PRIMA TESTIMONIANZA DI DON PINO CAIMI
-
Upload
comunitapastorale -
Category
Documents
-
view
212 -
download
0
description
Transcript of PRIMA TESTIMONIANZA DI DON PINO CAIMI
Comunità Pastorale S. Teresa Benedetta della Croce - Lissone
Il cammino spirituale di una
comunità cristiana
Prima testimonianza di
Don Pino Caimi Parroco della comunità
Chiesa Cuore Immacolato di Maria
Chiesa SS.Pietro e Paolo
Chiesa Madonna di Lourdes Chiesa Sacro Cuore di Gesù
Chiesa S.Giuseppe Artigiano
La Giunta del CPU ha scelto di mettere all’o.d.g. una mia ‘testimonianza’ (è detta l°, la prima
perché ne seguirà un’altra!) per prepararci a un evento futuro ma ormai vicino, ossia l’accoglienza
del nuovo ‘responsabile’ della Comunità pastorale’. Ho gradito la scelta perché la desideravo per
preparaci all’accoglienza e nel contempo per disporci alla condivisione pastorale.
Questo documento o testimonianza è stato letto nel pomeriggio della Giornata di spiritualità di
avvento a Triuggio, presenti solo trenta persone della Comunità, alle quali chiedo scusa se lo
ripropongo.
Credo che possa davvero costituire una buona base di partenza per riflettere insieme sul futuro di
questa amata Comunità Pastorale.
Don Pino Caimi
28 Dicembre 2010
PRIMA TESTIMONIANZA
Il cammino spirituale di una Comunità cristiana
1. E‟ questo (in Triuggio, a Villa Sacro Cuore) un incontro ‟diverso‟,
poiché non è motivato da una programmazione da discutere e neppure da un
problema da risolvere. In Comunità ce ne sono molti ed anche complessi. Ma
non è questo il momento e neppure l‟occasione.
2. E‟ diverso perché è una testimonianza. Per capirci è bene ricordare cosa
significhi dare testimonianza e chi è un testimone.
3. Un testimone è chiamato a dire quanto sa in ordine a un evento. Un
testimone è una persona che ha visto e udito qualcosa di cui deve rendere
conto fedelmente. E‟ uno che ha vissuto un‟esperienza ed è in grado di
parlarne. Di certo non in modo esaustivo. Ma è una persona che apporta il suo
contributo per fare chiarezza a proposito di un evento o per comunicare le sue
personali convinzioni, senza pretendere però di essere la verità.
4. Testimone è una persona che dona quanto ha, quanto sa perché sia
possibile avere una visione sintetica dell‟intera esperienza della quale altri
hanno fatto parte.
5. Ecco: questa è la natura del momento che stiamo vivendo. Una
testimonianza sul vissuto perché possiate usarne per capire la Chiesa che
insieme siamo.
6. E‟ ovvio che in questo momento „testimone‟ sono io. Ma potrebbe
essere ciascuno di voi. Trattandosi di „dire ciò che si è vissuto e si vive‟ nella
Chiesa in Lissone.
7. La mia testimonianza riguarda dunque la mia vicenda pastorale. Potreste
pensare che si tratta di confidenze, forse motivate dall‟approssimarsi della
conclusione del mio mandato pastorale che sento come momento decisivo per
me, quasi un verifica di una lunga vicenda pastorale. Anche se al termine di
tutto so che dovrò dire: “Sono stato servo inutile”. E‟ evangelico. E non chiede
commiserazione. E‟ la prima verità che testimonio davanti a voi.
8. La prima testimonianza che vi offro a partire dalla mia presenza
pastorale nella chiesa che sta in Lissone è legata a una parola sulla quale ho
tentato di sviluppare quasi in filigrana tutta la mia esperienza sacerdotale.
Comunità. Credo che l‟abbiate avvertito. Ho usato molto poco la parola
parrocchia per indicare la realtà nella quale mi trovavo e mi trovo. Ho sempre
usato quel termine perché è „caldo‟ e lascia intravvedere un bisogno dell‟uomo
di tutti i tempi e in particolare dell‟uomo confuso e solitario del nostro tempo,
quello di sentirsi „dentro una relazione viva‟, una comunione di persone dove
si è accolti per ciò che siamo e dove si può esprimere anche per gli altri ciò che
siamo capaci di essere e di fare.
9. Se pure si usi ancora parlare di parrocchia – in un contesto che
lentamente sta per essere superato con l‟introduzione di una nuova forma
ecclesiale, la Comunità Pastorale - bisogna ricordare che essa non è
principalmente una struttura, un territorio, un edificio. La parrocchia è in primo
luogo una comunità dl fedeli. Così infatti la definisce il nuovo Codice di
Diritto canonico (can. 515,1). Questo doveva essere l„obiettivo della
parrocchia, oggi: essere una comunità, riscoprirsi comunità. Cristiani non si è
da soli. Essere cristiani significa credere e vivere la propria fede insieme ad
altri, essere Chiesa, comunità.
10. La chiesa è sempre stata comunione. Così l'ha pensata Gesù quando ha
dato come legge del Popolo di Dio il comandamento nuovo; o quando, ad
esempio, l'ha dipinta in quel super-divino affresco, che è la preghiera dell'unità,
ove afferma che il rapporto dei fedeli con Dio e fra loro deve rispecchiare
quello della Santissima Trinità: "Io in loro e Tu in me, perché siano perfetti
nell'unità" (Gv 17, 23).
11. Che la chiesa sia comunione lo ha detto e lo ha ripetuto san Paolo,
quando ha parlato della chiesa come di un corpo compatto le cui membra sono
legate dall'amore. "Al di sopra di tutto - sono sue parole - vi sia la carità, che è
vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad
essa siete stati chiamati in un solo corpo" (Col 3, 14-15).
12. Ne erano coscienti i primi cristiani, che erano un cuore solo ed un'anima sola sì
da arrivare alla piena comunione spirituale e materiale. Esigevano questa
"comunione" i Padri della chiesa. Cipriano, ad esempio, affermava: "Cristo ...
ci ha prescritto di essere d'un solo cuore e di un'anima sola, ci ha raccomandato
di conservare integri e inviolati i legami dell'amore e della carità... chi non ha
la carità, non ha Dio".
Diceva Agostino: "Come dai singoli chicchi, raccolti insieme e per così dire
mescolati fra loro nell'impasto, si forma un pane, così mediante l'armonia
dell'amore si forma un corpo di Cristo". E menzionando l'Eucaristia, che è
vincolo d'unità, Cirillo di Alessandria affermava: "Tutti noi siamo, dunque, un
solo essere nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Un solo essere per la
nostra comunione con la carne santa di Cristo. Divisi in qualche modo in
personalità ben distinte, siamo fusi in un solo corpo nel Cristo...".
13. Così pure il magistero della Chiesa ha spesso invitato a questa
comunione. In modo tutto speciale poi il Vaticano II: "L'ecclesiologia di
comunione - dice la Christifideles laici - è l'idea centrale e fondamentale nei
documenti del Concilio" (n. 19).Nell'enciclica Ut unum sint, a carattere
ecumenico, Giovanni Paolo II insegna: "Credere in Cristo significa volere
l'unità; volere l'unità significa volere la chiesa; volere la chiesa significa volere
la comunione" (n. 9).E ancora il Papa in un suo discorso precisa: "Dio è
comunione, è comunione perché è amore, ed essendo amore non può non
essere comunione. Noi portiamo nelle nostre radici questa realtà di Dio che è
"comunione" (...). Così nasce la chiesa (...). Così nasce anche la chiesa in ogni
parrocchia".
14. Ma ad là di queste affermazioni fondamentali che attraversano l‟intera
storia della Chiesa fino ai nostri giorni, la mia testimonianza cala dentro quella
porzione di Chiesa nella quale ho vissuto il mio essere cristiano e prete, con
doveri precisi nel ministero e nell‟obbedienza. Ecco allora un‟altra mia
testimonianza.
15. La qualità della mia quotidianità del credere di stare e di operare in una
comunità di credenti. E‟ evidente che i legami più sentiti siano quelli familiari
e amicali. Quelli sociali sono dovuti a motivazioni le più diverse. La stessa
coscienza nazionale fa fatica ad essere manifestata. Le relazioni dentro la
comunità cristiana fanno fatica a diventare „comunione vissuta‟ proprio perché
nel vissuto non si parte dalla coscienza di essere discepoli del Signore, di
essere credenti,, di vivere una chiamata alla comunione di sentirsi oltre che
fratelli e sorelle, amici attenti gli uni agli altri. Sono testimone di questa „fatica
ecclesiale‟: nonostante i continui e ripetuti appelli alla comunione questa
rimane sempre all‟orizzonte del vissuto di una parrocchia.
16. Ho avvertito in questi anni l‟appartenenza alla singola parrocchia
piuttosto come un impedimento alla libera e corale espressione di un autentico
amore fraterno vissuto nella comunione gioiosa, nella condivisione, nella vita
quotidiana. Essa proviene dai meandri dei secoli passati: ha generato spesso
uno zoccolo duro di fedeli che apparentemente è stato e viene vissuto come una
comunione di persone attive nella vita parrocchiale. In realtà hanno finito per
diventare ostacolo alla condivisione e quindi impedimento alla comunione.
17. Ho sentito che la chiesa è comunità cristiana in quanto designa dice e
realizza una pratica specifica, legata all‟annuncio del Regno (la Chiesa, noi
tutti, annunciamo che il Regno è presente in mezzo a noi e tutti sono invitati a
farne parte). Ciò significa che la comunità cristiana è una realtà che rompe col
codice sociale dominante nella storia, basato su denaro e interesse, autorità
sostituendovi rapporti sociale basati su altri valori. Questo nuovo sistema è la
chiesa. Ma bisogna non trasformare la comunità – ossia la comunione di
credenti - in un‟esperienza valida solo con persone incontrate e accolte nel
gruppo. Bisogna invece vedere come si riesce a comunicare e a riconoscere che
„c‟è unità tra le persone che, ad esempio, si ritrovano insieme per l‟Eucaristia
domenicale.
18. Una terza testimonianza. Come viviamo il nostro essere comunità
cristiana? Una prima risposta, onesta e sincera, dice il limite che ho riscontrato
e ho vissuto in questi anni: ho sempre pensato e creduto (sulla base anche di
quanto i nostri superiori con ritmo alle volte frenetico pastoralmente parlando
ci hanno indicato) che una comunità di cristiani debba essere ben organizzata.
Alle volte, passando in rassegna alcuni siti, entravo in crisi costatandone
l‟efficienza organizzativa. Del resto non ho davvero mancato di dare una
struttura organizzativa alla Comunità pastorale che insieme stiamo vivendo. E
mi ha seriamente impegnato. Ma una comunità cristiana non nasce da una
perfetta organizzazione. Comunità significa comunione. A fronte di un
massiccio sforzo organizzativo rimane sempre vero che la comunità cristiana
non è certo un'impresa facile. Non si tratta di una comunità solamente umana.
La comunità cristiana è realtà umano-divina. Alle volte ho dimenticato , che la
Chiesa comunità non nasce innanzi tutto dagli sforzi solamente umani. E'
Cristo stesso a suscitarla. E' l'annuncio della sua Buona Novella a radunare i
fedeli. L'origine e il principio della comunità ecclesiale è la Parola di Dio
annunciata, ascoltata, meditata e messa poi a contatto con le mille situazioni di
ogni giorno,
19. Ecco subito un‟altra testimonianza. Ho la netta sensazione di aver dato
troppo poco spazio alla Parola di Dio nel vissuto della comunità. Percepisco
ogni giorno la insufficiente frequentazione della Parola di Dio da parte dei
nostri cristiani. Essa non occupa la loro vita e tanto meno è all‟origine della
nostra comunione. Ci sono state tante proposte (Corsi biblici, Lectio divina,
diffusione dei vangelo, ecc.) ma non credo di essere riuscito a mettere al centro
della vita cristiana personale e comunitaria la Parola di Dio. Questo può essere
richiamo per un futuro diverso e più radicale nel dare il primo posto al Signore.
20. Ancora una testimonianza sulla „spiritualità‟ del nostro vissuto di Chiesa.
I discepoli del Signore, i cristiani uniti tra loro dalla Parola vissuta sono
generate dall‟Alto e formano il vero popolo di Dio. Questa consapevolezza non
è condivisa. Percepisco nel quotidiano più l‟alterità che non la comunione tra i
fedeli del Cristo. Eppure tutti hanno ascoltato la stessa Parola (anche, come
detto prima, se non in modo sufficiente). La Parola di Dio annunciata e accolta
costruisce l‟identità ecclesiale. Che la nostra comunità sia attraversata dalla
Parola non risulta proprio evidente.
21. La comunità cristiana nasce dunque dalla Parola, ma ha per centro e
culmina con la celebrazione dell'Eucaristia. Un‟altra testimonianza si aggiunge
alle precedenti. Lo sguardo si posa sulla vitalità liturgica della nostra comunità:
la liturgia come espressione della fede vissuta nella comunione fraterna: si
apre davanti a noi un capitolo decisivo, vasto e delicato, per verificare quanto
la comunione fraterna sia profondamente condivisa. La preghiera. I sacramenti.
Quale posto occupano in realtà nella vicenda ecclesiale e nella vita personale e
familiare. Do testimonianza dell‟impegno che ho misurato in tanti cristiani a
proposito delle liturgie. Do testimonianza anche però dalla fatica dell‟educare
la comunità alla preghiera. Constato ogni giorno il pericolo dell‟accidia, quella
soffusa e diffusa pigrizia spirituale che attenua i desideri dell‟anima della
nostra gente e li smorza. Così si assiste a risposte deboli alle proposte di vita
spirituale
22. Ancora una testimonianza. Ciò che celebriamo deve informare la nostra
vita. L'eucaristia ci rivela il senso delle nostre fatiche, di tutte le difficoltà che
incontriamo sul nostro cammino, il senso di ogni dolore. Unito al sacrificio di
Cristo tutto questo può diventare offerta a Dio e fonte di vita. Nulla può
fermare il cammino di una comunità che ha imparato a vivere la sua vita come
una continuazione dell‟amore di Gesù che ha il suo culmine sulla croce e la sua
irradiazione nella risurrezione: come un morire e risorgere insieme a Cristo (cf.
Rm 6,4-8). Non possiamo ovviamente misurare l‟incidenza che la Parola di
Dio e la grazia dono dei sacramenti celebrati e ricevuti nell‟azione liturgica
della comunità hanno nella vita delle persone. Ma nel cammino della comunità
sì: in qualche misura possiamo verificare come e l‟una e l‟altra definiscano il
volto di chiesa che siamo noi. Anche perché la gente comune che d chiesa sa
poco o nulla vede e giudica l‟esteriorità dell‟essere chiesa nella realtà sociale.
Le sue iniziative, le sue proposte, le sue realizzazioni, i suoi errori e le sue
povertà. Ma non riescono a penetrare l‟intimo della comunità cristiana. Ciò che
voglio dire è che anche i cristiani più fedeli fanno fatica a capire la Chiesa così
come l‟abbiamo in qualche misura descritta. Ed ecco allora la critica
all‟interno, l‟accanimento anche su scelte pastorali che attingono alla realtà
misterica della Chiesa. Troppa facilità di critica, penoso addirittura pensare la
chiesa come quella dei preti. Anche se è vero che alle volte la testimonianza
dei laici non è così forte da far capire agli indifferenti che la Chiesa è u‟altra
realtà. E questa è un‟altra testimonianza che potrebbe aprire un capitolo del
tutto nuovo nell‟esame di coscienza di comunità.
23. Manca una ultima testimonianza. Almeno per quanto mi riesce di
contemplare la Chiesa che ho servito nel mio ministero. Vi è un terzo
elemento che fa la comunità: è la carità effusa nel nostri cui dallo Spirito Santo
(Rm 5, 5). Che cosa infatti sarebbe una comunità senza la carità ? Che cosa
sarebbe se non attuasse quello che il Concilio ha chiamato la legge del nuovo
popolo di Dio: il precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati? Che cosa
sarebbe senza una vita di comunione e senza una testimonianza di fraternità?
Questa carità però deve farsi visibile. Essa deve permeare ed ordinare tutti gli
aspetti della vita della comunità.
La comunione spirituale deve farsi comunione di tutta la dimensione umana,
deve generare una socialità autenticamente cristiana. E' importante che la
chiesa, la nostra comunità, diventi sempre più un centro di aggregazione umana
e cristiana, cioè realizzi una piena dimensione comunitaria.
Le nostre comunità sono chiamate ad essere un'anticipazione della civiltà
dell'amore. E ciò significa che, sul modello delle prime comunità cristiane, esse
devono realizzare strutture sociali concepite all'insegna della fratellanza, uno
stile di rapporti informati dallo spirito di pace e del dono reciproco, una
solidarietà che risani il corpo sociale, una vita spirituale comunitaria capace di
unire l'amore di Dio e l'amore del prossimo.
Questi aspetti sono necessari per la maturità di una comunità e per l'efficacia
della sua testimonianza. Il mondo di oggi, spesso lontano da Dio, guarda più ai
fatti che alle parole.
Ma è Gesù stesso ad avviarci su questa strada: "Da questo tutti sapranno che
siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". (Gv 13, 35). La
parrocchia è un luogo privilegiato per dare questa testimonianza, ripetendo nel
nostro tempo il prodigio delle prime comunità, il prodigio di una
vita nuova non solo spirituale ma sociale e storica.
24. Ed ecco il momento di una testimonianza, diciamo, di attualità assoluta.
L‟essere ora immersi in un‟esperienza di Chiesa per lo meno nuova,
imprevedibile nei suoi sviluppi, in parta inattesa quasi improvvisata (anche sa
da noi è stata preceduta da un decennio di comunione tra le parrocchie), mette
in primo piano e in modo assolutamente evidente la difficoltà di vivere la
comunione fraterna al di fuori di quel „contesto territoriale‟ che erano le nostre
parrocchie. Paradossalmente questo evento della chiesa ambrosiana conduce a
meglio capire cosa sia davvero la Chiesa e come viviamo in essa il mistero
della comunione con Dio e tra di noi. La mia testimonianza è diversificata.
Anzitutto personalmente credo in questa esperienza in atto.
Ci vedo di più la Chiesa del Signore, colgo in essa l‟opportunità di incontrare
e vivere la comunione fraterna con altri cristiani, gente della mia stessa fede,
prima assolutamente indifferenti al mio vissuto. E un‟esperienza che tracima
gli argini parrocchiali anche se le resistenze sono tante e non sempre
comprensibili. E questa è un‟altra testimonianza.
Non solo credo a questa esperienza ma penso che i cristiani nel loro cammino
di fede riusciranno a viverla intensamente, con gioia. Tornando
all‟organizzazione la Comunità è strutturata in modo che permette e
l‟esperienza della comunione fraterna, anima della chiesa e l‟impegno
spirituale e pastorale negli ambiti tradizionali delle vecchie parrocchie.
Se mi verrà chiesto di dare testimonianza non mi costerà fatica alcuna dire che
ho profondamente vissuto questa modalità di Chiesa, prima nella forma
dell‟Unità e poi in quella della Comunità pastorale.
E se mi dovessero chiedere un parere sul futuro mi permetterò di dire che in
essa è visibile l‟azione dello Spirito santo che sta spingendo la sua Chiesa
verso un futuro che le nuove condizioni sociali del mondo intero richiedono.
Non mancano ovviamente difficoltà incomprensioni, resistenze: ma è da
piccini, è ancora – ritengo – un retaggio di una visione di chiesa „gerarchica‟
che resiste a fare spazio alla chiesa comunione. Quella conciliare.
25. Costruendo la comunità cristiana sui capisaldi della esperienza spirituale
(Ascoltare e vivere la parola nella sua dimensione comunitaria. Mettere al
centro l‟Eucarestia.
Fare della carità reciproca il tessuto della comunione) e restando nello stesso
tempo saldamente uniti ai sacerdoti e ai vescovi, si potrà essere autentico
lievito nel mondo offrendo una modalità nuova e affascinante di vivere la
propria storia.
26. Di qui l‟ultima mia testimonianza. Con l‟annuncio della parola, con il
dono dei sacramenti, con il servizio del ministero i vostri sacerdoti continuano
in mezzo a voi la presenza di Gesù Buon Pastore a favore della comunione
ecclesiale e dell‟unità. Chiedete a noi, vostri preti, di essere servi della
comunione ecclesiale., Di andare oltre le proprie visioni personali. Di essere
costantemente attenti e pronti all‟azione dello Spirito che agisce in mezzo a
noi.
27. In questa testimonianza si sente l‟appello di Giovanni Paolo II: "Occorre
stringersi insieme unendo le forze in una gara di comprensione reciproca e di
amore sincero, che faccia convergere tutti intorno al pastore comune, il
vescovo e coloro che lo rappresentano nella Comunità pastorale, in particolare
il’referente, una volta parroco. Intorno a questo centro si deve formare una
comunità di persone che si stimano e si amano"