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Presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri

Mario Monti

e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze

Vittorio Grilli

Deliberato dal Consiglio dei Ministri il 10 Aprile 2013

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE I

Il Documento di Economia e Finanza (DEF) è il perno centrale del ciclo di

programmazione economico-finanziaria e di bilancio. Esso rappresenta l’occasione

per guardare al passato ma soprattutto per immaginare il futuro delle politiche

economiche e di bilancio del Paese, in chiave europea.

Quest’anno, tuttavia, l’appuntamento con il DEF cade in un momento

particolare della vita politica e istituzionale del nostro Paese. In seguito alle

elezioni generali del 24 e 25 febbraio, sono in corso le procedure per la

formazione di un nuovo esecutivo. Come previsto dalla Costituzione e ricordato

dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il Governo dimissionario

resta in carica per gli affari correnti e per l’adozione dei provvedimenti urgenti

in materia economica.

La presentazione del Documento di Economia e Finanza costituisce un obbligo

previsto dalla Legge 196 del 2009 (come modificata dalla Legge 39 del 2011), che

il Governo è tenuto ad assolvere per il Paese e per assicurare il rispetto delle

scadenze del ‘semestre europeo’. Coerentemente con la fase di ‘prorogatio’ il

Governo in carica non può formulare orientamenti per il futuro che

presuppongano scelte d’indirizzo politico-legislativo o l’avvio di nuove politiche

di vasto respiro che non siano già state condivise dal Parlamento. Dal punto di

vista economico-finanziario il DEF 2013 assume l’obiettivo di mantenere nel

periodo di riferimento il pareggio di bilancio in termini strutturali, come previsto

dalle regole del Patto di Stabilità e di Crescita dell’Unione Europea, modificate

nel Novembre 2011, e confermate dal Fiscal Compact, e come sancito dalla nostra

Costituzione. Sotto il profilo delle riforme strutturali esso fa il punto di quanto

realizzato nei mesi precedenti e, dove appropriato, elenca le iniziative ancora

necessarie per attuare le riforme già approvate dal Parlamento.

Il nuovo Governo, una volta formato, potrà integrare questo quadro

presentando, se così riterrà opportuno, un’agenda di riforme, con le relative

compatibilità finanziarie, per proseguire il percorso di avvicinamento agli

obiettivi della Strategia Europa 2020.

Anche nel rispetto di questi limiti, la presentazione del DEF è comunque un

passaggio fondamentale, che consente di leggere in modo obiettivo il percorso

delle riforme compiute e di trarre qualche indicazione per l’avvenire.

In primo luogo, il Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di

Riforma consegnano la fotografia di un’azione di risanamento e riforma

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA

II MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

strutturale che ha avuto un’intensità e un’ampiezza che non sempre sono state

colte pienamente nella cronaca giorno per giorno.

Alla fine del 2011, l’Italia si trovava, in una situazione di vulnerabilità alle

tensioni sui mercati internazionali a causa dello stato delle finanze pubbliche e

delle condizioni dell’economia reale. Da oltre un decennio, il sistema economico

e produttivo sperimentava un lento ma costante declino, con tassi di crescita

piatti ed una progressiva perdita di competitività, a causa della stagnazione della

produttività, di un ambiente sfavorevole all’attività di impresa e di altre

debolezze strutturali che frenavano l’adeguamento ad un contesto economico

globale più dinamico e competitivo.

L’esperienza del ‘Governo d’impegno nazionale’, sostenuto in Parlamento da

un’ampia maggioranza delle principali forze politiche, ha consentito di superare

una situazione di stallo che durava da anni e d’intraprendere in un tempo

relativamente breve, un programma d’interventi che ha portato l’Italia fuori

dall’emergenza finanziaria e toccato tutti i settori cruciali della vita economica e

sociale del Paese.

Ne sono testimonianza 45 leggi e decreti legge convertiti dal Parlamento e 24

decreti delegati derivanti da leggi delega adottate dal Governo o dai Governi

precedenti, nonché le centinaia di misure di attuazione, adottate o in via di

finalizzazione, descritte nei diversi capitoli del PNR.

Quest’azione ha permesso innanzitutto il riequilibrio delle finanze

pubbliche. Nel 2012 l’Italia ha riportato il disavanzo pubblico sostanzialmente in

linea con le raccomandazioni in sede europea sotto la soglia del 3 per cento del

PIL%. Nel 2013 inoltre l’Italia conseguirà il pareggio di bilancio in termini

strutturali, adempiendo un impegno assunto alla metà del 2011 dal Governo

italiano dell’epoca. Su questa base, il Consiglio ECOFIN dell’UE si avvia a

decidere, nel prossimo mese di maggio, l’uscita dell’Italia dalla procedura di

deficit eccessivo, in cui era entrata a fine 2009. Un risultato che l’Italia potrà

ottenere senza aver richiesto una proroga dei termini, come hanno fatto altri

Paesi. E senza aver richiesto un’assistenza finanziaria esterna, magari a una

troika di autorità internazionali, perdendo in tal modo parte della sua sovranità e

della sua autonomia nella scelta delle misure per uscire dalla crisi.

La solidità dell’aggiustamento compiuto dall’Italia si riflette

nell’atteggiamento dei mercati internazionali. Il differenziale tra i tassi

d’interesse sui titoli di stato italiani e quelli tedeschi si attesta oggi intorno ai

300 punti base, dopo il picco di 574 punti base raggiunto nel Novembre 2011. Nel

2014 l’avanzo primario sarà pari a circa il 4 per cento, tra i più elevati della zona

euro. Il risanamento delle finanze pubbliche è rafforzato anche grazie a

un’azione incisiva di contenimento e di riqualificazione della spesa pubblica.

Attraverso le due fasi della spending review, sono stati realizzati risparmi di

spesa di circa 11,6 miliardi di euro a regime. I fondi strutturali dell’Unione

Europea, dopo anni di ritardi, sono stati utilizzati in linea con la programmazione

attuata d’intesa con la Commissione, grazie a una riprogrammazione mirata

nell’ambito del Piani di Azione Coesione e a una gestione attenta alla velocità e

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE III

alla migliore efficacia della spesa. Gli squilibri macro economici si stanno

riassorbendo e sono state varate misure per assicurare la regolare riduzione del

debito pubblico.

Un aggiustamento di questa portata, realizzato in tempi ristretti e in un

contesto di debolezza economica e di ricorrenti tensioni sui mercati

internazionali, non può avvenire se non a costo di sacrifici pesanti e senza

scontare conseguenze economiche e sociali nel breve periodo. I dati puntuali di

questi ultimi mesi mostrano la contrazione dell’economia e la crescita di

disoccupazione e del disagio sociale. La recessione iniziata nella seconda metà del

2011 avrà una coda anche nella prima parte dell’anno in corso. Senza un’azione

ferma e credibile di risanamento sarebbe stato impossibile allontanare lo spettro

del collasso finanziario che si prospettava nel Novembre 2011. E se non si fosse

cominciato ad aggredire le debolezze strutturali che lo frenano, il Paese si

sarebbe condannato a una crescita, piatta o negativa anche per molti altri anni a

venire.

Il DEF 2013 mostra che le riforme possono realmente cambiare il corso della

crescita del Paese. Le stime del DEF indicano che le riforme per la competitività e

del mercato del lavoro porteranno a una crescita cumulata aggiuntiva del PIL di

1,6 e 3,9 punti percentuali nel 2015 e nel 2020, e fino a 6,9 punti percentuali in

più rispetto allo scenario base nel lungo periodo. Questo si tradurrà per il nostro

Paese in una crescita potenziale di circa un punto di PIL superiore a quanto

avrebbe potuto avere senza le riforme. E’ la spinta di cui il Paese ha bisogno per

accelerare l’uscita da una crisi che dura da troppo tempo.

TASSO DI CRESCITA POTENZIALE E IMPATTO DELLE RIFORME STRUTTURALI (valori percentuali)

Fonte: Elaborazioni MEF con i modelli ITEM, IGEM e Funzione di Produzione.

I dati sulla crescita futura presentati nel DEF sono costruiti su ipotesi

prudenziali. Ma gli studi quantitativi sugli effetti macroeconomici delle riforme

varate in Italia condotte dall’OCSE e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI)

-1,0

-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Scenario quadro macro/CE

Scenario senza riforme

Scenario con riforme

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA

IV MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

indicano che l’effetto delle riforme può essere ancora più elevato delle stime del

governo.

Per cogliere i frutti delle riforme e dei sacrifici sono però necessarie alcune

condizioni. In primo luogo, occorre saper sfruttare le opportunità offerte da un

quadro europeo oggi più favorevole agli investimenti per la crescita e

l’occupazione. A coronamento di un’azione di pressione a livello europeo, che ha

visto uniti Governo e Parlamento, il Consiglio Europeo di marzo 2013 ha

riconosciuto la necessità di usare tutti gli spazi di flessibilità esistenti nel Patto

di Stabilità e di Crescita per rendere possibile agli Stati Membri, che hanno le

finanze pubbliche in ordine, di stimolare gli investimenti pubblici produttivi. E’

in questo solco si è anche collocata l’apertura della Commissione Europea verso

l’operazione una tantum dell’Italia per pagare i debiti scaduti della pubblica

amministrazione.

Rispetto alla fase più acuta della crisi finanziaria di fine 2011 e inizio 2012,

che ha imposto scelte obbligate in tempi serrati, diventa ora possibile mettere in

campo una strategia più articolata. Una strategia che combini il rientro

sostenibile dal debito eccessivo a riforme per rimuovere le barriere strutturali e

stimolare la produttività e per riavviare gli investimenti pubblici produttivi. In

questo senso il Governo ha potuto sbloccare nei giorni scorsi il pagamento dei

debiti scaduti delle Amministrazioni Pubbliche nei confronti delle imprese. Tale

misura contribuirà non solo a sanare situazioni critiche preesistenti ma anche a

immettere nell’economia reale oltre 40 miliardi di euro, alleggerendo la

pressione sulle imprese in difficoltà per la stretta creditizia.

Per capitalizzare su queste aperture è però cruciale tenere la guardia alta

sulle finanze pubbliche. Da una parte essere tra gli Stati ’virtuosi’ è la premessa

obbligata per usufruire degli spazi che si stanno aprendo a livello europeo.

Dall’altra la riduzione del debito, che è a un livello troppo elevato, è l’unica

strada per ridurre i costi degli interessi ed evitare penalizzazioni da parte dei

mercati finanziari.

Solo restando nella parte preventiva del Patto di Stabilità e di Crescita si

potranno ottenere i margini per completare il pagamento dei debiti scaduti della

PA oltre le risorse già mobilizzate, e per realizzare altri interventi come ridurre

la fiscalità sul lavoro, incentivare l’occupazione stabile e di qualità o per

investire in educazione, ricerca e innovazione.

Infine, è più che mai necessario tenere ferma la barra delle riforme. L’Italia

è oggi ancora molto distante dagli obiettivi che si è posta nel quadro della

Strategia Europa 2020, soprattutto per quanto riguarda l’occupazione, il sostegno

alla ricerca e allo sviluppo e la riduzione della povertà. Gli andamenti della

produttività sono insoddisfacenti. Non è quindi il momento di allentare la presa.

Semmai occorre accelerare per non perdere altro terreno. Per tornare a crescere

non ci sono ricette sostitutive alle riforme per la competitività e la produttività.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE V

Il PNR non contiene, non potrebbe farlo quest’anno, una agenda di priorità

per il futuro. Riporta, invece, l’analisi di quanto fatto e dei suoi primi risultati

indicando le aree dove è maggiormente necessario intervenire per il futuro.

Bisogna continuare sulla strada della revisione della spesa, della lotta

all’evasione fiscale e nel processo di dismissioni del patrimonio immobiliare

pubblico, che deve essere più veloce, per assicurare margini per interventi di

policy prioritari e allo stesso tempo garantire la regolare riduzione del debito. Il

sistema fiscale deve essere rivisto in un senso più semplice e orientato alla

crescita, avviando, quando possibile, la graduale riduzione del livello di pressione

fiscale. Molto resta da fare nel mercato del lavoro, per completare il disegno

delle politiche attive del lavoro, aumentare la partecipazione di donne e giovani,

promuovere il decentramento della negoziazione salariale e ridurre il peso della

tassazione. Formazione, ricerca e innovazione sono aree di debolezza su cui

concentrare gli sforzi. La lotta alla povertà richiede uno sforzo determinato e

un’attenzione prioritaria, pur in una situazione di risorse limitate. E’ necessario

migliorare l’ambiente normativo per le imprese, e quindi l’attrattività per gli

investimenti esteri, e l’accesso al credito In molte aree si tratta di proseguire e

completare le riforme avviate, perché possano produrre pienamente i loro

effetti. E’ il caso della giustizia civile, delle liberalizzazioni, dell’agenda digitale

o del nuovo regime per le start up. In altri settori, come il sostegno all’export, la

politica energetica, le strutture aeroportuali o il turismo, sono state approvate

strategie generali che chiedono di essere tradotte in atti concreti.

Riflettere sulla distanza che ancora separa il nostro Paese dagli obiettivi

della Strategia Europa 2020 è un esercizio ancora più utile in una fase in cui le

forze politiche sono impegnate nella formulazione di un’agenda per la legislatura

appena aperta. Le regole del Patto di Stabilità e di Crescita, gli obiettivi della

Strategia Europa 2020, le priorità dell’Analisi Annuale della Crescita sono una

cornice di riferimento che obbliga a confrontarsi non soltanto su opzioni

ideologiche, ma sulle scelte concrete che fanno la differenza per la crescita,

l’occupazione e la stabilità di un Paese. E’ con questo spirito che consegniamo

questo Documento di Economia e Finanza per il 2013 al confronto delle forze

parlamentari, delle autonomie territoriali e delle parti sociali.

Mario Monti

Presidente del Consiglio dei Ministri

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE VII

INDICE

I. QUADRO COMPLESSIVO E OBIETTIVI DI POLITICA ECONOMICA ......... 1

II. QUADRO MACROECONOMICO ........................................................................ 3

II.1 Scenario internazionale ........................................................................................... 3

II.2 Economia italiana ....................................................................................................... 4

III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO ......................................... 17

III.1 Percorso di risanamento finanziario – Procedura disavanzi eccessivi ................ 17

III.2 Impatto finanziario delle principali riforme ............................................................ 24

III.3 Saldo di bilancio corretto per il ciclo ...................................................................... 26

III.4 Debito pubblico ........................................................................................................ 28

III.5 Evoluzione del rapporto debito/PIL ........................................................................ 32

III.6 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti ........................................................ 34

IV. ANALISI DI SENSITIVITÀ ................................................................................... 39

IV.1 Sensitività alla crescita economica ........................................................................ 39

IV.2 Sensitività ai tassi di interesse ............................................................................... 42

V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE ........................................49

V.1 L’impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla sostenibilità fiscale ....... 49

V.2 La sostenibilità del debito ....................................................................................... 55

V.3 L’analisi di sensitività della dinamica del debito nel lungo periodo ..................... 58

V.4 L’impatto sulla sostenibilità delle riforme pensionistiche .................................... 62

VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE ........................................................ 65

VI.1 Le azioni intraprese e linee di tendenza per i prossimi anni ................................ 65

VII ASPETTI ISTITUZIONALI DELLE FINANZE PUBBLICHE ........................... 81

VII.1 La legge di attuazione del pareggio di bilancio ..................................................... 81

VII.2 Le regole di bilancio ................................................................................................ 84

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE VIII

INDICE DELLE TAVOLE

Tavola I.1 Indicatori di finanza pubblica (in percentuale del PIL)

Tavola II.1 Ipotesi di base

Tavola II.2a Prospettive macroeconomiche

Tavola II.2b Prezzi

Tavola II.2c Mercato del lavoro

Tavola II.2d Conti settoriali

Tavola III.1 Differenze rispetto al precedente Programma di Stabilità

Tavola III.2 Evoluzione dei principali aggregati delle Amministrazioni pubbliche

Tavola III.3 Percorso di risanamento finanziario (in percentuale del PIL)

Tavola III.4 Spese da escludere dalla regola di spesa

Tavola III.5 Scenario a politiche invariate

Tavola III.6 Settore statale – Settore pubblico – Saldi di cassa

(in milioni di euro e in percentuale del PIL)

Tavola III.7 Impatto finanziario delle nuove misure del PNR 2013 (in milioni di euro)

Tavola III.8 La finanza pubblica corretta per il ciclo (in percentuale del PIL)

Tavola III.9 Determinanti del debito pubblico (in percentuale del PIL)

Tavola III.10 Debito delle Amministrazioni pubbliche per sottosettore (in milioni di

euro e in percentuale del PIL)

Tavola IV.1 Sensitività alla crescita

Tavola V.1 Spesa pubblica per pensioni, sanità, assistenza agli anziani, istruzione,

indennità di disoccupazione (2010-2060)

Tavola V.2 Indicatori di sostenibilità di lungo periodo

Tavola VI.1 Effetti cumulati dei provvedimenti varati nel 2012 sull'indebitamento

netto della PA (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

Tavola VI.2 Effetti cumulati delle manovre 2012 sull’indebitamento netto della PA

(valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

Tavola VI.3 Effetti cumulati delle manovre 2012 sull'indebitamento netto della PA

per sottosettore (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

Tavola VI.4 Effetti del D.L. n. 95/2012 sull'indebitamento netto della PA

(valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

Tavola VI.5 Effetti della Legge di Stabilità 2013 sull’indebitamento netto della PA

(valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

Tavola VI.6a Effetti del D.L.n.35/2013 (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di

euro)

Tavola VI.6b Effetti del D.L. n. 35/2013 sull'indebitamento netto della PA (valori al

lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

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INDICE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE IX

Tavola VI.6c Effetti del D.L. n. 35/2013 sull'indebitamento netto della PA per

sottosettore (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

Tavola VI.6d Effetti delle principali misure del D.L. n. 35/2013 sull'indebitamento

netto della PA (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

X MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

INDICE DELLE FIGURE

Figura II.1 PIL reale, PIL potenziale e chiusura output gap

Figura II.2 Volumi delle esportazioni e delle importazioni per area geografica -2012

Figura II.3 Volumi delle esportazioni e delle importazioni per settore -2012

Figura III.1 Evoluzione della curva dei rendimenti dei titoli di Stato

Figura III.2 Differenziale di rendimento BTP-BUND-BENCHMARK 10 anni

Figura III.3 Differenziale di rendimento titoli di Stato 10 anni vs 2 anni

Figura III.4 Evoluzione del rapporto debito/PIL (al lordo e al netto dei sostegni ai

Paesi euro)

Figura III.5 Combinazioni tra avanzo primario, tasso di crescita e tassi di interesse

nominali che consentono di rispettare il benchmark del debito al 2015 e

al 2017

Figura IV.1 Sensitività dell’indebitamento netto alla crescita

Figura IV.2 Sensitività del debito pubblico alla crescita

Figura IV.3 Composizione dello stock dei titoli di Stato domestici

Figura IV.4 Vita media e durata finanziaria dei titoli di Stato

Figura IV.5 Spesa per interessi in rapporto al PIL e costo medio ponderato

all'emissione

Figura V.1 La dinamica del debito - Confronto con il precedente Programma di

Stabilità (in percentuale del PIL)

Figura V.2 Sensitività del debito pubblico a una riduzione del flusso netto di

immigrati e a un aumento della speranza di vita di 1 anno (in

percentuale del PIL)

Figura V.3 Sensitività del debito pubblico alle ipotesi macroeconomiche. Maggiore e

minore crescita della produttività (in percentuale del PIL)

Figura V.4 Sensitività del debito pubblico alle ipotesi macroeconomiche. Tassi di

occupazione e tassi di attività degli anziani e delle donne (in percentuale

del PIL)

Figura V.5 Sensitività’ del debito pubblico alle ipotesi della spesa sanitaria nel risk

scenario (in percentuale del PIL)

Figura V.6 Sensitività del debito pubblico all’avanzo primario (in percentuale del PIL)

Figura V.7 L’impatto delle riforme sul rapporto debito/PIL (in percentuale del PIL)

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INDICE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE XI

INDICE DEI BOX

Cap. II Gli effetti dell’accelerazione nei pagamenti dei debiti della P.A.

L’impatto complessivo sulla crescita delle misure strutturali del 2012

La performance delle imprese manifatturiere italiane durante la crisi

Recenti andamenti dello spread dei titoli del debito italiano rispetto al

bund tedesco

Cap. III La regola di spesa

Cap. V La riforma del sistema pensionistico

Garanzie concesse dallo Stato

Cap. VI Impatto macroeconomico delle manovre di correzione dei conti pubblici

adottate nel 2012

Contrasto all’evasione fiscale

Aiuto pubblico allo sviluppo italiano (APS)

Cap. VII La governance del sistema della spesa sanitaria

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 1

I. QUADRO COMPLESSIVO E OBIETTIVI DI POLITICA

ECONOMICA

Il graduale miglioramento della situazione sui mercati finanziari registratosi

nell’Area dell’Euro nel 2012 non si è ancora pienamente trasmesso all’economia

reale ritardando la ripresa economica. In Italia la recessione iniziata nella seconda

metà del 2011, si è protratta per tutto il 2012. Nella media dell’anno il PIL si è

ridotto del 2,4 per cento in termini reali, confermando le stime diffuse a

settembre nella Nota di Aggiornamento del DEF.

TAVOLA I.1: INDICATORI DI FINANZA PUBBLICA (in percentuale del PIL)

2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

NUOVO TENDENZIALE (1)

Indebitamento netto -3,8 -3,0 -2,9 -1,8 -1,7 -1,3 -1,0

Variazione cumulata indebitamento netto 2015-2017 0,2 0,4 0,6

QUADRO PROGRAMMATICO AGGIORNATO

Indebitamento netto -3,8 -3,0 -2,9 -1,8 -1,5 -0,9 -0,4

Saldo primario 1,2 2,5 2,4 3,8 4,3 5,1 5,7

Interessi 5,0 5,5 5,3 5,6 5,8 6,0 6,1

Indebitamento netto strutturale (2) -3,5 -1,2 0,0 0,4 0,0 0,0 0,0

Variazione strutturale -0,2 -2,3 -1,1 -0,4 0,4 0,0 0,0

Debito Pubblico (lordo sostegni) (3) 120,8 127,0 130,4 129,0 125,5 121,4 117,3

Debito Pubblico (netto sostegni) (3) 120,0 124,3 126,9 125,2 121,8 117,8 113,8

MEMO: Relazione al Parlamento (marzo 2013)

Indebitamento netto tendenziale (4) -3,8 -3,0 -2,9 -1,8

MEMO: NOTA AGGIORNAMENTO AL DEF 2012 (Settembre 2012)

Indebitamento netto -3,9 -2,6 -1,8 -1,5 -1,3

Saldo primario 1,0 2,9 3,8 4,4 4,8

Interessi 4,9 5,5 5,6 5,9 6,1

Indebitamento netto strutturale (2) -3,6 -0,9 0,0 -0,2 -0,4

Variazione strutturale 0,0 -2,8 -0,9 0,3 0,2

Debito Pubblico (lordo sostegni) (5) 120,7 126,4 126,1 123,1 119,9

Debito Pubblico (netto sostegni) (5) 119,9 123,3 122,3 119,3 116,1

PIL nominale (val. assoluti x 1.000) (6) 1.578,5 1.565,9 1.573,2 1.624,0 1.677,7 1.731,3 1.785,9

1) Le stime includono la prosecuzione del regime di tassazione degli immobili istituito dal D.L. n. 201 del 2011 dal 2015.

In assenza, il livello dell’indebitamento netto risulterebbe pari negli anni 2015, 2016 e 2017 rispettivamente al -2,5; 2,1

e -1,8 per cento del PIL.

2) Strutturale: al netto delle una tantum e della componente ciclica.

3) Al lordo ovvero al netto della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia e del programma ESM.

Per gli anni 2011 e 2012 l’ammontare di tali prestiti agli Stati membri dell'UEM (bilaterali o attraverso EFSF) è pari

rispettivamente a 13.118 e 36.932 miliardi. Le stime per gli anni 2013-2017 includono i proventi da privatizzazioni per

un ammontare pari a circa 1 punto percentuale di PIL all’anno.

4) Include gli effetti sull’indebitamento netto, derivanti dall’attuazione dell’accelerazione dei pagamenti dei debiti

pregressi delle P.A., valutati dell’ordine dello 0,5 per cento del PIL nel 2013.

5) Al lordo ovvero al netto della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia (non comprende gli aiuti

previsti per la ricapitalizzazione del settore bancario spagnolo) e del programma ESM per gli anni dal 2010 al 2015.

6) Le stime del PIL nel breve periodo scontano solo parzialmente l’impatto delle riforme strutturali.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

2 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

L’azione del Governo è stata finalizzata al mantenimento della stabilità

finanziaria e nel contempo al rilancio dell’economia attraverso importanti riforme

strutturali. Nonostante il contesto congiunturale sfavorevole, l’azione di

riequilibrio dei conti pubblici è stata portata avanti con determinazione in vista

del raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2013, mentre

in termini nominali l’indebitamento netto del 2012 è risultato sostanzialmente in

linea con le raccomandazioni ricevute in sede europea al 3,0 per cento del PIL.

L’azione di riequilibrio è stata accompagnata dall’approvazione di modifiche

al quadro normativo nazionale che hanno dapprima introdotto e successivamente

reso operativo il principio del pareggio di bilancio in Costituzione. Questo ha fatto

seguito alla riforma della governance a livello europeo e all’impegno preso dal

Governo italiano già nel marzo del 2011 nell’ambito del Patto Euro Plus e ai più

stringenti requisiti di bilancio introdotti nel Six Pack nel novembre del 2011. Le

modifiche introdotte pongono le basi per il conseguimento di un equilibrio di

bilancio duraturo nel tempo.

L’attuale fase congiunturale, ancora sfavorevole, richiede che il conseguito

risanamento di bilancio e il rispetto della stabilità finanziaria siano accompagnati

da azioni di sostegno e rilancio della crescita e dell’occupazione.

Il Consiglio europeo del 14 marzo 2013, facendo seguito agli orientamenti dei

Consigli europei di giugno e dicembre 2012, ha riconosciuto la necessità di un

risanamento di bilancio differenziato, che permetta di utilizzare gli spazi di

flessibilità controllata per azioni a favore della crescita e dell’occupazione

Il Governo italiano, in linea con tale orientamento, ha recentemente adottato

un provvedimento d’urgenza in grado di immettere liquidità nel sistema

economico mediante lo sblocco dei pagamenti dei debiti pregressi della Pubblica

Amministrazione verso i propri fornitori. Tale misura sarebbe in grado di

accelerare la ripresa della domanda già a partire dalla seconda metà dell’anno in

corso. Il provvedimento, articolato nel biennio 2013-2014, si caratterizza per la

sua connotazione di straordinarietà e non comporta un allontanamento dal

percorso di risanamento finanziario cui il Governo rimane fermamente impegnato.

Tenuto conto della necessità di mantenere il deficit di bilancio stabilmente al di

sotto del 3,0 per cento del PIL anche per gli anni successivi all’abrogazione della

procedura dei deficit eccessivi e con un margine giudicato sufficiente, il Governo

ha valutato che lo spazio fiscale utilizzabile per l’operazione di accelerazione dei

pagamenti dei debiti della Pubblica Amministrazione sia di circa lo 0,5 per cento

del PIL.

Il deficit strutturale è previsto ridursi da un dato stimato dell’1,2 per cento

del 2012 al pareggio nel 2013 e a un lieve avanzo nel 2014. Negli anni seguenti,

l’evoluzione dei conti pubblici, che incorpora la prosecuzione della tassazione

sugli immobili istituita dal D.L. 201 del 2011, evidenzia un profilo

dell’indebitamento netto che si avvicina al livello necessario al conseguimento

dell’equilibrio strutturale di bilancio. Il conseguimento del pareggio di bilancio

negli anni 2015-2017 potrebbe richiedere misure per colmare il gap residuo. In

base all’andamento programmatico previsto, l’avanzo primario in termini nominali

aumenterebbe progressivamente, raggiungendo il 5,7 per cento nel 2017, mentre

il rapporto debito/PIL inizierebbe a ridursi velocemente già a partire dal 2014.

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 3

II. QUADRO MACROECONOMICO

II.1 SCENARIO INTERNAZIONALE

Nel 2012, l’economia mondiale ha registrato un rallentamento rispetto al 2011. Le stime indicano un aumento del 3,1 per cento del PIL e del 2,4 per cento del commercio.

Nell’Area dell’Euro il graduale miglioramento della situazione sui mercati finanziari non si è ancora pienamente trasmesso all’economia reale, soprattutto nei paesi cosiddetti ‘periferici’; la crescita si è andata riducendo nel corso dell’anno, tanto da far segnare una contrazione del PIL dello 0,6 per cento e un aumento del tasso di disoccupazione dell’11,4 per cento. Ha in parte pesato la debolezza della domanda interna dei paesi che hanno intrapreso politiche di aggiustamento fiscale; nell’ultimo trimestre dell’anno il rallentamento ha interessato anche la Germania. Negli Stati Uniti, si è assistito ad una evoluzione favorevole, con il PIL cresciuto del 2,2 per cento e il tasso di disoccupazione sceso all’8,1 per cento. Il mantenimento di una politica monetaria accomodante da parte della Riserva Federale, insieme ad operazioni di politica monetaria straordinarie come la ‘twist’, hanno permesso un miglioramento nel mercato immobiliare e in quello azionario. In Giappone, sebbene il PIL sia cresciuto del 2,0 per cento, la ripresa economica ha perso smalto con il passare del tempo, spingendo il governo all’adozione di un piano ambizioso per fare uscire il paese da una fase deflazionistica più che decennale. Restano confermate le tendenze manifestatesi negli ultimi anni in quanto i paesi emergenti e di più recente industrializzazione continuano a reagire meglio nell’attuale congiuntura, con tassi di crescita nettamente superiori a quelli dei paesi avanzati. Nel 2012, la Cina è cresciuta del 7,8 per cento. L’India del 4,9 per cento e le prospettive per il 2013 sono favorevoli.

Anche in conseguenza del peggioramento, sia pur temporaneo, manifestatosi nella parte finale del 2012, le previsioni sulla crescita dell’economia globale per il 2013 sono state riviste verso il basso. Le stime si attestano su un aumento del prodotto del 3,2 per cento e su un’espansione del commercio mondiale del 3,5 per cento. In dettaglio, per l’Area dell’Euro è attesa una riduzione del PIL dello 0,3 per cento e un aumento del tasso di disoccupazione al 12,2 per cento. Negli Stati Uniti, la crescita del PIL è prevista all’1,9 per cento mentre la disoccupazione al 7,6 per cento. Infine, in Giappone le stime prevedono una crescita del PIL dell’1,0 per cento. L’economia cinese dovrebbe tornare a espandersi a tassi prossimi all’8,0 per cento.

Nel 2014, le previsioni vedono una stabilizzazione nella crescita del PIL dell’economia mondiale al 3,9 per cento.

Dal contesto internazionale giungono indicazioni che spingono a un moderato ottimismo. In particolar modo le prospettive di crescita delle economie dei paesi

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITA’

4 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

emergenti possono rappresentare un importante volano per accelerare la ripresa dei paesi sviluppati. A questo si aggiunga la prevista diminuzione dei prezzi delle materie prime energetiche, alimentari e industriali, con ripercussioni positive sull’inflazione.

Non di meno, permangono elementi di incertezza per il futuro. Nell’Area dell’Euro la posizione assunta dalla Banca Centrale Europea, sintetizzata nell’espressione ‘whatever it takes’, ha stemperato le tensioni sui mercati finanziari che si erano prodotte fino ai mesi estivi del 2012. Tensioni che comunque permangono, come dimostra la recente crisi bancaria di Cipro. Negli Stati Uniti, sebbene la Riserva Federale continui ad avere una politica accomodante, i rischi di un affievolimento della ripresa provengono dal lato fiscale, con il combinarsi di tagli alla spesa e maggiori tasse (Fiscal Cliff), a cui si somma un taglio permanete di 85 miliardi di dollari (Sequester) e la problematica del tetto al debito. In Giappone, invece, l’esigenza di tornare a crescere a ritmi sostenuti si è riflessa anche nel cambio impresso alla politica monetaria dal nuovo governatore della banca centrale.

II.2 ECONOMIA ITALIANA

La recessione iniziata nella seconda metà del 2011, si è protratta per tutto il 2012 producendo una contrazione del PIL del 2,4 per cento, in linea con le stime diffuse a settembre nella Nota di Aggiornamento del DEF. L’andamento dell’economia nell’ultimo trimestre dell’anno è stato molto debole.

La significativa riduzione del differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato italiani nei confronti di quelli tedeschi, avvenuta nei mesi autunnali del 2012, non ha ancora pienamente dispiegato i suoi effetti favorevoli sul sistema creditizio. Permangono significative differenze sul costo di finanziamento alle imprese rispetto ai paesi ‘core’ dell’Area dell’Euro, in Italia come in altri paesi periferici. Il differenziale tra il costo medio dei nuovi finanziamenti alle imprese italiane e quelle tedesche è risultato pari a 1,5 punti percentuali a gennaio. Inoltre, le difficili condizioni cicliche e il conseguente aumento delle sofferenze sui crediti hanno indotto comportamenti molto prudenziali nella concessione di prestiti all’economia (in calo negli ultimi mesi).

L’inasprimento delle condizioni di accesso al credito, accompagnato dall’effetto dell’ineludibile aggiustamento fiscale, ha condizionato negativamente la domanda interna il cui contributo alla crescita del PIL è stato pari a -4,8 punti percentuali. La tenuta delle esportazioni, unitamente alla riduzione delle importazioni, ha prodotto invece un significativo contributo della domanda estera netta (3,0 punti percentuali). È proseguito il decumulo delle scorte.

Nel 2012 si è accentuata la flessione degli investimenti in macchinari a seguito delle incertezze della domanda e del basso livello di utilizzo della capacità degli impianti. La produzione industriale è caduta sensibilmente, in particolare nel comparto dei beni di consumo durevoli e intermedi. Gli investimenti in costruzioni hanno continuato a ridursi per il quinto anno consecutivo.

Nei primi tre trimestri il reddito disponibile delle famiglie è risultato in calo del 4,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La persistente riduzione del reddito disponibile reale, in atto dal 2008, ha inciso sulle decisioni di

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II. QUADRO MACROECONOMICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 5

spesa delle famiglie. La contrazione dei consumi è risultata molto intensa (- 4,3 per cento) e ha interessato in particolare la componente dei beni durevoli e semidurevoli. Il tasso di risparmio si è collocato all’8,9 per cento nel terzo trimestre.

A seguito delle misure di aggiustamento fiscale, la spesa reale della Pubblica Amministrazione, che include sia la componente salariale sia i consumi intermedi, si è ridotta del 2,9 per cento.

A fronte di un andamento confortante delle esportazioni (+2,3 per cento), la debolezza della domanda interna si è riflessa in una marcata riduzione delle importazioni. L’avanzo commerciale che si è prodotto (+1,3 per cento del PIL) ha portato a un deciso miglioramento del saldo corrente della bilancia dei pagamenti, ora prossimo al pareggio (-0,6 per cento del PIL).

La recessione ha avuto ripercussioni significative sul mercato del lavoro. L’occupazione misurata in unità standard di lavoro si è ridotta dell’1,1 per cento. Più contenuto è stato il calo degli occupati della rilevazione delle forze lavoro a seguito del maggior ricorso alla cassa integrazione (CIG) e dell’aumento dei lavoratori a tempo parziale1. Le ore lavorate, infatti, si sono ridotte dell’1,4 per cento. Le ore autorizzate di CIG sono risultate superiori al miliardo, avvicinandosi al massimo storico del 2010. Il tiraggio è stato pari a circa il 50 per cento. Il calo dell’occupazione è comunque risultato inferiore alla contrazione del PIL. Ne è conseguita una riduzione della produttività.

Contrariamente a quanto accaduto in altri episodi di recessione, il 2012 si è caratterizzato per un aumento del tasso di partecipazione. Tale incremento è legato a una maggiore offerta di lavoro non solo da parte di donne e giovani, ma in particolare di persone della classe d’età compresa tra i 55 e i 64 anni a seguito delle riforme pensionistiche più recenti. Il tasso di disoccupazione è salito al 10,7 per cento in media annua, risultando in decisa crescita negli ultimi mesi.

È proseguita la moderazione salariale. Le retribuzioni per dipendente sono cresciute dell’1,0 per cento con una dinamica più sostenuta di quelle contrattuali (1,5 per cento) e di un wage-drift negativo. Nonostante il contenimento dei salari, il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) è aumentato per effetto del deterioramento della produttività.

I prezzi al consumo misurati dall’indice armonizzato (IPCA) sono saliti al 3,3 per cento riflettendo anche i rialzi delle aliquote IVA e di altre accise introdotti nella seconda metà del 2011. Nella seconda parte dell’anno, l’allentamento delle pressioni inflazionistiche esterne e l’esaurirsi degli effetti degli incrementi delle aliquote IVA e di altre accise hanno prodotto un deciso rallentamento dell’inflazione.

1 Nella Rilevazione Continua delle Forze Lavoro i lavoratori in CIG sono classificati tra gli occupati.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITA’

6 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Prospettive per l’economia italiana

Le prospettive dell’economia italiana risulteranno influenzate dal contesto macroeconomico esterno e dagli sviluppi della crisi in Europa. La domanda internazionale, dopo il rallentamento osservato nella seconda metà del 2012, è attesa in graduale ripresa, favorendo così la crescita delle esportazioni.

Gli indicatori congiunturali disponibili segnalano un andamento meno confortante per la domanda interna, prevista ancora debole ad inizio 2013. In base alle informazioni disponibili si prefigura un nuovo calo del PIL nel primo semestre, seppur in attenuazione rispetto all’ultimo trimestre del 2012, seguito da una graduale ripresa nella seconda parte dell’anno. Considerando anche l’effetto di trascinamento negativo del 2012 sul 2013, pari a -1,0 per cento, le stime di crescita del PIL per l’anno in corso sono riviste a -1,3 per cento rispetto al -0,2 per cento previsto nella Nota di Aggiornamento del DEF di settembre. Sono invece invariate rispetto alla Relazione al Parlamento del 21 marzo.

La previsione sconta gli effetti del provvedimento relativo al pagamento dei debiti commerciali della Pubblica Amministrazione (PA). L’immissione di liquidità conseguita grazie all’accelerazione dei pagamenti favorirà una più rapida ripresa dell’economia già a partire dalla seconda metà del 2013. La ripresa risulterà più pronunciata nel 2014, con una crescita pari all’1,3 per cento. È su tale anno che, anche per motivi di trascinamento positivo, sono più visibili gli effetti dell’intervento appena annunciato. In sua mancanza, si stima che la crescita sarebbe stata di poco superiore a 0,5 per cento. Gli effetti positivi dello sblocco dei debiti commerciali della P.A. influenzeranno anche la crescita del 2015, stimata in aumento dell’1,5 per cento.

FOC

US Gli effetti dell’accelerazione nei pagamenti dei debiti della P.A.

Nell’ultimo biennio l’azione di riequilibrio dei conti pubblici in vista del raggiungimento delpareggio di bilancio è stata portata avanti con determinazione. Nel 2012 l’Italia haconseguito un sostanziale miglioramento strutturale dei conti pubblici e un ulterioreconsolidamento del bilancio è previsto per il 2013. Inoltre, nel 2012 l’indebitamento netto in rapporto al PIL (non corretto per il ciclo) è risultato sostanzialmente in linea con leraccomandazioni ricevute in sede comunitaria.

L’attuale fase congiunturale, ancora contrassegnata da una notevole debolezza, richiedeche il conseguito risanamento di bilancio e il rispetto della stabilità finanziaria sianoaccompagnati da azioni di sostegno e rilancio della crescita e dell’occupazione.

Nel valutare gli effetti sull’economia reale di un simile provvedimento si è tenuto conto cheuna parte dei pagamenti alle imprese confluirà nel settore creditizio, in quanto una quotadel portafoglio di debiti risulta già ceduto (pro solvendo o pro soluto) alle banche. Se da un lato quest’incanalamento diminuisce l’impatto diretto sul sistema economico, dall’altrocontribuisce a ridurre le tensioni all’interno del sistema creditizio; si attende unaconseguente riduzione dei tassi alla clientela ed un’attenuazione del credit crunch.

La quota dell’iniezione di liquidità che rimarrà alle imprese sarà in buona parte utilizzata per rivedere i piani di investimento ovvero per migliorare le condizioni di gestione del circolante (inclusi, ad esempio, eventuali pagamenti di arretrati al personale). Tale provvedimento aiuterà a ridurre il fenomeno della chiusura di imprese che si era aggravato nel corso degliultimi mesi. Come conseguenza, si stima un deciso miglioramento del profilo della domanda interna e dell’occupazione rispetto a quanto si sarebbe verificato in assenza di taleintervento.

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II. QUADRO MACROECONOMICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 7

Lo stimolo all’economia porterà anche ad una parziale ricomposizione della domanda. Miglioreranno le componenti della domanda interna. Nonostante ciò, il saldo merci della bilancia dei pagamenti è previsto ancora in avanzo. Il saldo corrente si porterebbe vicino alpareggio. Il tasso di disoccupazione è proiettato raggiungere il suo livello massimo nel2013, per poi declinare gradualmente negli anni successivi.

QUADRO MACROECONOMICO – SINTESI E CONFRONTI

2012 2013 2014

Consuntivo

Scenario netto

pagamenti debiti P.A.

Delta PS(1)

Scenario netto

pagamenti debiti P.A.

Delta PS(1)

PIL -2,4 -1,5 0,2 -1,3 0,6 0,7 1,3 Importazioni -7,7 -1,3 1,0 -0,3 2,9 1,8 4,7 Consumi finali nazionali -3,9 -2,0 0,3 -1,7 0,3 0,6 0,9 Consumi famiglie -4,3 -2,1 0,4 -1,7 0,5 0,9 1,4 Investimenti -8,0 -3,3 0,7 -2,6 1,3 2,8 4,1 - macchinari, attrezzature e varie -9,9 -3,9 0,9 -3,0 1,8 3,3 5,1 - costruzioni -6,2 -2,8 0,5 -2,2 0,8 2,3 3,1 Esportazioni 2,3 2,1 0,1 2,2 3,1 0,2 3,3 Deflatore PIL 1,6 1,7 0,1 1,8 1,6 0,3 1,9 Deflatore consumi 2,8 1,9 0,2 2,0 1,7 0,3 2,0 p.m. inflazione programmata 1,5 1,5 0,0 1,5 1,5 0,0 1,5 Occupazione (ULA) -1,1 -0,8 0,5 -0,3 -0,2 0,8 0,6 Tasso di disoccupazione 10,7 11,7 -0,1 11,6 12,1 -0,3 11,8 1) I dati corrispondono alla Relazione presentata al Parlamento il 21 marzo.

Per quanto riguarda le principali componenti della domanda interna, queste

risulteranno ancora in forte contrazione rispetto al 2012. Successivamente si prospetta una crescita dei consumi quasi in linea con il PIL e una più decisa accelerazione degli investimenti, a seguito di una contrazione cumulata dal 2011 al 2013 stimata al 15 per cento.

Anche la ripresa dell’occupazione avverrà soltanto a partire dal 2014 e avrà dimensioni comunque più contenute rispetto alla crescita del PIL. Vi sarà una diminuzione del costo del lavoro per unità di prodotto. La riduzione del tasso di disoccupazione comincerà ad essere più pronunciata soltanto nella parte finale dell’orizzonte di previsione, quando si dovrebbe portare al di sotto del 11 per cento. Un tale esito sconta comunque un progressivo aumento del tasso di partecipazione. Le particolari circostanze in cui l’intervento di immissione di liquidità avviene fanno sì che questo possa avere degli effetti duraturi sul sistema economico, con una riduzione

FIGURA II.1: PIL REALE, PIL POTENZIALE E CHIUSURA OUTPUT GAP

Note: Elaborazioni MEF

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2013

2014

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2017

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2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

Tasso di crescita del PIL potenzialeChiusura output gapTasso di crescita del PIL reale

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITA’

8 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

del rischio di perdita permanente di capacità produttiva. Tuttavia, negli anni immediatamente successivi al 2013 la ripresa del processo di crescita è spiegabile dalla chiusura graduale dell’output gap favorita dal miglioramento delle condizioni della domanda. Nel medio periodo il contributo legato a fattori strutturali (crescita del PIL potenziale) diviene prevalente; la figura II.1 mostra la scomposizione stimata secondo le metodologia condivisa a livello europeo. La crescita del prodotto potenziale, che nelle proiezioni di lungo periodo corrisponde alla crescita effettiva del PIL è influenzata in misura rilevante dalle riforme intraprese nel corso degli ultimi anni. È in buona parte per effetto di tali riforme che la crescita del PIL si manterrà al di sopra del 1,0 per cento. Si stima che l’impatto complessivo delle riforme sul potenziale arrivi a 6,8 punti percentuali di prodotto interno lordo nel lungo periodo, assicurando un maggiore tasso di crescita del prodotto interno lordo pari a circa mezzo punto percentuale all’anno. Le previsioni ufficiali di crescita sono vincolate alle metodologie sviluppate a livello europeo, soprattutto nel lungo periodo, e non incorporano pienamente gli effetti delle riforme.

FOC

US

L’impatto complessivo sulla crescita delle misure strutturali del 2012 La tabella mostra l’impatto complessivo delle riforme per promuovere la crescita introdottenel corso del 2012. Il PNR, a cui si rimanda, contiene un maggiore dettaglio oltre allavalutazione puntuale delle nuove misure introdotte a partire dai mesi estivi del 2012;alcune misure di semplificazione e liberalizzazione erano state già valutate nel DEF 2012.Secondo le stime effettuate, l’effetto complessivo sul PIL delle misure varate produrrebbenel 2015 una crescita aggiuntiva di 1,6 punti percentuali. Nel 2020 tale scostamentosarebbe pari a 3,9 punti percentuali, per aumentare ulteriormente a 6,9 nel lungo periodo.Le misure fornite indicano una variazione del livello del PIL rispetto a quanto siverificherebbe senza riforme.

EFFETTI MACROECONOMICI DELLE RIFORME 2012 (PIL - scostamenti percentuali rispetto alla simulazione di base)

2015 2020 Lungo periodo

Liberalizzazioni e semplificazioni 0,9 2,4 4,8

Decreto sviluppo 1 e 2 0,3 0,5 0,7

Riforma del lavoro 0,4 1,0 1,4

Totale 1,6 3,9 6,9

Fonte: Elaborazioni MEF con i modelli ITEM, QUEST III - Italia (Commissione Europea) e IGEM.

Tramite un esercizio controfattuale viene evidenziato l’impatto delle riforme strutturali sultasso di crescita potenziale di medio periodo, ossia fino al 2025.

In primo luogo, la metodologia della funzione di produzione, concordata a livello europeo, èstata applicata al quadro macroeconomico assunto come riferimento. A partire da taliscenario è stato derivato il tasso di crescita del PIL potenziale, ad esso sottostante, per ilperiodo 2012-2017. Per gli anni dal 2018 al 2025, il tasso di crescita del potenziale è statoestrapolato sulla base di ipotesi di convergenza (concordate a livello europeo) per alcunevariabili che entrano nella determinazione del PIL potenziale, quali il tasso didisoccupazione strutturale (NAWRU), lo stock di capitale e il tasso di partecipazione. Si fapresente che la metodologia comunitaria utilizzata potrebbe recepire solo parzialmentel’impatto delle riforme sulla crescita potenziale in quanto proietta le componenti sottostantiattraverso tecniche statistiche che si basano prevalentemente sui valori delle variabili di

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITA’

10 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TAVOLA II.1: IPOTESI DI BASE

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Tasso di interesse a breve termine (1) 0,8 1,2 2,7 3,7 4,4 4,9

Tasso di interesse a lungo termine 5,7 4,8 5,3 5,7 6,0 6,2

Tassi di cambio dollaro/euro 1,29 1,35 1,35 1,35 1,35 1,35

Variazione del tasso di cambio effettivo nominale -5,4 2,6 0,0 0,0 0,0 0,0

Tasso di crescita dell'economia mondiale, esclusa UE 4,0 4,1 4,6 5,1 5,2 5,3

Tasso di crescita del PIL UE -0,3 0,1 1,6 2,0 2,0 2,2

Tasso di crescita dei mercati esteri rilevanti per l'Italia 1,4 3,2 5,6 5,9 5,9 5,9

Tasso di crescita delle importazioni in volume, esclusa UE 3,8 4,4 6,1 6,7 6,9 6,9

Prezzo del petrolio (Brent, USD/barile) 111,6 113,5 106,4 106,4 106,4 106,4 1) Per tasso di interesse a breve termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 3 mesi in emissione durante l'anno. Per tasso di interesse a lungo termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 10 anni in emissione durante l'anno.

TAVOLA II.2A: PROSPETTIVE MACROECONOMICHE

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello (1) Var. %

PIL reale 1.389.948 -2,4 -1,3 1,3 1,5 1,3 1,4

PIL nominale 1.565.916 -0,8 0,5 3,2 3,3 3,2 3,2

COMPONENTI DEL PIL REALE Consumi privati 819.812 -4,3 -1,7 1,4 1,1 1,1 1,2

Spesa della P.A. e I.S.P.(2) 290.171 -2,9 -1,7 -0,4 0,7 0,3 0,1

Investimenti fissi lordi 244.483 -8,0 -2,6 4,1 3,2 2,6 2,4

Scorte (in percentuale del PIL) -0,6 -0,1 0,1 0,1 0,0 0,0

Esportazioni di beni e servizi 414.120 2,3 2,2 3,3 4,1 4,0 3,9

Importazioni di beni e servizi 370.977 -7,7 -0,3 4,7 4,4 4,1 3,8

CONTIRIBUTI ALLA CRESCITA DEL PIL REALE(3) Domanda interna - -4,8 -1,9 1,4 1,3 1,2 1,2

Variazione delle scorte - -0,6 -0,1 0,1 0,1 0,0 0,0

Esportazioni nette - 3,0 0,7 -0,2 0,1 0,1 0,1

1) Milioni di euro. 2) P.A.= Pubblica Amministrazione; I.S.P.= Istituzioni Private Sociali. 3) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

TAVOLA II.2 B PREZZI

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello Var.%

Deflatore del PIL 112,7 1,6 1,8 1,9 1,8 1,8 1,8

Deflatore dei consumi privati 115,9 2,8 2,0 2,0 1,9 1,8 1,8

HICP 117,5 3,3 2,0 2,0 1,9 1,8 1,8

Deflatore dei consumi pubblici 110,6 0,4 -0,5 0,3 0,9 1,0 0,9

Deflatore degli investimenti 116,6 1,3 1,5 2,3 2,1 1,7 1,8

Deflatore delle esportazioni 114,5 1,9 1,2 2,1 2,1 1,9 1,9

Deflatore delle importazioni 122,6 3,1 0,7 1,7 1,8 1,7 1,9

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II. QUADRO MACROECONOMICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 11

TAVOLA II.2 C MERCATO DEL LAVORO

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello1 Var. %

Occupati di contabilità nazionale 24.661 -0,3 -0,4 0,4 0,7 0,6 0,8

Monte ore lavorate 43.212.145 -1,4 -0,3 0,6 0,8 0,6 0,9

Tasso di disoccupazione 10,7 11,6 11,8 11,6 11,4 10,9 Produttività del lavoro misurata sugli occupati 58.534 -1,3 -1,0 0,7 0,7 0,6 0,5 Produttività del lavoro misurata sulle ore lavorate 32,2 -1,0 -1,0 0,7 0,7 0,7 0,4

Redditi da lavoro dipendente 668.859 -0,2 0,6 1,9 2,3 2,5 2,6

Costo del lavoro 39.268 1,0 1,0 1,2 1,5 1,6 1,6 1) Unità di misura: migliaia di unità per gli occupati di contabilità nazionale e il monte ore lavorate; euro a valori costanti per la produttività del lavoro; milioni di euro a valori correnti per i redditi da lavoro dipendente ed euro per il costo del lavoro.

TAVOLA II.2 D CONTI SETTORIALI (in percentuale del PIL)

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Accreditamento/indebitamento netto con il resto del mondo -0,4 0,2 -0,2 -0,1 -0,1 0,0

Bilancia dei beni e servizi 1,2 2,1 1,9 1,9 2,0 2,1

Bilancia dei redditi primari e trasferimenti -1,8 -2,0 -2,1 -2,1 -2,1 -2,2

Conto capitale 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1

Indebitamento/surplus del settore privato 2,7 3,0 1,6 1,4 0,8 0,4

Indebitamento/surplus delle Amministrazioni Pubbliche1 -2,9 nd nd nd nd nd

Indebitamento/surplus delle Amministrazioni Pubbliche2 -3,0 -2,9 -1,8 -1,5 -0,9 -0,4

Discrepanze statistiche 1) Serie SEC95. Ultimo dato storico disponibile: 2012. 2) Serie EDP.

Commercio con l’estero

Nel 2012, l’interscambio con l’estero dell’Italia ha mostrato un rallentamento rispetto all’anno precedente, in linea con la tendenza del commercio e della produzione industriale globale. Nel complesso, il saldo commerciale è risultato positivo per circa 11 miliardi (0,8 per cento del PIL), in netto miglioramento rispetto al disavanzo di 25,5 miliardi rilevato nell’anno precedente, per effetto della crescita delle esportazioni (3,7 per cento) e della riduzione delle importazioni (-5,6 per cento). Sul piano geografico, entrambi i flussi sono risultati più dinamici verso l’area extra-europea.

Nel 2012, le esportazioni di merci complessive in volume registrano una lieve riduzione rispetto all’anno precedente (-0,5 per cento), pur risultando in espansione soprattutto verso le economie extra-europee. Le importazioni sono diminuite in misura più ampia (-9,4 per cento) e diffusa a tutte le aree geografiche. In particolare, le esportazioni sono cresciute soprattutto verso i paesi dell’area dell’OPEC (18,0 per cento), il Giappone (11,3 per cento) e gli Stati Uniti (8,2 per cento). Tra i paesi europei, le esportazioni sono aumentate solo verso il Regno Unito (2,5 per cento). Le importazioni in volume hanno registrato un incremento solo dai paesi dell’area dell’OPEC (4,2 per cento).

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITA’

12 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

FIGURA II.2: VOLUMI DELLE ESPORTAZIONI E DELLE IMPORTAZIONI PER AREA GEOGRAFICA – 2012 (variazioni percentuali a/a)

ESPORTAZIONI IMPORTAZIONI

*) EDA è l’acronimo di Economie Dinamiche Asiatiche. Tale aggregato comprende i seguenti paesi asiatici: Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Malaysia e Thailandia. Fonte: Elaborazioni sui dati ISTAT della banca dati Coeweb.

FIGURA II.3: VOLUMI DELLE ESPORTAZIONI E DELLE IMPORTAZIONI PER SETTORE – 2012 (variazioni percentuali a/a)

ESPORTAZIONI IMPORTAZIONI

A= Agricoltura, silvicoltura e pesca; CA= Alimentari, bevande e tabacco; CB= Tessile e abbigliamento; CC= Legno e prodotti in legno; CD= Prodotti petroliferi; CE= Prodotti chimici; CF= Prodotti farmaceutici ; CG=Mat. plastiche e prodotti minerali non metal.; CH=Metalli e prodotti in metallo (escl. macchine e impianti); CI= Computer, apparecchi elettronici e ottici; CJ= Apparecchi elettrici; CK=Macchinari; CL= Mezzi di trasporto; CM=Altri prodotti manufatti. Fonte: Elaborazioni sui dati ISTAT della banca dati Coeweb.

-0,5

18,0

3,4

3,4

-3,7

-4,2

8,2

11,3

-14,2

-14,0

3,5

0,3

-10,0

2,5

-3,5

-3,5

-20,0 -10,0 0,0 10,0 20,0

Mondo

OPEC

Paesi extra-UE

EDA*

UE 27

UEM

Stati Uniti

Giappone

Cina

India

Russia

Brasile

Spagna

Regno Unito

Germania

Francia

-9,4

4,2

-10,1

-20,3

-8,5

-8,2

-7,2

-28,4

-19,3

-24,1

-2,1

-13,7

-8,4

-15,2

-12,3

-9,6

-30,0 -20,0 -10,0 0,0 10,0

-0,5

-0,6

-2,4

-2,6

-2,2

-5,0

4,0

-4,4

7,1

-2,3

5,8

1,5

-3,8

2,5

-3,4

-10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0

Totale

CM

CL

CK

CJ

CI

CH

CG

CF

CE

CD

CC

CB

CA

A

-9,4

-11,6

-23,1

-12,1

-8,4

-10,6

-9,8

-11,3

-4,0

-3,9

-4,8

-7,3

-14,3

-4,5

-9,4

-30,0 -25,0 -20,0 -15,0 -10,0 -5,0 0,0

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II. QUADRO MACROECONOMICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 13

Nell’area europea, le importazioni dal Regno Unito hanno mostrato la diminuzione più marcata (-15,2 per cento). Sul piano settoriale, gli incrementi più elevati delle esportazioni sono stati registrati dai prodotti farmaceutici (7,1 per cento), dai prodotti petroliferi (5,8 per cento), dai prodotti in metallo (4,0 per cento) e dal comparto alimentare (2,5 per cento). Le importazioni sono diminuite per la totalità dei settori, soprattutto per i mezzi di trasporto (-23,1 per cento) e il tessile e abbigliamento (-14,3 per cento).

Esaminando l’andamento dei valori medi unitari (VMU), nel 2012 si registra un incremento simile per le esportazioni e le importazioni complessive, pari rispettivamente al 4,3 e al 4,1 per cento. Sul piano geografico, gli aumenti maggiori dei VMU sia per le esportazioni sia per le importazioni sono stati rilevati verso l’area extra-europea. Per le esportazioni, l’incremento risulta esteso a tutti i paesi, ma più contenuto (dall’8,2 per cento degli Stati Uniti al 3,8 per cento della Russia) rispetto agli aumenti più rilevanti delle importazioni (14,6 per cento dall’OPEC, 10,5 per cento dalla Russia, 6,8 per cento dai Paesi extra-UE, 6,0 per cento del Giappone fino al 3,3 percento della Cina). Dal punto di vista settoriale, gli stessi settori (prodotti petroliferi, tessile e abbigliamento, prodotti farmaceutici e macchinari) hanno registrato gli incrementi più ampi sia per le esportazioni (dal 15,1 per cento dei prodotti petroliferi a circa il 6,0 per cento dei prodotti farmaceutici e dei macchinari) sia per le importazioni (dal 9,9 per cento dei prodotti petroliferi al 6,1 per cento dei macchinari).

Secondo i dati provvisori per il 2012, gli investimenti diretti esteri in entrata

(IDE) in Italia sono stati pari a circa 6,8 miliardi, in marcata diminuzione di circa 17,8 miliardi rispetto al 2011 (24,7 miliardi)3. Questa tendenza è diffusa anche all’Area dell’Euro, dove solo la Francia, l’Irlanda e il Regno Unito hanno registrato un incremento dei flussi in entrata4.

FOC

US

La performance delle imprese manifatturiere italiane durante la crisi5 Nell’attuale congiuntura economica, l’importanza delle esportazioni come motore della ripresa ha spinto ad approfondire alcuni aspetti del sistema imprenditoriale italiano. Da un lato, è stata esaminata la crescita delle esportazioni delle imprese manifatturiere sempre presenti sui mercati esteri nel biennio 2010-2012; e dall’altro lato, le strategie di espansione attuate dalle stesse imprese nel corso del 2012 e quelle previste per il 2013, oltre ai principali ostacoli e ai possibili interventi di policy ritenuti più utili dal sistema imprenditoriale. Nel periodo 2010-2012, l’insieme delle aziende esportatrici italiane (circa 45 mila) mostra una situazione complessiva abbastanza positiva, nonostante la crisi economica. Lo scorso anno, queste imprese hanno esportato per un valore superiore a 260 miliardi, e incrementato del 10,9 per cento le vendite all’estero nel periodo gennaio-novembre 2012 rispetto allo stesso periodo del 2010. Tali imprese possono essere suddivise in due gruppi estremi: quelle più competitive (35,7 per cento delle imprese pari a circa 16 mila unità) che hanno aumentato le esportazioni sia verso l’area europea sia verso i paesi extra-europei; e le imprese (il 16 per cento del totale, circa 7.200 unità) che hanno ridotto le vendite all’estero in entrambe le aree di sbocco.

3 Banca d’Italia, ‘Bilancia dei pagamenti e posizione patrimoniale sull’estero’, Supplementi al Bollettino

Statistico, Indicatori monetari e finanziari, n. 15, Nuova serie, Anno XXIII, 25 marzo 2013. 4 UNCTAD, ‘Global Investment Trends Monitor’, n. 11, 23 gennaio 2013. 5 Il testo è una sintesi estratta dal ‘Rapporto sulla competitività dei settori produttivi’ dell’ISTAT,

pubblicato nel febbraio 2013.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITA’

14 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Tale performance è stata notevolmente influenzata dalla dimensione delle imprese. Infatti,le aziende di media e grande dimensione risultano favorite nella conquista del mercatoglobale e maggiormente orientate verso i paesi extra-UE, mentre quelle di piccole dimensioni si espandono più facilmente sul mercato comunitario. Un aspetto critico è lanumerosità delle imprese che hanno incrementato le vendite all’estero consolidando lapropria posizione nell’UE, pur perdendo posizioni verso l’area extra-UE. Ciò evidenzia un potenziale arretramento nei confronti dei principali competitori dai mercati emergenti. Per quanto riguarda le strategie adottate dalle imprese per affrontare le difficoltà dell’attualecrisi economica, nel novembre del 2012, l’ISTAT ha condotto un’indagine ad hoc6. Negli ultimi due anni, le imprese hanno privilegiato sia strategie di miglioramento della qualità odi incremento della gamma e del contenuto tecnologico dei prodotti, sia misure dicontenimento dei prezzi di vendita. Al primo tipo di interventi ha fatto ricorso oltre il 75 per cento delle imprese, con quote non inferiori al 70 per cento in ciascun settore. Percentualiparticolarmente elevate si riscontrano nei settori dell’elettronica, della meccanica e deitradizionali settori del Made in Italy (tessile, abbigliamento, pelli e accessori). Le strategie di contenimento dei prezzi hanno, invece, rappresentato uno strumento di difesa dellacompetitività per circa l’80 per cento delle imprese soprattutto nei settori dei mezzi ditrasporto e, ancora, dell’elettronica. Da sottolineare che le aziende ritengono di attuare lestesse scelte strategiche anche nel 2013. Infatti, oltre i tre quarti delle impresemanifatturiere prevedono di migliorare la qualità del prodotto o di ampliare la gammaofferta, e oltre il 60 per cento è orientato a contenere i prezzi di vendita. Da notare, infine,che i settori con una dimensione media d’impresa più elevata mostrano anche un profilo distrategie più articolato. Negli ultimi due anni e nei mesi a venire, tale gruppo di imprese ha unito iniziative di sostegno della presenza commerciale all’estero e di rafforzamento dellacapacità di fornitura dall’estero a interventi sul prezzo o sulla qualità dei prodotti. In sintesi,nel periodo 2010-2012, le imprese manifatturiere hanno utilizzato una combinazione di strumenti ‘tradizionali’, fondati sulla concorrenza in termini di prezzo e di differenziazionedel prodotto sia verticale (miglioramento della qualità e maggiore tecnologia) sia orizzontale(ampliamento della gamma dei prodotti). Appare invece più limitato il ricorso a strategie più complesse, che contemplino anche interventi organizzativi e di modifica delle relazioni difiliera.

Secondo le imprese partecipanti all’indagine, gli ostacoli all’aumento delle esportazionisono molteplici (distinti in vincoli interni o esterni). Il principale elemento frenante èrappresentato dalla difficoltà di comprimere i costi di produzione (secondo il 75 per centodel totale delle imprese). Tale fattore è significativo non solo perché trasversale in tutto il comparto manifatturiero, ma anche perché, se associato al ricorso a strategie dicontenimento dei prezzi, prefigura un rischio di contrazione strutturale dei margini diprofitto. Contrariamente a quanto generalmente affermato, le imprese non ritengono di avere difficoltà organizzativo-manageriali, e le dimensioni non sono percepite come unimpedimento (secondo circa una impresa su cinque). L’assenza di tali ostacoli interni risaltasoprattutto nei settori caratterizzati da una marcata presenza sui mercati esteri (sia attraverso le esportazioni sia in termini di internazionalizzazione produttiva), quali i compartidella farmaceutica, dei mezzi di trasporto e delle apparecchiature elettriche. Un altro fattorerilevante, ma esterno, riguarda i vincoli di accesso al credito (per il 40 per cento delle imprese). Tale difficoltà è avvertita soprattutto nei settori tradizionali e a elevate economiedi scala (quali quelli dei mezzi di trasporto, della chimica, del legno, dei macchinari e dellagomma e materie plastiche). Infine, rispetto all’intervento delle autorità di politicaeconomica, circa il 50 per cento delle imprese manifatturiere ritiene che sarebberonecessarie ulteriori misure di garanzia o agevolazione del credito all’esportazione. Ciòemerge soprattutto nei settori con maggior difficoltà di accesso al credito (come coke, mezzidi trasporto, chimica, macchinari, tessile).

6 In questa indagine dichiara di esportare circa il 50 per cento delle imprese del campione.

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II. QUADRO MACROECONOMICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 15

Misure di sostegno alle soluzioni di network sono auspicate da un’impresa manifatturiera su dieci, ma la percentuale raddoppia presso le aziende del settore degli alimentari, bevande e tabacchi. Molto meno rilevanti (con percentuali medie pari a circa il 20 per cento del comparto manifatturiero), risulta la richiesta di intervento in materia di offerta di servizi in Italia e all’estero, con le parziali eccezioni delle industrie della farmaceutica nel primo caso e delle apparecchiature elettriche nel secondo.

FOC

US

Recenti andamenti dello spread dei titoli del debito italiano rispetto al bund tedesco In Italia le tensioni sul mercato dei titoli del debito sovrano si sono intensificate a partiredall’estate del 2011, determinando un ampliamento del differenziale di rendimento sui titolidi Stato italiani rispetto a quelli tedeschi.

A dicembre 2011 il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE), ha introdotto dueoperazioni di rifinanziamento a tre anni. Tali operazioni venivano attuate in un contesto didifficoltà di raccolta delle banche di alcuni stati europei indotte dalla crisi del debito sovrano. Nella prima operazione a tre anni, condotta il 21 dicembre, la BCE ha erogato finanziamentilordi per circa 489 miliardi di euro. Il 29 febbraio si è tenuta la seconda operazione nellaquale sono stati forniti stanziamenti per 530 miliardi. Le azioni intraprese hanno contribuito al ripristino della fiducia nei mercati, comportando una riduzione del differenziale deirendimenti sui titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi. La flessione dei rendimenti èstata anche resa possibile dall’azione di riequilibrio finanziario e dall’adozione delle riformestrutturali adottate in Italia. Nei mesi primaverili, tuttavia, le tensioni tornavano amanifestarsi. A questo punto agli ineludibili interventi di consolidamento già portati avantidagli stati nazionali, e in particolare dall’Italia, andavano ad aggiungersi con un peso questavolta determinante le azioni concordate a livello delle principali istituzioni europee.

Il 28 e 29 giugno 2012 il vertice dei Capi di Stato e di governo dell’Area dell’Euro e il Consiglio europeo annunciavano importanti interventi volti ad attenuare le tensioni suimercati finanziari e ripristinare la fiducia agli investitori. Il Summit europeo sollecitava l’istituzione di un sistema unico di vigilanza bancaria. Il Vertice decideva una maggiore flessibilità ed efficienza nell’utilizzo dei meccanismi di sostegno finanziario (European Financial Stability Facility, EFSF ed European Stability Mechanism, ESM) per stabilizzare le condizioni di finanziamento degli Stati più esposti alle tensioni dei mercati, subordinando tale intervento al rispetto degli impegni assunti a livello europeo.

Al fine di ripristinare il corretto funzionamento della trasmissione della politica monetariaall’interno dell’Area dell’Euro, il 6 settembre il Consiglio direttivo della BCE ha stabilito le modalità di attuazione delle operazioni definitive monetarie (Outright Monetary Transactions, OMT) che consistono in acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario. Taliacquisti sono vincolati al rispetto di rigorose condizioni legate all’attivazione di unprogramma di aiuto finanziario da parte dell’EFSF o dell’ESM per il Paese membro che ne faformalmente richiesta. La risposta da parte dei mercati è risultata, questa volta, più decisa eduratura.

Il differenziale dei rendimenti dei titoli di stato decennali italiani nei confronti del bund ha mostrato un deciso restringimento a seguito: i) dell’annuncio delle Outright Monetary Transactions (OMT); ii) delle misure di consolidamento fiscale intraprese dai paesi piùesposti alla crisi del debito sovrano; iii) dei progressi verso la realizzazione dell’UnioneBancaria.

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 17

III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

III.1 PERCORSO DI RISANAMENTO FINANZIARIO – PROCEDURA DISAVANZI ECCESSIVI

Gli obiettivi di finanza pubblica presentati nel mese di aprile 2012 nel

precedente Programma di Stabilità sono stati rivisti nel corso del 2012 a seguito

del peggioramento della congiuntura economica in parte generato dal riacutizzarsi

delle tensioni sui mercati del debito sovrano.

TAVOLA III.1: DIFFERENZE RISPETTO AL PRECEDENTE PROGRAMMA DI STABILITÀ

2012 2013 2014 2015

TASSO DI CRESCITA DEL PIL

Programma di Stabilità 2012 -1,2 0,5 1,0 1,2

Programma di Stabilità 2013 -2,4 -1,3 1,3 1,5

Differenza -1,2 -1,8 0,3 0,3

INDEBITAMENTO NETTO (in % del PIL)

Programma di Stabilità 2012 -1,7 -0,5 -0,1 0,0

Programma di Stabilità 2013 -3,0 -2,9 -1,8 -1,5

Differenza -1,3 -2,4 -1,7 -1,5

DEBITO PUBBLICO (in % del PIL)

Programma di Stabilità 2012 123,4 121,5 118,2 114,4

Programma di Stabilità 2013 127,0 130,4 129,0 125,5

Differenza 3,6 8,9 10,8 11,1

Nel mese di luglio 2012, il Consiglio Ecofin, sulla base delle valutazioni della

Commissione europea sulla situazione macroeconomica e di bilancio delineata nel

precedente Programma, ha raccomandato all’Italia di dare attuazione al piano di

risanamento delle finanze pubbliche al fine di garantire la correzione del

disavanzo eccessivo entro il 2012, assicurare progressi adeguati verso l’obiettivo di

medio termine (MTO) e nella riduzione del debito, nel rispetto del parametro di

riferimento per la spesa.

In settembre, con la Nota di Aggiornamento del DEF, le previsioni dei conti

pubblici venivano aggiornate per tener conto dell’indebolimento del quadro

macroeconomico previsto per gli anni 2012-2015 (circa 1,8 punti percentuali

cumulati), delle indicazioni emerse sull’evoluzione delle grandezze

macroeconomiche, degli effetti della manovra correttiva triennale approvata

durante l’estate mediante l’adozione di due interventi legislativi. Questi due

interventi erano finalizzati a una revisione organica della spesa pubblica (spending

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

18 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

review), mediante la realizzazione di risparmi strutturali e tagli selettivi1, e alla

valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico attraverso fondi di

investimento per ridurre lo stock di debito pubblico2.

Le nuove stime collocavano l’indebitamento netto delle Amministrazioni

pubbliche al 2,6 per cento del PIL nel 2012, superando di 0,9 punti percentuali il

valore indicato ad aprile, per effetto di un’evoluzione delle entrate meno

favorevole del previsto e un maggior costo del servizio del debito, più che

compensato da una dinamica più contenuta delle altre voci di spesa corrente.

Negli anni 2013-2015, il deficit era previsto ridursi progressivamente in linea con

il ritmo di discesa indicato in precedenza. In termini strutturali il risanamento

delle finanze pubbliche veniva confermato con il conseguimento del pareggio di

bilancio nel 2013 e il suo sostanziale mantenimento negli anni successivi. Con la

Legge di Stabilità, adottata nel mese di ottobre, venivano pertanto individuate le

misure volte a conseguire gli obiettivi programmatici.

In dicembre è stata approvata la legge rinforzata che rende operativo

l’obbligo di equilibrio strutturale di bilancio inserito in Costituzione, in linea con

gli impegni assunti con il Patto Euro Plus, il Six Pack e il Fiscal Compact.

Infine, nel marzo del 2013 e in anticipo sui tempi di presentazione del

Documento di Economia e Finanza, il Governo ha informato il Parlamento sulle

nuove prospettive di crescita dell’economia e sull’andamento dei conti pubblici

per gli anni 2013 e 2014. Tale anticipazione è stata dettata dall’urgenza di

adottare un provvedimento per immettere liquidità nel sistema economico a

sostegno della crescita e dell’occupazione, mediante l’accelerazione dei

pagamenti dei debiti pregressi della P.A. verso i propri fornitori3. Le nuove stime,

di finanza pubblica, elaborate sulla base del nuovo quadro macroeconomico e

incorporando gli effetti derivanti dal provvedimento di accelerazione dei

pagamenti, indicavano un indebitamento netto pari al 2,9 per cento del PIL nel

2013 e 1,8 per cento nel 2014, con un peggioramento pari, rispettivamente, a 1,1

e 0,3 punti percentuali rispetto ai valori stimati nella Nota di Aggiornamento del

DEF.

Più nel dettaglio sui risultati del 2012, la chiusura dell’anno ha evidenziato

uno scostamento dall’obiettivo di indebitamento netto indicato nel precedente

DEF di 1,3 punti percentuali. Le maggiori divergenze si rilevano a carico delle

entrate totali, la cui percentuale sul PIL risulta inferiore di circa 1,0 punto

percentuale, interamente dovuto alla minore incidenza delle entrate tributarie

(circa 1,0 punto percentuale). Di minor rilievo risulta lo scostamento dal lato della

spesa (circa 0,3 punti percentuali) la cui maggiore incidenza in rapporto al PIL,

per effetto esclusivamente della riduzione del denominatore, è da ascrivere

all’aumento delle prestazioni sociali (circa 0,3 punti percentuali) e alla spesa per

interessi (circa 0,2 punti percentuali), mentre le altre voci di spesa sono allineate

alla previsione (quali ad esempio i redditi da lavoro dipendente e i consumi

intermedi) ovvero in marginale riduzione (come i trasferimenti sociali in natura e

le altre spese correnti per 0,1 punti percentuali).

1 D.L. n.95/2012 convertito dalla L. n.135/2012. 2 D.L. n.87/2012, confluito in sede di conversione nella L. n.135/2012. 3 D.L. n.35/2013. In base alla vigente normativa di contabilità e finanza pubblica un simile intervento

richiede che siano aggiornati gli obiettivi programmatici di finanza pubblica precedentemente fissati, attraverso la presentazione al Parlamento di una apposita relazione.

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 19

Pertanto, rispetto ai risultati conseguiti l’anno precedente, l’indebitamento

netto delle Amministrazioni pubbliche è diminuito di circa 12,4 miliardi nel 2012,

scendendo a 47,6 miliardi. In rapporto al PIL è stato pari al -3,0 per cento, in

TAVOLA III.2: EVOLUZIONE DEI PRINCIPALI AGGREGATI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE1

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello (2) In % del PIL In % del PIL

Indebitamento netto secondo i settori della Pubblica Amministrazione

1. Amministrazioni pubbliche -47.633 -3,0 -2,9 -1,8 -1,5 -0,9 -0,4

Variazione cumulata indebitamento netto 0,2 0,4 0,6

2. Amministrazioni centrali -53.660 -3,4 -2,4 -1,7 -1,6 -1,2 -0,9

3. Stato -52.612 -3,4 -2,2 -1,5 -1,6 -1,1 -0,8

4. Amministrazioni locali 2.724 0,2 -0,7 -0,2 -0,3 -0,3 -0,4

5. Enti previdenziali 3.303 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2

Amministrazioni pubbliche

6. Totale entrate 746.879 47,7 48,2 48,0 47,7 47,5 47,3

7. Totale spese 794.512 50,7 51,1 49,8 49,4 48,8 48,3

8. Indebitamento netto -47.633 -3,0 -2,9 -1,8 -1,7 -1,3 -1,0

9. Spesa per interessi 86.717 5,5 5,3 5,6 5,8 6,0 6,1

10. Avanzo primario 39.084 2,5 2,4 3,8 4,1 4,7 5,1

11. Misure una tantum (3) 1.512 0,1 -0,2 -0,1 -0,1 0,0 0,0

Componenti del lato delle entrate

12. Totale entrate tributarie 472.164 30,2 30,4 30,4 30,3 30,2 30,1

12a. Imposte indirette 233.554 14,9 15,3 15,4 15,5 15,4 15,3

12b. Imposte dirette 237.235 15,1 15,0 15,0 14,7 14,7 14,8

12c. Imposte in c/capitale 1.375 0,1 0,1 0,1 0,0 0,0 0,0

13. Contributi sociali 216.669 13,8 14,0 13,9 13,8 13,7 13,6

14. Redditi da proprietà 8.631 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6

15. Altre entrate 49.415 3,2 3,3 3,1 3,1 3,0 3,0

16. Totale entrate 746.879 47,7 48,2 48,0 47,7 47,5 47,3

p.m. : pressione fiscale

44,0 44,4 44,3 44,1 43,9 43,8

Componenti del lato delle spesa

17. Red lav dip + Consumi intermedi 254.434 16,2 15,8 15,2 14,9 14,6 14,3

17a. Redditi da lavoro dipendente 165.366 10,6 10,4 10,0 9,8 9,5 9,2

17b. Consumi intermedi 89.068 5,7 5,4 5,3 5,2 5,2 5,1

18. Totale trasferimenti sociali 354.624 22,6 23,1 23,0 22,9 22,7 22,6

di cui: sussidi di disoccupazione 12.967 0,8 0,9 1,0 0,9 0,9 0,8

18a. Trasferimenti sociali in natura 43.211 2,8 2,8 2,7 2,7 2,7 2,6

18b. Prestazioni soc. non in natura 311.413 19,9 20,3 20,3 20,2 20,1 20,0

19. Interessi passivi 86.717 5,5 5,3 5,6 5,8 6,0 6,1

20. Contributi alla produzione 15.842 1,0 1,0 0,9 0,9 0,8 0,8

21. Investimenti fissi lordi 29.224 1,9 1,8 1,7 1,7 1,7 1,6

22. Trasferimenti in c/capitale 18.374 1,2 1,7 1,0 1,0 0,8 0,8

23. Altre spese 35.297 2,3 2,4 2,2 2,2 2,2 2,1

24. Totale spese 794.512 50,7 51,1 49,8 49,4 48,8 48,3

p.m. : Consumi pubblici 314.200 20,1 19,6 19,0 18,7 18,3 17,9

1) Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono causare differenze tra la somma delle varie voci di spesa e di

entrata e, rispettivamente, il totale delle spese e il totale delle entrate.

2) Valori in milioni.

3) Il segno positivo indica misure una tantum a riduzione del deficit.

Nota: La prima riga della tavola espone i valori programmatici, i restanti valori espongono gli andamenti a legislazione

vigente. A decorrere dal 2015, il valore degli indicatori riportati nella tabella è calcolato considerando la prosecuzione

del regime di tassazione degli immobili istituito dal decreto legge n. 201 del 2011. I dati relativi al totale delle entrate e

al totale delle spese differiscono da quelli del Conto delle Amministrazioni pubbliche esposto nella Sezione II del

Documento di Economia e Finanza per una diversa metodologia di rappresentazione del conto: secondo il Regolamento

CE n. 1500/2000 nella Sez. I e secondo la versione tradizionale nella Sez. II. Il raccordo tra le due versioni viene diffuso

annualmente dall’ISTAT a distanza di alcuni mesi. I dati relativi al 2011 e 2012 sono dati di preconsuntivo e consuntivo

ISTAT non ancora diffusi. Per gli anni 2013-2017 i dati sono previsioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

20 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

miglioramento di 0,8 punti percentuali rispetto a quello registrato nel 2011 (-3,8

per cento)4. L’avanzo primario è raddoppiato passando dall’1,2 per cento del PIL

del 2011 al 2,5 per cento nel 2012.

Le entrate totali sono aumentate del 2,5 per cento rispetto all’anno

precedente. Le entrate correnti hanno registrato un incremento del 2,6 per cento:

in particolare, le imposte indirette sono cresciute del 5,2 per cento trainate

prevalentemente dal gettito dell’Imposta Municipale Unica (IMU) e dall’aumento

delle accise sugli oli minerali. Incremento pressoché analogo (5,0 per cento)

hanno registrato le imposte dirette essenzialmente per effetto dell’aumento

dell’IRPEF, della relativa addizionale regionale e dell’imposta sostitutiva su

ritenute, interessi e altri redditi di capitale, che riflette le modifiche al regime di

tassazione delle rendite finanziarie. I contributi sociali hanno segnato una

sostanziale stabilità (-0,1 per cento). Le entrate in conto capitale hanno registrato

una netta contrazione a seguito del venir meno dei versamenti una tantum

dell’imposta sostitutiva sul riallineamento dei valori contabili ai principi

internazionali IAS che avevano sostenuto il gettito nel 2011. Nel complesso le

entrate totali hanno raggiunto nel 2012 il 47,7 per cento del PIL. La pressione

fiscale è risultata pari al 44,0 per cento, in aumento rispetto al 42,6 per cento del

2011.

Dal lato della spesa le uscite totali mostrano una dinamica contenuta rispetto

al 2011 (0,7 per cento) riflettendo un incremento pressoché analogo delle uscite

correnti (0,8 per cento). In particolare, i redditi da lavoro dipendente sono

diminuiti del 2,3 per cento, a seguito di una riduzione delle unità di lavoro delle

Amministrazioni pubbliche e del permanere del blocco dei rinnovi contrattuali; i

consumi intermedi, in presenza delle misure di contenimento della spesa pubblica,

si sono ridotti del 2,4 per cento; le prestazioni sociali in denaro sono aumentate

del 2,4 per cento, in linea con la crescita della spesa per pensioni e rendite. Gli

interessi passivi si sono attestati su un livello di circa 86,7 miliardi nel 2012, con

un aumento del 10,7 per cento rispetto al 2011. Nell’ambito della spesa in conto

capitale, in riduzione dello 0,6 per cento, gli investimenti fissi lordi sono diminuiti

del 6,0 per cento.

Il percorso di rientro del deficit nel 2012 è stato condizionato dal netto

peggioramento della congiuntura economica e dalla ripresa delle tensioni sui

mercati finanziari che ha comportato un aumento dei tassi d’interesse. L’azione di

contenimento della spesa, su cui si è concentrata l’azione del Governo, è stata

accompagnata da una corrispondente riduzione delle entrate al fine di favorire la

crescita economica.

A due anni di distanza dall’avvio della procedura per disavanzo eccessivo

(EDP)5, il livello dell’indebitamento conseguito nel 2012 e le proiezioni di ulteriore

riduzione per gli anni successivi evidenziano un risanamento dei conti pubblici

coerente con le raccomandazioni ricevute in sede europea. Le modifiche

4 Secondo la versione SEC95, non valida ai fini della procedura EDP che considera gli swap, il rapporto tra

indebitamento netto e PIL è stato pari al 2,9 per cento, in miglioramento di 0,8 punti percentuali rispetto al 2011 (rivisto dal 3,8 per cento al 3,7 per cento).

5 Con l’avvio della procedura per disavanzo eccessivo (EDP) nei confronti di quasi tutti i Paesi europei a fine 2009, all’Italia veniva richiesto di riportare il disavanzo entro il 3,0 per cento del PIL entro il 2012 e di garantire uno sforzo di bilancio medio annuo pari almeno a 0,5 punti percentuali di PIL nel periodo 2010-2012.

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 21

introdotte al quadro normativo nazionale pongono le basi per il conseguimento di

un equilibrio di bilancio duraturo nel tempo.

TAVOLA III.3: PERCORSO DI RISANAMENTO FINANZIARIO (in percentuale del PIL)1

2011 2012 2013 2014 2015

DEF (aprile 2012)

Indebitamento netto -3,9 -1,7 -0,5 -0,1 0,0

Indebitamento netto strutturale -3,6 -0,4 0,6 0,6 0,4

Avanzo primario 1,0 3,6 4,9 5,5 5,7

Interessi 4,9 5,3 5,4 5,6 5,8

Debito pubblico (al lordo degli aiuti all'euro area) 120,1 123,4 121,5 118,2 114,4

Debito pubblico (al netto degli aiuti all'euro area) 119,2 120,3 117,9 114,5 110,8

1) D.L. n. 95 (luglio 2012)

Impatto sull'indebitamento netto 0,04 0,00 0,00 0,04

Maggiori entrate nette -0,21 -0,42 -0,61 -0,60

Minori spese nette 0,25 0,42 0,61 0,63

2) Legge di Stabilità (ottobre 2012)

Impatto sull'indebitamento netto -0,15 0,01 0,02

Maggiori entrate nette -0,12 -0,05 -0,02

Minori spese nette -0,03 0,06 0,04

Impatto della revisione delle previsioni macroeconomiche -0,81 -1,02 -1,24 -1,08

Impatto della revisione dei pagamenti degli interessi -0,12 -0,05 -0,19 -0,37

Aggiornamento DEF (settembre 2012)

Indebitamento netto -3,9 -2,6 -1,8 -1,5 -1,3

Indebitamento netto strutturale -3,6 -0,9 0,0 -0,2 -0,4

Avanzo primario 1,0 2,9 3,8 4,4 4,8

Interessi 4,9 5,5 5,6 5,9 6,1

Debito pubblico (al lordo degli aiuti all'euro area) 120,7 126,4 126,1 123,1 119,9

Debito pubblico (al netto degli aiuti all'euro area) 119,9 123,3 122,3 119,3 116,1

1) Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori presentati in tabella.

Per il 2013 e il 2014 l’indebitamento viene confermato rispettivamente al 2,9

e 1,8 per cento del PIL in linea con quanto anticipato nella Relazione al

Parlamento dello scorso mese di marzo.

Negli anni seguenti, l’evoluzione dei conti pubblici, scontando la prosecuzione

della tassazione sugli immobili istituita dal D.L:201 del 2011, evidenzia un profilo

dell’indebitamento netto che si avvicina al livello necessario al conseguimento

dell’equilibrio strutturale di bilancio. Il conseguimento del pareggio di bilancio

negli anni 2015-2017 potrebbe richiedere misure per colmare il gap residuo.

In base all’andamento programmatico previsto, l’avanzo primario in termini

nominali aumenterebbe progressivamente, raggiungendo il 5,7 per cento nel 2017.

Le eventuali ulteriori misure saranno calibrate in modo da mantenere la

dinamica della spesa in linea con le disposizioni della regola sulla spesa definite a

livello europeo.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

22 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TAVOLA III.4: SPESE DA ESCLUDERE DALLA REGOLA DI SPESA

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello (1) In % del PIL In % del PIL

Spese per programmi UE pienamente coperte da

fondi UE 4.499 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3

Componente ciclica della spesa per sussidi di

disoccupazione (2) 3.777 0,2 0,3 0,3 0,2 0,2 0,2

Entrate discrezionali varate nel 2012 (3) 20.380 1,3 1,8 1,6 0,9 0,9 0,8

Incrementi di entrata già individuati per legge 0 0 0 0 0 0 0

1) In milioni di euro.

2) In prima applicazione, sull'orizzonte di previsione (2013-2017) la componente ciclica è stata identificata nello

scostamento fra il valore previsto ed il valore medio della spesa negli anni 2008-2012 incrementata del 2 per

cento per ciascuno degli anni di previsione. Per l'anno 2012 lo scostamento è stato calcolato con riferimento al

valore medio sul periodo 2007-2011 incrementato del 2 per cento. La variabile di spesa considerata è la 'spesa

per prestazioni in denaro di ammortizzatori sociali', che costituisce un sottoinsieme della categoria D62 del

SEC95.

3) Le entrate discrezionali includono gli effetti netti, di riduzione delle entrate, derivanti dalle misure previste nella

manovra di bilancio (D.L n.95/2012 e Legge di Stabilità 2013-2015) e gli incrementi di entrate disposti da prov-

vedimenti precedenti (D.L. n.201/2011; D.L. n.70/2011; D.L. n.98/2011; D.L. n.138/2011 al netto clausola di

salvaguardia su tax expenditures).

FO

CU

S

La regola di spesa

La regola di spesa introdotta con il nuovo Patto di Stabilità e Crescita nel 2011 rafforza gli

impegni relativi al rispetto dei vincoli di bilancio, qualificando ulteriormente la convergenza

verso l’obiettivo di medio periodo. Tale regola trova applicazione a partire dal 2012 ed è già

stata recepita a livello nazionale dall’Italia con la legge n. 243/2012.

Più nel dettaglio, l’aggregato di spesa di riferimento è dato, in ciascun anno, dal totale delle

spese della P.A., al netto della spesa per interessi, della spesa nei programmi europei

pienamente coperte da fondi comunitari, e della componente non discrezionale (ovvero

quella legata al ciclo economico) delle spese per indennità di disoccupazione. Inoltre,

l’aggregato di spesa considerato deve essere depurato dalla volatilità intrinseca nella serie

degli investimenti, sostituendo al valore annuale di questi ultimi la media degli stessi

calcolata tra l’anno t e i precedenti 3 anni. Secondo le recenti modifiche alla metodologia di

calcolo, l’aggregato di riferimento sconta anche gli effetti delle entrate discrezionali le quali,

secondo la metodologia precedente, erano considerate come componente compensativa di

eventuali sforamenti nella crescita dell’aggregato di spesa rispetto al tasso di riferimento.

Per i paesi che hanno conseguito il proprio MTO, l’aggregato di spesa di riferimento,

espresso in termini reali, può muoversi in linea con il tasso di crescita di medio periodo del

PIL potenziale. Per quelli lontani dall’MTO, la crescita dell’aggregato di spesa dev’essere

ridotta rispetto al tasso di crescita potenziale di medio termine di un ammontare (shortfall)

che comunque garantisca una riduzione del saldo strutturale di bilancio di almeno 0,5 punti

percentuali ogni anno.

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 23

Il limite massimo per la crescita dell’aggregato di spesa definito in sede europea che si

applica all’Italia per il biennio 2012-2013 è pari, rispettivamente, a -0,8 per cento l’anno

nel caso di non raggiungimento dell’MTO e di 0,3 per cento nel caso di conseguimento

dell’obiettivo di medio periodo. Nel prossimo triennio 2014-2016 il benchmark è stato

aggiornato ed è pari, rispettivamente, a -1,1 per cento l’anno nel caso di non

raggiungimento dell’MTO e a 0,0 per cento nel caso di conseguimento dell’obiettivo di

medio periodo. In sede di aggiornamento del benchmark è stato anche indicato per ciascun

paese il tasso di crescita del deflatore del PIL da considerare per la valutazione del rispetto

della regola negli anni 2011-2013, in linea con le previsioni della Commissione europea.

Per l’Italia, i tassi di riferimento sono pari all’1,90 per cento nel 2011, 1,87 per cento nel

2012 e all’1,88 per cento nel 2013.

Sulla base di questi parametri e considerando che i valori del Conto della P.A. utilizzati sono

basati sullo scenario a politiche invariate e non includono gli effetti di ulteriori eventuali

interventi di bilancio che il prossimo Governo potrà introdurre, il quadro di finanza pubblica

risulta in linea con la regola per tutto il periodo di riferimento 2011-2017, ad eccezione

degli anni 2015 e 2017.

APPLICAZIONE DELLA REGOLA DI SPESA1

2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

milioni di euro

1.Totale spesa 788.894 794.512 804.087 808.264 829.391 845.137 862.595

2.Maggiori spese a politica invariata 0 0 0 0 2.061 4.441 7.073

3.Spese finanziate da UE 3.508 4.499 4.499 4.499 4.499 4499 4499

4. Componente ciclica dei sussidi di

disoccupazione 2.828 3.777 3.961 4.493 3.811 3.560 3.335

5.Interessi 78.351 86.717 83.892 90.377 97.465 104.387 109.289

6.Investimenti fissi lordi 31.097 29.224 28.257 28.156 28.289 28.669 28.761

7.Investimenti fissi lordi - media sugli

ultimi 4 anni 34.260 32.760 30.240 29.184 28.482 28.343 28.469

8.Step 1: Aggregato di spesa di

riferimento (1+2-3-4-5-6+7) 707.370 703.054 713.717 709.923 725.869 736.806 752.252

9.Entrate discrezionali (2) 5.036 20.380 27.624 26.784 27.668 27.722 27.188

10.Step 2: Aggregato di spesa di ri-

ferimento (8-9) 702.334 682.675 686.093 683.138 699.201 709.084 725.064

11.Step 3: Tasso di crescita dell'ag-

gregato di spesa in termini nominali -1,3 -2,8 0,5 -0,4 2,2 1,6 2,3

12.Step 4: Tasso di crescita dell'ag-

gregato di spesa in termini reali -3,2 -4,7 -1,4 -2,3 0,4 -0,2 0,5

13.Benchmark (limite massimo alla

crescita dell’aggregato di spesa) -0,8 -0,8 -0,8 0,0 0,0 0,0 0,0

1) Il benchmark di riferimento è coerente con il raggiungimento dell’MTO nel 2013 e il mantenimento dello stesso

negli anni successivi. L'aggregato di spesa di riferimento è coerente con i valori presentati nel conto della P.A

(Tavola III.2), sottraendo al totale delle spese a politiche invariate l’ammontare della spesa per interessi, delle

spese finanziate con fondi UE, la componente ciclica delle indennità di disoccupazione e considerando la spesa

media per investimenti (calcolata sugli anni da t a t-3). Sono inoltre sottratte le misure discrezionali sulle entrate

(Tavola III.5). Il tasso di crescita della spesa di riferimento è stato deflazionato per mezzo dei tassi forniti dalla

Commissione negli anni 2011-2013, mentre negli anni successivi è stato utilizzato il tasso di crescita del deflatore

del PIL esposto nella Tavola II.2b.

2) In linea con la definizione concordata nell’Output Gap Working Group, le misure discrezionali sulle entrate

corrispondono a misure già adottate e a quelle programmate con un margine di certezza (European Commission,

Methodological requirements for the reporting of discretionary revenues measures, Note for the OGWG, 3 October

2012). Si veda anche (European Commission, Complementary information on the functioning of the expenditure

and debt benchmarks, Note for the Alternates of the Economic and Financial Committee, 27 June 2012). Per il

2011 il dato indica l’incremento atteso nelle entrate tributarie totali, rispetto ai dati di consuntivo del 2010,

derivante dai principali provvedimenti varati nel corso del biennio 2010-2011.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

24 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TAVOLA III.5: SCENARIO A POLITICHE INVARIATE

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello (1) In % del PIL In % del PIL

Totale entrate a politiche invariate 746.879 47,7 48,2 48,0 47,7 47,5 47,3

Totale spesa a politiche invariate 794.512 50,7 51,1 49,8 49,6 49,1 48,8

Voci di dettaglio della spesa (2)

Spese correnti 753.255 48,1

Redditi da lavoro dipendente 165.366 10,6 10,4 10,0 9,8 9,6 9,3

Consumi Intermedi 132.279 8, 5 8,2 8,0 7,9 7,9 7,9

Altre spese correnti 57.480 3, 7 3,7 3,5 3,5 3,5 3,4

(al netto interessi e prestazioni sociali)

Spese in c/capitale 46.617 3,0

(al netto dismissioni immobiliari)

Investimenti fissi lordi 29.199 1,9 1,8 1,8 1,7 1,7 1,6

(al netto dismissioni immobiliari)

Contributi agli investimenti 17.487 1,1 1,2 1,0 1,0 0,7 0,7

1) In milioni di euro.

2) I dati di dettaglio della spesa sono coerenti con il Conto delle Amministrazioni pubbliche esposto nella Sezione II del

Documento di Economia e Finanza.

TAVOLA III.6: SETTORE STATALE – SETTORE PUBBLICO – SALDI DI CASSA (in milioni di euro e in percentuale del PIL)

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Saldo Settore Statale -49.500 -53.674 -31.387 -24.330 -16.320 -14.994

in % PIL -3,2 -3,4 -1,9 -1,5 -0,9 -0,8

Saldo Amministrazioni Centrali -48.726 -53.404 -30.791 -23.630 -15.667 -14.338

in % PIL -3,1 -3,4 -1,9 -1,4 -0,9 -0,8

Saldo Amministrazioni Locali -1.505 -1.229 -979 -729 -430 -292

in % PIL -0,1 -0,1 -0,1 0,0 0,0 0,0

Saldo Enti di Previdenza e Assistenza 0 0 0 0 0 0

in % PIL 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0

Saldo Settore Pubblico -50.231 -54.635 -31.770 -24.359 -16.098 -14.631

in % PIL -3,2 -3,5 -2,0 -1,5 -0,9 -0,8

III.2 IMPATTO FINANZIARIO DELLE PRINCIPALI RIFORME

Nel Programma Nazionale di Riforma 2013 sono state individuate dieci aree di

policy (contenimento ed efficientamento della spesa pubblica, federalismo,

efficienza amministrativa, mercato dei prodotti e concorrenza, lavoro e pensioni,

innovazione e capitale umano, sostegno alle imprese, sostegno al sistema

finanziario, energia e ambiente, infrastrutture e sviluppo) riportate in una griglia

allegata al documento stesso6. Tali aree comprendono le nuove misure

d’intervento introdotte dai provvedimenti vigenti dal mese di aprile 20127.

6 Per una descrizione dell’impostazione della griglia e dei suoi contenuti, si veda la ‘Guida alla lettura delle

griglie allegate al PNR’ riportata in Appendice al PNR 2013. 7 Sebbene tali provvedimenti includano anche disposizioni afferenti alle misure già poste in essere negli

anni precedenti, riportate quale aggiornamento normativo e finanziario dei PNR 2012 e 2011, in questo paragrafo non si analizzano gli effetti derivanti dall’aggiornamento delle misure relative ai PNR pubblicati nell’ultimo biennio e contenuti nella griglia del PNR 2012.

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 25

TAVOLA III.7: IMPATTO FINANZIARIO DELLE NUOVE MISURE DEL PNR 2013 (in milioni di euro) 1

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Contenimento della spesa pubblica

Maggiori spese 0 588 0 0 0 0

Maggiori entrate 30 1.972 2.251 2.326 1.988 1.988

Minori spese 0 7.391 7.906 8.098 7.136 7.101

Minori entrate 0 562 586 568 568 562

Efficienza Amministrativa

Maggiori spese 0 10 0 0 0 0

Infrastrutture e sviluppo

Maggiori spese 70 320 70 70 70 70

Minori entrate 4 4 4 4 4 4

Mercato dei prodotti, concorrenza e efficienza amm.

Minori entrate 0 9 9 9 9 9

Lavoro e pensioni

Maggiori spese 0 3.492 4.266 3.877 3.831 3.422

Maggiori entrate 0 988 1.554 1.800 1.800 1.400

Minori entrate 0 941 1.349 1.206 0 0

Innovazione e capitale umano

Maggiori spese 0 279 169 109 108 108

Sostegno alle imprese

Maggiori spese 0 667 453 507 497 497

Minori entrate 0 77 150 121 121 112

Maggiori entrate 0 0 0 33 0 28

Energia e ambiente

Maggiori spese 0 0 5 10 10 10

Sistema finanziario

Maggiori spese 0 1.617 0 0 0 0

Minori entrate 0 11 8 9 11 13

1) I dati non includono gli aggiornamenti finanziari delle misure del PNR 2011 e 2012.

Fonte: Elaborazioni MEF-RGS sui dati degli Allegati 3, delle Relazioni Tecniche e delle informazioni fornite dai

Ministeri competenti.

Per ciascuna macro-area d’intervento si è valutato l’impatto sul bilancio dello

Stato in termini di maggiori o minori spese e maggiori o minori entrate delle nuove

misure in esse ricomprese (tav. III.7)8, fermo restando che vi sono misure che non

hanno alcun impatto in quanto non quantificabili al momento dell’approvazione

del relativo provvedimento o in quanto non comportanti nuovi o maggiori oneri

per il bilancio dello Stato.

Per un maggior dettaglio delle misure si rimanda al capitolo II.4 del

Programma Nazionale di Riforma (parte del Documento di economia e Finanza).

8 La tavola non riporta l’area relativa al federalismo in quanto le nuove misure riguardano disegni di legge

che non hanno concluso l’iter normativo nella XVI legislatura. L’aggiornamento normativo e finanziario relativo allo stato di implementazione dei decreti attuativi della Legge delega n.42/2009 è contenuto nella griglia del PNR 2012 (misure 19-24).

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

26 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

III.3 SALDO DI BILANCIO CORRETTO PER IL CICLO

Nel corso del 2012 sono stati approvati dal Parlamento Italiano alcuni specifici

provvedimenti normativi9 che hanno introdotto nella Costituzione, e

successivamente dettagliato per l’attuazione, il principio dell’equilibrio di bilancio

in conformità con il dettato europeo. Secondo la nuova legislazione nazionale,

l’equilibrio di bilancio si ottiene qualora il saldo strutturale si attesti al livello

dell’Obiettivo di Medio Periodo (MTO)10.

Per l’Italia, l’Obiettivo di Medio Periodo coincide con un saldo strutturale in

pareggio. Questo sposta l’accento della sorveglianza fiscale sulle valutazioni

effettuate in termini strutturali, cioè al netto del ciclo economico e delle misure

una tantum.

Le stime prodotte sulla base del quadro macroeconomico di riferimento

(capitolo II) mostrano un andamento della crescita potenziale11 per il 2013 che si

assesta intorno allo zero, dopo la contrazione di 0,5 punti percentuali del 2012.

Questo andamento è dovuto soprattutto al contributo, già in passato negativo,

della produttività multifattoriale (Total Factor Productivity), compensato

dall’apporto positivo del fattore lavoro12.

Nel periodo 2014–2017 le previsioni suggeriscono una graduale ripresa. Già a

partire dal 2014 il PIL potenziale tornerebbe a crescere dello 0,2 per cento mentre

nel 2017 la crescita raggiungerebbe lo 0,5 per cento. I fattori lavoro e capitale

contribuirebbero positivamente alla crescita potenziale, mentre la produttività

multifattoriale tornerebbe solo nel 2016 a dare un contributo marginalmente

positivo. Occorre rilevare come la stima del tasso di crescita presentata in questa

Sezione si basi su una valutazione conservativa e prudenziale dell’impatto delle

riforme strutturali (cfr. cap. II).

L’output gap, ovvero la variabile che misura la distanza tra il livello della

crescita potenziale e il livello del prodotto corrente, è previsto allargarsi

ulteriormente rispetto agli anni precedenti, fino a raggiungere il -4,8 per cento

del PIL potenziale nel 2013. L’andamento successivo, ovvero tra il 2014 e il 2017,

dovrebbe permettere una graduale chiusura; l’output gap infatti registrerebbe

valori negativi ma sempre più bassi fino a raggiungere il -0,8 per cento nel 2017.

9 Tali provvedimenti sono, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, recante ‘Introduzione del principio

del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale» e la legge 24 dicembre 2012, n. 243 recante «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione’.

10 L’Obiettivo di Medio Periodo (MTO) è definito in termini strutturali (al netto del ciclo economico e di altri fattori temporanei) sulla base di indicatori specifici per ciascun paese quali il taso di crescita potenziale di lungo periodo, il livello corrente del rapporto debito/PIL e l’ammontare delle passività implicite legate all’invecchiamento della popolazione.

11 La stime del prodotto potenziale e dell’output gap dell’economia italiana si basano sull’applicazione della metodologia della funzione di produzione comune a tutti i paesi dell’UE e approvata dal Consiglio ECOFIN. Tale metodologia viene periodicamente discussa e rivista all’interno del Comitato di Politica Economica e dell’Output Gap Working Group (EPC-OGWG). Per ulteriori informazioni si veda: D'Auria et al., 2010, The production function methodology for calculating potential growth rates and output gaps, European Economy, Economic Paper, No. 420.

12 Per quanto riguarda il fattore lavoro, occorre rilevare che, le stime del tasso di partecipazione utilizzate per la derivazione del tasso di crescita potenziale e dell’output gap sono basate su una definizione diversa della popolazione attiva che considera le coorti 15-74 in luogo della fascia di età 15-64. Tale modifica concordata a livello europeo si è resa necessaria per includere gli effetti occupazionali delle recenti riforme del sistema pensionistico le quali hanno contribuito, in Italia e altrove, ad aumentare sensibilmente l’età di pensionamento e la durata della vita lavorativa.

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 27

TAVOLA III.8: LA FINANZA PUBBLICA CORRETTA PER IL CICLO (in percentuale del PIL) 1

2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Tasso di crescita del PIL a prezzi costanti 0,4 -2,4 -1,3 1,3 1,5 1,3 1,4

Indebitamento netto -3,8 -3,0 -2,9 -1,8 -1,5 -0,9 -0,4

Interessi passivi 5,0 5,5 5,3 5,6 5,8 6,0 6,1

Tasso di crescita del PIL potenziale 0,4 -0,5 0,0 0,2 0,3 0,3 0,5

Contributi dei fattori alla crescita potenziale:

Lavoro 0,3 -0,4 0,2 0,3 0,3 0,2 0,2

Capitale 0,2 0,0 0,0 0,1 0,1 0,2 0,2

Produttività Totale dei Fattori -0,1 -0,2 -0,2 -0,1 -0,1 0,0 0,1

Output gap -1,8 -3,6 -4,8 -3,8 -2,6 -1,7 -0,8

Componente ciclica del saldo di bilancio -1,0 -2,0 -2,7 -2,1 -1,5 -0,9 -0,5

Saldo di bilancio corretto per il ciclo -2,8 -1,1 -0,2 0,3 -0,1 0,0 0,0

Avanzo primario corretto per il ciclo 2,2 4,5 5,1 5,9 5,7 6,1 6,1

Misure una tantum 0,7 0,1 -0,2 -0,1 -0,1 0,0 0,0

Saldo di Bilancio al netto delle una tantum -4,5 -3,1 -2,7 -1,7 -1,5 -0,9 -0,5

Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum -3,5 -1,2 0,0 0,4 0,0 0,0 0,0

Avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum 1,5 4,4 5,3 6,0 5,8 6,0 6,1

Variazione saldo di bilancio al netto delle una tantum -0,2 -1,3 -0,4 -1,0 -0,2 -0,5 -0,5

Variazione saldo di bilancio corretto per ciclo al netto delle una tantum -0,2 -2,3 -1,1 -0,4 0,4 0,0 0,0

1) Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori presentati in tabella.

La componente ciclica che fornisce una misura approssimata dell’impatto

delle fluttuazioni congiunturali sul bilancio dello Stato viene definita come il

prodotto tra l’output gap e l’elasticità del saldo di bilancio alla crescita

economica. A partire da quest’anno, il Comitato di Politica Economica dell’UE ha

deciso di adottare un concetto di semi-elasticità13. Pertanto, in luogo della

misurazione dell’impatto sul livello assoluto del saldo di bilancio di variazioni

della crescita economica, si considera la variazione del saldo di bilancio in

percentuale del PIL rispetto a variazioni della crescita economica. Al contrario del

precedente indicatore, ciò determina una elasticità pari a circa zero per il

rapporto tra entrate fiscali e PIL e valori prossimi a 0,5 per il rapporto tra spese e

PIL. Nel complesso, il parametro14 della semi-elasticità risulta essere per l’Italia

pari a circa 0,55. Sulla base di tali innovazioni, la componente ciclica

raggiungerebbe il -2,7 per cento nel 2013 per poi diminuire progressivamente,

arrivando al -0,5 per cento nel 2017.

In linea con l’obiettivo di medio periodo (MTO) del Governo, il saldo

strutturale, che considera il rapporto tra indebitamento e PIL al netto del ciclo e

delle misure una tantum, sarebbe in pareggio nel 2013 senza necessità di

intervenire con ulteriori manovre correttive. Nel 2014 il saldo strutturale si

collocherebbe ben al di sopra dell’obiettivo di medio periodo raggiungendo un

13 Mourre, G., Isbasoiu, G.M., Paternoster, D., Salto, M., 2013, The cyclically adjusted budget balance in

the EU fiscal framework: an update; European Economy, European Commission, Directorate- General for Economic and Financial Affairs; Economic Paper No. 478.

14 Inoltre, sono stati aggiornati i parametri che rappresentano, per ogni singolo paese, i pesi specifici, cioè la struttura di entrate e spese e le quote relative delle singole categorie che le compongono. Sia la modifica della semi-elasticità che quella che riguarda i pesi relativi non hanno effetti rilevanti sul calcolo della componente ciclica, mentre hanno effetti significativi sul calcolo separato di entrate e uscite strutturali.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

28 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

surplus dello 0,4 per cento del PIL. Per converso, nel periodo 2015-2017, il

prossimo Governo dovrebbe implementare ulteriori misure, pari complessivamente

allo 0,6 per cento del PIL, in modo da garantire il mantenimento di un saldo

strutturale in pareggio.

III.4 DEBITO PUBBLICO

Nel 2012, come nel 2011, il debito pubblico è stato gestito in un contesto reso

arduo sia dalle condizioni di estrema instabilità dei mercati finanziari (in

particolare sul segmento dei titoli governativi dell’Area dell’Euro) sia dal ciclo

economico sfavorevole. L’andamento dei mercati durante l’anno è stato tuttavia

tutt’altro che uniforme. I primi mesi dell’anno hanno visto il protrarsi degli effetti

delle operazioni straordinarie di iniezione di liquidità con scadenza triennale

attivate dalla Banca Centrale Europea (BCE). In particolare a febbraio è stata

effettuata la seconda operazione di LTRO (Long Term Refinancing Operation) per

ulteriori 530 miliardi a cui hanno partecipato 800 banche. Il mercato dei titoli

governativi italiani ha beneficiato in maniera significativa da queste operazioni,

anche grazie al ruolo svolto dalle banche italiane che hanno in parte riversato la

liquidità ottenuta sui titoli di Stato contribuendo non marginalmente alla sensibile

riduzione dei tassi e al ripristino di condizioni di liquidità soddisfacenti sul

mercato secondario. Da inizio gennaio a inizio marzo i tassi sulla scadenza a 1

anno sono scesi di circa 260 punti base mentre quelli sulla scadenza a 10 anni si

sono ridotti di circa 230 punti base.

FIGURA III.1: EVOLUZIONE DELLA CURVA DEI RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO

Parallelamente, anche il differenziale di rendimento contro il Bund tedesco si

è notevolmente ridotto passando dai 530 punti base di inizio gennaio ai 290 di

inizio marzo sulla scadenza a 10 anni. A rafforzare questa tendenza hanno

contribuito da un lato le misure di ulteriore consolidamento della finanza pubblica

adottate dal governo a partire dalla fine del 2011, che si sono aggiunte a quelle

già messe in campo nei mesi precedenti e, dall’altro, l’approvazione a livello

0,0

0,7

1,4

2,1

2,8

3,5

4,2

4,9

5,6

6,3

7,0

tasso d

i in

tere

ssse (

%)

Durata

marzo 12 luglio 12 settembre 12 gennaio 13

15Y 30Y 1Y 2Y 3Y 5Y 10Y 3M

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 29

europeo del Fiscal Compact, volto a garantire un più efficace controllo della

finanza pubblica degli Stati membri e un più attento monitoraggio delle fonti di

potenziale rischio macroeconomico.

Con il mese di marzo, e fino alla fine del mese di luglio, l’instabilità sui

mercati è ritornata a farsi sentire in modo piuttosto intenso, contestualmente al

venire meno degli effetti delle due operazioni straordinarie di liquidità della BCE.

A determinare questa rinnovata fase di turbolenza sui mercati sono state da un

lato le criticità connesse con la ristrutturazione del debito della Grecia insieme

alla sua complessa fase di instabilità politica, innescata anche dalle trattative per

l’erogazione delle tranche di aiuti e, dall’altro, dal deterioramento del quadro di

finanza pubblica della Spagna, insieme alla necessità di procedere a rilevanti

interventi di ricapitalizzazione del settore bancario di quel paese. In questo

quadro si è assistito nuovamente a un peggioramento dei corsi dei titoli

governativi, con conseguente innalzamento del costo di finanziamento del debito:

su tutto il periodo da inizio marzo a metà luglio, i tassi sono saliti di circa 130

punti base sulla scadenza annuale, mentre su quella decennale la salita è stata

nell’ordine dei 90 punti base, dando luogo a un non trascurabile appiattimento

della curva dei rendimenti, segnaletico di una qualche rinnovata criticità sul

fronte del rischio di credito.

FIGURA III.2: DIFFERENZIALE DI RENDIMENTO BTP-BUND-BENCHMARK 10 ANNI

Nel mese di giugno, a livello europeo sono stati raggiunti importanti accordi

sia per la Spagna, con un piano di aiuti fino a 100 miliardi per le banche a valere

sui veicoli europei EFSF/ESM, sia per il ruolo dei medesimi fondi a supporto dei

titoli governativi di paesi sotto stress. Tuttavia, la situazione di mercato non è

migliorata in modo sensibile, in parte anche per effetto del downgrade del rating

dell’Italia da parte di Moody’s deciso nel mese di luglio.

A mutare radicalmente il contesto è arrivato a fine luglio l’impegno molto

determinato da parte della BCE a voler prendere in considerazione ogni iniziativa

pur di garantire la sopravvivenza della moneta unica. A ciò ha fatto seguito, ai

200

250

300

350

400

450

500

550

gen-12 feb-12 mar-12 apr-12 mag-12 giu-12 lug-12 ago-12 set-12 ott-12 nov-12 dic-12 gen-13 feb-13

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

30 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

primi di agosto, la presentazione del nuovo piano di acquisto dei titoli (OMT

Outright Monetary Transactions) di cui ai primi di settembre sono stati illustrati i

dettagli operativi. Con queste iniziative il mercato dei titoli governativi dell’intera

Area dell’Euro si è stabilizzato, con un forte calo dei rendimenti di tutti paesi

cosiddetti ‘periferici’, una marcata riduzione delle volatilità dei corsi dei titoli e

la ripresa sensibile dei volumi dei titoli scambiati sui mercati, con un ritorno non

marginale degli investitori provenienti sia dal Nord Europa che da altre aree come

gli USA e l’Asia. Per l’Italia questo ha comportato una sensibile riduzione,

protrattasi fino a metà febbraio dell’anno in corso, dello spread contro Bund, che

dagli oltre 530 punti base di fine luglio 2012 è arrivato ai circa 255 di febbraio

2013. Molto rapida è stata invece la normalizzazione della forma della curva dei

rendimenti, tornata già a settembre su una pendenza in linea con quella di inizio

marzo, e il cui livello è progressivamente calato fino a riportarsi a tassi simili a

quelli della prima metà del luglio 2011. A interrompere questa tendenza, senza

tuttavia dare luogo a un’effettiva inversione, è stato solo l’approssimarsi

dell’appuntamento elettorale di fine febbraio, il cui esito è apparso via via sempre

più incerto.

FIGURA III.3: DIFFERENZIALE DI RENDIMENTO TITOLI DI STATO 10 ANNI VS 2 ANNI

Nonostante un contesto così difficile, il Tesoro è riuscito a garantire una

politica di emissione e di gestione delle passività in circolazione piuttosto regolare

e prevedibile, riuscendo a garantire un’allocazione efficiente del debito sia in

termini di costo che di consolidamento dei risultati di minimizzazione dei rischi

ottenuti fino alla fine del 2011. I titoli di Stato italiani sono stati collocati in modo

soddisfacente sia sul piano della domanda che sul quello dei costi, visto che larga

parte dei collocamenti è stata effettuata a prezzi sostanzialmente in linea con

quelli del mercato secondario.

Nei mesi maggiormente favorevoli, il Tesoro è riuscito a garantire il

rifinanziamento dei titoli in scadenza accelerando il ritmo delle emissioni su tutte

le scadenze fino a 10 anni e in particolare sui BOT. Le migliorate condizioni

0

50

100

150

200

250

300

350

03

/01/2

01

2

17

/01/2

01

2

31

/01/2

01

2

14

/02/2

01

2

28

/02/2

01

2

13

/03/2

01

2

27

/03/2

01

2

10

/04/2

01

2

24

/04/2

01

2

08

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01

2

22

/05/2

01

2

05

/06/2

01

2

19

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01

2

03

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01

2

17

/07/2

01

2

31

/07/2

01

2

14

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01

2

28

/08/2

01

2

11

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01

2

25

/09/2

01

2

09

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01

2

23

/10/2

01

2

06

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01

2

20

/11/2

01

2

04

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01

2

18

/12/2

01

2

01

/01/2

01

3

15

/01/2

01

3

29

/01/2

01

3

12

/02/2

01

3

26

/02/2

01

3

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 31

rispetto agli ultimi mesi del 2011 hanno reso possibile il lancio, nel mese di marzo,

del BTP Italia, titolo quadriennale indicizzato all’indice di inflazione FOI (Indice

delle famiglie italiane di operai ed impiegati) indirizzato agli investitori retail e

quotato sul MOT (Mercato Telematico delle Obbligazioni). Lo stesso titolo è stato

riproposto in altre due circostanze, a giugno e ottobre, con un successo di

proporzioni considerevoli nel secondo caso, anche per effetto di condizioni

generali di mercato particolarmente favorevoli.

TAVOLA III.9: DETERMINANTI DEL DEBITO PUBBLICO (in percentuale del PIL) 1

2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello (al netto sostegni) (2) 120,0 124,3 126,9 125,2 121,8 117,8 113,8

Impatto di sostegni (3) 0,8 2,7 3,5 3,8 3,7 3,6 3,5

Livello (al lordo sostegni) (2) 120,8 127,0 130,4 129,0 125,5 121,4 117,3

Variazioni rispetto all’anno precedente 1,5 6,2 3,4 -1,4 -3,5 -4,1 -4,1

Fattori che determinano le variazioni del debito pubblico (in percentuale del PIL)

Avanzo Primario (Competenza Economica) -1,2 -2,5 -2,4 -3,8 -4,3 -5,1 -5,7

Effetto snow-ball 3,0 6,5 4,7 1,5 1,7 2,1 2,4

di cui: Interessi (competenza economica) 5,0 5,5 5,3 5,6 5,8 6,0 6,1

Aggiustamento Stock-Flussi -0,3 2,2 1,1 0,9 -0,9 -1,1 -0,8

di cui: Differenza tra cassa e competenza -0,4 0,0 -0,3 -0,1 -0,8 -0,8 -0,4

Accumulazione netta di asset

finanziari (4) 0,6 -0,4 -0,2 -0,6 -0,5 -0,7 -0,8

di cui: Introiti da Privatizzazioni 0,0 -0,5 -1,0 -1,0 -1,0 -1,0 -1,0

Effetti di valutazione del Debito 0,5 0,5 0,3 0,3 0,4 0,3 0,3

Altro (5) -1,0 2,1 1,3 1,4 0,0 0,1 0,1

p. m. : Tasso di interesse implicito sul Debito 4,2 4,5 4,2 4,4 4,7 4,9 5,2

1) Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori presentati nella ta-

vola.

2) Al netto e al lordo della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia e del programma ESM.

Per gli anni 2011 2012 l’ammontare di tali prestiti agli Stati membri dell'UEM (bilaterali o attraverso EFSF) è pari

rispettivamente a 13.118 e 36.932 miliardi. Le stime per gli anno 2013-2017 includono i proventi da privatizza-

zioni per un ammontare pari a circa 1 punto percentuale di PIL all’anno

3) Include gli effetti del contributo italiano a sostegno dell'Area Euro: contributi programma Greek Loan Facility

(GLF), EFSF e ESM.

4) Include gli effetti dei contributi per GLF e programma ESM.

5) La voce altro, residuale rispetto alle precedenti, comprende: variazioni dei depositi attivi del MEF presso la Ban-

ca d'Italia; discrepanze statistiche; contributi a sostegno dell'Area Euro previsti dal programma EFSF; effetti del

D.L. n.35/2013.

Nelle fasi di maggiore turbolenza il Tesoro non è mai ricorso a cambiamenti

repentini della sua strategia: si è fatto ricorso ad una graduale rimodulazione

delle emissioni sulle scadenze 2-10 anni privilegiando la parte a 3 e a 10 anni, a

fronte di una riduzione del carico sulle scadenze a 15-30 anni, sulla componente a

tasso variabile (CCTeu) o indicizzata all’inflazione dell’area euro (BTP€i). Di

converso in queste fasi è stata intensificata l’offerta dei titoli non più in corso di

emissione (titoli off-the-run) mentre in un caso si è anche proceduto a svolgere

un’operazione di concambio, con l’obiettivo di fornire un supporto ai BTP

indicizzati all’inflazione dell’Area dell’Euro, che in alcune fasi di mercato hanno

presentato una performance molto negativa anche in termini di liquidità del

mercato secondario.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

32 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TABELLA III.10: DEBITO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE PER SOTTOSETTORE 1 (in milioni di euro e in percentuale del PIL)

2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Livello al netto dei sostegni finanziari Area Euro (2)

Amministrazioni pubbliche 1.894.275 1.945.993 1.995.916 2.032.816 2.043.870 2.040.114 2.032.295

in % PIL 120,0 124,3 126,9 125,2 121,8 117,8 113,8

Amministrazioni centrali (3) 1.785.363 1.838.855 1.887.547 1.923.468 1.933.793 1.929.606 1.921.854

Amministrazioni locali (3) 135.159 131.810 133.039 134.018 134.747 135.177 135.469

Enti di Previdenza e Assistenza (3) 135 149 149 149 149 149 149

Livello al lordo dei sostegni finanziari Area Euro (2)

Amministrazioni pubbliche 1.907.392 1.988.658 2.051.352 2.094.275 2.105.502 2.101.937 2.094.348

in % PIL 120,8 127,0 130,4 129,0 125,5 121,4 117,3

Amministrazioni Centrali (3) 1.798.480 1.881.520 1.942.983 1.984.927 1.995.425 1.991.429 1.983.908

Amministrazioni Locali (3) 135.159 131.810 133.039 134.018 134.747 135.177 135.469

Enti di Previdenza e Assistenza (3) 135 149 149 149 149 149 149

1) Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori presentati in tabella.

2) Al netto ovvero al lordo della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia e del programma ESM.

Per gli anni 2011 2012 l’ammontare di tali prestiti agli Stati membri dell'UEM (bilaterali o attraverso EFSF) è pari rispetti-

vamente a 13.118 e 36.932 miliardi. Le stime per gli anno 2013-2017 includono i proventi da privatizzazioni per un

ammontare pari a circa 1 punto percentuale di PIL all’anno.

3) Al lordo degli interessi non consolidati.

Fonte: Banca d’Italia, Supplemento al bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito del 15 marzo 2013.

III.5 EVOLUZIONE DEL RAPPORTO DEBITO/PIL

Mentre il rapporto debito/PIL nel 2011 è stato solo marginalmente rivisto al

rialzo, passando dal 120,7 per cento riportato nella Nota di Aggiornamento al DEF

dello scorso settembre al 120,8 per cento, il dato per il 2012 si è invece attestato

su un livello superiore alle previsioni della Nota, raggiungendo il 127 per cento.

Mentre nel primo caso si tratta di ordinarie revisioni statistiche relative sia allo

stock aggregato del debito pubblico (da parte della Banca d’Italia) che al PIL (da

parte dell’ISTAT), a determinare l’incremento rispetto alle previsioni per l’anno

2012 è stato principalmente l’andamento del volume del debito, risultato

superiore di circa 12 miliardi di euro rispetto alle stime di settembre 201215. A

spiegare questa evoluzione è stata in parte una dinamica del fabbisogno del

Settore pubblico superiore alle attese e in parte un più accentuato ritmo delle

emissioni di titoli, che ha contribuito a consolidare la posizione di cassa del Tesoro

di fine anno.

Per l’anno 2013 il rapporto debito/PIL è previsto ancora in crescita di oltre 3

punti percentuali di PIL rispetto al 2012, arrivando al 130,4 per cento, un dato di

circa 4,3 punti percentuali di PIL superiore alla stima programmatica contenuta

nella Nota di Aggiornamento del DEF del 2012. Diverse sono le cause sottostanti

tale evoluzione: un ruolo minore è rappresentato dall’effetto di ‘trascinamento’

15 In linea con le previsioni, lo stock di debito del 2012 ha risentito dell’operazione di privatizzazione delle

società Fintecna, Sace e Siemest, per un importo pari circa a 7,8 miliardi, operazione che si completerà nell’anno in corso per altri 0,9 miliardi.

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 33

dal 2012 (per circa 0,7 punti di PIL) e da un livello del PIL stimato per l’anno

lievemente inferiore (per circa 0,5 punti percentuali), mentre il fattore

maggiormente significativo è da ricondurre a una sostanziale revisione al rialzo del

fabbisogno del Settore pubblico (per quasi 3,3 punti di PIL), anche per effetto del

provvedimento di sblocco dei pagamenti dei debiti commerciali delle

Amministrazioni pubbliche verso i propri fornitori16. Rispetto alla Nota non

presentano modifiche rilevanti gli impatti derivanti dai sostegni ai paesi dell’Area

dell’Euro il cui effetto complessivo sul debito, in termini di PIL, per gli anni 2012 e

2013, rimane sostanzialmente invariato, pur tenendo conto degli effetti della

rinegoziazione del prestito alla Grecia.

Nel 2014 si assiste a una prima, sebbene contenuta, riduzione del livello del

rapporto/PIL che dovrebbe portarsi al 129 per cento, poco meno di 6 punti

percentuali di PIL al di sopra della previsione dello scorso settembre. Oltre

all’ovvio motivo derivante dal più alto livello dell’anno precedente, questo

risultato si spiega anche in questo caso con un livello del fabbisogno del Settore

pubblico ben più elevato di quello contenuto nelle stime della Nota (per quasi due

punti di PIL), in larga parte dovuto agli effetti del decreto legge sopra citato.

FIGURA III.4: EVOLUZIONE DEL RAPPORTO DEBITO/PIL (al lordo e al netto dei sostegni ai Paesi euro)

Dal 2015 in poi si assiste a un percorso di riduzione del rapporto piuttosto

sostenuto, per circa 4 punti percentuali di PIL all’anno. Il venir meno degli effetti

finanziari del decreto più volte citato, combinato con quelli positivi sull’economia

reale sono sicuramente i fattori determinanti alla base di questa discesa, a cui

contribuiscono non poco anche una dinamica del fabbisogno particolarmente

virtuosa dal 2016 in poi e il mantenimento dell’ipotesi di entrate da dismissioni

immobiliari costanti per importi pari circa a un punto percentuale di PIL all’anno

anche dopo il 2015.

Nel 2017 il rapporto raggiunge il 117,3 per cento, che al netto dei sostegni

previsti per i paesi dell’Area Euro, corrisponde a circa il 113,8 per cento.

Quest’ultimo valore, sebbene ancora elevato, se confrontato con il 126,9 per

16 D.L. n.35/2013.

100

105

110

115

120

125

130

135

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

%

Debito/PIL (al lordo)

Debito/PIL (al netto)

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

34 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

cento previsto per quest’anno, evidenzia un risanamento particolarmente

sostenuto e continuo nel tempo.

III.6 LA REGOLA DEL DEBITO E GLI ALTRI FATTORI RILEVANTI

Al fine di promuovere la stabilità economica, ripristinare la fiducia degli

agenti economici e prevenire future crisi nell’Area dell’Euro e dell'Unione

europea, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato in ottobre del 2011

un pacchetto di sei nuovi atti legislativi, il cosiddetto Six Pack. Questo pacchetto

modifica il regolamento (UE n.1467/97) per la disciplina della procedura per

disavanzi eccessivi. Le novità principali in tale contesto riguardano l’introduzione

di un criterio numerico per valutare la riduzione del rapporto debito/PIL e la

convergenza verso la soglia obiettivo del 60 per cento, nonché la definizione di un

insieme di fattori rilevanti da tenere in considerazione ai fini della valutazione del

rispetto di tale criterio.

La regola del debito

Il criterio introdotto con il cosiddetto Six Pack stabilisce che gli Stati membri

il cui debito superi il 60 per cento del PIL, debbano ridurre tale rapporto ad un

ritmo adeguato e convergere verso il valore di riferimento. Affinché la riduzione

sia considerata ‘adeguata’ è necessario che la distanza del rapporto debito/PIL

dalla soglia del 60 per cento si riduca al passo di un ventesimo all’anno, calcolato

con riferimento alla media dei tre anni antecedenti la valutazione.

Operativamente, il mancato rispetto del criterio del debito è valutato in base

a tre condizioni quantitative poste in successione. Se nessuna di tali condizioni

viene soddisfatta si apre la possibilità di una procedura per disavanzi eccessivi.

Nello specifico, nel caso in cui il debito sia superiore al 60 per cento del PIL e si

allontani dal benchmark costruito sulla media degli ultimi tre anni, due ulteriori

criteri devono essere tenuti in considerazione, ossia: a) se, sulla base di previsioni

a politiche invariate è prevista una correzione del debito nei due anni successivi

rispetto al primo anno di valutazione; b) se vi sono effetti attribuibili al ciclo

economico. Solo se entrambe le condizioni (a-b) non sono soddisfatte, è prevista

l’apertura della procedura per disavanzi eccessivi con la redazione del rapporto in

base all’Art. 126(3) del TFUE.

Per gli Stati membri correntemente sottoposti alla procedura di deficit

eccessivo è previsto un periodo di transizione per l’applicazione della regola del

debito. Dal momento dell’abrogazione della procedura per deficit eccessivi e per i

successivi tre anni, gli Stati interessati devono prevedere un aggiustamento fiscale

strutturale minimo tale da garantire un progresso continuo e realistico verso il

benchmark del debito. L’aggiustamento fiscale deve comunque essere configurato

in modo tale da rispettare le seguenti condizioni:

l'aggiustamento strutturale annuo non deve scostarsi di più dello 0,25 per

cento del PIL dall’aggiustamento strutturale minimo richiesto;

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 35

in qualsiasi momento durante il periodo di transizione, il restante aggiusta-

mento strutturale annuo non deve superare lo 0,75 per cento del PIL.

La prima valutazione della Commissione e del Consiglio europeo sulla

conformità alla regola del debito avverrà per l’Italia nel 2015, ossia al termine del

periodo di transizione di tre anni successivo alla chiusura della procedura per

deficit eccessivo.

Per costruzione, il benchmark del debito è stato ottenuto sulla serie del

debito programmatico al lordo dei contributi EFSF/ESM, dei prestiti bilaterali alla

Grecia e degli altri fattori di aggiustamento stock-flusso, osservata nel periodo

2012-2014. Sulla base di tali ipotesi, il benchmark nel 2015 risulterebbe pari al

122,2 per cento del PIL vis-à-vis il debito programmatico lordo pari al 125,5 per

cento del PIL, segnalando quindi il possibile mancato rispetto del criterio del

debito. Tuttavia, considerando la correzione per il ciclo e l’evoluzione del debito

negli anni successivi al 2015 (cosiddetto benchmark forward-looking calcolato a

t+2) il suddetto criterio non risulta violato.

Per misurare la qualità dell’aggiustamento verso il benchmark è stato

elaborato un esercizio di simulazione. Le figure sottostanti presentano gli

isoquanti relativi alle possibili combinazioni tra avanzo primario (asse delle

ordinate) e il differenziale tra crescita del PIL e il tasso di interesse implicito (asse

delle ascisse) che permettono di ottenere un rapporto debito/PIL pari al

benchmark. L’esercizio è stato effettuato con riferimento al 2015, primo anno di

applicazione della regola (figura in alto) e al 2017 corrispondente al benchmark

forward-looking (figura in basso).

I punti rappresentati nelle due figure visualizzano le diverse combinazioni tra

avanzo primario e differenziali tra crescita del PIL e tasso di interesse implicito

corrispondenti, nel grafico in alto, al rapporto debito/PIL del 2012, 2013 e 2015

(con e senza l’impatto del ciclo economico) e, nel grafico in basso, del 2017.

Come appare evidente, il miglioramento dell’avanzo primario conseguito tra il

2012 e il 2013 e previsto fino al 2015 permetterebbe, comunque, di avvicinarsi

sensibilmente al benchmark e di superarlo qualora il debito del 2015 fosse

corretto per gli effetti del ciclo economico dei tre anni precedenti. Inoltre, pur in

presenza di eventuali fattori rilevanti, l’eventuale gap nella riduzione del debito

rispetto al benchmark che dovesse emergere verrà colmato con un’accelerazione

nel processo di privatizzazione, che verrà definito più chiaramente dal prossimo

Governo. Negli anni successivi, il mantenimento del saldo strutturale in pareggio

appare essere la condizione necessaria per il rispetto della regola del debito al

2017 con un ampio margine di sicurezza.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

36 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

FIGURA III.5: COMBINAZIONI TRA AVANZO PRIMARIO, TASSO DI CRESCITA E TASSI DI INTERESSE NOMINALI CHE CONSENTONO DI RISPETTARE IL BENCHMARK DEL DEBITO AL 2015 E AL 2017

Il ruolo dei fattori rilevanti nella misurazione del debito

Nel caso in cui, sulla base dell’analisi descritta sopra, il rapporto debito/PIL si

discosti dal benchmark e non soddisfi nessuno degli ulteriori criteri quantitativi,

prima di aprire una procedura per debito eccessivo, la Commissione è chiamata a

redigere un rapporto17 nel quale vengono effettuate valutazioni qualitative circa

un certo insieme di ‘altri fattori rilevanti’. L’analisi di tali fattori rappresenta

quindi un passo obbligato nelle valutazioni che inducono ad avviare una procedura

per disavanzi eccessivi a causa di mancata riduzione del debito ad un ‘ritmo

adeguato’.

A questo riguardo, il regolamento n.1467/97 modificato dal Six Pack ha

ampliato l'elenco dei fattori rilevanti da prendere in considerazione nel valutare il

rispetto del criterio del debito.

Si tratta di fattori importanti per valutare la sostenibilità complessiva delle

finanze pubbliche di un paese, che includono: i) gli andamenti della posizione

debitoria a medio termine, oltre ai fattori di rischio quali la struttura per

17 In base a quanto disposto dall’articolo 126(3) TFUE.

0

2

4

6

8

10

12

14

16

-6,0 -4,0 -2,0 0,0 2,0 4,0

Avanzo P

rim

ario (

% P

IL)

Crescita del Pil - tasso di interesse valori percentuali (g-r)

2013

Rispetto del

benchmark

Non rispetto del

benchmark

2015

2012

2015

corretto per il ciclo

2

3

4

5

6

7

8

-6,0 -5,0 -4,0 -3,0 -2,0 -1,0 0,0

Avanzo P

rim

ario (

% P

IL)

Crescita del Pil - tasso di interesse valori percentuali (g-r)

2017

Rispetto del

benchmark

Non rispetto del

benchmark

2013

2012

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III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 37

scadenze e la denominazione in valuta del debito; ii) le operazioni di

aggiustamento stock-flow del debito; iii) le riserve accantonate e le altre voci

dell’attivo del bilancio pubblico; iv) le garanzie, specie quelle legate al settore

finanziario; v) le passività, sia esplicite che implicite, connesse con

l’invecchiamento demografico; vi) il livello del debito privato, nella misura in cui

rappresenti una passività implicita potenziale per il settore pubblico.

Tra questi fattori, le nuove disposizioni sull’applicazione del criterio del

debito attribuiscono particolare rilevanza ai contributi finanziari di sostegno per la

salvaguardia della stabilità finanziaria dell’Area dell’Euro (EFSF e ESM e contributi

bilaterali alla Grecia) nonché alla composizione degli aggiustamenti stock-flow.

Nel caso in cui la violazione del criterio del debito sia esclusivamente dovuta

ai suddetti fattori rilevanti (anche nel corso del cosiddetto periodo di transizione)

è escluso che lo Stato interessato entri in procedura per deficit eccessivi per

mancato rispetto del criterio del debito.

Con specifico riferimento all’Italia, alcuni fattori rilevanti che hanno un

impatto sul livello del debito tra il 2012 e il 2014 sono: le operazioni di assistenza

agli altri Paesi europei (i contributi in conto capitale per l'ESM, le erogazioni

all'EFSF e i prestiti bilaterali alla Grecia) e gli effetti della liquidazione dei debiti

commerciali (ex D.L. n.35 dell’8 aprile 2013). Complessivamente, tali fattori

ammontano all’1,9 per cento del PIL nel 2012, mentre il loro impatto è stimato al

2,1 per cento del PIL nel 2013 e infine all’1,6 per cento del PIL nel 2014.

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 39

IV. ANALISI DI SENSITIVITÀ

IV.1 SENSITIVITÀ ALLA CRESCITA ECONOMICA

Per il periodo 2013-2017, è stata valutata la sensitività della finanza pubblica italiana alla crescita economica. A tal fine, sono stati generati due scenari macroeconomici alternativi di alta e bassa crescita che consentono, tra le altre cose, di simulare l’andamento dell’indebitamento netto e del debito pubblico nel caso di un miglioramento o di un peggioramento delle condizioni macroeconomiche sottostanti. Rispetto al quadro macroeconomico di riferimento, gli scenari di alta e bassa crescita1 prevedono per ogni singolo anno dell’orizzonte di previsione, una crescita del PIL reale più alta o più bassa per 0,5 punti percentuali.

Nei due scenari alternativi, le ipotesi di crescita si riflettono sulla diversa dinamica del PIL potenziale e sull’output gap. L’avanzo primario viene modificato sia nella parte strutturale che nella parte ciclica. La componente ciclica totale è data dal prodotto tra l’output gap e l’elasticità del saldo di bilancio alla crescita economica, mentre il calcolo di entrate e spese strutturali, necessario per la derivazione della componente strutturale, richiede l’applicazione di un parametro di correzione alle entrate e alle spese dello scenario di riferimento2. La differente dinamica degli avanzi primari si riflette sull’andamento del debito e, conseguentemente, sulla spesa per interessi. Per quanto riguarda la derivazione del rapporto debito/PIL, si assume che il tasso di interesse implicito e lo stock-flow adjustment negli scenari alternativi siano identici a quelli dello scenario base (capitolo III, tavola III.9).

Nello scenario di minore crescita, l’indebitamento netto del 2013 risulterebbe pari a -3,1 per cento del PIL, superiore di 0,2 punti percentuali rispetto al valore dello scenario di riferimento (figura IV.1).

1 In particolare, nello scenario di maggiore crescita si ipotizza una espansione più sostenuta dell’economia

globale, sia nei paesi avanzati che nei paesi emergenti, e una dinamica più robusta del commercio internazionale con assenza di tensioni sul prezzo del petrolio e delle materie prime. L’euro risulterebbe lievemente più apprezzato mentre il differenziale di rendimento dei titoli del debito sovrano di alcuni paesi dell’Area dell’Euro si ridurrebbe rispetto allo scenario di riferimento. Per quanto riguarda l’economia italiana, si registrerebbe una crescita più sostenuta di esportazioni e investimenti. Il tasso di disoccupazione verrebbe ridotto a causa delle migliori prospettive sul mercato del lavoro. Nello scenario di minore crescita, invece, si assume una crescita più contenuta dell’economia globale. Il commercio internazionale registrerebbe una dinamica non favorevole e si verificherebbero tensioni sul mercato dei titoli del debito sovrano. Il prezzo di petrolio e materie prime subirebbe un aumento e l’euro risulterebbe deprezzato. L’indebolimento della domanda interna ed estera causerebbe una crescita più moderata e il mercato del lavoro resterebbe debole.

2 Per il calcolo di entrate e spese strutturali negli scenari di maggiore e minore crescita, si aggiunge alla variabile corrispondente nello scenario di riferimento il prodotto tra l’elasticità della variabile alla crescita economica e la discrepanza relativa tra il PIL potenziale dello scenario alternativo e quello dello scenario base.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

40 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TAVOLA IV.1: SENSITIVITÀ ALLA CRESCITA1 (valori percentuali) 

2012 2013 2014 2015 2016 2017

Scenario di maggiore crescita -0,8 1,0 3,8 3,9 3,7 3,9

Tasso di crescita del PIL nominale Scenario di base -0,8 0,5 3,2 3,3 3,2 3,2

Scenario di minore crescita -0,8 -0,1 2,6 2,6 2,5 2,6

Scenario di maggiore crescita -2,4 -0,8 1,8 2,0 1,8 1,9

Tasso di crescita del PIL reale Scenario di base -2,4 -1,3 1,3 1,5 1,3 1,4

Scenario di minore crescita -2,4 -1,8 0,8 1,0 0,8 0,9

Scenario di maggiore crescita -0,4 0,2 0,5 0,6 0,7 0,8

Tasso di crescita del PIL potenziale Scenario di base -0,5 0,0 0,2 0,3 0,3 0,5

Scenario di minore crescita -0,6 -0,2 0,0 0,0 0,0 0,1

Scenario di maggiore crescita -3,6 -4,6 -3,4 -2,0 -0,9 0,2

Output gap Scenario di base -3,6 -4,8 -3,8 -2,6 -1,7 -0,8

Scenario di minore crescita -3,6 -5,1 -4,3 -3,4 -2,6 -1,8

Scenario di maggiore crescita -3,0 -2,6 -1,3 -0,9 0,1 0,8

Indebitamento netto Scenario di base -3,0 -2,9 -1,8 -1,5 -0,9 -0,4

Scenario di minore crescita -3,0 -3,1 -2,2 -2,3 -1,7 -1,5

Scenario di maggiore crescita -1,1 -0,1 0,5 0,2 0,6 0,7

Indebitamento netto corretto per il ciclo Scenario di base -1,1 -0,2 0,3 -0,1 0,0 0,0

Scenario di minore crescita -1,1 -0,3 0,2 -0,4 -0,3 -0,5

Scenario di maggiore crescita 2,5 2,6 4,2 4,8 5,9 6,6

Avanzo primario Scenario di base 2,5 2,4 3,8 4,3 5,1 5,7

Scenario di minore crescita 2,5 2,3 3,4 3,7 4,5 4,9

Scenario di maggiore crescita 4,5 5,1 6,0 5,9 6,4 6,5

Avanzo primario corretto per il ciclo Scenario di base 4,5 5,1 5,9 5,7 6,1 6,1

Scenario di minore crescita 4,5 5,0 5,8 5,6 5,9 5,9

Scenario di maggiore crescita 127,0 129,5 126,9 122,1 116,5 110,5

Debito Pubblico Scenario di base 127,0 130,4 129,0 125,5 121,4 117,3

Scenario di minore crescita 127,0 131,3 131,0 129,0 126,5 124,0 1) L’arrotondamento alla prima cifra decimale può causare la mancata coerenza tra le variabili. Nota: i saldi corretti per il ciclo degli scenari alternativi sono stati calcolati utilizzando le semi-elasticità delle entrate (pari a 0,04) e delle spese (pari a -0,5) rispetto alla crescita economica, mentre la componente ciclica complessiva è stata calcolata utilizzando la semi-elasticità dell’indebitamento netto alla crescita economica (pari a 0,55). Inoltre, per purefinalità tecniche, si è ipotizzato che l’ammontare complessivo degli interventi futuri di finanza pubblica, pari allo 0,6 per cento del PIL nel periodo 2015-2017, sia interamente realizzato attraverso tagli alle spese.

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IV. ANALISI DI SENSITIVITÀ

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 41

Negli anni successivi, la tendenza alla riduzione dell’indebitamento verrebbe mantenuta anche se a ritmi più lenti. Per esempio, nel 2014, l’indebitamento netto si collocherebbe intorno al -2,2 per cento del PIL, 0,4 punti percentuali al di sopra di quanto programmato nello scenario di riferimento. Nel 2017, ultimo anno dell’orizzonte di previsione, l’indebitamento netto nello scenario pessimistico si fermerebbe al -1,5 per cento del PIL a fronte del -0,4 per cento dello scenario di base.

Nel caso di maggiore crescita, l’indebitamento netto nel 2013 registrerebbe un valore di -2,6 per cento del PIL vis-à-vis il -2,9 per cento dello scenario di base e mostrerebbe un andamento decrescente molto più rapido rispetto a quanto previsto nel quadro di riferimento. In particolare, da valori di -1,3 per cento nel 2014 e -0,9 per cento nel 2015 si passerebbe a un surplus nel biennio 2016-2017, pari, rispettivamente, a 0,1 e 0,8 per cento del PIL.

Nello scenario di minore crescita, il rapporto debito/PIL del 2013 si collocherebbe al di sopra del valore previsto nello scenario di riferimento per 0,9 punti percentuali di PIL (figura IV.2). Negli anni successivi, la dinamica sarebbe comunque decrescente fino al 2017 sebbene a un ritmo contenuto rispetto allo scenario di base. Nel 2017, il rapporto debito/PIL raggiungerebbe il livello del 124,0 per cento a fronte del 117,3 per cento programmato nel quadro di riferimento. Nello scenario di maggiore crescita, invece, il profilo del rapporto debito/PIL si ridurrebbe più velocemente, partendo da un valore di 129,5 per cento del PIL nel 2013 fino a raggiungere il livello di 110,5 per cento del PIL alla fine dell’orizzonte di previsione.

FIGURA IV.1: SENSITIVITÀ DELL’INDEBITAMENTO NETTO ALLA CRESCITA (in percentuale del PIL)

-4

-3

-2

-1

0

1

2

2013 2014 2015 2016 2017

Scenario di maggiore crescita

Scenario di base

Scenario di minore crescita

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

42 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

FIGURA IV.1: SENSITIVITÀ DEL DEBITO PUBBLICO ALLA CRESCITA (in percentuale del PIL)

IV.2 SENSITIVITÀ AI TASSI D’INTERESSE

La sensitività del debito pubblico all’andamento dei tassi di interesse di mercato viene analizzata prendendo in esame il livello della spesa per interessi relativa allo stock dei titoli di Stato in circolazione e stimando l’impatto di potenziali shock sulla curva dei rendimenti, con conseguenti repentini e permanenti incrementi del costo all’emissione dei titoli del debito pubblico sul mercato primario.

I risultati dell’analisi discendono dall’attuale e futura composizione dello stock dei titoli di Stato negoziabili che a fine dicembre 2012 si componeva di titoli domestici, ossia emessi sul mercato interno, per il 96,32 per cento, e di titoli esteri, ossia emessi sui mercati esteri, sia in euro che in valuta, per il 3,68 per cento.

Per quanto riguarda la composizione del debito per strumenti, considerando la totalità dei titoli di Stato a fine 2012, sia domestici che esteri, questa è risultata in linea con quella di fine 2011 e quindi con le dinamiche in atto degli anni più recenti, se si fa eccezione per la componente più a breve termine, come i BOT, che ha mostrato un risultato in lieve controtendenza. La struttura del debito al 31 dicembre 2012, infatti, rispetto a quella di fine dicembre 2011, evidenzia una crescita dello stock di BTP al valore nominale (dal 66,47 per cento al 66,79 per cento)3, in continuità quindi con quanto accaduto negli ultimi anni, ma mostra anche un contestuale aumento della componente BOT, che dall’8,30 per cento del 2011 passa al 9,22 per cento del 2012, in discontinuità con quanto accaduto negli

3 Va tuttavia segnalato come all’interno dell’aggregato BTP è, seppur di poco, aumentato il peso dei titoli

con vita residua inferiore o uguale a 5 anni.

110

115

120

125

130

135

2013 2014 2015 2016 2017

Scenario di maggiore crescita

Scenario di base

Scenario di minore crescita

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IV. ANALISI DI SENSITIVITÀ

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 43

ultimi anni. A compensare questo fenomeno vi è stata tuttavia un’ulteriore riduzione della componente a tasso variabile (CCT e CCTeu), che passa dal 9,06 per cento di dicembre 2011 al 7,48 per cento alla fine del 2012.

Nonostante le difficoltà presenti sui mercati, soprattutto nel periodo tra marzo e luglio del 2012, il Tesoro è dunque riuscito a muoversi nel solco della politica adottata negli ultimi anni in termini di riduzione o quanto meno di contenimento della quota di debito esposta alle fluttuazioni dei tassi. La maggiore emissione sul comparto BOT, resasi necessaria anche per contribuire a rifinanziare gli ingenti volumi in scadenza dei primi quattro mesi dell’anno, è stata più che compensata dalla riduzione di emissioni sul comparto CCT/CCTeu, dovuta peraltro alle specifiche condizioni di ridotta liquidità e profondità di mercato verificatesi in alcune parti dell’anno, che hanno determinato una drastica riduzione degli ammontari offerti (poco oltre 5 miliardi di euro contro i quasi 21 miliardi dell’anno precedente). A incidere sulla riduzione della quota dei CCT, sono state anche alcune operazioni di buy-back effettuate a valere sul Fondo Ammortamento per un volume totale nominale pari a circa 650 milioni.

Il comparto dei BTP ha visto invece una significativa diminuzione del ricorso alle scadenze 15-30 anni rispetto all’anno precedente, a motivo della forte volatilità del settore, che ha reso più problematica l’esecuzione di collocamenti su tale segmento della curva dei rendimenti. Ciò ha dato luogo a un significativo ribilanciamento delle emissioni sul comparto 7-10 anni, anche mediante il ricorso a titoli off-the-run, e sul segmento a 3 anni, anche se complessivamente il totale dei volumi di BTP collocati nell’anno è inevitabilmente risultato in lieve calo.

É invece continuata la riduzione della quota estera sul totale del debito, passata dal 4,29 per cento nel 2011 al 3,68 per cento nel 2012, anche per via della riduzione delle opportunità di emissione a condizioni convenienti su questo comparto.

La componente indicizzata all’indice di inflazione HICP4 europeo (BTP€i) ha visto solo un lieve decremento (dal 7,63 per certo nel 2011 al 7,43 per cento nel 2012), nonostante le significative difficoltà di mercato. Il mercato di questi titoli per l’Italia ha subito anche l’effetto negativo del declassamento da parte delle agenzie di rating5, che ha determinato un’automatica fuoriuscita dei BTP€i da importanti indici obbligazionari europei di settore. Ciò ha particolarmente penalizzato le emissioni con scadenza 10, 15 e 30 anni, mentre quelle a medio termine, ossia con scadenza tra i 5 e 10 anni, sono state ridotte ma non significativamente se confrontate con l’anno precedente.

Di converso, il segmento dei titoli indicizzati all’indice di inflazione nazionale ha visto una rilevante espansione grazie al lancio del BTP Italia, il nuovo titolo a quattro anni dedicato alla clientela retail indicizzato all’inflazione italiana, ossia all’indice FOI6. Tale titolo è stato emesso in tre occasioni durante il 2012 per un volume complessivo di oltre 27 miliardi di euro (pari all’1,65 per cento del debito). Con questo strumento il Tesoro ha consolidato un canale diretto di

4 Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato. 5 In particolare si fa riferimento al downgrade dell’Italia da parte dell’ agenzia di rating Moody’s

avvenuto in luglio che ha fatto seguito a quelli verificatisi in gennaio da parte di Fitch (a A-) e di Standard & Poor’s (da A3 a Baa2).

6 Indice delle Famiglie degli Operai e Impiegati.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

44 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

emissione verso questo tipo di clientela - che ha sempre storicamente rappresentato una base di investitori cruciale per il debito pubblico italiano - servendosi in modo altamente innovativo della piattaforma telematica MOT, il mercato obbligazionario regolamentato retail gestito da Borsa Italiana.

Nella figura (IV.3) che segue vengono illustrate le tendenze fin qui descritte con riferimento all’aggregato dei soli titoli di Stato domestici: stabilità della componente a tasso fisso, riduzione di quella a tasso variabile, lieve contrazione di quella legata all’indice di inflazione HICP europeo più che controbilanciata da quella legata all’indice di inflazione FOI italiano per effetto della nascita del BTP Italia.

FIGURA IV.3: COMPOSIZIONE DELLO STOCK DEI TITOLI DI STATO DOMESTICI

Valutando l’esposizione del debito al rischio di tasso di interesse e di

rifinanziamento sulla base di misure sintetiche che risentono delle scelte di politica di gestione del debito effettuate nel corso del 2012, si osserva come l’incidenza di tali rischi, sebbene in lieve aumento rispetto al 2011, sia rimasta tuttavia in linea con gli ultimi anni (figura IV.4): la vita media complessiva di tutti i titoli di Stato al 31 dicembre 2012 è risultata pari a 6,62 anni, in riduzione rispetto al dato al 31 dicembre 2011 (6,99 anni), anche se in misura modesta se valutata in prospettiva storica. Analoga è anche la tendenza dell’Average Refixing Period, calcolato relativamente ai soli titoli di Stato del programma domestico, che dai 5,81 anni di fine 2011 è passato ai 5,51 anni del 2012, che mostra un modesto incremento del rischio di tasso variabile7.

Di segno opposto è stato l’andamento della durata finanziaria che al 31 dicembre 2012 ha raggiunto i 4,74 anni, in aumento rispetto al dato del 2011 (4,66

7 La riduzione del comparto CCT/CCTeu e il contestuale incremento di quello dei BOT tendono ovviamente

a ridurre la vita media del debito, ma ne aumentano la durata finanziaria considerando che l’esposizione al rischio di tasso dei CCT/CCTeu è mediamente superiore a quella dei BOT (i primi rifissano la cedola entro sei mesi, i secondi comprendono invece anche la scadenza annuale).

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Tasso variabile BTP€i Tasso fisso BTPItalia

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IV. ANALISI DI SENSITIVITÀ

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 45

anni) anche per effetto dell’andamento dei tassi di mercato e del ridimensionamento della componente a tasso variabile.

La diminuzione nella vita media e nell’Average Refixing Period trova giustificazione nel fatto che le condizioni di mercato verificatesi nel corso del 2012 hanno reso significativamente meno efficienti e più esposti a rischio di esecuzione i collocamenti sul comparto dei BTP 15-30 anni, e hanno limitato, seppure in misura inferiore, le emissioni sul comparto dei BTP 10 anni rispetto al 2011: il rapporto tra le emissioni sull’area 15-30 anni sul totale delle emissioni di titoli domestici, è passato dal 3,20 per cento nel 2011 allo 0,82 per cento nel 2012, mentre il comparto con scadenza 10 anni è passato dal 13,21 per cento nel 2011 al 10,21 per cento nel 2012; al contrario il comparto con scadenza 3-5 anni, comprendendo anche la componente dei titoli indicizzati all’HICP8, ha visto salire la sua quota dal 21,04 per cento nel 2011 al 22,08 per cento nel 2012. Se a ciò si aggiunge la componente BTP Italia, si ottiene un valore pari al 27,80 per cento. Infine, l’aumento della quota complessiva di debito legata all’inflazione, passata dal 7,63 per cento nel 2011 al 9,09 per cento nel 2012, se si include il BTP Italia, comporta un incremento molto marginale del rischio di esposizione all’inflazione, che appare ampiamente compensato dai benefici derivanti dalla maggiore diversificazione dell’offerta ottenuta mediante l’introduzione del nuovo strumento dedicato agli investitori retail. FIGURA IV.4: VITA MEDIA E DURATA FINANZIARIA DEI TITOLI DI STATO

Considerando la sensitività ai tassi di interesse, l’andamento della struttura

del debito nei primi mesi dell’anno in corso e quello prospettico per i prossimi anni tendono in parte a controbilanciare il modesto incremento dell’esposizione ai rischi menzionato sopra. Le previsioni effettuate nel mese di aprile dell’anno in corso indicano, infatti, come a un aumento istantaneo e permanente di un punto

8 Non è stata compresa la componente dei titoli indicizzati al FOI, poiché il dato non è confrontabile con il

2011 in quanto tale titolo è stato emesso per la prima volta nel 2012.

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

6,0

6,5

7,0

7,5

8,0

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

An

ni

Vita media

Duration

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

46 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

percentuale della curva dei rendimenti sui titoli di Stato corrisponda un impatto sull’onere del debito di 0,15 punti di PIL nel primo anno, 0,33 punti di PIL nel secondo e 0,46 punti nel terzo. Tale incremento si trasferisce interamente sul costo del debito dopo 5,51 anni. Questi valori, inferiori per i primi due anni rispetto a quelli del DEF dell’anno scorso, trovano giustificazione nella stima di un minor ricorso all’emissione della componente del debito legata alle fluttuazioni dei tassi (BOT e CCTeu), nonché nella riduzione dell’attività di indebitamento annuale complessiva, che risulta stabilizzarsi per via o delle minori scadenze o del ridotto livello atteso del fabbisogno del Settore statale da coprire.

La spesa per interessi della P.A. ha fatto registrare nel 2012 un incremento di circa 8 miliardi rispetto all’anno precedente, passando dal 5,0 al 5,5 per cento rispetto al PIL. Questo incremento è imputabile in larga parte alle Amministrazioni centrali e in particolare alle principali categorie di titoli di Stato domestici e, su tutte, gli incrementi più rilevanti sono stati quelli relativi ai BOT e ai BTP/BTP€i: per i primi ciò è spiegabile con il maggior quantitativo emesso rispetto all’anno precedente e ai tassi storicamente elevati a cui sono stati piazzati tali titoli a fine 2011 e nel periodo giugno-luglio 2012, mentre per i BTP/BTP€i ciò è dovuto principalmente all’effetto dei tassi all’emissione storicamente alti (in particolare quelli di fine 2011 e del periodo marzo-luglio 2012) oltre che, sebbene in misura molto più modesta, all’incremento in valore assoluto dello stock rispetto al 2011. Il costo medio ponderato sulle nuove emissioni è tuttavia tornato a scendere nel 2012 rispetto al 2011, arrivando al 3,11 per cento contro il 3,61 per cento rispettivamente (figura IV.5), dimostrando come l’incremento della spesa per interessi è da attribuirsi prevalentemente all’effetto di trascinamento sul 2012 del costo delle emissioni effettuate negli ultimi mesi del 2011.

FIGURA IV.5: SPESA PER INTERESSI IN RAPPORTO AL PIL E COSTO MEDIO PONDERATO ALL'EMISSIONE

Le stime circa la spesa per interessi relativa agli anni 2013-2017, formulate

utilizzando i tassi impliciti nella curva dei rendimenti italiana rilevata a metà marzo 2013, prevedono un rientro del livello rispetto al PIL nel 2013, se confrontato con quello del 2012, al 5,3 per cento e incrementi annui modesti fino al 6,1 per cento del 2017. Sebbene l’attuale conformazione della curva dei

11,1

8,7

6,4

4,6

3,4

4,84,3

3,7

2,7 2,7 2,53,3

4,1 4,1

2,2 2,1

3,63,1

0

2

4

6

8

10

12

14

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

spesa per interessi

costo medio all'emissione

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IV. ANALISI DI SENSITIVITÀ

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 47

rendimenti faccia prevedere tassi in rialzo soprattutto sulle scadenze a breve e medio termine, e nonostante una ridotta velocità di discesa del rapporto debito/PIL, la dinamica piuttosto lenta di incremento degli interessi è da ricondurre principalmente alla struttura del debito e ai volumi assoluti da emettere nei prossimi anni che risultano stabili sui livelli del 2013.

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 49

V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

V.1 L’IMPATTO DELL’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE SULLA SOSTENIBILITÀ FISCALE

La valutazione della sostenibilità fiscale è una componente fondamentale

della sorveglianza di bilancio all’interno dell’Unione europea. Sebbene non esista

una definizione univoca, la sostenibilità delle finanze pubbliche viene

normalmente descritta come la capacità di un governo di far fronte all'onere

finanziario futuro sul debito. La capacità di ripagare i debiti elevati dipende, tra

le altre cose, dal grado di sviluppo dei mercati finanziari, dai rischi percepiti, e

dalla capacità del policy maker di attuare politiche economiche credibili e, non

ultimo, dalle dinamiche demografiche previste per il medio e il lungo periodo.

Il deterioramento dei saldi di bilancio conseguenti alla crisi finanziaria del

2009 ha contribuito a generare rischi addizionali per la sostenibilità dei bilanci

pubblici. Tali rischi, infatti, si aggiungono a quelli dovuti al processo di

invecchiamento della popolazione. Come noto, nei prossimi decenni la

popolazione europea subirà notevoli cambiamenti demografici a causa di bassi

tassi di fertilità, di un progressivo aumento dell'aspettativa di vita e del

pensionamento della generazione del boom demografico1.

Secondo le proiezioni del 2012 Ageing Report2, il rapporto congiunto della

Commissione europea e del Comitato di politica economica (Economic and Policy

Committee, Working Group on Ageing - EPC WGA), è presumibile che, in alcuni

Stati membri dell’Unione europea, il mantenimento di finanze pubbliche sane e

sostenibili nel medio e lungo termine possa essere messo a repentaglio dal peso

crescente dell’invecchiamento della popolazione con un impatto negativo sia sulla

crescita economica sia sulla spesa pubblica3.

Secondo stime recenti della Commissione europea4, i rischi fiscali generati

dall’invecchiamento della popolazione sono in Italia relativamente minori rispetto

a quelli dei principali partner europei grazie alle riforme in materia pensionistica

e sanitaria messe a punto negli ultimi anni. Tuttavia, a causa dell’elevato livello

di debito pubblico, la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio e lungo

termine è subordinata ad un rigido controllo della finanza pubblica e al

mantenimento di avanzi primari elevati.

1 A questo riguardo si vedano le proiezioni rilasciate da Eurostat EUROPOP2010. 2 European Commission, Economic Policy Committee, (2012), The 2012-Ageing Report: Economic and

Budgetary Projections for the EU-27 member States (2010-2060). http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2012/pdf/ee-2012-2_en.pdf.

3 Ad esempio, nell'UE 27 il rapporto tra popolazione inattiva con più di 65 anni e gli occupati (di età 20-64) è previsto aumentare dal 40 nel 2010 al 74 per cento nel 2060.

4 Commissione Europea, (2012), Fiscal Sustainability Report 2012, European Economy No.8. http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2012/pdf/ee-2012-8_en.pdf.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

50 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

In coerenza con le indicazioni metodologiche definite a livello europeo in

ambito EPC-WGA, l’Italia elabora tradizionalmente le proiezioni di medio-lungo

periodo relative a quattro componenti di spesa connesse all’invecchiamento

(spesa age-related): la spesa pubblica per pensioni, la spesa sanitaria e quella per

l’assistenza di anziani e disabili a lungo termine (d’ora in poi Long Term Care,

LTC), la spesa per l’istruzione e quella per ammortizzatori sociali5.

Le proiezioni si basano sulle ipotesi demografiche relative alla previsione

centrale di Eurostat6, mentre per quelle macroeconomiche si fa riferimento allo

scenario concordato dall’EPC-WGA per l’Ageing Report del 2012 (scenario EPC-

WGA baseline). Inoltre, per gli anni dal 2011 al 2017, le proiezioni recepiscono i

dati di contabilità nazionale e il quadro macroeconomico di breve periodo del DEF

2013 (capitolo II)7. L’interazione delle suddette ipotesi determina un tasso di

crescita del PIL reale che si attesta, nel periodo 2013-2060, poco al di sopra

dell’1,4 per cento medio annuo. A partire dal 2018, il deflatore del PIL e il tasso

di inflazione sono assunti pari al 2 per cento.

Le previsioni della spesa age-related, riportate nella Tavola V.1, sono

aggiornate sulla base del quadro normativo vigente ad aprile 2013.

Per quanto riguarda la spesa pensionistica, le proiezioni sono basate

principalmente sulle disposizioni stabilite in base alla cosiddetta ‘Riforma

Fornero’ (Legge 214/2011) 8. In particolare, la previsione sconta, sia per il 2012 sia

per il 2013, gli effetti conseguenti al riconoscimento della rivalutazione delle

pensioni al costo della vita limitatamente ai trattamenti complessivamente non

5 Le proiezioni vengono effettuate sulla base del Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria

Generale dello Stato. 6 Le ipotesi demografiche adottate sono quelle relative alla previsione centrale Eurostat, con base 2010,

Tale scenario prevede, per l’Italia: i) un flusso netto annuo di immigrati pari, mediamente, a circa 310 mila unità, con un profilo decrescente; ii) un livello della speranza di vita al 2060 pari a 85,5 anni per gli uomini e a 89,7 anni per le donne; iii) un tasso di fecondità totale al 2060 pari a 1,57.

7 Le proiezioni sono state riviste in funzione degli aggiustamenti necessari per raccordare i dati del quadro macroeconomico di breve periodo con i valori strutturali di medio-lungo periodo definiti nello scenario EPC-WGA baseline. Tale raccordo ha riguardato esclusivamente le variabili occupazionali in quanto la dinamica della produttività è stata mantenuta invariata a partire dal 2018. In particolare, le differenze occupazionali evidenziate nel 2017, nel confronto fra le previsioni di breve periodo dello scenario baseline originario e di quello aggiornato, sono state progressivamente azzerate nell’arco di un quinquennio, per quanto riguarda i tassi di attività, e nell’arco di dodici anni, per quanto riguarda il tasso di disoccupazione. Relativamente alle dinamiche strutturali di medio-lungo periodo delle variabili del quadro macroeconomico, le ipotesi dello scenario EPC-WGA baseline prevedono un tasso di variazione medio annuo della produttività reale che è crescente nella prima parte del periodo di previsione, per poi convergere all’1,54 per cento a partire dal 2030. Sul fronte occupazionale, il tasso di occupazione nella fascia di età 15-64 è previsto crescere dal 56,8 per cento del 2012 al 60,3 per cento del 2060. E’ utile rimarcare, inoltre, come lo scenario macroeconomico EPC-WGA baseline 2012 combini le previsioni occupazionali della Commissione europea prodotte nelle spring forecasts del 2011 (per il biennio 2011-2012) ed estrapolate al 2015, con le previsioni ottenute con il modello di simulazione per coorte elaborate in ambito EPC-AWG. La combinazione dei due set di previsioni che coprono, rispettivamente, il breve periodo ed il medio-lungo periodo è stata effettuata sulla base di un approccio metodologico che crea un discontinuità nel passaggio dal 2015 al 2016. Tale discontinuità, nel caso dell’Italia, si traduce in un abbattimento dei livelli occupazionali, impiegati ai fini della previsione del PIL, pari al 2,3 per cento rispetto alle previsioni ottenute con il modello di simulazione per coorte. Al fine di fornire una rappresentazione delle variabili occupazionali coerente con le dinamiche occupazionali effettivamente inglobate nelle ipotesi di crescita definite nello scenario, i valori dei tassi di attività prospettati sono stati rideterminati in misura corrispondente. Pertanto, essi risulteranno strutturalmente del 2,3 per cento inferiori rispetto a quelli pubblicati da EPC-WGA nel 2012 Ageing report.

8 In particolare, la previsione della spesa pensionistica sconta gli effetti finanziari delle misure contenute negli interventi di riforma adottati nel corso del 2011 e 2012 e, segnatamente, il D.L. 98/2011 (convertito con modificazioni dalla L. n. 111/2011), il D.L. 138/2011 (convertito con modificazioni dalla L 148/2011), il D.L. 201/2011 (convertito con L. n. 214/2011), il D.L. 95/2012 (convertito con L. n. 135/2012) e L. n. 228/2012 (Legge di Stabilità 2013).

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V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 51

superiori a tre volte il trattamento minimo INPS. Inoltre, vengono recepite anche

le disposizioni dirette ad incrementare il numero di lavoratori salvaguardati

dall’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento stabilito nell’ultima

riforma con riferimento a fattispecie definite per via legislativa nel corso del

2012. Si tiene infine conto delle misure di agevolazione in materia di cumulo di

periodi assicurativi presso differenti gestioni previdenziali.

La previsione della spesa sanitaria per gli anni 2013-2017 include gli interventi

di contenimento adottati fin dal 2010 e già inglobati nelle proiezioni dello scorso

anno9. Tuttavia, sulla base della recente sentenza della Corte Costituzionale10 che

ha stabilito l’illegittimità dell’esercizio da parte dello Stato centrale della potestà

regolamentare in materie in cui esso non possieda una competenza esclusiva, si

recepiscono anche gli effetti finanziari relativi alla non applicabilità di misure di

compartecipazione alla spesa sanitaria per un importo pari a 2.000 milioni di euro.

Inoltre, la proiezione include gli ulteriori effetti di contenimento previsti sulla

base delle misure contenute nel D.L. 95/201211 e nella Legge di Stabilità 201312.

Infine, le proiezioni della spesa age-related recepiscono le più recenti

modifiche normative riguardo alla spesa per gli ammortizzatori sociali13 e per

l’istruzione14.

Complessivamente, nel periodo 2010-2060, la spesa age-related in rapporto al

PIL è stabile intorno al 28 per cento del PIL (Tavola V.1). Tuttavia, negli anni

successivi al 2015, la spesa si riduce lievemente per poi aumentare a partire dal

2035, in corrispondenza del pensionamento della generazione del cosiddetto baby

boom, finendo raggiungere il 29,3 per cento del PIL nel 2050. Negli ultimi anni

dell’orizzonte di previsione, l’aggregato della spesa connessa all’invecchiamento

si riduce significativamente fino a convergere, in rapporto al PIL, agli stessi livelli

registrati nel 2010.

Relativamente alle singole componenti, si osserva che la spesa per pensioni,

dopo un fase iniziale di crescita, esclusivamente imputabile alla recessione

economica che è prevista proseguire anche nel 2013, comincia a diminuire fino a

raggiungere circa il 15,2 per cento del PIL negli anni tra il 2025 e il 2030.

Successivamente, il rapporto riprende a crescere fino a raggiungere il livello

massimo del 16,3 per cento del PIL nel quinquennio 2040-2045. Negli ultimi anni

dell’orizzonte di previsione, la spesa pensionistica in percentuale del PIL scende

rapidamente fino a raggiungere un livello pari al 14,6 per cento nel 2060.

9 D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010 e dal D.L. n. 98/2011 convertito dalla L. n. 111/2011. 10 Corte Costituzionale, sentenza n. 187/2012 su quanto disposto dall’ dell’art.17, co. 1, lettera d) del D.L.

n. 98/2011. 11 Convertito con L. n. 135/2012. 12 Si rinvia, per maggior informazioni, all’analisi di dettaglio contenuta nel DEF 2013, Sez. II. 13 La previsione degli ammortizzatori sociali sconta le misure previste dalla L. n. 92/2012 di riforma del

mercato del lavoro e dalla L. n. 228/2012 (Legge di Stabilità 2013) fra le quali l’incremento, rispetto a quanto già previsto dalla L. n. 92/2012, del rifinanziamento dei cosiddetti ammortizzatori sociali in deroga.

14 La previsione della spesa per istruzione ingloba gli effetti di contenimento della spesa derivante dal processo di razionalizzazione del personale della scuola pubblica anche attraverso la riduzione del gap nel rapporto alunni/docenti rispetto agli altri paesi D.L. n.112/2008 (convertito dalla L. n. 133/2008). Inoltre, la previsione tiene conto, fino al 2017, dell’applicazione della normativa vigente in materia di dinamiche retributive, ivi inclusi gli effetti di contenimento delle misure previste dal D.L. 78/2010 (convertito dalla L. n. 122/2010) e dal D.L. n.98/2011 (convertito dalla L. n. 111/2011), nonché gli effetti della L. n. 240/2010, della L. n. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012), del D.L. n. 95/2012 (convertito dalla L. n. 135/2012) e della L. n. 228/2012 (Legge di Stabilità 2013).

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

52 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

La proiezione della spesa sanitaria viene effettuata sulla base della

metodologia del reference scenario che recepisce, oltre agli effetti derivanti

dall’invecchiamento demografico, anche le conseguenze indotte da ulteriori

fattori esplicativi15. Ne deriva che, dopo una fase iniziale di riduzione per effetto

delle misure di contenimento della dinamica della spesa, la previsione del

rapporto fra spesa sanitaria e PIL presenta un profilo crescente a partire dal 2020

e si attesta all’8,0 per cento circa nell’ultimo decennio del periodo di previsione.

Le componenti di spesa socio-assistenziale per assistenza agli anziani e

disabili a lungo termine16, dopo una fase iniziale di sostanziale stabilità,

presentano un profilo crescente in termini di PIL, che si protrae per l’intero

periodo di previsione, attestandosi all’1,6 per cento nel 2060.

La previsione della spesa per ammortizzatori sociali in rapporto al PIL passa

invece dallo 0,7 per cento del 2010 al circa 1,0 per cento del 2015, per poi

scendere gradualmente ed attestarsi su un valore di poco superiore allo 0,6 per

cento a partire dal 2030.

Infine, la previsione della spesa per istruzione in rapporto al PIL17 presenta

una riduzione nei primi anni di previsione fino al 2017, per effetto delle misure di

contenimento della spesa per il personale previste dalla normativa vigente, a cui

segue un andamento gradualmente decrescente nel quindicennio successivo per

effetto del calo degli studenti indotto dalle dinamiche demografiche. Il rapporto

riprende a crescere leggermente nella parte finale del periodo di previsione

attestandosi attorno al 3,4 per cento nel 2060.

15 Il reference scenario prevede che: i) gli incrementi di speranza di vita si traducano in anni vissuti in

buona salute in misura pari al 50 per cento; ii) la dinamica del costo unitario sia allineata al PIL pro capite; iii) l’elasticità del costo unitario rispetto al PIL pro-capite sia superiore all’unità (si riduce linearmente nel periodo di previsione passando dall’1,1 iniziale ad 1,0 nel 2060). Per quanto riguarda la componente long term care (LTC) della spesa sanitaria, il reference scenario prevede l’applicazione parziale dell’aumento della speranza di vita come per la componente acute della spesa sanitaria; mentre la dinamica del costo unitario è agganciata al PIL per ore lavorate e l’elasticità del costo unitario al PIL per occupato è pari ad 1,0 per tutto il periodo di previsione.

16 La componente socio-assistenziale della spesa pubblica per LTC è composta per circa 4/5 dalle indennità di accompagnamento e per circa 1/5 dalle prestazioni socio-assistenziali erogate a livello locale. Riguardo a quest’ultima componente, la previsione del rapporto spesa/PIL è stata effettuata in accordo con le ipotesi del reference scenario. Relativamente alle indennità di accompagnamento, l’importo delle prestazioni è stato agganciato alla dinamica del PIL pro-capite a partire dal 2018, in linea con le indicazioni metodologiche concordate in ambito EPC-WGA. Le previsioni si differenziano, invece, da quelle elaborate in ambito EPC-WGA per il fatto di tener conto della struttura per età dell’incidenza dei percettori delle prestazioni la quale, se ignorata, comporterebbe una sottostima della dinamica della spesa.

17 La definizione di spesa per istruzione concordata in ambito EPC-WGA comprende i livelli di istruzione ISCED da 1 a 6, escludendo la scuola dell’infanzia (pre-primary), che corrisponde al livello ISCED 0, e la formazione permanente (Cfr. European Commission, Special Report n°1/2006). L’aggregato di spesa è costruito sui dati di fonte UNESCO/OECD/EUROSTAT (UOE) (Cfr. European Commission, The 2012-Ageing Report: Underlying Assumptions and Projecting Methodologies, 2011). La previsione recepisce l’aggiornamento dei dati UOE relativi all’anno finanziario 2010.

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V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 53

TAVOLA V.1: SPESA PUBBLICA PER PENSIONI, SANITÀ, ASSISTENZA AGLI ANZIANI, ISTRUZIONE E INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE (2010-2060)

2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 2055 2060

in % PIL

Spesa Totale 50,5 49,3 53,3 51,5 50,0 49,3 48,5 47,6 46,0 43,8 41,3

di cui: Spesa age-related 28,3 28,4 27,6 27,3 27,4 28,2 28,9 29,4 29,3 28,7 28,2

Spesa pensionistica 15,3 16,1 15,6 15,2 15,2 15,8 16,1 16,3 15,9 15,1 14,6

Spesa sanitaria 7,3 6,9 6,8 7,0 7,2 7,4 7,6 7,8 7,9 8,0 8,0

di cui: componente per Long-Term Care 0,9 0,9 0,8 0,8 0,9 0,9 1,0 1,1 1,2 1,2 1,2

Spesa per assistenza agli anziani 1,0 1,0 1,0 1,0 1,1 1,2 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6

Spesa per istruzione 4,0 3,6 3,4 3,4 3,3 3,3 3,3 3,4 3,4 3,4 3,4

Spesa per indennità di disoccupazione 0,7 0,9 0,8 0,7 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6

Spesa per interessi 4,6 5,8 4,6 3,2 1,7 0,2 -1,2 -2,5 -3,8 -5,3 -7,0

Entrate Totali 46,1 49,4 49,5 49,5 49,4 49,4 49,4 49,4 49,4 49,4 49,4

di cui: Redditi proprietari 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5

IPOTESI %

Tasso di crescita della produttività del lavoro 2,8 0,7 0,9 1,5 1,5 1,5 1,5 1,5 1,5 1,5 1,5

Tasso di crescita del PIL reale 1,7 1,5 1,8 2,1 1,4 1,2 1,2 1,3 1,4 1,5 1,4

Tasso di partecipazione maschile (20-64) 78,5 79,8 79,2 78,7 78,4 78,4 78,7 79,1 79,2 79,2 79,2

Tasso di partecipazione femminile (20-64) 54,6 57,7 59,0 58,9 59,1 59,4 59,8 60,0 60,2 60,2 60,2

Tasso di partecipazione totale (20-64) 66,5 68,7 69,1 68,8 68,9 69,0 69,4 69,8 69,9 70,0 70,0

Tasso di disoccupazione 8,4 11,6 9,3 7,3 6,9 6,9 6,9 6,9 6,9 6,9 6,8

Popolazione con 65 e oltre/totale popolazione 20,2 21,4 22,3 23,5 25,5 27,8 29,8 31,1 31,5 31,6 31,7

Indice di dipendenza degli anziani

(65 e oltre/[20-64]) 33,3 35,7 37,6 40,1 44,5 50,3 56,0 59,8 61,2 61,5 61,6

Note: La previsione delle varie componenti di spesa sconta gli effetti finanziari delle misure contenute negli interventi di

riforma adottati nel corso del 2011 e 2012 come riportati nel testo. Per il periodo 2013-2017, essa ingloba i valori di

previsione della spesa sanitaria sottostanti la previsione del quadro di finanza pubblica.

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato su dati

Eurostat.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

54 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

FO

CU

S

La riforma del sistema pensionistico

Le nuove regole introdotte dalla riforma adottata con la legge n. 214/2011 hanno

modificato in modo significativo il sistema pensionistico migliorandone la sostenibilità nel

medio-lungo periodo e garantendo una maggiore equità tra le generazioni.

La riforma ha previsto, a partire dal 2012, l’estensione del regime contributivo a tutti i

lavoratori, compresi quindi i lavoratori che, sulla base della precedente legislazione,

avrebbero percepito una pensione calcolata secondo il regime retributivo (ossia coloro che

al 31/12/1995 avevano più di 18 anni di contributi). In linea con gli assetti normativo-

istituzionali presenti nella maggior parte dei Paesi europei, la riforma conferma due canali

di accesso al pensionamento: a) il pensionamento di vecchiaia a cui, di norma, si accede

con almeno 20 anni di contributi versati e un requisito di età predefinito dalla legge; b) il

pensionamento anticipato consentito a età inferiori rispetto a quelle per il pensionamento di

vecchiaia ma con un periodo di contribuzione più elevato18.

A partire dal 2013, tutti i requisiti di età (inclusi quelli per l’accesso all’assegno sociale) e

quello contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età

anagrafica sono indicizzati alle variazioni della speranza di vita misurata dall’ISTAT con

riferimento ai tre anni precedenti. L’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento

alle variazioni della speranza di vita avviene ogni tre anni e, a partire dall’adeguamento

successivo al 2019, ogni due anni, in base ad una procedura interamente di natura

amministrativa19. Inoltre, a partire dal 2013 il calcolo dei coefficienti di trasformazione20 al

momento del pensionamento è stato esteso fino all’età di 70 anni. Sono state altresì

previste delle misure di salvaguardia, finalizzate a garantire una maggiore gradualità di

applicazione della riforma, ovvero a tener conto di specificità in relazione alla prossimità al

pensionamento e a situazioni di difficoltà connesse alla permanenza nel mercato del lavoro,

fattispecie tutte specificatamente individuate sul piano normativo21.

Grazie al complessivo processo di riforma attuato a partire dal 2004, l'età media al

pensionamento (tenendo in considerazione sia l'età del pensionamento di vecchiaia che i

requisiti per il pensionamento anticipato) aumenta da 60-61 durante il periodo 2006-2010

a circa 64 anni nel 2020, a 67 nel 2040 e poi a circa 68 nel 2050. Cumulativamente, i

risparmi derivanti dal complessivo processo di riforma avviato nel 2004 ammontano a circa

60 punti percentuali del PIL fino al 2050. Tali risparmi sono dovuti, per circa 1/3, alla

riforma introdotta con la legge n. 214/2011 e, per circa 2/3, a precedenti interventi.

18 Per il dettaglio sui requisiti minimi di età e di contribuzione per l’accesso al pensionamento di vecchiaia,

al pensionamento anticipato e all’assegno sociale si rinvia al riquadro sulla riforma del sistema pensionistico presente nell’Aggiornamento del Programma di Stabilità del 2012.

19 L’adeguamento dei requisiti avente decorrenza 2013, in ottemperanza al dettato normativo (articolo 12, comma 12-bis, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni con legge 30 luglio 2010 n. 122) è pari a 3 mesi. Ovviamente, i successivi adeguamenti effettivamente disposti saranno quelli stimati a consuntivo dall’Istat secondo il procedimento previsto dalla normativa vigente. É utile rimarcare come, la normativa vigente preveda una clausola di garanzia in base alla quale il requisito anagrafico minimo di vecchiaia non potrà comunque essere inferiore ai 67 anni per coloro che maturano il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento a partire dal 2021. In ogni caso, sulla base delle più aggiornate previsioni demografiche ISTAT, il predetto obiettivo potrebbe essere assicurato anche dal 2019.

20 Anche il coefficiente di trasformazione viene adeguato con lo stesso calendario dell’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento. L’adeguamento avente decorrenza dal 1° gennaio 2013 è stato adottato con decreto direttoriale del 15/05/2012, pubblicato in GU il 24 maggio 2012.

21 La platea dei soggetti salvaguardati è pari a circa 130.000 soggetti. Tale salvaguardia afferisce a soggetti

che maturano i requisiti successivamente al 31/12/2011 (coloro che hanno maturato i requisiti entro la predetta data sono espressamente esentati dall’applicazione dei nuovi requisiti di accesso al pensionamento) per i quali si manifesta una difficoltà alla permanenza nel mercato del lavoro e rientranti in categorie espressamente definite dal legislatore. I predetti soggetti accedono al pensionamento nei prossimi anni a partire dal 2013.

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V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 55

SPESA PUBBLICA PER PENSIONI IN RAPPORTO AL PIL SOTTO DIFFERENTI IPOTESI NORMATIVE1

1) Scenario EPC-WGA Baseline - Programma di Stabilità 2013.

V.2 LA SOSTENIBILITÀ DEL DEBITO

Sulla base delle ipotesi relative all’evoluzione di lungo periodo del quadro

demografico e macroeconomico e delle proiezioni per le spese legate

all’invecchiamento descritte nella sezione precedente (tavola V.1), la sostenibilità

delle finanze pubbliche nello scenario di base viene analizzata sia attraverso la

proiezione del rapporto debito/PIL lungo l’arco temporale che va dal 2018 fino al

2060, sia tramite il calcolo di alcuni indicatori sintetici di sostenibilità coerenti

con la metodologia utilizzata dalla Commissione europea22.

La proiezione del rapporto debito/PIL

L’esercizio di proiezione del debito considera come base di partenza il livello

di debito pubblico/PIL e l’avanzo primario strutturale al netto delle misure una

tantum indicati programmaticamente al 2017. A partire dal 2018, l’avanzo

primario si modifica a seconda dell’andamento dell’output gap, che viene

ipotizzato chiudersi linearmente nel periodo 2018-2020, delle spese age-related e

dei redditi proprietari23. Si assume, inoltre, che per il periodo 2018-2060, il tasso

di interesse reale si mantenga costante e pari al 3,0 per cento annuo lungo tutto

l’orizzonte di proiezione, mentre il deflatore del PIL converge al 2,0 per cento nel

triennio successivo al 2017. Ne consegue che il tasso di interesse nominale

converge al 5,0 per cento nel 2020.

22 Commissione europea, 2012, Fiscal Sustainability Report 2012, European Economy No.8. 23 I redditi proprietari corrispondono a redditi da capitale - titoli obbligazionari ed azionari - e rendite da

proprietà di risorse naturali. Il loro andamento di lungo periodo negli anni 2018-2060 viene proiettato sulla base della metodologia concordata in sede EPC-AWG.

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Normativa vigente

Normativa antecedente il DL 201/2011

Normativa antecedente il DL98/2011

Normativa antecedente il DL 78/2010

Normativa antecedente la L 243/2004

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

56 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Il confronto tra la dinamica del rapporto debito/PIL nello scenario baseline di

questo documento e quella presentata nel precedente Programma di Stabilità

evidenzia un più elevato livello di partenza del rapporto debito/PIL dovuto alla

più bassa crescita del PIL ma, soprattutto, alle quote di partecipazione all’EFSF e

all’ESM nonché al pagamento dei debiti della P.A. Tuttavia, grazie ad un avanzo

primario strutturale al 2017 in linea con il dato di partenza dello scorso anno (6,1

per cento del PIL), il rapporto debito/PIL scende sotto la soglia del 60 per cento

del PIL nel 2027, con un paio di anni di ritardo rispetto alla proiezione presentata

nel Programma di Stabilità del 2012 (Figura V.1)

FIGURA V.1: LA DINAMICA DEL DEBITO – CONFRONTO CON IL PRECEDENTE PROGRAMMA DI STABILITÀ (in percentuale del PIL)

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato

Gli indicatori di sostenibilità

Sulla base della metodologia della Commissione europea, come misura

sintetica del grado di sostenibilità di medio e lungo periodo delle finanze

pubbliche, vengono calcolati i cosiddetti sustainability gap (S1 e S2) e il required

primary balance (RPB)24. Tuttavia, rispetto al precedente Programma di Stabilità,

è stata introdotta una nuova metodologia di calcolo per l’indicatore S1 che si

differenzia dalla precedente per due aspetti: il target del debito al 60 per cento è

anticipato al 2030 ed è prevista la possibilità di assumere uno sforzo fiscale

graduale fino al 2020 per poi mantenerlo costante nei successivi 10 anni. Pertanto,

il nuovo S1 misura l’aggiustamento permanente del saldo primario strutturale, in

percentuale del PIL, necessario a raggiungere un livello di debito pari al 60 per

cento del PIL nel 2030, ipotizzando un miglioramento lineare dal 2018 al 2020, e

poi il suo mantenimento per un decennio. L’indicatore S2, invece, continua a

24 Per una descrizione analitica degli indicatori si fa riferimento al capitolo 8 del Fiscal Sustainability

Report 2012, European Economy No. 8/2012.

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PS 2012 PS 2013

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V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 57

misurare l’aggiustamento permanente del saldo primario strutturale necessario,

affinché la dinamica del debito pubblico rispetti il vincolo di bilancio

intertemporale su un orizzonte infinito. Infine, il required primary balance (RPB)

misura l’avanzo primario strutturale medio nei primi 5 anni del periodo di

proiezione (ovvero dal 2018 al 2022) coerente con l’aggiustamento suggerito dal

valore dell’indicatore S2. Tutti gli indicatori sono basati su previsioni di crescita e

di saldi di bilancio, estrapolati incorporando le proiezioni a medio-lungo termine

sull’andamento delle spese connesse all'invecchiamento. Più alti e positivi i valori

degli indicatori di sostenibilità S1 e S2, maggiore è l’aggiustamento fiscale

necessario e quindi il rischio di sostenibilità.

Gli indicatori S1 e S2, a loro volta, possono essere scomposti in sotto-

componenti che forniscono utili informazioni circa l’origine e la tempistica degli

aggiustamenti fiscali necessari a garantire la sostenibilità del debito nel lungo

periodo (Tavola V.2).

La prima componente, l’initial budgetary position è comune ad entrambi gli

indicatori, e misura la distanza tra l’avanzo primario strutturale al 2017 (pari a 6,1

per cento del PIL) e quello in grado di mantenere costante il rapporto debito/PIL

al livello iniziale (117,3 per cento del PIL) ceteris paribus. Questa componente,

per quanto riguarda S1, include il cosiddetto costo del ritardo nell’aggiustamento

in quanto si ipotizza che lo sforzo necessario non avvenga per intero

immediatamente, ma venga raggiunto in modo lineare tra il 2018 e il 2020 per poi

mantenersi costante nel decennio seguente. Una seconda componente, specifica

di S1, è il debt requirement nel 2030, che evidenzia l’aggiustamento necessario

per portare il debito dal livello iniziale fino al 60 per cento del PIL nel 2030.

Infine, una terza componente, comune ad entrambi gli indicatori, misura

l’ulteriore aggiustamento per far fronte all’aumento delle spese legate

all’invecchiamento della popolazione. Nel caso di S1, l’aggiustamento è anticipato

al 2030.

I risultati mostrano, per entrambi gli indicatori S1 e S2, un valore negativo.

Ne risulta che il consolidamento fiscale programmato si dimostra sufficiente ad

assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo. Questa

conclusione appare confermata dal required primary balance che, con un valore di

2,3 per cento risulta inferiore all’avanzo primario previsto per il 2017.

Nonostante il peggioramento delle condizioni iniziali imputabile al più elevato

livello di debito previsto dal 2013 al 2017, il significativo aumento del saldo

primario strutturale previsto nell’orizzonte temporale del presente Programma di

Stabilità permette di controbilanciare lo sforzo fiscale necessario a garantire la

convergenza al 2030 verso il livello di debito del 60 per cento del PIL,

anticipandolo al 2030, e l’emergere dei costi fiscali legati all’invecchiamento

della popolazione. Infatti, per entrambi gli indicatori S1 e S2, il valore dell’initial

budgetary position si mantiene negativo (rispettivamente pari a -4,9 e -4,8 per

cento), segnalando la capacità delle finanze pubbliche italiane, date le condizioni

di bilancio previste per il 2017, di fare fronte al cumulo della spesa per

interessi/PIL (snow ball effect) attesa nel medio e lungo periodo.

Per contro, in ragione del maggior sforzo dovuto all’anticipazione al 2030 del

conseguimento del target al 60 per cento del PIL, le componenti di S1 relative al

debt requirement e al cost of ageing sono più alte rispetto ai valori del

precedente Programma di Stabilità.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

58 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TAVOLA V.2: INDICATORI DI SOSTENIBILITÀ DI LUNGO PERIODO

Indicatori di sostenibilità

S1 S2 RPB

Valore -1,7 -4,5 2,3

di cui:

Initial budgetary position -4,9 -4,8 -

Debt requirement in 2030 4,1 - -

Long-term changes in the primary balance 0,9 0,3 -

Fonte: Elaborazioni MEF.

V.3 L’ANALISI DI SENSITIVITÀ DELLA DINAMICA DEL DEBITO NEL LUNGO PERIODO

L’analisi di sensitività qui presentata ha, da un lato, lo scopo di testare la

robustezza dei risultati a fronte dell’incertezza che li caratterizza e, dall’altro, di

verificare sotto quali ipotesi di riforma e in base a quali condizioni di bilancio, la

sostenibilità del debito possa essere garantita o, viceversa, messa a repentaglio.

Di seguito, pertanto, si discutono diversi scenari alternativi che ricalcano

perfettamente le ipotesi sottostanti gli esercizi di sensitività presentati nel 2012

Sustainability Report della Commissione europea. Tali ipotesi sono configurate

come modifiche permanenti alle assunzioni dello scenario di base (baseline)

riguardanti alcune variabili demografiche, macroeconomiche e fiscali (quali, ad

esempio, la variazione dell’avanzo primario iniziale). Inoltre, si presentano i

risultati relativi ad uno scenario di rischio in cui l’impatto dei fattori non

demografici imprime un’ulteriore pressione sulla dinamica attesa della spesa per

sanità e per l’assistenza agli anziani e ai disabili a lungo termine (LTC).

L’analisi di sensitività rispetto alle variabili demografiche

L’invecchiamento della popolazione rappresenta uno degli aspetti più critici

che l’Italia si troverà ad affrontare nel corso dei prossimi decenni. A questo

riguardo, assume particolare importanza valutare adeguatamente, attraverso

alcuni esercizi di simulazione, il peso dei flussi migratori attesi nei prossimi

decenni misurando il loro impatto sulle finanze pubbliche italiane, nonché

quantificare le conseguenze di lungo periodo di un ulteriore aumento delle

aspettative di vita alla nascita.

Per quanto riguarda la simulazione dell’impatto dell’immigrazione, in linea

con le ipotesi concordate in seno ad EPC-WGA e sulla base di uno scenario

demografico elaborato ad hoc da Eurostat, l’esercizio ipotizza per il periodo 2018-

2060 una diminuzione del flusso netto medio annuo di immigrati del 10 per cento

rispetto all'ipotesi base.

Per quanto riguarda la simulazione dell’impatto dell’aumento della speranza

di vita di un anno, si assume che le probabilità di morte delle persone di entrambi

i sessi si riducano in modo tale da determinare, al 2060, l’aumento della speranza

di vita alla nascita di 1 anno rispetto all’ipotesi dello scenario di base.

L’evoluzione del debito pubblico nei due scenari alternativi è confrontata con

la baseline nella figura V.2. Dati i valori del debito pubblico e del saldo primario

Page 75: Presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri DI ECONOMIA E FINANZA MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE V Il PNR non contiene, non potrebbe farlo quest’anno, una agenda

V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 59

strutturale previste dal Governo al 2017, le conseguenze sulla sostenibilità della

finanza pubblica di un minor flusso migratorio appaiono trascurabili. Anche le

possibili conseguenze dovute all’aumento dell’aspettativa di vita appaiono

scarsamente rilevanti grazie soprattutto all’introduzione dei meccanismi di

adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento alle variazioni della

speranza di vita. In tutti gli scenari di simulazione, il rapporto debito/PIL si riduce

velocemente e scende al di sotto del 60 per cento intorno al 2030.

FIGURA V.2: SENSITIVITÀ DEL DEBITO PUBBLICO A UNA RIDUZIONE DEL FLUSSO NETTO DI IMMIGRATI E A UN AUMENTO DELLA SPERANZA DI VITA DI 1 ANNO (in percentuale del PIL)

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato

L’analisi di sensitività rispetto alle variabili macroeconomiche

L’analisi di sensitività sulle variabili macroeconomiche mira a testare la

robustezza delle proiezioni del rapporto debito/PIL rispetto a ipotesi alternative

su dinamiche più o meno favorevoli della produttività del lavoro, del tasso di

occupazione totale e del tasso di attività, sia dei lavoratori anziani sia delle

donne.

Relativamente alla produttività, l’esercizio di simulazione prevede due

scenari alternativi in cui il tasso di crescita della produttività del lavoro sia

permanentemente superiore/inferiore di 0,1 punti percentuali a partire dal 2025

rispetto allo scenario base. La convergenza al nuovo livello viene raggiunta in

modo graduale nel corso del periodo 2018-2025 e resta costante negli anni

successivi. L’impatto sulla sostenibilità di una migliore (peggiore) dinamica della

produttività risulta tuttavia trascurabile nel breve periodo e nel lungo periodo

(Figura V.3).

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baseline immigrazione netta -10% Speranza di vita (+ 1 anno alla nascita)

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

60 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

FIGURA V.3: SENSITIVITÀ DEL DEBITO PUBBLICO ALLE IPOTESI MACROECONOMICHE. MAGGIORE E MI-NORE CRESCITA DELLA PRODUTTIVITÀ (in percentuale del PIL)

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato

Un altro scenario di simulazione assume che il tasso di occupazione, calcolato

sulla popolazione 15-64, venga aumentato gradualmente fino a raggiungere un

valore di 1,0 punto percentuale più elevato al 2060 rispetto all'ipotesi base. Sotto

tale scenario, ottenuto ipotizzando un livello più basso del tasso di

disoccupazione, l’impatto sull’andamento del rapporto debito/PIL appare

marginale nei primi anni di simulazione.

Considerando, invece, un aumento graduale del tasso di attività della

popolazione di età compresa tra i 55 e i 64 anni tale da raggiungere un valore di

5,0 punti percentuali più elevato al 2060 rispetto all'ipotesi di base, la curva del

rapporto debito/PIL si sposta verso il basso in modo rilevante già a partire dal

2020 (Figura V.4).

Infine, ipotizzando un aumento graduale del tasso di partecipazione

femminile tale da raggiungere un valore di 5,0 punti percentuali più alto nel 2060

rispetto allo scenario di base, gli effetti sulla dinamica decrescente del rapporto

debito/PIL sono evidenti solo nel medio-lungo periodo (Figura V.4).

FIGURA V.4: SENSITIVITÀ DEL DEBITO PUBBLICO ALLE IPOTESI MACROECONOMICHE. TASSI DI OCCUPA-ZIONE E TASSI DI ATTIVITA DEGLI ANZIANI E DELLE DONNE (in percentuale del PIL)

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato

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Baseline

tasso di attività anziani + 5% al 2060

tasso di occupazione + 1%

tasso di attività femminile + 5% al 2060

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V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 61

L’analisi di sensitività rispetto ad uno scenario di rischio nella spesa sanitaria

Mutuando dalla Commissione europea la metodologia del cosiddetto scenario

di rischio, si valutano gli effetti sul debito derivanti dall’applicazione di ipotesi

alternative sulla dinamica della spesa sanitaria e per assistenza agli anziani e

disabili a lungo-termine (LTC). Tale scenario si differenzia da quello di base per

alcune ipotesi più stringenti relativamente ai fattori non demografici25.

Ne risulta che lo scenario di rischio nel medio periodo peggiora solo

lievemente l’andamento del rapporto debito/PIL che si mantiene al di sotto del 60

per cento a partire dal 2027 (figura V.5).

FIGURA V.5: SENSITIVITÀ DEL DEBITO PUBBLICO ALLE IPOTESI DELLA SPESA SANITARIA NEL RISK SCE-NARIO (in percentuale del PIL)

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato

L’analisi di sensitività rispetto all’avanzo primario

Questa simulazione valuta la robustezza dei risultati di sostenibilità delle

finanze pubbliche a fronte di un peggioramento dell’avanzo primario al 2017. A

tale fine, il valore dell’avanzo primario nominale nello scenario di base, pari al

5,7 per cento del PIL nel 2017, è, di volta in volta, diminuito di 1,0 punto

percentuale, scendendo rispettivamente al 4,7, 3,7 e al 2,7 per cento (Figura

V.6).

La dinamica del debito pubblico si modifica significativamente a seguito del

peggioramento dell’avanzo primario al 2017, in particolare per livelli al di sotto

del 4 per cento del PIL. Si osserva infatti, che per un livello iniziale pari al 3,7 per

cento, il debito continua a decrescere, ma varca la soglia del 60 per cento solo nel

2035 (figura V.6). Per valori dell’avanzo primario pari al 2,7 per cento, il rapporto

25 In particolare, si assume: i) per la componente acute care, l’elasticità del costo unitario rispetto al PIL

pro-capite è posta pari a 1,3 (anziché 1,1 come nel reference scenario) all'inizio del periodo di previsione e converge ad 1 nel 2060; per la componente di long term care, con l'esclusione delle prestazioni monetarie, si ipotizza la convergenza del profilo del costo per percettore per età a quello della media europea (UE a 27 paesi), solo nel caso in cui risulti inferiore.

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baseline risk scenario

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

62 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

debito/PIL è, invece, destinato a stabilizzarsi intorno al 60 per cento . Da queste

simulazioni risulta evidente come la sostenibilità delle finanze pubbliche possa

essere garantita dallo scenario baseline e dagli obiettivi di finanza pubblica

descritti nel presente Programma di Stabilità, che richiedono il mantenimento di

ampi avanzi primari.

FIGURA V.6: SENSITIVITÀ DEL DEBITO PUBBLICO ALL’AVANZO PRIMARIO (in percentuale del PIL)

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato

V.4 L’IMPATTO SULLA SOSTENIBILITA’ DELLE RIFORME PENSIONISTICHE

I test di sensitività presentati nella sezione precedente dimostrano che, sulla

base degli obiettivi di bilancio programmati dal Governo al 2017, ossia il

raggiungimento e il mantenimento dell’obiettivo di medio periodo, anche in

presenza di condizioni macroeconomiche, demografiche o fiscali differenti, la

dinamica di lungo periodo delle spese age-related non dovrebbe comunque

mettere a rischio la sostenibilità del debito pubblico italiano. Occorre, tuttavia,

rammentare che questa conclusione è il frutto di una intensa stagione di riforme

previdenziali che, da 20 anni a questa parte, ha significativamente contribuito a

ridurre i costi attesi legati all’invecchiamento della popolazione.

La figura V.7 descrive le implicazioni sul rapporto debito/PIL dei vari

interventi normativi adottati dal 2004 sino al 2011 sulla base di un esercizio

controfattuale che ridetermina il livello iniziale del debito e dell’avanzo primario

nell’ipotesi di assenza della riforma pensionistica considerata. Tutti gli interventi

di riforma presi in considerazione, dal 2004 al più recente, hanno comportato

effetti strutturali e determinato, complessivamente, una riduzione dell’incidenza

della spesa pensionistica in rapporto al PIL rispetto alle previsioni a legislazione

previgente, impattando pertanto sul valore attuale dei flussi di spesa attesi (cfr.

riquadro sulla riforma pensionistica).

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5,7% (baseline) 4,7% 3,7% 2,7%

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V. SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 63

I risultati mostrano che nello scenario che sconta l’assenza delle riforme

adottate dal 2004, il rapporto debito/PIL continuerebbe a ridursi, ma si

attesterebbe su livelli permanentemente più alti rispetto a quelli dello scenario di

riferimento, che invece incorpora gli effetti finanziari della riforma adottata con

la L. n. 214/2011.

FIGURA V.7: L’IMPATTO DELLE RIFORME SUL RAPPORTO DEBITO/PIL (in percentuale del PIL)

Fonte: Elaborazioni MEF tramite il Modello di Previsione di Lungo Periodo della Ragioneria Generale dello Stato

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Previsione a normativa vigente (baseline) ante DL 201/11

ante DL 98/11 ante DL 78/10

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

64 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

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Garanzie concesse dallo Stato

Al 31 dicembre 2012 le garanzie concesse dallo Stato sono ammontate a circa 100

miliardi, pari al 6,4 per cento del PIL, di cui quelle concesse ad istituti di credito a seguito

della recente crisi finanziaria hanno raggiunto 85,7 miliardi, pari al 5,5 per cento del PIL.

GARANZIE PUBBLICHE (in milioni di euro)

2012

Livello in % di PIL

Stock garanzie 100.025 6,4

di cui: settore finanziario 85.679 5,5

All’ammontare complessivo hanno contribuito le seguenti componenti:

Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese. E’ uno strumento di politica

industriale del Ministero dello Sviluppo Economico che opera attraverso tre distinte

modalità di intervento: garanzia diretta, concessa alle banche e agli intermediari

finanziari; controgaranzia su operazioni di garanzia concesse da Confidi e altri fondi di

garanzia; cogaranzia concessa direttamente a favore dei soggetti finanziatori e

congiuntamente ai Confidi e altri fondi di garanzia ovvero a fondi di garanzia istituiti

nell’ambito dell’UE o da essa cofinanziati. Al 31 dicembre 2011, il debito residuo

garantito risulta pari a circa 8.318 milioni.

TAV S.p.A.. Il Ministero del Tesoro garantisce l’adempimento degli obblighi derivanti

alle Ferrovie dello Stato S.p.a. nei confronti della TAV S.p.a., in relazione alla

concessione, realizzazione e gestione del sistema Alta Velocità. Si tratta di una

garanzia fidejussoria finalizzata a rendere possibile il reperimento sul mercato delle

risorse finanziarie necessarie alla realizzazione della rete ad alta velocità. Al 31

dicembre 2012, il debito residuo garantito risulta pari a circa 2.278 milioni.

Aiuti al salvataggio delle imprese. Tali aiuti comprendono le garanzie concesse dallo

Stato alle imprese a fronte di debiti contratti con istituzioni creditizie per il

finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione ed il completamento di

impianti, immobili ed attrezzature industriali. Al 31 dicembre 2012, il debito residuo

garantito risulta pari a circa 64,7 milioni.

Garanzie assunte dalle Amministrazioni locali. I dati relativi alle garanzie prestate dagli

Enti Locali sono forniti dalla Banca d’Italia, che li rileva attraverso le informazioni

trasmesse, per mezzo delle segnalazioni di vigilanza, direttamente dagli istituti

finanziari che ne beneficiano. Al 31 dicembre 2012, il debito residuo garantito risulta

pari a circa 3.687 milioni.

Banche italiane. Tali garanzie sono concesse dallo Stato sulle passività delle banche

italiane relativamente ai titoli obbligazionari emessi dagli istituti di credito. Al 31

dicembre 2012, il debito residuo garantito risulta pari a circa 85.679 milioni.

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 65

VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

VI.1 LE AZIONI INTRAPRESE E LINEE DI TENDENZA PER I PROSSIMI ANNI

Le azioni intraprese

Gli interventi disposti dal Governo con decreto legge nel mese di luglio1 e con la legge di stabilità per il 20132 operano in un quadro di mantenimento della stabilità dei conti pubblici. La manovra complessivamente disposta nel 2012 dispone una significativa riallocazione delle risorse di bilancio nella direzione di una riduzione della pressione fiscale e una correzione strutturale degli andamenti tendenziali della spesa pubblica.

Nel primo ambito, le misure adottate mirano a favorire l’equità del sistema tributario e a sostenere lo sviluppo di quello produttivo.

Sul versante delle spese, la manovra rafforza, prima con gli interventi del decreto legge e poi con quelli della Legge di Stabilità per il 2013, il processo di revisione della spesa avviato negli esercizi precedenti. Le misure adottate interessano tutti i livelli di governo e dispongono interventi che, sulla base di analisi di tipo comparato, mirano al recupero dei margini di efficienza nella produzione dei beni e dei servizi pubblici e nelle procedure di acquisto di beni e servizi da parte delle Amministrazioni pubbliche. Per le Amministrazioni centrali dello Stato, in particolare, la richiesta di formulare puntuali misure correttive, in relazione a specifici obiettivi di risparmio assegnati a ciascun Ministero (secondo una modalità già sperimentata con i provvedimenti del 2011) favorisce il superamento del metodo dei tagli lineari e la riprogrammazione degli interventi e delle risorse nell’ambito di un ammontare di spesa predeterminato. Il contributo delle Amministrazioni locali alla manovra di finanza pubblica, è realizzato principalmente attraverso la revisione degli obiettivi loro assegnati con il Patto di stabilità interno e la riduzione di risorse erariali loro spettanti. Ulteriori risparmi provengono da interventi nel settore sanitario, per il quale sono disposte misure nelle aree di spesa in cui si rilevano inefficienze gestionali o un uso inappropriato delle risorse.

In termini di indebitamento netto, le manovre del 2012 realizzano gli obiettivi della Nota di Aggiornamento al DEF 2012. In valore assoluto, la correzione disposta ammonta a circa 600 milioni nel 2012, 160 milioni nel 2014 e 1 miliardo nel 2015. Per il 2013, gli interventi dispongono l’utilizzo delle risorse eccedenti l’obiettivo del pareggio strutturale per circa 2,3 miliardi.

  

1 D.L. n.95/2012, convertito dalla L. n.135/2012. 2 L. n. 228/2012.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STBILITÀ

66 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TAVOLA VI.1: EFFETTI CUMULATI DEI PROVVEDIMENTI VARATI NEL 2012 SULL'INDEBITAMENTO NETTO DELLA P.A. (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2012 2013 2014 2015

D.L. n. 95/2012 602 16 27 627

LS 2013-2015 -2.319 137 379

TOTALE 602 -2.303 165 1.006

In % del PIL 0,0 -0,1 0,0 0,1

   La manovra lorda è valutata in 4,6 miliardi nel 2012, 21,1 miliardi nel 2013 e

circa 22,5 miliardi negli anni seguenti. L’utilizzo complessivo delle risorse ammonta a 4 miliardi nel 2012, 23,4 miliardi nel 2013, 22,4 e 21,6 miliardi rispettivamente nel 2014 e nel 2015.

 

TAVOLA VI.2: EFFETTI CUMULATI DELLE MANOVRE 2012 SULL’INDEBITAMENTO NETTO DELLA PA (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2012 2013 2014 2015

Manovra lorda 4.568 21.129 22.539 22.620

Maggiori entrate 0 4.577 5.425 4.955

Minori spese 4.568 16.552 17.114 17.665

- spese correnti 3.050 11.684 12.350 12.757

- spese in conto capitale 1.518 4.869 4.763 4.908

Interventi 3.966 23.432 22.374 21.614

Minori entrate 3.392 13.234 16.539 15.538

Maggiori spese 574 10.198 5.836 6.076

- spese correnti 574 7.481 3.919 3.549

- spese in conto capitale 0 2.717 1.917 2.527

Effetti indebitamento netto 602 -2.303 165 1.006

Variazione netta entrate -3.392 -8.658 -11.113 -10.583

Variazione netta spese -3.994 -6.355 -11.278 -11.589

- spese correnti -2.476 -4.203 -8.431 -9.209

- spese conto capitale -1.518 -2.151 -2.847 -2.381

Tra i diversi aggregati di bilancio, le misure adottate comportano una

riduzione netta della spesa crescente nel tempo e pari a circa 4 miliardi nel 2012, 6,3 miliardi nel 2013 e circa 11,3 e 11,6 miliardi nel 2014 e nel 2015. In termini qualitativi, la riduzione interessa soprattutto le uscite di parte corrente, su cui pesa in media il 70 per cento della correzione netta.

La riduzione netta disposta sulle entrate è pari a 3,4 miliardi nel 2012, 8,7 miliardi nel 2013, 11,1 miliardi nel 2014 e 10,6 miliardi nell’ultimo anno del periodo di previsione.

Tra i sottosettori delle Amministrazioni pubbliche, gli interventi del 2012 operano nel senso di riequilibrare il contributo, che era risultato particolarmente significativo per le Amministrazioni centrali dello Stato, fornito dai diversi sottosettori con gli interventi disposti nel corso degli esercizi precedenti. La tavola che segue illustra gli effetti finanziari delle manovre del 2012, distinti tra entrate e spese e per sottosettori.

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VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

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TAVOLA VI.3: EFFETTI CUMULATI DELLE MANOVRE 2012 SULL'INDEBITAMENTO NETTO DELLA P.A. PER SOTTOSETTORE (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2012 2013 2014 2015

AMMINISTRAZIONI CENTRALI -1.990 -9.431 -9.317 -7.860

- variazione netta entrate -3.304 -8.723 -10.020 -9.140

- variazione netta spese -1.314 708 -703 -1.280

AMMINISTRAZIONI LOCALI 2.670 7.257 9.382 9.337

- variazione netta entrate -10 21 -943 -1.242

- variazione netta spese -2.680 -7.236 -10.325 -10.579

ENTI DI PREVIDENZA -78 -128 100 -471

- variazione netta entrate -78 45 -150 -201

- variazione netta spese 0 173 -250 270

TOTALE 602 -2.303 165 1.006

Le misure sulle entrate

Gli interventi disposti nel corso del 2012 determinano complessivamente una riduzione netta delle entrate in ciascun anno del periodo di previsione. La variazione dipende in larga parte dagli effetti delle misure disposte con il decreto legge approvato prima dell’estate, che contribuisce per 3,4 miliardi nel 2012, 6,8 miliardi nel 2013, 10,2 nel 2014 e 10,3 nel 2015 e, in misura minore, dalle disposizioni della legge di stabilità per il 2013 che determinano una riduzione netta di 1,9 miliardi nel 2013, circa 880 milioni nel 2014 e circa 280 milioni nel 2015.

Le misure di riduzione della pressione tributaria mirano, in particolare, al sostegno dei consumi e del reddito disponibile delle famiglie, a fornire incentivi al sistema produttivo e a favorire l’occupazione, in particolare giovanile e delle imprese di piccola dimensione, ancor più se operanti nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia.

Nel primo ambito, il decreto legge prevede lo slittamento dell’aumento di due punti percentuali delle aliquote IVA ordinaria e ridotta al 1° luglio 2013 e fino al 31 dicembre 2013, con un effetto netto di 3,3 miliardi nel 2012, 6,6 miliardi nel 2013 e 9,8 miliardi per il 2014 e il 2015. La misura è ulteriormente rafforzata con la legge di stabilità per il 2013 che dispone la sterilizzazione dell’incremento di un punto percentuale dell’aliquota IVA ordinaria per il 2013 e la completa sterilizzazione dell’incremento previsto per l’aliquota ridotta a partire dallo stesso anno (con una diminuzione del gettito pari a circa 4,4 miliardi nel 2013 e rispettivamente a 2,3 miliardi in ciascun anno del biennio successivo). A favore delle famiglie, la Legge di Stabilità per il 2013 prevede l’incremento delle detrazioni per i figli a carico, da cui derivano effetti agevolativi per circa 900 milioni nel 2013, 1,3 miliardi nel 2014 e 1,2 miliardi nel 2015, mentre al fine di incentivare la produttività nelle imprese dispone la proroga della detassazione sui contratti di produttività (per un importo pari a 950 milioni nel 2013, 1 miliardo nel 2014 e 200 milioni nel 2015). Per favorire l’occupazione si prevede l’incremento

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68 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

delle deduzioni Irap per i lavoratori assunti a tempo indeterminato nelle regioni meridionali (con un ulteriore aumento se utilizzate per lavoratori di età inferiore ai 35 anni) e per le imprese classificate di ’minori dimensioni’ in relazione al valore della base imponibile. La diminuzione di gettito complessivamente derivante dalle agevolazioni è pari a 860 milioni nel 2014 e a poco più di 1 miliardo nel 2015.

Tra le misure di incremento delle entrate (quasi esclusivamente disposte con la Legge di Stabilità), circa la metà del gettito complessivo deriva dall’introduzione dell’imposta di bollo sulle transazioni finanziarie (c.d. Tobin tax) e dalla stabilizzazione dell’incremento delle accise sui carburanti. L’effetto complessivo dei due provvedimenti è pari a 2,1 miliardi nel 2013 e 2,3 miliardi in ciascuno degli anni 2014 e 2015. Altri 800 milioni nel 2013, 1,2 miliardi nel 2014 e 800 milioni nel 2015 provengono dall’aumento delle riserve tecniche per le imprese di assicurazione e dal mancato differimento (in cinque anni) del riconoscimento dei maggiori valori conseguenti al riallineamento dei valori fiscali a quelli contabili dell’avviamento e delle altre attività immateriali derivanti da operazioni di conferimenti, fusioni e scissioni.

Le misure sulle spese

Gli interventi disposti con i provvedimenti del 2012 determinano, complessivamente, una riduzione netta strutturale delle spese crescente in tutto il periodo di previsione e pari, nel 2015, ad oltre 11 miliardi di euro. Le misure correttive operano su tutti i settori delle pubbliche amministrazioni e muovono secondo un approccio, già seguito con determinazione dal Governo nel corso degli esercizi precedenti, che mira a rafforzare i caratteri di efficacia ed efficienza della spesa pubblica.

In questa direzione, con riferimento al settore degli acquisti di beni e servizi delle Amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle misure del decreto legge, è previsto il rafforzamento del sistema centralizzato degli acquisti per alcune categorie merceologiche, nonché la nullità dei contratti stipulati in violazione di questo obbligo. La riduzione delle spese attesa da questi interventi è calcolata sulla base del confronto statistico dei costi di gestione sostenuti dalle diverse amministrazioni. Per favorire la riorganizzazione delle strutture amministrative si dispone la riduzione delle strutture dirigenziali e degli organici delle Amministrazioni centrali dello Stato (nella misura minima del 20 per cento degli uffici dirigenziali e del 10 per cento del personale non dirigenziale), mentre in materia di personale viene estesa la limitazione del turnover ai Vigili del Fuoco, i Corpi di Polizia, le Università e gli Enti di ricerca (complessivamente, da queste misure si attendono risparmi crescenti nel tempo che dovrebbero arrivare a oltre 700 milioni nel 2015). Per favorire un miglior utilizzo del patrimonio pubblico e la riduzione dei costi delle locazioni passive, sono individuati specifici parametri di riferimento in termini di superficie/addetto.

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VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 69

TAVOLA VI.4: EFFETTI DEL D.L. N. 95/2012 SULL’INDEBITAMENTO NETTO DELLA PA (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2012 2013 2014 2015

MAGGIORI RISORSE 4.568 10.839 11.559 12.073

Maggiori entrate 0 72 0 0

Minori spese 4.568 10.767 11.559 12.073

Riduzione delle spese dei Ministeri 0 1.528 1.574 1.649

Concorso Enti Territoriali 2.300 5.200 5.500 5.775

Riduzione finanziamento SSN 900 1.800 2.000 2.100

Riduzione spese per acquisto beni e servizi 141 615 615 615

Riduzione Fondo contributi pluriennali 500 500 400 400

Riduzione finanziamento Enti e Enti di ricerca 153 410 410 410 Misure sul pubblico impiego (compreso turn-over Vigili del fuoco e Corpi di Polizia) 107 319 665 730

Altro 467 394 394 393

UTILIZZO RISORSE 3.966 10.823 11.532 11.445

Minori entrate 3.392 6.837 10.237 10.300

Riduzione aliquote IVA 3.280 6.560 9.840 9.840

Altro 112 277 397 460

Maggiori spese 574 3.986 1.295 1.145 Crediti di imposta rate ammortamento mutui ricostruzione Emilia 0 450 450 450

Terremoto 0 550 550 0

Misure sostegno autotrasporto 0 400 0 0

Missioni di pace internazionali 0 1.000 0 0

Lavoratori salvaguardati riforma pensionistica 0 0 190 590

Fondo interventi urgenti e indifferibili 0 658 0 0

Fabbisogno emergenza Nord Africa 495 0 0 0

5 per mille 0 400 0 0

Altro 79 528 105 105

EFFETTI SULL’INDEBITAMENTO NETTO 602 16 27 627

Per le Amministrazioni centrali dello Stato, gli obiettivi di risparmio (pari a

1,5 miliardi per il 2013 e il 2014 e di 1,6 miliardi a decorrere dal 2015), assegnati con il decreto legge di metà anno, sono perseguiti attraverso le misure che ciascun Ministero ha indicato ai fini della predisposizione della Legge di Stabilità 2013 o, in alternativa, con riduzioni lineari degli stanziamenti rimodulabili.

Ulteriori risparmi sono attesi dalle norme previste per gli enti locali e il settore della sanità. Per i primi, la revisione degli obiettivi loro assegnati con il Patto di Stabilità Interno e la riduzione di risorse erariali loro spettanti inizialmente disposte con il decreto legge (per un importo pari a 2,3 miliardi nel 2012 e di oltre 5 miliardi a partire dal 2013) sono state ulteriormente rafforzate con le misure della Legge di Stabilità (per 2,2 miliardi di euro in ciascun anno del triennio 2013-2015), con la quale si è anche provveduto a rimodulare l’onere tra Regioni e Comuni, disponendo una riduzione della percentuale applicata ai fini del calcolo degli obiettivi di saldo finanziario da conseguire per il 2013 per quelli con popolazione inferiore a 5 mila abitanti.

Nel settore della sanità, le misure adottate mirano ad assicurare una gestione più efficiente delle risorse, in particolare in campo della spesa farmaceutica, dove è aumentato lo sconto obbligatorio praticato al Servizio Sanitario Nazionale,

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70 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

ridotto il tetto per l’assistenza farmaceutica territoriale, nonché rideterminato il tetto per la spesa farmaceutica ospedaliera. In particolare, si prevede una riduzione del 10 per cento dei prezzi di acquisto di beni e servizi per tutta la durata dei contratti (con esclusione dei farmaci e dei dispositivi medici) e una riduzione del tetto di spesa per i dispositivi medici rispetto ai livelli precedentemente fissati. I risparmi complessivamente attesi da queste norme ammontano a 900 milioni nel 2012, 2,4 miliardi nel 2013 e circa 3 miliardi in ciascuno degli anni 2013 e 2014.

Parte dei risparmi di spesa ottenuti sono destinati al finanziamento di misure di carattere espansivo che riguardano prioritariamente interventi mirati al sostegno delle dotazioni infrastrutturali e per alcune spese indifferibili legate alle operazioni di ricostruzione nei territori colpiti da recenti eventi calamitosi, nonché per ampliare la platea di soggetti rientranti nella categoria dei ’salvaguardati’ nell’ambito dell’ultima riforma pensionistica.

Tra i principali interventi si segnalano le misure per finanziare gli interventi di ricostruzione legati al sisma dell’Emilia Romagna per 550 milioni sia nel 2013, sia nel 2014, le missioni di pace internazionali del 2013, per un importo pari a 1 miliardo, e per ampliare la platea dei soggetti rientranti nella categoria dei ’salvaguardati’, nell’ambito dell’ultima riforma pensionistica, per un ammontare di 190 milioni nel 2014 e 590 milioni nel 2015. È inoltre previsto lo stanziamento di risorse per assicurare la continuità dei lavori di manutenzione straordinaria e dei lavori in corso della rete ferroviaria e di quella stradale, per la prosecuzione della realizzazione del sistema MO.S.E e per la realizzazione e l’esercizio della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, per un ammontare complessivo di poco superiore a 500 milioni nel 2013, di 740 milioni nel 2014 e 1,1 miliardi nel 2015. È, inoltre, autorizzato lo stanziamento di risorse (complessivamente pari a 800 milioni nel 2013, 1,1 miliardi nel 2014 e circa 890 milioni nel 2015) per la costituzione di un fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili pubblici conferiti a fondi immobiliari, per l’incremento del fondo per gli interventi in materia di politiche sociali, per le non autosufficienze e per le borse di studio e lo smaltimenti rifiuti del comune dell’Aquila, nonché, per il finanziamento dei fondi relativi agli aiuti internazionali sottoscritti dall’Italia.

Tra le maggiori spese è infine prevista la creazione di un fondo per il finanziamento degli oneri del trasporto pubblico locale, alimentato da una compartecipazione all’accisa su benzina e gasolio e ripartito tra le Regioni sulla base di criteri di efficienza, in cui confluiscono tutte le risorse finanziarie precedentemente destinate dallo Stato allo scopo (in relazione alle quali si registra tra i provvedimenti di minore spesa la soppressione dei relativi fondi), con un incremento netto annuo di circa 450 milioni rispetto alle risorse stanziate prima della riorganizzazione.

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VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 71

TAVOLA VI.5: EFFETTI DELLA LEGGE DI STABILITÀ 2013 SULL’INDEBITAMENTO NETTO DELLA P.A. (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2013 2014 2015 MAGGIORI RISORSE 10.290 10.980 10.547

Maggiori entrate 4.505 5.425 4.955 Imposta di bollo sulle transazioni finanziarie 1.004 1.215 1.202 Stabilizzazione incremento accise carburanti 1.107 1.107 1.107 Aumento acconti riserve tecniche imprese assicurazione 623 374 374 Riduzioni agevolazioni acquisto auto aziendali 412 549 532 Mancato differimento del regime delle imposte sostitutive 200 846 423 Aumento prelievo erariale unico - abrogazione esenzione bollo certificati penali - Iva servizi cooperative 305 458 458 Riduzione agevolazione gasolio agricoltura 154 100 100 Altro 700 777 759

Minori spese 5.785 5.555 5.592 Razionalizzazione spesa settore sanitario 600 1.000 1.000 Riduzione spesa Enti territoriali 2.200 2.200 2.200 Fondo TPL - soppressione capitolo 2817 e 2802 MEF 1.135 1.157 1.093 Riduzioni spese correnti Ministeri attuazione DL 95/2012 16 -1 -1 Altro 1.834 1.199 1.300

UTILIZZO RISORSE 12.609 10.843 10.168

Minori entrate 6.397 6.302 5.238 Sterilizzazione incremento aliquote IVA 4.442 2.324 2.324 Proroga detassazione produttività del lavoro 950 1.000 200 Incremento detrazioni figli a carico 939 1.341 1.206 Riduzione Irap deduzioni forfetarie lavoratori a tempo indeterminato 0 862 1.014 Fondo per esclusione dell'IRAP per i soggetti privi di organizzazione 0 188 252 Altro 66 586 242

Maggiori spese 6.212 4.541 4.931 Fondo fitto immobili 249 847 590 Credito d'imposta autotrasportatori 159 212 212 Fondo finanziamento TPL 1.600 1.600 1.600 Fondo interventi politiche sociali, non autosufficienza e Comune de l'Aquila - smaltimento rifiuti 260 0 0 Minore concorso alla manovra Enti locali, Patto di Stabilità incentivato e Fondo di solidarietà comunale 600 0 0 Manutenzione straordinaria RFI 250 300 300 Manutenzione straordinaria ANAS 200 100 0 Realizzazione sistema MOSE 45 200 253 Torino - Lione 20 140 550 Fondi multilaterali di sviluppo e Fondo globale per l'ambiente 295 295 295 Altro 2.534 847 1.131

EFFETTO SULL’INDEBITAMENTO NETTO -2.319 137 379 - Totale riduzione spese Ministeri – attuazione DL 95/2012 16 -1 -1 - Totale effetti Legge di Stabilità 2013 -2.335 139 380

Linee di tendenza per i prossimi anni

L’attuale fase congiunturale, ancora sfavorevole, richiede che il conseguito risanamento di bilancio e il rispetto della stabilità finanziaria siano accompagnati da azioni di sostegno e rilancio della crescita e dell’occupazione.

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72 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

In tale orientamento già nel mese di aprile del 2013 il Governo ha varato un provvedimento d’urgenza in grado di immettere liquidità nel sistema economico, mediante lo sblocco dei pagamenti dei debiti esistenti alla data del 31 dicembre 2012 delle Amministrazioni pubbliche verso i propri fornitori3.

L’azione del Governo ha tratto spunto dai più recenti orientamenti emersi in ambito europeo che hanno riconosciuto la necessità di un risanamento di bilancio differenziato, che permetta di utilizzare gli spazi di flessibilità controllata per azioni a favore della crescita e dell’occupazione. Si tratta di un provvedimento di carattere straordinario che opera senza alterare la sostanziale stabilità e sostenibilità del quadro finanziario.

Le misure adottate consentono di immettere nuova liquidità nel sistema economico per un ammontare complessivamente pari a circa 40 miliardi di euro nel biennio 2013-2014, in relazione al quale si determina un incremento del fabbisogno di circa 20 miliardi in ciascun dei due anni (tavola VI.6A). In termini di indebitamento netto, l’impatto è più contenuto date le differenti modalità con cui operano gli interventi previsti. In particolare, l’aumento del deficit, pari a 7,5 miliardi nel 2013 (0,5 per cento del PIL), è da riferirsi al pagamento di debiti per spese in conto capitale.

Gli interventi adottati riguardano le Amministrazioni centrali, gli Enti territoriali e gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale ed operano con modalità differenti in relazione al comparto e alla tipologia di debito a cui si riferiscono.

Un ulteriore rafforzamento degli interventi disposti con il decreto legge, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti con i documenti di programmazione, previa intesa con le Autorità europee e su deliberazione delle Camere, potrà essere previsto con la Legge di Stabilità per il 2014 mediante assegnazione di titoli di Stato per i debiti delle amministrazioni pubbliche che abbiano formato oggetto di cessione da parte dei creditori in favore di banche o intermediari finanziari.

La parte più rilevante del provvedimento adottato, in termini di fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche, riguarda i debiti detenuti delle Amministrazioni locali. Gli enti territoriali, per la parte non sanitaria, potranno disporre maggiori pagamenti per 12,2 miliardi nel 2013 e di 7 miliardi nell’anno successivo. Gli enti del servizio sanitario nazionale potranno invece disporre di maggiori risorse per 5 miliardi nell’anno in corso e ulteriori 9 miliardi nel 2014 per il pagamento dei propri debiti. Per lo Stato, saranno resi disponibili 2,5 miliardi nel 2013 e 4 miliardi nel 2014 per l’accelerazione del pagamento dei rimborsi fiscali pregressi, nonché ulteriori 500 milioni nel 2013 per il pagamento dei debiti per somministrazioni, forniture e appalti.

In termini di indebitamento netto, l’incremento del deficit interessa per 7,2 miliardi le Amministrazioni locali e per 300 milioni quelle centrali.

Per quanto riguarda gli enti territoriali, il provvedimento prevede un alleggerimento dei vincoli del Patto di Stabilità Interno, consentendo l’esclusione dal saldo obiettivo dei pagamenti dei Comuni e delle Province per debiti di conto capitale, certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012 (5 miliardi nel 2013). A tal fine, gli enti potranno utilizzare le risorse già disponibili in bilancio

3 D.L.n.35/2013.

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VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 73

(avanzi realizzati negli esercizi precedenti). I pagamenti relativi alla stessa tipologia di debiti sono esclusi dal Patto di Stabilità Interno delle Regioni per un importo pari a 1,4 miliardi nel 2013.

Per favorire il trasferimento di liquidità agli Enti locali che dispongono di crediti nei confronti delle Regioni, è prevista l’esclusione dai vincoli del Patto di Stabilità Interno dei pagamenti effettuati dalle stesse Regioni, in relazione ai residui passivi di parte corrente, a favore degli Enti locali.

Per gli Enti territoriali che non dispongono di liquidità sufficiente per effettuare i pagamenti, sia in conto capitale derivanti dall’allentamento dei vincoli del Patto di Stabilità Interno sia per i debiti pregressi relativi a spese di parte corrente, il decreto prevede l’istituzione di un apposito fondo per la concessione di prestiti da parte dello Stato. Tali anticipazioni sono disposte a favore degli Enti locali per 4 miliardi di euro e delle Regioni e Province autonome per 8 miliardi, nel biennio 2013-2014.

A valere sul medesimo fondo sono previste anticipazioni agli enti del Servizio sanitario nazionale per l’accelerazione dei pagamenti dei debiti cumulati al 31 dicembre 2012, relativi a spese pregresse di parte corrente, per un importo pari complessivamente a 14 miliardi, di cui 5 miliardi per il 2013 e 9 miliardi per il 2014. Le norme prevedono inoltre disposizioni di carattere strutturale per la definizione di meccanismi diretti ad impedire in futuro ulteriori ritardi nel sistema dei pagamenti, attraverso la fissazione di vincoli stringenti alla gestione, da parte regionale, della liquidità destinata al finanziamento del SSN.

Le anticipazioni fornite agli Enti territoriali, comprensive di quelle a favore del Servizio Sanitario Nazionale, saranno restituite, maggiorate degli interessi, in un arco temporale di lungo termine (30 anni). Le quote capitale restituite dagli enti saranno destinate all’ammortamento del maggior debito derivante dal reperimento delle risorse necessarie al finanziamento del fondo.

Dai limiti del Patto di Stabilità Interno sono, infine, esclusi i pagamenti sostenuti dalle Regioni a titolo di cofinanziamento nazionale degli interventi realizzati con il contributo dei Fondi strutturali europei per un importo pari a 800 milioni nel 2013. Ciò consente di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di spesa previsti dai programmi regionali cofinanziati dall’Unione Europea per il periodo 2007/2013, garantendo un significativo miglioramento delle capacità di tiraggio dei fondi strutturali a disposizione nel triennio 2012/2014.

Per lo Stato, sono stanziate maggiori risorse (500 milioni nel 2013) per il pagamento dei debiti contratti dai Ministeri per somministrazioni, forniture e appalti, maturati alla data del 31 dicembre 2012. Per la quota di debiti eventualmente non soddisfatta e al fine di prevenire nuove situazioni debitorie, le amministrazioni centrali dello Stato dovranno inoltre predisporre apposite misure di riorganizzazione e razionalizzazione della spesa.

Sono inoltre riprogrammate le restituzioni e i rimborsi di imposta per l’accelerazione del pagamento dei rimborsi fiscali e per le maggiori compensazioni derivanti dall’incremento dei limiti delle stesse per i crediti maturati nelle annualità precedenti. A tal fine sono previsti maggiori pagamenti per complessivi 6,5 miliardi di euro, di cui 2,5 nel 2013 e 4 miliardi nel 2014. Infine, è prevista la possibilità di compensare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati al 31 dicembre 2012 nei confronti delle pubbliche amministrazioni per

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STBILITÀ

74 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

somministrazione, forniture e appalti, con le somme dovute a seguito di procedure concorsuali derivanti da contenziosi tributari.

TAVOLA. VI.6A: EFFETTI DEL D.L. N.35/2013 (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2013 2014 2015

Fabbisogno -20.000 -19.400 190

In % del PIL -1,27 -1,19 0,01

Indebitamento netto -7.500 600 570 In % del PIL -0,48 0,04 0,03

TAVOLA. VI.6B: EFFETTI DEL D.L.N.35/2013 SULL'INDEBITAMENTO NETTO DELLA P.A. (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2013 2014 2015

Manovra lorda 207 607 577

Maggiori entrate 200 600 0

Minori spese 7 7 577

- spese correnti 7 7 321

- spese in conto capitale 0 0 256

Interventi 7.707 7 7

Minori entrate 7 7 7

Maggiori spese 7.701 1 0

- spese correnti 1.901 1 0

- spese in conto capitale 5.800 0 0

Effetti indebitamento netto -7.500 600 570

Variazione netta entrate 194 594 -7

Variazione netta spese 7.694 -7 -577

- spese correnti 1.894 -7 -321

- spese conto capitale 5.800 0 -256

TAVOLA. VI.6C: EFFETTI DEL D.L.N.35/2013 SULL'INDEBITAMENTO NETTO DELLA P.A. PER SOTTOSETTORE (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2013 2014 2015

AMMINISTRAZIONI CENTRALI -300 600 570

- variazione netta entrate 194 594 -7

- variazione netta spese 494 -7 -577

AMMINISTRAZIONI LOCALI -7.200 0 0

- variazione netta entrate 0 0 0

- variazione netta spese 7.200 0 0

ENTI DI PREVIDENZA 0 0 0

- variazione netta entrate 0 0 0

- variazione netta spese 0 0 0

TOTALE -7.500 600 570

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VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 75

TAVOLA. VI.6D: EFFETTI DELLE PRINCIPALI MISURE DEL D.L.N.35/2013 2012 SULL'INDEBITAMENTO NETTO DELLA P.A. (valori al lordo degli effetti indotti; milioni di euro)

2013 2014 2015 MAGGIORI RISORSE 207 607 577 Maggiori entrate 200 600 0 di cui

Maggior gettito IVA 0 600 0 Minori spese 7 7 577 di cui

Riduzione dotazione spese rimodulabili 0 0 570 UTILIZZO RISORSE 7.707 7 7 Minori entrate 7 7 7 Maggiori spese 7.701 1 0 di cui

Allentamento Patto di Stabilità Interno enti locali 5.000 0 0 Patto di Stabilità Interno Regioni e Province autonome Accelerazione trasferimenti agli Enti locali e pagamenti ai fornitori 1.400 0 0 Spese cofinanziamento nazionale fondi strutturali UE - deroga patto di stabilità interno 800 0 0 Pagamento debiti Amministrazioni dello Stato - Incremento dotazione fondo per l'estinzione dei debiti delle Amministrazioni centrali 500 0 0

EFFETTI SULL’INDEBITAMENTO NETTO -7.500 600 570

FOC

US Impatto macroeconomico delle manovre di correzione dei conti pubblici adottate nel 2012

Allo scopo di analizzare l’impatto macroeconomico delle misure di correzione dei conti pubblici adottate nel 20124 si è partiti da una simulazione di base che genera un profilo per i vari aggregati in assenza degli interventi legislativi5. Si è poi modificato il quadro delle variabili esogene di finanza pubblica incorporando all’interno del modello le misure adottate e simulando questo nuovo scenario. Il confronto tra i risultati di queste due simulazioni consente di stimare l’impatto sul PIL e sugli altri aggregati attribuibile ai provvedimenti in questione.

Sulla base delle simulazioni effettuate, l’impatto macroeconomico complessivo dei due provvedimenti di correzione dei conti pubblici è riportato nella tavola seguente. Per ciascun aggregato si riporta la differenza tra i tassi di variazione percentuale annuale ottenuti tenendo conto della manovra e quelli della simulazione di base. Le simulazioni effettuate evidenziano come le misure approvate producano effetti pressoché nulli sul livello di attività economica e sull’occupazione.

Tuttavia, l’impatto non è neutrale sulla composizione della domanda interna che, da una parte risente dell’effetto diretto della riduzione della spesa pubblica, sia in termini di consumi collettivi sia in termini di investimenti, dall’altra beneficia degli effetti positivi sui consumi dell’aumento delle detrazioni per figli a carico e della attenuazione del previsto aumento delle aliquote IVA. Tale minore incremento delle aliquote determina inoltre, rispetto allo scenario di base, un calo dell’inflazione nel periodo considerato.

4 Nel corso del 2012 le principali misure di correzione dei conti pubblici sono quelle approvate con il D.L. n.

95/2012, convertito nella L. n.135/2012 (Spending review) e con la Legge di Stabilità 2013 (L. n.228/2012). 5 L’esercizio di simulazione è stato effettuato il modello econometrico del Dipartimento del Tesoro (ITEM).

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STBILITÀ

76 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Nelle simulazioni del modello non si è tenuto conto dei possibili inasprimenti delle aliquoteprevisti dalla Legge di Stabilità6. L’impatto sull’attività economica sarebbe certamente negativo e la sua entità dipenderebbe dalle decisioni delle singole amministrazioni, nonfacilmente prevedibili.

Gli effetti macroeconomici si basano sulle norme attualmente in vigore; eventualislittamenti sia del previsto aumento delle aliquote IVA sia dell’introduzione del tributocomunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), prevista a luglio 2013, potrebbero generare effettiespansivi nel 2013 sul livello dell’attività economica.

IMPATTO MACROECONOMICO DELLE MANOVRE DI CORREZIONE DEI CONTI PUBBLICI

Differenze nei tassi di variazione percentuali 2013 2014 2015

PIL 0,0 -0,1 0,1

Consumi privati 0,2 0,3 0,2

Consumi collettivi -0,5 -0,5 -0,2

Investimenti -1,1 -1,2 -0,3

Esportazioni 0,0 0,1 0,1

Importazioni -0,2 0,0 -0,1

Occupazione 0,0 0,0 0,0

Deflatore consumi privati -0,5 -0,2 -0,1

Occorre infine sottolineare che il miglioramento dell’efficienza della spesa pubblica avràprobabilmente degli effetti positivi sulla crescita nel lungo periodo, che non sono colti daimodelli econometrici e vanno ben oltre il loro orizzonte di proiezione.

6 In relazione a tale eventualità la Legge di Stabilità 2013 prevede che i Comuni possano aumentare dello

0,3 per cento l’aliquota IMU sugli immobili ad uso produttivo.

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VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 77

FOC

US 

Contrasto all’evasione fiscale Negli ultimi anni l’Amministrazione finanziaria ha conseguito risultati confortanti sul fronte del contrasto all’evasione e alle frodi fiscali: oltre 32,0 miliardi di maggiori entrate tributarie sono stati assicurati all’erario nel triennio 2009-2011 e, sulla base di prime indicazioni, ulteriori 12,5 miliardi risultano incassati nel 2012.

RISULTATI DELLA LOTTA ALL’EVASIONE: ENTRATE TRIBUTARIE ERARIALI E NON ERARIALI (in milioni di euro)

Fonte: Agenzia delle Entrate.

Per imprimere un ulteriore impulso alla lotta all’evasione fiscale, a rafforzamento delle misure già disposte nel 20117, nel corso del 2012 ha svolto la sua attività la ‘Task Force per la lotta all’evasione fiscale’ istituita dal Presidente del Consiglio Monti. Nel mese di marzo sono state emanate ulteriori disposizioni che oltre a semplificare la normativa tributaria, hanno reso ancora più marcata la lotta all’evasione8.

Ad aprile il Consiglio dei ministri ha approvato uno schema di disegno di legge recante la delega per la revisione del sistema fiscale. Il disegno si propone di proseguire l’attività di contrasto all’evasione e all’elusione nonché di riordino dei fenomeni di erosione fiscale9.

A tal fine è prevista la definizione di metodologie di stima dell’evasione e di monitoraggio dei risultati della lotta all’evasione stessa. La rilevazione è riferita a tutti i principali tributi e basata sul confronto tra i dati della contabilità nazionale e quelli acquisiti dall’anagrafe tributaria. I risultati vengono calcolati e pubblicati con cadenza annuale. All’interno della procedura di bilancio il Governo redige annualmente un rapporto sulla strategia seguita e sui risultati conseguiti10.

7 Nel 2011 sono state disposte misure di contrasto all’evasione fiscale dapprima con la manovra approvata

nel corso dell’estate (D.L. n. 98/2011, convertito dalla L. n. 111/2011 e D.L. n. 138/2011, convertito dalla L. n. 148/2011) e, successivamente, nel mese di dicembre (D.L. n.201 convertito dalla L.n.214/2011).

8 D.L. n. 16/2012 recante ‘Disposizioni urgenti in materia di semplificazione tributaria, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento’

9 Il disegno di legge è stato presentato alla Camera dei Deputati (A.C. 5291) il 15 giugno 2012, è stato esaminato dall'11 settembre al 9 ottobre 2012 dalla VI Commissione, dove l’originario testo, composto di 17 articoli, ha subito numerose modifiche ed è stato accorpato in 4 articoli. E’ stato quindi approvato dall'Assemblea, con voto di fiducia, il 12 ottobre 2012. É giunto al Senato il 16 ottobre 2012 (A.S. 3519).

10 Art. 2 comma 4,5 A.S. 3519.

0

2.000

4.000

6.000

8.000

10.000

12.000

14.000

2007 2008 2009 2010 2011 2012

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STBILITÀ

78 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Il disegno prevede anche la costruzione di un miglior rapporto tra fisco e contribuenti.Vengono infatti definite forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata tra le impresee l’Amministrazione finanziaria. Per le imprese di maggior dimensione, vengono delineati sistemi aziendali strutturati di gestione e di controllo del rischio fiscale, con una chiaraattribuzione di responsabilità nel quadro del complessivo sistema dei controlli interni. Lafruizione di tali strumenti sarà incentivata, per quei contribuenti che vi aderiranno, attraverso la sgravio di taluni adempimenti e la riduzione delle eventuali sanzioniapplicabili. Per le imprese più piccole o operanti come persone fisiche, saranno riviste edampliate le forme di tutoraggio al fine di una migliore assistenza negli adempimenti tributari, quali la predisposizione delle dichiarazioni ed il calcolo delle imposte11. Vengono infine definiti i principi e i criteri da perseguire per rafforzare i controlli fiscali, in particolareattraverso controlli mirati, in sinergia con altre autorità pubbliche. La revisione dellanormativa dovrà comportare un potenziamento dei sistemi di pagamento sottoposti atracciabilità, della fatturazione elettronica e della cooperazione internazionale12.

La Legge di Stabilità per il triennio 2013-201513 ha previsto, a partire dal 2013, l’inserimento nel Documento di Economia e Finanza di una valutazione, relativa all’annoprecedente, delle maggiori entrate strutturali effettivamente incassate derivanti propriodall’attività di contrasto all’evasione e la presentazione in allegato alla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza di un rapporto sui risultati conseguitiin materia di misure di contrasto all’evasione fiscale14.

In merito alla cooperazione internazionale l’Italia, la Francia, la Germania, il Regno Unito, la Spagna e gli Stati Uniti, con il comune obiettivo di intensificare la lotta all’evasione fiscaleinternazionale e di adottare un approccio intergovernativo finalizzato all’applicazione delForeign Account Tax Compliance Act (FACTA), hanno definito il relativo Modello di Accordo Intergovernativo. Il Modello costituisce una tappa importante nell’azione di contrasto alivello internazionale mediante lo scambio automatico di informazioni. Infatti, in base agliAccordi bilaterali che verranno stipulati sulla base di tale Modello, verranno scambiate alivello statale su base automatica, ai sensi delle vigenti Convenzioni contro le doppieimposizioni, in entrambi le direzioni (da e verso gli Stati Uniti), determinate informazioni chele istituzioni finanziarie forniranno alle rispettive autorità fiscali. Verrà così eliminata lanecessità per le istituzioni finanziarie interessate di dover ricorrere a singoli accordi dinatura contrattuale con le autorità fiscali statunitensi. I suddetti paesi continueranno inoltre, in stretta cooperazione con altri Paesi, con l’OCSE e con l’Unione Europea, apromuovere lo scambio automatico di informazioni e a lavorare sui principi del reportingcomune e dell’applicazione degli standard di due diligence quali strumenti per pervenire ad un approccio più generalizzato e globale di efficace lotta all’evasione fiscale internazionale,pur mantenendo al minimo livello gli oneri di adempimento. Nel mese di maggio è stato inoltre istituito un Gruppo di lavoro bilaterale tra i Ministeri delle Finanze italiano e svizzero il cui obiettivo è quello di approfondire le questioni finanziarie e fiscali.   

11 Art. 3 comma 2,3,4,5 A.S. 3519. 12 Art. 3 comma 11 A.S. 3519. 13 Art.1, comma 299 e 300 L. n. 228/2012 14 Tale rapporto dovrà indicare le strategie per il contrasto all’evasione e il confronto dei risultati con gli

obiettivi programmati.

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VI. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 79

FOC

US

Aiuto pubblico allo sviluppo italiano (APS) Nel quadriennio 2014-2017 il Governo consoliderà le azioni necessarie a un riallineamento graduale dell’Italia agli standard internazionali della cooperazione allo sviluppo (media dei paesi OCSE), con l’obiettivo di migliorare la qualità e la quantità dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). Ciò permetterà di rilanciare il profilo internazionale dell’Italia, la presenza in aree strategiche, le eccellenze ed i vantaggi comparati.

A legislazione vigente, le stime disponibili per il 2013 prevedono un APS pari allo 0,15-0,16 per cento del reddito nazionale lordo, con un’inversione di tendenza positiva rispetto al 2012 (0,13 per cento). Per il periodo 2014-2017 viene stabilito il seguente calendario: APS 2014 (0,18-0,20 per cento); APS 2015 (0,21-0,24 per cento); APS 2016 (0,23-0,27 per cento), APS 2017 (0,28-0,31 per cento).

Per raggiungere detti obiettivi l’azione pubblica dovrà necessariamente concentrarsi su quantità e qualità degli stanziamenti annuali, e in particolare attraverso:

una continuata opera di riqualificazione e razionalizzazione della spesa per cooperazione allo sviluppo, anche nel contesto di una azione tesa a riformare la disciplina legislativa che regola la cooperazione, basata su principi di unitarietà dell’azione ed operatività in sinergia con il Parlamento;

la conferma di un progressivo incremento, su base annuale pari al almeno il 10 per cento degli stanziamenti previsti dalla legge n.49 del 1987, sulla base delle disponibilità del 2013;

il rifinanziamento dei Fondi di sviluppo (in particolare IDA e Fondo africano di sviluppo), i cui negoziati termineranno alla fine del 2013.

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 81

VII. ASPETTI ISTITUZIONALI DELLE FINANZE PUBBLICHE

VII.1 LA LEGGE DI ATTUAZIONE DEL PAREGGIO DI BILANCIO

Nel corso del 2012 è proseguito il processo di adeguamento dell’ordinamento

nazionale ai più recenti orientamenti della disciplina europea in materia di regole

fiscali e di bilancio, in linea con quanto previsto dal Trattato sulla stabilità sul

coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (Fiscal

Compact) che richiede l’introduzione nella normativa nazionale del requisito del

pareggio di bilancio. L’introduzione di tale regola fa seguito peraltro all’impegno

preso dal Governo Italiano già nel marzo del 2011 nell’ambito del Patto Euro Plus

e ai più stringenti requisiti di bilancio introdotti nel Six Pack nell’ottobre del 2011.

In questa direzione, oltre alla ratifica del Fiscal Compact, sono stati approvati

dal Parlamento due specifici provvedimenti normativi. Il primo, di rango

costituzionale e adottato nel mese di aprile 2012, ha introdotto nella Costituzione

il principio dell’equilibrio di bilancio, secondo cui lo Stato assicura l'equilibrio tra

le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle

fasi favorevoli del ciclo economico1, e quello della sostenibilità del debito, in

conformità con l’ordinamento dell'Unione europea cui la norma costituzionale

espressamente rinvia. Inoltre, sono state approvate ulteriori norme per i livelli

centrali e decentrati di governo per favorire il conseguimento degli obiettivi di

bilancio. In particolare, per quanto concerne la disciplina di bilancio degli enti

territoriali, la riforma costituzionale specifica che il ricorso all'indebitamento,

consentito esclusivamente per finanziare spese d’investimento, sia subordinato

alla contestuale definizione di piani di ammortamento e alla condizione che per il

complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio.

Il secondo provvedimento, definito con una legge approvata a maggioranza

assoluta dei componenti di ciascuna Camera nel dicembre 20122, ha disposto

l’attuazione dei principi introdotti con la riforma costituzionale e disciplinato le

norme volte a rafforzare il quadro delle regole fiscali e di bilancio, specificando,

tra l’altro, le modalità attraverso cui monitorare gli andamenti di finanza

pubblica, il funzionamento del meccanismo di correzione in caso di deviazioni

dall’obiettivo del bilancio strutturale in pareggio, e la definizione degli eventi

eccezionali che consentono scostamenti dall’obiettivo programmatico.

Il principio dell’equilibrio dei bilanci è definito, nel nuovo quadro normativo,

in coerenza con quanto previsto dall’ordinamento europeo, in termini strutturali e

prevede l’obbligo per il governo di assicurare almeno il conseguimento

dell’obiettivo di medio termine (MTO), o comunque il rispetto del percorso di

1 L. Cost. n. 1/2012. 2 L. n. 243/2012.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

82 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

avvicinamento programmato verso tale obiettivo con effetto dal 2014. I valori

programmatici sono quindi indicati ex ante nei documenti di programmazione ed è

valutato ex post il loro effettivo rispetto.

Tra gli obiettivi di finanza pubblica, maggiore attenzione è riservata al

parametro del debito pubblico che trova esplicita evidenza tra gli obiettivi indicati

nei documenti di programmazione. In particolare, si dispone che, nell’ipotesi in

cui sia superato il limite di riferimento europeo (60 per cento del PIL), in sede di

definizione degli obiettivi di bilancio si debba tenere conto della necessità di

garantire una riduzione dell’eccedenza rispetto a tale valore secondo quanto

previsto dal medesimo ordinamento europeo.

Il quadro delle regole fiscali è rafforzato ulteriormente da una regola sulla

spesa delle Amministrazioni pubbliche. In particolare, si stabilisce che il tasso

annuo programmato di crescita della spesa non possa superare quello previsto in

applicazione delle regole europee (expenditure benchmark) e che i documenti di

programmazione finanziaria e di bilancio indichino, per il triennio di riferimento,

il livello della spesa delle Amministrazioni pubbliche compatibile con il rispetto di

questo vincolo3.

Le deroghe al principio dell’equilibrio di bilancio sono espressamente previste

dalla stessa normativa e stabiliscono la possibilità di scostamenti temporanei del

saldo strutturale dagli obiettivi programmatici esclusivamente nei casi di: i) grave

recessione economica; ii) eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato,

incluse le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione

finanziaria generale del Paese. Al fine di evitare un utilizzo discrezionale di tale

deroga è stabilito che eventuali scostamenti temporanei dagli obiettivi per

fronteggiare gli eventi sopra descritti siano ammessi su richiesta del Governo,

sentito il parere della Commissione europea, e soggetti ad autorizzazione delle

due Camere a maggioranza assoluta dei propri componenti. Contestualmente alla

richiesta formulata dal Governo, dovranno essere aggiornati gli obiettivi di finanza

pubblica con un’apposita relazione e indicato il piano di rientro verso l’obiettivo

programmatico.

È inoltre rafforzata l’attenzione sulle attività di monitoraggio e controllo

degli andamenti di finanza pubblica attraverso l’obbligo per il Governo di dare

comunicazione alle Camere qualora emerga il rischio di scostamenti rispetto agli

obiettivi programmatici con riguardo al conto consolidato delle Amministrazioni

pubbliche o al saldo strutturale. A consuntivo, sono attribuite alla Corte dei Conti

le attività di controllo sulla gestione dei bilanci delle Regioni e degli Enti Locali,

nonché delle Amministrazioni pubbliche non territoriali.

Sono infine previsti specifici meccanismi correttivi qualora ex post dovessero

riscontrarsi scostamenti significativi, secondo la definizione adottata a livello

europeo, dei risultati di finanza pubblica rispetto agli obiettivi programmatici e

tali da pregiudicare il conseguimento dell’MTO negli esercizi successivi. In questo

caso, il Governo è tenuto a indicare, nei documenti di programmazione, le cause e

gli interventi correttivi che intende adottare per riportare il saldo strutturale al

valore dell’MTO. Le misure dovranno essere definite per i sotto settori della PA

anche in relazione alla quota di sforamento loro attribuibile.

3 Per una trattazione esaustiva dell’applicazione delle regole si rimanda al capitolo 3.

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VII. ASPETTI ISTITUZIONALI DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 83

In relazione alle specifiche caratteristiche di ciascun livello di governo e alle

funzioni che esso svolge nel contesto istituzionale italiano, il principio

dell’equilibrio dei bilanci e il sistema di regole fiscali è ulteriormente dettagliato.

In analogia a quanto previsto per il complesso delle Amministrazioni pubbliche, il

principio di equilibrio per il bilancio dello Stato è definito in termini strutturali e

prevede che il valore del saldo netto da finanziare o da impiegare (definito dalla

differenza tra le entrate e le spese finali) debba risultare coerente, per ciascun

anno, con gli obiettivi programmatici stabiliti nei documenti di programmazione. Il

principio dell’equilibrio di bilancio è invece declinato in termini nominali per gli

Enti territoriali. Per tali Enti, l’equilibrio si considera realizzato quando, sia in

fase di programmazione che di rendiconto, i bilanci registrino un valore non

negativo, in termini di competenza e di cassa: i) del saldo tra le entrate finali e le

spese finali; ii) del saldo tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le

quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti. Per questi Enti si

conferma la possibilità di ricorrere all’indebitamento per finanziare spese di

investimento, purché sia contestualmente definito un piano di ammortamento e

assicurato il rispetto dell’equilibrio per il complesso degli enti di ciascuna

Regione.

Per assicurare il necessario coordinamento tra i diversi livelli di governo ai

fini del conseguimento degli obiettivi di indebitamento e debito delle

Amministrazioni pubbliche è previsto che, con criteri analoghi a quelli dello Stato,

possano essere richiesti agli Enti territoriali ulteriori contributi oltre quanto

previsto dall’ordinario rispetto del principio di equilibrio. È inoltre disposto che,

nelle fasi sfavorevoli del ciclo economico e in caso di eventi eccezionali, lo Stato

contribuisca al finanziamento dei servizi essenziali e delle prestazioni

fondamentali inerenti i diritti civili e sociali forniti da altri livelli di governo in

relazione alla quota di entrate proprie degli Enti decentrati influenzata dal ciclo

economico. Simmetricamente, è previsto che gli stessi Enti contribuiscano alla

riduzione del debito pubblico nelle fasi favorevoli della congiuntura, in una misura

che dipende dalla propria quota di entrate sensibili al ciclo economico.

In materia di bilancio dello Stato, la riforma (che dovrà essere ulteriormente

dettagliata con le opportune modifiche da apportare alla legislazione ordinaria di

contabilità e finanza pubblica) mira a rafforzare il ruolo allocativo e

programmatico di questo strumento. A tal fine, è stata attribuita natura

sostanziale alla legge di bilancio (che prima non poteva disporre innovazioni alla

legislazione vigente) e ricondotto nell’ambito della stessa legge il contenuto della

attuale legge di stabilità. Ciò favorisce un esame più approfondito dell’intera

dimensione del bilancio pubblico, anziché delle sole modifiche recate dalla

manovra di fine anno, evidenziando gli impieghi alternativi che delle risorse

pubbliche potranno essere disposti sotto il vincolo di bilancio fissato in coerenza

con gli obiettivi più ampi di indebitamento netto. Per assicurare il necessario

livello di trasparenza circa le innovazioni disposte è previsto che tale legge sia

articolata in due distinte sezioni: l’una, in cui sono indicate le previsioni

tendenziali e, l’altra, in cui sono esplicitamente riportate le innovazioni

legislative e i loro effetti finanziari. Le regole concernenti gli Enti locali e le

Regioni e le disposizioni in materia di bilancio dello Stato entrano in vigore dal

2016.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

84 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

In linea con quanto richiesto dalla normativa europea, è, infine, disposta

l’istituzione presso le Camere dell’Ufficio parlamentare di bilancio che opera con

autonomia funzionale e indipendenza di giudizio. L’organismo è dotato di un

proprio bilancio e di risorse predeterminate dalla stessa legge a decorrere dal

2014. Esso effettua analisi, verifiche e valutazioni su: i) le previsioni

macroeconomiche e di finanza pubblica, ii) l’impatto macroeconomico dei

provvedimenti legislativi di maggior rilievo, iii) gli andamenti di finanza pubblica,

anche ripartiti per sotto settore, e l’osservanza delle regole di bilancio, iv) la

sostenibilità della finanza pubblica nel lungo periodo, v) l’attivazione e l’utilizzo

dei meccanismi correttivi e sullo scostamento dagli obiettivi per il verificarsi degli

eventi eccezionali.

VII.2 LE REGOLE DI BILANCIO

Le nuove regole richieste a livello europeo e recepite al livello nazionale si

affiancano alle altre regole fiscali, a garanzia della disciplina di bilancio, già

esistenti nel quadro di fiscal governance italiano: il Patto di Stabilità Interno, con

cui sono individuate le modalità attraverso cui gli Enti locali e le Regioni

concorrono al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e il Patto per la

salute e i tetti alla spesa farmaceutica, volti a conseguire una corretta

programmazione della spesa pubblica sanitaria e a controllare la crescita della

spesa farmaceutica.

Il Patto di Stabilità Interno4 (PSI) definisce i vincoli specifici che gli Enti

territoriali sono tenuti a rispettare congiuntamente a obblighi di informazione,

comunicazione e certificazione nei confronti del Ministero dell’Economia e delle

Finanze, e a un sistema sanzionatorio in caso di inadempienza. Il Patto dispone

una regola definita in termini di saldo di bilancio5 per i Comuni e le Province e un

vincolo alla crescita nominale della spesa finale per le Regioni.

Con la Legge di Stabilità per il triennio 2013-20156 restano invariati gli

obiettivi del PSI, mentre si riducono i trasferimenti agli enti locali così come

previsto dalle misure relative alla spending review. Una novità significativa è

rappresentata dall’aggiornamento della base di riferimento per il calcolo

dell’obiettivo, data dalla media degli impegni di spesa di parte corrente registrati

4 Il Patto, introdotto dall’art. 28 del collegato alla Legge Finanziaria per il 1999, è stato oggetto di

progressive riforme, fino ad arrivare a una sostanziale nuova stesura della normativa nel 2008 con l’introduzione del piano triennale di correzione dei conti pubblici per il periodo 2009-11 (D.L. n .112/2008, convertito dalla L. n. 133/2008, art.77 bis). In tale occasione sono stati previsti strumenti premianti per gli enti virtuosi basati su due indicatori economici sul grado di rigidità strutturale e indice di autonomia finanziaria, e meccanismi sanzionatori più incisivi in caso di inadempimento.

5 Ai fini della determinazione dello specifico obiettivo programmatico viene riproposto quale parametro di riferimento del Patto di Stabilità Interno il saldo finanziario tra entrate finali e spese finali (al netto delle riscossioni e concessioni di crediti), calcolato in termini di competenza mista (assumendo, cioè, per la parte corrente, gli accertamenti e gli impegni e, per la parte in conto capitale, gli incassi e i pagamenti). Per ciascuno degli anni 2012, 2013 e successivi il saldo finanziario obiettivo è ottenuto moltiplicando la spesa corrente media registrata nel periodo 2006-2008, rilevata in termini di impegni, così come desunta dai certificati di conto consuntivo, per una percentuale fissata. Modifiche più recenti hanno sostanzialmente previsto esclusioni di voci di entrata e di spesa dal computo degli obiettivi per facilitare soprattutto la realizzazione di investimenti pubblici a livello locale e per fronteggiare eventi eccezionali.

6 L. n. 228/2012.

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VII. ASPETTI ISTITUZIONALI DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 85

nel triennio 2007-2009. L’aggiornamento della base di calcolo introduce inoltre un

elemento di valutazione della virtuosità degli enti: agli Enti locali che hanno

ridotto gli impegni di spesa corrente nell’esercizio finanziario 2009 è attribuito un

obiettivo meno stringente rispetto a quello degli enti che hanno, invece,

incrementato la spesa corrente nello stesso anno. La Legge di Stabilità 2013 ha

confermato che, a decorrere dal 2013, sono assoggettati al PSI oltre le Province e i

Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, anche i Comuni con

popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti. A decorrere dal 2014 sono

inoltre assoggettate al PSI le Unioni di Comuni formate dagli enti con popolazione

fino a 1.000 abitanti e, appena saranno definite le relative modalità con decreto

interministeriale, anche le aziende speciali, le istituzioni e le società in house

affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali.

Per quanto riguarda il regime delle deroghe, le norme che disciplinano il

Patto di Stabilità Interno 2013 introducono alcune modifiche al previgente quadro

di riferimento, prevedendo ulteriori deroghe relative alle risorse provenienti dalle

contabilità speciali delle Regioni colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012 e

alle spese sostenute con risorse proprie, provenienti da erogazioni liberali e

donazioni da parte di soggetti privati, dagli enti locali colpiti dal medesimo evento

sismico. Rimangono, comunque, ancora escluse dal computo del saldo finanziario

le voci relative alle risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione

Europea, connesse alla dichiarazione di stato di emergenza, oltre che le voci

relative alle spese sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione di beni

trasferiti nell’ambito del federalismo demaniale e parte delle spese per

investimenti infrastrutturali degli Enti locali, limitatamente agli anni 2013 e 2014.

Al rafforzamento del processo di consolidamento e riduzione del rapporto

debito pubblico sul PIL, come già previsto dalla normativa vigente7, è stato

confermato il meccanismo di controllo della crescita nominale del debito pubblico

per gli Enti locali. Gli Enti locali possono assumere nuovi mutui e accedere ad

altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l’importo annuale dei

correlati interessi, sommati agli oneri già in essere8, non supera il 6 per cento per

l’anno 2013 e il 4 per cento a decorrere dall’anno 2014, del totale relativo ai

primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello

in cui viene prevista l’assunzione dei mutui. Inoltre, a decorrere dal 2013, gli Enti

locali dovranno ridurre l’entità del debito pubblico. Le modalità attuative con le

quali sarà raggiunto l’obiettivo di riduzione del debito saranno individuate con

decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza

Unificata. Agli enti che non provvedono alla riduzione del debito si applicano

alcune delle sanzioni previste in caso di mancato rispetto del PSI, quali ad

esempio la limitazione delle spese correnti e delle assunzioni di personale.

Per quanto riguarda le Regioni a statuto ordinario, per gli obiettivi di

risparmio continua ad applicarsi la regola del controllo della spesa finale

introdotta a partire dal 2002. In linea con il triennio precedente gli obiettivi sono

fissati in misura distinta per le spese in termini di competenza finanziaria e in

7 L. n. 183/2011 articolo 8. 8 Oneri per mutui precedentemente contratti, prestiti obbligazionari precedentemente emessi, aperture di

credito stipulate e garanzie prestate ai sensi dell’articolo 207 del TUEL, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi.

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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA - SEZ. I PROGRAMMA DI STABILITÀ

86 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

termini di competenza euro-compatibile introdotta, quest’ultima, nel 2013 al fine

di avvicinare la definizione degli obiettivi con la metodologia ESA95. Restano

escluse dal computo le spese per la sanità, soggette a disciplina specifica, le spese

per la concessione di crediti, le spese correnti e in conto capitale per interventi

cofinanziati dall’Unione Europea, relativamente ai finanziamenti comunitari.

Resta in gran parte confermato il sistema delle esclusioni previsto dalla Legge di

Stabilità 20129.

Oltre al PSI, tra le regole a carico delle Regioni si segnala il Patto per la

salute, volto a conseguire una corretta programmazione della spesa sanitaria

pubblica, esclusa dalla disciplina del PSI.

Il Patto per la salute determina l’ammontare delle risorse da destinare al

Servizio Sanitario Nazionale ed è finalizzato a migliorare la qualità dei servizi e

delle prestazioni garantendo l’unitarietà del sistema. Nell’ambito delle misure di

spending review sono stati previsti interventi nelle aree di spesa nelle quali si

rilevano inefficienze gestionali o inappropriatezze nell’utilizzo delle risorse. Tali

misure sono state poi ulteriormente rafforzate con la Legge di Stabilità 2013 . Con

riferimento alla spesa per l’acquisto di beni e servizi, a decorrere dall’anno 2013 è

stata prevista: (i) la riduzione del 10 per cento dei corrispettivi e i corrispondenti

volumi d’acquisto di beni e servizi, con possibilità per le Regioni di conseguire gli

obiettivi economico-finanziari attesi anche attraverso misure alternative,

assicurando, in ogni caso, l’equilibrio del bilancio sanitario; (ii) la

rideterminazione del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici al 4,8 per

cento per l’anno 2013 e al 4,4 per cento a decorrere dall’anno 2014. Le misure di

razionalizzazione della spesa sanitaria hanno inoltre interessato la riduzione degli

acquisti da erogatori privati per prestazioni di assistenza specialistica

ambulatoriale e di assistenza ospedaliera tale da ridurne la spesa, rispetto al

2011, dello 0,5 per cento per il 2012, dell’1,0 per cento per il 2013 e del 2,0 per

cento a decorrere dal 2014.

Per quanto riguarda la spesa farmaceutica, le misure introdotte con la

spending review, hanno rideterminato in diminuzione il tetto per la spesa

farmaceutica territoriale, portandolo dal 13,3 al 13,1 per cento nel 2012. Dal 2013

il tetto è rideterminato all’11,35 per cento. Lo stesso decreto ha introdotto dal

2013 il meccanismo del pay-back in caso di superamento del tetto della spesa

farmaceutica ospedaliera.

9 Art. 32, comma 4, della L. n. 183 del 2011.

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VII. ASPETTI ISTITUZIONALI DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 87

FO

CU

S

La governance del sistema della spesa sanitaria

Ai sensi della Costituzione, la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti10. Nel

sistema di governance previsto dal vigente ordinamento:

lo Stato definisce i livelli essenziali di assistenza e garantisce le risorse necessarie, in

condizioni di efficienza ed appropriatezza, alla loro erogazione compatibilmente con i vincoli

di finanza pubblica;

le Regioni organizzano i propri servizi sanitari e garantiscono l’erogazione delle

prestazioni.

La sede di definizione di tale governance è stata individuata, a partire dal 2000, dalle Intese

Stato-Regioni11.

Negli ultimi anni è stata progressivamente implementata nel settore sanitario una

strumentazione normativa che ha comportato un salto di paradigma, delineando un sistema

non più fondato sulla cosiddetta “aspettativa regionale del ripiano dei disavanzi” da parte

dello Stato ma sul principio della forte responsabilizzazione sia delle regioni “virtuose”, sia

delle regioni con elevati disavanzi. Per queste ultime nell’ambito dei Patti per la salute 2007-

2009 e 2010-2012 sono stati previsti specifici Piani di rientro, che la vigente normativa ha

confermato anche per il periodo 2013-2015. Con riferimento alla complessa architettura di

governance implementata in via sintetica si evidenziano:

il meccanismo dell’incremento automatico delle aliquote fiscali in caso di mancata

copertura dell’eventuale disavanzo. Ciò in coerenza con il principio della responsabilizzazione

regionale nel rispetto degli equilibri di bilancio;

il rafforzamento degli strumenti di responsabilizzazione regionale nell’uso

appropriato delle risorse sanitarie;

l’obbligo dell’Accordo fra le Regioni con elevati disavanzi strutturali e lo Stato,

contenente un Piano di rientro per il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario e un

fondo transitorio di accompagnamento, a sostegno delle stesse regioni impegnate nei Piani di

rientro dai deficit strutturali. I singoli Piani di rientro individuano ed affrontano selettivamente

le cause che hanno determinato strutturalmente l’emersione di significativi disavanzi,

configurandosi come veri e propri programmi di ristrutturazione industriale che incidono sui

fattori di spesa sfuggiti al controllo delle regioni.

La governance implementata in materia sanitaria ha consentito di conseguire negli ultimi

anni un significativo rallentamento della dinamica della spesa. Infatti, a fronte di una

variazione media annua della spesa sanitaria pari al 7% nel periodo 2000-2006, nel

successivo periodo 2006-2012 la variazione media annua è risultata pari all’1,4%; in

particolare tanto nel 2011, quanto nel 2012 si è registrato un decremento del livello di spesa

rispetto all’anno precedente.

SPESA SANITARIA 2006 – 2012 (valori in milioni di euro)

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Spesa sanitaria 101.754 102.220 108.891 110.474 112.526 111.593 110.842

Variazioni % 0,5 6,5 1,5 1,9 -0,8 -0,7

Nel prossimo triennio dovrebbe confermarsi tale dinamica, anche per effetto delle manovre

previste nel settore12 che prevedono, tra l’altro, una riorganizzazione del sistema sanitario

anche per effetto della razionalizzazione della rete ospedaliera.

10 Art 32 Cost.. 11 L. n.131/2003 art. 8, c. 6, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione.

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88 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

TASSO DI VARIAZIONE MEDIO ANNUO SPESA SANITARIA (1)

1) Per il periodo 2013-2015 il dato di spesa rappresentato nel grafico tiene conto anche degli effetti della sentenza n. 187 della Corte Costituzionale, con la quale è stata è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione in materia di introduzione di nuovi ticket, per un importo di 2.000 milioni di euro dal 2014, prevista dal decreto legge n. 98/2011. La predetta illegittimità è stata rilevata con riferimento allo strumento indicato dalla norma (un regolamento), in quanto lo Stato può esercitare la potestà regolamentare solo nelle materie nelle quali abbia competenza esclusiva. Pertanto, allo stato, in assenza di una disposizione alternativa, è stato necessario incrementare il livello di spesa di 2.000 milioni di euro a decorrere dal 2014.

Si osserva inoltre che, a partire dall’anno in corso, nella definizione dei fabbisogni sanitari

verrà applicata la metodologia dei costi standard13. Trattasi di metodologia che, nel

confermare l’attuale programmazione finanziaria e il relativo contenimento della dinamica di

spesa, migliora l’assetto istituzionale, anche di raffronto tra le varie Regioni, sia in fase di

riparto di risorse, sia per l’analisi delle esistenti inefficienze o inadeguatezze, fornendo un

ulteriore substrato istituzionale alla programmazione in atto.

Sempre in materia di attuazione del federalismo fiscale, la normativa concernente

l’armonizzazione dei bilanci14, rappresenta un ulteriore miglioramento dei vigenti

procedimenti contabili nel settore sanitario: di particolare rilievo sono le disposizioni dirette a

garantire, nel bilancio regionale, un agevole individuazione dell’area del finanziamento

sanitario, e a disciplinare, nell’ambito del bilancio sanitario regionale, la contabilità delle

cosiddette gestioni sanitarie accentrate presso le regioni (quote di finanziamento del SSN non

attribuite alle aziende, ma gestite direttamente presso le regioni), il consolidamento regionale

dei conti sanitari, specifiche deroghe alle disposizioni civilistiche al fine di tenere conto della

specificità degli enti di cui trattasi, nonché la trasparenza dei flussi di cassa relativi al

finanziamento sanitario.

12 Introdotte dal D.L. n. 98/2011, dal D.L. n. 95/2012 (spending review) e dalla L. n. 228/2012. 13 In attuazione del D.Lgs. n.68/2011 in materia di federalismo fiscale. 14 D. Lgs. n.118/2011.

7,0%

1,4% 1,4%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

8,0%

2000-2006 2006-2012 2012-2015

spesa sanitaria DEF 2013

Consuntivo

Previsione

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VII. ASPETTI ISTITUZIONALI DELLE FINANZE PUBBLICHE

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 89

In sintesi, la costruzione di benchmark di spesa e di qualità, l'omogeneizzazione dei

documenti contabili, la previsione di sanzioni in caso di deficit, hanno delineato un sistema

fondato sul corretto principio della piena responsabilizzazione delle regioni. La complessiva

architettura sopra rappresentata è stata ulteriormente rafforzata attraverso il potenziamento

del sistema di monitoraggio trimestrale dei fattori di spesa, svolto a livello centrale con un

dettaglio analitico a livello di singola Azienda sanitaria. Il potenziamento delle capacità

analitiche e di controllo della spesa sanitaria si è conseguentemente tradotto anche nel

potenziamento di strumenti di previsione sempre più efficaci e congrui ai fini della

programmazione finanziaria, tant’è che con riferimento ai documenti di finanza pubblica

quanto meno dell’ultimo quinquennio i livelli di spesa effettivamente registrati a consuntivo

sono risultati costantemente contenuti nell’ambito di quanto programmato, contribuendo, il

settore in esame, al complessivo progressivo processo di stabilizzazione della finanza

pubblica ed in particolare di contenimento della dinamica della spesa pubblica.

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È possibile scaricare il DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA

dai siti Internet www.mef.gov.it • www.dt.tesoro.it • www.rgs.it

ISSN: 2239-0928