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• Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventa cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo.

Così parlò Zarathustra, vol. VI, tomo 1, p. 23

• Nietzsche collega i passaggi salienti della propria vita e della propria opera (fase romantica, fase illuministica e fase profetica) a tre metamorfosi dello spirito dell’uomo narrate nel suo capolavoro, Così parlò Zarathustra: dal cammello al leone al fanciullo, cioè da chi si fa carico dei valori tradizionali a chi li fa a pezzi, a chi è finalmente protagonista e autore delle proprie scelte.

Un’esistenza da viandante

• Nato a Röcken, presso Lipsia, il 15 ottobre 1844, Friedrich Wilhelm Nietzsche studia teologia all’Università di Bonn, nonostante sia un indirizzo di studi molto lontano dai suoi genuini interessi. Trasferitosi a Lipsia nel 1865 si dedica alla filologia classica: in questi anni Schopenhauer e il musicista e compositore Richard Wagner sono i suoi punti di riferimento.

• Diventato giovanissimo professore di filologia classica all’Università svizzera di Basilea, Nietzsche ben presto incontrerà l’ostilità dei filologi che consideravano la sua lettura della grecità troppo lontana dall’interpretazione classicista incarnata in quel periodo dall’influente Ulrich von Wilamowitz.

• Dopo solo dieci anni di carriera accademica, Nietzsche è costretto a lasciare l’insegnamento a causa di problemi di salute che lo porteranno a un infinito pellegrinaggio tra la Svizzera, la Francia e l’Italia, alla ricerca di luoghi dal clima temperato e ospitale.

• L’esito finale di questa esistenza da viandante sarà l’approdo a Torino dove, nel 1889, il filosofo tedesco subisce un crollo psichico irreversibile. Ricoverato a Basilea in una clinica per malattie psichiatriche, Nietzsche vive gli ultimi anni della sua vita con la sorella Elisabeth e muore a Weimar il 25 agosto 1900.

La vasta produzione nietzschiana

– La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872);

– Quattro considerazioni inattuali (1873-1876).

– Aurora (1881);

– La gaia scienza (1882).

- Tra il 1883 e il 1884, non ancora quarantenne, Nietzsche scrive i quattro libri del Così parlò Zarathustra, con i quali si indica la nascita della cosiddetta «fase profetica». Nel 1886 pubblica Al di là del bene e del male e di seguito la Genealogia della morale (1887).

- Nel 1888, alla vigilia del crollo psichico che lo colpirà a Torino l’anno seguente, Nietzsche pubblica le sue ultime, grandi opere:

– Crepuscolo degli idoli;

– Il caso Wagner;

– L’anticristo;

– Ecce homo.

L’età tragica dei Greci

• Nietzsche individua due categorie estetiche generatrici di valori e di senso che connotano l’esperienza della tragedia attica antica, ma che sono anche sorgenti dell’intera spiritualità umana: lo spirito apollineo e lo spirito dionisiaco.

• Apollo è il dio della luce, della bellezza, dell’armonia, dell’equilibrio e della misura. Dioniso è il dio dell’ebbrezza, dell’oscurità, del caos e dell’eccesso furioso. Nella tragedia classica di Eschilo e Sofocle i due principi trovano una perfetta composizione.

La colpa di Socrate: l’inizio della decadenza

• Nietzsche individua nel razionalismo socratico l’inizio della decadenza della tragedia (Euripide) e, più in generale, della cultura occidentale, tipicamente della filosofia che degenera nel razionalismo metafisico. Il razionalismo socratico è incarnato dal demone socratico che pone divieti, blocca espressioni istintive e immediate dello spirito che sostituisce con l’idealizzazione, la concettualizzazione, il riferimento a valori assoluti e superiori.

• È la filosofia di Socrate che estromette la volontà dall’orizzonte umano, affidando ogni scelta alla ragione e sostituendo all’eroe tragico l’eroe dialettico.

• Studiare da pag. 189 fino a 194

La decostruzione della metafisica e della morale (Studiare da pag. 194 a

197 (annuncio della morte di Dio) • Esauritosi l’entusiasmo giovanile per Wagner e

Schopenhauer, Nietzsche inizia una serrata critica ai principi della metafisica e ai valori della morale. Nella fase definita illuministica il filosofo tedesco si scaglia soprattutto contro l’invenzione platonica della trascendenza e la divisione della realtà in due sfere separate e contrapposte: il mondo dei fenomeni e quello delle essenze.

• La condanna della trascendenza trova corrispondenza nella critica dei principi morali, che vengono ricostruiti in modo storico e genealogico, ossia vengono negati nella loro universalità e presentati come l’esito di un processo storico e di esigenze assolutamente umane.

• La critica alla morale porta Nietzsche ad affermare il nichilismo che si concretizza nella morale degli schiavi, ispirata ai valori della pietà e della rassegnazione, e a cui il filosofo tedesco oppone la morale dei signori, che esaltando i valori della forza e della bellezza celebra la gioia e la vita terrena.

• Si tratta dunque per Nietzsche di trasformare questa morale tradizionale che nega la vita in una morale che la riaffermi: è la trasvalutazione dei valori. Non è un semplice ripensamento dei valori in cui si è finora creduto, ma consiste nel prendere consapevolezza di essere autori dei propri valori.

Il trionfo del nichilismo

• L’abbandono dei riferimenti assoluti, sia morali che metafisici, passa attraverso l’esperienza della morte di Dio, cioè l’esaurimento progressivo delle illusioni assolute e trascendenti, e del vuoto di valori che ne consegue. A questo punto l’uomo approda al nichilismo, ossia alla completa svalutazione di tutti i valori, alla perdita di ragione e di senso.

• Il nichilismo è una nozione fondamentale del pensiero di Nietzsche ed è un termine che, nella sua produzione filosofica, assume diversi significati. Designa ad esempio la prevalenza della ragione sull’azione, della negazione sull’affermazione, del no sul sì; in altri termini, indica tutti quegli atteggiamenti di rifiuto e di condanna della vita terrena e del mondo reale.

• In un’altra accezione, Nietzsche usa il termine nichilismo (nichilismo passivo) per indicare la condizione dell’uomo contemporaneo che, di fronte alla perdita di senso delle cose, alla fine dei valori assoluti, avverte un profondo senso di vuoto e di sgomento.

L’annuncio della morte di Dio

• La morte di Dio non corrisponde semplicemente a una professione di ateismo: Dio, nell’ottica nietzschiana, è la personificazione degli assoluti e delle certezze metafisiche e morali che l’uomo ha creato con l’obiettivo di rendere sopportabile e giustificabile il caos e il disordine dell’esistenza.

• Il celebre paragrafo 125, contenuto nel terzo libro della Gaia scienza, si apre con il racconto dell’uomo folle che, munito di una lanterna accesa in pieno giorno, corre al mercato nel disperato tentativo di cercare Dio ma si accorge che è stato ucciso:

• Non avete sentito parlare di quell’uomo folle che nel chiaro mattino accese una lanterna, corse al mercato e si mise a gridare senza posa: «Cerco Dio! Cerco Dio!»? Poiché proprio lì si trovavano radunati molti di quelli che non credevano in Dio, la sua apparizione suscitò grandi risate. «Qualcuno l’ha forse perduto?», disse uno. «Si è smarrito come un bambino?», disse l’altro. «O se ne sta nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato sulla nave? È emigrato?» – così gridavano e ridevano fra loro. Ma l’uomo folle piombò in mezzo a loro e li trapassò con lo sguardo. «Dove è andato Dio?», esclamò, «voglio dirvelo! Noi lo abbiamo ucciso, – voi ed io! Noi tutti siamo i suoi assassini!»

• La gaia scienza, parte III, 125, p. 129

La condanna del cristianesimo

• La concezione filosofica di Nietzsche trova piena maturazione nella condanna del cristianesimo, interpretato come quel «platonismo per il popolo» che, attraverso la fede nella vita ultraterrena, si traduce in disgusto e rifiuto verso l’esistenza. Il cristianesimo, in quanto religione della compassione, è un istinto deprimente e contagioso che manifesta il desiderio di appropriazione proprio dei deboli, che persuade al nulla, nascosto sotto la forma dell’aldilà.

• Il cristianesimo viene così letto come religione della sofferenza e della colpa, e contrapposto alla vitale religiosità pagana che, nella sua personificazione dionisiaca, si traduce in totale ed entusiastica affermazione della vita.

• La contrapposizione tra confronto tra Dioniso e Cristo indica l’antitesi tra l’accettazione integrale di questa vita, compresa la sofferenza che ne è parte, e il rifiuto della vita. L’amore cristiano è la vendetta verso la vita, perché della vita coglie solo gli aspetti di malattia e desolazione: Cristo è negazione, Dioniso affermazione.

Il concetto di nichilismo

• La morte di Dio e la decostruzione della metafisica e della morale, se costituiscono per l’uomo l’avvento di un’epoca di disincanto e di perdita di senso (nichilismo passivo), per il superuomo inaugurano la fiducia nell’individuo singolo come fondamento di ogni verità e valore: se il mondo non ha senso è l’uomo, adesso diventato oltre-uomo, che deve trovarlo (nichilismo attivo).

• In uno dei frammenti postumi, poi confluiti nell’opera La volontà di potenza, Nietzsche scrive:

Che cosa significa nichilismo? Significa che i valori supremi si svalutano. Manca lo scopo. Manca la risposta al: perché? La volontà di potenza, p. 9

L’avvento del superuomo e la volontà di potenza

• ll superuomo incarna la concentrazione di tutto ciò che può essere affermato, è colui che rappresenta l’individuo selettivo, che sceglie e determina, che resta fedele alla terra e rifiuta l’esistenza di dimensioni trascendenti e ultraterrene. Poiché Dio è morto, e con lui si è persa la consolante fede nei valori metafisici, religiosi e morali, il superuomo si rivolge alla terra con entusiasmo e fervore, approdando così a una visione affermativa e «anti-cristiana».

• La volontà di potenza è uno dei concetti cardine della filosofia nietzschiana, nonostante sia stata sottoposta a una serie di fraintendimenti che hanno portato a leggere Nietzsche come profeta dell’ideologia nazista. La volontà di potenza indica la dimensione del superuomo che agisce in modo affermativo al fine di potenziare il proprio essere, senza riferimenti esterni e a lui superiori.

• Volontà di potenza non significa banalmente volontà di dominio. Nietzsche distingue le forze in attive e dominanti, e reattive e dominate. Entrambe sono generate dalla volontà di potenza, intesa come essenza della vita. Le forze attive sono forze di affermazione, quindi dionisiache, mentre le forze passive sono di negazione, quindi cristiane.

• Si tratta, per Nietzsche, di scegliere l’affermazione, il dire di sì alla vita, come il raglio dell’asino: Ja-Sagen. Contro l’esaltazione cristiana del dolore, contro il razionalismo di Socrate, contro l’idealismo di Platone, contro l’ascetismo di Schopenhauer.

L’eterno ritorno dell’uguale

• Il superuomo realizza così l’individuo che accetta la morte di Dio, vive con entusiasmo la dimensione terrena dell’esistenza e desidera l’eterno ritorno dell’uguale. Secondo quest’ultima dottrina filosofica, ogni situazione è destinata a riproporsi identica a se stessa. Così ciascuno è chiamato a vivere ogni istante della propria vita da protagonista dei propri valori, perché ciò che decide e fa lo ripeterà in eterno.

• Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio. Dispregiatori della vita essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire! Un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così sono morti anche tutti questi sacrileghi. Commettere il sacrilegio contro la terra, questa è oggi la cosa più orribile, e apprezzare le viscere dell'imperscrutabile più del senso della terra!

• Così parlò Zarathustra, prefazione, 3, p. 6

L’accettazione superomistica della vita e del tempo

• Entro una concezione lineare del tempo, la volontà trova un limite insormontabile nell’impossibilità di retroagire sul passato, sul «così fu». Per liberare la volontà e la sua forza creatrice occorre trasformare il «così fu» in «così volli» e volere ogni momento nel suo singolo istante, per il suo valore irriducibile.

• In questo volere a ritroso il passato diventa futuro. L’eterno ritorno fonda l’autonomia della volontà e ne determina la natura selettiva, nel senso che l’eterno ritorno espelle ogni forza negativa e reattiva e ammette soltanto la gioiosa affermazione.

• L’eterno ritorno, liberando l’uomo dalla prospettiva della verità, cioè di un punto di vista assoluto, indipendente dalla volontà, e ponendo ogni valore nella prospettiva di chi lo vuole, produce una conversione radicale dell’essenza umana verso il superuomo. Il superuomo è piuttosto l’oltre-uomo, cioè l’uomo che ha nel superarsi la sua propria essenza.