Presentato il secondo volume della collana dei «Quaderni del … unit... · 2010. 7. 16. · ta al...

2
Dal Registro ai letti, ecco cosa manca Q ual è la situazione, oggi, in Italia, dell’assistenza all’ic- tus acuto? Ancora oggi la maggior parte degli ictus viene cura- ta al di fuori di una stroke unit , an- che se il vantaggio di queste struttu- re nell’assistenza all’ictus acuto, in termini di ridotta mortalità e disabili- tà, con maggior numero di pazienti dimessi vivi al domicilio, è stato am- piamente dimostrato dalle meta-ana- lisi internazionali e confermato nella popolazione italiana. Il trattamento in stroke unit rispet- to a un reparto non-Su riduce la mor- talità del 3%, riduce la dipendenza del 5% e riduce la istituzionalizzazio- ne del 2 per cento. Il beneficio è ottenuto in tutti i tipi di pazienti, indipendentemente da sesso, età, sot- totipo e gravità dell’ictus. La Su è un’area assistenziale di un ospedale, dedicata e geograficamente definita, che tratta i pazienti con ictus, dotata di personale specializzato in grado di garantire un approccio multidisci- plinare coordinato ed esperto al trat- tamento e all’assistenza. Il suo fun- zionamento si basa su un sistema hub-and-spoke”, cioè una “rete” or- ganizzata su tre livelli operativi, iden- tificati per livelli di complessità dia- gnostico-terapeutica sempre più complessi, e che dovrebbero essere gestiti ove possibile da neurologi, soprattutto nel II e III livello ove sono previste prestazioni specialisti- che caratterizzate dalla trombolisi si- stemica o anche intra-arteriosa, insie- me con tutte le procedure mediche e chirurgiche di riferimento. La Su di primo livello deve far fronte alla stragrande maggioranza degli eventi ictali: è la risposta loca- le, periferica, al fabbisogno di dia- gnosi, ricovero e cura per la maggior parte dei pazienti con ictus cerebra- le. Può essere vista come area di degenza specializzata per pazienti con ictus, dotata di competenze mul- tidisciplinari, di una Tc operativa h24, e di almeno un medico esperto dedicato. Spetta alla Su garantire il massimo e più competente livello di assistenza anche quando la finestra terapeutica sia stata superata o non sia individuabile. In altri termini, la Su rappresenta lo “spoke”, cioè l’as- sistenza periferica all’ictus acuto. Ol- tre a ciò, possono essere un impor- tante momento di differenziazione fra ictus acuto e Tia, patologia che nel 2005 in Italia ha determinato cir- ca 60mila ricoveri con degenza me- dia di sette giorni, e che potrebbe essere gestito con approccio ugual- mente incisivo ma senza degenza. Il loro riferimento, per i casi di maggio- re complessità clinico-terapeutica, sono le Su di II livello, che sono a un tempo hub ma anche spoke nei con- fronti delle Su di III livello. Le stroke unit vengono “accreditate” solo se in possesso dei requisiti minimi sopra riportati e de- vono essere sottoposte a periodici controlli di qualità: l’uso di un regi- stro delle stroke unit a livello regio- nale, in attesa dell’approntamento di un registro nazionale, deve essere incoraggiato allo scopo di verificare la corretta applicazione dei processi di cura più idonei alla luce delle evidenze scientifiche esistenti. Allo stesso modo gli ospedali dotati di stroke unit devono sviluppare proto- colli diagnostico-terapeutici in linea con i tempi ridotti e le risorse neces- sarie per il trattamento precoce dei pazienti con stroke acuto. Secondo i dati dello «Studio Pro- sit» riferiti a un’indagine sui 677 ospedali che ricoverano almeno 50 ictus per anno, meno del 10% degli ospedali è dotato di una Su è la maggior parte (il 75%) delle Su è collocata in ambito neurologico. Le stroke unit di II livello, oltre ai requisiti di quelle di I livello devono poter garantire quanto occorre per effettuare la terapia fibrinolitica en- dovenosa, una pronta disponibilità neurochirurgica (anche in altra sede con supporto tecnologico telediagno- stico), la Tc cerebrale, e/o angio- TcC h24 con apparecchio volumetri- co multistrato ad almeno 16 strati (possibilmente 64 strati e/o Rm ence- falo, Rm Dwi, angio-RmM), una dia- gnostica neurosonologica epiaortica e intracranica (erogata da personale dedicato o dallo specialista neurova- scolare), e la ecocardiografia Tt e Te. Il team medico deve prevedere la presenza di un neurologo h24/7, la disponibilità di un radiologo h24/7 o collegato in telemedicina per la refer- tazione in tempo reale e l’operatività di protocolli e procedure per il tratta- mento dello stroke con approccio endovascolare, neurochirurgico o di chirurgia vascolare, attraverso un col- legamento con la Su di III livello (l’ hub finale). L’alta intensità terapeutica di que- sti pazienti richiede la presenza, nel- la Su di II livello, di personale infer- mieristico formato e terapisti della riabilitazione, e ovviamente la pre- senza, nella stessa azienda, di un Dea, di un reparto/servizio di riabili- tazione per interni e di una unità intensiva multidisciplinare: è raziona- le che la Su di II livello sia creata in aziende dove sia presente almeno una Neurologia, perché questo porta a una netta riduzione del costo attra- verso l’ottimizzazione delle risorse (es. la guardia neurologica h24/7 può essere in comune tra stroke unit e reparto). Le stroke unit di III livello rappre- sentano infine i centri di riferimento/ eccellenza del Ssn e devono essere localizzate nelle Ao dotate di tutte le specialità necessarie ad affrontare tut- te le necessità dell’urgenza e dell’ele- zione (dalla fibrinolisi intra-arteriosa alla trombectomia meccanica, all’ap- plicazione di stent, all’endoarteriecto- mia in urgenza ecc.). Per le Su di II e III livello, la disciplina di riferimento per l’orga- nizzazione delle stroke unit è, di nor- ma, la Neurologia (dipartimenti, Presentato il secondo volume della collana dei «Quaderni del ministero della Salute» Stroke unit, talismano anti-ictus IL FABBISOGNO DI ASSISTENZA Costo annuo di una stroke unit (8 p.l., tasso occ. 80%) Costi in euro Personale 1.000.000 Prestazioni diagnostiche 262.800 Terapia 61.320 Attrezzature (manut., ammort., gestione) 82.000 Costi generali 10% 140.612 Totale 1.546.732 Fonte: Spread 2007 Riducono la mortalità del 3% ma esistono in meno del 10% degli ospedali Tempi raccomandati per la gestione dell’ictus R icordiamo che tutte le stroke unit devono avere personale esperto e formato e applicare percorsi di cura pre- definiti e omogenei, che comprendano anche la continuità riabilitativa. Le stroke unit vengono “accreditate” solo se in possesso dei requisiti minimi sopra riportati, e devono essere sottopo- ste a periodici controlli di qualità e l’in- troduzione di un Registro nazionale del- le stroke unit viene da noi incoraggiata allo scopo di verificare la corretta appli- cazione dei processi di cura più idonei alla luce delle evidenze scientifiche esi- stenti. Gli ospedali dotati di stroke unit devono sviluppare protocolli diagnosti- co-terapeutici in linea con i tempi ridotti e le risorse necessarie per il trattamento precoce dei pazienti con stroke acuto. Ma quante Su (stroke unit) servono? Il fabbisogno di letti dedicati in Su (di I, II e III livello) è gene- ralmente previsto in ot- to letti per 100-200mi- la abitanti. Basandosi sui 129.200 casi di ic- tus dimessi ogni anno nel nostro Paese e con- siderando una degenza media di 8,4 giorni, oc- correrebbero 2.970 letti. Il fabbisogno in Italia corrisponde a circa 50 letti per milione di abitanti. Un obiettivo realisti- co per i prossimi anni appare quello di tre Su di otto letti tra II e III livello per milione di abitanti, accompagnate da tre-sei Su di I livello che dovrebbero teoricamente gradualmente acquisire il livello superiore. Questo obiettivo può essere realizzato semplicemente e a co- sti assolutamente contenuti attraverso la riorganizzazione delle risorse sanitarie già impegnate nell’assistenza all’ictus acuto, a partire dalle Uo di Neurologia, e attraverso la realizzazione di percorsi assistenziali e riabilitativi integrati. È chiaro che per la determinazione dei costi divengono di assoluta rilevanza i requisiti previsti per la Su considerata. In linea di massima, tuttavia, una valuta- zione di costi per le unità di primo e secondo livello si può considerare super- flua, in particolare alla luce del fatto che entrambe le tipologie dovrebbero deriva- re dalla conversione di posti letto già esistenti e dalla “specializzazione” di personale medico già in carico presso una Unità operativa complessa, nell’am- bito della quale si vada a configurare la stroke unit come Unità operativa sempli- ce. In pratica per l’attuazione di questo tipo di Unità si opererebbe a costo zero, anche se risorse dell’ospedale vanno de- stinate ai processi di conversione e desti- nazione propri della realizzazione di una nuova Unità operativa. Nel caso di una stro- ke unit di III livello, il calcolo economico è re- lativamente semplice anche alla luce del fat- to che il modello assi- stenziale e organizzati- vo di questa Unità, così come descritto nel pre- cedente paragrafo, comprende una strut- tura (generalmente una Uo complessa), attorno alla quale ruotano approcci dia- gnostico-terapeutici che convergono sul- la patologia cerebrovascolare (acuta e d’elezione in qualche caso), ma che ven- gono effettuati da varie Uo (Neuroradio- logia terapeutica, Neuroradiologia, Labo- ratorio, Chirurgia vascolare, Neurochi- rurgia, Centro trombosi) che già gravita- no, già collaborano, già operano insieme alla stroke unit e al suo personale medi- co e non medico. Si verrebbe cioè a determinare un vero e proprio Diparti- mento funzionale, nel quale non è so- stanzialmente rilevante che la Su sia una Uo complessa o semplice, quanto, piutto- sto, che svolga in sintonia, efficienza ed efficacia, gli interventi previsti nello stro- ke in fase acuta, prevedendo la continui- tà con l’intervento riabilitativo appena possibile. Una funzione non più solo assisten- ziale, ma anche culturale che ricade sul- le Su è la diffusione della consapevolez- za nella popolazione di cosa è l’ictus e di cosa bisogna fare. Ricordiamoci che «Time is brain, il tempo è cervello», e che un pronto riconoscimento dell’ictus significa arrivare prima all’ospedale, e quindi poter essere curati. Per chi arriva troppo tardi la finestra terapeutica del- l’ischemia cerebrale si è già chiusa. A oggi, solo il 22% dei pazienti affetti da ictus raggiunge il pronto soccorso entro le tre ore dall’esordio della malattia e solo il 21% di essi ha consapevolezza di malattia. C’è molto, moltissimo da fare. Ma c’è moltissimo da fare anche den- tro l’ospedale, e dentro l’organizzazione assistenziale che porta il paziente con ictus acuto al Dea. Vediamo qualche numero, dalla espe- rienza della nostra Su al Policlinico Um- berto I. In sei mesi di durata dello stu- dio, nell’area della Roma A e Roma G, dove vive quasi un milione di persone, dove ci sono 12 ospedali, quattro Dea di I livello e sette pronto soccorso, le 115 postazioni del 118 hanno effettuato 3.810 soccorsi per “sospetto ictus”. Di questi, sono stati ricoverati nei quattro Dea dell’area 1.684 pazienti: il 44 per cento. Gli ictus confermati sono stati 1.532: cioè il 91% dei sospetti, ed è un bel risultato, ma solo il 40% dei “soccorsi per sospetto ictus”. Ci siamo persi il 60% delle chiamate al pronto soccorso e non sappiamo chi sono, dove vanno, cosa hanno ecc. Erano casi di ictus? Non lo erano? Il Ssn non lo sa. Dei 1.532 ictus confermati, quelli eligi- bili per ricovero in Su, cioè più giovani di 80 anni, e con esordio dei sintomi entro le sei ore, erano 654: il 43 per cento. Perché questa selezione? Perché la Su di riferimento era, ed è, principal- mente rivolta ad applicare la terapia di trombolisi. Ricordiamoci comunque che anche tutti gli altri casi di ictus acuto si gioverebbero del ricovero in Su, e la loro minore durata di degenza e migliore outcome clinico farebbe rispar- miare un bel gruzzoletto alle nostre Asl e al Ssn. Con questa selezione per età e per “freschezza” dei sintomi, i pazienti che entrano in Su sono solo il 17% dei pazienti. E di questa residua magra coor- te, i pazienti con ischemia cerebrale acuta eleggibili per la trombolisi risulta- no essere 206, cioè il 31 per cento. Più dei due terzi dei pazienti eleggibili per tromboli- si non sono in realtà ischemici, ma altro: emorragie, Esa, altro. E quanti ne abbiamo poi trattati con trombo- lisi? Solo 17. È l’8% di quelli eleggibi- li, e solo lo 0,4% delle chiamate al 118 per “sospetto ictus”. Per non rientrare in uno scenario da “tanto rumore per nulla” bisognerebbe capire, chiarire, entrare dentro tutte que- ste tappe, questi numeri, queste emorra- gie di pazienti step-by-step. Si impone, comunque, la necessità di campagne di informazione, a partire dalle fasce più giovani della popolazione, al fine di crea- re e implementare l’informazione sull’ic- tus, non solo per la corretta prevenzione ma anche per il riconoscimento dei suoi sintomi nella fase acuta e per diffondere la consapevolezza che quanto più preco- ce è il suo trattamento tanto più questo sarà efficace per ridurne i danni. Sappiamo peraltro, come già detto so- pra, che dei 500 casi di ictus Acuto che ogni giorno arrivano ai pronto soccorso, solo 125 circa guariscono. Sappiamo che anche implementando al massimo la tera- pia più efficace, cioè la trombolisi, e mettendo in grado Su di I, di II e di III livello in grado di farla a quanti più pa- zienti possibile, questo numero può au- mentare, certamente, ma che comunque molti pazienti continueranno a morire, molti a restare con una invalidità. E qui entra in gioco il percorso riabilitativo, il percorso del post-acuzie, necessario sia per non “intasare” tutto il sistema delle Su, sia per la gestione delle complicanze dello stroke, ma anche il raggiungimento finale della miglior qualità di vita possibi- le per i pazienti sopravvissuti, con parti- colare attenzione alle problematiche psi- cosociali che questa patologia comporta. In particolare, i pa- zienti da indirizzare ver- so un istituto di riabili- tazione dovrebbero es- sere selezionati in ac- cordo con riconosciute linee guida post-ictus, riducendo così la sog- gettività dei giudizi di selezione. La condizione ideale prevede- rebbe che gli ospedali dove risiedono le Su disponessero essi stessi di reparti di riabilitazione adeguati. In mancanza, ap- pare necessario convenzionare strutture esterne che garantiscano l’assorbimento e che siano in grado di provvedere alle necessità riabilitative dei pazienti ma an- che di continuare e monitorare gli effetti di terapie internistiche di un certo impe- gno. Altrettanto indispensabile appare la disponibilità preferenziale e pronta per tutte le Su di letti di lungo degenza/Rsa, per quella quota ineliminabile di pazien- ti per i quali il trattamento riabilitativo intensivo non è indicato e che altrimenti rischierebbero di bloccare l’indispensabi- le turn over delle Su. Triage - presa in carico 10 min. Esecuzione con referto degli esami ematochimici 30 min. Contemporaneamente all’esecuzione degli esami ematochimici: Valutazione clinica 15 min. Valutazione neurologica e Nihss 15 min. Esecuzione e valutazione Tc cerebrale 15 min. Esecuzione e valutazione Rm Dwi Pwi Angio 30 min. Consenso informato 5 min. Tempo “door to needle” 45-90 min. Fonte: Nihss, National Institutes of Health Stroke Scale Ogni anno dimessi 129.200 casi Va implementata la riabilitazione 8 18-24 maggio 2010 F OCUS

Transcript of Presentato il secondo volume della collana dei «Quaderni del … unit... · 2010. 7. 16. · ta al...

  • Dal Registro ai letti, ecco cosa manca

    Q ual è la situazione, oggi, inItalia, dell’assistenza all’ic-tus acuto? Ancora oggi lamaggior parte degli ictus viene cura-ta al di fuori di una stroke unit, an-che se il vantaggio di queste struttu-re nell’assistenza all’ictus acuto, intermini di ridotta mortalità e disabili-tà, con maggior numero di pazientidimessi vivi al domicilio, è stato am-piamente dimostrato dalle meta-ana-lisi internazionali e confermato nellapopolazione italiana.

    Il trattamento in stroke unit rispet-to a un reparto non-Su riduce la mor-talità del 3%, riduce la dipendenzadel 5% e riduce la istituzionalizzazio-ne del 2 per cento. Il beneficio èottenuto in tutti i tipi di pazienti,indipendentemente da sesso, età, sot-totipo e gravità dell’ictus. La Su èun’area assistenziale di un ospedale,dedicata e geograficamente definita,che tratta i pazienti con ictus, dotatadi personale specializzato in gradodi garantire un approccio multidisci-plinare coordinato ed esperto al trat-tamento e all’assistenza. Il suo fun-zionamento si basa su un sistema“hub-and-spoke”, cioè una “rete” or-ganizzata su tre livelli operativi, iden-tificati per livelli di complessità dia-gnostico-terapeutica sempre piùcomplessi, e che dovrebbero esseregestiti ove possibile da neurologi,

    soprattutto nel II e III livello ovesono previste prestazioni specialisti-che caratterizzate dalla trombolisi si-stemica o anche intra-arteriosa, insie-me con tutte le procedure mediche echirurgiche di riferimento.

    La Su di primo livello deve farfronte alla stragrande maggioranzadegli eventi ictali: è la risposta loca-le, periferica, al fabbisogno di dia-gnosi, ricovero e cura per la maggiorparte dei pazienti con ictus cerebra-le. Può essere vista come area didegenza specializzata per pazienticon ictus, dotata di competenze mul-tidisciplinari, di una Tc operativah24, e di almeno un medico espertodedicato. Spetta alla Su garantire ilmassimo e più competente livello diassistenza anche quando la finestraterapeutica sia stata superata o nonsia individuabile. In altri termini, laSu rappresenta lo “spoke”, cioè l’as-sistenza periferica all’ictus acuto. Ol-tre a ciò, possono essere un impor-tante momento di differenziazionefra ictus acuto e Tia, patologia chenel 2005 in Italia ha determinato cir-ca 60mila ricoveri con degenza me-dia di sette giorni, e che potrebbeessere gestito con approccio ugual-mente incisivo ma senza degenza. Illoro riferimento, per i casi di maggio-re complessità clinico-terapeutica,sono le Su di II livello, che sono a un

    tempo hub ma anche spoke nei con-fronti delle Su di III livello.

    Le stroke unit vengono“accreditate” solo se in possesso deirequisiti minimi sopra riportati e de-vono essere sottoposte a periodicicontrolli di qualità: l’uso di un regi-stro delle stroke unit a livello regio-

    nale, in attesa dell’approntamento diun registro nazionale, deve essereincoraggiato allo scopo di verificarela corretta applicazione dei processidi cura più idonei alla luce delleevidenze scientifiche esistenti. Allostesso modo gli ospedali dotati distroke unit devono sviluppare proto-

    colli diagnostico-terapeutici in lineacon i tempi ridotti e le risorse neces-sarie per il trattamento precoce deipazienti con stroke acuto.

    Secondo i dati dello «Studio Pro-sit» riferiti a un’indagine sui 677ospedali che ricoverano almeno 50ictus per anno, meno del 10% degliospedali è dotato di una Su è lamaggior parte (il 75%) delle Su ècollocata in ambito neurologico.

    Le stroke unit di II livello, oltre airequisiti di quelle di I livello devonopoter garantire quanto occorre pereffettuare la terapia fibrinolitica en-dovenosa, una pronta disponibilitàneurochirurgica (anche in altra sedecon supporto tecnologico telediagno-stico), la Tc cerebrale, e/o angio-TcC h24 con apparecchio volumetri-co multistrato ad almeno 16 strati(possibilmente 64 strati e/o Rm ence-falo, Rm Dwi, angio-RmM), una dia-gnostica neurosonologica epiaorticae intracranica (erogata da personalededicato o dallo specialista neurova-scolare), e la ecocardiografia Tt eTe.

    Il team medico deve prevedere lapresenza di un neurologo h24/7, ladisponibilità di un radiologo h24/7 ocollegato in telemedicina per la refer-tazione in tempo reale e l’operativitàdi protocolli e procedure per il tratta-mento dello stroke con approccio

    endovascolare, neurochirurgico o dichirurgia vascolare, attraverso un col-legamento con la Su di III livello(l’hub finale).

    L’alta intensità terapeutica di que-sti pazienti richiede la presenza, nel-la Su di II livello, di personale infer-mieristico formato e terapisti dellariabilitazione, e ovviamente la pre-senza, nella stessa azienda, di unDea, di un reparto/servizio di riabili-tazione per interni e di una unitàintensiva multidisciplinare: è raziona-le che la Su di II livello sia creata inaziende dove sia presente almenouna Neurologia, perché questo portaa una netta riduzione del costo attra-verso l’ottimizzazione delle risorse(es. la guardia neurologica h24/7può essere in comune tra stroke unite reparto).

    Le stroke unit di III livello rappre-sentano infine i centri di riferimento/eccellenza del Ssn e devono esserelocalizzate nelle Ao dotate di tutte lespecialità necessarie ad affrontare tut-te le necessità dell’urgenza e dell’ele-zione (dalla fibrinolisi intra-arteriosaalla trombectomia meccanica, all’ap-plicazione di stent, all’endoarteriecto-mia in urgenza ecc.).

    Per le Su di II e III livello, ladisciplina di riferimento per l’orga-nizzazione delle stroke unit è, di nor-ma, la Neurologia (dipartimenti,

    Presentato il secondo volume della collana dei «Quaderni del ministero della Salute»

    Stroke unit, talismano anti-ictus

    IL FABBISOGNO DI ASSISTENZA

    Costo annuo di una stroke unit (8 p.l., tasso occ. 80%)

    Costi in euroPersonale 1.000.000Prestazioni diagnostiche 262.800Terapia 61.320Attrezzature (manut., ammort., gestione) 82.000Costi generali 10% 140.612Totale 1.546.732Fonte: Spread 2007

    Riducono la mortalità del 3% ma esistono in meno del 10% degli ospedali

    Tempi raccomandati per la gestione dell’ictus

    R icordiamo che tutte le stroke unitdevono avere personale esperto eformato e applicare percorsi di cura pre-definiti e omogenei, che comprendanoanche la continuità riabilitativa.

    Le stroke unit vengono “accreditate”solo se in possesso dei requisiti minimisopra riportati, e devono essere sottopo-ste a periodici controlli di qualità e l’in-troduzione di un Registro nazionale del-le stroke unit viene da noi incoraggiataallo scopo di verificare la corretta appli-cazione dei processi di cura più idoneialla luce delle evidenze scientifiche esi-stenti. Gli ospedali dotati di stroke unitdevono sviluppare protocolli diagnosti-co-terapeutici in linea con i tempi ridottie le risorse necessarie per il trattamentoprecoce dei pazienti con stroke acuto.

    Ma quante Su (stroke unit) servono?Il fabbisogno di letti dedicati in Su (di I,II e III livello) è gene-ralmente previsto in ot-to letti per 100-200mi-la abitanti. Basandosisui 129.200 casi di ic-tus dimessi ogni annonel nostro Paese e con-siderando una degenzamedia di 8,4 giorni, oc-correrebbero 2.970 letti. Il fabbisogno inItalia corrisponde a circa 50 letti permilione di abitanti. Un obiettivo realisti-co per i prossimi anni appare quello ditre Su di otto letti tra II e III livello permilione di abitanti, accompagnate datre-sei Su di I livello che dovrebberoteoricamente gradualmente acquisire illivello superiore. Questo obiettivo puòessere realizzato semplicemente e a co-sti assolutamente contenuti attraverso lariorganizzazione delle risorse sanitariegià impegnate nell’assistenza all’ictusacuto, a partire dalle Uo di Neurologia,e attraverso la realizzazione di percorsiassistenziali e riabilitativi integrati.

    È chiaro che per la determinazionedei costi divengono di assoluta rilevanza

    i requisiti previsti per la Su considerata.In linea di massima, tuttavia, una valuta-zione di costi per le unità di primo esecondo livello si può considerare super-flua, in particolare alla luce del fatto cheentrambe le tipologie dovrebbero deriva-re dalla conversione di posti letto giàesistenti e dalla “specializzazione” dipersonale medico già in carico pressouna Unità operativa complessa, nell’am-bito della quale si vada a configurare lastroke unit come Unità operativa sempli-ce. In pratica per l’attuazione di questotipo di Unità si opererebbe a costo zero,anche se risorse dell’ospedale vanno de-stinate ai processi di conversione e desti-nazione propri della realizzazione di unanuova Unità operativa.

    Nel caso di una stro-ke unit di III livello, ilcalcolo economico è re-lativamente sempliceanche alla luce del fat-to che il modello assi-stenziale e organizzati-vo di questa Unità, cosìcome descritto nel pre-

    cedente paragrafo, comprende una strut-tura (generalmente una Uo complessa),attorno alla quale ruotano approcci dia-gnostico-terapeutici che convergono sul-la patologia cerebrovascolare (acuta ed’elezione in qualche caso), ma che ven-gono effettuati da varie Uo (Neuroradio-logia terapeutica, Neuroradiologia, Labo-ratorio, Chirurgia vascolare, Neurochi-rurgia, Centro trombosi) che già gravita-no, già collaborano, già operano insiemealla stroke unit e al suo personale medi-co e non medico. Si verrebbe cioè adeterminare un vero e proprio Diparti-mento funzionale, nel quale non è so-stanzialmente rilevante che la Su sia unaUo complessa o semplice, quanto, piutto-sto, che svolga in sintonia, efficienza ed

    efficacia, gli interventi previsti nello stro-ke in fase acuta, prevedendo la continui-tà con l’intervento riabilitativo appenapossibile.

    Una funzione non più solo assisten-ziale, ma anche culturale che ricade sul-le Su è la diffusione della consapevolez-za nella popolazione di cosa è l’ictus edi cosa bisogna fare. Ricordiamoci che«Time is brain, il tempo è cervello», eche un pronto riconoscimento dell’ictussignifica arrivare prima all’ospedale, equindi poter essere curati. Per chi arrivatroppo tardi la finestra terapeutica del-l’ischemia cerebrale si è già chiusa. Aoggi, solo il 22% dei pazienti affetti daictus raggiunge il pronto soccorso entrole tre ore dall’esordio della malattia esolo il 21% di essi ha consapevolezza dimalattia. C’è molto, moltissimo da fare.

    Ma c’è moltissimo da fare anche den-tro l’ospedale, e dentro l’organizzazioneassistenziale che porta il paziente conictus acuto al Dea.

    Vediamo qualche numero, dalla espe-rienza della nostra Su al Policlinico Um-berto I. In sei mesi di durata dello stu-dio, nell’area della Roma A e Roma G,dove vive quasi un milione di persone,dove ci sono 12 ospedali, quattro Dea diI livello e sette pronto soccorso, le 115postazioni del 118 hanno effettuato3.810 soccorsi per “sospetto ictus”. Diquesti, sono stati ricoverati nei quattroDea dell’area 1.684 pazienti: il 44 percento. Gli ictus confermati sono stati1.532: cioè il 91% dei sospetti, ed è unbel risultato, ma solo il 40% dei“soccorsi per sospetto ictus”. Ci siamopersi il 60% delle chiamate al prontosoccorso e non sappiamo chi sono, dovevanno, cosa hanno ecc. Erano casi diictus? Non lo erano? Il Ssn non lo sa.Dei 1.532 ictus confermati, quelli eligi-bili per ricovero in Su, cioè più giovani

    di 80 anni, e con esordio dei sintomientro le sei ore, erano 654: il 43 percento. Perché questa selezione? Perchéla Su di riferimento era, ed è, principal-mente rivolta ad applicare la terapia ditrombolisi. Ricordiamoci comunqueche anche tutti gli altri casi di ictusacuto si gioverebbero del ricovero inSu, e la loro minore durata di degenza emigliore outcome clinico farebbe rispar-miare un bel gruzzoletto alle nostre Asle al Ssn.

    Con questa selezione per età e per“freschezza” dei sintomi, i pazienti cheentrano in Su sono solo il 17% deipazienti. E di questa residua magra coor-te, i pazienti con ischemia cerebraleacuta eleggibili per la trombolisi risulta-no essere 206, cioè il31 per cento. Più deidue terzi dei pazientieleggibili per tromboli-si non sono in realtàischemici, ma altro:emorragie, Esa, altro.E quanti ne abbiamopoi trattati con trombo-lisi? Solo 17. È l’8% di quelli eleggibi-li, e solo lo 0,4% delle chiamate al 118per “sospetto ictus”.

    Per non rientrare in uno scenario da“tanto rumore per nulla” bisognerebbecapire, chiarire, entrare dentro tutte que-ste tappe, questi numeri, queste emorra-gie di pazienti step-by-step. Si impone,comunque, la necessità di campagne diinformazione, a partire dalle fasce piùgiovani della popolazione, al fine di crea-re e implementare l’informazione sull’ic-tus, non solo per la corretta prevenzionema anche per il riconoscimento dei suoisintomi nella fase acuta e per diffonderela consapevolezza che quanto più preco-ce è il suo trattamento tanto più questosarà efficace per ridurne i danni.

    Sappiamo peraltro, come già detto so-pra, che dei 500 casi di ictus Acuto cheogni giorno arrivano ai pronto soccorso,solo 125 circa guariscono. Sappiamo cheanche implementando al massimo la tera-pia più efficace, cioè la trombolisi, emettendo in grado Su di I, di II e di IIIlivello in grado di farla a quanti più pa-zienti possibile, questo numero può au-mentare, certamente, ma che comunquemolti pazienti continueranno a morire,molti a restare con una invalidità. E quientra in gioco il percorso riabilitativo, ilpercorso del post-acuzie, necessario siaper non “intasare” tutto il sistema delleSu, sia per la gestione delle complicanzedello stroke, ma anche il raggiungimentofinale della miglior qualità di vita possibi-le per i pazienti sopravvissuti, con parti-colare attenzione alle problematiche psi-cosociali che questa patologia comporta.

    In particolare, i pa-zienti da indirizzare ver-so un istituto di riabili-tazione dovrebbero es-sere selezionati in ac-cordo con riconosciutelinee guida post-ictus,riducendo così la sog-gettività dei giudizi di

    selezione. La condizione ideale prevede-rebbe che gli ospedali dove risiedono leSu disponessero essi stessi di reparti diriabilitazione adeguati. In mancanza, ap-pare necessario convenzionare struttureesterne che garantiscano l’assorbimentoe che siano in grado di provvedere allenecessità riabilitative dei pazienti ma an-che di continuare e monitorare gli effettidi terapie internistiche di un certo impe-gno. Altrettanto indispensabile appare ladisponibilità preferenziale e pronta pertutte le Su di letti di lungo degenza/Rsa,per quella quota ineliminabile di pazien-ti per i quali il trattamento riabilitativointensivo non è indicato e che altrimentirischierebbero di bloccare l’indispensabi-le turn over delle Su.

    Triage - presa in carico 10 min.Esecuzione con referto degli esami ematochimici 30 min.Contemporaneamente all’esecuzione degli esami ematochimici:

    Valutazione clinica 15 min.Valutazione neurologica e Nihss 15 min.Esecuzione e valutazione Tc cerebrale 15 min.Esecuzione e valutazione Rm Dwi Pwi Angio 30 min.Consenso informato 5 min.Tempo “door to needle” 45-90 min.Fonte: Nihss, National Institutes of Health Stroke Scale

    Ogni anno dimessi129.200 casi

    Va implementatala riabilitazione

    8 18-24 maggio 2010FOCUS

  • S e il 18 maggio 2010 potrà essere ricordatocome un grande giorno per il Ssn e per lasalute pubblica italiana dipende da quanto la Salu-te e tutti quanti con essa collaborano riusciranno acomunicare ai responsabili periferici dell’assisten-za le potenzialità e le fattibilità dell’assistenzaall’ictus acuto attraverso il sistema delle strokeunit. Perché le stroke unit?

    Perché di ictus ci si ammala spesso: è la secon-da causa di morte nel mondo.

    Perché di ictus si guarisce poco: nel mondo è laprima causa di invalidità. Perché “time is brain”,“il tempo è cervello”, ovvero: più tempo si perdead arrivare con lacura, più cervellosi perde per non re-cuperarlo mai più.

    A oggi, in Italia,si verificano circa200mila nuovi ic-tus ogni anno: diquesti, l’80% sononuovi episodi; il20% muore entro30 giorni; il 30%entro un anno;complessivamentel’ictus determina il10%-12% di tutti i decessi registrati ogni anno inItalia. Del 70% dei pazienti colpiti da ictus chesopravvivono (150mila l’anno tra nuovi casi erecidive), 50.000 sono perfettamente guariti. Percentomila, resta una invalidità, con autosufficien-za o senza autosufficienza.

    Dire che, a oggi, in Italia si verificano circa200mila nuovi ictus ogni anno, significa che aiPronto soccorso delle nostre Ao arrivano quotidia-namente 500 casi di ictus acuto. Di questi neguariamo, a oggi, solo 125. E pesano per almenodue milioni di giornate di degenza all’anno: unamedia di dieci giorni a paziente.

    Come ha scritto il ministro Ferruccio Fazio

    nella sua introduzione al Quaderno: «Solo 750pazienti con ictus ischemico acutissimo riescono aessere trattati con terapia trombolitica (che puòguarire questi casi): lo 0,4% di tutti gli ictus, il13% degli ictus teoricamente trattabili con trombo-lisi».

    Le stroke unit nascono così, dalla neurofisiopa-tologia sperimentale, dai primi dati Pet, copiandocertamente dalle unità coronariche anche le tera-pie anticoagulanti, antiaggreganti, trombolitiche.Non ci dobbiamo vergognare, noi neurologi, diaver copiato dai cardiologi.

    E tuttora l’attenzione verso la ricerca cardiolo-gica deve esseremassima, negli ope-ratori delle Su. Lostesso dicasi per ilmondo della dia-gnostica per imma-gini. L’apporto del-le neuroimmaginialla comprensionedella situazione fi-siopatologia delcervello ischemicoè stato e resta fon-damentale. E nonci dobbiamo vergo-

    gnare, noi neurologi, di avere imparato dai radiolo-gi a “leggere” le alterazioni di segnale e a tradurlein una diagnosi clinica, in un deficit neurologico,in un deficit cognitivo, cosa ben diversa da unaregione di alterato segnale.

    Perché sappiamo che anche a distanza di unepisodio transitorio, che è passato in pochi minuti,e che abbiamo imparato a chiamare Tia, anchesettimane dopo che tutto è passato, quando leneuroimmagini non rivelano zone di alterato se-gnale, può esservi un deficit cognitivo, ovvero diquella meravigliosa macchina rappresentata dalpensiero umano che è nostro obiettivo tutelare erecuperare.

    «Ricordiamo che il tempo è cervello»

    strutture complesse o piattaforme didegenza condivise tra Neurologia eNeurochirurgia). Il primo specialistache accede al paziente che arrivacon una presentazione a tipo “ictusacuto” è il Neurologo. Nei casi dovela patologia cerebrovascolare acutarichiede l’intervento e la competen-

    za di altri specialisti (neurochirurgo,chirurgo vascolare o endovascolareecc.) il breve ritardo determinato daquesta tappa non pregiudica nullaper il paziente.

    Qualsiasi altro schema organizza-tivo sarebbe potenzialmente danno-so per la stragrande maggioranza dei

    pazienti con ictus acuto che arrivanoin Pronto soccorso.

    a cura diGianni Lenzi

    Ordinario di NeurologiaDip.to Scienze neurologiche

    Ao Umberto I, Roma

    Stroke unit che effettuano la trombolisi in Italia (2003-2007)

    Mortalità per ictus vs infarto acuto

    PER UNA OPERAZIONE DI CULTURA ASSISTENZIALE

    18-24 maggio 2010 9FOCUS