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Demonizzazione

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Demonizzazione

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Demonizzazione

Una volta entrato in guerra, ogni paese assume nei confronti di quelli nemici un atteggiamento ostile, che particolari elementi religiosi, ideologici, «razziali» o di altra natura possono anche inasprire, rendendo ancora più sgradevole il simulacro dell’altro che ciascuno dei contendenti si rappresenta. Diventa pertanto comune l’uso di scambiarsi accuse reciproche, anche le più infamanti, per imbruttirsi a vicenda.

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Demonizzazione

Ma è la propaganda inglese a dare per prima la prova che guadagnarsi le simpatie dei neutrali e scatenare l’odio verso il nemico possono essere obiettivi pianificati a tavolino, con un lavoro che può avvalersi di tecniche professionali e metodi precisi. Il risultato sarà così efficace da rendere legittimo, per definire questo processo, l’uso del termine «demonizzazione».

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Le storie di atrocità

Il grande racconto delle

gesta malvagie del

nemico si viene

strutturando secondo tre

linee principali:

• Enfatizzazione

• Amplificazione

• Invenzione

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Enfatizzazione

L’enfatizzazione è la fase in cui emerge un particolare

tema, individuato attraverso alcuni semplici tratti

caratteristici e imposto all’attenzione mediante la

ripetizione e l’attribuzione di una speciale enfasi. Il

processo somiglia al trasferimento di salienza (salience

transfer), il postulato principale della teoria dell’Agenda-

setting, ma col vantaggio di un percorso più strutturato

(appoggio governativo, domanda massiccia mobilitata

dallo spirito patriottico, assenza di dimensione critica) e

soprattutto finalizzato dall’obiettivo propagandistico.

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Decontestualizzazione

Il rilievo conferito al tema lo rende subito ridondante,

catalizzando la proliferazione di particolari e dettagli

intriganti che esulano spesso dalla griglia della verifica e

della verosimiglianza. In questo modo i singoli racconti

iniziano a staccarsi dalla cornice giornalistica, definita da

criteri di obiettività e realismo, facendo prevalere nello

sviluppo del tema la struttura narrativa su quella

argomentativa e razionale.

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Sublimazione

Si giunge così alla terza fase, a una speciale forma di

sublimazione che consente di trattare l’argomento sulla

falsariga di un genere letterario, svincolandolo

dall’obbligo dell’aderenza agli eventi reali, mettendolo

definitivamente al riparo da ogni valutazione razionale e

dando libero corso al lavoro di invenzione e di fantasia.

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Enfatizzazione

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Contropiede

Bisogna ammettere che, nella fase di avvio, la

propaganda inglese può giovarsi in gran parte dell’aiuto

concreto dei tedeschi, che con le loro mosse arroganti e

aggressive consentono alle strategie degli alleati quello

che nel calcio si chiama «gioco di rimessa».

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Enfatizzazione

Un tratto fondamentale della difficoltà dei tedeschi a

gestire un’immagine positiva della loro condotta, e al

tempo stesso della facilità offerta al nemico nel darne

una versione molto negativa, risiede infatti proprio nella

loro concezione rigorosamente militaresca della guerra.

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Enfatizzazione

Lo Stato Maggiore tedesco crede fermamente che la

poderosa macchina da guerra prussiana possa rivelare

la sua modernità ed efficienza e condurre alla vittoria in

breve tempo solo se viene usata in modo implacabile.

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Enfatizzazione

Da questa premessa discende una condotta di guerra

cinica e risoluta, generalmente poco cavalleresca, che

non arretra di fronte alla violazione della neutralità, al

coinvolgimento dei civili, al bombardamento delle città,

all’uso dei gas, al siluramento delle navi mercantili.

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Il tono brutale e arrogante che caratterizza spesso le

azioni militari tedesche è una pacchia per la propaganda

inglese. Come si possono non considerare «atroci» il

cannoneggiamento di villaggi indifesi o i «raid terroristici»

degli Zeppelin contro le città britanniche?

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Il bombardamento delle città portuali di Scarborough, Hartlepool e Whitby, compiuto da navi tedesche il 16 dicembre 1914, causa la morte di 137 persone. Il fatto ha molta risonanza in Gran Bretagna e rinsalda in fervore patriottico sollevando un moto d’indignazione contro la Germania.

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Anche le incursioni dei dirigibili tedeschi che lanciano bombe sul territorio inglese, una novità tattica che colpisce per la prima volta la popolazione civile senza tante discriminazioni, vengono considerate un segno tangibile della vigliaccheria e della slealtà dei tedeschi.

«Bombe tedesche su case pacifiche». Anversa, 12 settembre 1914

– il nuovo Attila, il Conte Zeppelin, aveva promesso il dominio

dell’aria ma i suoi palloni gonfiati fanno un baffo alle forze militari

alleate e così si riducono a scaricare morte sulle popolazioni inermi.

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Grande biasimo suscita la guerra sottomarina, le cui

escalation portano al siluramento di navi con passeggeri

civili, a volte neutrali, come il Lusitania (maggio 1915),

l’Arabic (agosto 1915) e il Sussex (marzo 1916);

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Ottusa e atroce appare infine l’applicazione ferrea, e a

volte il superamento, delle più severe leggi di guerra, che

implica la morte di persone spesso inermi, attraverso

rappresaglie sui civili o esecuzioni sommarie.

Edith Cavell

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In questi casi si ha un effetto propagandistico favorevole semplicemente diffondendo la notizia che mette in cattiva luce il comportamento del nemico e insieme rafforza la legittimità della propria causa. L’effetto aumenta se, con un po’ di furbizia, si sottolinea la condotta scorretta, se ne pronuncia una condanna senza appello e si evitano approfondimenti che potrebbero favorire una migliore comprensione degli eventi, ma anche «giustificare», almeno in parte, gli eccessi.

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Tutto ciò fornisce incredibili assist alla propaganda nemica, tanto che azioni come la distruzione di Lovanio o l’affondamento del Lusitania sembrano quasi sfide lanciate a bella posta dai tedeschi per favorire la strumentalizzazione degli avversari e il lancio di vere e proprie campagne d’odio.

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L’invasione del Belgio

La prima grande occasione per stigmatizzare la condotta

non irreprensibile del nemico e abbatterne il prestigio si

presenta subito, all’inizio del conflitto, quando i tedeschi,

fanaticamente devoti alla strategia militare, violano la

neutralità del Belgio, suscitando una corale indignazione.

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Enfatizzazione

I giornali più autorevoli si limitano

inizialmente a stigmatizzare l’eccessiva

spregiudicatezza del governo tedesco e

a sottolineare l’«offesa» agli accordi

internazionali arrecata dalla violazione

della neutralità belga.

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Enfatizzazione

Sebbene la sfortunata frase sul “pezzo di carta” sollevi lo sdegno di molti intellettuali, gli ambienti proletari risultano assai meno sensibili: il leader laburista RamsayMcDonald per esempio, convinto neutralista, reagisce dichiarando che «Mai abbiamo armato il nostro popolo, chiedendogli di rischiare la vita, per una causa peggiore di questa». Anche i reclutatori dell’esercito riferiscono di incontrare problemi nello spiegare le origini della guerra in termini legali.

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Enfatizzazione

Inoltre, come suppone Nicoletta

Gullace, «I propagandisti inglesi

non vedevano l’ora di spostarsi il

più velocemente possibile da una

spiegazione della guerra basta

sull’assassinio di un arciduca

austriaco da parte dei nazionalisti

serbi alla questione moralmente

più favorevole dell’invasione del

Belgio neutrale». A supporto di

questa tesi, la Gullace cita due

lettere di Lord Bryce.

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Nella prima scrive: «Ci dev’essere qualcosa di fatalmente sbagliato nella nostra cosiddetta civilizzazione se a causa di questi Serbi una tale disgrazia è calata su tutta l’Europa»; e, in una lettera successiva: «La sola cosa che ci conforta in questa guerra è che siamo tutti assolutamente convinti della giustezza della causa e del nostro dovere, una volta invaso il Belgio, di mettere mano alla spada».

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Quando allora, man mano che progredisce l’avanzata

tedesca in Belgio, iniziano a girare le prime voci che

rivelano i terribili soprusi e le “atrocità” perpetrate nei

confronti dei civili (rappresaglie, esecuzioni sommarie,

incendi e deportazioni), l’occasione è troppo ghiotta per

non essere colta subito e col più grande impegno.

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La stampa inglese, sia i giornali «di

qualità» che i tabloid, che mostra

scarso interesse per «l’inventario

infinito di proprietà rubate e beni

requisiti» che costituisce la gran parte

dei rapporti ufficiali dal Belgio, si

getta subito a corpo morto sulle

barbare uccisioni, condite da stupri e

dalle più bizzarre mutilazioni. Alla

polemica troppo intellettuale sui

«pezzi di carta» si sovrappone quindi

l’immagine molto più suggestiva del

Belgio come una donna brutalizzata.

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Lo stupro del Belgio

La stessa espressione «Stupro del Belgio», che inizia a comparire ovunque, è una magnifica formula propagandista, che incornicia la violenza dell’invasione tedesca in una sintesi di rara efficacia.

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Enfatizzazione

La stampa alleata, che è il «filtro» tra ciò che accade in

Belgio e l’opinione pubblica mondiale, ha evidentemente

tutto l’interesse a eccitare ancor di più l’irritazione e lo

sconcerto del consesso internazionale, anche perché si

tratta di un’occasione formidabile per assecondare

l’obiettivo principale della propaganda inglese: indurre

gli Stati Uniti a entrare in guerra contro gli Imperi Centrali.

In Nuova Zelanda si

raccolgono aiuti per il Belgio

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Enfatizzazione

Con l’intervento massiccio della

stampa popolare, l’atmosfera

inizia veramente a surriscaldarsi;

tanto che una parte della

stampa, come il direttore del The

Times e Edward Tyas Cook,

prestigioso giornalista che

collabora con il War Press

Bureau, si preoccupano

dell’effetto eccitante di queste

storie confuse, chiedendo un

approccio più misurato.

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Amplificazione

La logica aggressivamente commerciale già penetrata nella stampa anglosassone, aliena dall’impartire lezioni o noiosi sermoni e propensa invece a solleticare la «pancia» emotiva del pubblico, prende però largamente il sopravvento e si passa così, una volta individuati i temi portanti, a introdurre alterazioni e aggiustamenti che prefigurano il processo di «amplificazione».

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Decontestualizzazione

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Le storie di atrocità

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Storie di atrocità

Sui giornali britannici e francesi, soprattutto su quelli che

si rivolgono alle grandi masse, compaiono perciò, in

modo sempre più massiccio e incontrollato, dettagliate

«rivelazioni» che calcano la mano sugli aspetti più

truculenti delle gesta efferate attribuite al nemico.

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Perciò «l’invasione del Belgio, con le sue sofferenze

reali» sottolinea Nicoletta Gullace in accordo con Susan

Kingsley Kent «fu nondimeno rappresentata in un modo

altamente stilizzato, che si soffermò su atti sessuali

perversi, spaventose mutilazioni, e descrizioni esplicite di

abusi sui bambini spesso di dubbia veridicità».

Susan Kingsley Kent

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Storie di atrocità

Gli avvenimenti, narrati con

un compiacimento ai limiti del

morboso, non sono infatti

quasi mai ben documentati né

tantomeno verificati e

tradiscono l’intento di colpire

in modo grossolano gli istinti

più elementari del pubblico;

ma sembra che anche i

giornalisti, forse esaltati dal

clima, siano convinti della

veridicità di ciò che scrivono.

Combatti ora o aspettati questo

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Storie di atrocità

La febbre propagandistica che assale i media britannici, sotto lo sguardo complice dell’ufficio di Masterman, va quindi oltre la preziosa occasione offerta con grande generosità dall’esercito tedesco, dando colore alle semplici notizie con particolari raccapriccianti e voci infondate, «dilatate» lungo il percorso, che fomentano una vera e propria campagna d’odio.

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Storie di atrocità

Sulla base delle malefatte tedesche in Belgio si scatena

rapidamente un «diluvio di storie» che inquadrano gli

eventi nei tratti, più o meno romanzati, di un girone

infernale, configurando una saga dell’orrore in grado di

deturpare per sempre il volto della Germania guglielmina.

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Demonizzazione

Va anche detto che il «circo degli orrori» non parte all’improvviso, sulla scia dell’attacco al Belgio, ma può appoggiarsi alla strisciante denigrazione della Germania e dei suoi capi, in atto da tempo, che li raffigura come l’antitesi della Gran Bretagna e dei suoi valori. Il Kaiser è stato spesso dipinto come una specie di «bestia umana» e il DailyMail del 22 settembre 1914 in un solo articolo riesce a definirlo matto, lunatico, barbaro, mostro e Giuda.

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Demonizzazione

Ma stavolta finalmente si

può passare dal piano

dell’insulto gratuito, o della

vignetta satirica, a quello

dei «fatti concreti».

L’opportunità viene colta in

modo eccellente, avviando

un flusso propagandistico

che dipinge i nemici - da

questo momento in poi

spregiativamente gli «Unni»

- come nient’altro che

barbari distruttori.

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Motivazioni

Le atrocità compiute in Belgio hanno quindi un autore ben preciso ma motivazioni assolutamente irrazionali e oscure; gli “Unni” cioè stuprano, torturano e mutilano per sfogare la loro bestialità e uccidono senza ragione. L’8 gennaio 1915 il Times scrive: «Le storie di stupro sono così orribili da non poter essere pubblicate se non per la necessità di mostrare fino in fondo l’indole delle bestie selvagge che combattono sotto la bandiera tedesca».

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Strumenti

Queste famigerate «storie di atrocità», un misto di ansia, fantasia popolare e disinformazione che fa parte dell’armamentario di ogni guerra, assumono nella circostanza una forza mai vista, proprio in virtù della cassa di risonanza offerta dalla stampa di massa, capace di alimentare una specie di isteria collettiva.

Il Kaiser chiede la benedizione

di Dio su atti come questo

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Strumenti

Il veicolo privilegiato del torrente dell’orrore sono le riviste illustrate, tra cui spicca The War Illustrated. A Pictorial Record of the Conflict of the Nation, pubblicata da William Berry (poi Visconte di Camrose), proprietario del Daily Telegraph, a partire dal 22 Agosto 1914,che, con altre pubblicazioni dedite al patriottismo più sensazionalista, costituisce per tutta la durata della guerra una fonte inesauribile di nefandezze.

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StrumentiIl Capitano Reginald James Young guadagna la

Military Cross durante la battaglia della Somme (1916)

La rivista ospita anche corrispondenze di guerra di Luigi Barzini Sr. e Hamilton Fyfe, offrendo descrizioni di azioni eroiche degne della Victoria Cross e articoli di firme come Winston Churchill e H. G. Wells, acquisendo grande popolarità e raggiungendo le 750.000 copie.

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Strumenti

Ma il vero asso nella manica sono le foto e soprattutto le

illustrazioni, tra cui notevoli quelle di Stanley Wood che

drammatizzano (o, in qualche caso, inventano) notizie

sulle truppe germaniche, anche se dal 1916 in poi si

presterà maggiore attenzione al controllo delle notizie.

«Che cosa comporta la ‟civilizzazioneˮ

tedesca»

5 settembre 1915 - La desolazione di Vise, villaggio belga

al confine con la Germania.

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Storie di atrocità

L’«amor di patria» spinge anche

molti scrittori britannici a contribuire

alla diffusione delle storie. William

Le Queux, autore di romanzi

popolari, descrive l’esercito tedesco

come “una grossa banda di Jack lo

squartatore” e descrive in modo

esplicito e dettagliato governanti

nude impiccate, bambini infilzati con

la baionetta, grida di donne morenti,

stuprate e orribilmente mutilate dai

soldati tedeschi, che tagliano mani,

piedi e seni alle loro vittime.

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Storie di atrocità

All’interno dell’orrendo campionario trovano posto anche episodi curiosamente orrendi, come questo tranello tanto astuto quanto spregevole. I tedeschi si avvicinano a una trincea britannica simulando un corteo funebre, con tanto di prete. Quando l’ufficiale inglese fa levare in piedi i soldati per un rispettoso saluto, gli infami assassini aprono il fuoco.

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Storie di atrocità

Oppure le offese allo spirito religioso. Sapendo che le persone normali non sparerebbero mai su un simbolo sacro, i tedeschi hanno profanato questo crocefisso facendone un osservatorio per dirigere il tiro dell’artiglieria. La didascalia conclude con un amaro commento sulla loro ricerca di «un sacrilego rifugio fra le braccia spalancate di quel Cristo che crocifiggono di nuovo ogni giorno».

Orrendo abuso tedesco di un

crocefisso lungo la strada

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Storie di atrocità

Nulla si salva dal passaggio delle orde germaniche:

«Autorizzate dal vertice, ecco le razzie nei più deliziosi

castelli belgi e francesi, depredati da ladri che hanno la

brama di possesso ma non le facoltà di apprezzare i

tesori».

La campagna di saccheggio

sotto la tutela degli Hoenzollern

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Storie di atrocità

Il 26 dicembre 1914 The War Illustrated pubblica uno

special in cui ammucchia ogni sorta di crimine tedesco

sotto le etichette più sprezzanti, parlando apertamente di

«guerra terroristica» e di violenza su donne, vecchi e

bambini.

Guerra di terrorismo contro

vecchi, donne e bambini

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I francesi non sono da meno e, ripescando molti luoghi

comuni già usati nel 1870, presentano i tedeschi come

un’infame orda di barbari che devastano chiese e

ospedali, se la prendono con donne e bambini e non

rispettano nessuno, neanche la Croce Rossa.

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Invenzione

A parte gli assist forniti a iosa

dagli stessi tedeschi - in un

clima ancora «vergine» che

mescola ingenuità e malizia -

la stampa e la propaganda

alleate, prese da un febbrile

accanimento, non arretrano

più di fronte a nulla e

spacciano regolarmente al

pubblico storie «bizzarre» a

forti tinte gotiche, in cui

nessun confine dell’orrore

può resistere a lungo.

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Le uccisioni si susseguono ormai al di fuori di ogni umanità. Una suora belga viene legata al batacchio delle campane e spappolata a morte dal loro suono;bimbetti inermiarmati di un fuciletto di legno, sono massacrati senza pietà.

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Gli stupri vengono perpetrati con violenza sempre più

estrema e con scenografico compiacimento, in massa e

in pubblico, davanti a parenti e amici; lo scempio dei

cadaveri si arricchisce, specialmente per i bambini, con

l’amputazione delle mani e il cavamento degli occhi.

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La storia dei bambini belgi con le mani tagliate, in particolare, circola per tutta Europa prima di migrare negli Stati Uniti. Iniziano i francesi a lanciare allarmi sul fatto che i tedeschi taglino le mani dei piccoli belgi per impedirgli di combattere per la Francia, e viene diffusa un’immagine del Kaiser con un’ascia, insanguinato, che, tra pile di mani tagliate, da dietro un massoprega una donna di consegnargli i bambini che porta con sé.

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Non ci devono essere dubbi!

I giornali tedeschi negano

tutto, com’è ovvio, ma le tinte

delle storie sono talmente forti

che anche quelli americani

iniziano a metterne in dubbio

la plausibilità, e il fatto che il

Press Bureau le lasci circolare

mette anche il Governo in una

posizione esposta. Bisogna

fare qualcosa per rassicurare

l’opinione pubblica mondiale

sulla reale consistenza di

queste storie scabrose.

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Nel corso del 1915 perciò la propaganda inglese intraprende un altro passo decisivo e alza la posta, andando oltre i semplici pamphlet e cercando di «formalizzare» le accuse alla Germania mediante la promozione di un’inchiesta governativa che sfocia nella pubblicazione di un rapporto ufficiale.

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Invenzione

Poi, mentre i tedeschi riescono in qualche modo ad

arginare l’ondata di violenza che hanno scatenato, la

macchina propagandistica alleata, una volta incapsulata

l’occupazione del Belgio nel suo tragico sudario, non

riesce a fermarsi e la ricerca delle tracce della belva

tedesca continua, utilizzando due piste consolidate: lo

sfruttamento degli eventi «favorevoli» e la fabbricazione

di storie raccapriccianti entro campagne di

«disinformazione» più o meno sistematica.

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Grace Hume

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La foto, come chiarisce la didascalia originale, si riferisce

a un Pogrom compiuto a Odessa nel 1905.

Ma ecco come appare su Le Miroir nel febbraio 1915. Il

titolo è “I crimini delle orde tedesche in Polonia” e la

didascalia col riferimento alla Russia risulta tagliata.

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Canadian

golgota

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La «fabbrica dei cadaveri»

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Arrivano gli Americani!Alla fine, quando la guerra sta per concludersi, la propaganda americana oscura tutte le altre. Tuttavia, il danno è già stato fatto. Il sorgere della propaganda durante la prima guerra mondiale fissa gli standard per quelle che verranno e sancisce l’inganno dei civili e la demonizzazione del nemico.

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Lo stupro

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La demonizzazione del nemico viene subito identificata da Lasswell come una strategia tra le più efficaci per mobilitare le masse in tempo di guerra. Il mezzo principale per conseguire l’obiettivo sono le atrocità nemiche, il cui racconto dovrebbe indurre odio e desiderio di vendetta. «Una regola pratica per accendere l’odio, se il pubblico non s’inferocisce subito» ha scritto Lasswell «è il ricorso all’atrocità, come si è fatto, con immutabile successo, in ogni conflitto conosciuto dall’uomo».

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Edward Bernays, che dirigeva la propaganda verso l’America

Latina, ammise apertamente che i suoi colleghi usavano le

supposte atrocità per provocare lo sdegno dell’opinione

pubblica.

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Afferma ancora Lasswell: «Nella maggior parte delle nazioni, le resistenze psicologiche alla guerra sono così grandi che ogni guerra deve sembrare una guerra di difesa contro un aggressore minaccioso e sanguinario. Non ci devono essere ambiguità su ciò che il pubblico deve odiare”.

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«A differenza del pacifismo, che sostiene che tutte le guerre sono brutali, la storia di atrocità sostiene che la guerra è brutale solo quando la fa il nemico». È più facile uccidere un mostro che un essere umano.

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«Non bombe o pane ma parole, immagini, canzoni, e molti

altri strumenti simili sono gli strumenti tipici della

propaganda». Secondo Lasswell, «la propaganda si basa sui

simboli per raggiungere i suoi fini: la manipolazione degli

atteggiamenti collettivi». [...] Poiché i propagandisti tentano “di

darti il pensiero di altri”, essi preferiscono i messaggi indiretti

alle argomentazioni esplicite e aperte.

Durante la guerra il CPI assolse il compito rivolgendo calibrati

appelli emotivi, demonizzando la Germania, collegando la

guerra agli obiettivi dei vari gruppi sociali e, quando

necessario, mentendo spudoratamente.

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L’eccitazione emotiva è la tecnica preferita dai propagandisti,

perché “ogni emozione può essere “travasata” dentro ogni

attività per mezzo di un’abile manipolazione. [...] Slogan di

guerra come “Belgio insanguinato”, “Kaiser criminale”

e “Mettere il mondo al sicuro per la Democrazia” dicono che il

CPI non era estraneo a questa idea. Prove di questa tecnica

possono essere rinvenute in un tipico poster di propaganda

che ritrae un soldato tedesco aggressivo e con la baionetta

sopra la scritta “Caccia via l’Unno con i “Buoni della Libertà”».

In questo esempio l’emozione dell’odio e della paura è

incanalata verso l’adesione ai prestiti di guerra.

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È un interessante notare che molti analisti attribuiscono il

fallimento della propaganda tedesca in America al fatto che

essa abbia privilegiato la logica sulla passione. Secondo il

Conte von Bernstorff, «la caratteristica rilevante

dell’americano medio è piuttosto un grande ma superficiale

sentimentalismo», e gli indirizzi tedeschi alla stampa hanno

completamente fallito nell’afferrare questo fatto.

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Lasswell riassume così i sentimenti di molti che si

sentirono vittime: «Ingannati dalla propaganda? Se

è così, essi si agitano nella consapevolezza che

erano cieche pedine in piani che non conoscevano

e che non avevano ideato, né compreso, né

approvato».

Le vie di comunicazione devono essere intasate di

eventi traumatici (chef coinvolgano) donne,

bambini, vecchi, preti e monache, e su aberrazioni

sessuali, prigionieri seviziati e civili mutilati. (1974

[1927]::81–82)

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Alcune di queste storie che circolarono durante la guerra,

come quella dei cesti di occhi o del bambino di sette anni chef

affronta I tedeschi col fuciletto di legno furono effettivamente

riciclate da conflitti precedenti. [...] “una giovane donna,

violentata dal nemico” egli scrisse “accende

una soddisfazione segreta in una massa di aspiranti

violentatori al di qua della linea del fronte”. Nel suo lavoro,

Lasswell ipotizza che queste storie di atrocità saranno sempre

popolari perché il pubblico è capace di provare indigazione

ipocrita verdo il nemico e, allo stesso livello, identificarsi con I

perpetratori dei crimini.

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Quando decisi di occuparmi dello stupro nella Prima guerra mondiale, certamente non c’era nel catalogo della Biblioteca la voce “Stupro nella prima guerra mondiale”. Un bibliotecario suggerì di guardare “prima guerra mondiale-atrocità” e così feci, trovando una straordinaria quantità di informazioni, città per città; man mano che l’esercito tedesco avanzava (…) c’erano racconti di stupri.

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Essi calavano col progredire della guerra, ma poi ho capito, leggendo molto sulla grande guerra, che il metodo di combattere cambiò molto in quella guerra, dall’avanzata dei tedeschi in Belgio alla guerra di trincea. In quella situazione c’erano meno stupri perché gli uomini si stavano ammazzando l’un l’altro sul terreno dove avevano scavato le loro trincee. Questa fu una grande rivelazione.

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Ma ho anche trovato

questo libro di Lasswell, in

cui l’autore concludeva che

era solo propaganda (…)

per guadagnare le simpatie

della gente alla causa

alleata. Questa era la sua

conclusione. Egli

respingeva tutti quei

rapporti di stupro.

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Quando è stato pubblicato il mio libro, qualcuno scrisse un articolo, che il New York Times fu felice di pubblicare, in cui diceva: “Miss Brownmiller si sbaglia. Howard Lasswell condusse uno studio e affermò che si trattava solo di propaganda». Così l’idea di Lasswell (lo stupro in guerra era solo un mezzo propagandistico) aveva una sua consistenza diffusa in quello che io chiamo “immaginario maschile”.

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In un recente articolo, Emily

Robertson (University of Canberra)

polemizza con la Gullace perché

finisce per avallare, sottolineando

la esagerazione propagandistica

delle atrocità, una posizione

«negazionista» rispetto al carico di

violenza effettivamente sopportato

dalla popolazione civile (e dalle

donne in particolare, in chiave

femminista) durante il conflitto.

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Citando solo di sfuggita gli attacchi contro città inermi, la

Gullace «suggerisce l’idea che gli attacchi alle città

fossero semplicemente una parte di una narrazione semi

inventata dai propagandisti britannici che “giocavano

abilmente con i sentimenti umanitari” piuttosto che eventi

reali con serie conseguenze sui civili disarmati. (pp. 737–

738).

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«Concentrandosi solo sulla violenza sessuale in Belgio», e tralasciando i manifesti inglesi che stigmatizzavano gli attacchi contro civili britannici, la Gullace trascura «il più ampio contesto storico nel quale la propaganda di atrocità su stupri e omicidi di donne era prodotta e ricevuta». Le accuse ai tedeschi di aver deposto la loro umanità in Belgio diventa infatti molto più credibile quando le loro navi attaccano piccole e indifese città britanniche.

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I raid degli Zeppelin in Gran Bretagna rendono credibile

l’idea chef I militari tedeschi abbiano poco rispetto per le

vite dei civili. Durante la guerra I bombardamenti

uccisero 1413 cittadini britannici e ne ferirono 3408, per

la maggior parte civili. È un numero significativo e, come

ha notato James Morgan Read, galvanizzò il

reclutamento (1941:192). Questa credenza nel

contenuto della propaganda di atrocità aiuta il governo a

motivare la popolazione a sopportare e sostenere una

guerra lunga e inesorabile ed è condivisa da molti degli

stessi propagandisti.

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«La propaganda di atrocità della

Grande Guerra è perciò molto più

che una semplice raffica di

messaggi fabbricati dal governo per

manipolare la popolazione. La

perdurante convinzione degli storici

che la propaganda delle atrocità

fosse intrinsecamente mendace è

estremamente problematica,

particolarmente per l’eredità

storiografica che ha lasciato sul

fraintendimento dei motivi per cui la

gente comune sostenne la guerra».

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Rifiutando il modello ipodermico e adottandone uno più

complesso che riconosce la propaganda come

storicamente situata, si allarga il punto di vista sulla

propaganda nella prima guerra mondiale: non solo una

serie di bugie, ma la raffigurazione di azioni militari reali

condotte dai tedeschi contro i civili, come provato dai

poster sugli attacchi alle città britanniche. Inoltre non si

inventa gli stupri di donne belghe da parte dei soldati

tedeschi, perché questi sono anche accaduti.

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La Propaganda di guerra è pertanto un’importante fonte

per gli storici moderni perché «riflette le profonde e

durevoli convinzioni morali nutrite al tempo sia dalla

popolazione che dal governo su come doveva essere

condotta la guerra, con al centro l’idea che i non

combattenti dovevano essere immuni dalla violenza

militare. L’odio non fu quindi la sola emozione cui

attingono i propagandisti per alimentare una guerra nella

quale rompere il vecchio ordine europeo e modellare il

mondo del XX secolo (Strachan, 2003: 332). Per quanto

malriposto, era guidato anche da un senso del dovere.

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Bibliografia

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Story of World War 1

Jeff Lipkes, Rehearsals: The German Army in Belgium,

August 1914 (Leuven University Press, 2007)

John Horne e Alan Kramer, «German “Atrocities” and

Franco-German Opinion, 1914: The Evidence of German

Soldiers’ Diaries», Journal of Modern History(1994) 66#1

pp. 1-33 in JSTOR

John Horne e Alan Kramer, German Atrocities, 1914: A

History of Denial (Yale University Press, 2001)

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Bibliografia

Robert L. Nelson, «“Ordinary Men” in the First World

War? German Soldiers as Victims and Participants»,

Journal of Contemporary History (2004) 39#3 pp. 425-

435 in JSTOR

Trevor Wilson, «Lord Bryce’s Investigation into Alleged

German Atrocities in Belgium, 1914-1915», Journal of

Contemporary History (1979) 14#3 pp 369–383 in

JSTOR