PrimaVera Gioia Sett2012 - N.02

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C’è nessuno? Un centro storico dimenticato. Cimitero intervista a Vito Vinci. All’ombra della civiltà Il canile di Gioia del Colle. La fontana dei Puffi Storia di ordinaria incompetenza. Settembre 2012. Pubblicazione mensile d’informazione indipendente |free press

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Numero di Settembre (02) del mensile PrimaVera Gioia. Noi siamo quello che pensiamo. Si parla di centro storico, cimitero, canile, fontane bizzarre, musica e tanto altro. Puoi scaricare e leggere la copia sul tuo pc.

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C’è nessuno?Un centro storico dimenticato.

Cimiterointervista a Vito Vinci.

All’ombra della civiltàIl canile di Gioia del Colle.

La fontana dei PuffiStoria di ordinaria incompetenza.

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Ouverture

SFRUTTATI MA RINNEGATI“La Destra” vuole solo gli italiani

Viviamo in una società troppo spesso invasa dall’odio e dal-la violenza, dove il razzismo è talmente vivo in alcune persone che porta ad eseguire atti di violenza inaudita (come in piazza Dalmazia a Firenze, il 13 dicembre scorso) o a scrivere sui car-telloni promozionali per il tesseramento al proprio partito “Via gli stranieri dall’Italia, più lavoro agli italiani”.

Una frase che ha riecheggiato anche nella nostra città, in un fine settimana di agosto, durante la campagna di tesseramen-to del partito “La Destra” in piazza Pinto. Un punto agghiacciante, ma scritto da chi continua ad eti-chettare il “diverso” in base al colore della pelle, senza pensare alla grande risorsa che gli stranieri rappresentano per il nostro Paese. Incontro di culture, possibilità di emancipazione, possi-bilità di incontrarsi e crescere.

Viviamo in un mondo multietnico dove però qualcuno preferisce chiudere gli occhi e rimanere ancorato alla proprie

tradizioni, sfruttando però gli stranieri: dai lavori di assistenza agli anziani ai lavori più duri e disumani nelle campagne. Tutto rigorosamente a nero. “Otto ore di lavoro per portare a casa poco più di 25 euro. E non sono assicurato, lavoro a nero”. Questa è la testimonianza di chi vive a Gioia del Colle perché fuggito dalla propria terra di guerra e odio. Una realtà che i cari figli di papà e tutti quei ragazzi che si di-chiarano portatori di quei valori disumani e fascisti dovrebbero tenere a mente. Lavorereste mai otto ore nei campi per quella cifra irrisoria? Credo proprio di no. Dite che rubano il lavoro a noi italiani, ma quel lavoro che c’è sempre stato, è stato ignorato e mai considerato dalla maggior parte dei ragazzi che vogliono e cercano lavoro.

Per fortuna non siamo tutti uguali e, anche in quella fazione politica, c’è chi è sensibile a questo problema prima presente solo nelle grandi realtà e adesso sempre più emergente nei pic-coli centri.

Maria Cristina De Carlo / DirettoreFB/ MariaCristina.DeCarlo

INDICE

3 Ouverture

4 C’è nessuno?

6 Cimitero e project financing

8 Animali all’ombra della civiltà

12 L’ossessione dell’evoluzione

13 Motore ed azione della positività

14 La fontana dei Puffi

16 Masi contro tutti

17 Football, rugby e campo sportivo

18 Pillole

19 Agosto di forti emozioni

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Territorio

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Succede, alcune volte, di chiedersi “Perché quel centro storico funzio-na?” “Come mai i turisti accorrono numerosi?” “Forse il nostro non è ab-bastanza conosciuto?” “Forse è meno interessante?”.Sicuramente il centro storico di Gioia del Colle non è valorizzato a sufficien-za. Carl Ritter, grande geografo del passato, capì che lo spazio dell’uomo è riflesso e memoria delle storie e del-le società che lo hanno plasmato nel tempo e lo plasmano oggi per gli uo-mini e le donne di domani. Da una parte, è interessante notare come la qualità dello spazio fisico sia legata alla qualità della società che l’ha ereditato: cattive decisioni si tra-sformano in cattive forme. Dall’altra, vi è la componente “futuro”, cioè la re-sponsabilità di custodire quello spazio e preservarlo per le generazioni che verranno. I cittadini sono gli eredi e i proprietari del patrimonio culturale tanto nel suo valore monetario quanto in quello simbolico e metaforico, come incar-nazione della memoria storica e come segno di appartenenza e identità del paese.

Le percezioni e le aspettative indivi-duali si riflettono sullo spazio e con-tribuiscono a modellarlo, lasciando tracce indelebili ai posteri.Proprio l’identità dovrebbe essere una delle chiavi da cui partire per costruire un’immagine del nostro paese che sia spendibile, appetibile e prestigiosa.Un chiaro esempio è Locorotondo, un nucleo antico che domina la Murgia,

compatto nelle sue mura bianco calce che risplendono sotto il sole mediter-raneo ed esaltano i colori dei balconi fioriti. Non ci sono grandi monumenti ma è l’insieme che diventa un’unica grande esperienza di arte, artigianato, rispetto dello spazio pubblico e sen-so di comunità. E’ stato inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia e, con il suo albergo diffuso, permette an-che ai turisti di poter godere di questi scorci e di questo stile di vita. Questi borghi assumono una fisiono-mia, un carattere, diventano ricono-

scibili, si può leggere il prodotto di un accumulo plurisecolare di ricchezza e di civiltà. Mai come in questo caso il totale è maggiore della somma delle sue parti.Martina Franca, con 49000 abitanti, è un importante centro storico ba-rocco che attira in Valle d’Itria il vero turismo. Il visitatore si chiama turi-

sta se visita un sito per più di 24 ore, escursionista se visita un sito per meno di 24 ore. I primi sono quelli che realmente arricchiscono il tessuto economico del posto, i secondi quelli che creano ingorghi straordinari per poche ore di una serata estiva. Martina, con una massiccia dose di eventi culturali rigorosamente nel centro storico, dal “Festival della Valle d’Itria” al nuovissimo “Estate in jazz” (per non parlare degli eventi nel Pa-lazzo ducale), è in grado di offrire un cartellone di eventi serio e credibile per tutta la durata del periodo estivo. Solo così si possono “combattere” le località di mare.Noci, ormai conosciuta in tutta la pro-vincia per le sagre enogastronomi-che (funghi, cioccolata, vino, pettole,

asparagi), comincia a far conoscere il proprio centro, le masserie storiche e a diversificare il proprio pubblico con festival dei corti cinematografici (No-ciCortinfestival) e altri di musica in-dipendente (si veda il Bucobum), con molteplici appuntamenti. In questo caso, oltre che la qualità degli eventi, si vuole sottolineare quanto sia cen-trale l’aspetto della comunicazione visiva e del marketing territoriale. Curata nei dettagli e originale quella

Giuseppe Resta | FB/rgiusepper

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del Cortinfestival (con testi anche in inglese), accattivante quella del Bu-cobum.Infine, il Comune di Noci ha affidato a Push Studio la realizzazione di un ottimo sito istituzionale e la campa-

ambientale, cioè della qualità della vita, riduce o annulla l’incidenza dei comportamenti devianti. Si tratta del principio della “finestra rotta” discus-so nelle scienze sociali da Wilson e Kelling, ogni vetro non sostituito invi-ta a tirare un sasso su quello accanto. La condizione di degrado fisico-socia-le innesca una catena di avvenimenti che, se non interrotta, può portare a un peggioramento costante delle condizioni del patrimonio esistente fino a situazioni irreversibili (si vedano le numerose “baite” sulle coperture, la cancellazione di elementi decorativi scolpiti ecc.). Fa rabbia vedere nelle nostre edicole calendari con le foto di “Gioia nel ‘900”, libri pieni di foto d’epo-ca e al contempo così poca attenzione al graduale logoramento che il centro storico subisce sotto i nostri occhi.Forse, come dice Settis riguardo le periferie, “nasce e si radica la voluttà dell’alveare e con essa la certezza che il proprio benessere richieda l’auto-riduzione a ingranaggio produttivo, pretenda l’autodissoluzione in un ha-bitat anonimo nei suoi avvilenti rituali di massa, purché sia etichettato come “moderno””.

Nella sezione video del sito i filmati che abbiamo girato in alcuni comuni limitrofi

Se il mercato immobilia-re pugliese, nel primo trimestre 2012, vede di-minuire dell’8% (rispet-to al 2011) il prezzo di compravendita al mq (fon-te CRIF) risulta evidente che la domanda è in calo, così come la possibili-tà di ottenere mutui. Il saldo naturale gioiese del 2010 è negativo (-49) e solo il fenomeno migra-torio (+132) permette una stabilità demografica che comunque porta le fami-glie, nel 2011, a 11316 con una disponibilità di 12294 alloggi.

gna di comunicazione dei Contratti di Quartiere II, grazie ai quali, con tempi lunghi e qualche polemica, si prevede il recupero ambientale e la sistema-zione del centro storico, del teatro-auditorium nell’area ex-foro boario, di alloggi di edilizia convenzionata e infine la creazione di un orto botanico. Il centro storico gode anche di contri-buti (fino a 5000 euro) per la manu-tenzione straordinaria delle facciate e dell’attenzione del primo cittadino che, ad agosto, fa affiggere manifesti con l’appello ai nocesi a preservare le facciate con una mano di “bianco a latte di calce” e ad estirpare le erbacce dai tetti per consolidarne la tenuta.L’erba del vicino è sempre più verde? Oppure il nostro centro storico soffre di un deficit di attenzione?Molti eventi, qui a Gioia, si reggono sulle spalle delle associazioni e ini-ziative come quella dei “Cuori Urbani”, una rete di eventi promossa dal Tea-tro Kismet OperA, non ha visto il no-stro paese protagonista come avreb-be dovuto.Gli esempi sopra riportati vogliono di-mostrare come non sia tanto la quali-tà assoluta a determinare il successo

quotazioni, si può notare come a Gioia del Colle gli immobili del centro siano valutati esattamente alle stesse cifre di quelli in periferia, per ogni tipolo-gia: 1350€/mq per quella signorile, 1250€/mq per quella media e 900€/mq per quella economica. Situazione singolare se si considera che in altre località, mediamente, il costo unitario degli immobili nella città storica è più alto a causa della centralità geografi-ca e culturale di cui si può godere. Nel nostro caso, invece, il centro storico non è in grado di offrire quella qualità ambientale che lo renderebbe un’area di pregio, in cui sia favorita la convi-venza di una molteplicità di fasce so-ciali. Il miglioramento della situazione

Le immagini (in ordine): Locoroton-do, Noci, locandina NocicortinFestival, programma Bucobum Festival, quadro mercato immobiliare, Conversano

di un centro storico, quanto la capaci-tà di valorizzarlo. Altro fattore che sarebbe opportuno considerare in quest’analisi è il valore immobiliare degli edifici, che risente del rapporto tra la qualità degli spa-zi pubblici e le peculiarità degli edifici privati. Ciò implica che un edificio an-che di pregio possa perdere parte del suo valore immobiliare se collocato in un ambiente urbano degradato.A tale proposito, leggendo il rapporto 2011 dell’osservatorio immobiliare del gruppo Tecnocasa, che ne studia le

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Attualità

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Nota dolente quella dei servizi cimiteriali del Comune di Gioia del Colle. Un tema caldo che in questa sede tratteremo con il supporto del professor Vito Antonio Vinci, coor-dinatore dell’Associazione Libertà e Giustizia “Piero Calamandrei”.

Signor Vinci, per inquadrare il tema, vorrei ripercorrere con Lei in breve i fatti di questi ultimi anni relativi alla gestione dei servizi cimiteriali.

Certamente. Il Consiglio Comunale di Gioia del Colle, con delibera n. 6 del 21.3.2006, inseriva nel programma triennale delle opere pubbliche per il triennio 2006-2008 l’intervento rela-tivo al restauro del cimitero monu-mentale, nonché al completamento e all’ampliamento del nuovo cimite-ro comunale da realizzarsi, ai sensi dell’art. 37-bis e segg. della legge n. 109/94, con il concorso di operatori privati nella realizzazione, nella ge-stione e nell’accollo totale o parziale dei costi di opere pubbliche in vista di guadagni futuri, detto anche “project financing”.La società IN.EDIL s.r.l. di Noci, dota-ta di tutti i requisiti previsti, nonché di specifica esperienza professionale nel campo, presentava al Comune di Gioia del Colle, ai sensi dell’art. 37/bis della legge n. 109/94, una bozza di convenzione avente come oggetto l’ampliamento del cimitero, il restau-ro del cimitero monumentale, non-ché la gestione dei servizi ad esso connessi per la durata di 35 anni. Successivamente la medesima so-cietà, in data 24.06.2010 presenta-

va al Comune atto di diffida, con cui chiedeva di riconoscere alla proposta un pubblico interesse e, conseguen-temente, di indire una gara, ai sensi dell’art. 37-ter della legge n. 109/94, al fine di aggiudicare la relativa con-cessione.A seguito della delibera del Consiglio comunale n. 67 del 20.10.2011, con cui il Comune di Gioia del Colle non riconosceva di pubblico interesse la proposta presentata dalla società IN.EDIL s.r.l., e quindi riteneva con-cluso il procedimento di “project fi-nancing”, la medesima società pre-sentava in data 24.6.2011 ricorso al TAR Puglia, che si pronunciava con sentenza favorevole alle tesi formu-late dall’Ufficio Legale del Comune, confermando la suindicata delibera.

Bene, signor Vinci, al di là della con-clusione della vicenda, la domanda è: meglio affidare la concessione dei servizi cimiteriali ai privati o al pub-blico? Quali sono le opportunità che offre il “project financing”?

Non si tratta di essere d’accordo o meno con il “project financing”, si tratta di verificare nello specifico se questo strumento consente alla cit-tà di fare un risparmio o meno. Per fare questo, la Pubblica Amministra-zione dispone di due principi effica-ci per regolare la propria attività: la discrezionalità amministrativa, che pondera tutti gli interessi in gioco, relativi ad un determinato contesto, tra più comportamenti ugualmente leciti per il soddisfacimento dell’in-teresse pubblico, e il merito ammini-strativo, in virtù del quale la pubblica

amministrazione compie valutazioni e apprezzamenti circa l’opportunità, l’utilità, la convenienza e la giusti-zia di una certa scelta in funzione dell’interesse pubblico. Orbene, ana-lizzando la suindicata bozza di con-venzione, si evince che le condizioni in essa indicate non soddisfano tali requisiti per una precisa serie di mo-tivi.

Può spiegarci quali?

Nello specifico, al punto 15-GESTIO-NE della bozza, c’è una eccessiva lie-vitazione dei costi relativi ai servizi connessi ai servizi cimiteriali, per cui l’attività di esumazione, cioè il recu-pero di resti mortali di un defunto dopo un certo periodo di tempo, ha un costo di euro 120,00 (più IVA), ri-spetto al costo di euro 50,00, indicato nel regolamento di polizia mortuaria vigente all’epoca dei fatti; allo stes-so modo, l’attività di estumulazione (estrazione della salma dal loculo) ha un costo di euro 120,00 (più IVA) ri-spetto al costo di euro 50,00. Inoltre,

Spiegazioni, chiarimenti e propostePasquale Paradiso | FB/pasquale.paradiso.50

Cimitero e project financing :intervista a Vito Vinci

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un’attività prima gratuita, quale ad esempio l’inumazione (sepoltura del defunto in bara nella terra), avrebbe un costo di euro 120,00 + IVA.Tale lievitazione dei costi è aggra-vata dal fatto che, come si deduce dal secondo capoverso dell’art.15-Garanzie, il costo dei servizi connessi sarebbe aumentato, rispetto al tarif-fario relativo al primo anno, nella mi-sura del 2% il secondo anno, del 4% il terzo anno e così via.Al quinto capoverso dell’art. 5 – Ser-vizi, i proventi della concessione di loculi e di ossari andrebbero a rim-pinguare le sole casse della società, escludendo il Comune.

L’art. 2 esclude dalla concessione i lotti già realizzati, lasciando a cari-co del Comune solo spese per la loro manutenzione ordinaria e straordi-naria per 35 anni.

Al sesto capoverso dell’art. 5, è pre-visto che i singoli atti di affidamento in concessione dei loculi e degli ossa-ri siano stipulati innanzi ad un nota-io, con accollo di oneri fiscali, di bollo e di registrazione, nonché notarili a carico dei contribuenti.

Infine il quarto capoverso dell’art. 7 – Corrispettivi, prevedeva che, per poter riscattare i loculi non dati in concessione nella parte monumen-tale del cimitero, il Comune dovesse corrisponderne alla IN.EDIL. il prezzo maggiorato dell’adeguamento ISTAT nella misura del 2% per ogni anno, cosicché, al termine dei 35 anni, la somma da pagare si sarebbe aggira-ta sui 3 milioni di euro circa. Gesten-do autonomamente la ristruttura-zione del cimitero, invece, il Comune spenderebbe soltanto 2 milioni di euro, che potrebbe recuperare dalla concessione di una quota parte di loculi, per poi trarne un utile dai ri-manenti. Senza contare che il rischio d’impre-sa della INEDIL S.r.l. sarebbe stato

minimo se non inesistente, poiché, in base al secondo capoverso dell’art. 5 – Servizi, chi avesse fatto richiesta del loculo avrebbe dovuto pagare il 50% più IVA all’atto della prenotazio-ne e la restante parte entro 12 mesi da quest’ultima.

Qual è allora la sua proposta?

Per rispondere a questa domanda, occorre premettere un breve excur-sus legislativo. La concessione di loculi, infatti, secondo quanto previ-sto dal R.D. n. 1880 del 21.12.1942, poteva avvenire per un tempo de-terminato o a tempo perpetuo. Con il successivo D.P.R. n. 285 del 1990, all’art. 92, che ripete il contenuto del DPR 803 del 21.10.1975, con l’art. 93, “le concessioni rila-sciate dopo il 21.10.1975 sono solo a tempo de-terminato, con durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo”. Orbene, nel caso in cui l’erede “iure sanguinis” si presentasse per far valere il suo diritto derivante dalla concessione del loculo, potrebbero verificarsi tre situazioni:

» 1) l’erede si presenta munito di ti-tolo concessorio perpetuo: si potreb-be proporre la novazione consen-suale, secondo quanto disposto dal TAR Sardegna n. 95 del 30.01.2006, cioè proporre la estumulazione del defunto, la ricomposizione dei resti nell’apposita cassetta e la tumula-zione nella celletta, a titolo gratuito, previa stipula di una nuova conces-sione di durata pari a quella prevista dal vigente regolamento e, alla sca-denza, rinnovabile una sola volta a titolo oneroso, in base alle tariffe che saranno vigenti all’epoca del regola-mento;

» 2) l’erede si presenta munito di titolo concessorio a tempo deter-minato: stante lo stato di necessità ex art. 92 del DPR 285/1990, si può procedere alla revoca della prece-

dente concessione e alla stipula del-la nuova, sempre a titolo gratuito, di durata pari a quella prevista dal vi-gente regolamento e, alla scadenza, rinnovabile per una sola volta e a ti-tolo oneroso;

» 3) l’erede non si presenta muni-to di titolo concessorio: si procederà come previsto al punto 2).

Se nessuno degli eredi si presenta per far valere i propri diritti, si proce-derà all’estumulazione del defunto e alla ricomposizione dei suoi resti nell’apposita cassetta, munita di targa identificativa, che sarà tenu-ta a disposizione di chiunque abbia interesse per un periodo di 2 anni, conservando, laddove ci sia, la foto apposta sulla lapide.In quest’ultimo caso, per testimo-niare l’appartenenza alla comunità, la P.A. potrebbe farsi carico di realiz-zare delle stele, magari rivestite con lastre di tufo carparo, sulle quali ap-porre le foto e i dati identificativi del defunto, per certificare che la perso-na raffigurata è esistita.Le stele potrebbero es-sere posizionate lun-go i viali del cimitero: diventerebbero i “viali della memoria”.Non pretendo sicuramente di aver trovato la soluzione più opportuna, utile e conveniente ai fini della tutela dell’interesse pubblico. Quella appe-na enunciata è una semplice propo-sta, a cui mi auguro se ne possano aggiungere altre da parte di cittadini, partiti o associazioni; ritengo che si possa propendere per l’affidamento della gestione dei servizi cimiteriali tanto al comune quanto ai privati. L’unico vincolo previsto per legge, cui le proposte devono tendere, è quello dell’opportunità, della convenienza, dell’efficienza e della efficacia del servizio in modo tale che la cittadi-nanza possa godere della migliore gestione del servizio cimiteriale, ab-binata ad un minore esborso di de-naro pubblico possibile.

per leggere il D.P.R. 258 del 1990

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Cari Amici,

se dovessi scegliere un aggettivo con il quale descrivere la situazione del ca-

nile di Gioia del Colle, userei senza dubbio l’aggettivo “tragica”. Il canile

ospita più di 600 cani, un numero superiore rispetto ai posti disponibili.

Il Comune, per far fronte alle spese, mette a disposizione, mensilmente, 6.800

euro che vengono destinati all’assistenza sanitaria, alla riparazione di cucce e

all’acquisto di nuove. Questa cifra, in realtà, appare irrisoria se paragonata a

quella che gli altri comuni limitrofi mettono a disposizione per i ricoveri dei

cani randagi. A questo va aggiunto che tale cifra non riesce a coprire totalmente

le spese dei servizi utili per mantenere efficiente il canile.

La situazione diventa insostenibile durante i mesi freddi, in particolare quan-

do piove. Molti cani, in mancanza di gabbie adeguate e molto spesso prive di tet-

toie, si ammalano. Durante l’estate, la situazione si capovolge: esposti anche

ai 40°, rimangono senza un filo d’ombra. L’acqua inoltre risulta essere insuf-

ficiente per i cani ospiti nelle gabbie.

Il canile di Gioia del Colle si articola in due aree: una ubicata nei pressi

dell’ingresso del canile, un’altra alle spalle.

Nella prima area, ci sono gabbie dove il sole batte per quasi tutta la giornata. I

volontari hanno quindi provveduto a realizzare tetti provvisori.

Colgo dunque l’occasione per porgere delle domande al Comune: riuscireste Voi

a vivere chiusi in gabbie prive di tettoie sotto il caldo cocente o sotto piogge

insistenti? Ma queste domande sono state già fatte in passato: il risultato è che

nulla è cambiato nel canile.

La seconda area del canile, quella più vecchia, si trova in condizioni pessime!

Cucce improvvisate, gabbie chiuse da reti di letti abbandonati riciclate come

porte, mancanza di tettoie, buche nel terreno che si trasformano in grosse poz-

zanghere quando piove. Qui la situazione è la stessa di 24 anni fa.

Oltre a questi problemi pratici legati alle cucce degli animali e alla sporci-

zia che fa da cornice al canile, ce ne sono altri da elencare. In primis quello

dell’erba incolta, mai tagliata se non dai volontari.

Inoltre, il canile, per insufficienza di personale, è aperto dalle 7 di mattina

alle 14. Diventa quindi un problema poter accedere alla struttura se un cane ha

bisogno di cure o assistenza.

Scrivo questa lettera per sottolineare come i fondi messi a disposizione del Co-

mune di Gioia del Colle risultano essere insufficienti per mantenere viva e at-

tiva la struttura. Stiamo offrendo un servizio a metà per i cani ospiti del ri-

covero.

La cosa che mi stupisce è che per anni la situazione è finita sotto le luci dei

riflettori, ma nessuna amministrazione ha preso a cuore questo problema che ri-

guarda la nostra città. Come mai anche l’ASL locale non riesce a prendere una

giusta posizione? Come mai il vecchio canile non ha mai subito una ristruttura-

zione?

Sono domande che forse non avranno mai risposta, ma almeno questa diventa un’al-

tra occasione per parlare del canile.

Anche i cani hanno diritto a un’esistenza dignitosa e, citando Gandhi, “la civil-

tà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”.

Giuseppe Aquilino

ANIMALI ALL'OMBRA DELLA CIVILTA'

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Pubblichiamo di seguito una lettera aperta scritta da Giuseppe Aquilino, volontario del canile di Gioia del Colle, che descrive la si-tuazione nella quale vivono i cani ospiti del ricovero per animali. Una situazione che non cambia, nonostante le tante sollecitazioni alle varie amministrazioni. Si chiede solo un po’ più di attenzione.

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Attualità

12 PrimaVera Gioia

Mercoledì 8 agosto 2012, ha fatto tappa a Gioia del Colle, sul Sagrato della Chiesa Ma-dre, il tour di presentazione di “Zahir”, nuovo album del pianista Massimo Carrieri.Diplomatosi al Conservatorio “G. Verdi” di Mi-lano e perfezionatosi in Musica per Film pres-so l’Accademia Chigiana di Siena con Luis Ba-calov e al Berklee College of Music di Boston, Carrieri ha voluto con sé Salah addin Roberto Re David, straordinario musicista gioiese che ha contribuito a trasformare questo concerto in un autentico viaggio, trasversale al tempo e allo spazio.Come hai incontrato Massimo Carrieri?Tempo fa venne ad ascoltarmi a Martina Franca, dove suonavo con il mio progetto DottorBlue. Fu colpito dalle mie sonorità, che prima di allora aveva sentito solo a New York, e dai campioni etnici, molti dei quali erano mie creazioni originali. Iniziammo a frequentarci e, dopo circa sei mesi, mi propose una colla-borazione. Poco prima aveva fatto un viaggio in Croazia, entrando in contatto con un muez-zin ottantenne dalla voce particolarmente brillante. Costui gli concesse di utilizzare un file audio che aveva caricato su web ma morì a distanza di breve tempo. Gli eredi negarono questa utilizzazione e Massimo restò con un brano da chiudere. Non sapeva dei miei studi arabi e delle mie qualità nel canto ma mi sco-prì, chiamandomi in studio.Come è nato il percorso spirituale che ti ha portato alla conversione?Ho sempre avuto un rapporto atavico con il concetto di Dio e la figura di Abramo. Poi, spinto da letture filosofiche, ho portato avan-ti la mia ricerca, fino allo studio dell’ebraico e dell’arabo. Dopo aver visto i dervisci tourneur (discepoli di alcune confraternite islamiche che praticano una celebre danza, ruotando a lungo su se stessi per raggiungere l’estasi mi-stica, n.d.r.), ho cominciato a studiare sufismo a Milano con il maestro Gabriele Mandel (lo stesso di Franco Battiato) e sono stato inizia-to come sufi. Nel 2003 sono diventato musulmano ma, ad

L’ossessione dell’evoluzioneintervista a Roberto Re David

un certo punto, il mio atteggiamento critico verso alcune tarike (confraternite) è cresciuto fino al punto di spingermi ad allontanarmi. Ci sono tarike e maestri straordinari, ma queste oramai sono spesso centri di potere e veicolo di controllo. Purtroppo il concetto di “gruppo” funziona così: fa uscire il massimo da te, nel meglio e nel peggio. In quest’ultimo caso, fino alla devastazione e, in certi casi, è difficilissi-mo uscirne.In senso più generale, l’Italia e il mondo sono pieni di gruppi esoterici e, per occupare posti

di potere, bisogna farne parte. Leo Gullotta ha denunciato pubblicamente questo fenomeno e, non a caso, è stato messo ai margini. Il pro-getto di Berlusconi di “colonizzare” l’Italia con le sue tv private è in realtà un disegno mas-sonico di Licio Gelli.Siamo dominati da un’oligarchia di famiglie nobili che hanno creato i concetti di destra e sinistra per darci una parvenza di democra-zia. Questa élite di potere è capace di far sal-tare una nazione, semplicemente spostando grossi capitali di loro appartenenza. In so-stanza, comandano il mondo. Siamo sotto il loro controllo: scie chimiche, prodotti tossici e alimenti inquinati influenzano il nostro corpo e la nostra mente, senza accorgercene.Se in India i settantenni sono in grado di sca-lare a mani nude le montagne, noi abbiamo perso il contatto con la natura e viviamo tra due eccessi: da un lato viviamo in città puz-zolenti, dall’altro abbiamo il culto degli sport estremi.La nostra ricchezza è la povertà dispera-ta di altre persone: in Congo, per esempio, estraiamo la materia prima per costruire i

Vanni La Guardia | FB/vanni.laguardia

nostri pc, avendo così determinato la morte di 2.000.000 di esseri umani. Nella mia arte, dopo questa esperienza, faccio proteste e battaglie, inserisco contenuti che possano aiutare a comprendere come gira il nostro pianeta.La vita è un videogioco e la storia non è quel-la presente nei libri: le guerre, le rivoluzioni e tanti altri eventi fondamentali sono solo l’a-spetto esterno, dietro c’è una mossa tattica. A proposito di informazioni distorte, prima che le notizie arrivino su tv e giornali, ci sono agenzie potentissime, in mano a gruppi di po-tere, che le filtrano. Da credente dico che, se non arriva un aiuto divino, non ne usciamo.“Zahir”, in arabo, significa “ossessione”. Quale ossessione si muove nel cuore e nella testa di Roberto Re David?Quella di evolvermi per purificare la mia anima, per continuare il mio viaggio, possi-bilmente non su questa terra. Questo è un passaggio che voglio vivere nella maniera più saggia possibile: siamo qui per confrontarci, per fare del bene. La vita è Una per tutti noi ed io non voglio mentire a me stesso.Prima e durante lo spettacolo ci sono sta-ti alcuni problemi, legati in particolare agli orari del sound-check e alla concomitanza di un concerto in una pizzeria situata vicino alla Chiesa Madre: a tuo parere quali posso-no essere alcuni suggerimenti da proporre all’amministrazione comunale per migliorare la gestione degli eventi?Bisognerebbe dare importanza non solo al “sì, ti faccio fare l’evento e ti pago” ma all’or-ganizzazione intera. Quel “sì” è solo l’inizio di un iter lungo e complesso. Spesso le cose vengono affidate semplicemente alla buona volontà e manca un vero coordinamento che consentirebbe al Comune di lavorare meglio. Quando si parla di musica, ci vuole conoscen-za e competenza. Si potrebbero ricercare fi-gure giovani che affianchino l’Assessorato e girino a caccia di anteprime.Pensi che esista una sorta di “aristocrazia” dei generi musicali?

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Sergio Recchia, diplomato al “Centro Sperimentale di Cinematografia”, allievo di Roberto Perpi-gnani, cosa ricordi con più piacere del tuo percorso di studi con lui?Perpignani ma anche Rotunno, Scarpelli, Piero Tosi: ho avuto modo di riconoscere in questi grandi artisti valori

come la semplicità e l’umiltà, uniti ad una forte positività, elementi tutti che permettono di condurre un’analisi

della realtà pulita, scevra da preconcetti e remore. Facendo tesoro di ciò, ho sempre pensato che il modo

più giusto di fare cinema sia proprio questo: ciò si riflette beneficamente nell’atto pratico di attivare il lavoro

cinematografico in generale. Si crea una sorta di empatia con tutti coloro che danno il loro contributo artistico

alla creazione di un film, dal montatore, al truccatore, alla costumista.

Da “Traffic Light”, primo adolescenziale esperimento cinematografico del 2002, a “Tutto Bene”, “L’Altra” e, infine, “One Day”: stilisticamente parlando, sono molte le diversità tra loro...Sì, è vero, è un discorso complesso quello della ricerca dello stile nelle forme del linguaggio cinematografico.

David Linch afferma: “Mi piace fare film perché mi piace andare in un altro mondo. Mi piace perdermi in un

altro mondo. Il film per me è un mezzo magico che fa sognare, permette di sognare nel buio. E’ proprio una

cosa fantastica perdersi dentro il mondo del cinema”. Il regista infatti ha, secondo me, una duplice respon-

sabilità nel momento in cui realizza un film: creare un personaggio e vestirne la creazione. Entrare in sala,

come anche approcciare il momento creativo-produttivo con purezza, vuol dire sprofondare in un momento di

sogno, persino quando si assiste al più realistico dei film.

Quale dei tuoi film ricordi maggiormente per le difficoltà incontrate in fase di lavorazione?Sicuramente “l’Altra”, ambizioso sin dall’inizio, sia per il messaggio filosofico esistenziale, legato al tema

dell’immigrazione e dell’integrazione, sia dal punto di vista della produzione, ovvero in termini di esperienza

logistica di gestione della troupe cinematografica e di tutti i membri che la compongono.

Attualmente in Italia cosa deve avere un regista per ottenere successo? E per contro, cosa do-vrebbe coerentemente fare la produzione cinematografica?Il regista dovrebbe avere il coraggio di proporre una sua originale visione della realtà e la forza di mantenere le

sue idee (mentre spesso si tenta di scalfirle, anche per motivi comprensibili), a patto che la responsabilità di

scegliere un prodotto cinematografico anziché un altro sia affidata a produttori sapienti, che devono essere in

grado di puntare sulla qualità e non solo sulle mode del momento. In questo settore non si può solo ragionare

sulla base di logiche strettamente commerciali, anzi si dovrebbero scardinare i vecchi meccanismi della pro-

duzione a favore di nuove idee, così creando nuovi segmenti di pubblico per la distribuzione.

A quale regista italiano ti senti vicino in fatto di sensibilità, gusto estetico e analisi del mondo?Ce ne sono diversi, soprattutto pescando nel nostro passato. Credo che Elio Petri sintetizzi al massimo il

raccordo tra passato glorioso e futuro possibile, senza dimenticare Antonioni e De Sica che sento tanto vicino

ed un “caro nonno” del cinema italiano come Gillo Pontecorvo. Se devo rispondere sul presente, direi Matteo

Garrone per il senso estetico, Sorrentino per l’originalità narrativa.

Il festival del film di Locarno ha rappresentato la tua ultima occasione di esposizione pubblica, come è andata e quali sono i tuoi progetti futuri?Sì, a Locarno ho presentato la mia sceneggiatura per un film in co-produzione tra Italia e Germania, anche

perché i fondi nazionali per la produzione dei giovani registi sono quanto mai scarsi, in questo periodo di crisi.

Il prossimo grande passo, quindi, riguarda certamente la realizzazione del mio primo lungometraggio. Vorrei

realizzare qui in Puglia, con la cooperativa Murex, un film indipendente da portare in giro per il mondo, por-

tabandiera della nostre storie, della nostra terra e della nostra cultura... cercando risorse e sinergie tra gli enti

locali, le istituzioni e Apulia Film Commission nonché le imprese private di altri settori (che possono investire

in un film a costo zero grazie al Tax-Credit) per riuscire a produrlo.

Girando per i festival, si può davvero capire quanto grande sia l’impatto che un prodotto-film può avere come

ricaduta sul territorio, in termini di turismo e commercio.

Motore ed azione della positivitàMaria Castellano

photo www.cinemio.it

Nelle culture orientali e occidentali, in principio, c’erano i modi, ossia le scale con determinate qualità emotive: l’a-more, l’eroismo, l’erotismo. L’arte è un mezzo per comunicare le emozioni e la verità si raggiunge o attraverso queste o per mezzo di concetti e formule mate-matiche: la musica racchiude entrambe le componenti! Non faccio discriminazione sui generi, se la persona è onesta con sé stessa, le emozioni si librano nell’aria, seppur certi contenuti impongono deter-minate forme e metriche.A cosa stai lavorando attualmente?Innanzitutto ad un concorso che selezio-na i migliori musicisti di elettronica; poi sto leggendo alcune sceneggiature di film che probabilmente musicherò; sto scri-vendo un brano per un ensemble molto prestigioso di musica contemporanea; a dicembre pubblicherò il primo vinile del mio progetto DottorBlue Art Project; sto lavorando ad un album di canzoni (at-tualmente ho 3 singoli pronti) che mi per-metta di frequentare un genere più vicino alle masse, pur senza risultare “leggero”, perché anzi i nostri tempi sono “pesanti” e io sono parecchio incazzato”; infine sto per pubblicare un disco molto importan-te, lo considero un’autentica preghiera, tanto che lo firmo col mio nome arabo (che ho sognato), come in tutti i casi in cui avverto un particolare trasporto spi-rituale.Si può vivere di musica, a Gioia del Colle?Sì, dando spazio alla buona volontà, al valore umano e ai sentimenti di ognuno di noi: si possono organizzare concerti ogni settimana, la gente ne ha bisogno. L’unione fa la forza, i ragazzi dovrebbero iniziare a pensare un po’ più a loro stessi, piuttosto che scimmiottare gli altri, che non gli regaleranno mai niente. Devono fare le cose: nel nostro paese il Labora-torio Urbano potrebbe funzionare 300 miliardi di volte meglio, basterebbe di-struggere l’invidia ed evolversi, partendo da sane competenze.Oggi si diventa insegnanti per potere, non per mettersi al servizio degli altri. Eppure io continuo a sperare: durante il sound-check, alle 16:30, sul Sagrato non c’era nessuno. Ho iniziato a suonare e si sono avvicinati ragazzini di 10/12 anni che non avevano mai visto un pianoforte. Sono ri-masti lì, ad ascoltare...

intervista a Sergio Recchia, ospite dell’ ”Estate Gioiese”

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14 PrimaVera Gioia

A vederla adesso quella storica fontana che troneggia variopinta in un angolo

“d minz o larj”, sembra appena uscita dal mondo dei puffi, come qualcuno ironizzò tri-stemente alcune sere fa. Più ti avvicini e ci giri intorno, guardandola con perplessità mista a disgusto, più ti accorgi di quale e quanta cura sia stata riposta nell’ultima magnifica opera

di rivisitazione in stile kitsch di un testimo-ne della storia recente della nostra cit-tà. E’ mai possibile?

Sì, è possibile e il degrado di origine antropica della fon-tana - si chiama così in gergo tecnico il degrado prodotto dall’uomo sulle opere d’arte - è il dato di fatto dal quale vogliamo partire non per gridare allo scandalo da snob intellettuali, ma per tentare di fornire una lettura in chia-ve socio-politico-antropologica delle ragioni alla base di questo infelice esempio di decoro urbano e nel frattempo chiedersi cosa bisognava fare (o meglio non fare) e non è stato fatto. Procediamo dunque con ordine e analizziamo il primo dato: l’ignoranza del valore della fontana dal punto di vista socio-antropologico. A fronte del maldestro inter-vento mosso quasi certamente dalla “encomiabile” vo-lontà di dare una “rinfrescata” alla fontana con una mano di vernice impermeabilizzante, l’assessore con delega al decoro urbano ha dovuto prendere atto della reazione di sdegno che forse non si aspettava così plateale da parte di tanti cittadini gioiesi.Quello che è successo a Piazza XX settembre, per cui molti hanno espresso il loro disappunto verso lo scem-pio perpetrato ai danni della fontana sia su facebook che nei commenti per strada, non è semplicisticamente li-quidabile in termini di “palese accanimento” nei confron-ti dell’assessore Masi, come quest’ultimo ha dichiarato sulle pagine del primo numero di agosto di Gioia Oggi. Come tutti i monumenti, anche la fontana d minz o larj possiede un’immagine storica ormai consolidata nella memoria collettiva ed è proprio la perdita di tale immagine che ha scatenato le ire di molti gioiesi: per lungo tempo, almeno fino a febbraio 2008, come testimonia una foto recupe-rata da una semplice ricerca su Google Images, la fontana era riconoscibile per il colore chiaro

della grande vasca mistilinea, la cui tonalità rivaleggiava a tratti con le stalattiti di ghiaccio immortalate da quello scatto invernale (https://ssl.panoramio.com/photo/7920137). Ma già nell’ottobre dello stesso anno, chissà per quale scelta sconsiderata, le conchiglie si tingevano inspiegabilmente di rosso e la vasca della fontana veniva ricoperta con una mano uniforme di bianco, come testimonia quest’al-tra foto (http://www.eurekabooking.com/en/guide/italy/gioia-del-colle/photos.html). Da notare che, nell’arco di tempo intercorso tra i due scatti, avveniva il passaggio di con-segne dal sindaco uscente Vito Mastrovito al nuovo sindaco Piero Longo, eletto a seguito del ballottaggio della tornata elettorale del 13-14 aprile. Di lì poi sempre peggio, fino all’attuale exploit in stile Di-sneyland, che, a differenza dei precedenti interventi, ha modificato radicalmente la tavola cromatica della fonta-

na, interferendo pesan-temente nell’atto crea-tivo di chi ha concepito il progetto e la decorazio-ne di quella fontana. Un tripudio di blu, bian-co e rosso per la vasca e una fedele riprodu-

zione dei colori dello stemma comunale nei riquadri che ospitano l’Arma Joe…non v’è alcun dubbio che il lavoro sia stato eseguito a regola d’arte da esperti conoscito-ri dei colori del nostro gonfalone per via del loro status di dipendenti comunali (loro lo stemma lo conoscono a memoria!). Ma chi conosce davvero l’aspetto originario della fontana e chi si è preoccupato di conservarlo nel corso del tempo? C’erano lì quei colori?Siamo dunque arrivati al punto dolente dell’intera que-

stione: l’ignoranza del valore storico e artistico della fontana e di conseguenza della tecnica esecutiva e dei materiali impiegati per la sua realizzazione. E’ chiaro che il criterio adottato per la “pianificazione”

dell’intervento nulla ha a che vedere né con l’idea che quella fontana possa avere una storia quasi secolare

in grado di conferirle valore aggiunto rispetto ad una banale fontana da giardino o piscina che dir si

Maria Marmontelli | FB/maria.marmontelli.9

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PrimaVera Gioia 15

voglia (ricordiamo che fu costruita nel 1931, come atte-sta un’incisione laterale sul pilastro con l’Arma Ioe che guarda verso via Manin), né con la consapevolezza che un intervento del genere possa essere talmente invasivo da sfociare in futuro in una forma di ulteriore degrado dello stato di conservazione della fontana.Ma anche qui andiamo con ordine. Sempre nell’intervista rilasciata a Gioia Oggi, Masi Lenin afferma che “la fontana è totalmente in cemento”. Sulla base di quale documen-tazione d’archivio o di quale analisi petrografica l’asses-sore al decoro urbano afferma una verità del genere in termini così perentori? Forse sulla base della sua espe-rienza di cantiere o dei racconti tramandati oralmente dai mastri muratori che spesso si trasformano in leggen-de metropolitane? E ammesso e non concesso che sia così, cosa c’entrano le tecniche di lavorazione artistica del “cemento” negli anni Trenta del Novecento con quelle moderne e come si può pretendere di strumentalizza-re la materia per declassare l’importanza di una fontana ornamentale per poi trattarla alla stregua di un anonimo edificio in cemento? Dire che si tratta di un’operazione assolutamente pri-va di onestà intellettuale e di rispetto per la storia è un eufemismo. Ci sono numerosi esempi di fontane di inizi Novecento, realizzate completamente in cemento an-che grezzo. Vedasi ad esempio la fontana di Proserpina a Catania, opera del 1904 di Giulio Moschetti, la fontana realizzata in piazza Postiglione a Raiano (AQ) nel 1912 o quella di Corfinio (AQ) del 1915. Tutte queste fontane sono state restaurate anche ultimamente nel più asso-luto rispetto del loro valore storico-artistico, non di certo trasformate in attrazioni da parco divertimenti solo per-ché di cemento. Per dovere di cronaca - sperando di non fare un assist involontario all’assessore – bisogna segnalare un caso analogo di fontana molto simile alla nostra, bistratta-ta anche lì dalla locale amministrazione. Si tratta della fontana di Porta Marina a Castelfidardo (AN) - in foto - realizzata in cemento armato nel 1937 e rimossa dalla

sua originaria collocazione nel 2009 per far spazio ad una nuova moderna fontana dise-gnata da Tonino Guerra. An-che qui, protesta dei cittadini per le stesse motivazioni di carattere socio-antropologico e scarsa considerazione per la storia di un monumento loca-le.Tornando a Gioia, fin quando la ricerca d’archivio non re-stituirà documenti storici che parlino chiaramente - pro-getti, commesse, rendicon-

ti di spesa, ecc., l’unico sistema per accertare in modo univoco la natura dei materiali costitutivi della fontana e trarre conclusioni sulla tecnica di esecuzione, resta l’a-nalisi petrografica. Essa consiste nell’asportazione di un piccolo frammento di pietra o di materiale lapideo che viene ridotto in una lastra sottilissima dello spessore di circa 30 micron (1 micron corrisponde ad un milionesimo di metro), in modo tale che sia facilmente attraversabile dalla luce di un microscopio ottico. A questo punto, nel caso si tratti di una roccia, è possibile individuare i diversi minerali o i fossili che la formano e, dalla loro associa-zione, risalire univocamente al nome della roccia stessa.Non solo. Molte osservazioni interessanti si possono fare se, avvicinandoci alla fontana, facciamo una sem-plice analisi macroscopica ad occhio nudo. Innanzitutto, il catino sommitale e la base su cui insistono le quattro colonne centrali sono di fattura o di natura diversa da quella della vasca: sono infatti realizzati con un materia-le rosso riconducibile ad un conglomerato, che potreb-be essere naturale (breccia) o artificiale. Le brecce sono pietre ornamentali da costruzione formate da clasti (cioè frammenti di roccia di dimensioni superiori ai 2 mm con spigoli vivi, simili a quelli bianchi che si leggono anche a distanza sulla nostra fontana), immersi in una matrice di granuli più piccoli, legati tra loro da un cemento naturale spesso costituito da soluzioni di sali e ossidi di ferro che conferiscono alla roccia la tipica colorazione rossa.Diversamente, potrebbe trattarsi di un conglomerato ar-tificiale ottenuto mediante l’allestimento di casseforme in legno o metallo, all’interno delle quali è stata fatta una colata di materiale semisolido che nulla ha a che vedere con il cemento moderno. Alla base ci sarà stato un pro-getto per la realizzazione della forma, un altro per l’as-semblaggio in situ dei vari pezzi, uno studio dei materiali più idonei a raggiungere quel determinato effetto sceno-grafico e coloristico.Sicuramente le maestranze che hanno messo a punto la formulazione della colata avranno tenuto conto del contatto prolungato con l’acqua, se non altro perché una fontana ornamentale si costruisce per durare nel tempo. Insomma, c’è dietro tanta storia che va studiata e appro-fondita. Inoltre, se si osserva la superficie rigata di alcune delle grandi conchiglie che decorano i quattro pilastrini esterni della vasca, si noterà chiaramente la pietra bianca sot-tostante affiorare in corrispondenza di leggere abrasio-ni superficiali. E questa pietra non è né quella a matrice rossa del catino sommitale, né quella a matrice verde del fusto delle colonne. Quindi la gamma dei materiali impiegati per la costruzione della fontana comprende, come minimo, tre tipologie differenti. Cemento moderno è stato invece impiegato nei rattoppi grigi, chiaramente distinguibili ad occhio nudo sulla superficie delle colonne in stile ionico.

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Infine, come giustificare, da un punto di vista puramente conservativo, l’affermazione per cui sono stati usati pro-dotti che si avevano a disposizione, senza averne pre-ventivamente verificato la compatibilità a breve e a lungo termine con i materiali costitutivi dell’opera? Ma certo, la fontana di cemento! Senza considerare che la mano di vernice sarà stata data senza alcuna operazione preliminare di pulitura, inglo-bando depositi di sporco superficiale e soprattutto parti-celle di smog chimicamente aggressive che ora staranno interagendo con le superfici della fontana come gli aromi del pollo al cartoccio. Un breve confronto con un dipendente dell’ufficio tecnico che negli anni Novanta ha partecipato ai lavori di manu-tenzione della fontana, è stato illuminante per compren-dere come attualmente si siano persi i contatti con la Soprintendenza ai Beni Culturali che, all’epoca, garantiva una consulenza sia pure sommaria, in grado di evitare agli operai errori grossolani come quelli che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Si spiega così perché, per lungo tempo, la fontana di Piazza XX Settembre sia rimasta immune da

scempi di tale por-tata e sia stata al massimo ridipinta dal lato interno della vasca, senza andarne a stra-volgere delibera-tamente l’estetica complessiva. Concepita e re-alizzata in pieno

ventennio fascista (per chi sa leggere le date sui monu-menti e conosce un po’di storia contemporanea), quella fontana è diventata suo malgrado il simbolo della piazza rossa per la presenza della sezione del PCI. Questa para-dossale stratificazione simbolica le è costata così tanto, che adesso occorre un vero progetto di restauro per ri-metterla in sesto, non di certo la proposta di Masi Le-nin di darle una mano di vernice trasparente, dopo aver rimosso, chissà come e non ci voglio pensare prima che mi vengano i capelli bianchi, quella colorata che hanno spalmato senza alcun criterio.L’unica soluzione per venirne fuori sarebbe quella di av-viare la procedura per chiedere il riconoscimento del va-lore storico-artistico della fontana al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in modo tale che rientri sotto le leggi di tutela dello Stato e si finisca, una volta per tutte, di bistrattarla.Per il bene della fontana di Piazza XX Settembre, citando Federico Zeri, sarebbe il caso di dire che, in mancanza di competenze specifiche in materia, “il miglior restauro è quello che non si fa” o diversamente, ricorrendo al sem-pre efficace ed espressivo vernacolo gioiese: statv ferm!

Quante polemiche, quanti argomenti e quante previsioni

pessimistiche potrebbero fare da ornamento a questa

circostanza! In questa sede, però, il dovere di cronaca

prevale su tutto.

Il neoeletto consigliere Donato Lucilla, che a questo

punto si consacra guida spirituale, oltre che politica,

del movimento civico PRO.DI.GIO., durante il consiglio

comunale del 9 agosto dell’anno corrente, interrogava

Sergio Povia su una presunta incompatibilità in merito

all’assegnazione di alcune deleghe facenti capo a Giu-

seppe Lenin Masi, assessore della nuova giunta.

È opportuno precisare il tutto.

Il consigliere Lucilla fondava la sua interrogazione

attraverso la citazione dell’articolo 78 del Testo Uni-

co degli Enti Locali, il quale non parla di incompati-

bilità vera e propria ma di obbligo di astensione dal

praticare una professione privata nel comune ammini-

strato in questo caso dall’assessore, se vi è una ovvia

correlazione tra gli interessi.

A questo punto, lo stesso consigliere confida alla

nostra redazione che “la vera sorpresa è stata che il

sindaco in prima persona dichiarava di non conoscere la

norma”. Risulta chiaro, col senno di poi, che nemmeno

un dubbio o una domanda è sorta nel momento in cui la

spartizione del pane e delle deleghe si concretizzava.

“ In ogni caso - continua Lucilla - si rimandava ogni

drastica decisione al nuovo consiglio comunale e Povia

prometteva in quella sede che, se il fatto consisteva

giuridicamente, non ci sarebbero stati dubbi nel revo-

care alcune decisioni prese in precedenza. Ma, ovvia-

mente, il sindaco stesso rimandava il tutto all’agire

etico del suo assessore, Masi, concedendogli la possi-

bilità di rimettere spontaneamente i propri incarichi

in capo al sindaco”.

Quello che non si aspettava Lucilla sono le dichiarazio-

ni rilasciate alla Gazzetta del Mezzogiorno dall’asses-

sore Masi, il quale collocava l’intera vicenda all’in-

terno di una mera questione quantitativa, invocando

proporzioni lontane dai principi democratici.

Queste dichiarazioni alludevano alla quantità di suf-

fragi ottenuti durante le ultime votazioni, che si sa-

rebbero dovuti trasformare in una quantità di deleghe

importanti. Quindi vi sono delle deleghe e degli asses-

sorati importanti e un elettorato più esigente rispetto

ad un altro.

A questo punto, l’intera cittadinanza gioiese si aspet-

ta una risposta che sia veramente istituzionale. Il

consigliere Lucilla afferma che se ne farà carico,

continuando nell’approfondimento del tema e insistendo

nel riproporre la pubblicazione delle condizioni lavo-

rative personali della classe dirigente locale, in modo

che l’elettorato in primis conosca quali sono i rischi

a cui va incontro quando sceglie e vota un rappresen-

tante, piuttosto che un altro.

MASI CONTRO TUTTILucilla: “Non è una questione di quantità”

Emanuele Donvito | FB/emanuele.donvito.7

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PrimaVera Gioia 17

Il calore persistente dell’estate, le

notti “quasi magiche” di Euro 2012 e la

festa Olimpica hanno portato una ventata di entusiasmo an-

che nelle case degli sportivi gioiesi, ma, a breve, volontari,

calciatori, rugbisti, allenatori, genitori, custodi ed appassio-

nati torneranno a popolare l’unica struttura in cui, a quanto

pare, neanche più in maniera pienamente legittima si prati-

ca il gioco più amato dagli italiani.

La struttura nel suo complesso è ormai da parecchi mesi non

pienamente agibile. É chiusa al pubblico la tribuna, poiché

parte della sua copertura è palesemente lesionata dall’usura

del tempo e chissà, forse, dalla mancata manutenzione or-

dinaria.

La vecchia amministrazione ha ottenuto, tra i suoi colpi di

coda, la revoca dell’agibilità della tribuna con un’ordinanza

datata poche ore prima delle dimissioni del sindaco. Fino

alla sua caduta, il sindaco Longo, sotto la propria responsa-

bilità, aveva di fatto continuato a rendere agibile la struttura.

Morale della favola: la tribuna è oggi inagibile, mentre fino

a ieri era fruibile perché Piero Longo se ne assumeva la re-

sponsabilità. Questo approccio alla gestione del patrimonio

pubblico è alquanto discutibile. Per chiudere ogni questione

e per rendere nuovamente fruibile in toto la struttura, sareb-

be indispensabile un intervento di manutenzione da parte

del Comune. É indecoroso per una città come la nostra, tra le

più ricche e invidiate del circondario, presentare alla citta-

dinanza e agli ospiti dei comuni limitrofi una struttura par-

zialmente inagibile.

Altro nodo cruciale da sciogliere è quello dell’utilizzo e della

divisione degli spazi per gare ufficiali ed allenamenti tra le

varie associazioni sportive aventi diritto. Lo scenario attuale,

salvo mancate iscrizioni o novità per la stagione 2012-2013,

vede la presenza dell’asd Pro Gioia, dell’asd Real Gioia Calcio,

dello Juventus Club Pino Caserta, della Federiciana Rugby e

dell’Anspi, che però non partecipa a campionati agonistici.

Le prime tre hanno la piena disponibilità della struttura,

mentre la Federiciana Rugby, al secondo anno tra i ruoli fe-

derali, dispone della struttura soltanto per gli allenamenti.

Anche in questo caso è auspicabile che la nuova ammini-

strazione possa mettere i rugbisti gioiesi, senza pregiudizi e

senza considerazioni che esulino dai regolamenti e dai valori

dello sport, in condizione di poter disputare a casa propria le

gare interne del campionato di competenza.

Terza questione, forse la più spinosa, riguarda l’omologazio-

ne del manto erboso artificiale e la sua durata. Secondo LND

Servizi srl, infatti, il manto erboso, omologato nel 2003, con

già quasi 9 anni di vita, potrà essere utilizzato al massimo

fino alla fine del 2013. Entro questa data, l’amministrazione

dovrà (dovrebbe) ristrutturarlo e riprogettarlo in modo tale

da renderlo conforme ai nuovi regolamenti.

A quanto pare, solo con il nuovo manto, anche il rugby po-

trà avere piena cittadinanza a Gioia del Colle. Va detto che

“rumours” provenienti da fonti vicine alla palla ovale affer-

mano che il primo cittadino Povia avrebbe garantito a bre-

ve la realizzazione di un nuovo campo a loro espressamente

dedicato.

Ultime due questioni riguardano l’eventuale introduzione

di una tariffa a carico delle associazioni sportive per l’utiliz-

zo delle strutture e il costo da sostenere per l’omologazione

ai campionati FIGC delle infrastrutture sportive. Nel primo

caso, appare irrealistico chiedere alle associazioni di soste-

nere il costo reale di gestione delle strutture. In esso si do-

vrebbero comprendere le utenze, la manutenzione ordinaria,

le spese di guardiania, il giardinaggio e la quota parte di am-

mortamento delle parti soggette ad usura.

Altresì, pur non negando il particolare momento finanzia-

rio che vivono gli Enti Locali nel nostro Paese, appare poco

saggio disincentivare la pratica associazionistica sportiva,

introducendo un nuovo costo che nelle casse comunali por-

terebbe in teoria qualche migliaio di euro, ammesso che tale

denaro sia realisticamente incassabile.

Sul bilancio del Comune di Gioia del Colle, qualche migliaio

di Euro non farebbero la differenza e si tratterebbe solo di

un’operazione priva di visione complessiva della materia e

di fatto assolutamente inutile, se non addirittura contropro-

ducente.

Infine, un augurio di buon lavoro alla nuova ed appena inse-

diata Consulta dello Sport, organo che dovrebbe porsi dalla

parte delle Associazioni e non surrogare se stesso in ambi-

zioni che non gli competono. L’augurio è quello di vedere

un’impostazione propositiva, libera da inutili e piccole dia-

tribe sugli spazi e gli orari a disposizione delle varie asso-

ciazioni.

FOOTBALL, RUGBY E CAMPO SPORTIVOLa questione del campo “Martucci”

Le lesioni nella copertura della tribuna. Sul sito le altre foto.

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Pillole » I mercatini dell’antiquariato rimangono solo su carta

“Impulso alla città dal punto di vista commerciale, turi-stico e culturale”, sono queste le motivazioni che hanno spinto la giunta comunale ad adottare la delibera n°21 del 3/7/2012 che prevedeva l’organizzazione di un mercatino dell’antiquariato in Piazza Luca d’Andrano ogni sabato nei mesi di luglio e agosto. L’amministrazione aveva deciso anche di non pretendere il pagamento della TOSAP, il tri-buto per l’occupazione del suolo pubblico, dagli antiquari pugliesi che avessero deciso di “fare affari” sul suolo gio-iese, tanta era la sicurezza di ricadute positive in termi-ni commerciali, culturali e turistici derivanti dall’iniziativa. Sarà perché gli antiquari non reputano “appetibile” il mer-cato o sarà perché la medesima piazza è rimasta occupata da un palco per più di 15 giorni, fatto sta che nessun espo-sitore ha varcato le porte della città. È legittimo allora chie-dersi se sia possibile rimettere ad una tale iniziativa, per di più non riuscita, il rilancio commerciale, turistico e culturale di Gioia o se non siano auspicabili riforme programmatiche più incisive ed organiche, volte al rilancio globale della città attraverso una visione d’insieme e al recupero delle risor-se “abbandonate”(centro storico, castello, scavi di Monte Sannace).

» “Conflitto di interessi” Uno dei principali mali che da sem-pre affligge la politica italiana, chiacchiericcio per i politici coinvolti e “ portatori sani” dello stesso, causa di ineleggi-bilità per l’opinione pubblica più accorta. Di seguito verrà riportata la definizione che dello stesso offre “Wikipedia, l’enciclopedia libera” sul suo portale web, in quanto ritenu-ta sufficientemente esaustiva del concetto e scevra da po-sizioni di parte,con il fine di permettere al lettore gioiese di trarre le più personali considerazioni sulle vicende politiche che interessano il nostro comune: “Si verifica un conflitto di interessi quando viene affidata un’alta responsabilità decisionale ad un soggetto che abbia interessi personali o professionali in conflitto con l’imparzialità richiesta da tale responsabilità, che può venire meno visti i propri interessi in causa. Il verificarsi di un conflitto non costituisce di per sé prova che siano state commesse scorrettezze, può tut-

tavia costituire un’agevolazione nel caso in cui si cerchi di influenzare il risultato di una decisione per trarne un be-neficio. L’essere in conflitto di interessi ed abusare effetti-vamente della propria posizione restano però due aspetti distinti: un soggetto coinvolto, infatti, potrebbe non agire mai in modo improprio. Tuttavia un conflitto di interessi esiste a prescindere che ad esso segua una condotta im-propria o meno.”

» Hop-Hop(e) è il titolo dell’esperienza vissuta dai ragazzi del centro giovanile Anspi di Gioia del Colle della Parrocchia di San Vito con il gruppo della “Zak”, corrispondente alla no-stra Azione Cattolica, di Siggiewi (Malta). Una settimana colma di emozioni, quella dal 17 al 24 agosto, che ha visto i due gruppi uniti nello sport, quale strumento di crescita per la società attraverso i suoi sani valori come l’inclusio-ne sociale, il divertimento, un’alimentazione genuina e il rispetto delle regole. L’avventura è stata soprattutto oc-casione per sperimentare la cittadinanza europea attiva: il rispetto dell’altro e l’accoglienza si sono rivelati, infatti, alla base della crescita culturale e sociale di tutti i partecipanti.

A cura di Alessadro De Rosa & Gianluca Martucci

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PrimaVera Gioia 19

Agosto di forti emozioniÈ trascorso un mese d’Agosto molto torrido. L’in-tera estate è stata caratterizzata da un caldo così asfissiante che anche gli amici africani fuggiti dal conflitto libico si lamentano ormai del clima di Gioia, più bollente dell’Africa in estate, fredda e innevata d’inverno. Il caldano d’Agosto ha ovviamente ridotto al nulla le attività amministrative, che, in questo periodo dell’anno, dovrebbero ricordarsi in qualche modo degli annoiati cittadini che le ferie non sanno neanche cosa siano, dei tanti lontani parenti di generazioni e generazioni di emigrati e dei giovani ‘fuoriusciti’ tornati per le ferie nella terra del sole, del mare e della piena disoccupazione, che sono solo di passaggio tra noi altri, eroici resi-stenti della provincia denuclearizzata. Eppure, an-che per quest’anno, l’estate gioiese non è pervenu-ta. Di certo, la povera professoressa De Giorgi non poteva fare miracoli, nominata a ridosso dell’estate a gestire un plafond di pochi spiccioli, preceden-temente decurtato a dovere dai mastini della spesa amministrativa, che sanno bene di poter attingere a piene mani ai capitoli di spesa della cultura per soddisfare qualunque esigenza (come, ad esempio, pagare le luminarie del santo patrono). Per fortuna, a salvare capre e cavoli, è giun-to quello che da anni è divenuto l’evento princi-pe dell’estate gioiese: la sagra della mozzarella. Non discutiamo il successo di pubblico, ma vor-remmo piuttosto considerare i risultati rispetto agli obiettivi. L’etimologia della parola “sagra” rimanda al mondo del sacro. Ad essere celebrato du-rante queste feste popolari è il prodotto tipico, in quanto frutto dell’interazione secolare tra una comunità d’individui e il territorio che li ospita. In queste occasioni, non sono soltanto i prodotti ad essere realmente festeggiati ma è tutta la comunità (imprenditori, mastri casari, allevatori, traspor-tatori, commercianti e consumatori) che celebra la sua interezza, supera i contrasti e anestetizza il disagio sociale; anche se solo per poco tempo, l’in-dividuo ricompone le fratture con il mondo umano e l’ambiente per mezzo della celebrazione del tra-scendente. Al contrario, nel nostro caso, la sagra si è invo-luta in una banale corsa alla vendita del prodot-to. Lo scarso interesse per il coinvolgimento degli operatori del settore (davvero pochi i presenti in piazza) e della comunità, trasformata in banale con-sumatore, come se ci fosse realmente bisogno di una festa per gustare i nostri prodotti caseari, sminu-isce la rilevanza antropologica dell’evento, che si trasforma in una kermesse squisitamente commerciale.

Giusto per polemizzare sugli eventi musicali di sup-porto all’evento: la sagra del prodotto tipico di Acquaviva delle Fonti è stata celebrata dalla per-formance di Max Gazzè; a noi sono toccate le Orme dei Pooh. A seguire, abbiamo potuto godere della per-formance di due perfetti sconosciuti venuti da chi sa dove per illuminare la notte di ferragosto. Nel mezzo, per i locali del paese, un tripudio di cover e tribute bands, sul modello delle Orme, perché è ormai chiaro che il falso sicuro è sempre meglio di una coraggiosa scelta d’innovazione imprenditoria-le. Nel concludere, alcune note d’incoraggiamento. Da un lato, l’idea di trasformare il piazzale del castello normanno-svevo in una discoteca a cielo aperto: una scelta che lascia spazio a diverse in-terpretazioni critiche, ma che almeno ha il merito di avere portato a Gioia gente dai paesi limitrofi, invertendo il flusso che solitamente vede protagoni-sti i giovani compaesani alla ricerca della felici-tà, lontani dalla noia del colle. Dall’altro, avremo a giorni il Gioia Rock che ospiterà Bugo, un artista di portata nazionale che certamente porterà a Gioia tanti ragazzi della provincia, coniugando qualità e quantità, consentendo al nostro paese di rivendica-re una timida presenza all’interno degli itinerari dell’estate pugliese. Ma a farmi ricordare quest’estate non saranno tanto gli spettacoli quanto la scomparsa di un uomo, un grande artigiano di questo paese che ci ha lasciato all’età di 86 anni il 13 agosto 2012. La storia di Benito Tateo è la storia di tanti altri artigiani, che portano avanti la loro anacronistica battaglia in questa economia post-industriale, dove non produ-ciamo altro che servizi e dove ognuno si ritaglia un nuovo mestiere enunciando in sequenza, senza pren-dere fiato, tre o quattro parole in lingua inglese. Benito qualche allievo lo aveva e spero che almeno il geniale Dodo possa raccogliere parte dell’infini-ta eredità di questo maestro. Tuttavia, molti altri maestri scompariranno senza eredi, portandosi con sé quei segreti e quella Cultura, che avrebbero potuto arricchire nuove generazioni di frustrati inoccupati senza arte né parte. Se possiamo dunque offrire uno spunto a chi si occu-pa di cultura sul territorio, consigliamo di puntare con maggiore energia sul recupero della cultura po-polare, sulla messa in produzione del valore intrin-seco del territorio attraverso operazioni coraggiose ma poco costose, certamente meno spettacolari di una sagra di Paese con ospiti illustri come le Orme dei Pooh o il grande Marco Carta ….. a meno che, per il prossimo anno, non si pensi ad un grande artista: pensavamo ai Cugini di Campagna, ma anche Fiordaliso andrebbe bene.

Rosario Milano

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A cura di Alessadro De Rosa & Gianluca Martucci

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