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perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #36 del 24 febbraio 2016

PRIMO PIANO

1° marzo 2016. IncontroperUnaltracittà: La 'deforma'Franceschini. Morte della tutelae svendita dei grandi museidi Redazione

Piazza Alpi e Hrovatin allePiagge. Soddisfazione per l’okalla proposta di perUnaltracittàdi perUnaltracittà

Il dibattito intorno alle unionicivili: #MoltoPiùDiCirinnà diEnrica Capussotti, studiosa di Storiaculturale e Gender Studies

Invest in Tuscany di AntonioFiorentino, architetto, gruppourbanistica di perUnaltracittà

Firenze e la Fortezza da Basso,assediata dalla miopia dei suoipadroni di Roberto Budini Gattai,urbanista, attivo nei Comitatie in perUnaltracittà

Debiti, banche e bilanci delMaggio Fiorentino: ma qualepareggio? di Silvano Ghisolfi,dipendente e delegato sindacaledel Teatro del maggio

Per una analisi critica del JobsAct di Maria Grazia Campari,avvocata esperta in diritto dellavoro

Processo partecipativo di SanSalvi: è vera democrazia?di Comitato SanSalviChiPuò

Noam Chomsky e la possibilitàcerta della guerra, pubblicato suLa Jornada il 7 febbraio 2016, autoriAgustín Fernández Gabard e RaúlZibechi, traduzione italiana diAntonio Lupo

Rompiamo il silenzio. Fermiamoil massacro del Kurdistan diCoordinamento Toscano per ilKurdistan - CTK Comunità kurda

Per uno Stato che non tortura.Video interventi Passione,Guadagnucci, De Zordodi perUnaltracittà

RUBRICHE

Tutta un'altra musica a cura diFrancesca Breschi "Tutti odiano laguerra, però tutti la fanno" diF.B.

Big Pharma? No grazie a cura diAnnalisa Nardi Troppi rospi?Curiamo lo stomaco con dolcezzadi A.N.

Kil Billy a cura di GilbertoPierazzuoli Tornano glioperai(sti). Diario della crisiinfinita di G.P.

LA CITTÀ INVISIBILEVoci oltre il pensiero unico

Direttore editoriale Ornella De ZordoDirettore responsabile Francesca Conti

La Città invisibile è un periodico on line in cui si dà direttamente spazioalle voci di chi, ancora troppo poco visibile, sta dentro le lotte o esercitaun pensiero critico delle politiche liberiste; che sollecita contributi di chifa crescere analisi e esperienze di lotta; che fa emergere collegamentie relazioni tra i molti presìdi di resistenza sociale; che vuole contribuirealla diffusione di strumenti analitici e critici, presupposto indispensabileper animare reazioni culturali e conflittualità sociali.Perché il futuro è oltre il pensiero unico.Anche a Firenze e in Toscana.

Testata edita dall'associazione perUnaltracittà e registrata pressoil Tribunale di Firenze il 16 dicembre 2015 con il numero 6011.

ISSN: 2498-9517

EDITORIALE SOMMARIO

Cari amici e care amiche,

i minacciosi venti di guerra che finora spazzavanovillaggi e città in Paesi diversi dal nostro si stannoaddensando ora anche su di noi.Non solo il governo italiano ha dichiarato di'fornire un contributo rilevante' alla coalizionemilitare che si prepara a intervenire in Libia.Ora i droni americani partono da Sigonella,mentre tutte le altre basi Nato che ancoragravano sul territorio italiano ci collocano di fattotra i soggetti attivi di un conflitto che sembra,come dice Chomsky nell'articolo che abbiamodeciso di includere nella rivista, “una possibilitàcerta”.Sarà il caso di capire bene le implicazioni diquesto coinvolgimento, svelarne gli interessieconomici che li sorreggono, leggere quanto lespese militari sottraggono risorse a altri settorisocialmente rilevanti.Soprattutto leggere la guerra come un enormebusiness che, al di là della geopolitica, offrepossibilità di rilancio a una crisi di sistema chenon ha altri sbocchi. E non cadere nella trappolatesa dalla retorica nazional-europeista.Augurandoci che un deciso NO alle guerre,a partire da quelle già in atto, venga da molteparti sociali. Pacifisti di lungo corso e non.

Buona lettura e, se condividete, diffondete!

La redazione

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PRIMO PIANO

1° marzo 2016Incontro perUnaltracittà:La 'deforma' Franceschini.Morte della tutela e svenditadei grandi museidi Redazione

Con la cosiddetta 'riforma' Franceschini imanager assunti a gran prezzo sono in realtà prividi qualsiasi autonomia, in quanto tenuti in pugnodal Ministro per le scelte progettuali e soggetti alConsiglio di amministrazione per gli impegni dispesa. Quindi la politica e gli interessi dei grandigruppi economici privati decidono ormai la sortedel nostro patrimonio culturale. In tutto questo latutela è solo un ostacolo da eliminare.Di questo parleremo martedì 1 marzo alle 17.30nell'incontro La 'deforma' Franceschini. Mortedella tutela e svendita dei grandi museiorganizzato dal laboratorio perUnaltracittà alCaffè letterario delle Murate in via dell'Agnolo aFirenze. Dialogheranno con il pubblico FrancaFalletti, storica dell'Arte e Tomaso Montanari,docente di Storia dell'Arte moderna, presentaOrnella De Zordo.

Piazza Alpi e Hrovatin allePiagge. Soddisfazione per l’okalla proposta di perUnaltracittàdi perUnaltracittà

Ci sono voluti sette anni dalla presentazione dellamozione di perUnaltracittà, nel 2009, poiapprovata all’unanimità dal Consiglio comunale,ma finalmente Ilaria Alpi e Miran Hrovatinsaranno degnamente ricordati anche a Firenzegrazie all’intitolazione di una piazza a lorodedicata alle Piagge, nel luogo dove la Comunità

di don Alessandro Santoro è attiva propriodall’anno – il 1994 – in cui i giornalisti Rai furonouccisi per le loro inchieste sul traffico dei rifiutitossici in Somalia. Uccisione la cui responsabilitàè molto probabilmente da ricondurre alledeviazioni della Cooperazione governativaitaliana alleata dei ras criminali somali; larevisione in atto del processo ad Hasci OmarHassan, già condannato a 26 anni, sapràcertamente dirci di più a partire dalla primaudienza stabilita per il 5 aprile prossimo aPerugia.Dal 20 marzo 2016, 22° anniversariodell’attentato, Piazza Ilaria Alpi e Miran Hrovatincaratterizzerà un luogo in cui la ricerca dellaverità e della giustizia viene da sempre promossagrazie a molteplici attività che rappresentano unabussola per chi a Firenze, e non solo, non si fermaalle verità di comodo o imposte dal potere. Bastiricordare, per restare sulle ragioni che hannoportato all’uccisione di Ilaria e Miran, l’impegnodella Comunità delle Piagge per contrastare lacostruzione del nuovo inceneritore, perbonificare i siti inquinati nel quartiere, l’attivismoper la promozione della strategia Rifiuti Zero, perfinire con il progetto di giornalismo dal basso“L’Altracittà – giornale della periferia”, che dal1995 racconta da un punto di vista eccentrico ilquartiere delle Piagge e ciò che accade in città.Di seguito il testo dell’intervento in aula e dellamozione risalente al 2 ottobre 2009

De Zordo: “Firenze intitoli una strada alla memoriadi Ilaria Alpi”Intitolare una strada o una piazza di Firenze allamemoria di Ilaria Alpi. E’ la proposta formulata inuna mozione presentata il 2 ottobre 2009 daOrnella De Zordo. La giornalista italiana fubarbaramente assassinata il 20 marzo 1994 aMogadiscio, in Somalia, in un teatro di guerracivile, mentre era impegnata in qualità di inviataper il servizio pubblico della Rai in un’inchiestagiornalistica.“L’impegno di Ilaria Alpi per far emergere laverità dei fatti e diffonderla ai cittadini – haspiegato la capogruppo di perUnaltracittà –rappresenta al meglio lo spirito della libertà distampa nella società contemporanea. Il rischio di

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un’informazione omologata, fatta soltanto permezzo di veline e comunicati stampa, è semprepiù vivo, così com’è vivo il rischio di unimbavagliamento sempre più diffuso deigiornalisti. Intitolando una strada o una piazzaalla memoria di Ilaria Alpi, Firenze può compiereun gesto simbolico importante a difesa dellalibertà di informazione”.“Il coraggio con cui Ilaria Alpi ha interpretato lasua professione – ha proseguito De Zordo – deveessere oggi un modello di riferimento per igiovani giornalisti e per la pluralitàdell’informazione. Ilaria metteva al centro dellesue inchieste lo sfruttamento delle popolazionidel Sud del mondo, il consumo incontrollato dellerisorse, la guerra e gli interessi economici ad essalegata. Un impegno fondamentale perl’affermazione della verità, al servizio del sapere edelle culture tutte”.“In realtà – ha concluso De Zordo – si trattadell’affermazione degli stessi principi sanciti dallaCostituzione italiana e dall’Unione Europea. Non acaso il Presidente della Repubblica GiorgioNapolitano ha attribuito ad Ilaria Alpi la Medagliad’Oro al Merito Civile alla memoria. Altririconoscimenti sono stati riconosciuti, tra glialtri, dal Presidente della Camera Gianfranco Finie dalla Regione Toscana. Firenze stessa ha piùvolte già riconosciuto il valore del lavoro svoltodalla giornalista, mentre molte città italiane lehanno già dedicato vie o piazze”.

Il testo della mozione presentata da perUn-altracittà: Intitolazione di una strada o di unapiazza alla giornalista Ilaria AlpiIl Consiglio ComunaleVisto il profilo umano, culturale e professionale diIlaria Alpi, giornalista RAI barbaramenteassassinata il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, inSomalia, in un teatro di guerra civile, mentre eraimpegnata in qualità di inviata un’inchiestagiornalistica per la RAI – Radio TelevisioneItaliana;Considerato l’impegno di Ilaria Alpi per la libertàdi stampa e la libertà di accesso all’informazione,temi chiave per le democrazie moderne, sancitidall’articolo 21 della Costituzione Italiana e dasempre valorizzati e sostenuti dall’ammi-

nistrazione fiorentina;Considerata l’attualità del lavoro giornalistico diIlaria Alpi, che già negli anni Novanta del secoloscorso metteva al centro delle sue inchieste losfruttamento delle popolazioni del Sud delmondo, il consumo incontrollato delle risorse, laguerra e gli interessi economici ad essa legata;preso atto dell’amore mostrato da Ilaria Alpi per ilsapere e per le culture tutte, disponibilità allacomprensione degli altri, ricerca della verità,onestà intellettuale, perseveranza nell’impegno;Considerato che in generale la missione della RAI,il servizio pubblico generale radiotelevisivo e, inparticolare, il lavoro di Ilaria Alpi per la RAI, trovafondamento nei principi posti dalla Costituzioneitaliana e dall’Unione europea con la Direttiva TVsenza frontiere del 1989 e successive modifiche, edal IX Protocollo sulla televisione pubblicaallegato al Trattato di Amsterdam del 1993;Considerato che il 10 ottobre 2008 il Presidentedella Repubblica Giorgio Napolitano ha attribuitola Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria diIlaria Alpi per aver onorato la professionegiornalistica ringraziando “Coloro che con il lorocontributo confermano la missione delgiornalismo come presidio essenziale di libertà,verità e democrazia”;Considerato che il 21 giugno del 2009 il Presidentedella Camera Gianfranco Fini ha così definito illavoro della giornalista: “Ilaria Alpi hainterpretato il suo ruolo di giornalista come unamissione, al servizio di un’informazionescrupolosa, lontana dalle scorciatoie delle notiziefacili o manipolatrici della realtà.”Preso atto che il 30 marzo 2009 il Presidente delConsiglio della Regione Toscana ha insignito dellaMedaglia d’argento alla memoria Luciana Alpi,madre di Ilaria, “Quale segno di riconoscimentoalla giornalista coraggiosa, morta tragicamentenello svolgimento del proprio lavoro”.Considerato che Ilaria Alpi ha svolto il mestiere digiornalista con impegno e senso etico noncomune, praticando la professione con modalitàche vanno promosse e valorizzate soprattutto neiconfronti dei giovani;Considerato che per “Rimuovere gli ostacoli diordine economico e sociale, che, limitando di fattola libertà e l’eguaglianza dei cittadini,

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impediscono il pieno sviluppo della personaumana e l’effettiva partecipazione di tutti ilavoratori all’organizzazione politica, economicae sociale del Paese” (art.3 della Costituzione), ènecessario sostenere un’informazione capace diguardare in profondità e riflettere sugli eventi,capace di raccontare sempre e comunque ognipossibile verità;Considerato che il Regolamento della topono-mastica è stato modificato con delibera n. 93 del27/10/2008 per riequilibrare la presenza dei nomifemminili, dopo che dei 200 nomi proposti solo 10erano di donne;Considerato che Ilaria Alpi figura già nell’elencodi 20 nomi di donne che hanno avuto ruoliimportanti nella società del loro tempopresentato nel marzo 2009 alla CommissioneToponomastica perché siano loro intitolate stradeo piazze di Firenze;Considerato che il Comune di Firenze haorganizzato negli anni momenti di ricordo dellafigura di Ilaria Alpi;Considerato che in molte città italiane sono stateintestate strade e scuole; sono stati organizzatipremi di giornalismo e scoperte targhe allamemoria, in particolare a Roma, Milano, Bologna,Napoli, Torino, Udine, Parma, Brescia, Padova,Livorno, Pescara, Mantova, Alghero, Sassari,Lecce, Iesi, Messina, Siracusa, e anche all’esterodove l’ospedale di Batanga, in Cambogia èintitolato a Ilaria Alpi.Invita il sindacoa predisporre tutti gli adempimenti necessari perl’intitolazione di una strada o di una piazza allagiornalista Ilaria Alpi.Ornella De Zordo

Il dibattito intorno alle unionicivili: #MoltoPiùDiCirinnàdi Enrica Capussotti

studiosa di Storia culturale e Gender Studies

Per fortuna si dibatte intorno al disegno di leggeper i diritti civili per le persone dello stesso sesso,la cosiddetta Cirinnà. Una discussione è prova divitalità e di intelligenze all'opera, o almeno cosìdovrebbe essere. Onorevoli studiosi hannosostenuto l'esistenza di una sfera pubblica ingrado di affrontare le grandi tematiche diinteresse collettivo come precondizione per lacostruzione di una democrazia liberale.Forse Habermas cambierà idea dopo aver assistitoal livello del dibattito nel parlamento italiano enei mezzi di comunicazione mainstream. Ma inostri rappresentanti democraticamente elettisono solo una voce, purtroppo quella megliopagata e più amplificata, all'interno di unadiscussione articolata che in alcuni sui aspettivorremmo rilanciare.Mentre scriviamo l'approvazione del disegno dilegge è in forse, ma il dibattito che ha comunquesuscitato resterà, nel bene e nel male. Tutte leassociazioni lgbtq hanno sottolineato che laproposta Cirinnà è una mediazione al ribassodopo che nel luglio 2015 la Corte europea deidiritti dell'uomo ha chiesto all'Italia di adottareuna disciplina legislativa sulle unioni civili trapersone dello stesso sesso. Per non far riferimentoal matrimonio, icona cattolica inviolabile, illegislatore si è inventato l'unione civileomosessuale come "specifica formazione sociale".Ma il ddl Cirinnà si rivolge anche alle coppieeterosessuali non sposate, e a loro va ancorapeggio, forse punite per aver 'deviato' dal lorodestino: firmeranno un patto di convivenza chedal punto di vista dei diritti è ancora più debole diquello omosessuale e prevede comunque ilpassaggio dal notaio per la comunione dei beni. Ilsilenzio che ha avvolto questo aspetto della leggeinvita a interrogarci.Non è che, come si chiedeva Ida Dominijannialcuni anni fa ai tempi dei 'bindiani' Dico, sono lecoppie eterosessuali non sposate a incutere piùtimore in qualità di devianti interni di un ordine

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che si pretende naturale? La domanda èovviamente provocatoria, ma bisognerebbeinterrogarsi su come la battaglia per ilmatrimonio egalitario delle coppie gay frammentiun fronte molto più ampio e che potrebbe forselottare per includere nei diritti una molteplicitàdi modelli sociali oggi ignorati.Torniamo ora alla coppia omosessuale come'specifica formazione sociale': una sorta diaggregato di serie b che è stato criticato, adesempio, dell'associazione Famiglie Arcobaleno,che chiede invece il matrimonio egalitario comeforma unica e reale di estensione dei diritti. Sel'obiettivo è non discriminare, è necessario chetutte le coppie siano formalmente uguali,condizione che il nostro ordinamento assicurasolo a quelle sposate.È però giusto essere realisti, e quindi la Cirinnà(se mai verrà approvata) è meglio di nulla, inquanto almeno estende alle coppie formalmentericonosciute i diritti legati alla proprietà, allasuccessione, alla pensione di reversibilità, aldiritto alla cura. Come sottolinea FedericoZappino in un'intervista su The Bottom Up delgennaio 2016, questo strumento legislativo èsoprattutto benvenuto per le persone glbtq piùpovere, che non possono permettersi il notaio perregolare le questioni patrimoniali. Punto di vista'di classe' ignorato dai più, assente dal dibattitopolitico e dai mezzi di informazione, e purtroppoanche da buona parte del movimento glbtq.Alcuni collettivi come Favolosa coalizione e Labschieramenti di Bologna, Ambrosia di Milanopongono sul tavolo della discussione un nodocruciale: uscire da un sistema materiale eimmateriale che riesce a pensare solo in terminidi coppia e di rapporti duali. Il movimentotransfemminista e queer sfida a immaginare e apraticare diritti che siano slegati dalla coppia,legati alle individualità e a forme di affettività,convivenza, amicalità, sostegno reciproco che lacoppia eccedono.Punti di vista che includono nella propria visionepolitica anche il diritto al reddito, alla casa, alwelfare, in assenza dei quali è difficile pensare aforme di affettività, di sessualità, di famiglia, digenitorialità che siano libere e autodeterminate.(continua nel prossimo numero)

Invest in Tuscanydi Antonio Fiorentino

architetto, gruppo urbanistica di perUnaltracittà

La notizia della svendita di parte del patrimoniopubblico della Regione Toscana, annunciata dalpresidente Enrico Rossi nei giorni scorsi, non ci hacolti di sorpresa. Ormai conosciamo le pratichedel centro sinistra, PD in testa: privatizzare,svendere, controllare il sottogoverno sociale,impedire che i cittadini possano esprimersiattraverso le forme istituzionali loro riconosciute,come nel caso del recente truffaldinoannullamento del referendum sulla Sanità regio-nale.Con ostentata indifferenza la Giunta, nellasperanza di rimpolpare le casse regionali e dicontinuare a coprire le proprie incertezzeamministrative, vedi, per esempio, il graveammanco dell'ASL di Massa di 400 milioni,vorrebbe sbarazzarsi di un ingente e preziosopatrimonio storico architettonico del valore dicirca 650 milioni. Sono decine e decine diimmobili di proprietà della Regione e delle ASL.Accanto a un patrimonio minore, che comunquepotrebbe essere riutilizzato socialmente coninteressanti forme di autorecupero eautocostruzione, troviamo complessi architet-tonici di indiscutibile valore monumentale epaesaggistico.La Regione, in perfetto stile managerial-immobiliare, ha anche messo a punto una mappainterattiva del patrimonio pubblico in vendita.Invitiamo a consultarla per rendersi conto dellaconsistenza e della qualità dei beni messi adisposizione del mercato speculativo. Firenzepotrebbe perdere alcuni suoi gioielli tra i qualiVilla Fabbricotti con annesso parco sulla collina diMontughi, parte del Parco di San Salvi, l'exospedale Meyer, Palazzo Bastogi a due passi daPiazza Duomo, le Poste Nuove di Michelucci, VillaLa Quiete, vera e propria Villa Medicea sullesuggestive colline di Careggi, nonché gli exospedali di Fiesole e gli ex sanatori sulle colline diMonte Morello.Pistoia, neo Capitale della cultura 2017, potrebberimetterci l'ex Ospedale del Ceppo, vanto dellacultura storico architettonica della città. In

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pericolo è anche l'ex Ospedale psichiatrico delleVille Sbertoli. Qui si apre un caso interessante,emblematico dei rapporti tra Regione e comunitàlocali. Il Regolamento Urbanistico pistoiese,facendo proprie le conclusioni del percorsopartecipativo, ha destinato l'area a funzionipubbliche escludendo esplicitamente alberghi eresidenze speculative.Cosa pretende Rossi quando afferma che"intendiamo discutere con i Comuni delladestinazione d'uso degli immobili"? Imporrà isuoi diktat alle comunità locali? Le ammini-strazioni comunali e gli abitanti dei luoghicoinvolti saranno in grado di impedire lo scippodel patrimonio collettivo? Questa è una partitache si giocherà nei prossimi mesi e che potràverificare la tenuta delle autonomie locali.Un'operazione analoga coinvolgerà Lucca per laquale è prevista la svendita dell'ex Ospedale delCampo di Marte e dell'ex Ospedale psichiatrico diMaggiano, sì, proprio quello delle "Libere donnedi Magliano" di Mario Tobino, attuale sede dellaFondazione intitolata allo scrittore.La fallimentare esperienza della costruzione deiquattro nuovi ospedali regionali ha liberatoquindi le vecchie sedi che, prontamente, sonostate poste in vendita per tentare di ripianare iconti in rosso del project financing ospedaliero.Accade anche a Massa, a Prato, ed anche aGrosseto, a Pisa e ad Arezzo, dove è stato messo invendita anche l'ex Ospedale psichiatrico, quello incui Petrella e Basaglia hanno dato vita ainteressanti forme di innovazione scientifica esociale. La svendita degli ex Ospedali psichiatricitoscani è anche segno di una incapacitàprogrammatica assai grave.L'elenco potrebbe continuare ancora, ci fermiamoper non irritare ulteriormente il lettore. Forsenon è ancora chiara la portata dei provvedimentidella Giunta Regionale, cui si affiancano anche lealienazioni delle Province e dei Comuni: stannodisarticolando la tenuta del territorio coninterventi che da un lato banalizzano e fagocitanola storia collettiva che in questi luoghi si èsedimentata e, dall'altro, ne allontanano leprospettive di riqualificazione urbana.Ancora una volta questa politica non si smentisce:rinuncia al proprio ruolo di custode dei "beni

comuni" e, cinicamente, dilapida un riccopatrimonio collettivo, testimonianza dellapaziente e profonda trama di relazioni dellecomunità locali.L'alienazione di questi beni è quindiun'operazione di distruzione di questa ricchezzaterritoriale e di ulteriore diffusione di degradoambientale e sociale. Parafrasando le dichia-razioni di Rossi, possiamo affermare che è nostraintenzione quindi "procedere ad una chiamataper verificare se c'è interesse" a difendere"l'ampio patrimonio immobiliare" mal utilizzatodi cui disponiamo, ed auspichiamo che ad ogniimmobile corrisponda un gruppo, unaassociazione, un centro sociale, un comitato dicittadini in grado di contrastare questi progetti edi affermare un percorso politico centrato sulbene comune. Non possiamo non sollecitarel'intervento della Rete Toscana dei Comitati, dellaSocietà dei Territorialisti, delle Università, adifesa della integrità del patrimonio regionale.L'auspicio è che la mappa della speculazione, cosìcome proposta da Rossi & C., possa ben prestodiventare la mappa della riappropriazione e dellacura dei territori in cui le comunità sonoinsediate. Questa rivista darà il suo contributo.

Firenze e la Fortezza da Basso,assediata dalla miopia dei suoipadronidi Roberto Budini Gattai

urbanista, attivo nei Comitati e in perUnaltracittà

Fra i temi urbanistici della cronaca fiorentina vene sono alcuni di cui spesso, malgrado la rilevanzacittadina, ci sfugge sia l'origine sia la ratio perchètutte interne alle decisioni degli Enti pubblici chene sono titolari e amministratori. Temi e soggettimai presentati in pubblico nemmeno per unaformale consultazione popolare.La Fortezza è uno di questi.Proviamo a ricostruire qualche passaggio. Neltitolo di un articolo uscito su "Repubblica" il 3febbraio 2012, leggevamo «Fortezza, padiglioni inscadenza. Corsa suspence per salvare Pitti». Si

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veniva a sapere che esisteva un progetto contanto di rendering pubblicato nel quotidiano, cheavrebbe sostituito ai padiglioni da demolire(perché incongrui e non autorizzati), spaziespositivi sotterranei, ricoperti da un giardinopensile «lungo oltre un chilometro a disposizionedella città, oltre a tre grandi piazze al posto deipadiglioni abbattuti e l'auditorium multiuso da4.000 posti sotto il vascone».Anche se in pillole, comparivano tutti gliingredienti della più ordinaria postmodernitàarchitettonica: il gigantismo, la banalità pop (le"piazze"sempre evocate quando si è a corto diidee), l'euforia di maniera per il supertecno,culminante nel fondo di vetro della vasca dei cigni(da distruggere e ricostruire (?) insieme al suopossente getto d'acqua che fa da fondale a viaLorenzo il Magnifico e il bellissimo giardinoottocentesco a doppia cortina arborea, che il PSha definito «verde esistente dove risultanopresenti alberature isolate»!), che farebbe dalucernario all'auditorium sottostante.Questo Piano di Recupero di iniziativa pubblicadeciso nel 2010, era nato in seguito ai rilieviinsormontabili della Soprintendenza verso il"progetto unitario" a firma del prof. arch.Gurrieri approvato nel 2007 che prevedeva troppinuovi padiglioni nelle aree libere del monumentocinquecentesco.Nel frattempo la pratica era anche inciampatanelle more di una collegata Variante al PianoRegolatore Generale trascinatasi fin nel PianoStrutturale (2011) insieme alla normativa sullaVAS (valutazione ambientale strategica, 2011).Anche questa volta la Soprintendenza nonmancava, con garbo fin troppo diplomatico, dirilevare che le modifiche proposte dalla Variante«possono rappresentare potenziali forme dirischio» per il patrimonio culturale riferendosi alpadiglione del vascone (dei cigni).Mentre viene ridefinita la titolarità tra Regione,Provincia, Comuni e Camera di Commercio, siaffida un nuovo incarico interno agli ufficicomunali coordinati dall'arch. Pittalis, giàcoautore del progetto di recupero delle Murate,per la rielaborazione del Piano di Recupero. Pianoche è stato approvato nel dicembre 2015 dallaGiunta e attualmente all'esame della

Commissione Urbanistica in vista della prossimaadozione da parte del Consiglio Comunale.Gli obbiettivi e sopratutto le soluzioni vengonoridimensionate. Si parla di un uso culturale piùampio allargato ai grandi eventi cittadini (forsetributo nostalgico al Social Forum del 2003, che sisvolse qui in un raro momento di grandepartecipazione popolare), mentre sembra ridursiil peso del Polo Fieristico che si converte in PoloEspositivo e Congressuale da integrare con ilPalazzo dei Congressi e degli Affari che stanno nelgiardino di villa Contini di fronte al Mastioall'entrata principale della Fortezza. Unobbiettivo che è più in linea con la ripuliturafunzionale innescata dal processo di consegna allusso e di gentrificazione della città storica per ilnuovo brand fiorentino così caro al Sindaco eall'Assessore che ha firmato il RegolamentoUrbanistico.Questo Piano di Recupero, sostenuto fortementedalla Camera di Commercio, se appare piùsensibile al valore storico-architettonico delluogo, deve tuttavia rispondere all'eccedenterichiesta di spazio della committenza. Così se daun lato trasferisce gli 8.000 mq dell'auditoriumgià sotto al vascone, in un edificio parzialmenteinterrato da costruirsi nel piazzale di fronte allaboratorio delle Pietre Dure (che fortunatamenterimane), dall'altro lato compensa e aumenta lesuperfici dei padiglioni da demolire (ex vincolo DL42/2004, CBCP) con padiglioni addossati al muroperimetrale occupando ben tre bastioni. Anche sedotati di una ingannevole copertura verdepercorribile che allude a un antico terrapieno (fig.3), i disegni esemplificativi ne rivelano la realeinvadenza, il disturbo e la pesante detrazionespaziale di quello che sarebbe con la Fortezza"ripulita", come rappresentata nella fig. 2.Non senza qualche retropensiero notiamo chenessuna costruzione è prevista lungo la muragliae nel bastione di sud-ovest, quello verso laStazione di SMN, destinato al maggior rischio dicedimento dallo scavo curvilineo dei due tunnelsdella linea TAV.La prima domanda che viene in mente è: perchéuno spazio definito da un circuito murario cosìimportante cui l'arrivo della ferrovia avevaconferito un deciso valore territoriale e che la

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realizzazione dei viali aveva brillantementetrasferito nel novero dei luoghi rappresentativi aponte tra la città antica e la nuova, vieneappesantito da volumi che malgrado gli artificiprogettuali sottraggono al godimento quellagenerosa spazialità interna? La compressionedello spazio generata dai troppi volumi trascinacon sé inevitabilmente il monouso, tuttomercantile, degli edifici e degli spazi liberi cheverranno sottratti completamente all'usopubblico.La seconda domanda: si sono accorti gliAmministratori responsabili (si fa per dire) dellapianificazione e committenti del progetto, cheintorno alla Fortezza c'è una parte di città con lamaggiore concentrazione di edifici dismessi digrande dimensione che da anni sono in attesa diriutilizzazione? Li elenchiamo in ordine diprossimità alla Fortezza.- La Dogana, di via Valfonda (proprietà Demanio),posta tra il bastione sud-ovest della Fortezza e laStazione Centrale, a fianco del Palazzo deiCongressi, in perfetto stato di conservazione, conil solo vincolo di facciata; già destinata «F2»(attrezzature pubbliche), di mq 7.817 quasiequivalenti a quelli del progetto dell'auditorium.Dotata di due grandi strategici piazzali interni eaffaccio interno alla Stazione.- Gli edifici ferroviari (ex officine) del Romito,distanti 450 metri dal bastione nord-ovest e 320dalla stazione di Statuto; 132.480 mq di superficieequivalenti a un intero quartiere fieristico dimedie dimensioni, mentre la Fortezza è, e rimane,di piccole dimensioni. Da notare che anche ilPiano di Recupero ipotizza una passarella dicollegamento con i binari.- La Centrale termica delle F.S. progettata daAngelo Mazzoni, posta di fronte alla Fortezza, sullato opposto del fascio ferroviario, raggiungibilecon un sottopassaggio di soli 70 m. Oggiinutilizzata è uno degli edifici più rilevanti, con laStazione di Santa Maria Novella, del novecentoitaliano.- La ex Stazione Leopolda e due storici capannonidelle ex Officine ferroviarie di Porta al Prato, lacui distanza dalla Fortezza può essere coperta dalprolungamento di 500 m della linea tramviarianella naturale direzione di Firenze est.

- Non trascurabile la Scuola allievi sottufficiali deiCarabinieri che si trasferirà, liberando ben 14.772mq di un edificio storico in piazza della Stazione,distante 400 metri dal polo congressuale e 650dalla Fortezza.- La Manifattura Tabacchi di piazza Puccini, postalungo la stessa linea ex Leopolda, futura linea 4della tramvia, con un proprio spazio di fermatabaricentrica rispetto al complesso edilizio. Inbuono stato di conservazione, di rilevante qualitàarchitettonica e con ampi spazi di manovra. Con isuoi 120.000 mq potrebbe offrire una integrazioneespositiva insieme ad altre attività di interessepubblico legate alla sua doppia appartenenza"metropolitana," che il Piano Strutturale non hasaputo né voluto riconoscere.Alla scontata critica che già ci sentiamo fare circale capacità finanziarie per questa riarticolazionespaziale del polo Fieristico-espositivo, opponiamosubito due argomenti. Il primo è che il non pocodenaro pubblico che si propone di impiegare nellacostipazione della Fortezza, al di là di unadiscutibile razionalità, sarebbe impiegato assaimeglio nel recupero e riarticolazione di edifici efunzioni in uno spazio cittadino più ampio capacedi moltiplicare gli effetti qualitativi di funzionipregiate. Il secondo, per quanto difficile, è che simetterebbe in moto la cooperazione di più realtàeconomiche con più capacità di spesa. Terzo, ildato negativo che deriva dalla scombinata oassente pianificazione della mobilità fiorentina(vedi l'articolo di Alberto Ziparo nello scorso nu-mero) che proprio alla Fortezza sta creandodifficoltà destinate a diventare permanenti.Si ricordino gli amministratori che il loro modo diaffrontare il governo della città caso per caso, persingoli oggetti senza relazioni né con lo spazio urbanoné con la molteplicità dei soggetti sociali che non sianole compagnie finanziarie, trasforma l'Amministrazionepubblica in un opaco CdA di una qualsiasi Spa dovecontano solo gli affari e la "competizione" peraggiudicarsi la classifica nelle riviste patinate magariin lingua americana. Forse qualcuno, anzi molti,potrebbero accorgersi del disastro urbanistico, dellaperdita di Patrimonio collettivo sperperato applicandola dottrina integralista della "Valorizzazione" (nelRegolamento Urbanistico, leggi vendita) e le cosepotrebbero cominciare a cambiare. In meglio.

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Debiti, banche e bilancidel Maggio Fiorentino:ma quale pareggio?di Silvano Ghisolfi

dipendente e delegato sindacale del Teatro del maggio

Cerchiamo di capire qualcosa sui "numeri" delTeatro del Maggio Fiorentino, a partire dallacomunicazione del Sindaco Nardella al ConsiglioComunale del 15 febbraio, ché altro purtroppo,nonostante le reiterate richieste da più partisollevate, non abbiamo. Se non si è capito male, ilpareggio di bilancio nel 2015 e nel 2016 (ammessoche le cifre annunciate siano quelleeffettivamente approvate dal Consigliod'Indirizzo della Fondazione entro il prossimomese come prescritto dalla legge) è reso possibileda tre operazioni.La prima riguarda i risparmi sul costo delpersonale: una cinquantina di lavoratori"trasferiti" in Ales (società "in house" delMinistero dei Beni Culturali, che saranno quindipagati con risorse "pubbliche"), una dozzinapensionati forzatamente e anticipatamente (con ildanno ulteriore alla beffa di non sapere quandopotranno effettivamente percepire la miserapensione maturata), un'altra dozzina(MaggioDanza, che con questa manovra tombale èstato definitivamente chiuso) "dispersa" conl'autolicenziamento incentivato. Aggiungi ladecurtazione dei salari e l'incremento dellaflessibilità produttiva operata con le variemanovre eseguite negli ultimi anni e il quadro quiè chiaro ed evidente (per chi lo vuol vedere).La seconda riguarda la ripatrimonializzazionedella Fondazione: una quarantina di milioni perl'uso (ancora non mi pare sia stato definito perquanto tempo) di parte del Nuovo Teatro OperaFirenze, e del vecchio Goldoni. Uso non esclusivo -come previsto invece dalla legge - nel caso diOpera Firenze in quanto la convenzione stipulatacon il Comune ne limita spazi fisici e temporali.Tale cifra è quindi decisamente aleatoria evirtuale, nella migliore delle ipotesi, dal momentoche i costi per la gestione di tali strutture oltre adessere il triplo almeno di quelli precedenti sonostati interamente accollati alla Fondazione. Del

futuro dei locali per i laboratori scenografici e imagazzini, che pure dovrebbero essere garantitiper legge dal Comune in cui risiede la Fondazione,non è dato sapere.La terza riguarda lo stralcio dei debiti con artisti,fornitori e banche. Per i primi due è presto detto:o si sono accontentati di ricevere, dopo anni diattesa, la metà del dovuto o dovranno adire a vielegali e non prestare più la loro opera per laFondazione. Da questa virtuosa manovra (ladifferenza con i fondi arrivati dalla BrayFranceschini che avrebbero dovuto appuntosanare i debiti pregressi) è scaturito parte deltesoretto con cui si tira avanti.Per quanto concerne l'altro creditore, il discorsosi fa più complesso: Il Sindaco ha dichiarato chel'ottanta per cento del debito (16 milioni) è statostralciato con un accordo stipulato con le banchealla fine di dicembre e che tale cifra vienesuddivisa nei due bilanci '15 e '16 , garantendo inquesto modo il pareggio. Lo stesso exsupercommissario Pinelli ha stigmatizzato ieri inSenato tale artificio contabile, ma non mi sembraquesta l'unica considerazione da fare. Se lebanche creditrici (penso si tratti essenzialmentedi Cassa di Risparmio-Intesa San Paolo, e in partedi Carige, UniCredit, Banca del Chianti, Monte deiPaschi (sto citando solo nomi di banche con cui laFondazione ha operato negli anni) hannosottoscritto un accordo così oneroso per loro, icasi a mio avviso possono essere solo due: o lecifre dovute erano passibili di anatocismo(interessi accumulati su interessi oltre quelli"legalmente" possibili) o i milioni in questionesono di fatto diventati "spazzatura" e in questocaso non si tratta di titoli che vengono da chissàquali meandri della finanza internazionale, ma daanticipazioni di qualche mese su fondi che Stato oEnti locali avrebbero poi corrisposto allaFondazione. Denaro quindi che avrebbe dovuto epotuto essere sicuramente e facilmenterecuperato.Se ciò non è appunto avvenuto, siamo di fronte adun altro esempio nefasto della gestione del nostrosistema bancario in relazione al finanziamento difondazioni o imprese, pubbliche o private chesiano. Le conseguenze e i danni che provocanoqueste operazioni sono in questi giorni sotto gli

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occhi di tutti, sempre per chi le voglia vedere.Quanto a far tornare i conti con le operazioni quicitate, il merito è solo dei dipendenti e deicontribuenti.

Per una analisi criticadel Jobs Actdi Maria Grazia Campari

avvocata esperta in diritto del lavoro

Il complesso normativo detto Jobs Act è ancheformalmente di lettura faticosa, talvolta penosa, acausa dei molti maxi articoli che coesistono connumerosi rinvii a testi normativi precedenti: undispendio di Gazzette Ufficiali che non arrivanoneppure a formulare un testo unico di diritto dellavoro.Nel merito, esso porta a conclusione il pianocontro riformatore, nemico del lavorodemocratico su quasi tutti gli aspetti del rapporto;mi limiterò quindi all'esame delle questioni chemi paiono più rilevanti. Precisamente, la qualità ela durata del contratto a forma "comune", laquantità e qualità dei contratti a forma diversa daquella "comune", la quantità della retribuzione.Il contratto "comune" a tempo indeterminatoL'intento dichiarato sarebbe quello di introdurrecome contratto di lavoro normalmente in usoquello a tempo indeterminato a "tutelecrescenti". In realtà, questa legge porta acompimento l'opera di distruzione iniziata conlegge 28.6.2012 n. 92 (c.d. riforma Fornero) chepone come asse portante della costruzione ilmercato e svuota di diritti il lavoro. Lo strumentoè l'indebolimento, prima, l'annullamento, ora, peri nuovi assunti e progressivamente per tutti, dellatutela dell'art. 18 Statuto dei Lavoratori, con laconseguenza di facilitare il ricorso impunito alicenziamenti individuali ingiustificati e arbitrariperché privi di giusta causa o giustificato motivo.  La privazione della tutela reale consistente nellareintegrazione giudiziale nel posto di lavoro èsostituita dal solo obbligo di corresponsione diuna esigua mercede: da 4 a 24 mensilitàcommisurate alla anzianità di servizio; minimi e

massimi sono fissi e prescindono dall'entità deldanno subito dal lavoratore in seguito al recessopadronale.La legge rende possibile il licenziamento permotivi inesistenti o futili poiché impediscel'indagine giudiziaria sulla proporzionalità fracomportamento sanzionato ed entità dellasanzione massima, cioè il licenziamentodisciplinare. I soli casi di reintegrazioneriguardano i licenziamenti orali, discriminatori,nulli per i quali risulta evidente la difficoltà difornire prova certa in giudizio. Non è difficileprevedere l'uso dello strumento espulsivo neiconfronti di lavoratori ritenuti poco produttiviperché malati, infortunati (magari per nocivitàambientale), assenti per motivi di cura famigliare,attivi sindacalmente.La riflessione che si faceva a proposito dellacontroriforma Fornero - rimosso l'architravedella stabilità reale nel posto di lavoro, ogni altrodiritto nel rapporto verrà meno perché pertimore non sarà rivendicato - viene superata dallanovella renziana che provvede a togliere ognitentazione di audacia eliminando del tutto idiritti. Infatti, è consentito il demansionamentounilaterale del dipendente (prima fulminato dinullità dall'art. 13 Statuto dei Lavoratori) pergenerici motivi di riorganizzazione addottidall'imprenditore, con grave incidenza negativasulla professionalità e sulla dignità stessa dellaprestazione.E' la futilità del pretesto unilaterale oggi consentitoche inquieta, poiché casi seri come la sopravvenutainidoneità al lavoro, la gravidanza e il puerperio giàprevedevano la possibilità di consensualeassegnazione di mansioni inferiori in alternativa allicenziamento. L'inquietudine trae origine dallaviolazione palese dell'art. 35 della Costituzione làdove prevede l'obbligo di formazione e dielevazione professionale del lavoratore. Altromotivo di deterioramento qualitativo èl'introduzione della video sorveglianza tramitedispositivi elettronici che sottopongono illavoratore a monitoraggio costante durante laprestazione lavorativa e anche oltre, in tal modoannullando la norma di civiltà espressa nel divietodell'art. 4 Statuto dei Lavoratori.(continua nel prossimo numero)

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Processo partecipativodi San Salvi: è vera democrazia?di Comitato SanSalviChiPuò

"L'oasi verde di San Salvi deve essere restituita aFirenze, rimanendo interamente pubblica; i suoistorici edifici, riattati, devono ospitare molteplicifunzioni a vantaggio della cittadinanza eintegrarsi con la città; il traffico internodev'essere limitato ai mezzi necessari ecompatibile con la fruizione del parco" queste inestrema sintesi le proposte che da più di undecennio porta avanti il  "Comitato  San  Salvi  chipuò", sostenendole con numerose formed'intervento e di lotta condivisa con gli abitantidel quartiere e non solo.Qualche tempo fa si è costituito nel quartiere 2anche il Coordinamento "Salvare  San  Salvi" cheha chiesto e ottenuto dalla Regione lo svolgersi diun  Processo Partecipativo  (P.P.),  previstodalla  legge regionale n.69  del 2007, con relativofinanziamento di  15 mila euro, per coinvolgere icittadini nella formulazione di proposte sulladestinazione dell'area.Nel bel mezzo di questo lavoro cui i cittadinidedicano il loro sforzo e tempo nel definire unprogetto articolato di recupero del complessomonumentale e del parco,  gli edificidi San Salvi continuano ad essere tutt'oggi inclusinel  piano di vendite della Regione,  piano  cherappresenta una  <u>sistematica spogliazione delpatrimonio pubblico</u>  a favore di lobbyeconomiche, e che viene realizzato  in conformitàal  PUE  del 2007, sul quale  da tempo sembravacalato il silenzio della Regione stessa.Dunque mentre la Regione approva e finanziail  Processo non   esiste alcun impegno da partedella stessa  per  riqualificare  San  Salvi  con gliopportuni investimenti e con un progettocostruito con il fattivo concorso dei cittadini, masolo la volontà di alienare ai privati unaconsistente parte dell'ex manicomio, a prezzi disvendita per di più, visto che dal 2007 non si sonopresentati acquirenti.Questa è la prova che essa intende  ignorare apriori  le eventuali conclusioni del ProcessoPartecipativo che possono intralciare la

deliberazione a vendere e che attestino lacontrarietà dei cittadini a smembrare  San  Salvi,nella consapevolezza che tale fattocomprometterebbe irreversibilmente lavocazione collettiva dell'area così come l'integritàe la piena fruizione pubblica del parco. epregiudicando, in tal modo, qualunque progettoalternativo ispirato a valori di alta qualità socialee ambientale confacente alla diffusa esigenza diun nuovo modello di convivenza civile e urbana.Sembrano così confermati i sofferti dubbi che ilnostro Comitato ha sempre avuto in meritoalla  legge Toscana sulla partecipazione, che perquanto utile a sviluppare dibattiti pubbliciinformati e a formulare valutazioni condivise,non sembra adeguata a rispondere alle pressantiesigenze poste dai comitati e dai cittadini indifesa del patrimonio pubblico e dei beni comuni.E questo per due ragioni: la prima, perché essaimbriglia e controlla la partecipazione con normee tecniche procedurali che ne limitano, a nostroavviso, la fertilità critica e il respiroprogettuale;  la seconda e fondamentale, perchécome stabilito chiaramente dall'art.12,  l'ultimaparola nel merito spetta comunque alla Regione,la quale è tenuta solamente a motivarel'accettazione o meno delle proposte uscite dalProcesso Partecipativo.Come già in precedenti casi è stato osservato daalcuni analisti, si tratta di "partecipazionepilotata e assistita dall'alto" che non sposta di unavirgola i rapporti di potere con le istituzioni, chepuò condurre ad esiti molto parziali rispetto aquanto viene formulato e richiesto  nel processomedesimo  e che rischia anche di allontanare icittadini da forme di vertenza organizzata piùadeguate sul piano conflittuale, quindi più libere epoliticamente autonome.

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Noam Chomsky e la possibilitàcerta della guerraPubblicato su La Jornada il 7 febbraio 2016, autori Agustín

Fernández Gabard e Raúl Zibechi, traduzione italiana di

Antonio Lupo

"Gli Stati Uniti sono sempre stati una società dicolonizzazione. Anche prima di costituirsi comeStato hanno eliminato la popolazione indigena, ilche significava la distruzione di molte nazionioriginarie" riassume il linguista e attivistastatunitense Noam Chomsky, quando gli si chiededi descrivere la situazione politica mondiale.Critico acerrimo della politica estera del suoPaese, sostiene che dal 1898 gli Usa si affacciaronosulla scena internazionale prendendo il controllodi Cuba che ne divenne, di fatto una colonia e poiinvasero le Filippine, uccidendo circaduecentomila persone. Continua a illustrare unasorta di contro-storia dell'impero statunitense:"Dopo aver rubato le Hawaii alla sua popolazioneoriginaria, 50 anni prima di incorporarle come unaltro stato" subito dopo la seconda guerramondiale, gli Stati Uniti divennero una potenzainternazionale, "con una potere senza precedentinella storia, un sistema di sicurezza unico,controllavano l'emisfero occidentale ed i dueoceani, e, naturalmente, hanno elaborato pianiper cercare di organizzare mondo secondo i lorodesideri". Concorda che il potere dellasuperpotenza è in calo rispetto a quello che avevanel 1950, all'apice della sua potenza, quandoaccumulava il 50 per cento del prodotto internolordo mondiale, che ora è sceso al 25 per cento.Eppure, a quanto pare è necessario ricordare chegli Stati Uniti continuano ad essere "il paese piùricco e più potente del mondo, e a livello militarenon ha pari".Un sistema a partito unicoChomsky già da qualche tempo paragona leelezioni nel suo paese, con la scelta di un marchiodi dentifricio in un supermercato. "Il nostro è unpaese che ha un solo partito politico, il partitodelle imprese e degli affari, con due fazioni, iDemocratici e i Repubblicani". Ma pensa che nonsia più possibile continuare a parlare allo stessomodo delle due vecchie comunità politiche, dal

momento che le loro tradizioni hanno subito unamutazione completa durante il periodoneoliberista. "Sono moderni repubblicani quelliche si fanno chiamare democratici, mentrel'antica organizzazione repubblicana resta fuoridello spettro, poiché entrambe le parti si sonospostate verso destra durante il periodoneoliberista, come del resto è avvenuto inEuropa". Il risultato è che i nuovi democratici,come Hillary Clinton, hanno adottato ilprogramma dei vecchi repubblicani, mentrequesti sono stati completamente fatti ostaggio daparte dei neoconservatori. "Se si vedono i dibattititelevisivi, urlano solo tra di loro e le pochepolitiche che presentano sono spaventose".Ad esempio, egli sottolinea che tutti i candidatirepubblicani negano il riscaldamento globale osono scettici, ma, anche se non lo negano,sostengono che i governi non devono fare nulla alriguardo. "Tuttavia, il riscaldamento globale è ilproblema più grave che l'umanità abbia maiaffrontato, e ci stiamo dirigendo verso un disastrocompleto". A suo avviso, il cambiamento climaticoha effetti comparabili solo con una guerranucleare. Peggio ancora, "i repubblicani voglionoaumentare l'uso di combustibili fossili. Questonon è un problema che si porrà tra centinaia dianni, ma entro una o due generazioni". Lanegazione della realtà, che caratterizza ineoconservatori, corrisponde ad una logica similea quella che guida la costruzione di un muro alconfine con il Messico. "Queste persone checerchiamo di allontanare sono in fuga dalladistruzione causata dalle politiche degli StatiUniti. A Boston, dove vivo, un paio di giorni fal'amministrazione Obama ha deportato unguatemalteco che ha vissuto qui per 25 anni;aveva una famiglia, un'azienda, faceva parte dellacomunità. Era fuggito dal Guatemala distruttodurante l'amministrazione Reagan. In risposta atutto questo, l'idea è quella di costruire un muroper proteggerci.In Europa è lo stesso. Quando vediamo che milionidi persone a fuggono dalla Libia e dalla Siria versoEuropa, dobbiamo interrogarci su quello che èsuccesso, negli ultimi 300 anni, per arrivare aquesto". Le invasioni e il cambiamento climaticosi alimentano reciprocamente

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Solo 15 anni fa, non c'era il tipo di conflitto chevediamo oggi in Medio Oriente. "Si tratta delrisultato dell'invasione americana dell'Iraq, che èil peggior crimine del secolo. L'invasione anglo-americana ha avuto conseguenze disastrose, hadistrutto l'Iraq, che è ora classificato come ilpaese più infelice del mondo, perché l'invasioneha causato la morte di centinaia di migliaia dipersone e ha creato milioni di rifugiati che sonostati rifiutati dagli Stati Uniti e ha dovuto esserericevuto dai paesi vicini più poveri, che sono statiincaricati di raccogliere i resti di quello chedistruggiamo.La cosa peggiore è che si è istigato un conflitto trasunniti e sciiti che non esisteva prima". Le paroledi Chomsky ricordano la distruzione dellaJugoslavia nel corso degli anni 90 del novecento,istigata dall'Occidente. Sarajevo e Baghdad eranocittà integrate, in cui i diversi gruppi culturalicondividevano gli stessi quartieri, si sposavanotra membri di diversi gruppi etnici e religioni."L'invasione e le atrocità commesse hannoportato alla creazione di una mostruosità che sichiama Stato Islamico, nato con il finanziamentosaudita, uno dei nostri principali alleati nelmondo". Uno dei più grandi crimini è stato, a suoavviso, la distruzione di gran parte del sistemaagricolo siriano, che assicurava il cibo,questo haportato migliaia di persone verso le città "creandotensioni e conflitti che esplodono appena inizia larepressione".Una delle sue ipotesi più interessanti consiste nelmettere in relazione gli effetti degli interventimilitari del Pentagono con le conseguenze delriscaldamento globale.  Nella guerra in Darfur(Sudan), per esempio, gli interessi delle potenzeconvergono con la desertificazione, che cacciaintere popolazioni dalle aree agricole, aggravandoe acuendo i conflitti. "Questi eventi culminanocon orribili crisi, come già avvenuto in Siria, doveè in atto la più grande siccità della sua storia, cheha distrutto gran parte del sistema agricolo,generando spostamenti, esacerbando tensioni econflitti". Non abbiamo ancora pensato a fondo,mette in evidenza, a cosa comporta questanegazione del riscaldamento globale e i piani alungo termine che i repubblicani vorrebberoaccelerare: "Se il livello del mare continua a salire

e sale più velocemente, arriverà a coprire paesicome il Bangladesh, colpendo centinaia di milionidi persone. I ghiacciai dell'Himalaya siscioglieranno rapidamente mettendo in pericolol'approvvigionamento idrico in Asia meridionale.Che ne sarà di questi miliardi di persone? Leconseguenze imminenti sono disastrose, questo èil momento più importante nella storia del genereumano". Chomsky ritiene che siamo davanti ad unbivio decisivo della storia in cui gli esseri umanidevono decidere se vivere o morire: "Lo dicoletteralmente. Non tutti moriranno , ma sidistruggerà la possibilità di una vita dignitosa, enoi abbiamo un' organizzazione chiamata partitorepubblicano che vuole accelerare ilriscaldamento globale. Non sto esagerando. E'esattamente quello che vogliono fare".Poi cita il Bollettino degli scienziati atomici e illoro Orologio dell'Apocalisse, ricordando che gliesperti sostengono che alla conferenza di Parigisul riscaldamento globale era impossibileottenere un trattato vincolante, solo accordivolontari. "Perché? Perché i repubblicani non loavrebbero accettato. Hanno bloccato la possibilitàdi un trattato vincolante che avrebbe potuto farequalcosa per evitare questa tragedia di massaimminente, una tragedia come non sono maiaccadute nella storia umana. Stiamo parlando diquesto, non sono cose di poca importanza".Guerra nucleare, una possibilità certaChomsky non è tra quelli che si lascianoimpressionare dalle mode accademiche ointellettuali; il suo ragionamento radicale esereno cerca di evitare furori, e forse per questo simostra contrario ad accettare il decadimentoannunciato dell'impero. "Gli Stati Uniti hanno 800basi in tutto il mondo e investono nel proprioesercito tanto quanto tutto il resto del mondo.Nessuno ha qualcosa di simile, con soldati checombattono in tutte le parti del mondo. La Cinaha una politica prevalentemente difensiva, nonpossiede un grande programma nucleare, anchese può crescere". Il caso della Russia è diverso. E'la principale spina nel fianco del dominio delPentagono "perché ha un sistema militareenorme". Il problema è che sia la Russia che gliStati Uniti stanno espandendo i loro sistemimilitari, "entrambi agiscono come se fosse

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possibile la guerra, che è una follia collettiva".Chomsky pensa che la guerra nucleare siairrazionale e che potrebbe avvenire solo in caso diun incidente o di un errore umano. Tuttavia, èd'accordo con William Perry, ex segretario dellaDifesa, che di recente ha detto che la minaccia diuna guerra nucleare è maggiore oggi di quantonon lo fosse durante la guerra fredda. Chomskyritiene che il rischio si concentri sullaproliferazione di incidenti che coinvolgono leforze armate delle potenze nucleari. "La guerra èstata molto vicina numerose volte" ammette. Unodei suoi esempi preferiti è quello che è successodurante l'amministrazione Reagan, quando ilPentagono decise di testare le difese russasimulando attacchi contro l'Unione Sovietica.  "Siè scoperto che i russi li presero molto sul serio.Nel 1983, dopo che i Sovietici automatizzarono isistemi di difesa, fu rilevato un attaccomissilistico statunitense. In questi casi ilprotocollo è quello di andare direttamente all'altocomando e lanciare un contrattacco. C'era unapersona che doveva a trasmettere questeinformazioni, Stanislav Petrov, ma decise che eraun falso allarme. Grazie a questo siamo qui aparlare". I sistemi di difesa degli Stati Uniti,secondo Chomsky, fanno gravi errori e pochesettimane fa è stato reso pubblico un caso del1979, quando è stato rilevato un massiccio attaccomissilistico dalla Russia. Quando il consigliere disicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski, stavaper alzare il telefono per chiamare il presidenteJames Carter e lanciare un attacco di rappresaglia,è arrivata l'informazione che si trattava di unfalso allarme. "Ci sono decine di falsi allarmi ognianno". In questo momento le provocazioni degliStati Uniti sono costanti."La NATO sta effettuando manovre militari a 200metri dal confine russo con l'Estonia. Noi nontollereremmo che qualcosa di simile accadesse inMessico".  Il caso più recente è statal'abbattimento di un caccia russo che stavabombardando le forze jihadiste in Siria a finenovembre. "C'è una parte della Turchia quasicircondata da territorio siriano e il bombardiererusso ha sorvolato quella zona per 17 secondi, e lohanno colpito. Una grande provocazione a cuifortunatamente non si è risposto con la forza, ma

nella zona è stato portato il loro più avanzatosistema anti-aerei nella regione, che consenteloro di abbattere gli aerei della NATO".  Eglisostiene che fatti simili stanno accadendo ognigiorno nel Mar Cinese Meridionale. L'impressioneche emerge dalle sue azioni e riflessioni è che se lepotenze che vengono attaccate dagli Stati Unitiagissero con la stessa incoscienza di Washington,il destino sarebbe già segnato.

Rompiamo il silenzio. Fermiamoil massacro del Kurdistandi Coordinamento Toscano per il Kurdistan - CTK

Comunità kurda

Il 15 febbraio del 1999 un complotto inter-nazionale consegnava il leader del Pkk AbdullahOcalan alla Turchia. Da allora è in isolamento inun carcere di massima sicurezza, ma la questionekurda è tutt'altro che risolta. Oggi, a distanza di17 anni, il movimento kurdo che si riconosce nelPkk continua a portare avanti il suo progetto diliberazione, estendendosi nel Rojava in territoriosiriano, dove la resistenza dei kurdi all'IS hasuscitato attenzione e solidarietà a livellointernazionale.Da oltre 6 mesi nel Kurdistan del nord, interritorio turco, è in corso una vera e propriaguerra nei confronti delle città a maggioranzakurda, con 10.000 uomini del secondo esercitodella Nato che assediano letteralmente i principalicentri della resistenza che stanno sperimentandoforme di autogoverno e autodifesa. 17 distrettinelle 4 principali provincie kurde sono sottopostia coprifuoco totale (24 ore).Le città di Amed e Cizre, con una popolazione dioltre 2 milioni di abitanti, sono assediate da più di2 mesi, sottoposte ad una vera e propria leggemarziale, con i militari che prendono di mirachiunque osi uscire di casa, sia pure per cercareun po' di cibo e acqua, o per portare in ospedale iferiti. Nemmeno alle ambulanze è permessocircolare, non è consentito ai familiari recuperarei corpi dalle strade, mentre quelli che muoiono incasa vengono tenuti per giorni nei frigoriferi

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domestici.Negli ultimi mesi i morti fra i civili sono staticentinaia, fra cui molti bambini. Si muore ognigiorno non solo a causa delle pallottole turche,ma anche di sete, di fame, reclusi negli scantinatidi edifici crivellati da colpi di mortaio. Si muorebruciati vivi, come accaduto nelle ultime 2settimane a ben 82 persone. 300.000 persone sonostate costrette a lasciare le proprie case, mentrel'economia del sudest è messa in ginocchio neltentativo di fare terra bruciata, spezzare laresistenza e realizzare il pogetto totalitario efascista di Erdogan: un partito, un leader, unabandiera, una religione, un'etnia.Siamo qui oggi perché tutto questo avviene nelsilenzio quasi totale della stampa internazionale,compresa quella italiana. In Turchia le libertà distampa e di espressione, sia politica che culturale,sono di fatto inesistenti, e non solo per i kurdi. Larepressione del dissenso nei confronti del"sultano" Erdogan permea ormai ogni aspettodella vita pubblica e privata.Giornali, TV, social media di opposizione vengonocontinuamente chiusi o sottoposti a censura, oltre70 giornalisti sono sotto processo ed alcunirischiano l'ergastolo per aver svolto il propriolavoro. Centinaia di sindaci, parlamentari,membri del partito filo-kurdo HDP e dei partitidella sinistra turca sono oggi detenuti nellecarceri turche.Migliaia di accademici, registi, scrittori,sindacalisti, attivisti dei diritti umani, chiunquealzi la voce contro le politiche genocide eliberticide dell'AKP, subisce la stessa inesorabilesorte. Nemmeno lo sport si salva, con la squadradi calcio kurda Amedspor sottoposta aperquisizioni, multe e squalifiche per essersi dataun nome kurdo e perché la sua tifoseria intonacori che chiedono la fine delle operazioni militariin Kurdistan.Noi non possiamo restare in silenzio. La Turchia èconsiderata dall'Italia, l'UE e da gran parte dellacomunità internazionale un partner affidabile concui intrattenere relazioni politiche, proficuirapporti economici e una crescente collabo-razione in campo militare. Tutto questo è resopossibile dal sostegno delle varie organizzazioniinternazionali, UE e NATO in testa, e dalla

corresponsabilità di tutti i governi dellecosiddette democrazie occidentali.Per questo siamo qui oggi, per denunciare questosilenzio che equivale a complicità. Perché vengadato spazio, voce e solidarietà a coloro che ognigiorno si difendono da simili attacchi. Perchiedere con forza la liberazione di Ocalan e larimozione del PKK dalle liste antiterrorismo.(comunicato stampa del 13 febbraio 2016 in occasionedella conferenza stampa davanti alla Rai di Firenze)

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15 perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #36 del 24 febbraio 2016

Per uno Stato che non tortura.Video interventi Passione,Guadagnucci, De Zordodi Redazione

L'Italia è un paese che non vuole confrontarsi conil tema della tortura. Nelle sue caserme, nelle suecarceri, la tortura è stata più volte praticata e lamagistratura, più volte, si è occupata di questicrimini. Ma nel nostro ordinamento non esistonostrumenti adeguati per punire e soprattutto perprevenire questo crimine così odioso. Manca unalegge specifica. E' un vuoto legislativo che haspiegazioni ben precise: le forze dell'ordine nonvogliono e le forze politiche si adeguano a questapretesa. Nell'aprile scorso l'Italia è statacondannata dalla Corte europea per i dirittiumani di Strasburgo per non avere punitoadeguatamente le torture commesse alla scuolaDiaz nel luglio 2001 a Genova. Ciò nonostante ilparlamento si ostina a non votare una legge (unabuona legge) sulla tortura. La tutela dei dirittifondamentali è ancora garantita? E qual è lacredibilità democratica delle nostre forzedell'ordine?Martedì 16 febbraio il laboratorio perUnaltracittàha organizzato presso la Libreria Nardini alleMurate un dibattito  collegato alla pubblicazionedel libro "Per uno Stato che non tortura.  Diritto,saperi e pratiche contro la violenza istituzionale".Sono intervenuti l'avvocato Michele Passione eLorenzo Guadagnucci del Comitato Verità eGiustizia per Genova; ha introdotto  Ornella DeZordo.

Qui i video degli interventi.  La presentazione di Ornella De Zordo:https://youtu.be/6DCvRw_PPfAUna sintesi dell'intervento di Michele Passione:https://youtu.be/Qg4IO6E67nQe di quello di Lorenzo Guadagnucci:https://youtu.be/vupMV2cqso8

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16 perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #36 del 24 febbraio 2016

RUBRICHE

Tutta un'altra musicaa cura di Francesca Breschi, cantante,

attrice, ricercatrice e didatta, attivista di perUnaltracittà

"Tutti odiano la guerra,però tutti la fanno"di F.B.

Sí. Se ci penso, se ripenso a quello che ero daragazzina so che già allora, vedendo partire i mieiamici più grandi per andare a fare il serviziomilitare, mi dicevo sempre più spesso "se fossinata maschio sarei senz'altro un obiettore". Miricordo di quello che, prima della legge del 1972,rischiavano quelli a cui partire proprio nonandava giù. Si parlava di Gaeta, allora. Obiezione.Avere un'ideale. Avere un'utilità civile invece diimbracciare un'arma. Sentivamo lo spirito delTempo che attraversava tutto il globo e lo facevavibrare di un vento nuovo, uno spirito che diceva"a che serve uccidersi l'un l'altro? La Storiadovrebbe insegnare. A cosa serve? A che serveimbracciare un fucile? L'Amore è molto megliodella guerra: provate!"Lo sappiamo bene come sono finiti moltimovimenti giovanili, quelli della fantasia alpotere, quelli delle risate, quelli dell'amore e lafratellanza senza confini: alcuni soffocati nelsangue delle mitragliette; altri nell'attaccostrisciante delle droghe annebbianti eannichilenti frutto di una strategia precisa; alcunipersi nei meandri contorti e sterili della lottaarmata; altri ancora infine lusingati da un belposto fisso, magari proprio al Ministero dellaDifesa, chissà. Gli altri, i "sopravvissuti", ritenutiun po' dei sognatori disadattati e infantili, senzaarte né parte.Lo vediamo adesso, però, cosa siamo diventati:conta più un oggetto che un bambino siriano infuga dalle macerie e riusciamo anche adarraffargli quei miseri ninnoli che magari porta

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addosso per autorimborsarci a priori per il suosostentamento.Ma davvero - mi è capitato di riflettere - davverole tantissime persone di buona volontà che neglianni bui della guerra hanno capito che la vitastava dalla parte della vita e hanno aiutato chipotevano e come potevano, piccoli ignoti eroi cherischiavano la propria vita forse senza neanchesaperlo, davvero hanno sopportato tutto ciò perniente?Siamo pronti ad armarci di nuovo, tutti. Tutticontro tutti. Violenza televisiva, mondiale,strisciante, quotidiana, che si scazzotta per unsorpasso o si accoltella per noia, che sgozza indiretta o bombarda scientificamente. Ma non sistava parlando di disarmo? La propaganda, leinfinite sue forme. Tutto fa audience, soprattuttola morte. La domanda, ai quattro lati del mondo eritorno però è sempre la stessa: "cui prodest", "achi giova" tutto ciò?E la risposta è sempre inesorabilmente la stessa:"follow the money", "segui il denaro". Sí, se fossinata maschio sarei stata senz'altro un obiettore. Elo sono.https://www.youtube.com/watch?v=JaVIKOTRK70 (Da "Non uccidere", 1961, Claude Autant-Lara.)La canzone della marcia per la Pace (di FrancoFortini e Fausto Ammodei, improvvisata durantela prima marcia per la Pace Perugia-Assisi nelsettembre 1961) cantata da Maria Montihttps://www.youtube.com/watch?v=oWrRxpjPQWE E se Berlino chiama ditele che s'impicchi:crepare per i ricchi no! non ci garba più. E se laNato chiama ditele che ripassi: lo sanno pure isassi: non ci si crede più. Se la ragazza chiama nonfatela aspettare: servizio militare solo con lei farò.E se la patria chiama lasciatela chiamare: oltre leAlpi e il mare un'altra patria c'è. E se la patriachiede di offrirgli la tua vita rispondi che la vitaper ora serve a te.(di Franco Fortini e Fausto Ammodei,improvvisata durante la marcia per la PacePerugia-Assisi nel settembre 1961)

Big Pharma? No graziea cura di Annalisa Nardi,

consulente di alimentazione e cure naturali

Troppi rospi? Curiamolo stomaco con dolcezzadi A.N.

Con i tanti rospi che abbiamo da ingoiare tutti igiorni, non sorprende che lo stomaco ci facciaspesso così male. Si va dalla dolorosa sensazionedi bruciore che sale fino in gola, alla pesantezza eal gonfiore addominale dopo mangiato. Dalladigestione difficile all'ulcera. Sono poche lepersone che possono dire di non aver mai provatouno di questi disturbi. In effetti, il rapportoOsMed sul consumo dei farmaci in Italia confermache anche nel 2015 i prodotti anti-acido, gliinibitori di pompa protonica e gli anti-reflussogastroesofageo sono tra i medicinali più prescrittiin assoluto.Per fortuna, il modo per migliorare questecondizioni, perfino per liberarsene una volta pertutte esiste. Ci vuole un po' di tempo e voglia difare qualche cambiamento, ma sul cammino versouno stomaco leggero e funzionante, abbiamo adisposizione tanti rimedi domestici efficaci.Quando dopo un pasto il dolore e il bruciore sonomolto forti, sgranocchiamo lentamente qualchemandorla. Le mandorle ci aiutano a riequilibrareil pH gastrico, grazie alle loro proprietàalcalinizzanti. Dovranno però essere senza buccia- e meglio se saranno state in ammollo per diverseore (sarà così rapidissimo sbucciarle). Potremoottenere lo stesso effetto mangiando una piccolabanana matura.A casa una tazza di decotto di malva - una piantale cui mucillagini sono un vero toccasana per lemucose gastriche irritate - darà al nostro stomacogrande sollievo. Decotto di malva 1 cucchiaiocolmo di foglie e fiori di malva secchi 250-300 mldi acqua Versare le foglie e i fiori nell'acquafredda. Portare da ebollizione e far bollire ancoraqualche minuto. Coprire e lasciare in infusioneper 10 minuti. Filtrare il decotto e berlo. Aggiungiamo a questa pacifica alleanza pro-stomaco, del succo di cavolo, da bere ogni giorno

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per almeno un mese. Alcuni componenti delcavolo stimolano la riparazione delle mucose(quindi ottimo anche in caso di vere e proprieulcere) e la produzione di enzimi, accelerandocosì i tempi di digestione. (E' vero: fare un succodi cavolo la mattina non è proprio la cosa piùdivertente e veloce, ma si può fare! Magari poisiamo fortunati a tal punto che qualcunoamorevolmente lo prepara per noi. In questo casoberlo sarà più facile e anche più salutare.)Possiamo usare il cavolo da solo oppuremescolarlo con altre verdure per ingentilire evariare il sapore. Qui trovate una combinazionecon le carote e il sedano. Il tutto dovrà essere diorigine biologica. Succo di cavolo fresco œ cavolo(di qualsiasi varietà) 2 carote 2 gambi di sedanoLavare e tagliare a pezzetti gli ingredienti.Metterli nella centrifuga, aggiungereeventualmente un po' d'acqua e bere I suoi effettibenefici si faranno sentire presto ed è garantitoche con un bicchiere di succo di cavolo in mano èpiù facile pensare ai cambiamenti necessari perridurre al minimo gli elementi che stressanol'apparato gastro-intestinale.Si può partire dal riconsiderare quello chemangiamo: non solo il tipo e la qualità del cibo,ma anche i momenti e il modo in cui lomangiamo. Quante delle nostre pause-pranzosono delle vere pause e dei veri pasti? Prendersidel tempo per mangiare in un ambiente e unostato d'animo tranquilli è forse la "medicina" piùimportante per uno stomaco in salute e unadigestione di ferro.*Avvertenza. Le informazioni qui fornite hannoscopo puramente informativo e sono di naturagenerale. Esse non possono sostituire in alcunmodo le prescrizioni di un medico e degli altrioperatori sanitari abilitati a norma di legge.

Kil Billya cura di Gilberto Pierazzuoli,

scrittore e attivista di perUnaltracittà

Tornano gli operai(sti).Diario della crisi infinitadi G.P.

Il libro in questione è una raccolta di saggi earticoli scritti dall’autore tra il 2011 e il 2015.Trattandosi di un economista, di un teorico emilitante proveniente dall’area “operaista” – ungruppo i cui contributi, anche quelli attuali, sonosempre più indispensabili per capire e agire ilnostro tempo – i temi affrontati in questo testonon potevano non riguardare la crisi. Ma, da unautore quale Christian Marazzi, ci si aspettanaturalmente non soltanto una sua lettura (dellacrisi), ma anche che egli parli delle conseguenze edelle prospettive che si aprono – o si chiudono –in relazione ai movimenti che in qualche modo sioppongono al dilagante liberismo.Da non trascurare poi la prefazione di Bifo che dàun ulteriore contributo a queste problematiche,nel momento in cui legge l’inceppamento del ciclotradizionale della crescita in termini tutti internial processo produttivo stesso: per la saturazionedei mercati, ma anche per cause quali la crescitatecnologica della produttività con relativariduzione dei tempi di lavoro e conseguentementecon l’aumento della disoccupazione. Cercandoanche di cogliere il nocciolo della problematicaattuale quando fissa lo sguardo su alcuni concettiquali quelli di valore restituendoci un Marx chenon poteva immaginarsi che si potesse appuntocreare valore «senza passare attraverso lamediazione di oggetti utili» (p. 10). O che il ciclo DM D’ (Denaro – Merce – più Denaro) si potessetrasformare in D P D’ (Denaro – Predazione – piùDenaro), con l’ovvia conseguenza che allapredazione corrisponda l’impoverimento sociale.Questo, secondo me, significa che quello che ilCapitale non riesce a estrarre dal plusvalore (dallaproduzione delle merci) lo estrae tramite unapredazione, un’appropriazione anche di quelloche un Marx più giovane aveva chiamato “generalintellect”, concetto recuperato guarda caso

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proprio da questo gruppo di pensatori. Lapredazione consiste nella privatizzazione dei benicomuni, nello smantellamento del welfare, nelladismissione del patrimonio pubblico e nella«costrizione» al debito. Questo viene attuatoattraverso un sistema che consiste nelleistituzioni statali fatte di fatto complici di questodisegno; del sistema dei partiti, obbligati adattuare il pareggio di bilancio, la riforma dellacostituzione e la spending review.Vista la struttura della raccolta, gli argomentitrattati all’interno del tema comune dellasituazione economica negli ultimi anni, sono tra ipiù disparati. Alcuni, quelli in particolareprecedentemente pubblicati come articoli,occupano spesso un paio di pagine, mentre il testodegli interventi a convegni o simili, hanno inveceun respiro maggiore. Ovviamente riportare quitutti questi temi sarebbe impossibile, mi limiteròpertanto a citare quegli aspetti che più possonoarricchire rispondendo a volte a domande che cisiamo già poste o lasciando che altre neemergessero tra le righe del racconto che l’autorepropone, o che io semplicemente penso di averecolto.Non potevano mancare pezzi sull’Euro, sul debitoe sulle ipotesi di bancarotta degli stati con letturee prese di posizione spesso molto articolate, matenendo sempre presente l’ipotetico punto divista di chi si oppone o si dovrebbe opporre alcapitalismo in particolar modo quando sipresenta nelle sue vesti liberiste.«[…] nella fase attuale, a me sembra che larivendicazione del “diritto alla bancarotta” […]definisca quell’orizzonte “riformista” (o di“transizione”) di cui abbiamo bisogno e di cui,peraltro, si parla con sempre maggiore insistenzasui mercati finanziari nei termini della“ristrutturazione del debito sovrano” […] peruscire dal pantano della crisi dei debiti sovrani.Ma un simile terreno di ricomposizione di classedeve necessariamente essere collettivo,istituzionale, per certi versi esemplare, deve cioèprodurre dei luoghi di organizzazionedemocratica in cui fare crescere in modo duraturopratiche militanti di costruzione di questo stessodiritto alla bancarotta» (p. 33 i corsivi sonodell’autore).

Oppure – contrapposto all’Euro – l’ipotesi dellacostruzione di uno spazio per una moneta (del)comune che sappia dare espressione materialealla lotta di classe trasnazionale. «Cos’è la monetadel comune? È quella moneta che dà espressione ericonosce ciò che è comune nella moltitudine» (p.181). Almeno cominciare a ragionare partendo daqui, dalla difesa ad esempio delle public utilities, afare, proporre, un investimento di tipokeynesiano nell’immateriale, nella cultura, nellasocialità, nella formazione e nella sanità. O,ancora: «Dobbiamo iniziare a pensareall’organizzazione militante e politica da unaparte in termini di condivisione, dall’altra comecostruzione paziente di terreni di alleanze eanche di linguaggi che ci permettano di capire einterloquire con questi soggetti della crisi, nonnecessariamente nuovi» (p123). «[…] le esperienzea livello di quartiere, dagli orti urbani comuni alleforme di condivisione della riproduzione, misembrano un buon modo per porre la questionenon tanto di un’inversione delle aspettativedecrescenti, ma della ricostruzione delle tramedella soggettività» (p. 124).Alla ricerca di una via di uscita dallacontemporaneità, da questa contemporaneità, daquesto modo di produzione, si mettono in campoipotesi che gli elementi dimarazzi criticità hannoportato in superficie. Di nuovo la moneta, dinuovo l’Euro. L’Euro che potrebbe e dovrebbeessere una moneta comune, ma che così come èadesso non riesce a sostanziare neppure leaspettative di un atteggiamento politico dablando riformismo. E considerazioni sul debitoche sarebbe il problema chiave perché concentrail rischio su quelli che meno possono sostenerlo.Debito che poi «introduce una non linearità nelsistema economico, che i modelli keynesianitrascurano» (p.157).Poi dei dati economici che raccolgo alla rinfusa: ilPIL del mondo intero nel 2010 era di 74.000miliardi di dollari, ma il mercato obbligazionarioera invece di 95.000 miliardi; le borsecapitalizzavamo 50.000 miliardi e i derivati466.000 miliardi. Questo significa che la ricchezzareale ammonta a soltanto un ottavo delmovimento totale di questo mercato. Ma questidati significano lo spostamento del centro della

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valorizzazione e dell’accumulazione capitalistadalla produzione materiale a quella immateriale el’asse dello sfruttamento da quello sul lavoromanuale a quello sul lavoro cognitivo, dandoorigine ad una nuova “accumulazione originaria”con caratteristiche di alta concentrazione, cosìdal 1980 al 2005 si è assistito a 11.500 fusioni chehanno ridotto il numero delle banche a soltanto7.500.Nel 2011 solo 5 tra SIM (J.P.Morgan, Bank ofAmerica, Citybank, Goldman Sachs, Hsbc Usa) edivisioni bancarie (Deutsche Bank, Ubs, CreditSuisse, Citycorp-Merril Linch, Bnp- Parisbas)avevano il controllo di più del 90 per cento deititoli derivati. Le prime 10 società con maggiorecapitalizzazione pari allo 0,12 per cento, delle7.880 società registrate nelle borse, detengono il41 per cento del valore totale, il 47 per cento deltotale dei ricavi e il 55 per cento delle plusvalenze registrate. Le concentrazioni non sonouno specifico del settore bancario, ma lo sonoanche per quanto riguarda le industriemultinazionali «si stima che 147 di essepossiedano il 40 per cento del valore economicodelle altre 43.060. «I paesi con minor debitoprivato (Italia, Grecia e Belgio) sono quelli conmaggior indebitamento pubblico, ma poichél’indebitamento pubblico è inferiore, come quotadel PIL, di quello privato», ne consegue che essipossono sopportare meglio il rischio di default edessere così più appetibili per essere spolpati.Se a metà del secolo scorso si poteva ipotizzare unfuturo nel quale lo sviluppo tecnologico avrebbereso sempre più superflua una parte del lavoromanuale, nessuno poteva ipotizzare che la suasostituzione sarebbe stata non in una direzione ditipo edonistico, ma verso “occupazioni” di tipocognitivo, nei servizi e, addirittura, per nondiminuire l’orario di lavoro, si sono inventati deilavori inutili.L’ultima parte riporta anche il testo di dueinterventi organizzati da UniNomade che vertonoentrambi su interpretazioni della moneta inessere e di quella possibile. Anche Marazzi cita(come molti degli autori dei testi sul debitorecensiti in questa stessa rivista) il 15 agosto 1971,data nella quale il governo degli Stati Unitidichiarò scollegati oro e dollaro, mettendo fine

alla convertibilità e facendo emergere l’aspettoper il quale la moneta fosse un mero segno,anziché un valore, un equivalente generale. Lamancanza della convertibilità apre però anche lapossibilità di ripensare il ruolo stesso dellamoneta divenuta di fatto moneta scritturale, unamoneta-debito e non più un equivalente generaleche sembrava essere il suo ruolo precipuo e chepermetteva la connessione con il lavorocontenuto nelle merci e quindi con la “sostanza”.Da cui deriva «una ipotesi interpretativa: ilCapitalismo finanziario si è allontanato dallacategoria della sostanza spezzando,precarizzando e flessibilizzando la classe operaia,ma al prezzo di avere costruito un sistemamonetario che si è ripiegato su se stesso ed èimploso» (p. 170).C’è poi il recupero di una riflessione sulletrasformazioni postfordiste dei processiproduttivi degli anni ’80 e ’90. Marazzi parla diesternalizzazione, outsourcing, di cattura dellecompetenze linguistiche e relazionali, catturadelle relazioni, anche della cooperazione stessamessa in rete e estratta dalla rete. Cattura delsapere per estrarre valore, dentro i processiproduttivi, ma anche all’esterno, con investimentipiccoli senza far crescere troppo il capitale fisso.Un investimento in dispositivi di cattura più chein quelli di produzione. Ecco allora: «unconsumatore che produce almeno una parte diquel che consuma» (p. 174). Il profitto divienerendita perché non c’è più da pagare (del) lavoro.Qui una nota: anche nel fordismo c’era del lavoronon retribuito, per esempio il lavoro domestico oquello della cura. Il lavoro occulto delle donne cheil sistema sociale regalava al processo diproduzione. In gioco sarebbe dunque la misuraoggettiva del valore che, «probabilmente, non èpiù possibile. Possibile, anzi necessaria, è lamisura, soggettività del valore, e questa rimandaalla soggettività dei movimenti di lotta, e alleforme di lotta e di vita che la sostentano» (p.176).Sulla scomparsa della classe operaia e sul suoritrovamento se ne sono dette in abbondanza,occorre però ricordare che nel Novecento laclasse operaia fordista non ha mai superato il 30%della popolazione attiva. Dice Marazzi checomunque era riuscita a essere maggioritaria nel

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senso gramsciano della sua egemonia, questoperché, questa “minoranza” incarnavainnumerevoli aspetti dell’intera società. Se ilsoggetto flessibile, spesso lavoratore autonomoche in realtà lavora egualmente alle dipendenzedi un qualche capitale sovrastante, ha sostituito ilsoggetto della classe operaia, la problematica chesi apre è quella di verificare quanto questosoggetto flessibile abbia la capacità di riassumerela società. Ecco che la moltitudine che opera inquesto senso occupando spazi là dove invece ilcapitale contemporaneo agisce per flussi. Si trattadi esempi di autogestione dei quali il movimentooperaio è riuscito a punteggiare la storiaoperando nell’organizzazione dei quartieri, dellemense, e, di nuovo, degli orti urbani.Le varie esperienze in questa direzione Marazzi lechiama “esercizi di esodo” riprendendo unconcetto di Paolo Virno e aprendo, o riportando,l’attenzione su programmi che potrebberoapparire datati, e che invece ritiene essere«ancora molto condivisibili e attuali, come lariduzione dell’orario di lavoro» (p. 190).Christian Marazzi, Diario della crisi infinita,Ombre Corte, Verona 2015, pp. 190, € 17.00.