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I CINQUE WEB QUEST CRISTINA ZOCCA - 756384 CORSO DI METODI DI RICERCA PER IL PROGETTO DOCENTE STEFANO MAFFEI SEZIONE SERVIZI POLITECNICO DI MILANO - FACOLTA’ DEL DESIGN

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I CINQUEWEB QUEST

CRISTINA ZOCCA - 756384

CORSO DI METODI DI RICERCA PER IL PROGETTODOCENTE STEFANO MAFFEI

SEZIONE SERVIZI

POLITECNICO DI MILANO - FACOLTA’ DEL DESIGN

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la minacciaSei proprio tu la persona che fa al caso nostro! Proprio quello che cercavamo! Sai c’è di mezzo il governatore! Ascolta con attenzione, perchè è in gioco la vita di molte persone! In questa stanza siamo io e te, non pensare a nient’altro, hai solo il tuo computer. C’è un uomo non identificato ma sicuramente uno squilibrato, che ci minaccia e che ha piazzato 5 bombe in tutta la città; il tuo compito è di risolvere 5 quesiti che poi verranno passati a un enigmista da cui trarrà i codici necessari a disinnescare le bombe. È fondamentale che il testo che passerai al nostro collega sia chiaro, sintetico e attendibile, affinchè lui capisca di cosa si sta parlando.

Questi sono i 5 punti:

1. RICOSTRUISCI UNA MAPPA SEMANTICA DEL TERMINE PATH DEPENDENCE, INDICANDO GENEALOGIA, AUTORI DI RIFERIMENTI, TEORIE E PAROLE CHIAVE CONNESSE.

2. RACCOGLI E CONFRONTA (SPECIFICANDONE FONTI E AUTORI) LE PRINCIPALI DEFINIZIONI DI ARTEFATTO E CONFRONTALE CON LA DEFI-NIZIONI DI OGGETTO TECNICO E INDIVIDUO TECNICO.

3. DEFINISCI LO USER CENTERED DESIGN E LA USER DRIVEN INNOVATION: ILLUSTRALE POI CON DUE CASI STUDIO.

4. SCEGLI E DOCUMENTA CON TRE ESEMPI REALIZZATI (RICERCHE, PROCESSI, PRODOTTI O SERVIZI) L’APPLICAZIONE DI UNA METODOLOGIA PROGETTUALE CREATIVA IN AMBITO DI DESIGN (ILLUSTRANDO ANCHE LA TEORIA DA CUI SCATURISCE).

5. EVIDENZIA LE SPECIFICITÀ (E LA COERENZA) DI ALCUNI STRUMENTI DI RICERCA TIPICI DEL DESIGN CONNESSI AL TEMA DEL DESIGN A SCALA TERRITORIALE. PROPONI TRE ESEMPI A SUPPORTO DELLA TRATTAZIONE.

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Comincia con la ricerca: stiamo parlando di path dependence e per chiarirne il significato vai su wikipedia, che per il suo carattere collaborativo è un’en-ciclopedia che raccoglie saperi di tutto il mondo: http://en.wikipedia.org/wiki/Path_dependence. Wikipedia infatti dà una prima infarinatura:

SIGNIFICATOPath-dependence spiega come una serie di decisioni che si affrontano in date circostanze è limitata dalle decisioni prese in passato, anche se le passate circostanze non sono più rilevanti.Con questo termine solitamente si intendono due cose:• alcuni autori usano path dependence per indicare semplicemente “questioni storiche” – un concetto ampio;• altri lo usano per indicare che le istituzioni sono auto-rinforzanti – un concetto stretto.E’ il concetto in senso stretto che ha la maggior forza. L’affermazione “questioni storiche” è banalmente vera e riduce semplicemente a “tutto ha una causa”.

ECONOMIALa teoria della path dependence fu originariamente sviluppata da economi per spiegare la tecnologia di adozione dei processi e l’evoluzione del-l’industria. Le idee teoretiche hanno avuto una forte influenza sull’economia evolutiva (ad esempio, Nelson & Winter 1982).Nello sviluppo economico, si dice che uno standard first-to-market può diventare radicato (ad esempio: la tastiera QWERTY). Questo è ciò che si chiama path dependence e sostiene che standard inferiori possono persistere semplicemente grazie all’eredità che hanno costruito. Gli standard sono chiaramente molto importanti nell’economia moderna e il significato di path dependance, nel determinare come si formano, è il soggetto del dibattito economico.

Dopo avere parlato di economia dai un’occhiata a qualcuno dei molti saggi di tipo economico e di marketing, come quelli del MIT Sloan Management Review, un giornale di affari che valuta e riporta nuove ricerche per aiutare i lettori a individuare e capire tendenze significative in materia di management, sul sito http://sloanreview.mit.edu/the-magazine/articles/1996/winter/3725/first-to-market-first-to-fail-real-causes-of-enduring-market-leadership/ così chiarisci il concetto di first-to-market:

FIRST-TO-MARKETQuesto principio è uno dei più duraturi nella pratica e nella teoria del business, in cui imprenditori e giganti avviati fanno sempre in gara per essere primi, ma questo non significa che avranno successo.

path dependence

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C’è un famoso economista Belga, Robert Triffin, che ha scritto della path dependence nel libro “Dollaro, Euro e moneta mondiale” ne parlano A. Steinherr e A. Jozzo in un saggio (Il Mulino, Bologna, 1998), su http://www.dse.unifi.it/spe/indici/numero35/masini.htm:

Il termine path dependence intende sottolineare la distanza da una concezione legata all’idea di “past-dependence”, la quale sottintende un concet-to di evoluzione sostanzialmente causale-deterministico. La path dependence implica invece che il percorso già compiuto sia rilevante e che tuttavia si possa intervenire lungo di esso per determinarne l’andamento futuro. In questo modo una visione teleologica dello sviluppo storico è compatibile con una concezione di “homo faber”, il quale può, e magari deve, avere un ruolo in tale processo evolutivo.

STORIA NATURALELa path-dependence è stata riscontrata innanzitutto nella storia naturale, nell’analisi dell’evoluzione della specie, come tratto caratteristico che in-fluenza il futuro in maniera rilevante. Questo concetto implica che ogni successivo atto di sviluppo di uno individuo, organizzazione o istituzione sia fortemente influenzato e dipendente dal tragitto precedentemente percorso.Inoltre, l’approccio path-dependent pone l’accento sul cambiamento come fenomeno prevalentemente endogeno.

È un argomento che per la sua attualità e popolarità è stato molto discusso, quindi vai in cerca tesi a confronto su http://www.centrostudilogos.com/ che si occupa di attività che riuniscono economia, marketing, management e conoscenza e in particolare nell’estratto di Salvatore Rizzello. “Hayek: la cono-scenza come processo path dependence. Aspetti micro e macro”:

• Paul David (1997) afferma che la path-dependence designa le proprietà dinamiche di processi allocativi, prendendo in considerazione la relazione tra processi dinamici ed esito verso cui convergono.

• I dati possono essere percepiti in maniera sbagliata e così saranno errate le decisioni prese di conseguenza; è importante però poter apprendere dagli errori passati (teoria della conoscenza, Hayek).

APPRENDIMENTO: è la capacità umana o animale di modificare il comportamento in base all’eseperienza, al di là delle reazini istintive, modo più o meno permanente (Droz 1977).

• Sarà sempre vero che la reale comprensione del presente ha bisogno della conoscenza del passato (Kenneth Arrow).

• Piccoli eventi o perturbazioni iniziali sono molto rilevanti nel determinare lo stato finale di un sistema; meccanismi di auto rinforzo (Arthur 1989) conducono ad uno stato finale inferiore rispetto ad uno migliore che si potrebbe conseguire.

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CASOLa tastiera QWERTY fu sviluppata nel 1873 per risolvere il problema dell’inceppamento dei tasti sulla macchina da scrivere. Distanziando le lettere più comunemente usate, la battitura fu rallentata abbastanza da ridurre l’inceppamento. Ma l’attuale tastiera elettronica non ha questo problema. Non c’è più nessuna ragione di usare la QWERTY, specialmente dato che un sistema migliore, DSK, velocizza la battitura del 10%. Così perché continuiamo ad usare la QWERTY? Perché la svolta comporterebbe un enorme cambiamento – tutti i dattilografi dovrebbero imparare da capo un nuovo sistema. I produttori di tastiere dovrebbero riattrezzare le loro linee di produzione, e eliminare tutte le scorte di rifornimenti o il lavoro arretrato della tastiera QWERTY perché una perdita. Invece le tastiere dei computer sono più semplici da cambiare; tutto quello che deve fare un produttore è riprogrammare il chip del computer. Ma nessuna azienda da sola vuole rischiare di essere la prima a cambiare. Perché deve farlo quella e non un’altra? E’ necessario che un gruppo di grandi proporzioni inizi la rivoluzione. E’ proprio questa inerzia a tenerci legati alla QWERTY.

CASO2Nel 1890 c’erano tre modi per alimentare le auto – vapore, benzina e elettricità – e uno di questi era palesemente inferiore agli altri due: la benzi-na… La svolta decisiva della benzina fu nel 1895 in una competizione di carrozze senza cavalli, sponsorizzata dal Chicago Times-Herald. Fu vinta da Duryea a benzina e fu considerata come la possibile ispirazione per R.E. Olds di brevettare nel 1896 la benzina come fonte di alimentazione, che successivamente utilizzò nella produzione di massa nella “Curved-Dash Olds”. La benzina così superò la sua lenta partenza. Il vapore continuò ad essere utilizzato come alimentazione per auto fino al 1914, quando scoppiò la malattia hoof-and-mouth nel Nord America. Questo portò al prelievo d’acqua dall’abbevveratoio dei cavalli, da cui le auto a vapore la potevano prelevare. Impegnò i fratelli Stanley per circa tre anni a sviluppare un sistema di condensatore e caldaia, che non avrebbe avuto bisogno di essere riempito ogni trenta o quaranta miglia. Ma ormai era troppo tardi. Il motore a vapore non recuperò mai.

CASO3Un altro esempio di path dependence è il VHS. Il disco laser ha una maggiore qualità, ma il mercato è ancora bloccato all’ultimo formato. Perché? Perché i negozi di video noleggiano quelli con il sistema VHS – così i produttori usano il sistema VHS perché i negozi noleggiano di più i video con questo sistema. Il processo è veramente circolare.

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PERCORSO

DECISIONI

VOLONTÀ

SCELTE

AZIONIAGENTI

PROVVEDIMENTI

VIAGGIO

PASSATO

STORIA

ELENCO INDIRIZZO

DIREZIONE

FUTURO

PATH DEPENDENCE

INFLUENZARE

CONDIZIONARE

DEVIARE

CAMBIARECONTROLLARE

DOMINARE

STANDARD

MERCATO

TENDENZE

UTENTI

PATH DEPENDENCE

OBBLIGHI

BISOGNI

NON CONTROLLO ATTACCAMENTO

CONNESSIONE

RELAZIONE

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artefatto, oggetto tecnico e individuo tecnico

Il secondo quesito chiede di definire “artefatto”, “oggetto tecnico” e “individuo tecnico” e di confrontarli. Wikipedia ti farà capire di cosa si tratta, ma in questo caso dovrai fin da subito concentrarti, perchè oggetto tecnico e individuo tecnico sono termini tecnici e specifici del disegno industriale, quindi la ricerca sarà più ardua:

SIGNIFICATO PRINCIPALE di artefattoUn artefatto è un oggetto la cui forma è giustificata dalla prestazione a cui era destinato, ancora prima della sua effettiva realizzazione. Cioè ma-terializza l’intenzione preesistente da cui ha tratto origine. Gli artefatti presuppongono un progetto, uno scopo e di conseguenza un’intelligenza capace di attività creativa. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, gli artefatti sono oggetti prima cognitivi, poi realizzati concretamente.In un martello, ad esempio, è evidente la ragione per la quale esiste una estremità pesante. Una pietra al contrario deve la sua forma a cause na-turali, quali terremoti, rotolamenti, frane, onde ecc.

ARTEFATTO E INNOVAZIONEL’artefatto è un oggetto, nella sua accezione più ampia possibile, fisico o non fisico, che presuppone una intenzionalità nell’usare l’oggetto stesso, sia essa individuale o sociale, che lo porta a divenire attrezzo, quindi oggetto effettivamente impiegato in attività umane, che produce un cambia-mento delle capacità umane stesse del o degli utilizzatori, e che attraverso l’interazione porta ad una nuova costruzione del mondo che ci circonda influenzando così la realtà grazie all’innovazione apportata.

CARATTERISTICHE DEGLI ARTEFATTILe caratteristiche fisiche che distinguono gli artefatti dagli oggetti naturali sono regolarità e ripetitività.

• La regolarità è l’insieme di proprietà possedute dagli oggetti artificiali, quali la simmetria perfetta e la forma ricca di figure geometriche sempli-ci.

• La ripetitività è la caratteristica più importante, intesa come riproduzione di oggetti che mostrano le intenzioni sempre uguali del loro creatore. Psicologicamente, questa proprietà degli artefatti potrebbe essere ancor meglio definita come “ridondanza”.

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I criteri definiti, inquadrati all’interno delle concezioni psicologiche del funzionamento mentale, aiutano a comprendere come si formano i program-mi motori destinati ad utilizzare gli artefatti di una stessa specie, quand’anche si presentino con fogge differenti come le penne o le caffettiere o come sia possibile riconoscere gli oggetti da particolari prospettive o in contesti inusuali.Il concetto di riconoscimento e/o l’usabilità di un artefatto può essere ulteriormente affinato col termine affordance che indica le proprietà reali o percepite che le cose possiedono o sembrano possedere.

Il termine “artefatto” è molto usato, perciò cerca, nei libri scritti a riguardo, il termine e il concetto anche in diverse discipline; per esempio da Emanuele Arielli, docente e ricercatore in varie università d’Italia e anche a Berlino; oppure da Jean Ladrière anch’egli professore; o Alberto Abruzzese, (sociologo, scrittore, saggista italiano di fama internazionale, professore ordinario di sociologia dei processi culturali e comunicativi, direttore dell’istituto di comuni-cazione presso l’Università IULM di Milano, e anche prorettore per l’innovazione tecnologica e le relazioni internazionali)

definizione di artefatto di Emanuele Arielli,“PENSIERO E PROGETTAZIONE”

Se ogni artefatto è un oggetto d’uso, non ogni oggetto d’uso è necessariamente un artefatto ed è quindi prodotto di progettazione Posso usare una pietra per aprire una noce di cocco, usare un tronco come arma oppure sistemarmi in una caverna naturale per ripararmi dalle intemperie. Un oggetto naturale è quindi un mezzo primario che costituisce il livello più elementare di strumentalità. Quindi un artefatto è un oggetto che viene progettato e costruito con lo scopo di permettere attraverso il suo uso un qualche cambiamento nell’ambiente.http://books.google.it/books?id=Za7kfVurPDEC&pg=PA8&dq=artefatto

definizione di artefattodi Jean Ladrière, Maria Minelli, “L’ETICA NELL’UNIVERSO DELLA RAZIONALITÀ”

Un artefatto tecnologico è una proiezione particolare, nell’ambito della realtà fisica, di un progetto elaborato sulla base della rappresentazione scientifica del mondo. La comprensione più naturale che se ne può avere è dunque quella suggerita da tale rappresentazione. Il significato che l’artefatto riveste secondo questo modo di comprensione può iscriversi evidentemente nell’insieme dei saperi di cui dispone un esistente immerso nell’universo tecnologico. Dato che l’artefatto esiste come realtà fisica e condivide a questo titolo lo statuto ontologico della realtà cosmica, benché non faccia parte delle cose naturali, non può toccare l’esistenza che in quella dimensione per cui essa ha un contatto diretto con la realtà, cioè nella sua dimensione corporea. E, poiché l’esistenza è costitutivamente coesistenza, l’artefatto può avere per lei significato solo a condizione che se ne valuti l’impatto non solo per l’individuo, ma anche per la coesistenza.http://books.google.it/books?id=RmGk_QgPmJAC&pg=PA46&dq=artefatto

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definizione di artefattoDi Alberto Abruzzese, Valeria Giordano, “LESSICO DELLA COMUNICAZIONE”

Nozione centrale dell’ergonomia cognitiva è quella di artefatto cognitivo, un oggetto realizzato dagli esseri umani per gli esseri umani al fine di aiu-tare e migliorare i processi cognitivi (ad esempio l’agenda, il post-it, il computer). Tra gli artefatti cognitivi possiamo distinguere artefatti superficiali (come il libro e l’insegna, in cui il formato rappresentazionale è completamente visibile) e artefatti interni (in cui parte dell’informazione è rappre-sentata internamente all’artefatto).http://books.google.it/books?id=xkFnaiWmsiMC&pg=PA167&dq=artefatto

Per gli altri due concetti ci sono libri specifici che ne parlano: “Il senso degli oggetti tecnici”, “Homo juridicus. Saggio sulla funzione antropologica del diritto” e “Disegno industriale : un riesame”:

DEFINIZIONE DI OGGETTO TECNICOdi Alvise Mattozzi (dottore di ricerca in semiotica), “IL SENSO DEGLI OGGETTI TECNICI”

L’oggetto tecnico si distingue dall’oggetto scientifico dato che l’oggetto scientifico è un oggetto analitico, preposto ad analizzare un effetto unico con tutte le sue condizioni e i suoi caratteri più specifici, mentre l’oggetto tecnico, ben lontano dal situarsi interamente nel contesto di una scienza parti-colare è infatti il punto d’incrocio di una moltitudine di dati e di effetti scientifici provenienti dai domini più vari, integrando i saperi in apparenza più eterocliti e che possono non essere intellettualmente coordinati, nonostante lo siano praticamente nel funzionamento dell’oggetto tecnico.http://books.google.it/books?id=aZQjNOlRtsoC&pg=PA345&dq=%22oggetto+tecnico%22

definizione di oggetto tecnicodi Alain Supiot (professore di diritto), “HOMO JURIDICUS. SAGGIO SULLA FUNZIONE ANTROPOLOGICA DEL DIRITTO”

L’oggetto tecnico si distingue dall’oggetto naturale per il fatto che il suo significato deriva dal’uomo, il quale lo costruisce e lo utilizza. Come fa notare Haudricourt, un tavolo o una sedia possono anche essere analizzati in quanto oggetti naturali, dal punto di vista matematico, chimico o biologico; ma solo considerandoli dal punto di vista della loro fabbricazione e del loro utilizzo da parte dell’Uomo si riuscirà a comprendere che cosa siano un tavolo o una sedia. In altre parole il tratto distintivo dell’oggetto tecnico risiede nel fatto che l’utensile non ha in sé un valore ma solamente in rapporto al risultato previsto.http://books.google.it/books?id=tVySNgHR084C&pg=PA140&dq=%22oggetto+tecnico%22&lr=#PPA140,M1

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DEFINIZIONE DI INDIVIDUO TECNICOdi Tomás Maldonado, “DISEGNO INDUSTRIALE: UN RIESAME”

Progettare l’individuo tecnico, la forma, significa coordinare, integrare e articolare tutti quei fattori che, in un modo o nell’altro, partecipano al processo costitutivo della forma del prodotto. E più precisamente, si allude tanto ai fattori relativi all’uso, alla fruizione e al consumo indi-viduale o sociale del prodotto (fattori funzionali, simbolici o culturali) quanto a quelli relativi alla sua produzione (fattori tecnico-economici, tecnico costruttivi, tecnico-sistemici, tecnico-produttivi e tecnico-distributivi).Il disegno industriale però non è un’attività autonoma; anche se le sue scelte progettuali possano sembrare libere, e forse talvolta lo sono, si tratta però sempre di scelte prese nel contesto di un sistema di priorità assai rigidamente prestabilite.http://books.google.it/books?id=8i5KRl43-DYC&pg=PA12&dq=%22individuo+tecnico%22#PPP1,M1

Se l’artefatto è un oggetto che materializza un’idea stabilita ancor prima che fosse realizzato ed è fatto così per la funzione che è stata preceden-temente stabilita, e l’oggetto tecnico è un oggetto che non valore in sè come oggetto naturale, ma anch’esso come risultato previsto, se ne deduce che il ruolo fondamentale è rivestito dall’individuo tecnico, cioè la forma, da cui dipende proprio quel risultato.

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USER CENTERED DESIGN - USER DRIVEN INNOVATION

Per prima cosa partiamo dal significato di USER CENTERED DESIGN di Wikipedia:

significato di user centered designLo User centered design è una filosofia di progettazione e un processo nel quale le necessità, i bisogni e i limiti dell’utente finale di un prodotto o servizio sono ampiamente considerate in ogni tappa del processo di progettazione.Lo User centered design richiede ai designer di analizzare e prevedere come gli utenti probabilmente useranno il prodotto, ma anche di testare la validità delle loro supposizioni con attenzione al comportamento dell’utente in test sul mondo reale con reali utilizzatori. Tale prova è necessaria dato che spesso è molto difficile per i progettisti capire intuitivamente cosa prova la prima volta l’utente per il loro progetto.La principale differenza dalle altre filosofie di progettazione è che lo user centered design prova ad ottimizzare il prodotto attorno a come le persone possono, vogliono, o necessitano di lavorare, piuttosto che forzare gli utenti a cambiare come lavorano per favorire il sistema o il funzionamento.

approcciPossono essere individuati tre approcci user centered design:• COOPERATIVE DESIGN: coinvolgere i designer e gli utenti in ugual modo. Questa è la tradizione scandinava di design degli artefatti e si sviluppa dal 1970.• PARTICIPATORY DESIGN, un termine nord americano sullo stesso concetto, ispirato al cooperative design: focalizzare sulla partecipazione del-l’utente. Dal 1990, ci sono state biennali conferenze sul participatory design.• CONTEXTUAL DESIGN, “customer centered design” in un reale contesto, includendo qualche idea dal participatory design.Questi approcci seguono la ISO standard “Human-centered design processes for interactive systems” (ISO 13407 Model, 1999).

Approfondisci cosa significa che gli approcci seguono la ISO, cioè di che norma si tratta, su un sito che si occupa proprio di usabilità, di human-centered design e tutta una famiglia di discipline che creano un’esperienza per l’utente, http://www.usabilityprofessionals.org/usability_resources/about_usability/what_is_ucd.html, UPA Usability Professionals’ Association:

La norma ISO stabilisce quattro attività principali per il processo di UCD:1. Specificare il contesto d’uso

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Identificare le persone che useranno il prodotto, per cosa e in quali condizioni2. Specificare i requisitiIdentificare ogni richiesta o obiettivo dell’utente che devono intrecciarsi per poter rendere il prodotto di successo3. Creare delle soluzioni progettualiQuesta parte del processo potrebbe essere fatta per tappe, partendo dal concetto grezzo fino ad un progetto completo4. Valutare il designAttraverso il test di usabilità sui reali utenti si può sviluppare un prodotto di successo.Il passo davvero fondamentale è l’ultimo, ovvero la verifica del prodotto, in particolare con utenti reali attraverso i test di usabilità, ma anche interviste, questionari e analisi possono altresì essere utili.

I tre elementi importanti da considerare di ogni situazione sono: pubblico, scopo, contesto.PUBBLICOIl pubblico è fatto da quelle persone che useranno il prodotto. Il designer deve considerare la loro età, la collocazione geografica, l’etnia, il genere, l’educazione…SCOPOL’obiettivo è come il prodotto verrà usato e cosa il pubblico vorrà ottenere usando il prodotto.CONTESTOIl contesto riguarda le circostanze attorno alla situazione. Spesso risponde alla domanda: quale situazione ha spinto il bisogno di questo prodotto? E include anche alcune questioni sociali e culturali che possono stare attorno alla situazione considerata.

User-centered design secondo Donald NormanDonald Norman nel suo libro “The Design of Everyday Things” descrive la psicologia dietro ciò che lui ritiene design “buono” e design “sbagliato” attraverso esempi e offrendo principi per un “buon” design. Lui esalta l’importanza del design nella vita di tutti i giorni e la conseguenza degli errori causati da un design sbagliato. Nel suo libro, Norman usa il termine “user-centered design” per descrivere il design basato sulle necessità dell’uten-te, lasciando da parte ciò che considera essere secondario come l’estetica.

Quindi lo user centered design si concentra sulle esigenze e i bisogni dell’utente, cercando di prevedere quali reazioni avrà interagendo con il prodotto o servizio e quali saranno le prossime decisioni e scelte, ma prova a guardare su altri siti che parlano di usabilità, se le aziende hanno veramente capito che questo metodo ha un grande potenziale; su http://www.usabile.it/302007.htm, Usabile.it :

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Perché lo UCD è raro?Perché in Italia, ma anche in buona parte del mondo, i processi aziendali non vengono orientati alle esigenze dell’utente, con attività specifiche come quelle elencate qui sopra, anziché solo a parole? Per almeno 2 ragioni:1. Perché lo UCD è una filosofia relativamente giovane e poco insegnata. Non è il modo di gestire tradizionalmente il processo di realizzazione di software e di siti. Non è il modo in cui funzionano le software house in Italia, ed è un metodo che capi-progetto e manager non sanno bene come gestire;2. Perché viene visto come un costo. Al contrario, vi sono stime che indicano che i processi UCD beneficiano di una rapida focalizzazione sui requisiti e le soluzioni giuste, evitano allungamenti di tempi legati a imposizioni o discussioni improduttive, e portano ad un prodotto soddisfacente in un tempo minore (Landauer, Thomas K. “The Trouble with Computers”, MIT Press, Cambridge, 1996)Inserire lo UCD nel processo di progettazione richiede un cambio di mentalità e di procedure nelle aziende, che le renda più flessibili.

Da Wikipedia prendi anche il significato di USER DRIVEN INNOVATION:

significato di user driven innovationLo User driven innovation si riferisce alle innovazioni sviluppate dai consumatori e dagli utenti finali, piuttosto che dai produttori. Eric von Hippel del MIT “scoprì” che la maggior parte dei prodotti e servizi sono realmente sviluppati dagli utenti, che poi danno idee ai produttori. Questo perché i prodotti sono fatti per soddisfare più necessità possibili; quando un singolo utente trova dei problemi che la maggior parte dei consumatori non ha notato, non hanno altra scelta che apportare le modifiche al prodotto esistente o fare un nuovo prodotto da capo, per risolvere la questione. Spesso, gli utenti innovatori condivideranno le loro idee con i produttori nella speranza di vedere realizzati i loro prodotti. Nel 1986 Eric von Hippel introdusse il metodo lead user che può essere usato per capire lo user innovation e per applicarlo nello sviluppo di nuovi prodotti.

Il LEAD USER (termine coniato dal professor Eric von Hippel nel 1986) è un consumatore particolarmente competente e sofisticato, tipicamente più innovativo rispetto alla media dei consumatori, che sviluppa in completa autonomia nuove soluzioni per le imprese. Le imprese traggono vantaggio dalla collaborazione con i lead user in quanto essi anticipano i bisogni futuri dei consumatori. In questo modo le imprese possono anticipare le mosse del mercato. I lead user hanno tre caratteristiche:• hanno un evidente beneficio economico derivante dall’introduzione dell’innovazione e, proprio per questo, essi sono altamente motivati e incen-tivati;• hanno un forte grado di expertise e quindi possono “dire la loro” con evidente cognizione di causa;• riescono ad anticipare il bisogno nel mercato mesi o a volte anni prima che questo si manifesti in modo evidente (forecasting ability).

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È chiaro che il concetto fondamentale di questa metodologia è l’innovazione, quindi cercando in siti che trattano di questo tema, ottieni maggiori infor-mazioni sullo user driven innovation; un sito è http://innovationzen.com/blog/2006/10/07/user-driven-innovation/, Innovation Zen ed estrarne anche dei casi reali di aziende che lo usano da http://www.innovaro.com/inno_updates/Innovation%20Briefing%2009-06.pdf :

User driven innovation è un argomento molto discusso. Molte aziende stanno iniziando a capire che l’innovazione può arrivare non solo dal reparto Ricerca & Sviluppo ma anche dall’interazione con i partner, i fornitori e gli utenti.

approcciI quattro principali approcci per trattare lo user driven innovation:

INDIVIDUI: implica la creazione di personaggi immaginari per guidare la nostra percezione sulle necessità e i bisogni futuri dell’utente. Attraverso una combinazione di interviste e ricerche di mercato le aziende che usano questo tipo di approccio provano a capire come prodotti e tecnologie possano adattarsi al contesto di domani.

ETNOGRAFIA: l’idea di base è di osservare gli utenti quando stanno provando il prodotto o il servizio. Questo metodo indiretto ha alcuni vantaggi perché l’utente non è sempre capace di esprimere che tipo di prodotto sta cercando o qual è il miglior servizio per lui.

FANBASE: questo approccio prova ad identificare e sfruttare la cosiddetta “lead users” per favorire sviluppi di nuovi prodotti e innovazione. Quegli utenti sono solitamente molto partecipativi e ansiosi di essere coinvolti nello sviluppo delle comunità. La partecipazione può essere generata attra-verso gruppi focalizzati, piattaforme online e così via.

• CASO LEGOLEGO creò il suo MINDSTORMS User Panel nel settembre 2004 per sollecitare il feedback sul prodotto esistente. Cinque membri attivi, dell’attuale comunità MINDSTORM, che operavano nell’orientamento dello sviluppo di nuovi usi e applicazioni per il prodotto, furono identificati e reclutati via e-mail per aiutare la LEGO ad un nuovo progetto “segreto” – lo sviluppo della nuova generazione di prodotti centrali. Nell’arco di tempo di 14 mesi, il MUP incontrò virtualmente attraverso un sito internet sicuro, conferenze telefoniche e incontri dal vivo in sessione di sviluppo delle idee in Danimarca e Washington. Feedback sinceri e non censurati dal MUP portarono significativi sviluppi del prodotto, come l’inclusione di un nuovo sensore Ultrasonico per dare ai robot gli “occhi”, e l’inclusione di un nuovo elemento LEGO TECHNIC® a 90° che permette agli utenti di costruire cubi in maniera più semplice e intuitiva.

PARTICIPATORY DESIGN: con questo metodo gli utenti sono invitati a partecipare direttamente allo sviluppo del prodotto o del servizio. Le aziende possono assumere insieme designer, ingegneri, project manager e utenti per formare il team di sviluppo.trano questi esempi, le aziende innovatrici affermate stanno facendo diventare significativo e diversificato l’uso del customer centred innovation.

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MIND MAP

Nel quarto quesito si parte subito con una scelta; spiega un processo creativo. Ancora una volta parti con una breve ricerca su Wikipedia, per avere una prima idea dei processi creativi:

• Il brainstorming di Alex Osborn• Il pensiero laterale e la tecnica dei sei cappelli di Edward de Bono• La sinettica di William Gordon• Il PAPSA di Hubert Jaoui• Le matrici di scoperta di Abraham Moles• Il TRIZ di Genrich Altshuller• La bisociazione di Arthur Koestler• La Mappa mentale di Tony Buzan

Tra questi processi cercane uno tra i più diffusi ed efficaci, così da poterne spiegare il funzionamento nella pratica; la mappa mentale, che è anche uno dei più semplici strumenti che un designer possa avere a disposizione e si presenta con una struttura non lineare ma radiale tipica proprio del modo di ragionare del cervello.

la strutturaLe mappe mentali hanno una struttura essenzialmente gerarchico-associativa. • gerarchiche (dette anche rami) che collegano ciascun elemento con quello che lo precede;• associative (dette anche associazioni) che collegano elementi gerarchicamente disposti in punti diversi della mappa.La struttura portante di una mappa mentale è sempre gerarchica; le relazioni associative aiutano ad aumentarne l’espressività, evidenziando la presenza di legami trasversali mediante frecce. Essendo gerarchica, la mappa mentale ha necessariamente anche una geometria radiale: all’ele-mento centrale troviamo collegati degli elementi di primo livello, ciascuno dei quali può essere collegato con elementi di secondo livello e così via. In genere la disposizione grafica degli elementi è a raggiera, ma è possibile estendere queste considerazioni anche ad altre forme di connessione, come quella a spina di pesce oppure ad albero.

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Il modello realizzativo delle mappe mentaliLa mappa mentale è uno strumento votato alla creatività, alla memorizzazione, all’annotazione in chiave personale. Per questo il suo ideatore Bu-zan ha formulato il suo modello incentrandolo sull’evocatività: tutti gli elementi di una mappa mentale devono essere ricchi di immagini fantasiose e colorate, perché da un lato rendono gradevole la rappresentazione, dall’altro stimolano l’emisfero cerebrale destro, le cui funzioni supportano facoltà come la creatività, la memoria, la fantasia, l’intuizione.

Gli utilizzi delle mappe mentaliLe mappe mentali fanno leva soprattutto sulle capacità creative personali e di gruppo, sulle risorse mentali inconsce, sulle sinestesie create con colori e immagini, sui processi che spontaneamente ristrutturano le informazioni e che ogni volta lasciano aperta più di una chiave interpretativa. Per que-ste ragioni le mappe mentali sono particolarmente efficaci come strumenti di annotazione e di apprendimento, come supporto all’elaborazione del pensiero e alla creatività, come ausilio nell’orientamento personale e nella costituzione di gruppi di lavoro. Sono invece meno efficaci nella rappre-sentazione della conoscenza, dove l’evocatività della mappa mentale induce una minore efficacia comunicativa e maggiori margini di ambiguità.

La mappa mentale sia perchè è uno strumento creativo diffuso sia perchè è semplice e fa leva sull’inconscio, è soggetto di molti corsi e workshop che si trovano online, in siti dedicati: http://www.mappementali.it/default.htm, http://www.mappementali.com/link.asp?rub=I0030&canal=I0030, http://www.mind-mapping.co.uk/index.htm, http://www.thinksmart.com/index.html; quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi dell’utilizzo della mind map? Perchè scelgo di usare proprio questo strumento?

“... una mappa mentale consiste di una parola o idea principale; intorno a questa parola centrale si associano 5 - 10 idee principali relazionate con questo termine. Di nuovo si prende ognuna di queste parole e ad essa si associano 5 - 10 parole principali relazionate con ognuno di questi termini. Ad ognuna di queste idee discendenti se ne possono associare tante altre”. (Buzen)

Il grande vantaggio della mappa mentale sta proprio nella sua semplicità che permette di avere subito chiare ed organizzate le idee, ma anche:• Costringe ad una gerarchizzazione delle idee. Nel forzando le gerarchie, obbliga ad una stretta differenziazione delle aree• Assiste la chiarezza e supera il disordine• Aiuta a memorizzare, attraverso la categorizzazione delle idee e la personalizzazione dei simboli dei concetti • La mappa mentale è usualmente presentata come una risorsa per prendere note in modo veloce e conveniente

Ci sono però alcuni difetti : • Le relazioni tra le idee non vengono definite• Il suo schema tipico presenta un’idea centrale e idee esclusivamente subordinate• Non è consentita la connessione delle idee tra i diversi rami

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albero genealogico

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come si fa un’intervista

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brainstorming sulla felicita’

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Innanzi tutto per spiegare di che si tratta quando si parla di design a scala territoriale troverai certamente una prima esaustiva spiegazione nel sito della SDI Sistema Design Italia che è una rete di Agenzie per la ricerca, l’innovazione e la promozione nel campo del design istituita nell’ambito di un pro-gramma di ricerca biennale co-finanziato dal MIUR (Ministero dell’Università e della Ricerca), http://www.sistemadesignitalia.it/sdi/sdimagazine/Articolo.php?id=45&IDIndex=19

Il passaggio dall’organizzazione al sistema territoriale come focus di progetto implica per il design alcune riflessioni. La prima è legata appunto all’oggetto di progetto: cambia il riferimento dell’attività di design, da un singolo attore (impresa o utente) il design si rivolge ad un contesto, il territorio appunto. Il design a scala territoriale ha dunque come campo specifico di azione il territorio e come scopo quello di valorizzare l’insieme delle risorse che lo caratterizzano. La seconda riflessione riguarda la natura degli artefatti che il design realizza: a scala territoriale, il concetto di dar forma a qualcosa, legato all’attività progettuale, non si riferisce soltanto ad artefatti materiali, ma in senso più ampio il design dà forma alle conoscenze, culture, saperi, capacità che il luogo possiede.

Quindi si tratta di una ricerca diversa da quella relativa ad un gruppo determinato di utenti, che punta a capire i comportamenti e le caratteristiche degli individui che fanno parte del contesto territoriale che ci interessa; praticamente si sta parlando di sociologia, perciò molte informazioni le cercale su siti o tesi che si occupano di sociologia appunto. Dovendo focalizzarti su qualche strumento di ricerca per soffermarti a spiegarne i dettagli, procedi elencando gli strumenti e scegline 3:

• ricerca etnografica• activity analysis• confronti culturali incrociati• giornata tipo• personal inventory• cultural probes• character profile• customer journey• image board• design -partecipativo• intervista

strumenti di ricerca del design a scala territoriale

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Sul sito dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, facoltà di scienze delle comunicazioni http://www.comunicazione.uniroma1.it/materia-li/14.08.05_laboratorio%20analisi%20etnografica%20dellaudience3.pdf; o siti di design che riportano anche esempi di strumenti di ricerca http://www.infodesign.com.au/ftp/CulturalProbes.pdf :

caso studioL’INTERVISTA: il ricercatore pone delle domande a scopo informativo, per raccogliere dati sulla persona; l’intervista può essere: aperta e non strut-turata, semistrutturata e strutturata; nel seguente caso studio è strutturata ed è finalizzata ad analizzare l’audience del telefilm “Dr. House”:- Biografia dell’intervistato- Modalità di fruizione- Trama- Personaggi e proiezioni- Competenza di genere

BIOGRAFIA DELL’INTERVISTATO• Parlami un po’ di te: chi sei e cosa fai nella vita?• Quanto sono importanti i mezzi di comunicazione nella tua giornata e nell’organizzazione del tuo tempo?• Come ti definiresti come spettatore? • E quanto guardi la tv?• Se dovessi elencarmi uno o più prodotti tv che hanno caratterizzato la tua storia di spettatore, quali citeresti per la tua infanzia, adolescenza, giovinezza, oggi? (E perché?)• Quali sono oggi i generi tv che preferisci e quelli che non ti piacciono? (E perché?)

MODALITÀ DI FRUIZIONE• Ti ringrazio per avermi aiutato a conoscerti un po’ meglio: ora però vorrei entrare nel vivo della nostra chiacchierata. Noi siamo qui principalmente perché tu sei un telespettatore di Dottor House, Medical Division. Ti ricordi come e quando hai iniziato a guardare questa serie? (se perché un amico lo vedeva, se in caso c’era il televisore accesso, se ha cominciato dalla prima serie..ecc)• Se dovessi proporre a qualcuno, che non conosce Dr. House, di vedere una puntata con te, cosa gli diresti?• Ora immagina che sia venerdì sera e che stia per cominciare un nuova puntata di Dr. House. Mi racconti come ti prepari alla visione? (se la visione è in solitaria o collettiva, se stacca il telefonino, se prima/durante si collega al forum per commentare, se cena davanti alla tv, se preferisce la visione ad altre alternative, se si fa prima zapping cercando altro, se tenta di fare una diagnosi, se indovina come va a finire, ecc.)• Che spettatore sei di Dr. House?• E chi è secondo te lo spettatore-tipo di Dr. House, ovvero fammi un identikit dello spettatore che guarda il programma?

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TRAMA• Mi racconteresti di cosa parla la serie? (lasciare che l’intervistato sviluppi una narrazione facendo emergere i temi per lui più salienti; incoraggiare e rilanciare collegamenti con la vita dell’intervistato se emergono, ecc )• Se c’è un episodio che hai sentito come particolarmente coinvolgente o che ricordi più facilmente di altri, potresti raccontarmi cosa è accaduto nel corso della puntata? (lasciare che l’intervistato sviluppi il racconto in completa autonomia, cominciando da dove preferisce; incoraggiare e rilanciare collegamenti con la vita dell’intervistato se emergono,ecc.)• In ogni puntata House ed i suoi collaboratori affrontano uno o più casi clinici. Cosa pensi del medico House e del suo metodo di lavoro? (è un medico che procede per tentativi ed errori, è un medico che sbaglia, è un medico che non si ferma alla malattia ma indaga sul paziente…..)

PERSONAGGI E PROIEZIONIAdesso ti mostrerò una lista di personaggi della serie. Se dovessi descriverli a qualcuno che non li conosce in che modo racconteresti ciascuno di loro? (Cartellino1) (sino a che punto conosce i personaggi: quale ruolo hanno nella serie, hanno subito un’evoluzione dalla prima puntata? Ne può esprimere una valutazione?)• Dott. Gregory House• Dott.ssa Lisa Cuddy• Dott. James Wilson,• Dott. Robert Chase,• Stacy Warner

COMPETENZA DI GENERE• Secondo te ci sono alcuni elementi che accomunano le puntate di dr. House oppure ogni puntata è differente da un’altra? (Se ci sono, capire se è in grado di ricostruire lo sviluppo narrativo delle puntate) • Qual è il momento che preferisci in ciascun episodio. E c’è invece qualcosa che ti disturba? (E perché?)• Come definiresti il linguaggio della serie?• A quale altra fiction che segui o hai seguito paragoneresti Dr. House in termini di contenuti, ambientazione, regia, linguaggio, struttura narrativa etc? (cercare di capire da che punto di vista l’intervistato paragona dr. House alla fiction citata, ad es. se per il tema – ambiente medico – o per la tensione narrativa – ad. es. poliziesco o giallo – o per carattere dei personaggi, ecc.)

caso studioCULTURAL PROBESE’ uno strumento che fornisce un modo di raccogliere informazioni sulle persone e le loro attività. Diversamente dall’osservazione diretta (come il test per l’usabilità) questa tecnica permette alle persone di riportare le informazioni personalmente. Il materiale raccolto dal cultural probes è parti-

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colarmente utile soprattutto nel design. In particolare il cultural probe è appropriato quando si ha necessità di raccogliere informazioni dagli utenti minimizzando l’influenza sulle loro azio-ni, o quando il processo o l’evento che si sta osservando ha luogo ogni tanto o in un lungo periodo.

Innanzitutto si selezionano i volontari acui dare i pacchetti come quelli nelle foto. I partecipanti usano gli strumenti nel pacchetto nel periodo di durata della ricerca, poi restituiscono il tutto. Gli strumenti del pacchetto sono diversi a seconda del tipo di ricerca e delle circostanze. Per esempio in questo pacchetto si possono vedere: una telecamera, un registratore e strumenti per scrivere. Questo fu usato dai designer al Royal College of Art di Londra, per studiare come le persone vedevano la loro casa. I partecipanti furono attirati da un giornale pubblicitario e i risultati servirono ai designer per capire come si sentissero le persone e che significato aveva la casa per loro.

UN POSSIBILE RISULTATO DI

REGISTRAZIONE DELLA VITA IN CASA

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i codici

Siamo arrivati alla fine e non ci resta che chiamare quel personaggio oscuro che ci aiuterà a completare questa missione di salvataggio: l’enigmista. Dobbiamo trovare al più presto i codici nascosti nella nostra ricerca: cerchiamo di capire quali sono i concetti ripetuti in tutto il testo, la soluzione sarà lì!Il metodo UCD serve per non fare un design “sbagliato” e quindi per non fornire prodotti o servizi che rendano gli utenti scontenti. E’ basato infatti sul concetto di porre al centro dell’attenzione e della ricerca proprio il consumatore, studiandolo in ogni dettaglio, in ogni mossa per poter prevedere le sue sensazioni a contatto con il prodotto e le sue conseguenti scelte. In tutto ciò vanno ovviamente considerati tutti quei fattori di contesto cioè sia quelli relativi all’uso, alla fruizione e al consumo individuale o sociale del prodotto, sia quelli relativi alla sua produzione. Così accade anche nella realizza-zione di un artefatto, che materializza l’idea precedentemente stabilita, o di un oggetto tecnico, che non ha in sè un valore se non in rapporto al risulta-to previsto, dove per la concretizzazione dell’individuo tecnico è importante considerare tutti quei fattori appena citati.La ricerca è quindi alla base dello UCD, che utilizza strumenti differenti a seconda che si trovi a studiare un’organizzazione di utenti o un sistema terri-toriale, nel quale è importante valorizzare le risorse che lo caratterizzano con strumenti come la ricerca etnografica, interviste più o meno strutturate o anche moodboard e considerare non un singolo individuo, ma un contesto appunto territoriale.Un altro metodo che pone come protagonista l’utente è lo UDI che ribalta quasi la realtà progettuale e di marketing che siamo abituati ad immaginare, quindi non sono più i fornitori di prodotti a guidare il mercato e l’innovazione, ma sono i consumatori che diventano lead user; in effetti chi meglio de-gli utilizzatori può sapere cosa va, o non va in un prodotto e cosa invece manca? Con questo metodo si fanno partecipare gli utenti a tutte le fasi pro-gettuali, si fanno ancora una volta ricerche e infine si aiutano i consumatori a capire di cosa hanno bisogno e cosa vogliono. Una delle fasi progettuali che potrebbe coinvolgere gli utenti è il processo creativo iniziale è il brainstorming, che lascia libero il flusso di pensiero, oppure anche la mappa men-tale che facendo leva sull’incoscio, dà un’organizzazione alle idee, partendo da una centrale e scrivendo tutte le altre subordinnate in manoera radiale.Sono tecniche come lo UCDe lo UDI a portare una svolta nel mercato, forse riuscendo anche a sbloccare quell’inerzia che a volte lo ferma. E’ la path dependence: questa teoria spiega come un risultato dipenda dalla sua eredità, dal suo percorso e che quindi avvenimenti al momento apparentemente irrilevanti, sono significativi per il risulato fianle ; il problema è che questo risultato spesso persiste non per qualità, ma per essersi insediato in un circo-lo vizioso e blocca il mercato ad uno stardard inferiore di quello che si potrebbe avere.Questo è tutto quello che abbiamo cercato... chiudo gli occhi e mi isolo per pensare... path dependence, artefatto, utente, innovazione, mappa, percor-so, fotografia, registrare, scrivere, consumatore... AH... ... TROVATO!!

...ma nel riaprire gli occhi scopro che stato tutto un sogno, un grande viaggio nella ricerca.

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fonti

http://en.wikipedia.org/wiki/Path_dependence

http://sloanreview.mit.edu/the-magazine/articles/1996/winter/3725/first-to-market-first-to-fail-real-causes-of-enduring-market-leadership/

http://www.dse.unifi.it/spe/indici/numero35/masini.htm

http://www.centrostudilogos.com/

http://books.google.it/books?id=Za7kfVurPDEC&pg=PA8&dq=artefatto

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http://books.google.it/books?id=xkFnaiWmsiMC&pg=PA167&dq=artefatto

http://books.google.it/books?id=aZQjNOlRtsoC&pg=PA345&dq=%22oggetto+tecnico%22

http://books.google.it/books?id=tVySNgHR084C&pg=PA140&dq=%22oggetto+tecnico%22&lr=#PPA140,M1

http://books.google.it/books?id=8i5KRl43-DYC&pg=PA12&dq=%22individuo+tecnico%22#PPP1,M1

http://www.usabilityprofessionals.org/usability_resources/about_usability/what_is_ucd.html, UPA Usability Professionals’ Association

http://www.usabile.it/302007.htm, Usabile.it

http://innovationzen.com/blog/2006/10/07/user-driven-innovation/, Innovation Zen

http://www.innovaro.com/inno_updates/Innovation%20Briefing%2009-06.pdf

http://www.mappementali.it/default.htm, http://www.mappementali.com/link.asp?rub=I0030&canal=I0030, http://www.mind-mapping.co.uk/

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http://www.sistemadesignitalia.it/sdi/sdimagazine/Articolo.php?id=45&IDIndex=19

http://www.comunicazione.uniroma1.it/materiali/14.08.05_laboratorio%20analisi%20etnografica%20dellaudience3.pdf

http://www.infodesign.com.au/ftp/CulturalProbes.pdf