Presentazione per Scuola Superiore Studi Umanistici

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− Il dottorato fuori dall’università. Presentazione nell'ambito della conferenza "Incontri con imprenditori, manager e professionisti" organizzato dalla Scuola Superiore di Studi Umanistici e dal Consorzio Spinner (Bologna, 24 marzo 2010)

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Buonasera, mi presento, mi chiamo Eleonora Polacco, sono uno dei soci fondatori ed il presidente

di AtelierTerritorio srl.

AtelierTerritorio è una società che idea e realizza strategie. Opera attraverso la consulenza e la

progettazione nei campi dell’architettura, marketing territoriale e turistico, urbanistica, trasporti e

logistica, comunicazione e design.

Vi racconterò più approfonditamente di AtelierTerritorio più avanti.

Quando sono stata invitata alla Scuola Superiore di Studi Umanistici per raccontare la mia breve

esperienza professionale e come questa sia connessa alla mia formazione umanistica, ho cercato di

fare una riflessione che fosse il più possibile concreta e contestualizzata in questo momento

storico.

E’ un momentaccio per la formazione umanistica, non si può negare.

E vorrei cominciare da qui, un po’ da lontano, dalle origini della mia formazione umanistica; mi è

sembrato importante per darne una visione più completa.

La mia formazione umanistica ha inizio già alla scuola superiore, ho infatti frequentato il liceo

classico, vecchio stile (con tante, tantissime ore di greco, latino, italiano e poche di informatica,

inglese, per intenderci) e il mio diploma era in sessantesimi (penultimo anno).

Quando è venuto il momento di scegliere la scuola da frequentare, mio nonno, nato nei primi anni

del ‘900, mi parlava del liceo classico come di una scuola dove si formava la classe dirigente di

questo paese, nella cui cultura l’educazione letteraria ed il momento umanistico costituivano

ingredienti fondamentali.

Per citare il prof. Romani Luperini “ a lungo, per quasi due secoli insegnare letteratura ha voluto

dire raccontare una grande narrazione fondata sul nesso letteratura - identità nazionale - storia”.

Dunque forse è questo che intendeva dirmi mio nonno, che la formazione umanistica è

strettamente connessa all’evoluzione ed al progresso della civiltà e dell’identità nazionale.

Un tempo l’intellettuale era mediatore dell’identità nazionale ed aveva il ruolo di comunicare il

senso di una comunità.

Ora, quando ripenso a queste parole mi sembra tutto capovolto.

Dopo gli studi classici mi sono laureata in Lettere Classiche più per un concatenarsi di eventi e per

interesse personale, che per scelta consapevole; ai tempi non avevo molto le idee chiare su quale

lavoro fare dopo la laurea. Sembra brutto, ma questa è la verità.

Però tutti gli altri sembravano averle chiare al posto mio: “Ti sei iscritta a lettere, allora vuoi

insegnare?” No.

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Concentrarmi nello studio delle antiche società, greca, romana ed egizia, approfondirne la storia

economica e sociale, tradurre centinaia di testi in greco antico e in latino, leggere gli autori della

nostra letteratura, ha allenato il mio senso critico e mi ha permesso magicamente di acquisire una

visione d’insieme ed un approccio diverso e utile nella costruzione di progetti strategici.

In poche parole mi sono allenata a leggere ed interpretare i contesti e una volta capiti è semplice,

avendo un obiettivo, ideare una strategia che permetta di raggiungerlo.

In particolare ho sviluppato una vera predilezione per la struttura, per l’insieme, una passione per

porre un ordine alle cose, raggruppare i concetti e trovare una struttura nell’ambiente che ci

circonda. (se dovessi attribuirne il merito, penso che lo darei sen’altro alla Poetica di Aristotele,

sulla quale ho sudato per qualche mese, traducendo e tentando di comprenderne ogni sua parte)

Unità di azione Poetica di Aristotele: L'azione, come qualsiasi creatura naturale, non deve essere

né eccessivamente piccola né eccessivamente grande, ma deve potersi “abbracciare con facilità nel

suo insieme con la mente”

Ecco, il concetto di “abbracciare con facilità nel suo insieme con la mente” è diventato in un certo

senso la mia unità di misura.

Inoltre ho esercitato il pensiero critico, l’organizzazione e la disciplina, la capacità di affrontare

problematiche complesse e di semplificarle scomponendole in più parti, l’elasticità e l’adattabilità.

Non ultimo ho capito l’importanza della leggerezza, in un mondo in continua trasformazione.

La fluidità si configura come metafora portante dell’attuale fase dell’epoca moderna. I fluidi non

fissano lo spazio, non legano il tempo. I fluidi non conservano mai a lungo la propria forma, e sono

sempre pronti a cambiarla. I fluidi viaggiano con estrema facilità, scorrono, traboccano, si

spargono, tracimano, colano, gocciolano. La straordinaria mobilità dei fluidi è ciò che li associa

all’idea di leggerezza. Zygmunt Bauman Modernità liquida

D’altro canto ammetto di avere qualche difficoltà con l’esattezza dei numeri e con i dettagli …

E’ curioso, la mia professoressa di Letteratura Greca ci diceva scherzando: “ragazzi, una volta

superati gli esami di greco, nella vita è tutto in discesa”, alla fine dell’università mi sono ritrovata

con un attestato di laurea “debole”. Evidentemente non mi tornavano i conti.

Per il mondo del lavoro non ero abbastanza specializzata, focalizzata, parcellizzata.

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Edward Said, grande critico letterario di origine palestinese, ha detto “il rischio della nuova

tipologia di intellettuale è di scomparire in una miriade di particolari e di diventare una nuova

figura professionale, un ingranaggio tecnico dei nuovi apparati”.

Non che io mi senta un’intellettuale, ma ho citato Said perché ben ha colto la corsa della società

verso il particolarismo.

Sono dell’opinione che una sempre maggiore specializzazione della conoscenza rischi di portare ad

un mondo diviso in porzioni sempre più piccole e parcellizzate; non credete che questo conduca al

rischio di focalizzarsi su un unico punto di vista?

Uno dei più grandi creativi della storia dell’uomo, Leonardo da Vinci, riteneva che per comprendere

appieno qualcosa occorresse guardarla da almeno tre punti di osservazione.

E così ho cercato di guardare la mia formazione da altri punti di osservazione.

L’opportunità mi è stata data da un Master d’Alta Formazione in Relazioni Esterne e

Comunicazione, promosso dalla Regione Emilia Romagna e dal Fondo Sociale Europeo.

In quell’occasione mi sono resa conto che c’erano modi e strumenti per traslare nella realtà la mia

formazione umanistica ed i miei preferiti diventarono il marketing territoriale e le pubbliche

relazioni: perché persone e territori mi sono sempre sembrati sistemi complessi, fatti di tanti

elementi che nell’insieme ne determinano l’identità ed il risultato è un’armonia straordinaria che va

capita, ascoltata, comunicata e tradotta in valore.

Ed ecco come sono giunta alla mia attività attuale.

AtelierTerritorio è un progetto assolutamente innovativo, è un‘intersezione di campi e discipline,

che permette di combinare e mescolare concetti preesistenti in un gran numero di idee e

combinazioni nuove ed insolite.

Tutto il contrario della parcellizzazione insomma.

E’ un luogo in cui le competenze di architettura, trasporti e logistica, marketing territoriale e

turistico, comunicazione e design si incontrano per ideare e realizzare strategie nell’ambito dello

sviluppo territoriale.

Qui vengono messe in connessione l’identità e gli interessi del territorio e delle persone, per dare

vita a progetti che contribuiscano alla valorizzazione di entrambi.

Trasformare una trascurata pensione stagionale in hotel di design con un’identità, sviluppare un

piano di fattibilità per la riconversione di una zona industriale dismessa, promuovere un distretto

turistico rendendolo una nuova “destination”: sono solo alcuni esempi dei progetti della società.

AtelierTerritorio propone in un unico contenitore tutte le competenze e tutte le risposte per la

realizzazione di un progetto: dalla consulenza e studio di fattibilità, alla progettazione e

realizzazione operativa, alla promozione e lancio sul mercato.

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Io stessa durante la giornata assumo diversi ruoli, cerco di mettere il naso un po’ dappertutto,

convinta che le idee innovative siano frutto del giusto equilibrio tra profondità ed ampiezza di

conoscenza.

Oltre ad occuparmi di marketing territoriale e strategico, faccio ricerche in tutti gli ambiti di

AtelierTerritorio, mantengo le fila dei tanti soci, tengo le relazioni con clienti, fornitori e pubbliche

amministrazioni, preparo e seguo gli stage, seguo contabilità e prima nota (questo con scarso

successo però).

AtelierTerritorio è nata da circa un anno, è formata da 9 soci, per la maggior parte sotto i 35 anni:

2 architetti, 1 designer, 1 esperto di trasporti e logistica, 2 esperte di marketing territoriale, 1

esperta in comunicazione, 1 matematico, 1 società di ingegneria.

Un modo per ottenere in un unico luogo conoscenze ampie e nel contempo approfondite: un team

composto da presone che si intendono di ambiti diversi.

Alcuni ci trovano assolutamente bizzarri, altri ci guardano come un animale esotico, altri ci fanno i

complimenti per la creatività dell’approccio, altri ancora ci chiedono continuamente qual sia il

nostro core business.

Concludo citando le parole che Umberto Eco, se non sbaglio presidente di questa Scuola,

pronunciò nel 1998 intervenendo ad un convegno qui a Bologna proprio sul rapporto tra saperi

umanistici ed il mondo del lavoro (evidentemente il problema ci assilla già da un po’).

Egli difendeva il ruolo e l’eccellenza della formazione umanistica.

“La società richiede che il giovane laureato si inventi un mestiere e se quel giovane laureato è in

grado di inventarselo è perché qualcuno gli ha insegnato e trasmesso una forma di pensiero

flessibile”.

Allora forse grazie alla generalista cultura umanistica ci siamo inventati un mestiere, il cui core

business è proprio l’intersezione, un punto di vista fatto di tanti punti di vista.

Grazie per avermi ascoltata!