Presentazione del Comune di Caorso · dotazione di acque sia per il controllo delle terre comprese...

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COMUNE DI CAORSO Provincia di Piacenza Presentazione del Comune di Caorso

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COMUNE DI CAORSO Provincia di Piacenza

Presentazione del Comune di Caorso

Caorso, centro capoluogo del Comune di Caorso sito in Emilia Romagna, Provincia di Piacenza, in confine

con Piacenza capoluogo superficie Kmq. 40,95 altitudine m. 42 slm residenti 4.483 confina con il Comune di

Piacenza, il fiume Po che divide la Regione Emilia Romagna dalla Lombardia, il Comune di Monticelli

d’Ongina, il Comune di Cortemaggiore e il Comune di Cadeo.

Già teatro di insediamenti neolitici, Caorso si colloca sull’antica direttrice della via consolare che da Genova, attraverso Piacenza e Cremona, giungeva ad Aquileia, segnando uno dei limiti della conquista romana verso nord. Donato dai Visconti a Ottone Mandelli, la famiglia ne detenne il possesso del castello, qui collocato, fino al XIX secolo. Le più antiche attestazioni di Caorso risalgono alla prima metà del IX secolo che compaiono in due atti di vendita e altrettante donazioni di terreni vicino al Nure. Il toponimo Caorso, nelle forme Caput Orsi e Caput Ursi, documenta da un lato l’esistenza nei primi anni del IX secolo di un abitato, chiamato appunto Caorso, e dall’altro la sua probabile ascendenza romana. Rimane tuttavia aperta la questione se il nostro Caput Ursi dall’evidente significato di ‘Testa d’Orso’ facesse riferimento alla somiglianza fisica del luogo alla testa dell’animale o piuttosto all’esistenza sul territorio di immagini che la raffigurassero. Caorso è la storia di un paese padano che conserva interessanti monumenti e testimonianze artistiche dell’epoca medioevale e delle successive. Un’altra antica leggenda racconta che nell’anno 820 due sorelle di Podone, Orsa e lmelde, avrebbero fatto erigere a loro spese la chiesa e le prime case che, dal nome di una delle due donne, si sarebbero chiamate Cà dell’ Orsa, abbreviata poi in Caorso. Sul territorio sorge la ora dismessa Centrale Elettronucleare ‘Arturo’. Fondamentali per l’economia locale sono l’agricoltura, l’industria, la ricerca energetica e l’innovazione tecnologica. Il comune di Caorso comprende le frazioni di Fossadello, Muradolo, Roncarolo e Zerbio. Nei secoli dopo il Mille la storia del borgo si identifica a grandi linee con il suo fortilizio. Nei secoli XIII - XIV il complesso fece parte dello Stato Pallavicino per passare poi, nel 1385, ai Visconti che lo davano in feudo ad una nobile famiglia longobarda, i Mandelli. Inizia un’investitura, più volte rinnovata, qualche volta interrotta, che giunge fino all’ Ottocento quando nel 1827 muore il marchese Bernardino Mandelli, filantropo e benefattore, che lascia tutti i suoi possedimenti agli Ospizi Civili. Oggi, l’imponente e suggestiva Rocca Mandelli è sede del municipio e degli uffici comunali.

Caorso è un Comune che sta acquisendo una sua particolare personalità e che è caratterizzata da sviluppi

turistici d’affari e da significativi elementi di attrattività turistica sotto il profilo religioso, storico, artistico,

archeologico e naturalistico.

Il Comune offre diversi servizi, sia viabilistici (stazione ferroviaria, casello autostradale) assistenza ospedaliera (la vicinanza di ospedali raggiungibili con un sempre operativo centro di assistenza della CRI) alberghi, ristoranti e manifestazioni a carattere culturale, artistico, sportivo e ricreativo.

Caorso è:

LA ROCCA MANDELLI

Non si hanno riferimenti documentari precisi sulla fondazione del castello nelle forme attuali, ma scorrono alcune antiche menzioni.

Il cronista piacentino Codagnello, già più volte citato, afferma che un castello fu eretto nel 1205 ad opera dei piacentini per

contrastare le scorrerie da nord, in particolare portate dai cremonesi, che infatti nel 1214 occuparono e distrussero il borgo.

Il castello esisteva anche nel 1258, quando vi si rifugiarono i partigiani di Oberto Pallavicino, cacciato da Piacenza da Alberto

Fontana. La situazione politica dei Comuni, che si era normalizzata con la pace di Costanza (1839), era infatti ridiventata fluida con il

formarsi della seconda lega (1269), per cui Piacenza si alleò con Milano, mentre Parma, Reggio, Modena e Cremona si allearono con

l’Imperatore. Nulla dunque, impedisce di ammettere che già nel duecento esistesse un castrum, un castello a presidio del borgo, ma

non è certo l’edificio oggi esistente, La Rocca.

Essa è da ricondursi verosimilmente agli anni immediatamente successivi alla data di infeudazione di Ottone Mandelli delle terre di

Caorso da parte di Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano, il 7 aprile 1383. Il dominio di un’area geografica così importante, sia per la

dotazione di acque sia per il controllo delle terre comprese tra la via Emilia e il Po, veniva assegnata al discendente di una famiglia

che aveva ripetutamente e fedelmente servito la causa dei visconti, ricoprendo la carica di Podestà di Piacenza.

Era un atto importante per l’assestamento della signoria viscontea sulla città e sul contado piacentino, e se si pensa che proprio 10

anni prima, nel 1373, era stata costruita la cittadella di Piacenza detta “di Fodesta o di Po”, massimo esempio di autorità militare e

politica viscontea sul luogo. Proprio tra la fine del trecento e i primi decenni del quattrocento con l’avvento di Francesco Sforza nel

territorio piacentino cessarono gli scontri violenti e interminabili tra le fazioni opposte. Come si è visto, i Mandelli ricevettero

conferma dell’investitura e dei privilegi nel 1422 dai duchi Filippo Maria Visconti e Francesco Sforza rispettivamente nel 1422 e nel

1449, anno in cui ricevettero anche il titolo nobiliare e la separazione e la giurisdizione di Piacenza, cui mantennero fino

all’estinzione della famiglia con Bernardino nel 1827. Alcune vicende della famiglia Mandelli sono state trattate in alcuni studi, ma il

fondo riunito presso l’Archivio di Stato di Piacenza potrebbe anche contenere notizie sulle vicende di Caorso, visto che la storia dei

Mandelli si intreccia con quella del borgo.

Un disegno rinvenuto da Marzio dell’Acqua eseguito nel secolo XIX, su modello della seconda metà del sec. XV dà informazioni

nuove e straordinarie. A parte la conformazione del castello con quattro torri, il mastio e il ponte levatoio, il cui aspetto si conserva

tuttora, il dato interessante riguarda l’esistenza di un doppio fossato: uno circostante il castello e un altro più largo e ondulato che

delinea l’area militarizzata attorno al castello stesso. Si notano infatti 8 “casamenti” (di cui quattro con torretta di avvistamento) che

costituiscono gli alloggi delle guardie dislocate in zone limitrofe al castello. Il secondo fossato è accessibile solo da un ponte levatoio

segnato a sud e presidiato da un corpo di guardia esterno.

L’esistenza del secondo fossato è da mettere in relazione certamente agli anni vicini all’acquisto del Canale Mandelli (1481) e del suo

parziale utilizzo per scopi di munizione militare, attraverso la deviazione di acque. Tale tracciato dell’alveo si può ancora ricostruire

sulle mappe catastali postnapoleoniche.

Nelle carte dell’Archivio Mandelli si possono ritrovare notizie utili sul periodo indicato; successivamente il castello perderà la sua

precipua funzione militare, se si pensa che il conte Bernardino nel 1509 fece costruire, o adattare, l’ampia sala al piano terreno sul

fronte sud (che oggi è utilizzata come aula del consiglio comunale), come attesta la chiave di volta con lo stemma in marmo dei

Mandelli e il nome di Bernardino conte. Se si analizza la tipologia della rocca, si notano l’impianto a base quadrangolare con quattro

torri angolari quadrate, di cui quelle agli angoli nord - ovest e sud - ovest più grandi, e il massiccio mastio (o dongione) alto e situato

in modo asimmetrico verso il fianco orientale.

Le trasformazioni della rocca in residenza nobiliare nel corso del sec. XVII impediscono di leggere la continuità delle superfici delle

cortine e delle torri, nelle quali sono state aperte serie di finestre, tuttavia sono rimasti diffusamente segni originali: ad esempio il

forte avancorpo d’ingresso, sul quale si notano ancora gli incavi per i bolzoni del ponte levatoio, che rinviamo alla preesistenza del

fossato conservato ancora nel 1836. L’avancorpo è stato rimaneggiato con la costruzione di una finestra centrale con balcone e da

una cuspide di tipo settecentesco, che rialza e rende meno severa la facciata e ospita l’orologio e due campane.

La torre di sud - ovest è suddivisa in 3 piani ed è servita al suo interno da una stretta scala a chiocciola in cotto, verso l’interno. Lo

schema quadrato della torre è assimilabile a quello prevalente dei castelli parmensi e in generale emiliano - romagnoli, di cui quello

di Ferrara (1385) sembra l’archetipo.

Il castello di Caorso si allontana dal tipo della cittadella di piacenza con torri rotonde (ripreso invece da quello di Monticelli d’Ongina,

eretto dai Pallavicino agli inizi dei quattrocento e terminato alcuni decenni dopo) e si avvicina ai modelli emiliani. Il tipo di cornice ci

coronamento in cotto a dente di sega è invece molto diffuso nell’architettura trecentesca piacentina.

Un elemento molto interessante è il mastio , sormontato da un torresino ottagonale merlato, il punto più alto di avvistamento.

L’imponente mastio presenta l’apparato a sporto, formato cioè da beccatelli (mensole) e archetti sporgenti (caditoi), dai quali

originariamente dovevano essere lasciati cadere materiali di difesa (liquidi o semiliquidi) per impedire la scalata delle mura.

La scansione dello sporto è dimensionalmente vicina a quella del castello di Monticelli con gli sporti su tutto il perimetro. Questo

sistema costruttivo migliorava notevolmente il livello di protezione degli assediati che potevano colpire senza esporsi agli assalitori;

con la successiva introduzione delle armi da fuoco, però, gli sporti dovettero essere particolarmente irrobustiti per resistere ai colpi

di proiettili. Tutte queste osservazioni tipologiche concorrono a datare la costruzione della rocca verso la fine del trecento, cioè nella prima fase di costruzione dei numerosi castelli piacentini e parmensi.

Si è accennato alla trasformazione della rocca in residenza signorile nel corso del sec. XVII, come avvenne per la maggior parte dei

castelli, che avevano da tempo perduto la funzione di centro giurisdizionale e militare del feudo e che venivano resi residenze

animodernate per la famiglia tenendo a modello il palazzo nobiliare cittadino: apertura di finestre, applicazione di balconi e di logge,

ampliamento delle scale, decorazioni a fresco degli interni, copertura delle torri e dei camini di ronda delle cortine.

Fino ai primi anni dell’ottocento i dintorni della rocca consistevano in terreni coltivati con alberi e viti, che creavano una netta

separazione tra il borgo e la dimora dei Mandelli, come si può vedere dai due rilievi inediti qui pubblicati. Essi divennero poi aree

fabbricabili e la distanza “storica” tra castelli e abitato si ridussero a zero.

Alla morte di Bernardino Mandelli, la rocca perse le sue caratteristiche di abitazione signorile per essere adibita, in parte , ad

ospitare istituzioni pubbliche: nella seconda metà del secolo è infatti affittata dal Comune come sede degli uffici delle Scuole

elementari, come si è visto prima; la proprietà era passata al Demanio dello Stato, pur mantenendo qualche servitù per gli Ospizi

Civili di Piacenza.

Nell’inventano dei beni demaniali del 1903 l’edificio è così descritto:

“Stabile denominato Rocca di Caorso, proveniente dall’ex — feudo Mandelli, situato all’estremità occidentale della borgata di Caorso

in prossimità della strada Provinciale che da detta Borgata mette a Piacenza. Si compone del fabbricato della Rocca e della striscia di

terreno che la circonda corrispondente all’antica fossa di circonvallazione ecc.”. La pratica per l’acquisto fu avviata tra Comune e

Intendenza nel 1897, con richiesta del Comune di acquistare l’antico immobile ad un prezzo inferiore a quello stimato (£. 20.000), in

quanto occorrevano onerosi lavori di risanamento e di restauro. Prendendo atto della risposta negativa dell’intendente sulla

riduzione del prezzo, il Comune deliberò l’acquisto il 10 agosto 1903, ma la registrazione del contratto si protrasse ancora per cinque

anni. Nel 1904 fu concesso dalla Cassa di Risparmio di Piacenza un prestito della cifra sopra indicata, da restituirsi in 25 anni.

Intanto si stava approntando un piano generale di ristrutturazione della rocca, nella cui impostazione si teneva conto dei numerosi

rilievi sollevati dalla Prefettura, dal Genio Civile, dal Provveditorato agli Studi.

In particolare la Prefettura condizionò l’acquisto al mantenimento delle quattro torri nelle condizioni del momento contrariamente a

quanto si era proposto, cioè di tenerne soltanto due.

Il progetto esecutivo dei lavori affidato all’Ing. Enrico Rossi riguardò: 1) costruzione di un edificio rustici a nord del cortile della Rocca; 2) demolizione di un magazzino e muro di cinta a nord della Rocca; 3) costruzione: a) di due muri di sostegno avanti e lateralmente all’edificio; b) di latrine con ballatoio all’angolo nord del braccio di ponente della Rocca; c) lavori diversi. 4) sistemazione e riduzione dei locali del braccio a ponente della rocca per alloggio del Medico; 5) rifacimento e riparazione tetto.

Si danno informazioni per sommi capi. Furono fatte nuove fondazioni a tutti i muri dell’edificio, con materiali provenienti dalle

demolizioni; tutti i muri dalla scarpa al primo piano furono risistemati e irrobustiti con medesimi materiali di recupero.

Furono restaurati anche i muri delle scuderie, della rimessa, del magazzino, i pilastri del fienile, distribuite probabilmente lungo le

due ali interne, mentre alcuni pavimenti furono rifatti con tavelloni e gettate di cemento.

Sulle facciate andarono intonacate civile a calce e le inferriate per le finestre del piano terreno.

Tra “i lavori diversi eseguiti” vanno ricordati: demolizione di murature all’angolo nord — ovest e ricostruzione dell’angolo per farvi

un pollaio; ricostruzione dell’angolo di nord — est e adattamento lei locali dell’ala ovest ad uso di abitazione e ambulatorio del

medico, con rifacimento dei pavimenti con mattonelle di cemento (ottagonale bianche, quadrette ed esagonette rosse) e dei

serramenti. Anche le due torri furono oggetto di rilevanti interventi. Del torrione viene demolito il tetto, ricostruito il torresino al piano di merlatura su tracce preesistenti, riaperte due finestre a sud, riparati i merli. Alle torrette di sud - est e di nord - est viene demolito il tetto, costruito il soffitto, riparati i merli. Infine si costruisce il camerino e il foro circolare per l’orologio sulla facciata. I lavori di restauro insomma si ispirarono al criterio della conservazione degli elementi esistenti e al consolidamento statico e sono oggi da ritenersi corretti e validi. Due anni dopo fu intrapreso un secondo intervento, diretto dall’ing. Giovanni Gazzola, che interessò l’adattamento di locali sul lato orientale ad uso abitativo. E’ questo il momento in cui scompare l’ala interna, costruita da un porticato al piano terreno e da una serie di locali al primo piano.

- DESCRIZIONE DELL’ EDIFICIO

L’edificio denominato “La Rocca e situato nell’abitato di Caorso in posizione occidentale rispetto al centro e domina la piazza che da esso prende il nome: Piazza della Rocca. La sua facciata principale domina appunto l’ampia Piazza mentre le facciate est ed ovest insistono sulla via O. Mandelli. Esso ha un’area verde (ex fossato) con alcuni alberi ad alto e medio fusto disposti lungo le vie pubbliche.

L’Edificio si presenta con una tipologia a base quadrangolare con quattro torri a base quadrata agli angoli, di cui quelle a nord-est e sud-ovest più grandi ed inoltre presenta un alto e importante mastio (o dongione) ubicato in modo asimmetrico verso il lato est. Nella facciata si evidenzia un avancorpo dove sono visibili gli incavi per i bolzoni del ponte levatoio ed una cuspide settecentesca che incorpora l’orologio e due campane. Le sue facciate esterne ed interne laterali sono ritmate da finestre regolari. Per la severità delle sue facciate secondarie delle Torri d’angolo e specialmente per quella principale in cui il mastio recita una parte preponderante, l’edificio possiede una decorosa bellezza che è degna di essere riportata allo stato originario. Le sue dimensioni massime d’ingombro sono in pianta di m. 47x48. E’ cantinato solo parzialmente nell’ala occidentale ed ha tre pieni più due ammezzati.

- STATO ATTUALE DELL’ EDIFICIO

Dalla sua costruzione, come si legge nelle note storiche, numerose sono state le variazioni e spesso le manomissioni. Da molti anni a questa parte, la manutenzione è stata mantenuta al minimo indispensabile, salvo il rifacimento del tetto, il consolidamento delle volte e un modesto intervento alla facciata principale, per cui il fabbricato si trova in uno stato di degrado rilevante.

- STRUTTURE DELL’ EDIFICIO

Le strutture dell’edificio sono costituite da fondazioni continue massicce sulle quali insistono delle murature in mattoni pieni a spessori variabili ma sempre Consistenti e ben conservati. Il sistema orizzontale è costituito da volte salvo che in alcuni vani dove vi sono solai in legno. In legno è anche il tetto recentemente rifatto secondo il sistema originario a capriate. I collegamenti verticali avvengono principalmente attraverso tre vani scala distribuiti sul perimetro dell’edificio oltre ad alcune scalette ubicate nelle torri. Vi sono varie lesioni localizzate visibili specialmente laddove le murature sono prive di intonaco, tutte comunque rimediabili attraverso un attento intervento. Vi sono da rilevare tra queste lesioni quelle alle parti alte del mastio e del torresino oltre alla sfaldatura delle cornici sottostanti ai cornicioni sia di due torri che di porte della facciata sud.

MEZZANINO LATO PIAZZA

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Gli affreschi sono stati rinvenuti in un vano posto sopra un ambiente della Rocca oggi non più utilizzato dall’Amministrazione Comunale. Purtroppo vi si accede con difficoltà da una ripida scala non illuminata alquanto stretta e il vano stesso ha un’altezza alquanto ridotta ed è sprovvisto di illuminazione, eccezione fatta per la luce che entra da una piccola finestra. Il piccolo ambiente prevede un’interessante decorazione ad affresco che si dipana su tutte e quattro le pareti. Sull’architrave esterno della porta che dà accesso all’ambiente si è riscontrata una scritta purtroppo solo parzialmente leggibile, che però ha rilevato la data 1606 che può essere ritenuta come anno ante quem l’esecuzione degli affreschi stessi. Gli affreschi di fattura un poco popolaresca e chiaramente riconducibili ad artista provinciale piacentino che rimane attardato su

schemi tardo-manieristi di fine Cinquecento sono tuttavia piacevoli per la loro semplicità narrativa e la strutturazione compositiva chiara, inquadrata per lo più in cartigli quadrati svolazzanti di colore rosso scuro. Sulle due pareti corte sono raffigurate l’Annunciazione interrotta da una finestra murata e su quella opposta la stigmatizzazione di

San Francesco d’Assisi. La parete lunga interrotta da una finestra ospita quattro riquadri con da sinistra verso la Tentazione di Gesù nel deserto ad opera del demonio travestito da angelo, la Nascita della Vergine, ambientata entro la canonica stanza da letto ove una fantesca fa asciugare al

fuoco un panno ed altre tre donne in primo piano accudiscono la Vergine fanciulla, la Presentazione al tempio con il sacerdote in primo piano e il Presepio, scena purtroppo alquanto rovinata. Sulla parete di fronte altre tre scene sono inquadrate nei medesimi cartigli: dal fondo verso la porta d’ingresso la Visitazione della

Vergine a Sant’Anna, la Fuga in Egitto con la Vergine raffigurata nell’atto di allattare il Bambin Gesù ed un angelo a sinistra che addita la strada da seguire e la Sacre Famiglia al lavoro in secondo piano che sta raccogliendo piccole fascine con cui riempie una gerla di vimini. Accanto alla porta d’ingresso è un altro riquadro con l’Ecce Homo, il Cristo rivestito dal mantello rosso e coronato di spine, mentre sulla rientranza del muro è raffigurata entro un arcone trionfale decorato a finte spechhiature marmoree, motivo ornamentale che inquadra fra l’altro anche la scena della Stigmatizzazione, una figura monumentale di scheletro, che impugna una grande falce, evidente raffigurazione simbolica della Morte, memento mori della fuggevolezza del viver umano. Sopra la finestra che si apre sulla parete lunga, decorata da bordure vegetali, è raffigurato al centro un ricco stemma, probabilmente allusivo alla famiglia nobiliare, che fece affrescare il piccolo ambiente. Lo stemma secondo quanto riportato da AA.VV., le antiche

famiglie di Piacenza e i loro stemmi, Piacenza, 1979, corrisponderebbe con quello della famiglia Arisi (p. 558), famiglia oriunda di Senna Lodigiana, ma che è però documentata solo sul finire del diciassettesimo secolo. Anche la porta d’accesso presenta i due stipiti decorati con una bordura vegetale, purtroppo alquanto abrasa ed in gran parte perduta. Quando l’identificazione del piccolo ambiente con l’oratorio della rocca ricordato nella visita apostolica Castelli del 1579, una camera inferiore a parte destra, (cfr. S. Maria Assunta di Caorso, Piacenza, 1998, p.193), non credo che l’ipotesi possa essere accolta in quanto che non vi sono certezze tali da poterla sostenere adeguatamente. Quanto al possibile uso ab antiquo dell’ambiente riscoperto è chiaro che si tratta di una piccola cappellina privata annessa alla Rocca in una fase di ristrutturazione degli ambienti, anche sel a ristrettezza del sito fa pensare che esso in origine potesse essere destinato ad una forma di devozionalità singola. La stessa decorazione dell’ambiente con storie dell’Infanzia del Cristo e della Vergine, insieme ad un memento mori e alla Stigmatizzazione di San Francesco, fa pensare ad una destinazione dell’ambiente per una devozione penitenziale. Per quanto concerne lo stato di conservazione degli affreschi, alcune scene in particolare presentano cadute di colore diffuso, alcune efflorescenze saline e varie fessurazioni, talvolta profonde, della parete muraria. Non sono presenti tuttavia tracce di interventi di restauro e di ridipinture, che abbiano contribuito ad alterare la leggibilità degli affreschi stessi.

“Dipinti murali rinvenuti nella

Rocca Municipale di Caorso (PC)”

OGGETTO Cappellina penitenziale dipinta (sec. XVII) a pianta rettangolare posta nel mezzanino nella parte di fronte alla piazza; sulla parete frontale è raffigurata l’Annunciazione, al centro è visibile un intervento di tamponatura dove poteva alloggiare originariamente una nicchia o un altare. Le altre pareti mostrano un impianto pittorico ripartito in 10 quadrature definite da decorazioni architettoniche e scandite da paraste a finto marmo. Sono così descritte scene cristologiche, mariane, scene di Santi. Un cornicione dipinto si apre su una volta a botte ribassata dipinta a guisa di cielo stellato. Nella zona inferiore le scene basano su una zoccolatura dipinta. Su due lati, si aprono due finestrelle con profonde strombature dipinte a finto marmo come pure nello spessore della porta d’ingresso. Le misure della cappella sono di seguito descritte graficamente e determinano un’area di intervento di circa 50,00m2.

Nota: misure in metri

Altezza max 1,8m Altezza min 1,3m

DESCRIZIONE SCENE (rif. foto)

A: Morte (foto 10) B: Scena Vangelo Apocrifo (foto 2) C: Scena non individuabile D: Scena non individuabile (foto 5) E: Annunciazione (foto 6,7,8) F: Nascita Gesù (foto 1) G: Presentazione al Tempio H: Nascita di Maria (foto 4) I: Scena non leggibile L: Santo (foto 9) M: Ecce Homo (foto 3)

Foto 1 – Nascita Gesù Foto 2 – Scena Vangelo Apocrifo

Foto 3 – Ecce Homo Foto 4 – Nascita di Maria Foto 5 – Scena non individuabile

Foto 6, 7, 8 – Annunciazione

Foto 9 – Santo Foto 10 – Morte Foto 11 – Stemma di famiglia nobile

Sono individuabili più tecniche pittoriche utilizzate: campiture stese a fresco per le tinte di base rifinite con pennellate di colori a calce, l’impianto architettonico illusorio sembrerebbe dipinto a secco così come la stesura temperosa del blu del cielo. La porta d’accesso sembrerebbe originale per struttura ed elementi metallici, è costituita da assi di noce di notevole spessore, foderata da una lamina di ferro fissato con chiodature.

STATO DI CONSERVAZIONE

Collocazione e problematiche conservative relative all’ambiente: La cappellina è ubicata al secondo piano di una rocca le cui origini risalgono al sec XIII. La stanza con un’altezza inferiore ai 2 metri non ha problemi di luce diretta, né di esposizione ad agenti atmosferici, bensì visto anche le minime dimensioni delle finestre, si dovrà valutare la possibile incidenza nel degrado di fenomeni di condensa e di ipoventilazione.

Gli strati pittorici

La superficie pittorica appare diffusamente abrasa sia per usura da sfregamento, che per interventi accidentali e volontari. In alcune zone l’abrasione è dovuta alla polverizzazione del film pittorico per impoverimento della tenacia adesiva del legante. L’offuscamento, tale da rendere difficoltosa la lettura delle immagini, è dovuto a un sistema di concause:

• un’opacizzazione e un velo bianco uniforme sono provocati da efflorescenze saline diffuse fortunatamente cristallizzate in pochi punti di aree non superiori ai 10-15 cm2;

• un ingrigimento generale è dovuto al fumo di candela che depositandosi ha cementato la polvere superficiale;

• alcune zone presentano annerimenti da bruciature per contatto con le fiamme da illuminazione;

• la coesione della pellicola pittorica varia secondo le diverse tecniche utilizzate: mediamente ottimale sull’architettura dipinta, mentre sul cielo della volta il pigmento è completamente decoeso con fenomeni di spolveramento. L’adesione all’intonachino è buona. Le lacune sono piccole e diffuse.

Strati di intonaco e arriccio.

Tutta l’area della cappella è interessata da rotture, fessurazioni, crepe che attraversano trasversalmente intonachino, intonaci e arriccio, denunciando gravi distacchi tra gli strati preparatori e il supporto murario, dovute a sollecitazioni della struttura (nuovi lavori, vibrazioni da terremoto, assestamenti dei muri). Non si evidenziano disgregazioni della malta tali da formare spanciamenti sabbiosi, nè a un primo sopralluogo sembrano esserci dissesti che interessino la trama muraria. La volta presenta un abbassamento fisiologico delle strutture portanti che appare avere assunto una deformazione stabile, tuttavia essa richiederà maggiori verifiche tecniche in corso d’opera.

- Note storiche tratte dal libro: CAORSO IERI.

da studi di Annamaria Carini Sprocato, Fausto Aosta e Stefano Pronti.

LA CHIESA PARROCCHIALE

Pur in parte ricostruita nel XX secolo in stile neogotico, la chiesa ha origini medioevali. Al suo interno si trovano un prezioso organo dell’Ottocento (F.lli Lingiardi 1840), resti di affreschi del XV secolo di cultura lombarda con influssi cremonesi raffiguranti sui pilastri immagini devozionali di santi, tra cui S.Rocco (patrono del paese), sull’arco trionfale l’Annunciazione, nella 2° cappella un Crocifisso ligneo, sulle lunette l’Adorazione, la Crocifissione e le Storie di S.Giuliano. La chiesa, sorta a ricordo del passaggio di S.Rocco, è oggi intitolata a Santa Maria Assunta.

PARTICOLARI DEGLI AFFRESCHI

DELLA CHIESA DI S. MARIA ASSUNTA DI CAORSO

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La costruzione di una “Marca P0” che identifichi l’intero territorio attraversato dal fiume quale prodotto turistico, la

frequentazione turistica di questo territorio quale supporto e stimolo alla cura del fiume stesso, sono gli obiettivi che si

sono prefissate le tredici Province attraversate dal Po, da quella di Cuneo a quella di Rovigo, riunite dal 1993 in una

Consulta coordinata dalla Provincia di Piacenza e che si riconoscono in una convenzione tesa alla salvaguardia e alla

valorizzazione del maggior fiume italiano.

Sulla base di un Accordo interprovinciale ed interregionale sottoscritto nel 1999, la Consulta delle Province del Po è

impegnata a valorizzare turisticamente le risorse territoriali dell’asta padana, in collaborazione con i cinque Parchi che si

affacciano sul fiume, attraverso interventi convergenti di comunicazione e promozione per affermare in ambito

nazionale ed europeo un’immagine unitaria e positiva della regione fluviale, proponendone una fruizione turistica

organizzata in grandi itinerari tematici. Tali interventi sono volti a sviluppare quelle forme di “turismo dolce” cui

particolarmente si presta il fiume nei tratti navigabili del suo corso e nelle zone rivierasche dalle inconfondibili

caratteristiche paesaggistiche, ambientali e socio-culturali, verso il quale va crescendo l’interesse della domanda e dei

mercati: navigazione fluviale (crociera, diporto, charter nautico e canoa), cicloturismo, trekking a piedi e a cavallo,

percorsi culturali, percorsi enogastronomici. Si tratta della promozione di itinerari nei quali vengono valorizzate sempre

più concretamente le offerte del territorio turisticamente vendibili: dalle eccellenze produttive agroalimentari ed

enogastronomiche, alla natura protetta e alle vie di comunicazione alternative, al sistema degli attracchi e degli ormeggi,

alle presenze artistiche e culturali, in un sistema di turismo compatibile dalle zone di sorgente a quelle del delta.

Eventi quali l’annuale manifestazione nazionale “Unpopertutti” della prima domenica di giugno (kermesse di sport,

cultura e spettacolo, viaggi sul fiume, degustazioni e visite guidate, in contemporanea lungo l’intero corso del fiume per

iniziativa dei Comuni rivieraschi), nuovi strumenti di conoscenza del territorio che guidano ad assaporare lo straordinario

patrimonio gastronomico e dei prodotti tipici dell’area (“La dispensa del Po”), progetti interprovinciali di piste ciclabili

per la realizzazione di una rete di ciclovie su entrambe lo sponde all’interno di un sistema di percorribilità su bicicletta di

scala europea, allestimenti e servizi diversi che valorizzano le emergenze dei territori rivieraschi ed iniziative di

navigazione fluviale in concorso con imprese private, sono stati i primi traguardi raggiunti.

La volontà comune di tutte le Province del Po è ora il richiamo ad un quadro di riferimento unitario perché il programma

di valorizzazione del fiume possa essere sviluppato, in sinergia con gli altri enti ed organismi di governo del fiume, nel

necessario collegamento con i prioritari interventi per la sicurezza idraulica e delle popolazioni e per una oculata

gestione delle risorse idriche, nella convinzione che la promozione turistica del Po sia sostanziale al suo recupero in

termini sia ambientali che economici.

MMoottoonnaavvee CCaallppuurrnniiaa,, llee aaccqquuee ppiiaacceennttiinnee

Naviga sul Po con la motonave CALPURNIA da Maggio a Ottobre

L’imbarcazione Calpurnia prende il nome dalla moglie di Giulio Cesare - figlia di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino - la più importante donna di origine piacentina dell’antichità. Lungo il tragitto Piacenza - San Nazzaro e ritorno, attraverserà le splendide aree naturalistiche dell’oasi De Pinedo, compresa nei territori di Caorso e Monticelli. Si avrà in questo modo la possibilità di scoprire un paesaggio tra i più interessanti e suggestivi del fiume Po.

La presenza della centrale nucleare di Caorso, inattiva da anni, ha fatto sì che zone limitrofe vincolate dall’Enel siano rimaste immuni da interventi d’antropizzazione. In questo modo la conservazione di zone umide dove è vietata sia la caccia che la pesca ha consentito negli anni la nidificazione e la sosta durante le migrazioni di numerose specie di uccelli, tra cui i principali rapaci ed aironi, compreso il raro Airone Rosso.

La navigazione prevede due programmi: uno per gli individuali, l’altro per i gruppi:

NAVIGAZIONE PER GRUPPI

Possibilità di organizzare interessanti mini-crociere sul Po, di mezza giornata o giornata intera, fra suggestivi scenari e

incantevoli vedute, con possibilità di sosta lungo il fiume per pranzare in un’accogliente trattoria tipica piacentina.

Periodo: tutti i giorni, da maggio ad ottobre

Tragitto: Navigazione da Piacenza toccando Roncarolo e Caorso centro a S. Nazzaro e ritorno

Portata massima: n. 70 persone

Il progetto di valorizzazione turistica del Po è in fase di crescente importanza e in grado di accrescere flussi turistici sia interni che esterni.

Dal luglio 2005 è iniziata la navigazione sul Chiavenna e l’attracco presso il ponte sul torrente è il punto di partenza per la motonave e attraverso la navigazione consente di scoprire come il fiume Po ed il suo territorio abbiano conservato ambienti di notevole valore naturalistico e paesaggistico, quali: gli ampi meandri che caratterizzano in particolare il tratto piacentino del corso d’acqua, le isole, le foci degli affluenti, le lanche, le zone umide e alcune aree boscate superstiti, nonché gli arbusteti, I ghiareti e I sabbioni.

Esiste , poi, il collegamento con il percorso ciclo-pedonale integrato con aree naturalistiche e attracchi lungo il fiume, che coinvolge pressoché tutto il territorio provinciale che si affaccia al Po.

airone rosso

Sono arrivati i primi ok ai progetti per la realizzazione di attracchi turistici lungo il tratto piacentino del Po. Insomma, ci

siamo: la strada verso il turismo sul Po è tracciata. Essendo di tipo mobile, i pontili potranno essere installati

abbastanza rapidamente ed entrare in funzione entro la fine della primavera. Fra i progetti approvati, e per i quali

quindi i lavori dovrebbero partire presto, c’è quello che riguarda la Bassa: a Roncarolo di Caorso. Oltre a questi non

vanno però dimenticati altri tre progetti altrettanto importanti, che riguardano ancora una volta la Bassa. Si tratta

dell’attracco a Caorso sul Chiavenna in prossimità del ponte di via Roma. L’obiettivo di tutti i Comuni, di Provincia e

Regione, è quello di potenziare la navigazione turistica lungo il Po e accompagnarla a percorsi paesaggistici come quelli

dell’Oasi de Pinedo o della pista ciclabile lungo il Po che va da Caorso a Castelvetro. E la risposta positiva della Regione

appare come una sorta di approvazione. Saranno soddisfatti i tanti che, da sempre, vivono il Po come risorsa, luogo di

divertimento e di svago. Senza contare che la realizzazione dei pontili potrebbe anche significare far rivivere sponde

che, in alcuni casi, sono dimenticate. E abbandonate all’incuria.

L'Isola Serafini Storia

La centrale idroelettrica di Isola Serafini, fu costruita sul fiume Po in provincia di Piacenza nell’omonima località agli inizi

degli anni ’60 dalla Società Idroelettrica Medio Adige (S.I.M.A.) e fu successivamente acquisita dall’Enel che attualmente

la gestisce; essa produce energia sfruttando il salto creato con un doppio sbarramento che intercetta i due rami in cui il

fiume Po si divide a valle dell’abitato di San Nazzaro.

Collocazione geografica

L’itinerario si svolge intorno all’isola Serafini, la più grande isola del Po, che si estende dietro Monticelli d’Ongina a 23

chilometri da Piacenza e a 10 da Cremona.

Percorso

Da Caorso via fiume si prende la pista ciclabile che conduce al ponte dell’Isola Serafini; lo si attraversa e si prosegue per

500 metri, fino a salire sull’argine del Po a valle dello sbarramento della centrale idroelettrica. Lasciata l’auto in uno

spiazzo presso l’argine, ci s’imbarca e si comincia a discendere sull’acqua scarsa e ferma, costeggiando sabbioni

lunghissimi. A circa 5 chilometri dalla partenza si raggiunge la foce dell’Adda, che s’immette da sinistra facendo di poco

aumentare la corrente. Circa due chilometri più a valle si lascia sulla destra un’isoletta verde collegata alla riva da un

vasto sabbione, dove si può sbarcare per una visita. Proseguendo, si raggiunge in breve il pennello di Spinadesco, alle cui

spalle si è formato un vasto ambiente sabbioso. È interessante esplorarlo sbarcando sulla spiaggia, oppure infilandosi

con la canoa nel braccio d’acqua ferma che lo separa dalla riva. Ripresa la discesa, in due chilometri si raggiunge

l’estremità orientale di isola Serafini dove s’immette il braccio del Po che proviene dalla centrale idroelettrica.

Superando il lungo pennello che appare alla destra, è possibile raggiungere l’approdo presso la trattoria Maginot

oppure, quando l’acqua è alta, scendere nel canale a destra dell’isola che sorge poco prima di Cremona - passando sotto

i ponti - e sbarcare sulla sinistra dove si trovano i moli delle società canottieri della città.

Il recupero dell’auto richiede una bicicletta o un’altra auto precedentemente parcheggiata presso il punto d’arrivo.

Altri itinerari

Un’altra possibile discesa percorre il tratto finale dell’Adda, con partenza da Pizzighettone o Crotta d’Adda e arrivo a

Cremona. Non presenta particolari difficoltà se non il superamento di una bassa traversa che in periodi di magra emerge

poco prima della foce.

Anche il tratto a valle di Cremona può offrire escursioni interessanti in ambienti ancora intatti.

Aspetti naturalistici

Vegetazione

Presso il lungo pennello che incanala la corrente verso destra notiamo una sottile striscia di bosco umido in mezzo alle

coltivazioni e ai pioppeti.

Animali

L’aver deviato il corso principale del Po nel canale artificiale ha lasciato, nei 5 chilometri che percorriamo fino alla foce

dell’Adda, poca acqua stagnante dove si raduna il pesce in quantità. È per questo che si vedono qui aironi e cormorani,

ma anche molti limicoli, fra cui persino il cavaliere d’Italia, che si trovano a loro agio nell’acqua bassa.

Nell’altro ambiente che incontriamo, il vastissimo sabbione formatosi a valle del pennello, troviamo ospiti quali colonie

di fraticelli (Sterna albifrons) e sterne (Sterna hirundo)

Aspetti storico-culturali

La più grande isola del Po, che il nostro itinerario circumnaviga per due terzi della sua estesa circonferenza (19

chilometri), segna il punto dove è costretto a fermarsi chi risale dal mare. E non solo chiatte o barche, ma anche pesci

come la cheppia (Alosa fallax) e lo storione (Acipenser sturio) che in periodo riproduttivo si spingevano ben oltre

Cremona lungo il Po. Nel 1962 venne costruita la centrale idroelettrica di Isola Serafini che in cambio di 35 megawatt di

potenza ha richiesto lo sbarramento del Po e il taglio di un istmo che accorcia il corso del fiume a Monticelli d’Ongina: fu

proprio questo taglio a dare origine all’isola e a modificare radicalmente l’assetto del fiume.

Per chi avesse percorso anche l’itinerario di Isola de Pinedo non sarà difficile notare l’impressionante differenza di

ambienti che questo sbarramento ha creato nel giro di pochi metri: a monte la laguna d’acqua stagnante, a valle un

grande greto semiprosciugato con lunghe spiagge asciutte.

Infine un cenno storico. Tutta questa zona, collegata un tempo a occidente con il lago Gerundo, era coperta di canneti e

paludi: un rifugio sicuro per pescatori e cacciatori di frodo, contrabbandieri e briganti, ai quali tornava assai utile abitare

al confine tra il ducato di Milano e i domìni estensi, o più tardi tra il Lombardo-Veneto e lo Stato della Chiesa. Così si

popolarono paesi come Crotta d’Adda, Spinadesco e Maccastorna, che ancora conserva il Castello quattrocentesco

intorno a cui sorgeva il paese di capanne

Costruite con le canne del fiume.

L' Oasi De Pinedo è una vasta zona umida protetta localizzata nei pressi di uno dei più interessanti e suggestivi meandri del fiume Po. Questa importantissima area offre un paesaggio caratterizzato da lanche, canneti, saliceti, associazioni di latifoglie e filari arborei. Ed è in queste dimore che che ogni anno in primavera, centinaia di uccelli di ogni specie, tornano, trovando in questo habitat le condizioni idonee per vivere e nidificare. Ben 13 delle 134 specie che nidificano con certezza in provincia di Piacenza, sono esclusive dell'Oasi De Pinedo.

Airone rosso (Ardea purpurea)

L'area è compresa nei territori dei Comuni di Caorso e Monticelli e si estende dalla foce del Nure fino alla Diga di Isola Serafini con annessa l'isola De Pinedo e tutta la sponda destra del Po. La zona protetta è stata recentemente ampliata dall'Amministrazione Provinciale e la Lipu si sta ancora impegnando per ottenere la protezione di ulteriori aree ricche di fauna, che purtroppo sono tuttora zone venatorie.

Cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus)

L'oasi De Pinedo

La Rocca di Caorso può essere il punto di riferimento per raggiungere la zona dell'oasi. Infatti è alla sinistra dell'edificio che si diparte la strada per Zerbio, località da cui si arriva all'argine maestro del Po e da qui alla zona protetta.

Sovrastata dalla centrale nucleare di Caorso l'oasi comprende una vasta porzione di macchia lungo il fiume e la prospicente isola che dà il nome al luogo.

La presenza della centrale, ormai inattiva, se da un lato può preoccupare dall'altro ha fatto sì che le zone limitrofe vincolate dall' Enel siano rimaste immuni da interventi d'antropizzazione quali colture intensive e modificazioni degli habitat.

Questo ha consentito la conservazione di numerose zone umide dove ora oltre alla caccia è vietata anche la pesca (ad eccezione di quella al siluro) consentendo a numerose specie di uccelli specie acquatici di usufruire di una zona sicura dove nidificare e sostare durante le migrazioni.

Il momento migliore per l'osservazione dell' avifauna è la primavera quando comincia la nidificazione.

Naturalmente, come già raccomandato il birdwatching va fatto con ogni cautela senza disturbare gli animali.

Per dare un idea delle possibilità di osservazioni nel periodo primavera-autunno nell' oasi possiamo dire che gli operatori della LIPU hanno censite quasi un centinaio di specie, tra cui i principali rapaci ed aironi, compreso il raro Airone Rosso (vedi disegno sotto).

Soprattutto per chi arriva in barca o per chi riesce ad usufruire di quelle locali la raccomandazione è quella di non scendere sull'isola ma di limitarsi a circumnavigarla.

Per chi ha tempo anche lo sbarramento di Isola Serafini può essere occasione di avvistamenti. Durante la nostra uscita dei primi di febbraio (2000) oltre a svassi, gallinelle, folaghe ed anatidi vari abbiamo incontrato anche una bella coppia di cigni reali, probabilmente rilasciati ma perfettamente a loro agio nel bacino.

Una puntata allo sbarramento dell'isola Serafini potrà poi far capire come a monte dello stesso la presenza di storioni, anguille, cheppie e altri pesci che risalgono dal mare, sia ormai solo un ricordo. L'augurio è che finalmente la Provincia con l' Enel riescano a fare il canale di risalita necessario, che fra l'altro potrebbe semplificare anche il passaggio di natanti, oggi gravemente limitato.

Oasi naturalistica dell'Isola De Pinedo

Collocazione geografica

Il sito si colloca nel comune di Caorso, paese che si trova sulla ss. 10.

Per raggiungere il sito, dopo aver percorso la s.s. 10 da Piacenza in direzione Cremona, si raggiunge il paese di

Caorso. Qui, si seguono le indicazioni per Zerbio, si supera il paese e, raggiunto il gruppo di case detto Case Nuove, si

gira a destra. S’imbocca poi la seconda carraia sulla destra che ci conduce, superato l’argine maestro, al punto di

partenza.

Mezzi utilizzati

Il luogo di partenza è Piacenza da cui si procede verso Caorso.

Il tratto di strada deve essere percorso con un pullman a noleggio o con l’autobus extraurbano per Cremona da

Piazza Cittadella alle 11.30 del mattino. Per il rientro gli orari possibili sono le 17.49 o le 18.30. (Per ulteriori

informazioni tel. 0523/390637). La fermata utile è la prima appena entrati nel paese di Caorso. Di qui si procede in

direzione del fiume fino al punto di partenza.

Dal punto di partenza del percorso si prosegue a piedi percorrendo una sorta di cerchio.

Per chi arriva da Piacenza, appena superato il cartello di Caorso svoltare a sinistra seguendo le indicazioni per Zerbio.

La strada attualmente non è in ottime condizioni, per cui occorre fare attenzione. Raggiunto il gruppo di case svoltare

a sinistra in direzione della piazza centrale. Appena raggiunta la piazza bisogna svoltare a destra in direzione Case

Nuove (un gruppo di 4 - 5 case). Alla località Case Nuove si arriva in poco tempo (meno di 5 minuti). Appena giunti

svoltare a destra in Strada Mezzanone. Alla seconda carraia a destra (si trova tra due edifici rurali in cattivo stato di

conservazione) si prosegue verso l'argine del Po. Arrivati in cima si prosegue dritti scavalcando l'argine (la carraia

svolta a sinistra e si congiunge con l’argine). Dopo un centinaio di metri si giunge all'idrovora in disuso, da cui parte il

percorso.

Durata del percorso

Dal punto di partenza circa 1 ora e 30 minuti

Da Piacenza al punto di partenza con automobile o pullman 30 minuti circa

Difficoltà del percorso

Facile

Percorso

Il punto di partenza è uno spiazzo erboso in vicinanza di una idrovora e da qui inizia l’itinerario.

Si passa su un piccolo ponte di legno che attraversa un ampio specchio d’acqua, il livello superficiale della falda che

satura le alluvioni sabbiose del sottosuolo. Il canale che arriva qui è l’antico ramo del Torrente Nure, che un tempo

portava le sue acque al grande fiume più a valle, poco prima del centro abitato di San Nazzaro. Dopodiché si imbocca

la carraia che costeggia sul lato sinistro il canale, si giunge alla sponda destra del Po dove di fronte si trova il saliceto

dell’isola di Pinedo.

Il corso d’acqua che scorre a questo punto tra noi e l’isola è un ramo poco profondo, caratterizzato da una corrente

alquanto tranquilla.

Dalla riva ci si sposta a destra, verso valle, e si raggiunge una radura erbosa: attraversandola si arriva quasi all’altezza

della punta dell’isola.

Dopo circa una ventina di minuti, superato il punto di attracco delle barche, ecco un importantissimo settore

dell’oasi: quest’area umida è tra quelle poste fuori dal perimetro di protezione della centrale e purtroppo ha subito

pesanti danneggiamenti, ma restano interessanti lembi di riva, saliceti ripariali, canneti e lanche.

Dopo aver sostato e ammirato la bellezza di quest’area, possiamo riprendere il cammino per andare a conoscere un

altro significativo ambiente non legato alle zone umide.

Infatti, costeggiando un breve canale che s’immette nelle acque del Po, ci spostiamo verso l’argine maestro in

direzione sud e in breve arriviamo ad una grande siepe costituita da farnie secolari. Facendo attenzione a non

perdere l’ingresso, in corrispondenza del lato occidentale, si percorre una brevissima salita e si penetra al suo

interno. Il sentiero che la attraversa è ben segnato e corre sopraelevato rispetto alla campagna precedente. Giunti al

termine della siepe il sentiero gira a sinistra e s’immette su un’ampia carraia, che si percorre fino a raggiungere un

piccolo ponte in cemento che attraversa il Nure vecchio. Si attraversa il ponte e si percorre la carraia fino all’argine

maestro, da percorrere in direzione est girando a sinistra. Si giunge così all’incrocio con la strada sterrata che,

scendendo dall’argine, arriva al piazzale di partenza.

Aspetti naturalistici

Vegetazione

Il sito è costituito da una serie di habitat naturali di golena costituiti da ampi canneti, lanche, boschi ripariali con

residui di vegetazione planiziale mesofita.

L’isola è parzialmente ricoperta di salici.

L’ambiente è quello tipico delle zone umide: una ricca vegetazione ripariale: salici (che assumono l’aspetto di arbusti

nelle zone più vicine all’acqua) ontani e fitti canneti.

Al centro dell’ampia penisola del Mezzanone svetta una splendida siepe con esemplari secolari di querce, pioppi

bianchi e olmi. Presenti anche altre essenze quali pioppo canadese, robinia, ciliegio selvatico. Nella zona si sono

conservate anche diverse lanche: meandri abbandonati dal fiume che formano ampi stagni a forma di mezzaluna,

ambienti estremamente ricchi dal punto di vista ecologico. Nelle lanche prevale la vegetazione acquatica, con specie

rare come l’erba pesce e la castagna d’acqua, insieme a piante galleggianti, (ninfea gialla) e fluttuanti, (callitriche,

ranuncoli e lenticchie d’acqua). Rilevante anche la vegetazione arbustiva, con estesi tifati e fragmiteti, e quella

erbacea. Nel fitto sottobosco ripariale si trovano iris gialli, sagittarie e l’ormai raro campanellino. Da marzo i prati

sono in continua fioritura: primule, viole, cinquefoglie, ortiche bianche, papaveri.

Animali

L’area è popolata da tante specie animali: le comunità ornitiche sono le più interessanti. L’isola offre ai numerosi

esemplari di aldeidi le condizioni ideali per nidificare: garzetta, nitticora, cormorano, airone cinerino, airone rosso,

sgarza ciuffetto, cavaliere d’Italia. Presenti anche rapaci quali: poiana, nibbio bruno, falco pescatore, falco di palude,

sparviero, falco pecchiaiolo. Tanti gli anatidi che vengono a svernare qui: volpoca (ormai molto rara), germano reale e

comune, folaga, strolaga, smergo, svasso, mestolone, fischione, pescaiola…

Per chi ama osservare gli uccelli non c’è che l’imbarazzo della scelta! Gruccione, picchio verde, ghiandaia, usignolo di

fiume, averla, rigogolo, upupa, succiacapre, porciglione.. per citarne solo alcuni.

Le acque sono popolate da specie ittiche autoctone, purtroppo in diminuzione, come lucci, carpe, tinche, lasche,

alborelle, acerine e barbi, da specie alloctone come il siluro e il carassio. Le lanche sono la zone riproduttive

d’elezione della rana di Lataste, presente solo in quest’area. Insetti di ogni specie e variopinte farfalle completano la

rassegna.

Aspetti storico-culturali

Il nome “Oasi De Pinedo” risalirebbe alla fama del pilota napoletano Francesco De Pinedo, asso dell’aviazione

durante la Prima Guerra mondiale che entrò nella leggenda per la sue imprese e la sua tragica fine. Il pilota morì in un

incidente a New York, mentre si decollava per battere il primato di distanza del volo in linea retta. All’Oasi dove

atterrano aironi, garzette e tante altre specie di uccelli, diedero il nome del coraggioso aviatore.

Ponte in ferro sul torrente Chiavenna denominato “Ponte della Ceramica”

In Comune di Caorso sul torrente Chiavenna verso la foce troviamo un ponte in ferro da sempre chiamato

“Ponte della Ceramica” che era utilizzato per il trasporto del materiale di lavorazione della Società R.D.B.

Questa struttura risalente ai primi del ‘900, è una testimonianza della storia economica e sociale del territorio.

L’Amministrazione Comunale in più stralci ha recuperato questo vecchio ponte rendendolo utilizzabile ed

inserendolo nel progetto per la realizzazione di un itinerario ciclistico naturalistico sovracomunale da Piacenza a

Cremona denominato Via Po.

Da ricerche presso gli archivi si sono trovate informazioni risalenti al 1909, anno in cui il Ministero ha autorizzato

la Società Folzano di Brescia ad eseguire i lavori per la realizzazione del “ponte in ferro sul torrente Chiavenna”.

Successivamente alla Società viene concesso l’utilizzo del ponte denominato “Ponte viadotto con binario

Decauville”.

Nel 1931 la Società R.D.B. con una nuova concessione è autorizzata all’attraversamento degli argini di seconda

categoria del torrente Chiavenna in Località Bondiocca a mezzo di un binario Decauville a scartamento di mt.

0,60 per il trasporto di argilla e di altri materiali mediante vagoncini tra i terreni di proprietà della Società in

sponda destra del torrente e la fornace posta in prossimità di Caorso sulla Strada Statale n. 10.

La Società R.D.B. è stata l’ultima utilizzatrice di questo ponte sino al suo disuso ed in seguito anche la fornace

stessa a Caorso è stata chiusa.

PONTE DELLA CERAMICA

Lo scopo sociale della Società Autostrade Centro Padane è quello della costruzione e gestione dell’autostrada e dei

diritti connessi, del mantenimento in condizioni di sicurezza dell’impianto, della realizzazione delle opere stradali che costituiscono diretta adduzione della viabilità ordinaria all’autostrada nonché della gestione di numerosi servizi, fra cui quelli di pattugliamento per l’assistenza continua all’utenza, della concessione di attività complementari quali le stazioni di servizio, i punti di ristoro e il servizio di soccorso stradale.

Per questo motivo la Società Autostrade Centro Padane ha approvato un vasto programma di adeguamento ed innovazione tecnologica dei propri impianti di casello che prevede il ricorso all’automazione ed alla telematica estese a tutti i caselli.

La realizzazione dei programmi di innovazione tecnologica si avvale di accordi di collaborazione con la Società

autostradale “Bs-Vr-ViPd” e con la Società “Autostrade”. Laccordo con quest’ultima prevede, tra l’altro, la prossima trasformazione di alcuni caselli in Isole telematiche a controllo remoto.

Correlato a questo programma di investimenti è di straordinaria importanza anche quello che si sta realizzando in collaborazione con la Società autostradale “Bs-Vr-Vi-Pd” per la fornitura e posa delle fibre ottiche.

Si tratta di una infrastruttura fondamentale per poter soddisfare le necessità di servizi telematici propri. Ma non solo. La disponibilità delle fibre ottiche potrebbe consentire alla Società di non essere assente quando lo sviluppo dei servizi telematici porterà ad una forte richiesta di uso dei cavi.

Per quanto concerne la sicurezza in autostrada l’azienda intende realizzare con priorità un programma di interventi che spaziano dall’installazione di nuovi guardrail in corsia centrale, all’installazione di pannelli a messaggi variabili nei caselli e lungo l’autostrada, al miglioramento dell’illuminazione, alla sperimentazione di impianti antinebbia, al controllo della temperatura del suolo per prevenire la formazione di ghiaccio, alla posa di manti speciali drenanti per eliminare l’effetto acquaplaning e ridurre l’inquinamento acustico. Sempre sul versante del miglioramento della sicurezza per l’utenza, è stato potenziato, d’intesa con la Polizia Stradale, il servizio di pattugliamento dell’intero tratto autostradale.

VIADOTTO A21 Partendo dal centro di Caorso, navigando sul torrente Chiavenna, incontriamo il viadotto della A21. Il giorno 11 novembre 1971 veniva aperto al traffico il tratto Piacenza-Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d’Arda della autostrada A/21 di complessivi 88,6 chilometri, realizzati in concessione di costruzione e gestione dalla Società Autostrade Centro Padane. L’autostrada A/21 ha superato pertanto il traguardo del quarto di secolo e continua a svolgere in maniera sempre più determinante un ruolo di fondamentale importanza nell’ambito del sistema della mobilità del nostro Paese.

La Rocca di Caorso vista dall’autostrada.

L’incremento del traffico autostradale e della domanda di servizi, oggi sempre più forte - l’autostrada è attualmente percorsa da oltre 15 milioni di veicoli all’anno - comporta la necessità di adottare soluzioni innovative nella riscossione del pedaggio, introducendo procedure che per sicurezza, affidabilità, rapidità e praticità di esecuzione siano le più gradite all’utenza.

Accanto a questi interventi, tutti mirati ad un miglioramento e potenziamento dell’impianto autostradale, la Società

Autostrade Centro Padane ha programmato per i prossimi anni la realizzazione di alcuni importanti progetti per alcuni dei quali sono già in corso le verifiche tecniche di fattibilità economico finanziaria, tecnica ed ambientale o addirittura le progettazioni.

Il tratto di viadotto A21 sul territorio di

Caorso è di Km. 8,840 dal Km. 169,310 al

Km. 178,150.

In data 1° giugno 2004 è stato inaugurato

il casello autostradale di Caorso.

ITINERARIO CICLABILE “VIA PO”

Via Po è un itinerario ciclabile in fase di realizzazione che si snoda

lungo l’asta del fiume Po, su tutto il territorio provinciale; il tracciato si

prevede che si sviluppi in gran parte sullargine maestro del fiume Po,

di proprietà del demanio statale. Quando il tracciato non si trova su

argine maestro percorre strade comunali o verranno create parti in

sede propria a lato di strade statali.

La realizzazione ditale itinerario è ricompresa in un programma più

ampio di riqualificazione di aree naturalistiche e di approdi lungo il

fiume Po ed in generale di riqualificazione del territorio fluviale e si

inserisce a pieno titolo nel quadro degli interventi per lo sviluppo di

forme di turismo tese a valorizzare il patrimonio naturale, storico-

culturale ed i prodotti enogastronomici dei territori attraversati dal

Po.

Il progetto così concepito, inoltre, può considerarsi pienamente

attuativo delle finalità d ell’Accordo Quadro per il Programma di

valorizzazione turistica del fiume Po, sottoscritto a Piacenza il 17

maggio 1999 dalla Consulta delle Province del Pc e più precisamente

dalle Regioni e Province rivierasche.

La tutela e valorizzazione del fiume Po è prevista dal progetto

regionale “Po fiume d’Europa”, che vede coinvolte, oltre alla Regione

Emilia Romagna nel ruolo di promotore e coordinatore generale,

anche le Province e i Comuni rivieraschi dei territori di Piacenza,

Parma e Reggio Emilia, allo scopo di progettare, reperire risorse ed

avviare a concreta attuazione la riqualificazione di un primo

significativo tratto del fiume.

L’itinerario, previsto con la denominazione di “Via Po” dal Piano

Territoriale di Coordinamento Provinciale vigente, è destinato a

collegare i territori dei comuni della sponda destra del fiume,

scavalcando con strutture mobili o fisse gli affluenti di destra, e a

connettersi con gli approdi fluviali e con la rete viaria e ferroviaria dei

centri abitati,per favorire gli interscambi bici-auto, bici-treno,bicinave.

Questo consente anche di inserire “Via Po” nella rete europea dei percorsi turistici ciclopedonali (Eurovelo).

In fatti fin dal 1995 la Federazione dei Ciclisti Europei (ECF) lavora per definire una rete europea di percorsi

ciclabili, nota come EuroVelo. La sfida è sviluppare 12 Percorsi Trans-Europei che colleghino tutti i paesi

d’Europa, membri e non dell’Unione Europea, e attraversino le più importanti città.

Lo scopo del progetto è duplice: incoraggiare l’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto e promuovere il

turismo ciclistico. In realtà, EuroVelo può avere effetti positivi in molti campi:

l’efficienza dei trasporti, la creazione di posti di lavoro a livello locale, una maggiore qualità dell’ambiente, la

riduzione delle emissioni nocive, la sicurezza stradale e del traffico, la salute e l’attività fisica, la possibilità di

scambi culturali tra i cittadini europei.

Lo sviluppo di EuroVelo è organizzato in due livelli. Un Ente centrale gestisce le direttive, i principi, le procedure

e le informazioni generali, attraverso le quali ogni percorso deve essere realizzato e mantenuto dagli organismi

nazionali e locali. L’Ente centrale coordina lo sviluppo e gli aspetti commerciali della rete ciclabile.

L’Italia è attraversata da 3 itinerari EuroVelo: n. 2-Mediterranean Route che da Cadice va ad Atene, n. 5-Via

Francigena da Londra a Roma, passando per Canterbury, e n. 7-Middle Europe Route che si snoda da capo Nord

a Malta. La nostra zona è chiaramente interessata dalla Via mediterranea, che in territorio italiano ha ben 3.800

dei suoi complessivi 5.400 kilometri. Il tema dell’itinerario, il Mediterraneo, in territorio italiano si fonde con

l’immagine e l’ambiente del fiume PO, il cui argine viene seguito in modo continuo. L’ingresso in Italia della

Mediterranean Route è a Ventimiglia, l’uscita a Trieste, dopo aver percorso Liguria, Piemonte, Emilia, Lombardia

e Veneto.

La sponda italiana di EuroVelo a livello istituzionale e organizzativo generale è costituita da Bicltalia, proposta

culturale più che piano organicamente compaginato, che serve pero come richiamo e come punto d’unione degli

sforzi dei diversi Enti locali per realizzare nuove infrastrutture a favore del turismo in bicicletta. Si tratta quindi di

una base di lavoro, proposta e gestita dalla FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta), per la realizzazione

della “Rete Nazionale di percorribilità” prevista dalla delibera CIPE del i febbraio 2001. Gli obiettivi di Bicltalia,

affini e legati a quelli di EuroVelo, si possono così sintetizzare: diffusione dell’uso della bicicletta come mezzo di

trasporto pulito, affermazione di un modello di turismo sostenibile, conservazione del territorio, sviluppo di

economie su piccola scala, valorizzazione della intermodalità di trasporto (bici-treno, bici-bus, bici-nave). La rete

è formata da una serie di lunghi itinerari nord-sud, attraversati da percorsi est-ovest, per stringere l’Italia in una

sorta di “ragnatela”: Proprio di questi attraversamenti est-ovest fa parte la “Via del Po e delle Lagune”, che viene

a interessare la nostra pista Via Po. La provincia di Piacenza eredita il percorso dal territorio di Pavia e lo cede a

quello di Parma.

Un’importante risorsa per la fruizione d ell’opera riguarda i possibili punti di ristoro situati lungo il percorso,

pensando anche a convenzioni con i relativi gestori e all’eventuale predisposizione di “menù turistici” a servizio

dei frequentatori.

Il tracciato interessa i Comuni di Caorso, Monticelli d’Ongina, Castelvetro Piacentino e Villanova sull’Arda,

iniziando ad ovest dal confine tra il Comune di Piacenza e quello di Caorso in prossimità del ponte sul torrente

Nure, sino al confine provinciale in territorio del Comune di Villanova sull’Arda.

Il percorso in progetto non si configura come una pista ciclabile in sede propria, ma come un percorso

extraurbano ad uso promiscuo, avente caratteristiche dimensionali comunque compatibili con le prescrizioni del

“Regolamento per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili” di cui al DM del Ministero dei

Lavori Pubblici 30/11/1999 n. 557.

Inoltre il progetto coinvolge una serie di preesistenze ed ambiti naturali che contribuiscono a valorizzare l’intero

territorio, come ad esempio: Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.), attracchi e approdi turistici, aree

naturalistiche.

Le aree che assumo principale rilievo e che sono classificate quali Siti di Interesse Comunitano sono:

Isola De Pinedo

L’area comprende l’Isola De Pinedo vera e propria, l’ansa del Mezzanone delimitata dal tracciato del Nure

vecchio, l’area golenale fino al torrente Chiavenna e si configura come tale per l’ambito più ricco di elementi di

naturalità all’interno di tutta la fascia piacentina di meandreggiamento del Po.

In essa si concentrano diversi tipi di zone umide e permangono fitocenosi ripariali discretamente estese e

diversificate: spiaggette di deposito fluviale, bassure umide, canneti, associazioni ad elcfite e idrofite, saliceti

arborei, macchie boschive dove sopravvivono elementi della copertura forestale planiziale, siepi ben strutturate,

pratelli xerici. Notevole è la presenza di specie vegetali acquatiche divenute sempre più rare in tutto il territorio

padano, quali erba pesce, castagna d’acqua, nannufero, genziana d’acqua, utricularia, giunco fiorito, morso di

rana, lingue d’acqua, campanellino comune.

La ricchezza della comunità faunistica nel suo complesso conferma poi il grado di naturalità dell’area e la

complessità/diversità ambientale che la caratterizza. Falco di palude, airone rosso, voltolino e salciaiola, insieme

all’unica garzaia presente a livello provinciale sono alcune delle testimonianze più rare, alle quali si uniscono le

numerose specie e popolazioni di acquatici migratori e svernanti in sosta nei tratti di fiume inclusi nell’area.

• Isola Serafini e Isola Deserto

L’arca comprende l’Isola Serafini, l’ambito golenale del Po in sponda destra e l’Isola del Deserto.

L’Isola Serafini, innanzitutto, denota un pregio naturalistico dovuto alla presenza diffusa di numerosi biotopi

umidi - invasi, cavi, depressioni, resti di lanche o tracce di lanche estinte - che seppur immersi in una matrice

agricola conservano entità botaniche di pregio - fasce a canneto, idrofite rare e vegetazione spontanea arboreo-

arbustiva con presenza di salici, ontani, pioppi e farnie - e costituiscono sui di rifugio e riproduzione per una

comunità faunistica diversificata.

La presenza di sabbioni, siti di nidificazione di colonie di Sternidi ed aree idonee alla sosta dell’avifauna in

generale, unitamente alla presenza di un bosco di salici e pioppi, sono ulteriori motivi di pregio ambientale

dell’ambito.

Lungo la fascia golenale piacentina, nel tratto frontale a Isola Mezzadra, permane un’ampia area ripariale

arboreo-arbustiva, con presenza di resti di due lanche ed al cui interno è in atto un interessante azione di

riqualificazione naturalistica con ricostituzione di forme vegetazionali tipiche del paesaggio padano: alneti,

salico-populeti, querco-carpineti, aree a olmi e ciliegi.

L’isola del Deserto, infine, presenta un elevato valore naturalistico per la presenza di successioni vegetazionali

non alterate dall’intervento umano (da erbacee ad arboree), per la notevole variabilità morfologica dell’area e

per i recenti interventi di rinaturalizzazione attivati dall’Amministrazione Provinciale al fine di ricostituire

tipologie forestali più consoni all’areale del Fiume Po.

In questi ambiti è segnalata, tra le altre, la rara nidificazione dell’albanella minore e la presenza di raganella e

rana dalmatina.

L’Argine maestro, di proprietà del demanio dello Stato, è l’elemento connettivo primario del territorio adiacente

il fiume Po ed è fruibile, per un utilizzo di tipo ricreativo - turistico, in tempi relativamente brevi.

L’importanza della realizzazione di un tracciato lungo tutta l’asta del fiume supera l’ambito provinciale ed

interessa sicuramente le province vicine, oltre che altre regioni; per questo la progettazione dovrà

necessariamente raccordarsi con i territori delle Province di Pavia, Parma, Cremona, Lodi, al fine di uniformare

percorsi, segnaletica, cartellonistica e fornire all’utente riferimenti comuni sul tracciato.

Questo intento potrebbe utilmente essere rafforzato, a parere degli scriventi, dalla redazione di guide turistiche,

pubblicità e presentazioni al pubblico del progetto.

E’ o pportuno che a ccanto all’itinerario si sviluppi, ma soprattutto venga conosciuta e promossa, una forte

ricettività turistica nei territori circostanti l’intervento ed anche in area collinare e montana. (ad esempio una

rete di aziende agrituristiche che offrono un’alternativa reale di ricettività, con possibilità di alloggio, fornitura di

pasti con prodotti naturali, vendita di prodotti dell’azienda e tipici del sistema agroalimentare locale, biologici).

La Giunta Regionale dell’Emilia Romagna con proprio atto nr. 284 del 12.3.2007 ha approvato

l’inserimento del Comune di Caorso nell’elenco delle città d’arte e dei comuni ad economia prevalentemente

turistica ai sensi dell’art. 16 della L.R. 14/99.

Tale riconoscimento è scaturito dal forte rilancio che negli ultimi anni è stato dato al paese e a tutte le

sue potenzialità, attraverso un processo di revisione totale rispetto alle sporadiche iniziative preesistenti che

non rendevano giustizia alla ricchezza naturale che anche Caorso può invece offrire.

E’ stato intrapreso un percorso che ha portato alla prioritaria valorizzazione dell’ambiente, partendo

proprio dalla risorsa principale, quella legata al nostro Grande Fiume.

Natura ed ambiente, quindi, ma non solo.

Della realtà di Caorso fa parte anche un ricco e vitale mondo associativo e questa ricchezza è stata

rivitalizzata dandole spazio e voce.

Grande importanza per la promozione del territorio sono stati altresì gli eventi fieristici che hanno

consentito di restituire al paese le tradizioni perdute.

L’Amministrazione Comunale, anche su analoga richiesta del Comitato Commercianti “Valorizzare

Caorso” aveva inoltrato istanza alla Regione per il riconoscimento del territorio comunale nella propria interezza

e per l’intero arco annuale proprio in considerazione che lo stesso ha acquisito una particolare personalità

caratterizzata da sviluppi turistici d’affari e di significativi elementi di attrattività turistica sotto il profilo religioso,

storico, archeologico e naturalistico.

Tale riconoscimento permette ai commercianti di poter determinare liberamente gli orari di apertura e

chiusura e derogare dall’obbligo di osservare la chiusura domenicale e festiva ed eventualmente della mezza

giornata di chiusura infrasettimanale dei negozi e delle attività commerciali al fine di assicurare idonei servizi ai

consumatori in armonia con le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio, del turismo e

dei lavoratori dipendenti.

La creazione della “Strada del Po” si ricollega più in generale al tema della promozione del fiume e della

Bassa Piacentina già partiti coi progetti del percorso ciclabile “Po fiume d’Europa” e con la navigazione turistica.

Il progetto originario giaceva in Regione da molto tempo. Nonostante la Regione non volesse approvare altre

nuove strade la Provincia di Piacenza ha ripreso il progetto, è stato organizzato un sopralluogo ed è riuscita

nell’intento di ottenere dalla stessa Regione Emilia Romagna, con atto di G.R. n. 1426/2006, il riconoscimento

dell’itinerario “IL PO ED I SAPORI DELLA BASSA PIACENTINA” come 14° strada realizzata nella regione.

Vista la L. 27 luglio 1999 n. 268 “Disciplina delle strade del vino nonché la L.R. 07.4.2000 n. 23 “Disciplina

degli itinerari turistici enogastronomici dell’ Emilia Romagna”;

Dato atto che sono stati realizzati numerosi incontri con le categorie economiche e Consorzi di

produzione interessati, nonché con i Comuni i cui territori sono compresi nella fascia di produzione di prodotti

tipici piacentini;

Condivisa la necessità di costituire in forma associativa un ente giuridico per lo sviluppo del turismo

gastronomico-culturale quaIe fattore trainante per l’ulteriore sviluppo di un’economia ecocompatibile in un

territorio di buona qualità paesaggistica ed ambientale, ricco di produzioni agricole ed enogastronomiche dì alta

qualità e di rilevanti testimonianze storico-architettoniche si è costituita l’Associazione “Strada del Po e dei

sapori della Bassa Piacentina”

Considerato strategico e necessario da parte di questa Amministrazione aderire all’ iniziativa di

costituzione dell’Associazione “Il Po e i sapori della Bassa Piacentina” quale strumento di promozione e di

valorizzazione del turismo gastronomico con l’offerta di prodotti di qualità già presenti sul territorio, ma

certamente suscettibili di ulteriore valorizzazione attraverso la ricerca e la riscoperta;

Vista la bozza di statuto della costituenda Associazione “ll Po e i sapori della Bassa Piacentina” che

rappresenta il risultato della concertazione avvenuta nel corso di una serie di incontri tra i soggetti pubblici e

privati suddetti e i rappresentanti della Regione Emilia Romagna , il Comune di Caorso insieme ai Comuni di

Besenzone, Castelvetro P.no, Cortemaggiore, Monticelli d’Ongina e Besenzone ha aderito all’iniziativa.

Diversi soggetti privati hanno da subito dato la loro adesione all’iniziativa prevedendo un ulteriore

sviluppo delle proprie aziende che verranno inserite in una cartografia regionale, divulgate su un opuscolo

pubblicitario e saranno identificate con cartellonistica di riconoscimento speciale.

Posizione geografica

Il territorio comunale ed in particolare il Capoluogo è posto a metà dell’ex S.S. 10 che collega Piacenza e Cremona, sede di casello autostradale sull’A4 (TO/PC/CR/BS), confinantea nord con la Regione Lombardia da cui è diviso il fiume Po ed attraversato dal Torrente Chiavenna che a circa 3 Km. Affluisce appunto nel fiume;

Attività commerciali

- Sul territorio comunale sono posizionati circa 85 attività commerciali di cui 7/8 medio strutture di vendita (fra cui la Ditta Driade nota a livello nazionale ed europeo);

- Recentemente il P.T.C.P. ha deliberato l’inserimento in questo comune un centro commerciale non alimentare di circa 30.000 mq. coperti;

- Esistono nr° 19 Pubblici Esercizi tra cui ristoranti tipici come “Il Magaton”, “Trattoria da Ennio” e “Lo Spuntino” che specialmente nei giorni festivi richiamano una numerosa clientela;

Associazioni e manifestazioni

- “Festa per il Po” organizzata per circa 15 gg. consecutivi nel mese di giugno dall’Associazione EL BELENSEI; - “Festa del Pescatore” organizzata a maggio dal Circolo ANSPI di Roncarolo; - Cena sotto le Stelle (Agosto), Manifestazioni Natalizie organizzate dalla Pro Loco, Giornata del Donatore

dall’Avis Caorso; - Mostre fotografiche organizzate dal Circolo Gruppo 98 di Caorso, - Gare di motonautica a livello Nazionale Europeo e Mondiale organizzate dall’Associazione Circolo Nautico

Chiavenna nel tratto di fiume Po di fronte alla foce del torrente Chiavenna;

• Dal punto di vista sportivo: - Le squadre delle città limitrofe Piacenza e Cremona mutano nel campionato di Serie B per cui i numerosi

sportivi che seguono le partite devono transitare sul territorio comunale; - la squadra locale US. Caorso che milita nella I° categoria del campionato regionale emiliano; - le due associazioni ciclistiche amatoriali “Pedale Caorsano” e “VeloClub Caorso” organizzano nelle

giornate festive diverse gare ciclistiche richiamando numerosi appassionati; - Il Gruppo Marciatori Avis di Caorso organizza sul territorio nr° 3 marce annuali del calendario Podistico

Amatoriale Piacentino;

Caorso offre Mercato tradizionale

Ogni Lunedi mattina dalle ore 7,30 alle ore 13,00 - Via Roma - Una grande varietà di banchetti colora l’area di voci e profumi e offre a chi passa tantissime opportunità di acquisto: dalla verdura e frutta, formaggi e ortaggi di ogni genere, a capi di abbigliamento,a fiori e piante ed altro ancora.

Fiera di Primavera

Ultima domenica del mese di maggio Luna Park - stands gastronomici - bancarelle – spettacoli

Fiera di Settembre

Seconda domenica del mese Luna Park - stands gastronomici - bancarelle - spettacoli

Mostra – Mercato Ricordi del Passato Quarta domenica del mese (Sospeso nei mesi di Dicembre e Gennaio)

Caurs ad vanarde d’sira

Mercato serale del venerdì - mercato tematico e artisti in strada Ogni venerdì, dalle ore 19,00 alle 24 a partire dal mese di maggio. Nella centrale via Roma un appuntamento diverso con mercato tematico e artisti in strada, organizzato dal Comune di Caorso in collaborazione con il Comitato Commercianti ‘Valorizzare Caorso’.

Caorso è anche il programma di dismissione completa della Centrale Nucleare.

La centrale nucleare di Caorso entrò in funzione

nel 1981 e vi rimase fino all’ottobre del 1986

quando, in seguito all’incidente di Chernobyl, si

approfittò per un programma straordinario di

test di sicurezza richiesti dal Ministero

dell’Industria.

Nonostante l’esito positivo dei test eseguiti

dall’Enea (Ente per le Nuove tecnologie,

l’Energia e l’Ambiente) e dalla Iaea (Agenzia

Internazionale per l’Energia Atomica), e in

seguito ai risultati del referendum popolare

del 1987, la centrale di Caorso veniva messa fuori servizio. E’ il 1990. Ben 11 anni dopo, nel 2001, il governo si accorda con Enel per una “dismissione accelerata” della centrale, che viene definitivamente chiusa. E’ attualmente in corso la dismissione completa della Centrale che porterà a recuperare completamente l’area che potrà essere utilizzata, una volta libera, per scopi turistici e naturalistici. ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ La centrale di Caorso è la più recente e la più grande delle centrali nucleari realizzate in Italia. E’ stata progettata e realizzata dal raggruppamento ENEL – Ansaldo Meccanica Nucleare -GETSCO. Il reattore di Caorso ha raggiunto la prima criticità il 31.12.1977 e il primo parallelo con la rete nazionale è stato effettuato il 23.05.1978. La centrale è in condizioni di arresto a freddo dal 25.10.1986 data in cui fu fermata per la IV ricarica del combustibile. L’impianto non è più stato riavviato per effetto del mutamento degli indirizzi di politica energetica a seguito dei risultati del referendum del 1987. Il 23.11.1998 è stata completata la scarica completa del nocciolo e il combustibile è stato trasferito nelle piscine. Nel periodo di esercizio , durato fino al 1986, la centrale ha prodotto complessivamente 29 miliardi di kWh. A seguito della delibera CIPE del luglio 1990, che disponeva la chiusura definitiva dell’impianto, sono stati mantenuti in condizioni idonee al riavviamento tutti i sistemi dell’impianto e l’impianto stesso è stato posto in condizione di conservazione o in esercizio limitatamente ai sistemi utili per l’attività di decommissioning , mentre sugli altri sistemi sono iniziate le attività di smantellamento. Nel 1999 la proprietà della centrale è stata trasferita a SOGIN S.p.A. che ha predisposto e presentato alle Autorità competenti il programma di smantellamento dell’impianto. Attualmente è stoccato presso la centrale di Caorso il materiale utilizzato in fase di esercizio (1032 elementi), trasferito nelle piscine di decadimento. Inoltre risultano immagazzinati rifiuti radioattivi derivanti in massima parte dal periodo di esercizio e in misura minore dalle attività propedeutiche allo smantellamento. Sono stoccati nell’impianto circa 6800 fusti da 220 litri di rifiuti non condizionati, per complessivi 1600 mc. circa.

Il Ministro delle attività produttive Claudio Scajola nel marzo 2006 emanava una “direttiva” recante indirizzi strategici ed operativi alla Soc. SOGIN SPA per il trattamento e riprocessamento all’estero del combustibile nucleare proveniente da centrali nucleari dismesse. La “direttiva” disponeva di valutare i costi e portare a compimento l’operazione di riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato presente nelle centrali di Caorso, Trino, Garigliano nonché la custodia ventennale dello stesso. Nel giugno 2006 il Sindaco inviava una nota a tutti i Sindaci dei comuni sedi di impianti nucleari , invitandoli ad elaborare strategie comuni da proporre agli organi competenti per avviare un percorso tendente ad una soluzione dei problemi relativi, tra l’altro, all’allontanamento dei rifiuti radioattivi, alla dismissione degli impianti e alle indennità spettanti agli enti comunali che hanno sopportato le gravi situazioni connesse all’esistenza di tali realtà. Richiedeva , con la stessa nota, la disponibilità di un incontro per avere un confronto al fine di addivenire alla stesura di un documento comune da inoltrare agli enti preposti e perseguire in sinergia gli obiettivi strategici da condividere. I Comuni di Bosco Marengo, Latina, Rotondella, Saluggia, Sessa Aurunca e Trino Vercellese accoglievano favorevolmente l’iniziativa e, dopo un primo incontro tenutosi il 14 settembre 2006 presso il Comune di Latina, si costituiva in data 10.10.2006, sempre presso il Comune di Latina, il “Coordinamento Nazionale dei Comuni con Servitù Nucleari” , di cui il Sindaco Fabio Callori veniva nominato Coordinatore, e veniva sottoscritto un protocollo d’accordo tendente a velocizzare il processo di dismissione, riprocessamento e riqualificazione territoriale. Scopo di questo tavolo istituzionale è quello di mirare, attraverso un’azione comune, ad intraprendere un percorso efficace per la conclusione dei problemi annosi che hanno certamente determinato un notevole impatto. Con il suindicato Protocollo di accordo, veniva richiesto al Governo l’abrogazione dell’art. 50 “licenza di esercizio” e l’applicazione dell’art. 55 “autorizzazione per la disattivazione degli impianti nucleari” del Dlgs. Nr. 230/95, nonché l’avvio con urgenza delle procedure necessarie per accelerare lo smantellamento completo degli impianti. Viene ribadito il divieto dello stoccaggio a secco sui siti interessati del combustibile irraggiato ancor presente sugli impianti nucleari e il divieto di accogliere, negli stessi, da qualsiasi provenienza, materiali radioattivi o attivati. Si richiedeva l’assegnazione delle commesse relative allo smantellamento ad imprese operanti nei territori sedi di impianti, in modo da coinvolgere l’imprenditoria e la mano d’opera locale, comunque nel pieno rispetto delle normative vigenti; l’applicazione della Legge 368/2003, in particolare dell’art. 1 comma 1 relativo alla sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi e dell’art. 4 che prevede misure di compensazione territoriale a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare. Si richiedeva, altresì, la costituzione in sede locale di Commissioni Paritetiche tra Comune, SOGIN e Prefettura per l’attuazione/verifica dei programmi di smantellamento degli impianti nonché l’istituzione di una sezione provinciale dell’ARPA con specifiche competenza in materia nucleare ed un chiaro pronunciamento da parte del Governo in ordine alla strategia riguardante l’individuazione di un deposito nazionale. Infine: la possibilità del riutilzzo di alcuni edifici presenti all’interno degli impianti successivamente al raggiungimento di condizioni di sito privo di vincoli di natura radiologica; la garanzia che tutte l attività si possano svolgere in condizioni di massima sicurezza a seguito del coordinamento dei vari enti preposti; l’impegno di disporre che la SOGIN attui protocolli d’accordo con le singole amministrazioni tenendo conto dei programmi presentati dalle stesse e della specificità dei territori. L’accordo intergovernativo firmato a Lucca in data 24.11.2006 dal rappresentante del Governo della Repubblica Italiana e dal rappresentante del Governo della Repubblica Francese rappresenta un momento

AGGIORNAMENTI SULLA

DISMISSIONE DELLA

CENTRALE

essenziale per addivenire ad una svolta definitiva della dismissione degli impianti e per chiudere il ciclo del nucleare prevedendo il trasferimento del combustibile irraggiato in Francia tra il 2007 e il 2015 per il riprocessamento e il suo rientro in Italia tra il 2020 e il 2025. Altro passaggio dell’accordo di estrema importanza per i nostri territori è che il combustibile al rientro non tornerà più nei siti di provenienza, ma sarà convogliato, in un deposito nazionale realizzato con la concertazione tra Stato Regioni ed Enti Locali e la cui attivazione di esercizio è prevista per il primo semestre 2018. Sono, altresì, previste notevoli penalizzazioni per l’inosservanza di quanto sottoscritto nell’accordo. Ma alle richieste e alle proposte presentate dal coordinamento dei sindaci a livello nazionale, si aggiungono i piccoli e grandi traguardi che man mano anche Caorso sta portando avanti “a casa sua” e la cui direzione è proprio quella di una veloce dismissione della centrale. In quest’ottica, infatti, va letta la richiesta già inoltrata da Sogin al Consorzio di bonifica, di autorizzazione per lo scarico delle acque. Un passaggio indispensabile per l’asfaltatura della zona nei pressi della stazione destinata a breve al carico e allo scarico dei Cask. Ma non solo. Negli ultimi tempi è già avvenuto anche il primo sopralluogo della ditta che si dovrà occupare di realizzare materialmente i lavori alla ferrovia e che, in base alle previsioni, dovrebbero già partire entro i primi mesi del 2007, terminare a metà anno per poi passare successivamente ai primi trasporti. Preparativi per il trasferimento all’estero, quindi, ma non solo. Caorso sta portando avanti anche il discorso legato alla sicurezza e con modalità di intervento evidentemente all’avanguardia se si considera che l’Arpa piacentina è stata contattata da diverse sezioni del Paese per la sua esperienza nel settore e anche a Chernobyl. Proprio in quest’ottica, infatti, lo scorso ottobre il paese ha ospitato la prima esercitazione esterna nel corso della quale è stata simulata la caduta di una barra di uranio. Un evento organizzato dalla Prefettura di Piacenza e dall’Assessorato alla Difesa del Territorio di Caorso anche in vista della riformulazione del Piano di sicurezza che risale ormai agli anni ‘70. Intanto, comunque, proseguono anche gli incontri con Regione Emilia Romagna, Provincia di Piacenza, Comune di Caorso e ARPA per portare avanti la pratica della dismissione. Da questo punto di vista la Regione sta per elaborare un documento concordato che dovrà necessariamente passare in Consiglio Comunale a Caorso per essere condiviso da tutte le forze politiche. Detto documento ha lo scopo di velocizzare il percorso che dovrebbe portare a breve alla modifica dell’attuale licenza di esercizio della centrale in licenza di dismissione. Sono previste due ipotesi di rilascio del sito senza vincoli di natura radiologica così sintetizzabili:

IPOTESI A - Rilascio del sito privo di vincoli radiologici ed eliminazione degli edifici.

L’intervento prevede il rilascio del sito privo di vincoli di natura radiologica e la demolizione degli edifici presenti, fino ad 1 metro di profondità dal piano campagna, pervenendo alla costituzione di una superficie erbosa regolare, a disposizione per eventuali successivi opportuni impieghi,

IPOTESI B – Rilascio del sito senza vincoli radiologici, eliminazione degli edifici e rimozione del rilevato sino a

quota golena, con ripristino dell’alveo in coerenza con il sistema arginale attuale.

Tale ipotesi prevede il riutilizzo di alcuni edifici presenti all’interno della centrale una volta terminate le attività di decontaminazione e di conferimento dei rifiuti radioattivi al deposito nazionale, ossia successivamente al raggiungimento delle condizioni di Sito privo di vincoli di natura radiologica. Le ipotesi progettuali individuate per il riutilizzo degli edifici sono le seguenti:

1. Centro della Protezione Civile 2. Centro polifunzionale di educazione ambientale ed osservazione dell’avifauna acquatica 3. Museo dell’energia nucleare 4. Insediamenti produttivi

Il documento dopo l’approvazione da parte della Regione Emilia Romagna dovrà essere valutato dal competente Ministero al quale spetta la definitiva approvazione. Intanto lo scorso novembre a Roma, il primo cittadino ha preso parte all’incontro con una delegazione francese proprio sul tema del nucleare e della dismissione, per portare avanti una logica di confronto di esperienze e di idee. In detto incontro è emerso che la Francia è riuscita ad approvare nel 2006 una Legge che prevede un piano completo di inventario per la gestione dei rifiuti e un programma di ricerca anche per lo stoccaggio geologico; stabilisce inoltre delle tappe predefinite di verifica e prevede finanziamenti per ricerca, sviluppo e costruzione depositi nonché un comitato di collegamento fra popolazioni e industrie che realizzano le opere. La legge contiene scelte non ideologiche, ma tecniche e scientifiche, è una legge sulla trasparenza sul nucleare con l’obbligo di dare la massima informazione i risultati sono stati resi pubblici. Per la Francia la dismissione rappresenta una normale operazione industriale. Questo percorso si è rivelato una scelta vincente ed è auspicabile che venga seguito anche dall’Italia. In data 09.05.2007 Sogin e Areva – firmano il contratto per riprocessamento in Francia del combustibile nucleare italiano.

Questo contratto fa seguito all’accordo inter-governativo fra Italia e francia sottoscritto il 24 novembre 2006 a Lucca. Il contratto firmato prevede il trasporto, il trattamento e il condizionamento del combustibile nucleare esaurito delle ex centrali nucleari di Caorso (190 tonnellate), Trino (32 tonnellate) e Garigliano (13 tonnellate). Le operazioni di trasferimento del combustibile nucleare esaurito italiano verso l’ impianto Areva presso La

Hague in Francia inizieranno nel 2007 e richiederanno circa 3 anni. Con il trattamento si punta a separare quella parte del combustibile già irraggiato ancora di valore commerciale e di cui Areva ha il compito di trovare come impiegare; mentre la restante parte (intesa come “rifuto finale” di scarso interesse commerciale, definizone non esatta ma che rende bene l’ idea) dopo il trattamento dovrà rientrare in Italia non oltre il 31 dicembre 2025.

Il Santo che vinse la malattia nel nome del Signore

SAN ROCCO, (16 agosto), nacque a Montpellier (Francia) nel 1345. All'età di 20 anni restò orfano di padre e di madre decidendo, forse spronato dalle ultime parole del padre morente, di seguire Gesù Cristo. Diede ai poveri tutti i suoi beni e partì per Roma per venerare la tomba di San Pietro. Il viaggio fu più difficile del previsto: ad Acquapendente c’era la peste, ma invece di allontanarsi per evitare la contaminazione, si fermò per curare gli appestati. Tutto questo venne giudicato da Rocco come la volontà di Dio, e da quel momento, decise di offrire il suo aiuto in quei luoghi ove la peste si diffondeva di più. Giunto a Roma ed adempiuta la venerazione a San Pietro, guarì un cardinale colpito dalla terribile malattia. Durante il viaggio di ritorno, si fermò a Rimini, Cesena e Piacenza. Qui purtroppo Rocco fu colpito dalla peste in modo violento: una grossa piaga lo deturpò ad una gamba. Per non provocare fastidio, si nascose in una povera casupola sulle rive del Po. Per dissetarsi si serviva ad una sorgente, per sfamarsi consumava una pagnotta che gli era portata da un cane (come si vede in tutte le sue iconografie). Ma avvenne l’inaspettato: la sua fede gli permise di sconfiggere il male. Ristabilitosi, Rocco riprese il viaggio di ritorno in Francia, ma purtroppo i problemi non erano finiti: giunto a Voghera venne scambiato per una spia ed incarcerato. In queste condizioni rimase per cinque anni in totale solitudine da cui lo liberò solo la morte avvenuta il 16 Agosto 1378. Le sue reliquie sono onorate a Venezia nella Chiesa che da lui prende il nome; annessa ad essa vi è la scuola di San Rocco dove vi sono alcune opere del famoso pittore Tintoretto. La devozione a San Rocco è diffusa in tutta Italia. La notizia delle guarigioni miracolose dalla peste effettuate in vita e quelle dovute alla sua intercessione dopo la morte accrescono il culto del santo, che viene invocato come protettore contro la peste e le piaghe e come patrono degli invalidi. Inoltre è patrono di chirurghi, restauratori, pellegrini e commercianti di vestiti.

Il Comune di Caorso ha aderito all’Associazione Nazionale San Rocco Italia ed ha contribuito alla realizzazione di un portale internet erogando la somma di € 2.000,00.

PLANIMETRIA GENERALE