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© Sanitanova Srl 2015 - Prevenzione delle punture accidentali e rischio biologico delle ferite da punta e da taglio – Modulo 2 1 Prevenzione delle punture accidentali e rischio biologico delle ferite da punta e da taglio Autore e responsabile scientifico: Dr Duilio Loi, Infermiere - Esperto in Clinical Risk Management, Formatore Libero Professionista Con il supporto e consulenza clinica di: Alessandra Crescimbeni, Infermiera – Esperta in Clinical Risk Management – Fondazione Maugeri – sede di Montescano – Pavia; Emanuela Cattaneo, Infermiera, Esperta in Clinical Risk Management – Fondazione Maugeri – sede di Pavia Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento standard n. 12 del 07/02/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Data fine corso: 1/9/2016; ID evento: 12-136234 Obiettivi Generali del Corso Al termine dell’intero Corso, i partecipanti dovrebbero essere in grado di: conoscere i fattori di rischio, biologico da taglienti e acuminati così come previsto dalla normativa vigente; conoscere e diffondere le procedure di segnalazione degli infortuni con materiale biologico potenzialmente infetto; saper illustrare le principali malattie a trasmissione ematogena; conoscere le modalità di utilizzo dei principali DPI. Contenuti Modulo 1: Rifermenti normativi e concetti di: rischio, pericolo, danno – scarica il pdf del Modulo Modulo 2: Diritti, Doveri e Revisione Organizzativa: i presupposti per il cambio di Cultura – scarica il pdf del Modulo Modulo 3: Procedure e smaltimento di presìdi e dispositivi – scarica il pdf del Modulo Modulo 4: I dispositivi di protezione individuale e le vaccinazioni – scarica il pdf del Modulo

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Prevenzione delle punture accidentali e rischio biologico delle ferite da punta e da

taglio Autore e responsabile scientifico: Dr Duilio Loi, Infermiere - Esperto in Clinical Risk Management, Formatore Libero Professionista

Con il supporto e consulenza clinica di: Alessandra Crescimbeni, Infermiera – Esperta in Clinical Risk Management – Fondazione Maugeri – sede di Montescano – Pavia; Emanuela Cattaneo, Infermiera, Esperta in Clinical Risk Management – Fondazione Maugeri – sede di Pavia

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento standard n. 12 del 07/02/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.

Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM.

Data fine corso: 1/9/2016; ID evento: 12-136234

Obiettivi Generali del Corso Al termine dell’intero Corso, i partecipanti dovrebbero essere in grado di:

conoscere i fattori di rischio, biologico da taglienti e acuminati così come previsto dalla normativa vigente;

conoscere e diffondere le procedure di segnalazione degli infortuni con materiale biologico potenzialmente infetto;

saper illustrare le principali malattie a trasmissione ematogena;

conoscere le modalità di utilizzo dei principali DPI.

Contenuti Modulo 1: Rifermenti normativi e concetti di: rischio, pericolo, danno – scarica il pdf del Modulo Modulo 2: Diritti, Doveri e Revisione Organizzativa: i presupposti per il cambio di Cultura – scarica il pdf del Modulo Modulo 3: Procedure e smaltimento di presìdi e dispositivi – scarica il pdf del Modulo Modulo 4: I dispositivi di protezione individuale e le vaccinazioni – scarica il pdf del Modulo

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Modulo 2: Diritti, Doveri e Revisione Organizzativa: i presupposti per il cambio

di Cultura

Obiettivi formativi Al termine del presente Modulo, i partecipanti dovrebbero essere in grado di:

identificare ragioni e riferimenti legislativi specifici sulla prevenzione del rischio biologico in sanità;

valutare i principali presupposti per il conseguente e corretto adeguamento organizzativo;

comprendere le modalità per declinare, nella pratica, le indicazioni delle direttive nazionali ed europee.

Keyword Prevenzione del rischio biologico, Procedure, DPI

Introduzione Ad oggi, risulta ancora difficoltoso vedere nei luoghi di lavoro comportamenti omogenei in materia di sicurezza. Questo “ritardo” è determinato da diversi fattori, ma trattandosi spesso di comportamenti individuali, non si può prescindere dalla mancanza di coscienza sul fenomeno, che permea e crea una sottocultura del “fai da te”. Gli esperti del clinical risk management ascrivono parte di tale fenomeno agli errori da commissione e in particolare agli “slip”. Gli slip, come discusso all’interno della trattazione, sono errori commessi per “deviazione dalla procedura”, ovvero l’operatore conosce bene la sequenza degli atti, ma nel tempo la “personalizza” al punto tale da modificarne radicalmente l’esito. Questa tendenza, se moltiplicata per i tanti attori, produce un atteggiamento collettivo che sfocia nella non curanza procedurale, determinando tristemente elevate cifre in termini di infortuni.

Le ferite accidentali da punta o da taglio sono stimate in circa 100.00/anno solo in Italia, con un’incidenza pari al 41%, e risultano l’infortunio occupazionale più frequentemente segnalato dagli operatori sanitari. Non solo medici e infermieri ma tutto il personale addetto ai servizi di assistenza e supporto sono considerabili a rischio; come già detto il D.Lgs. 81/08 pone in capo al datore di lavoro la responsabilità di garantire e tutelare la salute dei lavoratori, “anche attraverso l’uso di dispositivi di sicurezza atti a proteggere dall’esposizione accidentale ad agenti patogeni”.

Nemici e Contesti L’impianto del corso prevede il costante richiamo -quasi fosse una litania mnemonica e sistematica- a ragioni e motivazioni su nemici e contesti.

I nemici ovviamente sono gli infortuni determinati da comportamenti e i contesti quelli clinici e ospedalieri.

Si è deciso di cominciare identificando il Rischio Biologico; la definizione di agente biologico è contenuta nell’art. 267 del decreto 81/08, come di seguito riportato:

Per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni.

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Classificazione degli agenti biologici Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:

agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;

agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche (come ad esempio S. aureus, C. tetani, B. pertussis, N. meningitidis, N. gonorrhoeae)

agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche (come ad es. virus dell'epatite B (HBV), virus dell'epatite c (HCV), HIV, S. typhi)

agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure, profilattiche o terapeutiche (come ad es. Virus Ebola, Variola, Crimea-Congo)

Contesti sanitari a rischio Sono contesti sanitari a rischio i seguenti:

attività ambulatoriale o di ricovero, studi dentistici, ecc.;

laboratori diagnostici (esclusi quelli di microbiologia in cui si effettuino attività comportanti uso deliberato di microrganismi);

servizi mortuari e cimiteriali;

servizi di raccolta, trattamento, smaltimento rifiuti;

servizi di disinfezione e disinfestazione;

impianti industriali di sterilizzazione, disinfezione e lavaggio di materiali potenzialmente infetti.

Diritti, doveri e sanzioni Non è impossibile, e neanche difficile, districarsi e individuare normative che identifichino diritti e doveri dei lavoratori, relativamente alla prevenzione del rischio. Quello che può risultare complesso è trovare un filo logico e conduttore tra di esse.

Senza peccare di retorica, basterebbe partire dalla Costituzione della Repubblica Italiana per avere un primo e fondamentale -anche se generico- orientamento.

Gli articoli 1, 4 e 32 mettono in rilievo l’importanza del Lavoro come diritto.

articolo 1) L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

articolo 4) La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

articolo 32) La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività…

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Dal 1948 in avanti (dopo la promulgazione della Costituzione), si è sempre più raffinata l’attenzione alle problematiche e la maggior attenzione è aumentata di pari passo con il crescere della complessità del mondo del lavoro e, parallelamente, dei mutamenti socio-culturali.

Ad esempio, già a metà degli anni ’50, con i D.P.R. 547/55 e D.P.R. 303/56, si tenta di dare attuazione ai principi costituzionali e viene quantomeno fatto “ordine” su tipologie e quadro generale.

Per avere un cambiamento radicale e capillare, dobbiamo però arrivare alla metà degli anni ’90, dove un proficuo lavoro di convergenza tra organizzazioni sindacali e datoriali vedono il varo del D.Lgs 626/94, il quale, centrando specificamente il focus su “salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, consente gradatamente Di iniziare a sviluppare un’organizzazione e una cultura della sicurezza, dando risultati incoraggianti in termini di contenimento dei fenomeni negativi.

Vengono dettagliatamente individuati ruoli, funzioni, attività, azioni, responsabilità, sanzioni e tutto ciò di utile per attivare in forma crescente, ordinata e multifocale una cultura della sicurezza.

Un ulteriore sterzata a correttivo e consolidamento, arriva nel 2008 con il D.Lgs 81, dove, ad esempio, in termini di “doveri” viene ribadito che ogni lavoratore deve prendersi cura sia della propria sicurezza e della propria salute sia di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni. Naturalmente, per la realizzazione di ciò, lo stesso decreto, pone come indispensabile il training formativo e permanente del lavoratore; in verità non solo il “lavoratore” bensì tutto il “sistema” (Datore di lavoro, Dirigenti, Preposti, Lavoratori, RLS, ASPP, RSPP) deve ricevere adeguata e preventiva formazione, informazione ed addestramento, nonché mezzi e strumenti idonei ed adeguati.

In specifico, tra gli obblighi dei lavoratori si pone molto l’accento sulle disposizioni di corretto utilizzo delle attrezzature in generale, dei dispositivi di protezione individuale (DPI) messi a loro disposizione, con l’indicazione rigorosa di mantenerli funzionanti e integri, senza manomissioni (pesantemente sanzionate qualora avvenisse) e segnalando immediatamente eventuali carenze o difetti.

Sullo stessa lunghezza d’onda viene ribadito che i lavoratori devono sottoporsi ai programmi di formazione e alla sorveglianza sanitaria, in base alla tipologia di attività svolta.

Alla stessa stregua è giusto ricordare che vengono descritti anche i diritti dei lavoratori.

Grazie ai decreti 626/94 e 81/2008, possono far sentire la loro voce, attraverso figure di riferimento, identificabili con i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), figure elette tra i lavoratori stessi, formate in specifico e autorizzate a interfacciarsi con i lavoratori e gli altri attori del sistema.

Grazie a questo, il lavoratore può vedere meglio rappresentati i propri diritti, quali la possibilità di ricevere formazione e informazione sui rischi connessi alle loro attività, di astenersi dal lavoro in caso di situazioni di pericolo senza subire pregiudizi, di essere sottoposti a visite mediche personali (periodiche e su richiesta) e di appellarsi, qualora ipotizzi inadempienze da parte del datore di lavoro, attraverso gli opportuni canali di rappresentanza, agli enti preposti alla vigilanza.

Si arriva a questo punto, in ordine temporale, alla normativa che anima questo nostro percorso (decreto legislativo n°19 del 2014), che, come indicato già nel Modulo 1, prende corpo da una direttiva della Comunità Europea: Direttiva 2010/32/UE del Consiglio del 10 maggio 2010 che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario, una normativa assolutamente specifica e settoriale.

In linea generale, l’intero documento è un coacervo di diritti e doveri, in quanto la sua sezione di sviluppo operativo dispone di un accordo quadro tra le parti (rappresentanza sia dei lavoratori, sia dei datori di lavoro) “Accordo quadro in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario”, dal cui preambolo emergono con forza tre importanti punti:

1. Gli attori del settore ospedaliero e sanitario devono essere tutti coscienti dell’importanza della salute e della sicurezza sul lavoro. Il rispetto delle misure di prevenzione e di protezione contro infortuni evitabili avrà un effetto positivo sulle risorse.

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2. La salute e sicurezza dei lavoratori sono di fondamentale importanza e strettamente legate alla salute dei pazienti. Sono una delle condizioni per un’assistenza sanitaria di qualità.

3. L’elaborazione e l’applicazione di misure relative all’uso dei dispositivi medici taglienti deve essere il frutto di un dialogo sociale.

Se si prosegue e si analizza la “clausola 1” della direttiva, che tratta delle “Finalità”, è possibile rendersi conto del portato valoriale e operativo in termini proprio di diritti/doveri:

Il presente accordo quadro è finalizzato a:

garantire la massima sicurezza possibile dell’ambiente di lavoro;

evitare ai lavoratori sanitari ferite provocate da ogni tipo di dispositivo medico tagliente (punture di aghi incluse);

proteggere i lavoratori a rischio;

definire un approccio integrato che includa la valutazione e la prevenzione dei rischi, la formazione, l’informazione, la sensibilizzazione e il monitoraggio;

porre in atto procedure di risposta e di follow-up.

Sanzioni Parlare di sanzioni non è certo un argomento gradito, ma rimane pur sempre quello temuto e, purtroppo, in assenza di una “cultura” sulla gestione del rischio, rimane una forma di deterrenza efficace, fondamentale per la presa di coscienza da parte degli organismi direttivi aziendali, come anche di tutto il Personale. Spesso risulta il punto di partenza per una riflessione e un successivo cambio di comportamento.

Il decreto legislativo n°19 del 2014 pone sanzioni a carattere detentivo e pecuniario cosi riassumibili:

…il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.740 euro a 7.014,40 euro per la violazione dell'articolo 286-quinquies.

Visto così, appare essere a senso unico e orientato esclusivamente verso l’inadempienza del datore di lavoro, ma in questa sede è opportuno ricordare che, trattandosi di normativa riguardante la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che prevede l’uso dei DPI, le eventuali trasgressioni del lavoratore verso i medesimi, sono già sanzionabili sia dal Dlg.vo 81/08, sia dai conseguenti provvedimenti che ogni singola azienda può decidere di prendere in ottemperanza al decreto.

Nuova organizzazione Aziendale L’attuazione della Direttiva Europea pone le Aziende nelle condizioni di dover necessariamente rivedere l’organizzazione, in termini di adeguamento e correttivo specifico sotto diversi aspetti.

Grazie alla sistematica raccolta di dati, oggi molto più che in passato, i dati a disposizione delle Aziende e dell’Istituto Superiore di Sanità riportano in maniera inequivocabile l’entità del fenomeno che può essere così riassunto.

Oltre il 60% delle esposizioni a rischio biologico sono riconducibili a punture accidentali con aghi cavi, oltre il 30% a punture o ferite con dispositivi taglienti o pungenti diversi (come lancette o aghi di sutura).

Le esposizioni percutanee e muco-cutanee rappresentano l’infortunio occupazionale più frequentemente segnalato. Tra i vari operatori sanitari, gli Infermieri detengono il primato per oltre i 2/3 e le pratiche assistenziali maggiormente coinvolte sono nell’ordine:

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prelievi ematici,

gestione terapia farmacologica iniettiva (intramuscolare, endovenosa e sottocutanea).

I presìdi più nefasti pertanto sono: aghi a farfalla, aghi per siringhe, cateteri venosi e aghi cannula.

Questa mappatura, oltre a consentire il corretto monitoraggio del fenomeno, sta imponendo un serio cambio di approccio sotto il profilo comportamentale, pratico operativo e aiutando la ricerca nell’elaborazione di nuove pratiche e dispositivi, come si avrà modo di spiegare nel dettaglio nei Moduli 3 e 4.

Si dà per assodato che le Aziende Sanitarie, in virtù delle norme per l’accreditamento, delle eventuali certificazioni, dei piani attuativi previsti prima dal decreto 626/94 e poi rivisti e corretti con il decreto 81/2008, hanno (o dovrebbero avere), sotto il profilo documentale e attuativo, sufficiente dotazione di protocolli e procedure per la gestione del rischio biologico.

Sarebbe pertanto opportuno sviluppare ulteriormente:

verifica di adeguatezza circa le modalità di analisi e gestione su eventi di contaminazione e ferite da taglio;

produzione di procedure specifiche per l’utilizzo dei nuovi DPI;

promozione e realizzazione di percorsi di formazione e addestramento all’uso dei DPI;

vigilanza e controllo specifici.

A titolo esemplificativo, varrebbe la pena, dopo una ricognizione su protocolli e procedure esistenti, considerare il fenomeno sotto due diversi punti di vista:

analisi delle modalità di gestione dell’evento o dell’infortunio;

utilizzo della ricerca a scopo epidemiologico e di indirizzo in termini di miglioramento continuo della qualità.

In relazione a questo ultimo punto, bisogna tener conto che la correlazione tra attività lavorativa e patologia non sempre risulta facilmente identificabile, ma vi sono elementi che possono risultare di aiuto:

la rarità del germe responsabile dell’infezione in ambiente extraospedaliero e la sua presenza in ambiente ospedaliero;

la documentazione di eventi accidentali (puntura accidentale, contaminazione di cute o mucose, rilevante contaminazione ambientale, contatto con pazienti che presentano identica patologia), l’identificazione del sierotipo del microrganismo, la documentata sieroconversione nell’infortunato, quando il germe è presente in ambito sia extra sia intra-ospedaliero.

Gli elementi fondamentali di un possibile percorso Aziendale In sintesi, di seguito riportato uno schema esemplificativo di procedura organizzativa “tipo”, in caso di ferita o contaminazione muco cutanea a carico di un lavoratore:

compilare incident reporting;

attivare la catena di monitoraggio eventi, dandone comunicazione a:

o Datore di Lavoro, il quale è obbligato a notificare tutti i casi di infortunio all’INAIL e invia all’U.O. o Servizio Prevenzione e Protezione la scheda di infortunio debitamente compilata con il referto del PS e il ertificato INAIL e, in caso di prognosi superiore a tre giorni, trasmette la denuncia all’Autorità di Polizia;

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o Dirigente/Preposto dell’U.O. di appartenenza dell’infortunato, il quale, avuta notizia dell’infortunio, invia il lavoratore in PS per i provvedimenti diagnostico terapeutici relativi.

Sulla base di questa modalità, il Servizio Prevenzione e Protezione, congiuntamente (laddove presente)con il Servizio per il controllo delle Infezioni Ospedaliere (SIO), analizza il fenomeno infortunistico, raccoglie informazioni su ogni singolo episodio di infortunio sul lavoro, esegue sopralluoghi e indagini mirati, redige statistiche aziendali sugli infortuni sul lavoro.

Organi di Vigilanza, Controllo e Assistenza Se per quanto riguarda la tematica specifica della prevenzione delle punture accidentali e rischio biologico delle ferite da punta e da taglio gli organi di vigilanza controllo e assistenza si possono ricondurre alla ASL e a servizi interno all’azienda stessa (dipendenti dall’organizzazione aziendale; in linea generale servizio prevenzione e protezione, comitato infezioni ospedaliere, servizio di risk management aziendale), all’interno del D. Lgs. 81/08, gli aspetti relativi alla sorveglianza sanitaria sono descritti nella V sezione, articoli 38 al 42; l’argomento, tuttavia, è di così vasta portata da indurre il legislatore ad approfondire i singoli aspetti della sorveglianza specifica per ogni rischio di esposizione, all’interno di tutti i relativi titoli.

Possiamo distinguere organi di vigilanza, controllo e assistenza, e ricondurli a due grandi macro categorie:

esterni

interni

Organi di Vigilanza, Controllo e Assistenza esterni La vigilanza intesa come funzione di esame e verifica dei corretti comportamenti aziendali è un compito istituzionalmente riservato a organi con funzioni pubbliche.

I principali organismi attualmente preposti alla vigilanza in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro sono:

Azienda sanitaria locale

Direzione provinciale del lavoro

Inail (ISPESL)

Vigili del fuoco

Uffici di sanità aerea e marittima;

Autorità marittime, portuali ed aeroportuali;

Carabinieri;

Polizia di stato;

Polizia Locale

Pur avendo ognuno di essi legittimità ad operare, compiti specifici e precisi, si può assistere a una sovrapposizione o a un non perfetto coordinamento che a volte può rallentare il procedere o sovraccaricare le stesse istituzioni.

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Il ruolo principale nella vigilanza e controllo è comunque in capo alle ASL competenti per territorio e al Corpo dei Vigili del Fuoco.

L’ASL svolge funzioni di controllo e vigilanza sul rispetto delle norme antinfortunistiche negli ambienti di lavoro. In specifico:

verifica la sicurezza dei locali di lavoro, degli impianti, delle macchine, degli utensili e dei metodi di lavoro;

conduce indagini per conto della magistratura in occasione di infortuni sul lavoro di particolare gravità e sulle condizioni di sicurezza negli ambienti di lavoro.

Gli ispettori delle ASL in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria hanno la facoltà di:

visitare in qualsiasi momento ed in ogni parte i luoghi di lavoro e relative dipendenze; sottoporre a visita medica il personale occupato, prelevare campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi;

richiedere al datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che ritengono necessarie per Servizio Prevenzione E Protezione lavoratori le informazioni che ritengono necessarie per l’adempimento delle loro funzioni, comprese quelle sui processi di lavorazione;

prendere visione presso gli ospedali, ed eventualmente di chiedere copia, della documentazione clinica dei lavoratori ricoverati per malattie dovute a cause lavorative o presunte tali

Prescrizioni e Sanzioni La “prescrizione” consiste in un atto scritto con il quale l’organo di vigilanza impartisce al contravventore (datore di lavoro, dirigente, preposto o medico competente) le direttive per porre rimedio alle irregolarità riscontrate.

Essa deve indicare, nel modo più completo e specifico possibile:

le operazioni da eseguire per eliminare la contravvenzione accertata;

un termine per la regolarizzazione, non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario all’adempimento e comunque non superiore a 6 mesi.

Contestualmente l’ispettore è tenuto a riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione accertata ai sensi della normativa di legge, notizia di reato inerente alla contravvenzione accertata e, di conseguenza, il procedimento penale è automaticamente sospeso. Qualora all’atto dell’accertamento l’UPG accerti che l’irregolarità è rimossa, il reato si estingue e il procedimento si chiude con il pagamento, entro 30 giorni dalla verifica, di una sanzione amministrativa.

a2) Il Corpo dei Vigili del Fuoco, per quanto riguarda la specificità antincendio, ivi compresi formazione e addestramento delle squadre antincendio aziendali, le prove di evacuazione e le verifiche sui sistemi.

b) interni

Tra le varie indicazioni della normativa, si evince che il principale “controllore” tecnico della sorveglianza sanitaria, è il Medico Competente.

La sezione V del testo, delinea e indica i requisiti posseduti dal Medico Competente, quali le sue attribuzioni e limiti di competenza e come gestire i rapporti con le pubbliche amministrazioni.

Agli articoli 41 e 42 del TU 81/08, vengono definite le modalità, le tempistiche, gli interlocutori e le frequenze con cui debba essere effettuata la sorveglianza sanitaria, nei casi previsti dalla legge.

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Viene inoltre sempre qui definito quando è possibile, da parte del lavoratore, richiedere una visita medica supplementare, e quando invece è obbligatorio esservi sottoposti, che cosa può essere accertato dalla sorveglianza e cosa invece no, come devono essere gestite le risultanze (giudizi di idoneità) e quali esami possono e/o non possono essere effettuati.

In ogni caso la Sorveglianza Sanitaria non è mai a carico del lavoratore ma sempre ed esclusivamente dell’azienda, secondo le modalità definite in collaborazione con il Medico Competente.

Come accennato inoltre, il giudizio di idoneità, che ricordiamo deve essere espresso per la mansione specifica per cui il lavoratore è designato, può essere positivo o negativo, temporanea o permanente, ed in tutti i casi può prevedere prescrizioni o limitazioni.

Ne consegue la regolamentazione in termini di “Sorveglianza sanitaria” come misura di prevenzione e controllo

D.L. 81/08 Titolo X, Capo I

Art. 279. - Prevenzione e controllo

1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione,

fra le quali:

a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;

b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art. 42

Per ogni singolo rischio viene descritto come e quando effettuare la Sorveglianza Sanitaria, quindi ad esempio per il rischio da esposizione ad agenti biologici (art 279-281 D.lgvo 81/08).

In conclusione, gli aspetti tecnici più rigorosamente medici ricadono naturalmente sotto la sfera delle attività del Medico Competente, le responsabilità di tipo giuridico restano come sempre a carico del Datore di Lavoro in quanto rappresentante legale, che ha tra i suoi obblighi quello di organizzare e far eseguire la Sorveglianza Sanitaria nei casi previsti dalla legge.

Il clinical risk management: cultura del rischio e costruzione delle procedure

Clinical Risk Management: princìpi I principi fondamentali su cui si fonda il Clinical Risk Management sono:

che il fine primario è, e rimane, il mantenimento e il miglioramento della salute della popolazione nel suo contesto globale;

la partecipazione di tutti i soggetti interessati e implicati (anche del malato attraverso il consenso informato);

una comunicazione efficace;

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una visione ad ampio spettro;

un approccio che utilizzi la concertazione e l’integrazione;

un utilizzo appropriato ed efficace delle buone informazioni scientifiche (medicina dell’evidenza e buona pratica clinica);

un approccio di tipo “precauzionale”;

un approccio in cui il processo si adatta alla domanda e al suo contesto;

la definizione chiara dei ruoli, delle responsabilità e delle responsabilizzazioni;

la trasparenza del processo.

Quali dispositivi sono più a rischio? Nello specifico delle ferite da taglio, una particolare attenzione viene rivolta ai dispositivi più frequentemente utilizzati dagli Operatori Sanitari (prevalentemente Infermieri e Medici).Volendo fare una “classifica” sui dispositivi più a rischio, ci avvaliamo della ricerca scientifica di settore, riportando nella tabella sotto riportata, dove vengono evidenziati i livelli di rischio, in relazione alla frequenza e tipologia di dispositivo.

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Comportamenti che si trasformano in Errori, Errori che diventano Comportamenti James Reason, uno tra i principali studiosi del clinical risk management, ascrive gli errori da “commissione” al profilo cognitivo-comportamentale, consentendone la comprensione e classificandoli in relazione alle varie tipologie.

L’autore individua e sintetizza gli errori in due tipologie:

Errori attivi

Errori latenti

Errori attivi sono errori individuali (legati alla persona), che provocano l’incidente.

Questi errori sono di solito sono attribuiti o attribuibili a uno specifico operatore, anche se non si ha certezza (semmai probabilità) che un diverso operatore, nelle stesse condizioni, NON avrebbe commesso, lo stesso errore.

Li suddivide in “slip” e “lapse” specificandone le peculiarità:

Slip, ovvero errori d’esecuzione che si verificano a livello delle abilità

In questa categoria vengono classificate tutte quelle azioni che vengono eseguite in modo diverso da come pianificato, cioè il soggetto sa come dovrebbe eseguire un compito, ma più o meno consapevolmente, decide di svolgerla in un altro modo “alla sua maniera”, trovando delle possibili “scorciatoie”.

Di solito tale comportamento si sviluppa nei confronti di attività definite routinarie e/o ritenute, dalla persona stessa, di “secondaria” importanza.

È pertanto possibile, in base al contesto, all’attività e alla persona che esegue la procedura che i possibili slip siano differenti.

Lo stesso Reason inquadra alcune di queste variabili comportamentali come:

errori di cattura: si verificano quando vogliamo deviare da una routine, ma non prestiamo sufficiente attenzione con il risultato di venir “catturati” dal processo automatico e impossibilitati a deviare dalla routine stessa;

perseveranze: dopo che un’attività di routine è stata completata, uno o più passaggi della stessa possono venir ripetuti; un esempio classico si verifica quando si continua a premere il pulsante di chiamata dell’ascensore in quanto distratti da altre attività anche quando l’ascensore è già arrivato;

errori di descrizione: consistono nell’attuazione di uno schema comportamentale corretto sull’oggetto sbagliato; un esempio è la collocazione di fiale per somministrazione intramuscolare, nello scaffale previsto per la somministrazione endovenosa.

Lapse, ovvero errori d’esecuzione provocati da un fallimento della memoria. In questo caso l’azione ha un risultato diverso da quello atteso a causa di un fallimento della memoria.

Errori latenti sono gli errori che all’interno dell’organizzazione, anche se dannosi, singolarmente non sono in grado di provocare un incidente o un errore, ma sicuramente lo facilitano.

Li sintetizza nel termine “mistake” e li specifica in:

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Ruled-based, quando si è scelto di applicare una regola o una procedura, che non permette il conseguimento di quel determinato obiettivo, di solito a causa di mancanza di pianificazione e di programmazione.

Knowledge-based, sono errori che riguardano la conoscenza, a volte troppo scarsa (addestramento o formazione inadeguata), che porta ad ideare percorsi d’azione che non permettono di raggiungere l’obiettivo prefissato.

Teoria degli errori latenti Il presupposto di base della teoria proposta da Reason risiede nella convinzione che gli incidenti siano solo la punta di un iceberg e che per un incidente che ha avuto luogo, ce ne siano stati molti altri che non sono avvenuti solo perché l’operatore o un controllo hanno impedito che accadesse.

Su questi presupposti, si impianta quindi il concetto di “near miss”, cioè la necessità di dover considerare anche i “quasi eventi” come potenzialmente pericolosi per il sistema.

Per completare il quadro degli eventi dannosi o potenzialmente tali, l’autore ricorda anche “omissioni e violazioni, che si differenziano dagli errori in quanto atti deliberati e volontari. Le omissioni, ovviamente, rappresentano la non applicazione volontaria di una procedura e le violazioni, tutte quelle azioni che vengono eseguite anche se ciò è formalmente impedito da un regolamento o da una direttiva.

Per questi due ultimi aspetti, la riflessione, implicitamente include ambiti professionali di pertinenza e natura etica, giuridica e deontologica.

Un altro aspetto fondamentale della teoria di Reason, riguarda le Difese, ossia le barriere che un’organizzazione mette in atto per prevenire incidenti/errori.

Questi sistemi di difesa possono essere costituiti da segnali di allarme, da strumentazione, da procedure o da protocolli.

L’autore sottolinea come le difese, pur non garantendo l’eliminazione degli incidenti, permettono di ridurre la probabilità che si verifichino.

Da questa visione sistemica, nasce l’idea che il verificarsi di un incidente sia frutto di una concatenazione d’eventi che hanno superato tutte le difese che erano state messe in atto.

Ed è proprio da questa visuale che prende corpo l’idea e la metafora del “formaggio svizzero”.

Modello dello “swiss cheese” L’autore, immaginando il “sistema ospedale” (istituzione sanitaria in generale), con le sue articolazioni e declinazioni operative, come l’insieme di una serie di fette di formaggio svizzero (formaggio con i buchi), vede questi ultimi, causati sia da errori attivi, cioè commessi da operatori che sono in contatto con il paziente, plausibilmente errori di esecuzione (slip, lapse), sia da errori latenti, cioè remoti nel tempo e riferibili a decisioni di progettazione di sistema, errori di pianificazione (mistake).

Poiché gli errori attivi non potranno mai essere eliminati in modo definitivo, per aumentare la sicurezza del sistema risulterà necessario influire sulle criticità latenti, sulle quali gli errori attivi s’innescano.

L’immagine sotto riportata (figura 1), descrive con semplicità il nesso di correlazione tra rischi ed eventi (incidenti), secondo il modello di Reason.

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Fig. 1 modello dello swiss cheese

Attuazione di procedure sicure di utilizzo ed eliminazione dei dispositivi medici taglienti Uno schema sintetico che può fungere da punto di riferimento per la elaborazione di specifiche “procedure aziendali”, deve tener conto che trattasi di attività di prevenzione che a loro volta devono:

essere promosse, adottate e garantite dal Datore di Lavoro;

controllate nella loro applicazione da “Dirigenti” e “Preposti”;

sviluppate, prodotte e applicate dai Professionisti Sanitari in base alle specifiche competenze di ruolo;

prevedere il rigoroso utilizzo di DPI e comportamenti appropriati;

essere aggiornate di pari passo con le evoluzioni normative, scientifiche e tecnologiche.

Fissati questi principi fondamentali, in base alla specifica e locale organizzazione aziendale in concreto, i comportamenti applicativi vedranno,

1) nelle pratiche di utilizzo specifico di qualsiasi tipo di aghi, lame e altri taglienti che vengono a contatto con liquidi biologici:

a) il divieto tassativo e assoluto del re-incappucciamento manuale degli aghi (in assenza di dispositivi di protezione e sicurezza per le punture);

b) l’ adozione di dispositivi dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza;

c) l’utilizzo corretto dei dispositivi

d) l’assoluto divieto di manomissione dei dispositivi;

e) l’applicazione del massimo rigore comportamentale nelle pratiche “a rischio”, come ad esempio evitare la disconnessione manuale degli aghi dalle siringhe o le lame di bisturi dal portalama; non piegare, spezzare o manipolare in qualunque modo gli aghi; non rivolgere mai la punta dell’ago verso il corpo; non rompere, manipolare, piegare gli aghi usati con le mani.

2) nelle pratiche di eliminazione dei presidi al punto 1:

a) utilizzo sistematico degli appositi contenitori (ROT – rifiuti ospedalieri trattati), forniti dall’azienda;

b) utilizzo corretto dei suddetti contenitori, come ad esempio: riempirli al massimo fino a ¾ della capienza, chiuderli accuratamente, etichettarli e smaltirli secondo le apposite procedure

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Conclusioni del Modulo Arricchendo il patrimonio conoscitivo, entrando più nello specifico, abbiamo creato i presupposti per la declinazione operativa che verrà sviluppata nei moduli 3 e 4.

Conoscere diritti e doveri sicuramente può servire ad ampliare la base conoscitiva e innescare il germe verso il cambiamento culturale senza il quale, l’unico deterrente rimarrà (magra consolazione), la sanzione.

Ovviamente i comportamenti operativi dei singoli professionisti potranno modificarsi più velocemente, tanto più il recepimento delle normative sarà collettivizzato e trasformato in regole di sistema, acquisite in profondità dalle aziende, attraverso la costante e sistematica revisione organizzativa.

Su questi presupposti, si sta sempre più generando la cultura orientata alla “ricerca delle ragioni e dei motivi” che portano a determinare il così elevato numero di infortuni, la quale -si spera- sarà destinata a soppiantare sempre più la cultura della ricerca del “colpevole”.

Bibliografia

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Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 57 del 10 marzo 2014, decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 19 – “Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.

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Questionario ECM

1) In quali anni del secolo scorso in Italia si tenta di dare attuazione tramite leggi, ai principi Costituzionali, in materia di sicurezza sul lavoro:

a) anni ‘40

b) anni ‘50

c) anni ‘70

d) anni ‘90

2) Qualora il datore di lavoro risultasse inadempiente alle direttive del decreto legislativo n°19 del 2014, le eventuali sanzioni previste possono essere di carattere:

a) soltanto detentive

b) soltanto pecuniarie

c) sia detentive, sia pecuniarie

d) non sono previste sanzioni

3) Secondo James Reason, gli errori possono essere classificati in “attivi e latenti”. Tra quelli proposti, individuare quelli considerati esclusivamente “latenti”:

a) slip e lapse

b) mistake

c) tutti indistantamente

d) nessuno indistintamente

4) Nel modello dello “swiss cheese”, si usa come metafora:

a) insalata russa

b) topi e formaggio

c) formaggio olandese

d) formaggio svizzero

5) Quali tra i seguenti presìdi è al primo posto nelle cause di punture accidentali:

a) oggetti in vetro

b) aghi cavi

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c) taglienti metallici

d) Insetti e macroparassiti presenti negli impianti di condizionamento

6) In base al dlgs 81/08, in quante categorie può essere ripartito il rischio biologico:

a) 4

b) 6

c) 8

d) 12

7) Tra gli organismi “esterni” di vigilanza e controllo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la fetta più rilevante è riservata a:

a) ASL e Vigili del Fuoco

b) Polizia e Carabinieri

c) Vigili del fuoco e INAIL

d) Carabinieri e Polizia Locale

8) In ambito sanitario, quale risulta essere la categoria professionale più esposta al rischio biologico:

a) operatore socio sanitario

b) fisioterapista

c) medico

d) infermiere