − = (2.20)

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Dove Up e Uf sono le velocità in direzione verticale e dirette verso i l

basso delle particelle e del f luido, U

particella nel f luido. Per un Letto Fluido si ha in media che il valore della

velocità delle particelle U

oppure

Dove Uf s è il f lusso volumetrico verso il basso del f luido. Nella maggior

parte dei casi pratici si indica con i l termine d

flusso volumetrico del f luido. Quando la velocità superficiale del f luido

verso l ’alto (U) uguaglia i l f lusso volumetrico (

ott iene:

Richardson e Zaki (1954) hanno proposto un funzione f(

applicabile sia al regime di f luidizzazione con o senza di bolle. In generale,

posto f( ) = n :quando si hanno numeri di Reynolds del f luido piccoli (in

corrispondenza dei quali si ha che la forza di spin

viscosità del f luido) allora l ’esponente n è indipendente dal numero di

Reynolds delle particelle; tale esponente è anche indipendente dalla viscosità

del f luido quando si hanno elevati numeri di Reynolds del f luido.

Possiamo porre allora in generale:

Avremo dunque:

sono le velocità in direzione verticale e dirette verso i l

basso delle particelle e del f luido, UT è la velocità l imite della singola

particella nel f luido. Per un Letto Fluido si ha in media che il valore della

particelle Up si può considerare nulla (Up = 0) e allora:

)(εε fUU Tf −=

2fs ( )TU U fε ε= −

è il f lusso volumetrico verso il basso del f luido. Nella maggior

parte dei casi pratici si indica con i l termine di velocità superficiale U il

f lusso volumetrico del f luido. Quando la velocità superficiale del f luido

verso l ’alto (U) uguaglia i l f lusso volumetrico (-U f s), avendo U

)(2 εε fUU T=

(1954) hanno proposto un funzione f(

applicabile sia al regime di f luidizzazione con o senza di bolle. In generale,

:quando si hanno numeri di Reynolds del f luido piccoli (in

corrispondenza dei quali si ha che la forza di spinta è indipendente dalla

viscosità del f luido) allora l ’esponente n è indipendente dal numero di

Reynolds delle particelle; tale esponente è anche indipendente dalla viscosità

del f luido quando si hanno elevati numeri di Reynolds del f luido.

e allora in generale:

nTU U ε= ⋅

sono le velocità in direzione verticale e dirette verso i l

è la velocità l imite della singola

particella nel f luido. Per un Letto Fluido si ha in media che il valore della

= 0) e allora:

(2.21)

(2.22)

è il f lusso volumetrico verso il basso del f luido. Nella maggior

i velocità superficiale U il

f lusso volumetrico del f luido. Quando la velocità superficiale del f luido

), avendo Uf s = Uf , si

(2.23)

(1954) hanno proposto un funzione f() che rimane

applicabile sia al regime di f luidizzazione con o senza di bolle. In generale,

:quando si hanno numeri di Reynolds del f luido piccoli (in

ta è indipendente dalla

viscosità del f luido) allora l ’esponente n è indipendente dal numero di

Reynolds delle particelle; tale esponente è anche indipendente dalla viscosità

del f luido quando si hanno elevati numeri di Reynolds del f luido.

(2.24)

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( ) per Re 0,3

( ) per Re 500

f U U

f U U

ε ε ε

ε ε ε

= → = ≤

= → = ≥

I r icercatori Khan and Richardson (1989) hanno proposto una

correlazione che permette di determinare l ’esponente n per valori intermedi

del numero di Reynolds (sebbene n sia espresso rispetto al numero di

Archimede Ar sussiste un proporzionalità diretta tra R

In essa viene anche tenuto conto dell ’effetto del diametro del recipiente

per la stima del valore di n:

Le Equazioni (2.25) e (2.26) unite alla sopra citata relazione di Khan and

Richardson permettono di quantif icare la variazione del grado di vuoto nel

Letto per velocità superiori a U

consente di calcolare l’alte

seguito riportata:

Definiamo la massa delle particelle nel Letto come

Nella condizione di Letto f isso sono noti l ’altezza delle polveri (H

grado di vuoto iniziale (

possiamo ricavare i nuovi valori di altezza del Letto e di indice di vuoto:

pertanto

2,65 2,65

0,4 0,4

( ) per Re 0,3

( ) per Re 500

T p

T p

f U U

f U U

ε ε ε

ε ε ε

= → = ≤

= → = ≥

I r icercatori Khan and Richardson (1989) hanno proposto una

correlazione che permette di determinare l ’esponente n per valori intermedi

ro di Reynolds (sebbene n sia espresso rispetto al numero di

sussiste un proporzionalità diretta tra Rep e Ar

In essa viene anche tenuto conto dell ’effetto del diametro del recipiente

per la stima del valore di n:

−=−

− 27,057,0 4,21043,0

4,2

8,4

D

xAr

n

n

Le Equazioni (2.25) e (2.26) unite alla sopra citata relazione di Khan and

Richardson permettono di quantif icare la variazione del grado di vuoto nel

Letto per velocità superiori a Umf. La conoscenza dell ’ indice di vuoto

consente di calcolare l’altezza del Letto come mostrato nella procedura di

Definiamo la massa delle particelle nel Letto come

(1 )B pM AHε ρ= −

Nella condizione di Letto f isso sono noti l ’altezza delle polveri (H

1); nell’ ipotesi poi che la massa rimanga costante

possiamo ricavare i nuovi valori di altezza del Letto e di indice di vuoto:

112 )1()1( AHAH pp ρερε −=−

12

12 )1(

)1(HH

εε

−−

=

(2.25)

I r icercatori Khan and Richardson (1989) hanno proposto una

correlazione che permette di determinare l ’esponente n per valori intermedi

ro di Reynolds (sebbene n sia espresso rispetto al numero di

r).

In essa viene anche tenuto conto dell ’effetto del diametro del recipiente

(2.26)

Le Equazioni (2.25) e (2.26) unite alla sopra citata relazione di Khan and

Richardson permettono di quantif icare la variazione del grado di vuoto nel

. La conoscenza dell ’ indice di vuoto

zza del Letto come mostrato nella procedura di

(2.27)

Nella condizione di Letto f isso sono noti l ’altezza delle polveri (H1) e il

); nell’ ipotesi poi che la massa rimanga costante

possiamo ricavare i nuovi valori di altezza del Letto e di indice di vuoto:

(2.28)

(2.29)

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2.6.2 Fluidizzazione in presenza di bolle

Il modo più semplice per descrivere i fenomeni che intervengono in un

Letto Fluido in regime di f luidizzazione a bolle è quella di seguire i l modello

bifasico proposto da Toomey and Johnstone (1952). Quest’approccio

considera il Letto in presenza di bolle come

data dalle bolle stesse e la fase composta dal particolato (il solido f luidizzato

veicolato dal gas). Quest’ult ima fase è anche nota come emulsione.

Questa teoria afferma che tutto il gas in eccesso che cioè non partecip

alla sospensione delle polveri oltrepassa il Letto sotto forma di bolle.

Pertanto l’espansione del Letto per velocità maggiori a U

all ’evoluzione del comportamento bolle.

Figura 19 Flussi di gas in Letto Fluido secondo la teoria bifasica

Con Q viene definito l’effettivo andamento della portata del f lusso di gas

e con Qmf si fa riferimento alla portata del f lusso di gas al momento

dell’ inizio della f luidizzazione, dunque abbiamo ch

attraversa i l Letto come bolle è pari a:

Fluidizzazione in presenza di bolle

do più semplice per descrivere i fenomeni che intervengono in un

Letto Fluido in regime di f luidizzazione a bolle è quella di seguire i l modello

bifasico proposto da Toomey and Johnstone (1952). Quest’approccio

considera il Letto in presenza di bolle come caratterizzato da due fasi: la fase

data dalle bolle stesse e la fase composta dal particolato (il solido f luidizzato

veicolato dal gas). Quest’ult ima fase è anche nota come emulsione.

Questa teoria afferma che tutto il gas in eccesso che cioè non partecip

alla sospensione delle polveri oltrepassa il Letto sotto forma di bolle.

Pertanto l’espansione del Letto per velocità maggiori a U

all ’evoluzione del comportamento bolle.

Flussi di gas in Letto Fluido secondo la teoria bifasica

Con Q viene definito l’effettivo andamento della portata del f lusso di gas

si fa riferimento alla portata del f lusso di gas al momento

dell’ inizio della f luidizzazione, dunque abbiamo che la quantità di gas che

attraversa i l Letto come bolle è pari a:

do più semplice per descrivere i fenomeni che intervengono in un

Letto Fluido in regime di f luidizzazione a bolle è quella di seguire i l modello

bifasico proposto da Toomey and Johnstone (1952). Quest’approccio

caratterizzato da due fasi: la fase

data dalle bolle stesse e la fase composta dal particolato (il solido f luidizzato

veicolato dal gas). Quest’ult ima fase è anche nota come emulsione.

Questa teoria afferma che tutto il gas in eccesso che cioè non partecipa

alla sospensione delle polveri oltrepassa il Letto sotto forma di bolle.

Pertanto l’espansione del Letto per velocità maggiori a Umf è legata

Flussi di gas in Letto Fluido secondo la teoria bifasica

Con Q viene definito l’effettivo andamento della portata del f lusso di gas

si fa riferimento alla portata del f lusso di gas al momento

e la quantità di gas che

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Per i l gas nella fase emulsione si ha che:

Andando ad esprimere

frazione del Letto occupata dalle bolle

dove H è l’altezza del Letto alla velocità U,

velocità Umf e UB è i l valore di massima velocità di r isalita delle bolle. Il

grado di vuoto della fase emulsione è lo stesso che si ha nella condizione di

minima fluidizzazione e può essere ricavato nel modo seguente:

Nella pratica però la teoria bifasica sovrastima i l volume di gas che

oltrepassa i l Letto come bolle (cioè i l f lusso di bolle visibi le), pertanto una

stima più accurata della dilatazione del Letto si ottiene andando a inserire la

portata QB in luogo di (Q

portata delle bolle visibil i è:

Dove il parametro Y varia a seconda del tipo di polvere impiegata assumendo

i seguenti valori:

• per polveri del Gruppo A

• per polveri del Gruppo B

• per polveri del Gruppo D

L’analisi appena descritta richiede la conoscenza della velocità delle

bolle UB la quale dipende dalla dimensione principale delle bolle d

( ) ( )mf mfQ Q U U A− = −

Per i l gas nella fase emulsione si ha che:

mf mfQ U A=

Andando ad esprimere la dilatazione del sistema gas-solido in termini di

frazione del Letto occupata dalle bolle, B, si ha:

B

mf

B

mfmfB U

UU

AU

QQ

H

HH )( −=

−=

−=ε

dove H è l’altezza del Letto alla velocità U, Hmf è l’altezza del Letto alla

è i l valore di massima velocità di r isalita delle bolle. Il

grado di vuoto della fase emulsione è lo stesso che si ha nella condizione di

minima fluidizzazione e può essere ricavato nel modo seguente:

(1 ) (1 )(1 )b mfε ε ε− = − −

ò la teoria bifasica sovrastima i l volume di gas che

oltrepassa i l Letto come bolle (cioè i l f lusso di bolle visibi le), pertanto una

stima più accurata della dilatazione del Letto si ottiene andando a inserire la

in luogo di (Q-Qmf) in modo da ricavare che l’andamento della

portata delle bolle visibil i è:

( )B mfQ Y A U U= −

Dove il parametro Y varia a seconda del tipo di polvere impiegata assumendo

per polveri del Gruppo A 0.8<Y<1.0

per polveri del Gruppo B 0.6<Y<0.8

per polveri del Gruppo D 0.25<Y<0.6

L’analisi appena descritta richiede la conoscenza della velocità delle

la quale dipende dalla dimensione principale delle bolle d

(2.30)

(2.31)

solido in termini di

(2.32)

è l’altezza del Letto alla

è i l valore di massima velocità di r isalita delle bolle. Il

grado di vuoto della fase emulsione è lo stesso che si ha nella condizione di

minima fluidizzazione e può essere ricavato nel modo seguente:

(2.33)

ò la teoria bifasica sovrastima i l volume di gas che

oltrepassa i l Letto come bolle (cioè i l f lusso di bolle visibi le), pertanto una

stima più accurata della dilatazione del Letto si ottiene andando a inserire la

icavare che l’andamento della

(2.34)

Dove il parametro Y varia a seconda del tipo di polvere impiegata assumendo

L’analisi appena descritta richiede la conoscenza della velocità delle

la quale dipende dalla dimensione principale delle bolle dBv e dal

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diametro del Letto D. Il diametro dBv ad una certa quota dal distributore di

f lusso è a sua volta dipendente dal numero N di orif izi del distributore, dalla

distanza L dalla sezione di ingresso del gas e dalla differenza di velocità (U -

Umf).

Per polveri del Gruppo B:

0,4 0,5 0,80,2

0,5

0,54( ) ( 4 ) (Darton et al.,1977)

( ) (Werther,1983)

Bv mf

B B Bv

d U U L Ng

U gd

− = − + = Φ

(2.35)

dove:

0,4

0,64 per 0,1

1,6 per 0,1 1

0,64 per 1

B

B

B

D m

D D m

D m

Φ = ≤Φ = < ≤Φ = >

(2.36)

Per polveri del Gruppo A come noto le bolle raggiungono una

dimensione massima che è possibile stimare:

22,7

max

( )( ) 2 (Geldart,1992)T

Bv

Ud

g= (2.37)

dove UT2.7 rappresenta la velocità di caduta libera di particella aventi

diametro pari a 2,7 volte quello delle particella in esame.

Un modo per determinare i l valore della velocità delle bolle per

particelle di tipo A è stata fornita da Werther (1983):

0,5( ) (Werther, 1983)B A BvU gd= Φ (2.38)

dove:

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0,4

1 per 0,1

2,5 per 0,1 1

2,5 per 1

A

A

A

D m

D D m

D m

Φ = ≤Φ = < ≤Φ = >

(2.39)

2.6 Forze scambiate durante la fluidizzazione

In condizioni statiche, come nella condizione di Letto f isso, tra le

particelle si sviluppano una serie di forze di piccola entità i cui effett i sul

Letto possono essere trascurati. Quando però le particelle vengono

fluidizzare queste forze sviluppano delle conseguenze non trascurabili . Le

azioni in gioco sono essenzialmente tre: forze di Van der Waals, i ponti

l iquidi e la sinterizzazione.

Le forze di Van der Waals possono essere calcolate nel caso di interazione

tra due particelle di forma sferica di uguali dimensioni:

212vw

ARF

a= (2.40)

dove:

• R è i l raggio delle due sfere

• A è la costante di Hamaker che dipende dal materiale

• a è la distanza tra le particelle

In realtà più che dalle proprietà delle superfici la forza dipende dalle

caratteristiche della volume delle polveri. È pertanto più appropriato far

dipendere la forza dal raggio di curvatura locale piuttosto che da quello

dell’ intera particella. Nel grafico che segue sono riportate le forze di Van der

Waals con tratto continuo nel caso di applicazione della formula

considerando i l raggio dell ’ intera particella e con l inea tratteggiata

considerando i l raggio di curvatura locale.

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L’ interazione tra particelle causata dalle azioni di Van der Waals è stata

sfruttata da Molerus per spiegare la differente modalità di passaggio tra i l

regime di minima fluidizzazione e il minimo regime a bolle per le particelle

appartenenti ai gruppi A e B. In particolare si sottol inea che il passaggio tra i

due regimi corrisponde ad un ben definito valore del rapporto tra le forze

interparticellari e la forza peso: nel gruppo A queste forze sono comparabil i,

mentre nel gruppo B le forze tra particelle sono trascurabil i r ispetto al

contributo del peso. Questo spiega perché nella f luidizzazione di particelle

del gruppo A si ha un campo di velocità tra lai minima fluidizzazione e

l’ insorgenza del regime a bolle, mentre per i l gruppo B le due velocità

vengono a coincidere. Manca da stabilire l’effetto delle alte due forze.

La prima dipende dalla presenza di l iquido tra le particelle che determina

la formazione di un ponte di fase. La sinterizzazione si ha in ambiente ad alta

temperatura che favorisce la reazione tra le polveri formando un agglomerato

solido.

Dato che l’att ività sperimentale di questa tesi non ha comportato

l’ impiego di Letti Fluidi ad alta temperatura vengono omesse le trattazioni

analitiche sia della sinterizzazione delle polveri f luidizzate, sia della

formazione dei ponti l iquidi. È importante però sottolineare che alle forze

dovute ai legami a ponte l iquido è correlato il fenomeno di aggregazione di

particelle a temperatura ambiente che determina un deciso aumento della

soglia individuata dalla velocità di minima fluidizzazione.

2.7.1 Influenza delle forze tra particelle e della distribuzione granulometrica delle particelle.

Come in precedenza accennato le forze scambiate tra le particelle vanno

ad influire nel regime di passaggio tra minima fluidizzazione e regime a bolle

in particolar modo per quanto riguarda le polveri di tipo A e B. Risulta

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invece che una volta che le bolle si sono formate il comportamento reologico

delle particelle influenza solo marginalmente il loro sviluppo, in particolare

per le polveri di t ipo A, B e D, e può pertanto essere trascurato in prima

approssimazione.

La distribuzione granulometrica è stata molto studiata, specialmente per

quanto riguarda l’uti l izzo di Lett i per reazioni chimiche. Si è visto che a

parità di quantità di polvere presente, una distribuzione che abbia una

presenza particelle sotti l i migliora la reazione.

Questo è dovuto essenzialmente a tre motivi:

• nel regime a bolle i vuoti tendono ad essere più piccoli in presenza di

una vasta distribuzione granulometrica e questo probabilmente è

associato anche ad una viscosità effettiva della fase densa minore;

• ci sono più particelle disperse all’ interno della fase diluita quando sono

presenti polveri sottil i;

• con una vasta distribuzione granulometrica è più facile raggiungere i l

regime turbolento dove l ’ interazione gas-solido è migliore rispetto al

regime a bolle.

2.7 Trasporto delle particelle ed elutriazione.

Quando si raggiungono alte velocità superficiali del gas le particelle

all ’ interno del Letto possono avere una velocità tale da permetterne

l’allontanamento dalla colonna fluidizzata. Questo fenomeno definito

elutriazione si verif ica in particolare quando nel Letto sono presenti

particelle di piccole dimensioni dovute a prodotti di reazione o a

sgretolamento per attri to delle polveri f luidizzate. Nel caso che le particelle

costituiscano i l reagente o i l catalizzatore della reazione e devono quindi

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essere presenti nel Letto in quantità ben definite è importante determinare

un’altezza del Letto che non ne permetta la fuoriuscita.

L’arresto delle particelle solide all ’ interno del freeboard zone del Letto

tipicamente decresce esponenzialmente al crescere dell’altezza. Da un punto

di vista costrutt ivo l’uscita dei gas deve essere collocata al di sopra

dell’altezza chiamata TDH (transport disengagement height) definita come

l’altezza a cui i l f lusso di solido diviene costante.

Le particelle vengono portate nell’estremità superiore del Letto

dall’esplosione delle bolle che arrivano sulla superficie della zona

fluidizzata. La struttura del f lusso di gas nella freeboard zone determina la

distribuzione ed i l moto delle particelle presenti in questa area.

L’origine del fenomeno di trasporto rimane una questione non del tutto

chiarita. In particolare sembra che a seconda della classe di appartenenza

delle particelle f luidizzate, i l trasporto sia dovuto alla parte sommitale delle

bolle nel caso di particelle del gruppo B e alla fase rarefatta per quelle del

gruppo A.

Il coeff iciente di trasporto laterale delle particelle nella freeboard zone

del Letto è correlato alla turbolenza della zona a sua volta generata da sbuffi

di gas denominati bolle fantasma. Tali sbuffi sono dovuti al gas liberato

dall’esplosione delle bolle presenti nell’emulsione. I l fenomeno di trasporto è

strettamente correlato all ’ idrodinamica del Letto in quanto dipende dalla

frequenza di coalescenza, dalla velocità e dalla dimensione delle bolle. La

velocità delle particelle espulse nella freeboard zone del Letto è poi

ovviamente strettamente correlata alla velocità delle bolle.

Da un punto di vista analit ico si può analizzare la presenza di particelle

sotti l i al l ’ interno del Letto e la velocità di elutriazione tramite un modello

che in questa sede non andiamo a trattare.

Alla base del modello ci sono quattro ipotesi:

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• i l fenomeno di logoramento è dovuto alla rimozione di polveri di

piccole dimensioni ancorate alla superficie di particelle più grandi

dello stesso materiale;

• i l logoramento delle particelle grandi è trascurabile;

• la generazione di particelle f ini per attri to è una funzione non lineare

del tempo e dipende dalla percentuale di particelle piccole

agglomerate;

• le particelle f ini sono presenti nel Letto in una delle seguente forme: a)

particelle l ibere in movimento, b) particelle agglomerate o attaccate a

particelle più grandi.

La produzione di particelle f ini all’ interno di un Letto è dovuta

all ’ interazione di diverse cause di sgretolamento: in generale però si può

assumere che la principale sia la forza idrodinamica a cui sono soggette le

particelle all’ interno del Letto.

Le curve sperimentali r icavate hanno una buona rispondenza con gli

andamenti descritti dal modello: da esse appare chiaramente come la velocità

di elutriazione sia molto alta all ’ inizio e tenda a zero dopo un tempo

relativamente breve di funzionamento. Di seguito è riportato i l grafico che dà

l’andamento della massa di al lumina espulsa in funzione del tempo a diverse

velocità del f lusso gassoso.

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Figura 20 Andamento della massa espulsa dal Letto per elutrizione in funzione del tempo di funzionamento del sistema.

Si possono fare delle altre considerazioni sull’elutriazione delle polveri.

Andiamo infatti a considerare una singola particella immersa in un gas che si

trova in condizioni statiche e supponiamo che essa sia sottoposta alla sola

azione della forza di gravità e cioè sia in caduta libera.

Sappiamo che la particella raggiungerà una velocità f inale limite a causa

dell’azione di spinta del gas. Qualora il gas, ipotizzato come presente in un

volume infinito, incominci a muoversi in direzione opposta a quella del moto

della particella raggiungendo i l valore di velocità limite allora si instaurerà

su quest’ultima una condizione di equilibrio stazionario.

1) Se il gas si muove in un tubo alla velocità pari a quella terminale

della particella allora si possono avere varie condizioni:

in condizione di f lusso laminare: la particella può muoversi verso l ’alto o

verso i l basso a seconda della sua posizione radiale dentro il condotto a causa

del profilo parabolico che la velocità del gas assume in condizioni di moto

laminare

2) in condizione di f lusso turbolento: come nel caso precedente la

particella può andare in alto o in basso a seconda della sua

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posizione nel condotto però ad un profilo di velocità medio, che è

possibile valutare, va a sovrapporsi un andamento casuale di

complessa definizione: per questo motivo la posizione del corpo in

moto è meno prevedibile

Se si introducono all ’ interno della corrente di gas un certo numero di

particelle di diversa grandezza allora alcune di esse tenderanno a cadere e

altre risaliranno a seconda della loro dimensione e della posizione all’ interno

del f lusso: questo dimostra come il comportamento delle particelle in un

f lusso di gas sia un processo molto complesso essendo dipendente da

numerosi fattori.

Possiamo notare come il comportamento del particolato all’ interno del

Letto sia influenzato dalle dimensioni dei grani e dalla densità della miscela,

dalle proprietà del gas, dalla sua velocità, dal regime di f lusso, dal profilo di

velocità radiale e dalle f luttuazioni che essi possono avere all ’ interno del

recipiente. Inoltre:

1) i l meccanismo per i l quale le particelle sono espulse dall’azione del gas

fuori dal Letto Fluido dipendono dalle caratteristiche del Letto in

particolare dalla dimensione delle bolle dalla loro velocità superficiale.

2) i l profilo di velocità del gas immediatamente sopra alla superficie del

Letto è distorto dalla rottura delle bolle. Questo fa comprendere il

motivo per cui descrizione dei fenomeni studiati sia affrontata tramite

approcci empirici che, almeno in prima approssimazione, fanno capire

come tali fenomeni evolvano.

Il metodo empirico definisce come particelle grosse quelle la cui velocità

terminale è maggiore della velocità superficiale del gas (UT>U) e particelle

sottoli quelle per cui si ha UT<U.

Si nota che, sebbene in generale le particelle sottil i tendano a risalire e ad

essere espulse dal sistema mentre quelle grosse a rimanere nel Letto, si

possono incontrare comportamenti opposti: le particelle piccole possono

rimanere nel sistema per velocità molte volte maggiori la loro velocità

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terminale e quelle grosse possono uscire. L’altezza dalla superficie del Letto

f ino al l imite della Disengagement zone è nota come altezza di trasporto

libero (Transport Disengagement Height, TDH).

Figura 21 Andamento della densità del letto al variare della distanza dalla base del letto

Sopra alla TDH il f lusso in uscita e la concentrazione delle particelle

restano costanti. Quindi dal punto di vista della progettazione aff inché si

ottenga il massimo beneficio dall’effetto che ha la gravità nella freeboard

zone il gas deve uscire dal contenitore ad una distanza dalla superficie del

Letto maggiore della TDH. Molte correlazioni empiriche sono proposte in

letteratura (Zenz, 1983, Horio 1980) e tra le vari riportiamo quella proposta

da Horio:

Density

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5,047,4 BvsdTDH = (2.41)

(dBvs = diametro del volume equivalente di una bolla).