Presenza Mentale e Tipologie

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  • 8/10/2019 Presenza Mentale e Tipologie

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    Quaderni del Gruppo di Ur

    XI

    CONSIDERAZIONI SULLO SPIRITUALISMOCONTEMPORANEO

    B) PRESENZA MENTALE E TIPOLOGIE

    I Edizione, Calende di Gennaio 2006. II Edizione, Idi di Gennaio 2006. III Edizione, Luglio 2006.

    Quadro dell'Uomo n4

    Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emersonell'omonimo forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perci, siacitazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuoaggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato purendere opportuna una nuova edizione.

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    INTRODUZIONE ALLA III EDIZIONE

    Le prime due edizioni della parte B riguardavano esclusivamente le tecniche di presenzamentale cheGeorge Ivanovitch Gurdjieff indica al suo "uomo n 4". La pubblicazione del saggiosu Gurdjieff, presente anche nell'attuale edizione, ci stata gentilmente consentita dal suoautore, Piero Marcello Schepis. E' una sintesi piuttosto interessante dell'argomento, che ha

    ricevuto, recentemente, anche positivi apprezzamenti da parte dell'Antico Ordine Martinista(Sovrana Gran Loggia Italiana, Filiazione della Gran Loggia di Ucraina e Russia).Sono stati aggiunte altre due sezioni: una riguardante i diversificati approcci alle praticherespiratorie e alla presenza mentale e l'altra ad un confronto tra le "razze dello spirito" evolianee le "tipologie planetarie" kremmerziane.La parte B di questo Quaderno perci cos suddivisa:B1) Note su G. I. GurdjieffB2) Corpo, Respiro e MenteB2.1) Attenzione e ConcentrazioneB2.2) Sul "Prender Nota"B2.3) Conoscenza del Respiro e Pneumoritmia

    B2.4) La Filatura del Cordone SacroB3) Razze dello Spirito e Tipologie PlanetarieB3.1) Le Razze dello Spirito di J.EvolaB3.2) Universalit Pure ed Universalit EmpiricheB3.3) Tipologie Planetarie secondo G.Kremmerz

    La Forza

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    B1) Note su G. I. Gurdjieff

    di

    Piero M. Schepis

    Una breve biografia

    G. I. Gurdjieff nacque negli anni 1860 o 1870 (i biografi, pur senza sicurezza, indicanogeneralmente la data del 1866) ad Alexandropol nellArmenia Russa, cio in una zona difrontiera, dove un padre prudente prefer non registrare la nascita del proprio figlio. La madreera armena; il padre Ioannas Giorgiades, discendente dai Greci Ionici di Cesarea, prima

    allevatore di bestiame, poi commerciante di legname e falegname, era anche un ashok,poeta-bardo, che amava raccontare uno straordinario repertorio di leggende e miti tramandatida generazioni. La famiglia si trasfer poi a Kars citt armena , sovrastata dal monte Ararat (aquell'epoca Kars era oggetto di contesa tra Russi e Turchi, attualmente appartiene alla Turchia).Ivi,Gurdjieff venne educato da sacerdoti della chiesa armeno-ortodossa e prese inconsiderazione a sua volta il sacerdozio, che probabilmente esercit per uno o due anni. Nonera per quella la sua via e decise di esplorare altre tradizioni spirituali. Fra il 1887 e il 1907 sisituano i cosiddetti vent'anni mancanti della biografia di Gurdjieff. Si sa che, con altri amici,form un gruppo chiamato dei Cercatori della verit e comp numerosi viaggi che lo portarononel Medio Oriente, nell'India, nell'Asia Centrale, nel Tibet, visitando monasteri e centri religiosi,cercando una misteriosa Confraternita di Sarmoung, della quale aveva trovato un riferimento

    nel 1886. Nella sua autobiografia "Incontri con uomini straordinari", Gurdjieff ci parla dellepersone che incontr in quegli anni e che influenzarono il suo pensiero, ma occulta abilmenteluoghi e identit. All'inizio della prima guerra mondiale, Gurdjieff visse a Mosca e, attraversoconferenze e rapporti personali, raccolse intorno a s numerosi allievi (il pi famoso probabilmente P.D. Ouspensky) con cui form piccoli gruppi, non solo a Mosca e in Russia, maanche a Costantinopoli, Tiflis, Londra, Fontainebleau-Avon, Parigi, New York etc. Ebbe allieviillustri fra scrittori, poeti, artisti, filosofi, ricercatori, uniti dal progetto comune di lavorare su di s,migliorando la propria presenza mentale. Gurdjieff mor a Parigi nel 1949. Ancora oggi ha moltiseguaci e costituisce un punto di riferimento per la ricerca spirituale occidentale, comedimostrano talune canzoni di quell'altro poeta-bardo contemporaneo, che Franco Battiato.

    Gurdjieff e la Filocalia

    Per comprendere come l'insegnamento di G. I. Gurdjieff, relativo alla presenza mentale, haraggiunto il suo aspetto definitivo, non vi altro modo che seguire, per quanto possibile, lasua evoluzione temporale. Come si gi accennato, Gurdjieff, gi affascinato da miti eleggende della tradizione orale paterna, ebbe come primo maestro vero e proprio padre Borsh,allora arciprete della chiesa militare di Kars, massima autorit spirituale di quel paese, che erastato da poco conquistato dai Russi. Borsh insegn a Gurdjieff medicina e teologia. Uno dei piimportanti testi della chiesa ortodossa senz'altro la Filocalia, che letteralmente significaamore della bellezza, ma di quella bellezza che si identifica col bene. La parola era gi statausata da S.Basilio e da Gregorio di Nazianzo, per la loro raccolta di passi scelti di Origene. Nel1782 vide luce a Venezia un'altra Filocalia, destinata a diventare ben pi nota, i cui esemplari,appena stampati, furono rimpatriati in blocco in Oriente. Tale Filocalia una raccolta di testitradizionali sulla preghiera ortodossa, sopratutto "solitaria", che prende le mosse dagli anacoreticristiani egiziani del IV secolo, per giungere fino ai monaci del Monte Athos del XV. La Filocalia

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    doveva ottenere un successo straordinario in Russia, grazie a un grande staretz, PaissyVelitchkovski (1722-1794), animatore di una vera rinascita spirituale, sia nei paesi moldavi, siain Russia. Egli prepar in breve tempo una traduzione slava, la Dobrotolubiye (Pietroburgo,1793), della quale si ebbero otto riedizioni. La Filocalia vasta, ma , per nostra fortuna, uno deitesti in essa contenuti, costituisce una sintesi dell'intera opera. Si tratta del capitolo "Sui tre modidi preghiera" tratto dagli scritti di San Simeone il Nuovo Teologo (949-1022) che, per la suaimportanza, riportiamo integralmente:

    "Sui tre modi di preghiera

    Esistono tre modi di attenzione e di preghiera, per essi l'anima pu elevarsi e progredire, oppurecadere e perdersi. Chi usa di questi metodi nel modo e nel tempo giusto progredisce, chi inveceli pratica inopportunamente e insipientemente si smarrisce.L'attenzione e la preghiera sono unite inseparabilmente come il corpo legato all'anima.L'attenzione procede e controlla i movimenti del nemico come un'avanguardia, la prima adingaggiare la lotta col peccato, e ad opporsi ai pensieri malvagi che vorrebbero entrare

    nell'anima. La preghiera ne segue le orme, sterminando e distruggendo tutti i pensieri malvagicontro i quali l'attenzione entrata in lotta, la sola attenzione non ha la forza di distruggerli. Daquesto combattimento contro i pensieri malvagi condotto con l'attenzione e la preghiera dipendela vita dell'anima. Servendosi dell'attenzione possiamo render pura la preghiera e compiere deiprogressi; se non ci serviamo dell'attenzione per conservarla pura e la lasciamo incustodita,diventa inquinata dai pensieri malvagi e diveniamo degli inservibili falliti.

    Sul primo modo dell'attenzione e della preghiera

    Queste sono le caratteristiche del primo modo: uno si mette in orazione, solleva le mani, gliocchi e la mente verso il cielo, tiene fermi nella mente i pensieri di Dio, immagina i beni celesti,le schiere degli angeli e le dimore dei santi, riunisce, in una parola, nella mente quanto haappreso dalle Sante Sctitture e durante la preghiera vi si sofferma, esortando l'anima ad esseredesiderosa di Dio e del suo amore. Gli pu capitare in questo stato di versare delle lacrime e dipiangere. Pu succedere, se uno segue soltanto questo modo, che poco a poco il suo cuores'inorgoglisca senza che lui l'avverta, e pensi che ci che esperimenta gli venga dalla grazia diDio come consolazione, e comincia a domandare a Dio di poter rimanere sempre in quellostato. Ma questo segno di smarrimento, il bene quando non compiuto come si deve non

    pi bene. Se quest'uomo s'impegna in una vita solitaria totale difficilmente potr sfuggire allafollia. Se questo per un puro caso non avvenga, gli sar impossibile raggiungere il possessodella virt e il calmo pensiero. Questo modo contiene un altro rischio di deviazione: uno puvedere con gli occhi del corpo delle luci e dei fulgori, gustare dei profumi soavi, sentire dei suonie altre simili cose. Alcuni ne sono rimasti del tutto invasati, nella loro insania hanno cominciato avagolare da un luogo all'altro; altri, scambiando il diavolo per un angelo della luce, sono rimastiingannati, fino a diventare incorreggibili rifiutando di accogliere l'ammonimento dei fratelli. Altri,istigati dal diavolo, si sono suicidati gettandosi chi da un precipizio, chi impiccandosi. Da quantoabbiamo detto non difficile, per chi ha buon senso, comprendere quale rischio sia incluso inquesto primo modo di attenzione e di preghiera (quando venga considerato come l'unico nellavia della preghiera). Anche se qualcuno evita questi pericoli nel praticarlo perch vive in una

    comunit, ai suoi rischi sono esposti particolarmente gli eremiti, sappia che non far nessunpasso avanti nella vita spirituale.

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    Sul secondo modo di attenzione e di preghiera

    Questo il secondo modo di attenzione e di preghiera: lorante ritrae la mente dagli oggettisensibili e la raccoglie nel suo intimo; vigila sui sensi e unifica i suoi pensieri in modo cheinterrompano il vagabondaggio tra le vanit mondane. A volte esamina i suoi pensieri, a volte siferma a considerare le parole che le sue labbra pronunciano; a volte ferma il pensiero quandoaffascinato dal diavolo vola verso qualcosa di peccaminoso e di vano; a volte, vinto da qualchepassione, con grande travaglio e sforzo lotta per rientrare in s stesso. La nota specifica diquesto modo che si svolge nella testa, i pensieri combattono contro i pensieri.In questo combattimento contro se stesso, non si pu trovare la pace, n il tempo di praticarequelle virt che sono il coronamento della verit. Questo stato paragonabile ad uno che lotticon i nemici, nella notte, al buio, sente le loro voci, subisce i loro colpi, ma non vedechiaramente dove siano, da dove vengano e per qual motivo stiano aggredendolo; rimanedentro la testa, mentre i pensieri malvagi escono dal cuore. La tenebra che gli avvolge la mente,la tempesta che infuria nei suoi pensieri sono la causa che impedisce di vedere la origine diquesta deviazione, non riesce a sfuggire dalla presa dei demoni, suoi nemici, e a riconoscere iloro colpi. Se poi insieme a tutto questo uno vien preso dalla vanit di ritenersi vigilante su se

    stesso come dovrebbe, lavora inutilmente e perder per sempre ogni ricompensa. Orgogliosodisprezza e critica gli altri e loda se stesso, considerandosi atto ad essere un pastore di uominie di guidare gli altri diventa simile ad un cieco che vuol condurre altri ciechi. Questi sono icararteri del secondo modo di attenzione e di preghiera. Chi vuol raggiungere la salvezza saprriconoscere il danno che sta arrecando all'anima sua e aprir con cura gli occhi su se stesso.Questo modo, ci nonostante, migliore del primo come una notte di plenilunio meglio di unanotte senza luna.

    Sul terzo modo di attenzione e di preghiera

    Il terzo modo meraviglioso ma difficile a spiegare; insieme difficile e incredibile per chi non loabbia mai praticato, fino al punto da esser respinto come possibile attuazione. Nel nostro tempoinfatti difficile incontrare chi pratichi questo modo di attenzione e di preghiera; verrebbe dapensare che questo dono benedetto ci abbia abbandonato insieme all'obbedienza.Se uno osserva l'obbedienza perfetta al suo padre spirituale, si libera da ogni perplessit,avendole poste sulle spalle della sua guida. Libero da ogni attaccamento sensibile, pudedicarsi con zelo e diligenza alla pratica del terzo modo di preghiera, supponendo per che sisia posto sotto la direzione di una guida non sottoposta a smarrimenti. Se vuoi raggiungere la

    salvezza comincia in questo modo: stabilisci nel tuo cuore la perfetta obbedienza alla tua guidaspirituale, compi qualunque cosa con coscienza pura, alla presenza di Dio; non possibileavere la coscienza pura senza l'obbedienza. Conserva pura la coscienza in queste tre direzioni:di fronte a Dio, di fronte alla tua guida spirituale, di fronte agli uomini e alle cose e alla realt delmondo.Di fronte a Dio il dovere della tua coscienza consiste nel non fare azione che, secondo la tuacoscienza, non sia gradita e accetta a Dio. Di fronte al tuo padre spirituale fa soltanto quello cheti dir, non voler fare niente di pi o di meno di quanto ti suggerisce, cammina sotto la guidadella sua volont e della sua intenzione. Di fronte agli uomini non fare alcuna cosa che nonvorresti venisse fatta a te stesso. Di fronte alle cose il tuo dovere di mantenere pura la tuacoscienza usandola in maniera giusta, per le cose intendo il cibo, le bevande e le vesti.

    Procedendo in questo modo ti appronterai un sentiero solido e diretto verso il terzo modo diattenzione e di preghiera, esso consiste essenzialmente in questo: la mente scenda nel cuore.Mentre preghi ferma l'attenzione nel cuore, percorrilo in tutti i sensi, senza mai distaccartene, edalle profondit del cuore fa' salire a Dio la tua preghiera. Quando la mente, dimorando nelcuore, comincia a gustare quanto buono il Signore e si sente colma di grande diletto non vorr

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    pi abbandonare quel luogo. Contempler le profondit del cuore e vi rimarr cercando eallontanando quei pensieri che il demonio vi avr disseminato. Chi non conosce e non haprovato questo modo, lo considerer difficile e opprimente. Chi invece avr gustato la suadolcezza e avr goduto nelle profondit del cuore, grida con San Paolo: "Chi potr distaccarsidall'amore di Cristo'..".Osserva prima di ogni altra cosa queste tre direttive: sii libero da ognipreoccupazione, non solo riguardo a ci che malefico e vano ma anche a ci che buono, inuna parola sii morto a tutto; conserva la tua coscienza in modo che nulla possa rimproverarsi;abbi il perfetto distacco da ogni attaccamento passionale, in modo da non avere alcunainclinazione verso ci che appartiene al mondo. Mantieni la tua attenzione in te stesso, tieniferma la mente nel cuore, con tutti i mezzi possibili cerca di scoprire il luogo dove il cuore; seavrai il dono di trovarlo il tuo pensiero vi dimorer per sempre. Impegnandoti in tal modo lamente scoprir il luogo del cuore, quando l'avr trovato la grazia render la preghiera soave eardente. La mente acquister la capacit di allontanare i pensieri malvagi da qualunque parte simanifestino prima che abbiano preso consistenza, facendoli dissipare con l'invocazione:"Signore Ges abbi piet di me! ". Il primo e il secondo modo di attenzione e di preghiera nonconducono l'uomo alla perfezione. Volendo costruire una cosa non cominciamo dal tetto madalle fondamenta; prima gettiamo le fondamenta poi innalziamo i muri infine edifichiamo il tetto.Altrettanto ci richiesto per l'edificio spirituale, innanzi tutto gettiamo il fondamento: vigilando sul

    cuore e purificandolo dalle passioni; quindi innalziamo le mura respingendo l'assalto dei nemiciche si scagliano contro servendosi dei sensi, e addestrandoci a controbattere i loro assalti il pipresto possibile; dopo aver fatto questo possiamo porre mano al tetto, alla totale rinuncia a tuttoper offrirci completamente a Dio. In questo modo potremo ultimare la nostra casa in GesCristo, a Lui sia lode per sempre. Amen." (Filocalia , vol. V pp. 73-89. edizione italiana dellaFilocalia, ed. Gribaudi)

    Non poteva sfuggire a Gurdjieff che l'aspetto "preghiera" massimo nel terzo modo, mentrel'aspetto "attenzione" massimo nel secondo. Forse gli venne il sospetto che il secondo modo,gi all'epoca di San Simeone, non fosse pi noto nella sua completezza, in ambiente cristiano eche, proprio per la sua incompletezza, gli venisse preferito il terzo. Tutti i suoi anni successivi li

    dedic infatti ad un approfondimento esoterico del secondo modo, entrando cos in contatto consvariati ambienti, soprattutto sufi e buddhisti.Gurdjieff e il SufismoIl contatto di Gurdjieff con il Sufismo islamico praticamente certo, se si tiene presente chenell'estate del 1885 il suo viaggio di ricerca inizia a Costantinopoli, per studiare i dervisciMevlevi e Bektaschi e che nel 1920-1922 Gurdjieff torna a Costantinopoli e si trasferisce nellavicina Pra, al Black Rose. In quell'occasione, P.D. Ouspensky ritorna da lui e gli chiede dioccuparsi dei gruppi che nel frattempo aveva fondato. I due partecipano assiduamente allecerimonie dei Mevlevi (dervisci roteanti) di Yuksek Kalderym. Nelle vicinanze, Gurdjiefforganizza delle conferenze e intensifica il lavoro per il balletto "The Struggle of the Magicians".Sempre in quel periodo, tramite il principe Mehmet Sabaheddin, conosce J.G. Bennett,

    capitano dei servizi segreti britannici, che doveva diventare un altro suo famoso discepolo.L'influsso del Sufismo, tuttavia, non deve essere neppure esagerato, fino a farne l'unica fontedell'insegnamento di Gurdjieff. Nel libro "I Maestri di Gurdjieff" (ediz. italiana: 1991, Roma, E.Mediterranee) , Rafael Lefort, studioso di esoterismo, narra che, dopo essere entrato a far partedi una delle scuole ispirate alla dottrina di Gurdjieff, avendo trovato un metodo di insegnamentonon conforme alla sue aspettative, decise di mettersi in viaggio verso lOriente, alla ricerca dellefonti originali dell'insegnamento. I capitoli di questo libro sono dedicati alle figure degli uomini,quasi tutti mercanti o artigiani, con i quali Lefort era riuscito ad avere un incontro: si tratta dipersone che avevano insegnato a Gurdjieff, o che avevano imparato assieme a lui la loro arte,oppure che erano stati suoi maestri o condiscepoli nello studio di una particolare disciplina. Permezzo di suggerimenti e indicazioni, Lefort venne guidato da essi nel suo viaggio di citt in citt,di maestro in maestro, fino a trovarsi nuovamente in Europa, in seno ad una scuola esoterica,situata (ironia della sorte!) a soli quindici chilometri dalla sua abitazione. Nel corso del suo lungoperegrinare, lautore prende coscienza della sterilit delle motivazioni, quasi esclusivamenteintellettuali, che lo avevano portato ad intraprenderlo, e si pone in una nuova prospettiva

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    riguardo a Gurdjieff ed al suo pensiero. Mentre rinuncia ad una sicurezza che ora gli apparefalsa ed acquisisce umilt e disponibilit, viene altres messo in guardia nei confronti dellescuole in grado di tramandare laspetto esclusivamente esteriore dellinsegnamento di Gurdjieff.Il messaggio di Gurdjieff viene dichiarato morto con la scomparsa del maestro, ma si affermache linsegnamento autentico sempre accessibile. Alla fine del suo viaggio, Lefort posto difronte ad una scelta: continuare le sue ricerche o rinunciare ad esse per intraprendereeffettivamente il cammino evolutivo. Il libro pretende di essere una ricerca dei Maestri diGurdjieff, fisicamente intesi, svolta negli anni sessanta. A meno di non ammettere, nei lororiguardi, una longevit ben superiore a quella di Gurdjieff, una interpretazione letterale del testoha poche possibilit di corrispondere al vero. Si dice che Rafael Lefort sia lo pseudonimo delfamoso scrittore Idries Shah (1924 Simla/India-1996 Londra). Quest'ultimo, scheikNaqshabandy d'origine afgana (partecip coi mujaiddin alla guerra di resistenza control'invasione sovietica dell'Afghanistan), stato uno dei maggiori divulgatori moderni del sufismo,soprattutto di quell'ala che lo svincola dall'aderenza all'Islam. All'opposto vi l'ala tradizionalista,che vanta rappresentanti altrettanto famosi come Syed Hossein Nasr, la quale ritieneindispensabile la pratica della forma religiosa islamica.Gli scheik tradizionalisti sostengono chel'altra ala estremizzi il cosmopolitismo ed universalismo sufi, disancorandolo dalla sua baseterrena e storica che appunto l'Islam. E' abbastanza noto che la "Fondazione Gurdjieff",

    avente le sue sedi principali a Parigi, Londra e New York, guidata prima da Madame JeanneMatignon de Salzmann (1889-1990) e poi dal figlio Dr. Michel de Salzmann , cerc di integrarsinella tradizione orientale, al fine di completare l'insegnamento lasciato in eredit da Gurdjieff.Poich tale insegnamento era esteriormente svincolato tanto dall'Islam, quanto dal Buddhismo,sembr naturale rivolgersi all'ala cosmopolita di Idries Shah. Egli accett di accogliere i membridella fondazione, ma a patto che rinunciassero alla gerarchia che si era formata all'interno delloro gruppo, cio a condizione che ricominciassero tutti dallo stesso grado di neofiti. Essirifiutarono e Shah rispose con il libro firmato Lefort. L'interpretazione delle originidell'insegnamento di Gurdjieff , presente in questo libro, senz'altro di parte, sia perchtrascura l'influsso buddhista ed altri minori, sia perch dimentica che Gurdjieff non usc maidalla tradizione cristiano-ortodossa, considerando, con ogni probabilit, i suoi contatti orientali

    nient'altro che un approfondimento di quello che S. Simeone definisce "il secondo modo diattenzione e di preghiera". Prova ne che, alla sua morte, dopo quattro giorni e quattro notti diveglia, venne cantata una messa solenne nella cattedrale della Chiesa Ortodossa "AlexandreNevsky", in Rue Daru a Parigi.

    L'enigma del lama Dordjieff

    Il periodo della vita di Gurdjieff, che ha suscitato maggiormente la curiosit dei ricercatori, naturalmente quello dei vent'anni mancanti. Stando a quanto egli stesso ha scritto, assiemeai suoi compagni di viaggio, scavando 'casualmente' tra le rovine dell'antica citt di Ani, trov letracce della scuola esoterica di saggezza, chiamata 'La Confraternita di Sarmoung',ipoteticamente sviluppatasi, attorno al 2500 a.C., a Babilonia. Nel Kurdistan, scopr una mappadell' Egitto pre-sabbia, poi prosegu per Alessandria e Il Cairo. Visit Tebe, l'Abissinia e le rovinedi Babilonia in Iraq. Studi nel finalmente ritrovato monastero di Sarmoung (trovandoispirazione per le famose Danze Sacre), esplor il deserto del Gobi, studi la magia persiana ele tecniche ipnotiche. Non si fece certamente scrupolo, nel 1901, di diventare un agente delloZar ed entrare in Tibet, allora zona di attrito tra due potenze imperialiste, quella russa e quellainglese, probabilmente per trovare nuove discipline di consapevolezza. Egli era probabilmentepresente, quando, il 5 luglio del 1903, il colonnello Francis Younghusband invase il Tibet,penetrando dall'India. Assistette al massacro dei Tibetani da parte degli Inglesi a Guru e allasuccessiva conquista di Lhasa. Ferito pi volte e ammalatosi di idropisia, dovette andarsene dalTibet. Una testimonianza interessante, relativa a questo periodo, riferita da Louis Pauwels nellibro "Monsieur Gurdjieff" (Roma 1972), quella di Achmed Abdullah, scrittore e ufficialedell'Intelligence Service. Questi incontr Gurdjieff a New York , durante un pranzo in casa di uncomune amico, e riconobbe in lui il Lama Dorzhieff (o Dordjieff secondo un'altra grafia)

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    conosciuto circa trenta anni prima in Tibet. Glielo disse e lui gli strizz l'occhio. Si parlarono inlingua tagik. Dorzhieff era stato precettore del giovane tredicesimo Dalai Lama ed era ilprincipale agente segreto della Russia nel Tibet. Quando le truppe Inglesi invasero il Tibet, fugginsieme al Dalai Lama in direzione della Mongolia. Tutto ci, se fosse vero, spiegherebbe ledifficolt che pi tardi Gurdjieff incontr a Londra, nonostante gli interventi dei suoi amici pressoLloyd George. La testimonianza di A. Abdullah stata, in genere, scartata dai seguaci diGurdjieff, forse perch Alexandra David Neel, che ha scritto molti libri di viaggio sul Tibet, in unarticolo apparso su Nouvelles Litteraires di Parigi il 22 Aprile 1954, dichiar che era statoconfuso Gurdjieff con un lama buriato di nome Dordjieff. A favore della tesi di Abdullah invecelambasciatore indiano in Cina K.M. Panikkar, in "Storia della dominazione europea in Asia dalCinquecento ai nostri giorni" (Einaudi, Torino 1977) che si appoggia anche sulla testimonianzadi Sir Charles Bell, diplomatico inglese in Tibet e amico personale del tredicesimo Dalai Lama,riportata nella biografia autorizzata " Portrait of a Dalai Lama: The Life and Times of the GreatThirteenth" (pubblicata per la prima volta nel 1946 da W.M. Collins e successivamenteristampata nel 1987, a Londra, da Wisdom Publications). E' poi da notare che il libro di RomLandau "God is My Adventure" (ultima ristampa : Unwin, 1964) che per primo riport latestimonianza di Abdullah, usc quando era ancora vivo Gurdjieff ed egli non fece la minimaobiezione. Forse allo scopo di indicare il Tibet come luogo per approfondire l'insegnamento,

    Gurdjieff, come narra J.C. Bennett (Gurdjieff: Un nuovo Mondo, Ubaldini-Roma-1981), nell'annodella sua morte, raccont ai suoi discepoli come giunse alla frontiera tibetana, dando il suonome e i documenti redatti in russo. Disse che nella lingua di quel luogo non c'era la lettera "g",sicch pronunciavano il suo cognome "Dordjieff" e gli diedero un salvacondotto in tibetano, sucui era scritto il nome in base alla loro pronuncia. Il racconto era probabilmente una bugia, vistoche i tibetani non hanno normalmente difficolt a pronunciare parole con la g. Bennett ritiene,perci, che esistesse un altro lama di nome Dordjieff e che Gurdjieff abbia approfittatodell'omonimia, per accedere a lamaserie che altrimenti gli sarebbero state precluse. Per fugareogni dubbio sull'argomento, si pu anche leggere l'ottimo "Buddhism in Russia: The Story ofAgvan Dorzhiev, Lhasa's Emissary to the Tsar" (London, Element Books) di John Snelling. Iltesto, molto ben documentato, ricostruisce la vicenda, a suo modo straordinaria, di Agvan

    Dorzhiev, il monaco buriato che fu uno dei tutori - e pi tardi uno dei consiglieri - del tredicesimoDalai Lama. Dorzhiev si adoper anche per diffondere il buddhismo in Russia e fu uno deipromotori della costruzione del monastero buddhista di San Pietroburgo, tuttora esistente eattivo. Travolto dagli eventi seguiti alla presa del potere da parte di Stalin, Dorzhiev mor inqualche gulag intorno al 1937. Riguardo all'etimologia del nome di questo monaco forseinteressante quanto dice Paul Demieville nell'opera "Le Concile de Lhasa" (Imprimerie Nationalede France- Paris 1952, pag. 12): "...nel 1935, alcuni mesi prima della sua morte, Obermiller hasegnalato un nuovo documento sulla polemica sino-tibetana: lo aveva trovato nella bibliotecadel Museo Asiatico dell'Accademia delle Scienze, a Leningrado, un manoscritto sanscrito sucarta tibetana, portato in quel periodo in Russia, a nome del Dalai Lama, dal celebre lamasiberiano Dorjeev (Rdo-rje, 'la folgore'), capo dei buddhisti russi, Buriati e Calmucchi." Cosa

    pensare dunque della testimonianza di Achmed Abdullah? Mi sembra piuttosto strano cheavesse potuto confondere Dorzhiev (che era un buriato, quindi con tratti somatici decisamentemongolici) con un armeno come Gurdjieff. A meno che non fosse...d'accordo con Gurdjieff !

    L'insegnamento di Gurdjieff incompleto?

    La classificazione degli esseri umani, proposta da Gurdjieff, si basa sulla prevalenza dell'una odell'altra tra le principali funzioni psicofisiche (chiamate anche "centri"): la funzione motoria,quella emotiva e quella intellettuale. Ciascuno dei tre tipi umani, secondo Gurdjieff, quandodecide di evolversi spiritualmente, tende a seguire una via basata sulla funzione in luiprevalente: avremo cos, rispettivamente, la via del fachiro, quella del monaco e quella delloyoghi. Egli propone invece una quarta via, nella quale la presenza mentale viene applicata atutte e tre le funzioni, cos da garantirne una evoluzione equilibrata. Questa classificazione

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    proviene dalla tradizione Ind, ma Gurdjieff, che probabilmente aveva avuto contatti limitati oindiretti con essa, la riporta con alcune distorsioni. Innanzitutto egli usa il termine yoghi in unaaccezione pi ristretta di quella usata in India, dove tutte le vie ascetiche sono considerateforme di yoga e perci tutti gli asceti sono yoghi. Le vie tradizionalmente consigliate ai tre tipiumani sono rispettivamente: lo yoga dell'azione o karma yoga (e non il fachirismo), lo yoga delladevozione o bhakti yoga e lo yoga della conoscenza o jnana yoga. Viene poi considerata unaquarta via, che sintetizza le altre tre ed detta raja yoga, cio yoga del re; quest'ultimo,secondo la tradizione, dovrebbe possedere in forma essenziale ed equilibrata le qualit di tuttele caste (artigiani, guerrieri, sacerdoti) da lui governate. Infatti, il termine casta significavasemplicemente, in origine, "natura interiore". Qualsiasi via basata sulla presenza mentale ha,quotidianamente, due fasi temporali di applicazione: il giorno e la notte. Sia le pratiche diurne,sia le notturne possono ulteriormente suddividersi in pratiche "artificiali" (basate su posizioni omovimenti o processi prestabiliti) e pratiche di ogni istante. Gurdjieff forn insegnamentii sullepratiche diurne, soprattutto del tipo "artificiale". Per quanto riguarda quelle notturne, egliinsegnava che il passaggio dalla veglia al sonno era dovuto al progressivo interrompersi deicollegamenti tra i vari "centri" o funzioni; proponeva ai suoi discepoli, come obiettivo evolutivo,l'apprendimento del passaggio volontario e rapido dalla veglia al sonno completo, minimizzandoi periodi intermedi di dormiveglia, al fine di guadagnare tempo ed energia. Il fatto che avesse

    una certa conoscenza delle fasi intermedie tra veglia e sonno profondo testimonia che Gurdjieff,probabilmente durante la permanenza in Tibet, aveva praticato lo yoga del sogno. Egli perriteneva che l'attenzione non sia altro che l'osservazione di un "centro" per mezzo di un altro"centro" e che perci sia impossibile esercitarla durante il sonno completo, quando tutti icollegamenti tra i "centri" sono interrotti. Ci dimostra che non conosceva la pratica tibetana, piavanzata, detta yoga della luce chiara, che si effettua proprio durante il sonno profondo.

    Gurdjieff e il Subud

    Stando a quel che dice quel matematico, ingegnere industriale e instancabile viaggiatore, che fu

    J.G. Bennett, Gurdjieff aveva invitato i suoi discepoli ad integrare, in futuro, il suo insegnamentocon quello di un maestro, che sarebbe apparso nelle Indie Orientali Olandesi. Fu cos che,quando Bennett si imbatt nel Subud, l'insegnamento dell'indonesiano Muhammad SubuhSumohadividjoio (Semarang 1901 - Giacarta 1987), lo prov e, per i lusinghieri risultati, lopropose ai membri dei gruppi da lui guidati. Il termine Subud non in relazione con il nome diSubuh, bens una contrazione dei tre termini sanscriti Susila, Budhi e Dharma. In Subud, latraduzione di tali termini vale approssimativamente: Susila, il corretto vivere secondo la VolontDivina; Budhi, la forza interiore insita nella natura dell'essere umano; Dharma la sottomissioneal Potere Divino. Il Subud non una teoria filosofica, n una fede religiosa, ma si identifica conla sua pratica: il latihan kejiwaan (esercizio spirituale) detto ,in genere, semplicemente latihan. Illatihan inizia stando in piedi, rilassati con le mani lungo i fianchi. una buona cosa chiudere gliocchi. Non si deve cercare di pensare, e nemmeno di non pensare; in effetti, non occorre farenulla tranne rilassarsi e abbandonarsi volontariamente agli impulsi spontanei che verranno.Durante il latihan, alcuni muovono spontaneamente la testa o il corpo, le gambe o le braccia.Altri camminano o danzano o corrono o si sdraiano. Alcuni fanno rumore o parlano o gridano,altri cantano o ridono o piangono. C anche gente che rimane semplicemente in piedi e nonavverte nulla. Anche questo evento deve essere accettato serenamente, poich si ritiene checiascuno ricever, a tempo debito, ci che meglio per lui. La volont del praticante liberad'intervenire in qualsiasi momento per fermare l'azione del latihan, che continua soltanto fino aquando volontariamente ci si sottomette a esso. Il latihan, se eseguito con la necessariapresenza mentale, va oltre gli esercizi di Gurdjieff, basati sul movimento e le musiche. Mentrequesti ultimi sono totalmente artificiali, il latihan si basa su una spontaneit persino maggiore diquella che si vive, esercitando la presenza mentale durante gli eventi della vita quotidiana. Sonoinfatti momentaneamente assenti quelle consuetudini sociali, che limitano i nostri movimenticorporei. Il fondatore del Subud scopr da solo la pratica del latihan, nell'estate del 1925, all'etdi ventiquattro anni. Oggi il latihan viene normalmente trasmesso da un "aiutante" (helper), cio

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    In realt lattenzione sempre divisa, anche se pu esserlo in modi differenti.Se una persona mi grida Attento!, allora lattenzione, per un momento, lascia ci di cui si stavaoccupando e si distribuisce con uguale intensit su tutto lo spazio attenzionale, al fine discoprire donde giunga il pericolo. Lo spazio attenzionale, in tal caso, pu dirsi perci isotropo.Se invece riconosco ad es. un amico in mezzo alla folla, allora lattenzione si dirige conmaggiore intensit sull'amico, che funge, come dicono gli psicologi, da figura", mentre si dirigesu tutto il resto, che funge da sfondo, con minore intensit.Lo spazio attenzionale, in questo secondo caso, pu dirsi perci anisotropo. Naturalmente lefigure possono essere contemporaneamente pi di una, come nel caso del gioco che honarrato.Penso che lo "spazio attenzionale" possa definirsi, in termini operativi, come il dividersidellattenzione su una molteplicit di oggetti, sia percepiti dai sensi (lo spazio cosiddettofisico), sia non (lo spazio interiore).Propongo di indicare sia l'impulso attenzionale, sia lo spazio attenzionale al quale tale impulso rivolto, con il simbolo "A". Pi precisamente, se indichiamo con A un singolo impulsoattenzionale isotropo, un impulso anisotropo potr indicarsi come Af|As (leggi : Afsimultaneo e distinto da As) dove Af la parte dellattenzione rivolta verso la figura o lefigure(se sono pi di una), As la parte dellattenzione rivolta verso lo sfondo e | il simbolo di

    simultaneit distintiva.L'operazione attenzionale, che abbiamo indicato simbolicamente con Af|As, pu essere ancheindicata con il termine abituale "notare", nel senso di percepire con maggiore intensit unacerta "figura" rispetto allo "sfondo". Si potr anche dire che lo sfondo viene "semplicementepercepito", mentre la figura viene "appercepita".Svariate pratiche esoteriche si fondano su questa operazione del notare. Molte di esse vengonoindicate con il nome generico di concentrazione.Una prima forma di concentrazioneconsiste nel cercare di reiterare nel tempo sempre lamedesima figura. Se ad es. ripeto verbalmente o mentalmente una giaculatoria, l'esercizioconsiste nel prendere quest'ultima reiteratamente come figura. Indicando con g la giaculatoria,il primo impulso attenzionale rivolto a g sar indicabile con 1Ag (leggi: "prima attenzione a g"), il

    secondo con 2Ag etc.Se indico con s, come al solito, lo sfondo e assumo il trattino medio - quale simbolo disequenza temporale, due ripetizioni successive della giaculatoria potranno essere scritte come1Ag|As - 2Ag|As (leggi: "1Ag|As seguito da 2Ag|As"). L'esercizio ipoteticamente "perfetto",ripetuto n volte, sar allora indicabile con 1Ag|As - 2Ag|As - 3Ag|As - ... - nAg|As.Questo tipo di concentrazione soggetto a svariati "disturbi". Il primo disturbo il "cambio difigura", cio l'insinuarsi di una diversa figura (o di pi diverse figure) durante la reiterazionedella giaculatoria. In altre parole pu capitare, per periodi pi o meno lunghi e pi o menofrequenti, di pensare ad altro. Se indico con d un generico disturbo di questo tipo, unagiaculatoria disturbata potr essere ad es. 1Ag|As - 2Ag|As - 3Ad|As - 4Ag|As - 5Ad|As - ... -nAg|As.Un secondo tipo di disturbo che si verifica il "raddoppio della figura". Pu ad es.accadere che la ripetizione della giaculatoria divenga col tempo del tutto automatica, cos danon richiedere pi la medesima attenzione iniziale e da indurmi o permettermi di pensarecontemporaneamente a qualcos'altro. Se indico con & l'operazione dell'attenzione di distribuirsicontemporaneamente su pi figure e con p un generico pensiero , l'attenzione rivoltacontemporaneamente a g e p sar indicabile con A(g&p) (leggi: "attenzione a g e p"). Se taledisturbo compare, ad es. alla quarantesima ripetizione della giaculatoria, posso scrivere: 1Ag|As- 2Ag|As - ... - 39Ag|As - 40A(g&p)|As - 41A(g&p)|As - ... - nA(g&p)|As.Abbiamo dunque gi evidenziato un certo numero di operazioni che l'attenzione pucompieree precisamente:

    - il "notare", cio il distinguere la figura dallo sfondo, operazione che abbiamo indicato con iltratto verticale |- il "pulsare" temporale, cio il distogliersi periodico da una determinata figura, per ritornaresulla medesima o su di un'altra figura; operazione che abbiamo indicato con il tratto orizzontale-

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    - il "distribuirsi" contemporaneamente su pi figure, che abbiamo indicato con il simbolo &.Per semplicit di scrittura, abbiamo sempre trattato lo sfondo come se, durante l'esercizio, essopermanga invariabile; in realt, si verificano anche variazioni dello sfondo, dovute ad es. alsopraggiungere di nuovi stimoli sensoriali esterni (suoni, luci etc) e perci rimane sottinteso chesdebba essere generalmente considerato come una variabilee non come una costante.

    La tendenza spontanea dell'attenzione a distribuirsi su pi figure (raddoppio della figura), nellapratica esoterica, viene a volte combattuta, imponendosi volontariamente sin dall'inizio due o pioggetti contemporanei di attenzione. E' il caso della cosiddetta "Preghiera di Ges", risalentealla chiesa cristiana indivisa ed oggi praticata soprattutto nell'ambito di quella ortodossa. Sitratta, come noto, di una giaculatoria, contenente il nome di Ges, ritmata sul battito cardiaco.La giaculatoria e il battito costituiscono due "figure" su cui si divide l'attenzione, distraendosiperci pi difficilmente. Una tecnica analoga consiste nel "contare i respiri". Si conta ogniinspirazione o ogni espirazione od entrambi, ricominciando da capo quando per distrazione siperde la conta. Oppure si conta la durata di ciascun atto respiratorio. In tutti questi casi, laduplice "figura" costituita dal respiro e dal contare.

    Approfondiamo l'operazione del distribuirsi dell'attenzione su pi figure. Un caso particolare del

    distribuirsi quello in cui la seconda figura costituita dalla "periferia" della prima, cos che siottiene un'unica nuova figura complessiva, che costituisce un allargamentodella precedente.Ci si verifica ad es. quando la mia attenzione diretta ad un vaso e l'istante successivoall'intero davanzale sul quale si trova il vaso. Anche il processo contrario di "rimpicciolimento"della figura comunemente usato nella vita di tutti i giorni, ad es. quando, entrando in unanuovo ambiente, lo cogliamo prima in tutta la sua ampiezza, per poi osservarne un particolare,ad es. un mobile.Se "f" la figura iniziale ed "a" lo spazio attenzionale sottratto alla figura durante ilrimpiccioimento, "fa" (leggi "f ridotto di a") potr indicare la nuova e pi ristretta figuraattenzionata. Il "rimpicciolimento della figura" contemporaneamente un "allargamento dellosfondo". Se inizialmente lo sfondo "s", dopo il rimpicciolimento della figura lo sfondo si

    "allarga" (a parit di tutte le altre condizioni) a "s&a". Se Af|As indica l'istante attenzionaledurante il quale la figura "f" e A(fa)|A(s&a) indica l'istante in cui la figura si ridotta a "fa", il"pulsare" dell'attenzione (simboleggiato dal tratto medio) dal primo al secondo istante sarcomplessivamente indicabile con Af|As - A(fa)|A(s&a).Abbiamo cos scoperto una quarta operazione attenzionale e l'abbiamo simboleggiata con laruna Thorn "".Se le prime tre operazioni le abbiamo chiamate rispettivamente: "notare", "pulsare","distribuirsi", quest'ultima possiamo chiamarla "focalizzarsi".Tra le pratiche esoteriche, esistono tecniche di concentrazione che si fondano non solo su unareiterazione della figura, ma anche su un progressivo rimpicciolimento o allargamento dellafigura stessa. Si supponga ad es. di praticare l'osservazione delle sensazioni prodotte dalpassaggio del respiro nel proprio naso. Inizialmente la "figura" pu essere rappresentata dallasuperficie anteriore del naso e dall'interno del medesimo. Poi solo dalla superficie anteriore.Infine da una zona ancora pi ristretta di tale superficie, ad es. dalla punta del naso. Si diceche, procedendo per tal via, taluni praticanti giungano a percepire fenomeni del livellomolecolare.

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    B2.2) Sul "Prender Nota"

    Fabritalp: Riporto un esercizio da "Cabbalah" di Will Parfitt che alla stregua di alcunibuddhistici mira, a sviluppare la qualit della "presenza a s". Delle varie pratiche, nel libro, stato fatto un ordinamento in base alle Sephiroth, quella del centro e questa che segue sonoattribuite a Malkuth.

    Pronunciando ogni volta le parole "ora sono consapevole" descrivete quello che statefacendoe osservate come la vostra consapevolezza cambia ogni volta, per esempio: ora sonoconsapevole di scrivere queste parole... ora sono consapevole di essere piacevolmente alcaldo... ora sono consapevole di una macchina che passa... ora sono consapevole che il miostomaco sta gorgogliando... ora sono consapevole di un leggero dolore alle spalle... ora sonoconsapevole di sentirmi felice... ora sono consapevole del rumore della tastiera mentre scrivo...ora sono consapevole di...Continuate da soli a sperimentare questa consapevolezza ininterrotta,per pi o meno cinqueminuti.Ora riprovate per qualche minuto ancora, questa volta cercando di notare quello che blocca lavostra consapevolezza. Ci sono dei momenti in cui niente sembra accadere? Vi sentite

    imbarazzati nell'eseguire l'esercizio, vi sembra sciocco o inutile? Ora ripetete l'esercizio,ricordandovi di iniziare ogni volta con: "ora sono consapevole...". Questa volta prestateattenzione a come la vostra consapevolezza cambia da dentro a fuori e viceversa. Questocontinuum di consapevolezza formato dalle nostre intuizioni, pensieri, sentimenti ed emozioni,sensazioni, fantasticherie, ecc. tutte le funzioni del nostro esistere.Sadescan: L'esercizio descritto da Parfitt, proprio nella forma in cui egli lo descrive, statoideato alcuni decenni fa dagli psicologi, appartenenti alla corrente della cosiddetta "Psicologiadella Gestalt". I quali, a loro volta, lo hanno sviluppato sulla base di pratiche tradizionalibuddhiste o di altri ambienti. I gestaltisti insistono sulla concettualizzazione del "qui e ora",mediante la frase iniziale "ora sono consapevole...". Le pratiche tradizionali invece ne fanno ameno, perch una frase troppo lunga "ingombra" la mente per troppo tempo, rendendo

    difficoltoso notare certi dettagli pi "sottili" degli altri. Insistere poi su verbi in prima persona puforse essere utile in psicologia per rafforzare personalit deboli, ma dal punto di vistadell'ascesi l'osservazione deve essere il pi possibile oggettiva e perci non egoica. In generesi usa una sola parola per "prender nota" di ci che accade. Invece di dire "ora sonoconsapevole di scrivere queste parole" basta dire "scrivo", invece di "ora sono consapevole diessere piacevolmente al caldo" si pu dire "tepore"; anzich "ora sono consapevole di unamacchina che passa" sufficiente "automobile"; invece di "ora sono consapevole che il miostomaco sta gorgogliando", pu dirsi "gorgoglio"; anzich "ora sono consapevole di un leggerodolore alle spalle", basta "doloretto"; anzich "ora sono consapevole di sentirmi felice", basta"gioia"; infine anzich "ora sono consapevole del rumore della tastiera mentre scrivo", bastaindicare il susseguirsi delle due percezioni con "scrivo", "rumore". In altri termini, non serve unintero "schizzo" della situazione, ma basta un "segno stenografico" della medesima. Del resto,entrati nella "corrente della meditazione", cio in una condizione di "non distrazione", lostesso "segno stenografico" va abbandonato, osservando le cose senza "descrizioneinteriore".Quanto poi al simbolismo cabbalistico, occorre chiedersi: "nella fattispecie, a che serve?". Anulla, visto che sia i gestaltisti, sia i buddhisti e via dicendo ne fanno a meno. I richiami all'alberodella vita, in questo caso, sono abbellimenti forzosi e non migliorano l'apprendimento dellapratica. Poi quando, come Parfitt, ci si occupa di Cabbala, bisognerebbe chiarirsi di qualeCabbala si tratti. Lo stesso Scholem fa notare che mentre i testi cabbalistici ebraici sonoestremamente avari di riproduzioni dell'albero della vita e di discorsi su di esso, quelli invece

    della Cabbala Occultista (o Cabbala Cristiana come altri la chiamano) ne sono pieni. Le duecorrenti tradizionali sono perci diverse e non derivano l'una dall'altra, ma semmai hanno cometerreno comune lo studio simbolico dell'antico testamento, unito per, nella Cabbala Occultista,al simbolismo pitagorico della Decade. Un'eccellente studio sulla Cabbala Occultista costituitodalle Lettere di Eliphas Levi al barone Spedalieri.

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    EA:Tutta la vita un prepararsi alla morte e la sofferenza proprio il pungolo che ci induce anon attaccarci a quel che siamo attualmente. Il distacco interiore si basa proprio (e unicamente)sulla presenza mentale, sulla pura osservazione di ci che ci accade. Si inizia in condizioni"standard", di solito sedutie in situazione di relax. Come altrove indicato (1), e come haricordato Sadescan, il "prender nota", verbalizzando interiormente ci che succede, pu all'inizioaiutarci a non divagare. Poi si comincia ad osservarsi in altre situazioni: in piedi, sdraiati,camminando da soli o nella folla. Poi mentre si lavora, da soli o in compagnia. Quando sipensa o si parla, la verbalizzazione interiore impossibile, ma si pu ricorrere ad altriappoggi, per non cadere nuovamente nell'identificazione. Si scelga una parte del corpo e ci siproponga di non perdere la sensazione interiore di essa (cenestesi) mentre si parla o sipensa.C' chi sceglie l'area sotto l'ombelico, chi il cuore, chi i piedi, chi il braccio destro osinistro etc. Ci che conta il principio: dividere l'attenzione: una parte la si diriga su ci cheabbiamo scelto noi e l'altra parte sugli eventi che la vita ci propone. Se ci capita di "perdere" lasensazione della parte prescelta, significa che gli eventi ci hanno assorbito completamente. Cisiamo identificati e non ci rimane che pazientemente ricominciare. Se invece manteniamo laconsapevolezza della parte prescelta, ma ci comportiamo maldestramente nella vita, significache erroneamente abbiamo fatto della presenza mentale una preoccupazione. Mantenere laconsapevolezza della parte prescelta e comportarsi normalmente, significa agire finalmente con

    l'auspicato distacco.La presenza mentale si porter poi nei sogni. Interpretarli non serve a nulla. L'esoterismonon psicoanalisi, con buona pace dei junghiani. Semmai, il semplice rivivere i sogni cos comesono stati o raccontarli ad altri pu favorirne il ricordo.Si riuscir infine a portare la consapevolezza nel sonno profondo. Poich si tratta dellostato pi vicino alla morte, tale pratica la pi eccellente per prepararsi ad essa senza paura.L'importante praticare. Nessuno pu fare il lavoro per noi. Chi va in cerca di speciali iniziazionio metodi miracolosi che, con un colpo di bacchetta magica, lo sollevino dallo sforzo di praticare,si illude e va fuori strada.

    (1) Si veda il capitolo L'uso del vino nella II Operatio Solis del quaderno La Porta Ermetica di

    Roma.

    ***

    B2.3) Conoscenza del respiro e Pneumoritmia

    Afrodisia: Leggendo Introduzione alla Magia mi sorto un problema relativo alle praticherespiratorie. Come ha ricordato Ea in questo forum, nel gruppo vi erano autori, come Luce, che

    additavano pratiche respiratorie tipo yoga; invece altri, come Abraxa, auspicavano piuttosto lapresa di coscienza dell'evolversi del respiro, quale effetto di altre pratiche (concentrazione,silenzio etc.). Gli antroposofi, poi, sono decisamente su questa seconda posizione. Esistonocriteri in base ai quali possibile decidere tra le due alternative?Ida La Regina:Penso che questo problema non sia solo tuo, ma di qualsiasi serio studioso,che non esegua supinamente una pratica, senza chiedersi perch la fa e quali ne siano leconseguenze. Per trovare una adeguata soluzione penso che bisogna porsi una serie didomande:- a cosa servono le pratiche respiratorie?- hanno un unico scopo o pi di uno?- a seconda dello scopo, differisce il metodo?

    - i vari metodi hanno effetti 'collaterali' ?- quali sono accettabili per l'uomo attuale e quali no?Bisogna insomma riesprimere, in riferimento all'uomo odierno, l'antica 'scienza dellerespirazioni'.Arvo:Uno degli errori che pu commettere uno studiosodi esoterismo, ma anche un semplice

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    storico, quello di assegnare a tutti gli esseri umani una identica costituzione interiore,prescindendo dall'epoca storica, dalle caratteritiche ereditarie e/o tipologiche e dall'ambiente. IlGruppo di Ur favor un approccio multilaterale al problema iniziatico, proprio nellaconsapevolezza dell'esistenza di differenti tipologie umane, delle quali occorre tener conto neldedicarsi a tecniche di ascesi. Come ha messo in evidenza Ea, in alcuni suoi messaggi dedicatialla Porta Ermetica di Roma, in Ur si hanno ad es. differenti approcci alle tecniche col respiro.Come noto respiro e mente sono intimamente correlati: modificare le condizioni dell'uno,apporta modifiche nell'altra e viceversa. Questa reciprocit porta a due possibiliatteggiamenti:1) Usare il respiro per agire sulla mente;2) Agire sulla mente e osservarne gli effetti sul respiro.In Ur, Luce si soffermato sulla prima tecnica e Abraxa sulla seconda. Massimo Scaligero stato un deciso sostenitore della seconda, ritenuta pi adatta alla tipologia della maggior partedegli occidentali moderni.In qualunque dei due modi si proceda, non si pu prescindere da considerazionitipologiche. Ne fanno fede gli studi di K. G. Durckheim, la cui opera pi nota probabilmente"Hara, il centro vitale dell'uomo secondo lo Zen" (Roma 1969). In essa Durckheim cos siesprime: "Nel suo paese, il Maestro ind ha da fare con un tipo umano che in genere assai

    diverso dall'occidentale...Mentre per l'Ind il pericolo quello di un rilasciamento che portaverso il basso, di un dissolvimento dovuto ad un aver "troppo poco Io", la maggior parte degliOccidentali soffre di un "eccesso di Io" e di una ipertensione verso l'alto...Ora, il suolo dirisonanza e il campo di manifestazione dell'assoluto essendo l'uomo integro, se ci si vuoleaprire ad esso bisogna anzitutto realizzare la propria "integrit" il che significa eliminare quelche l'individuo ha di troppo e completarlo con quel che gli manca. Per cos dire, ci di cui l'Indmanca pi "l'alto" che il "basso". Si pu dunque capire che negli esercizi di respirazione yogasi dia rilievo all'inspirazione eseguita con volont cosciente e alla ritenzione del soffioinspirato...Nel complesso, per l'Occidentale la pratica col respiro deve far compiere anzitutto ilpassaggio dall'alto al basso, per cui in essa l'accento deve cadere sull'espirazione".Un "io meno solido" e un "eccesso di io" possono dunque considerarsi come due dei

    caratteri che distinguono l'anima orientale da quella occidentale. I termini "orientale" e"occidentale" devono essere qui assunti come termini indicativi di tipologie, diffuserispettivamente in Asia e in Occidente. Ma, ovviamente occorre tener conto delle eccezioni.Gli studi stessi di Durckeim dimostrano che in Giappone esistono individui di tipologia affine aquella occidentale. Lo stesso Evola ebbe a notare come l'impero giapponese, nel periodoimmediatamente precedente alla II guerra mondiale, sia stato un tentativo di conciliare ilprogresso tecnologico moderno di tipo occidentale con la tradizione. Anche certe tecniche delloDzog Chen tibetano, che assegnano maggior importanza all'espiro, fanno pensare che individuitipologicamente occidentali esistano anche nel cuore dell'Asia. Naturalmente vero il contrario:possono esistere occidentali di nascita, che hanno un'anima tipologicamente orientale.L'aprioristico disprezzo per tutto ci che occidentale (anche quando positivo) da parte dicerti studiosi, se non si deve attribuire a malafede, pu probabilmente spiegarsi, ammettendouna loro particolare tipologia.Ida La Regina:Anche se son sempre possibili approfondimenti, mi sembra che la "conoscenzadel respiro", secondo il metodo di Abraxa e Scaligero (che ha come prerequisiti laconcentrazione e il silenzio) per il momento sia stata sufficientemente esaminata. Penso inveceche sarebbe opportuno approfondire anche l'altro versante, cio quel saggio di Luce intitolato "IlFuoco" (I vol.), nel quale la Pneumoritmia (scr. pranayama) invece lei ad essere utilizzatacome preliminare della concentrazione e del silenzio, per giungere alla Cardiognosi oconoscenza del "cuore", un altro caposaldo importantissimo della magia del Gruppo di Ur. Luceinfatti, in un passo di quel saggio, prometteva: "Di ci sar particolarmente detto altrove", ma,

    almeno per quel che ne so io, non vi traccia di tale successivo approfondimento.Luce: Una possibile classificazione delle pratiche respiratorie la seguente:1) pratiche di presa di coscienzadel respiro, secondo due sottomodalit:1a) come oggetto primariodella concentrazione: sia osservando il respiro cos com' (ma giil semplice fatto di osservarlo pu modificarlo), sia eseguendo una volontaria modalit di respiro;

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    1b) come oggetto secondario, cio osservando come altri accadimenti o pratiche vanno amodificare il respiro;2) pratiche di presa di coscienza degli effetti del respirosulle varie componenti dell'essereumano (cio sui quattro 'corpi' dell'ermetismo);3) esecuzione di determinate modalit di respiro, per ottenerne l'effetto conseguente ,che ormai si conosce in base alle pratiche precedenti.Il maestro Zen, Taisen Deshimaru, disse che, nei tempi antichi, "veniva lasciato maggior spazioai brancolamenti del discepolo, il quale doveva scoprire da s quale fosse il metodo pi adattoalla sua condizione del momento". I discepoli di oggi spesso vogliono la "pappa gi fatta", maper quanto si possano dare indicazioni, sperimentarle e applicarle al loro caso particolare toccapur sempre a loro.Sadescan: La concentrazione mentale pu esser rivolta ad un qualunque oggetto e percianche al proprio respiro. Un atto respiratorio pu considerarsi come un susseguirsi diquattro fasi:espiro,intervallo tra espiro ed inspiro,inspiro,intervallo tra inspiro ed espiro.

    Il principiante ha sovente delle difficolt a mantenere la mente concentrata. Infatti, i due intervallisono difficili da cogliere perch in genere sono brevi. Inspiro ed espiro sono colti pi facilmente;ma, proprio perch sono pi lunghi, mentre essi si verificano, la mente tende a divagare versoaltri oggetti. Un trucco da sempre utilizzato per aiutare la concentrazione quella di"contare" i respiri. Si pu contare in molti modi. Per quanto riguarda inspiro ed espiro,basterebbe contare ad es. il numero di battiti cardiaci che si verificano rispettivamente nelle duefasi. Ma i due intervalli intermedi risultano troppo corti e perci generalmente si sceglie di"allungarli" volontariamente, decidendo di compierli durante un determinato numero dibattiti cardiaci. Non necessario che siano molti, ma in numero sufficiente da poterliosservare con facilit.Progredendo nella pratica, si noter che mente e respiro sono interconnessi. Ad es., l'uomo

    moderno spesso osserver che, a causa delle (inutili) preoccupazioni del suo io, tende adarrestare troppo presto l'espiro, quando i polmoni non sono ancora liberi. Ci conduce adun'alternanza di agitazione mentale e di sopore. Imparando ad abbandonarsi completamentenell'espiro (senza forzarlo), si noter la scomparsa dell'agitazione mentale. Poich i polmoni sisvuotano completamente, anche l'inspiro successivo si allunga e questo permetter di vincere ilsopore. Se si ha difficolt a percepire il battito cardiaco o se, al contrario, lo si percepiscema con una sensazione di ansia, preferibile per il momento lasciar perdere il battitostesso e limitarsi a contare mentalmente con una certa regolarit.Quando, tramite l'osservazione del respiro, la mente ha riacquistato il suo "stato naturale" (che compresenza di acutezza e di quiete), si pu lasciare il respiro a s stesso e procedere nelrito della cardiognosi, come ha indicato Luce.Seguendo queste semplici regole, si proceder in tutta consapevolezza e sicurezza. Al contrariose ci si impone, senza un motivo valido e consapevole, dei ritmi respiratori forzosi, soloperch li si trovati in qualche testo di yoga o li si appresi da qualche "istruttore", chepedestremente li usa e li trasmette, si incorrer facilmente in quei pericoli che R. Steinerha evidenziato.Ida La Regina:Un altro membro del Gruppo di Ur che accenna all'uso della pneumoritmia Arom, nel saggio "Prime Esperienze" (I vol.). Nella tecnica descritta, la respirazione vieneutilizzata assieme alla concentrazione per la conoscenza di un altro centro sottile: ilcosiddetto "terzo occhio". Peccato che Arom non scenda nei dettagli del metodo; esponeinvece abbastanza estesamente i risultati da lui conseguiti.

    Afrodite Urania:L'esercizio indicato da Arom uno dei cosiddetti "sigilli sottili". Come noto inmagia esistono vari tipi di "sigilli", come quelli grafici e quelli corporei (ad es. delle mani). I sigillisottili sono "gesti" interiori, che costituiscono una prima concretizzazione della volont diottenere determinate conoscenze, inerenti ai "corpi sottili".Il pi semplice forse il "sigillo del terzo occhio", che ha tuttavia una importanza eccezionale,

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    perch pu realizzare il compito di unire l'Io al "corpo lunare" (l'organismo pranico dellatradizione Ind). Diversi membri del Gruppo di Ur, ad es. Leo, hanno insistito sulla necessit diabituarsi a separare le sensazioni sottili da quelle fisiche che le accompagnano . Ci abbastanza semplice, sol che vi si porti attenzione, nel caso della respirazione. Si segua ad es.mentalmente il respiro e le sensazioni che lo accompagnano, spingendolo gi dalle narici, lungoil collo e lungo il petto, fino al basso addome. Si noter come ad es. la sensazione di"fresco", che accompagna il passaggio dell'aria, pu avvertirsi senza difficolt sino albasso addome. Tale sensazione di natura sottile, perch, come noto, l'aria in realt si fermata nei polmonie perci ben al di sopra dell'addome. E' dunque il Pneuma (o Prana) enon l'aria a dare quella sensazione.Se si prende dimestichezza con la pneumoritmia, esercitandosi a respirare ad es. nel modoindicato da Sadescan, si pu poi praticare il sigillo del terzo occhio. Esso consiste nell'avvertirela sensazione sottile del Pneuma oltre la parte alta del naso, nel punto mediano tra le duesopracciglia (anch'esso un luogo dove l'aria non giunge). Punto nel quale la mente rimaneconcentrata per tutte e quattro le fasi della respirazione (espiro, intervallo a polmoni vuoti,inspiro, intervallo a polmoni pieni). Gli effetti vanno da una indefinibile sensazione di calore nelpunto fissato ("sigillato") a tutta la complessa fenomenologia indicata da Arom.

    ***

    B2.4) La Filatura del Cordone Sacro

    EA: Il "silenzio" uno degli aspetti del cosiddetto "metodo a ritroso". Per silenzio si deveintendere l'attenzione che la mente rivolge sul proprio operare, smettendo cos di identificarsicon il "rumoroso" flusso dei pensieri, che viene ora assunto come oggetto di osservazione. NelGruppo di Ur (vedi le Istruzioni di catena del II vol.), come pratiche collettive per ottenere ilsilenzio vengono proposti due metodi:1) il metodo del "guerriero", consistente nello stroncare qualsiasi pensiero non appena sipresenta, esposto nel testo la "Prattica dell'Estasi Filosofica" (1)2) il metodo del "pastore", consistente nel lasciare liberi i pensieri di formarsi, senzaalimentarli volontariamente, ma anche senza perdere la presenza mentale. Proprio come unpastore che si sedesse, lasciando le sue pecore libere di muoversi nel pascolo, ma senzaperderle di vista.E' a questo secondo metodo che, con diverse parole, Luce aveva gi fatto riferimento nelsaggio "La concentrazione e il silenzio" del I vol..

    (1) Alessandro d'Ancona (1835 - 1914) trasse il testo de "La Prattica dell'Estasi Filosofica" dalmanoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze, contrassegnato come Manoscritto

    magliabechiano, Classe VIII, codice 6, del secolo XVII, cm. 20x28, di carte 557, contenentemolte opere, non tutte di Tommaso Campanella (1568-1639). Lo stesso D'Ancona precisa, innota, che l'esatto titolo "La Prattica dell'estasi filosofica del B." E' stata quell'iniziale a farpensare a Giordano Bruno (1548-1600). Tuttavia Campanella non era estraneo all'uso dipseudonimi: basti pensare al celebre "Settimontano Squilla", con cui firm alcune sue poesiefilosofiche [Settimontano allude ai sette bernoccoli che egli aveva in testa. Squilla un richiamosonoro alternativo a quello della Campanella]. Quel che certo che il testo (o vuolsembrare) una copia; infatti, oltre al titolo, che indica che il testo non di chi scrive bens delmisterioso "B.", occorre anche tenere presenti quei puntini, con i quali termina l'ultimaespressione della parte dedicata alla postura: "appoggiando la testa alla mano sinistra, o in altramaniera pi comoda...", a voler verosimilmente indicare che, nell'effettuare la copia, si sono

    omesse talune considerazioni presenti nell'originale [N.d.U.].

    Ida La Regina: La "Prattica dell'estasi filosofica" un saggio veramente interessante, gisolo per la sua chiarezza, veramente difficile a trovarsi negli altri scritti ermetici della medesimaepoca. Mi chiedo come mai, vista la brevit del testo, in Introduzione alla Magia, sia stata

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    riprodotta solo la prima parte; cosa poi ripetuta da coloro che ad Introduzione alla Magia sisono rifatti, ad es. Elemire Zolla in "I Mistici dell'Occidente", Milano 1980.Luce: Un primo motivo, per il quale il testo della "Prattica" fu pubblicato parzialmente sullarivista Ur, che il testo completo era stato riprodotto da Arturo Reghini nell'opera "LeParole Sacre e di Passo", pubblicata nel 1922 e ben conosciuta dalla maggior parte dei lettoridella rivista.Un secondo probabile motivo che si voleva mettere in evidenza pi le tecnica in s stessa,che non gli eventuali risultati, in modo che ciascuno decidesse soprattutto in base alla propriaesperienza, che non necessariamente uguale a quella descritta, mutando l'interioritdell'essere umano nel corso dei secoli e dipendendo anche dall'individuale tipologia. Ingenere, dopo aver provato, il discepolo moderno sente pi consono alla sua struttura interiorenon l'adozione di uno dei due metodi del "guerriero" o del "pastore", bens una combinazione dientrambi. Tale metodo combinato detto tradizionalmente della "filatura del cordone sacro".Nel filare un cordone, occorre che il filo non sia n troppo teso, n troppo lento. Analogamentela mente non deve essere n troppo tesa e perci agitata, n cos rilassata da perdere lapresenza mentale. Solitamente perci si adopera la tecnica del "pastore" quando la mente agitata e quella del "guerriero" quando tende al sopore distratto, regolandosi in ogni caso inbase alla propria esperienza. E' cos pi semplice ottenere quello "stato naturale" nel quale la

    mente contemporaneamente acuta e neutrale, cos da costituire quell' "Intelletto che tuttodiscerne", sul quale si diffonde la seconda parte del testo della "Prattica".

    B3) Razze dello Spirito e Tipologie Planetarie

    B3.1) Le Razze dello Spirito di J.Evola

    EA:Nel poema "Le opere e i giorni", Esiodoconsidera la storia umana come una successionedi cinque "et": la prima l' "et dell'oro" in cui gli uomini vivevano "come Di"; la condizioneumana degenera poi progressivamente, passando per l' "et dell'argento", l' "et del bronzo" e l'

    "et degli eroi", sino a giungere all' "et degli uomini", in cui l'umanit tormentata da ogni sortadi mali e di affanni(1). Similmente Platone, nel dialogo "Crizia", presenta il divenire storico comedecadenza dall' "et degli Di" all' "et degli uomini", attraverso l'et degli eroi"(2).La concezione ciclica del tempo, presentata da Evola in "Rivolta contro il mondo moderno",costituisce un approfondimento delle due precedenti. Egli stesso cos la esprimesinteticamente(3):"Riassumendo, si venuti alla determinazione morfologica di sei tipi fondamentali di civilt edi tradizioni di l da quella 'primordiale' (et dell'oro): da una parte 'demetrismo', comepurit della 'Luce del Sud' (et dell'argento, ciclo atlantico, societ sacerdotale); 'afroditismo'come sua forma degenerativa - e infine: 'amazzonismo', come tentativo deviato direstaurazione lunare. Dall'altra parte, 'titanismo' (in un altro quadro anche luciferismo) comedegenerazione della 'Luce del Nord' (et del bronzo, era dei guerrieri e dei giganti);'dionisismo', come aspirazione maschile deviata e devirilizzata in forme passive e promiscue diestasi; infine 'eroismo', come restaurazione della spiritualit olimpico-solare e superamento siadella Madre che del Titano. Tali sono le strutture fondamentali alle quali, di massima, si pu

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    ridurre analiticamente ogni forma mista delle civilt volgenti verso i tempi storici, verso il ciclodell'et oscura, o et del ferro".Assolutamente centrale nella concezione evoliana la "civilt degli eroi" (4):"Esiodo riferisce che, dopo l'et del bronzo, prima di quella del ferro, presso a razze il cuidestino era ormai lo 'spegnersi senza gloria nell'ade', Zeus cre una schiatta migliore, cheEsiodo chiama appunto degli 'eroi', cui data la possibilit di conquistare l'immortalit e dipartecipare, malgrado tutto, ad uno stato simile a quello dell'et primordiale".Una schiatta mai morta, neppure durante l'et del ferro: non un caso che Evola abbia curatola riedizione de "Il Mondo Magico degli Heroi" di Cesare della Riviera, ove gli iniziati siidentificano con gli Heroi e son detti "i discepoli regali dellalto Giove". Grazie a loro, l'et aureanon si mai completamente estinta e pu risorgere (anche localmente) ove trovi un ambienteumano favorevole.Riguardo all'uso, interiore e operativo, dei tipi, morfologici e mitici, di uomini e di civilt,evidenziati da Evola in "Rivolta", dice Kremmerz nell'Introduzione ai dialoghi sullErmetismo:"Addito lo studio della mitologia, nella sua essenza, come contenente la iniziazione dei poteridellorganismo nostro; ricerca di una scienza rara nelle possibilit di mettere a nudo un arcanointegrativo.

    (1)Esiodo, Le opere e i giorni, vv.109 179.(2)Platone, Crizia, 109b ss.(3)Evola, Rivolta contro il mondo moderno, pp. 280-281, Roma 1969.(4)Evola, op. cit., p. 276.

    Sadescan: vorrei evidenziare il seguenti passo (e relativa nota) estratto da "Sul Concetto diIniziazione" (Cap XI de l'Arco e la Clava) di J.Evola:

    "La teoria che l'essere presenta stati multipli, dei quali quello umano soltanto uno particolare, dunque la premessa del concetto di iniziazione. Vanno per considerati stati dell'essere nonsoltanto superiori ma anche inferiori a quello che definisce la comune e normale personalit

    umana. Cos concepibile una duplice possibilit di apertura di questa personalit, verso l'alto everso il basso; in corrispondenza, un trascendimento ascendente (conforme al sensoetimologico rigoroso del termine transcendere = andar al di l innalzandosi) va ben distinto daun trascendimento discendente(l).

    (l) Queste due stesse tendenze, quasi come per riflesso, su di un piano piu esteriore sonoconstatabili anche fuor dal dominio iniziatico, nella stessa vita dell'uomo dei nostri giorni. Cosi A.Huxley (e anche Jean Wal), riferendosi a questo uomo ha parimenti parlato di unautotrascendimento ascendente e di un autotrascendimento discendente aggiungendo unaterza direzione da lui chiamata trascendimento orizzontaleo laterale . Per l'Huxley oggile esperienze piu diffuse sulla direzione discendente si legano all'uso dell'alcool, delle droghe e

    di una sessualit pandemica; l'autotrascendimento orizzontale o laterale si manifesterebbe neifenomeni collettivizzanti, nell'identificazione passiva e irrazionale del singolo con qualchecorrente o movimento o ideologia fanatica, con le manie del giorno. Per l'uomo di oggi sial'autotrascendimento discendente che quello laterale sono, secondo l'Huxley, forme di evasione(noi aggiungeremmo: e di regressione). Per l'uno si confonde con l'altro perch in tutto ci che collettivo agiscono sempre e affiorano potenze infere , cio del livello subpersonale. Pertributare ad ognuno il suo, lo Jung ha ragione quando dice che gli antichi dmoni dalla cuipossessione in altri tempi ci si cercava di difendere, oggi, nel mondo illuminato e progredito ,non sono scomparsi ma agiscono sotto la maschera e alla radice dei vari ismi (nazionalismo,progressismo, comunismo, razzismo, ecc.) come forze collettivizzanti della evasioneorizzontale ".

    L'ultimo Evola perci metteva sullo stesso piano nazionalismo, progressismo,comunismo e razzismo quali forze collettivizzanti dell'evasione orizzontale.E' questo un punto sul quale dovrebbero meditare sia gli evoliani e sia gli anti-evoliani. Il

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    concetto di "razze dello spirito", con il quale, in epoca fascista, Evola cerc di contrastarel'assurdo razzismo biologizzanteallora imperante, aveva lo scopo di dimostrare che, tra glistessi che pretendevano di giudicare gli altri sulla semplice appartenenza ad una certanazionalit, ve ne erano non pochi che non erano affatto a posto dal punto di vista della "razzadello spirito". E ovviamente avveniva anche il contrario. Evola ebbe sempre ad es. parole dielogio per l'ebreo tedesco Gottfried Benn, che annovera (Arco e la Clava, 1971, pag. 258) tra"gli esponenti di una superiore tradizione". Se il suo concetto di razza spirituale fosse statoaccettato dagli esponenti ufficiali del fascismo e del nazismo, si sarebbero evitate certeefferatezze, basate proprio sul razzismo biologizzante.Agli evoliani diciamo che il concetto di razza dello spirito ovviamente valido ancora oggi, ma utile farne uso unicamente nei confronti di s stessi, per tagliar corto con quegli atteggiamentiche minano o ritardano la propria ascesi individuale. Non va invece usato in campo sociale,perch, pur essendo valido, verrebbe facilmente strumentalizzato dalle forze collettivizzantidella evasione orizzontale.Agli anti-evoliani, che tutt'oggi, vorrebbero far passare Evola come colui che seminava "il semedell'odio", diciamo che, se non sono in malafede, dovrebbero studiarlo meglio.

    ***

    B3.2) Universalit Pure ed Universalit Empiriche

    Di fronte all'elenco di Razze dello Spirito, fornite da Evola in Rivolta, deve sorgere la domandase tale elenco sia effettivamente completo. Nel seguito, un dubbio espresso da Afrodisia edun altro dallo stesso Evola.

    Afrodisia: In riferimento alle "razze dello spirito" evoliane, si pu notare in esse un certosquilibrio: quattro infatti corrispondono a tipi "maschili" (solare, titanica, dionisiaca, eroica) esolo tre a tipi "femminili" (demetrica, afroditica, amazzonica). L'impressione che Evola neabbia dimenticata una (1). Infatti, in ambito femminile, oltre all'archetipo della madre,dell'amante e dell'amazzone ne esiste perlomeno un quarto, che non riducibile a nessunodegli altri tre. Si tratta della donna "mediatrice", termine da intendersi sia nel senso occulto dimedium, sia nel senso sociale di sensale. Attivit che, pur potendo esser svolte da uomini, sonosvolte molto pi naturalmente dalle donne (basti pensare ai principali oracoli dell'antichitoccidentale). Si dir che Evola ha elevato a dignit di "razze" solo quei tipi umani cui si pu farcorrispondere una vera e propria forma di societ e spiritualit. Ebbene se si pensa a quellearee culturali dove l'attivit medianica , o stata, la forma religiosa prevalente (Africacentro-occidentale, Brasile, Haiti, diverse aree sciamaniche dell'Asia, etc) ci si rende conto chequella "mediatrice" una civilt, e perci una razza dello spirito, a s stante, che non daconfondersi ad es. con quella dionisiaca, perch la medianit non implica necessariamente

    l'eros.

    (1) La possibilit di un ampliamento del suo schema originario delle "razze dello spirito" fu presain considerazione dallo stesso Evola come dimostra il seguente saggio sulla razza dell' uomo"obliquo" o "mercuriale" o "sfuggente", tipo che, secondo Evola, pi femminile che maschile[N. d. U.] .

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    quella unit di vita, che permette di ricordarsi, di mantenersi in una mmore, coscienteconnessione col proprio passato. Secondo il Weininger, proprio questa unit delle facoltcaratterizza la psicologia maschile di fronte a quella femminile, la quale di massima invecefluida, poco logica, incoordinata, fatta di impulsi pi che di rigore logico ed etico.Ebbene a tale riguardo luomo della razza sfuggente appare pi donna che uomo.Ulteriori suoi tratti caratteristici psicologici, che fanno da controparte allaccennata anestesiamorale, sono la menomazione della memoria, la facilit di dimenticarsi, la difficolt diconcentrarsi, spesso perfino di seguire un ragionamento serrato e stringente, la distrazione, ilpensare a balzi. Sono, visibilmente, gli effetti di una parziale disgregazione che, dal piano deiprincipii e del carattere, son passati a ripercuotersi perfino in quello delle facolt in se stesse.Da un lato, il fenomeno di collasso che suole seguire ad una prolungata tensione (quellaimposta in molti dalla guerra), dallaltro, il crollo dei valori e degli ideali a cui fino a ieri sicredette, son forse questi due fattori che oltre a quelli generali di ogni dopoguerra, hanpropiziato la formazione del tipo umano sfuggente. Il fenomeno, purtroppo, reale, ed ognuno,guardando intorno a se, pu convincersene. La constatazione non certo edificante. I tempiche si stanno preparando non sono proprio tali che dei popoli, nei quali una simile incrinatura,ha saputo diffondersi ed assumere tratti quasi costituzionali, possono essere allaltezza di essi.Speriamo che qualche energico processo reintegratore e profilattico intervenga prima che sia

    troppo tardi.***

    EA: In questo forum, parlando di Walter Heinrich (v. quaderno La Polemica sul Vedanta), si gi accennato all'uso del metodo fenomenologico, nell'ambito della storia delle religioni edell'esoterismo. Il filosofo che, in epoca recente, ha legato, pi di ogni altro, il suo nome almetodo fenomenologico senza dubbio Edmund Husserl. Di lui si occupato Evolanel cap.XX di "Cavalcare la Tigre", intitolato "Copertura della natura. La fenomenologia". Riportiamodi seguito il brano relativo, nel quale Evola mette in evidenza le somiglianze esistenti tra la

    fenomenologia e le dottrine tradizionali, ma anche i limiti di tale corrente filosofica. MirceaEliade ed altri storici delle religioni hanno per cos dire "cavalcato la tigre", assumendoproprio il metodo fenomenologico quale "cavallo di Troia", per entrare nella "cittadella"della cultura ufficiale e cos meglio contrapporsi alle vedute materialistiche, un tempoprevalenti, sulle religioni .

    J.EvolaCopertura della natura. La fenomenologia

    "Nel presente contesto ... opportuno fare intervenire un'altra idea, quella dellapluridimensionalit dell'esperienza: pluridimensionalit ben distinta da quella, affatto matematicae soltanto pensata, delle ultime teorie fisiche.Per un chiarimento sommario, qui seguiremo di nuovo il metodo di non rifarci direttamente(come pur potremmo) ad insegnamenti tradizionali, ma di esaminare una delle correntimoderne, da cui di essi in un certo modo raccoglibile una specie di involontario riflesso. Nelpresente caso, possiamo scegliere la corrente dell'ontologia fenomenologica dell'Husserl,che talvolta si mescolata con lo stesso esistenzialismo.L'esigenza di fondo di tale indirizzo ugualmente di liberare l'esperienza diretta della realt datutte le teorie, i problemi, i concetti apparentemente esatti e le finalit pratiche con cui vienecelata alla mente. Liberarla dunque anche da ogni idea astratta circa quel che potrebbe esservidietro ad essa, sia in termini filosofici (l'essenza , la cosa in s di Kant), sia in termini

    scientifici. A questo riguardo si ha quasi, dal punto di vista oggettivo, una ripresa dell'esigenzanietzschiana di bandire ogni aldil, ogni altro mondo, e, in corrispondenza, dal punto divista soggettivo, una ripresa dell'antico principio dell'epoch, cio della sospensione di qualsiasigiudizio, di qualsiasi interpretazione individuale, di qualsiasi applicazione di concetti e dipredicati all'esperienza. Da superare , inoltre, ogni opinione corrente, il senso di falsa

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    apparire nello stesso fenomeno, come sua essenza ultima, qualcosa che si potrebbe direintellettuale (intelligibile), se oggi per intellettualit non si intendesse ci che propriounicamente alla mente raziocinante e astratta. Si pu chiarire l'idea dicendo che quel cheinterviene, di l dallo stadio dell'esperienza diretta, s, ma disaminata e opaca, un vedere ilsenso delle cose come una presenza. Il capire coincide col vedere, l'intuizione (la percezionediretta) col significato. Mentre di solito il mondo ci dato nella forrna di presenze sensibili (difenomeni.) senza significato, oppure di significati (di idee pensate) senza una presenzasensibile (senza una base intuitiva reale) e soltanto soggettivi, le due cosenell'approfondimento fenomenologico coinciderebbero, sul piano di una superiore oggettivit.A tale stregua la fenomenologia non si presenta come un irrazionalismo o un positivismo, macome una eidetica (come un sapere delle essenze intellettuali). La direzione verso unatrasparenza intellettuale del reale. Per il che, naturalmente, vanno concepiti gradi assaidiversi.Quando ancor nel Medioevo si parl di intuitio intellectualis(intuizione intellettuale), non ci sirifer a cosa diversa. Nel complesso, a limitarsi strettamente ai punti essenziali fin qui messi inrilievo, e nella forma in cui li abbiamo messi in rilievo, sembrerebbe esservi dunque unacorrispondenza fra le esigenze della fenomenologia e quelle da noi stessi poc'anzi formulate.Una tale corrispondenza per semplicemente formale e illusoria, quanto lo quella fra i motivi

    fenomenologici e gli insegnamenti tradizionali, bench sia tale che, come si detto, talvoltaverrebbe da pensare ad un vero e proprio plagio. Di fatto, malgrado tutto, nella scuolafenomenologica, nell'Husserl e nei suoi seguaci, si tratta di semplice filosofia; come la parodiadi cose appartenenti ad un mondo assolutamente diverso: Creazione essa stessa dipensatori moderni, di specialisti universitari, tutta la fenomenologia ha per unica base illivello esistenziale dell'uomo moderno, per il quale le aperture del fenomeno, cio la concreta,vivente pluridimensionalit del reale riportato alla sua nudit (Nietzsche direbbe: alla suainnocenza) sono e debbono essere mere fisime. In effetti, in questa scuola tutto si ridotto alibri pi o meno astrusi, con le solite vane disamine critiche dell'uno o dell'altro sistema dellastoria della filosofia profana, con analisi logiche, col solito feticismo per la filosofia: a tacere,poi, della frammistione dei motivi che qui abbiamo isolati e che sono validi, con non poche idee

    sospette, come nei riguardi del significato attribuito al tempo, alla storia e al divenire, comenell'equivoco di chiamare Lebenswelt (mondo della vita) quello dell'esperienza pura, comenell'altro equivoco proprio al gi indicato concetto dell'intenzionalit, come nelle prospettiveingenue e sfaldate circa un mondo dell'armonia e della razionalit, e via dicendo. Maquesto non il luogo di procedere ad un'analisi critica o ad una ulteriore discriminazione, datoche qui la fenomenologia ci servita n pi n meno come ci servito l'esistenzialismo:come un semplice, casuale punto d'appoggio.

    Ugreg: Il metodo fenomenologico sicuramente il cuore della fenomenologia di Husserl e, inquanto metodo, l'unica parte della fenomenologia che non debba, come ha sottolineato Evola,essa stessa "esser messa tra parentesi", nell'applicazione rigorosa della "riduzionefenomenologica". In che misura gli storici delle religioni, che come Eliade, hanno fatto uso delmetodo fenomenologico sono riuscti ad applicarlo? Per rispondere a questa domanda, occorreprima esaminare la differenza metodologica che, secondo Husserl, intercorre tra ricerca delleuniversalit empirichee ricerca delle universalit pure.Una universalit empirica viene creata dalla nostra mente "a posteriori", costruendo unconcetto che esprima le caratteristiche comuni a tutte le singolarit della stessa specie che sonostate da noi esperite. Le universalit pure vanno invece costituite "a priori", partendo da unesempio (che pu essere indifferentemente esperito o fantasticato) e facendolo liberamente"variare" nella propria mente, fino a che la variazione non sia tale da uscire dalla specie a cuiappartiene l'iniziale esempio considerato.Per capire la differenza tra i due tipi di universalit, applichiamo i due criteri di ricerca alconcetto che ci interessa cio alla "ciclicit del tempo".Se ad una universalit empirica che si mira, si faranno ricerche nell'ambito della storia dellereligioni, radunando tutte quelle concezioni che parlano in qualche modo di un tempo ciclico e,in base a ci che si trovato, si creer un concetto contenente i caratteri comuni a tutte le

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    credenze considerate. Questo modo di procedere offre il fianco a quell'errore che in filosofia sichiama "ignoratio elenchi", cio a trascurare talune credenze cicliche o perch non le si incontrate nei propri studi o perch, arbitrariamente, le si ritiene secondarie o infine perchquelle credenze, pur concepibili da mente umana, non sono... ancora state concepite.Se ad una universalit pura (o essenza o eidos) che si mira si partir da un esempioqualunque di concezione ciclica del tempo e lo si far variare nella propria mente, costruendoaltre possibili concezioni, senza tener minimamente conto se tali concezioni si manifestano o sisono manifestate empiricamente nella storia dell'uomo. Con questo metodo si al riparo da unaignoratio elenchi? I dettagli della tecnica di Husserl non sono chiari, n sono facili ad applicarsi,onde le incomprensioni sorte tra Husserl e praticamente tutti i suoi diretti discepoli.Ma Husserl e i suoi discepoli non sono stati n sono gli unici fenomenologi. Ad es. MauriceBlondelha sviluppato un metodo fenomenologico indipendentemente da Husserl. Blondel, peressere sicuro di aver tenuto effettivamente conto di tutte le possibili variazioni, prende in esameil concetto considerato e la sua negazione. Ci che "a" afferma e "non-a" nega l'essenzacercata. Consideriamo le espressioni "tempo ciclico" e "tempo non-ciclico". La primaespressione afferma che nella storia umana vi sono periodi pi o meno lunghi di evoluzioneseguiti da periodi di involuzione. La seconda espressione lo nega o propendendo per la staticitdella condizione umana (nihil novi sub sole) o per una continua evoluzione o per una continua

    involuzione. Dunque ci che la prima espressione afferma e la seconda nega l'alternanza diepoche di evoluzione ad epoche di involuzione. E' evidente dunque che, accolta l'idea di ciclicitdel tempo, non vi motivo ad es., nel considerare il passaggio dalla fine di un ciclo all'inizio delsuccessivo, di propendere per un passaggio brusco oppure per un passaggio graduale. Infattil'eidos "tempo ciclico" contiene entrambe le possibilit; esse, in un mondo magico, dipendendoin larga parte dall'atteggiamento individuale e collettivo dell'uomo.E veniamo a coloro che hanno applicato il metodo fenomenologico alla storia delle religioni:Mircea Eliade, Gerardus Van der Leew, Rudolf Otto ed altri, come ha sottolineato Ea in unrecente messaggio, si proponevano soprattutto di entrare nella cosiddetta cultura ufficiale percontrobattere il materialismo, perci essi sono stati costretti a rinunciare a quella ricerca a prioridi "essenze", che ripugnava alla cultura ufficiale di allora, e si sono perci limitati alla semplice

    ricerca di universalit empiriche. Non ci si deve perci stupire se nelle loro, pur ponderose,opere compaiono degli inevitabili casi di "ignoratio elenchi". Il metodo di Eliade (1907-1986)viene talvolta definito "ermeneutico", perch l'approccio fenomenologico deve, secondo questoautore, condurre poi al "significato" del fenomeno religioso studiato (cfr. con quanto ha appenadetto Evola sullo stadio di identit di fenomeno e significato).Diverso il caso di Walter Heinrich. Egli dice di determinare a priori l'eidos e poi di cercarne aposteriori conferma nella realt storica. In realt, come ha gi sottolineato qualcuno nelquaderno La Polemica sul Vedanta, egli impone all'eidos di essere in un certo modo, comequando pone l'essenza della metafisica ind semplicemente uguale al Vedanta monistico.Egli considera il suo modo di procedere una formulazione del "metodo tradizionale". Hafondamento la sua pretesa? Dipende.

    Se per metodo tradizionale si intende una ricerca spassionata delle essenze pure e dei "mondipossibili" nei quali esse possono manifestarsi, evidente che il metodo di Heinrich nonpersegue affatto una tale finalit e perci non pu condurre ad essa.Se invece per metodo tradizionale si intende la scelta di uno dei mondi possibili e la successivaesposizione di quegli esempi storici che sono ad esso conformi, il metodo di Heinrich senz'altro adeguato. In fondo lo stesso metodo seguito da Evolain "Rivolta contro il mondomoderno", quando dopo aver delineato ci che per lui una societ "tradizionale", ne ricercaesempi conformi nella storia ed effettua una critica delle civilt che si discostano dal suomodello e nella misura in cui si discostano.I risultati ovviamente sono un po' diversi da quelli di Heinrich, perch questi sceglie comemodello di riferimento il Vedanta, mentre per Evola il Vedanta solo la possibilit culminante diun'Et dell'Argento. In Evola la ricerca dei "mondi possibili" era gi avvenuta nel suo cosiddetto"periodo filosofico", quando aveva preso coscienza tanto della "Via dell'individuo assoluto",quanto delle molteplici forme della "Via dell'altro". Essendo la sua scelta ricaduta sulla primavia, l'impostazione di "Rivolta" consequenziale (1).

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    Dalla nostra catena si sprigiona un'anima che chiamata MIRIAM. Quindi la Miriam l'animadella nostra catena. I Geni inerenti alla catena sono tutti Geni complementari che sono indicatinelle nostre "carte". Gli EONI, invece, sono esseri di ordine superiore e non di creazioneumana. Sono spiegati variamente. Ne hanno parlato i teologi, i neoplatonici: Dante e molti altri....

    Da una Conversazione di G. Kremmerz del16 Febbraio 1921

    presso l'Accademia Pitagora - Bari

    ...

    .L'individuo ridotto a numero, classificato con un numero che rappresenta la suapotenzialit. La cifra che egli deve tracciare rappresenta il genio assegnatogli.Per comprendere questa parola genio, occorre spiegare che essa deriva da generare e sta asignificare la forza complementare concreta che serve per aiutare e completare l'individuo nelsuo numero.Ad esempio: consideriamo un individuo che, secondo la nostra teoria, abbia uno sviluppointeramente saturniano. Saturniano significa che preponderano in lui esclusivamente le forze

    fisiche, e gli attaccamenti alla terra, nei bisogni esagerati e voraci dell'animale che tutto vuoleper la sua conservazione materiale; diffidente e appetente in tutti gli atti che compie: nelmangiare, nel camminare ed anche nello svolgere pensieri nei quali si sente tutto il Saturno,cio tutto il piombo della sua costituzione: l'individuo grave, pesante, impacciato che vi fasentire la gravit lugubre della sua presenza, priva di sorriso, traspirante malinconia e mortorio.Questo essere saturn