Preparazione storica allo studio delle biblioteche antiche · allo studio delle biblioteche antiche...
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EMILIO BERTOCCI
Preparazione storica
allo studio delle biblioteche antiche
CPFP
“L. DURAND DE LA PENNE“
EMILIO BERTOCCI
PREPARAZIONE STORICA ALLO STUDIO
DELLE BIBLIOTECHE ANTICHE
CPFP
“L. DURAND DE LA PENNE”
LA SPEZIA
2010
2
Testo preparato per il corso di qualifica professionale “Bibliotecario tecnologo
dell’informazione”, organizzato dal CPFP “Luigi Durand de La Penne” della
Spezia nell’anno formativo 2010/2011.
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PERIODIZZAZIONE
La periodizzazione non ricalca le tradizionali suddivisioni della
letteratura antica, ma tiene conto della reale costituzione e diffusione
delle biblioteche:
INDICE
A. PERIODO ELLENICO 4
B. PERIODO ELLENISTICO 12
C. PERIODO ROMANO 24
D. PERIODO TARDO ANTICO 34
BIBLIOGRAFIA SU BIBLIOTECHE ANTICHE E CULTURA DEL
LIBRO 41
4
a. Periodo ellenico
1. Introduzione
2. Biblioteche ad Atene
3. La biblioteca di Aristotele
5
1.
Introduzione
La civiltà della scrittura ha bisogno di almeno tre condizioni per essere
costituita e per svilupparsi:
- l'esistenza di un sistema di scrittura accessibile a un vasto
pubblico e non limitato a pochi specialisti;
- una politica dell’istruzione in grado di favorire, o almeno non
ostacolare un apprendimento del sistema di scrittura;
- l’impiego di materiali scrittori maneggevoli, a basso costo, ma di
buona qualità.
Queste condizioni pongono delle difficoltà che, in fondo, giungono fino a
noi, ma che nell’antichità si presentavano in maniera certamente più
complessa.
Nella Grecia arcaica le condizioni si realizzano, come sembra,
dall'ottavo secolo a.C.
È ormai largamente riconosciuta la superiorità del sistema alfabetico
rispetto ad altri sistemi come quello sillabico della scrittura lineare B
micenea e non è il caso in questa sede di insistere ulteriormente su ciò.
Se le prime testimonianze sull’alfabeto greco risalgono all’ottavo secolo,
bisogna aspettare il quinto per le testimonianze letterarie (Aristofane),
sebbene l’uso del testo scritto sia riconosciuto anche per periodi
precedenti (Milesii).
Se la biblioteca è l’istituzione culturale preposta alla conservazione e
alla diffusione del testo scritto, tuttavia non dobbiamo pensare che ciò
sia di immediata evidenza nella società antica. Un luogo di
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conservazione poteva essere il tempio (Eraclito) per testi di valore
intellettuale, anche non necessariamente sacrale, oppure una sorta di
archivio di Stato per testi di interesse politico, amministrativo, storico.
Il fatto è che alla conservazione, in questi casi, si sacrifica la diffusione.
D’altra parte, la diffusione dei testi ha rilevanza se si perseguono
obiettivi di studio, comprendendo in questo termine sia l’impegno
scolastico o scientifico sia l’otium dell’uomo colto e, per entrambi i casi,
occorrono condizioni storiche e intellettuali favorevoli.
Tali condizioni non sono ancora favorevoli nell’Accademia platonica,
stante la posizione di retroguardia assunta da Platone, anche se
ampiamente motivata e non senza fondamento come vedremo.
Le cose cambiano con il Liceo aristotelico, in cui i testi scritti sono
costante strumento del lavoro di ricerca storica e scientifica.
In questo quadro è ammissibile che la prima vera biblioteca greca sia
quella di Aristotele (v. infra).
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2. Biblioteche ad Atene
1. La prima biblioteca greca costituita con criteri finalizzati allo studio
e alla ricerca è certamente la biblioteca di Aristotele.
Di precedenti biblioteche ad Atene abbiamo notizie di dubbio valore
non tanto per le fonti quanto per scarsa sostenibilità storica. Aulo
Gellio ci informa che la prima biblioteca ad Atene è quella del tiranno
Pisistrato (sec. VI a.C.) e questa notizia è ripresa da Isidoro di Siviglia.
E’ probabile, come osserva L. Canfora, che si tratti di una notizia
formatasi sulla scorta della attribuzione a Pisistrato della promozione
di una edizione ateniese dei poemi omerici, già nota a Platone. Dunque
Pisistrato potrebbe avere promosso la realizzazione della “biblioteca” di
Omero, ma se avesse creato una vera biblioteca pubblica ne avremmo
avuto notizia già nelle fonti più antiche senza aspettare un autore del
II secolo d.C.
Osserviamo che nel dialogo pseudoplatonico Ipparco, è contenuta una
interessante digressione sulle attività culturali sotto Pisistrato, curate
proprio da Ipparco. Si ricordano le molteplici iniziative promosse per
dare ad Atene un proprio orientamento culturale svincolato dalla
diffusa “laconicità”: ebbene, se fosse stata allestita una biblioteca, ciò
non sarebbe certo stato omesso.
Nella Costituzione degli Ateniesi di Aristotele i capitoli dedicati a
Pisistrato presentano in una luce non ostile l’amministrazione del
tiranno e, anche in questo caso, non sarebbe mancato il riferimento a
una iniziativa importante come la fondazione di una biblioteca.
Del resto nel VI secolo a.C. non esistevano le condizioni culturali per
una biblioteca pubblica. Che poi Pisistrato fosse un collezionista
privato di libri non è attestato da nessuna fonte e sarebbe stato
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inopportuno che il signore di Atene non avesse messo a disposizione dei
suoi sudditi o almeno degli intellettuali che gravitavano nella sua
cerchia, il suo patrimonio librario e, ancora una volta, questa notizia
non sarebbe sfuggita a contemporanei e posteri.
2. Ancor meno attendibile la notizia di una biblioteca al tempo di
Demostene, attestata dal solo Zosimo di Ascalona, erudito bizantino.
3. Non si hanno notizie di una biblioteca di Platone ad uso pubblico.
Certo Platone possedeva una ricca collezione libraria, come variamente
attestato e come prevedibile, nonostante una riduttiva teoria della
scrittura, tesa più ad evidenziare i limiti della scrittura che a coglierne
le potenzialità. E la preferenza per l’insegnamento orale non avrà
favorito la formazione di una biblioteca di tipo aristotelico.
A titolo indicativo possiamo riassumere la critica di Platone al libro nel
seguente modo:
ragioni oggettive:
1) edizioni pirata, non tutelata dall’autore, ruolo dei copisti;
2) il libro è inseparabile dall’autore.
ragioni soggettive ex parte auctoris:
1) millanteria;
2) propaganda.
ragioni soggettive ex parte lectoris:
1) rinunciare a ragionare;
2) ritenere di imparare solo attraverso il libro.
Comunque l’Accademia si pose il problema dopo la morte di Platone e
trovò il modo di lucrare sulla lettura delle opere del maestro se è vera
la notizia che Zenone di Cizio, fondatore della Stoa, poteva accedere ai
testi platonici a pagamento. Se poi la prima edizione delle opere di
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Platone risale allo scolarcato di Arcesilao (sec. III a.C.), dobbiamo
riscontrare una certa lentezza degli accademici nel predisporre una
edizione nella quale non mancano i problemi di autenticità, dovuti
probabilmente alla convinzione, non certo isolata nel mondo antico, che
i dialoghi della scuola, anche se non del maestro, possano comunque
rientrare a pieno titoli nel Corpus delle opere attribuite al maestro
fondatore della scuola.
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3. La biblioteca di Aristotele
Le vicende complesse sulla biblioteca di Aristotele sono narrate da
Strabone (64 a.C.–24 d.C.) e si basano sulle testimonianze di
Tirannione il Giovane, che le aveva apprese da Tirannione il Vecchio,
vale a dire uno dei protagonisti dell’ultima parte della storia. Una fonte
concorde con Strabone è Plutarco (Vita di Silla, 26). Non sembra
concordare Ateneo (Deipnosofisti, I, 3 a-b)
Le vicende si possono compendiare nei seguenti passaggi:
1) Nel 322 a.C. Aristotele lasciò con disposizione testamentaria
la biblioteca a Teofrasto, suo successore.
2) Teofrasto, nel suo testamento, lasciò la biblioteca al collega
Neleo di Scepsi, probabilmente considerandolo suo prossimo successore
alla guida del Peripato, o auspicando che lo diventasse (Diogene
Laerzio Vite dei filosofi, V 32).
3) Stratone di Lampsaco fu nominato nuovo scolarca del
Peripato. Neleo, certamente adirato per la mancata nomina, essendo
più anziano di Stratone, lasciò Atene e tornò a Scepsi con la biblioteca
ereditata da Teofrasto.
4) Gli eredi di Neleo conservarono la biblioteca e la nascosero
quando i re attalidi la ricercarono per includerla nelle raccolte della
biblioteca di Pergamo.
5) Nel I secolo a.C. un discendente di Neleo si decise a vendere
la biblioteca ad Apellicone di Teo.
6) Apellicone svolgeva una varia attività di studioso,
collezionista, uomo politico e militare ad Atene, di cui divenne
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cittadino, seguendone le tristi vicende del conflitto con i romani. Morì
nell’84 a.C.
7) Comandante romano contro gli ateniesi fu Silla, che dopo la
morte di Apellicone si appropriò della biblioteca e la portò a Roma
(Plutarco Vita di Silla, 26).
8) A Roma la biblioteca fu esaminata dal grammatico
Tirannione il Vecchio (110/100-25 a.C.) di Amiso nel Ponto, maestro di
Tirannione il Giovane e anche maestro di geografia di Strabone
(Geographica, XII, 548). La competenza geografica di Tirannione è
attestata (Att. II 6) anche da Cicerone con il quale ebbe rapporti di
amicizia e collaborazione nella catalogazione dei libri. Tirannione
avviò, dunque, la fase di studio delle opere acroamatiche di Aristotele.
9) Andronico di Rodi, forse undicesimo scolarca del Peripato,
contemporaneo di Tirannione il Vecchio, curò la prima edizione delle
opere di Aristotele. Sui criteri ispiratori dell’edizione ci informa
Porfirio nella sua Vita di Plotino premessa alle Enneadi; la
testimonianza di Porfirio è importante proprio perché tenne presente il
lavoro di Andronico per la sua edizione degli scritti di Plotino.
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b. Periodo ellenistico
1. La biblioteca di Alessandria
2. La biblioteca di Pergamo
3. Altre biblioteche ellenistiche
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1. La biblioteca di Alessandria
La biblioteca di Alessandria di Egitto1 è certamente la più nota e
importante biblioteca del mondo antico anche se su di essa le
informazioni sono meno ampie e certe di quanto ci saremmo aspettati.
Esaminiamo i principali problemi che la riguardano:
1) la fondazione della biblioteca
La maggioranza delle fonti, fra le quali Strabone e la celebre Lettera di
Aristea a Filocrate, attribuisce a Tolomeo I Soter (367/366–283 a.C.),
generale di Alessandro Magno e primo re d’Egitto della dinastia
Lagide, il merito di avere fondato la biblioteca di Alessandria.
Anche se probabilmente sarà Tolomeo II Filadelfo (308–246 a.C.) a
incrementare le raccolte e a dare un grande impulso all’affermazione e
al prestigio della biblioteca, l’intervento iniziale di Tolomeo I fu
decisivo nel dare l’impronta generale all’organizzazione della
biblioteca. In particolare, è certo che Tolomeo subì l’influsso della
scuola aristotelica chiedendo a Teofrasto di svolgere la funzione di
precettore del futuro re Tolomeo II e, dopo il suo diniego, ebbe
comunque un precettore aristotelico, Stratone di Lampsaco, forse non a
caso scolarca del Peripato dopo la morte di Teofrasto. E’ evidente il
1Una versione più ampia di questo tema si trova nella mia conferenza “La biblioteca
come istituto culturale: la biblioteca di Alessandria nelle fonti antiche”, tenuta in
occasione della XI Settimana della Cultura 2009.
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tentativo di istituire un parallelismo con Aristotele precettore di
Alessandro. E aristotelico è poi Demetrio Falereo, governatore di Atene
dal 317 al 307 a.C., poi riparato in Egitto dopo la breve rivolta
antimacedone. Proprio a Demetrio si devono l’ispirazione per la
fondazione della biblioteca e la traduzione della Bibbia in greco.
Queste vicende chiariscono il senso dell’altrimenti incomprensibile
affermazione di Strabone secondo cui “Aristotele aveva insegnato ai re
d’Egitto come si organizza una biblioteca” (Geographica, XIII 1,54).
Osserva Pasquali (Enciclopedia Italiana, voce “biblioteca”, p. 942-943)
“La biblioteca era pensata come il campo di lavoro dei dotti del Museo, i
quali dovevano proseguire così in certo senso l’opera di Aristotele”:
meglio di così non si potrebbe dire.
Con la fine della dinastia tolemaica e l’inclusione dell’Egitto
nell’impero romano, per quanto riguarda la biblioteca l’unica vera
novità fu il suo divenire biblioteca pubblica con nomina diretta da
parte dell’imperatore del “sacerdote del Museo”.
2) i bibliotecari
Il primo bibliotecario fu Zenodoto di Efeso (340/325-270/260 a.C.). Il
ruolo di “bibliotecario” era più esteso di quello di un odierno direttore
di biblioteca. Il bibliotecario era a capo dei dotti del Museo, dirigeva le
ricerche, procedeva all’esame dei testi gettando così le basi per gli studi
filologici, che prima di allora non avevano avuto alcuno sviluppo anche
a causa della svalutazione programmatica di Platone.
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Una lista dei bibliotecari è fornita dal papiro di Ossirinco 1241:
abbiamo in successione: Zenodoto di Efeso; Apollonio Rodio; Eratostene
di Cirene; Aristofane di Bisanzio; Aristarco di Samotracia; Apollonio
l’eidografo; Cidante e altri nomi poco noti.
Manca nella lista il celebre poeta e filologo Callimaco (320/305–240
a.C.), al quale si deve un metodo di catalogazione bibliografica che
trovò ampio riscontro nel mondo antico. Probabilmente Callimaco era
uno degli assistenti del bibliotecario, di Apollonio prima e di Eratostene
poi.
Così il papiro ritrovato si aggiunge agli altri documenti che non
attestano il bibliotecariato di Callimaco: i Prolegomena De Comoedia
dell’erudito bizantino Giovanni Tzetzes (sec. XII) e la voce
“Kallimachos” del lessico bizantino Suda o Suida. Per sostenere la
direzione di Callimaco ci vorrebbero documenti che attestassero la sua
successione a Zenodoto (su quella ad Apollonio Rodio non ci sono dubbi
nell’assegnarla a Eratostene).
A Zenodoto, bibliotecario dal 290/285 al 270/260 a.C., si deve la
pubblicazione della prima edizione critica di Iliade e Odissea,
dividendo i due poemi omerici in 24 libri ciascuno. Avviò un primo
metodo di critica testuale, basandosi sul confronto dei manoscritti e
raccogliendo le espressioni tipiche in ordine alfabetico (Glosse
omeriche).
Successore di Zenodoto fu Apollonio Rodio (300/290–215 a.C.), noto
soprattutto per il poema epico in quattro libri Le argonautiche.
Il terzo bibliotecario fu Eratostene di Cirene (280/275–195/194 a.C.),
passato alla storia soprattutto per i suoi studi geografici e astronomici.
Ricordiamo, in particolare, le due ricerche per cui è rimasto celebre:
a) il calcolo delle dimensioni della terra, che si avvicina a quello
reale;
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b) l’elaborazione della prima carta geografica terreste con
meridiani e paralleli.
Sul piano filologico è ricordato il suo studio sulla commedia, l’avvio
della cronografia storica, l’introduzione del termine “filologo”.
Aristofane di Bisanzio (265/257–185/180 a.C.), bibliotecario dal 195 al
180 a.C., preparò una nuova edizione dei poemi omerici, intraprese
ampi studi su molti autori e rinnovò l’impegno metodologico nel lavoro
sui testi.
Aristarco di Samotracia (217/216–145/143 a.C.), bibliotecario dal 180 al
145/144 a.C., proseguì la critica testuale omerica, difendendo la tesi
dell’unicità dell’autore dei due poemi.
Aristarco fu maestro di Dionisio il Trace (170–90 a.C.), primo autore di
una grammatica greca, che non fu mai direttore della biblioteca e da
Alessandria si trasferì a Rodi.
In genere, il lavoro in biblioteca era dunque soprattutto filologico:
divisione delle opere in rotoli (libri), preparazione di un’edizione critica,
di commentari, di monografie su autori o forme letterarie.
L’influenza degli usi alessandrini sulla letteratura si estese agli aspetti
pratici della scrittura: il rotolo di papiro aumentò di dimensioni e gli
autori antichi si uniformarono ai nuovi caratteri fisici (larghezza e
altezza) del rotolo (un po’ come oggi con il formato A4).
A proposito della biblioteca di Alessandria, si può parlare di
“aristotelismo culturale” per il collegamento fra biblioteca e Museo,
raccolta di documentazione di supporto all’insegnamento e alla ricerca,
per il primato del testo scritto sul discorso trasmesso oralmente, per
l’esigenza di catalogazione e classificazione del materiale, per
l’attenzione ai problemi di critica del testo, già accennati da Aristotele
soprattutto nella Poetica.
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3) il rapporto della Biblioteca con il Museo
La Biblioteca è inseparabile dal Museo non solo perché, come le più
recenti ricerche mostrano, si trattava di uno spazio materialmente
interno al Museo senza una propria ubicazione come avverrà
normalmente per le biblioteche romane, ma anche perché la sua
funzione è di raccolta di documenti per lo studio da parte dei dotti del
Museo.
Se la Biblioteca è di ispirazione aristotelica, il Museo è il tentativo di
trasposizione nella metropoli ellenistica del Liceo di Atene.
L’organizzazione delle raccolte e il loro utilizzo per le ricerche
scientifiche riprendono e ampliano l’impostazione che Aristotele aveva
dato al Liceo.
Il modello del Liceo con la biblioteca forniva le garanzie di capacità
organizzativa e sosteneva l’idea di biblioteca connessa direttamente
all’insegnamento e allo studio.
4) il collegamento con la biblioteca del Serapeo
La biblioteca del Serapeo si trovava nel tempio di Serapide nel
quartiere alessandrino di Rhakotis, originario insediamento egiziano
prima della fondazione di Alessandria. Il culto di Serapide fu introdotto
in Egitto proprio da Tolomeo I.
Questa biblioteca era collegata a quella maggiore in quanto disponeva
di copie tratte dal Museo ed era complementare a quella del Museo:
l’una era destinata ai dotti, l’altra a lettori e studiosi anche non
alessandrini. Sappiamo che un utente che utilizzò la biblioteca fu
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Diodoro Siculo (90–20 a.C.), il quale grazie alle ricerche ivi svolte
redasse la sua Biblioteca storica.
La fine della biblioteca del Serapeo fu dovuta alla distruzione del
tempio di Serapide ad opera di coloro che oggi chiameremmo
fondamentalisti religiosi, guidati dal patriarca Teofilo nel 391. Tale
azione fu disapprovata anche in ambito cristiano dall’allievo di S.
Gerolamo, Sofronio.
5) la consistenza delle raccolte
Ricordiamo che il rotolo (libro) costituiva l’unità di misura per calcolare
la consistenza delle raccolte, ma un rotolo non corrispondeva
necessariamente a un’opera singola. L’Iliade è un’opera in 24 libri e se
consideriamo che c’erano più esemplari della stessa opera si giunge
facilmente a un ampio numero di rotoli per una sola opera.
Nel III secolo a.C. ai tempi di Callimaco, secondo Giovanni Tzetzes la
biblioteca del Museo aveva 49.000 rotoli e quella del Serapeo 42.800. Al
tempo di Giulio Cesare la biblioteca del Museo arrivava a 700.000
rotoli.
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Sulla consistenza effettiva delle raccolte della biblioteca di Alessandria
molta parte delle controversie sorge intorno all’interpretazione dei
termini ἀμιγεῖς (amigeis), semplice e συμμιγεῖς (summigeis), composto.
Semplice è il rotolo che contiene solo un’opera o parte di essa, composto
è il rotolo che contiene più opere e, naturalmente, le opere troppo
lunghe erano divise in più rotoli.
6) la fine della biblioteca
Il problema della fine della biblioteca di Alessandria è dovuto alla
sovrapposizione di varie fonti di periodi diversi e che sono a loro volta
fonti secondarie che rinviano ad altre fonti perdute, in particolare alla
Ab urbe condita di Tito Livio.
Un’efficace ricostruzione attenta alle fonti e in grado di districarsi nella
selva delle interpretazioni è quella che troviamo nel volume La
biblioteca scomparsa di Luciano Canfora, a cui possiamo rifarci
segnalandone i punti essenziali:
a) è storicamente inattendibile l’accusa mossa ai soldati di
Giulio Cesare di aver incendiato la biblioteca (47 a.C.). Ad andare a
fuoco furono invece i 40.000 rotoli (“quadraginta milia librorum” Orosio
Historiae adversus Paganos, VI, 15,31) contenuti in magazzini presso il
porto, in attesa di essere trasportati a Roma;
b) maggiori danni subì la biblioteca durante la guerra fra
l’imperatore Aureliano e Zenobia, regina di Palmira (270 a.C.);
c) la fine della biblioteca, che nel frattempo aveva perduto le
caratteristiche di biblioteca di studi classici e scientifici, fu causata
dalla invasione araba (641 d.C.) e segnatamente per decisione del
califfo Omar. Dal rogo si salvarono solo i libri di Aristotele.
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2. La biblioteca di Pergamo
La biblioteca che per tradizione è considerata l’antagonista storica di
quella di Alessandria è la biblioteca di Pergamo.
Anche per Pergamo possiamo suddividere le questioni principali:
1) fondazione e rivalità con Alessandria
Come per Alessandria, così per Pergamo non abbiamo fonti unanimi,
ma la maggioranza attribuisce al re Eumene II (197-160/158 a.C.) il
merito della fondazione.
La rivalità con Alessandria divenne celebre nel mondo antico e avrebbe
determinato il presunto divieto posto tolemaico di esportazione del
papiro dall’Egitto. Di qui segue la maggiore diffusione della lavorazione
di pelli, soprattutto di ovini, come materiali scrittorii, da cui deriverà
in seguito, a partire dagli scrittori cristiani, l’uso del termine
“pergamena” per designare tale materiale. In greco si usava il termine
latino “membrana” (di qui, ancora oggi si parla di codice
membranaceo).
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2) i bibliotecari
Come ad Alessandria, anche a Pergamo la direzione della biblioteca fu
affidata a dotti in grado di curare l’incremento delle raccolte librarie e
di pubblicare nuove edizioni delle opere. Ricordiamo, in particolare,
Cratete di Mallo, nominato bibliotecario dal re Attalo II (159–138 a.C.),
al tempo di Aristarco di Samotracia ad Alessandria. Cratete dette un
indirizzo alternativo a quello alessandrino. Filologo e filosofo
stoicheggiante è noto per l’interpretazione allegorica di Omero e per il
criterio dell’anomalia contro le regole grammaticali rigorose degli
alessandrini, da lui ripreso da Crisippo di Soli, il noto filosofo stoico. A
questo proposito Varrone nell’ottavo libro del suo trattato De lingua
latina polemizza con Cratere (“nobilis grammaticus”) accusandolo di
aver malcompreso il senso della teoria di Crisippo sull’anomalia.
In genere, l’impostazione pergamena permette delle arbitrarietà nella
critica del testo rispetto al rigore alessandrino e non può dirsi che
costituisca un’evoluzione rispetto alla filologia della biblioteca
concorrente.
Un altro studioso di Pergamo fu Antigono di Caristo, noto soprattutto
per le sue accurate biografie e per l’esposizione del canone di Pergamo,
che interessa la storia dell’arte.
3) la consistenza delle raccolte
Le raccolte della biblioteca di Pergamo non si differenziavano da quelle
di Alessandria per scelta di temi particolari, ma semmai per minore
quantità e minore precisione filologica, preferendo, come abbiamo visto,
al rigore esegetico dei bibliotecari alessandrini, l’uso di interpretazioni
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allegoriche e la ricerca di aspetti criptici in sintonia con tendenze
stoicheggianti appassionate di oroscopi e segni astrologici.
La rivalità con Alessandria nella ricerca degli stessi testi favorì la
diffusione di falsi: ciò divenne una costante nella storia delle
biblioteche antiche, come noterà Galeno ancora nel II secolo d.C.
4) la fine della biblioteca
Non conosciamo le vicende della fine della biblioteca di Pergamo.
Possiamo ipotizzare che scomparve con la decadenza politica che
progressivamente si abbatté sul Regno di Pergamo, ridotto a sua volta
a provincia romana d’Asia, perdendo poi il suo ruolo strategico a
vantaggio soprattutto di Rodi.
Peraltro, è poco attendibile la diceria sulla forzata esportazione ad
Alessandria di 200.000 rotoli da parte di Antonio per ripagare
Cleopatra dell’incendio prodotto dai soldati di Cesare. L’unica fonte è
Plutarco (Vita di Antonio, 58,9) che si affretta a precisare che si tratta
di una delle accuse contro Antonio diffuse da Calvisio Sabino, amico di
Cesare, e ritenute in gran parte false (Id. 59,1).
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3. Altre biblioteche ellenistiche
Nella delimitazione cronologica adottata le biblioteche ellenistiche non
sono molte, in quanto alcune biblioteche di lingua greca fiorirono nel
periodo imperiale romano.
Tolomeo II Filadelfo finanziò la realizzazione di un ginnasio ad Atene,
il Ptolemaion con annessa biblioteca pubblica: è questa la prima
biblioteca della polis ateniese storicamente accertata.
A Rodi sono state trovate iscrizioni riguardanti biblioteche e raccolte
librarie risalenti ai secoli II-I a.C.
La terza biblioteca ellenistica dopo Alessandria e Pergamo è
riconosciuta quella di Antiochia, ma anche su questa abbiamo scarsa
documentazione. Antiochia fu fondata nel 301 a.C. dal generale
macedone, poi re, Seleuco I Nicatore e fu annessa all’impero romano
nel 64 a.C. Il bibliotecario più celebre è Euforione di Calcide (275-200
a. C.), poeta ed erudito.
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c. Periodo romano
1. dal 167 a.C. agli inizi del I sec. a.C.;
2. dal I sec. a.C. al 39 a.C.;
3. dal 39 a.C. al IV sec. d.C.
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1. dal 167 a.C. agli inizi del I sec. a.C.
Sulla storia delle biblioteche a Roma le nostre informazioni poggiano
su fonti meno vaghe di quelle greche così da poter ricostruire almeno
nelle linee generali le vicende principali dal II sec. a.C. all’età
imperiale.
Il primo periodo inizia tradizionalmente con l’appropriazione della
biblioteca di Perseo, re di Macedonia, da parte del console Luci Emilio
Paolo (Plutarco Vita di Emilio Paolo, 28; Isidoro di Siviglia Etymologiae,
VI 5,1) come parte del bottino di guerra dopo la battaglia di Pidna (168
a.C.), che pose anche termine al regno di Macedonia, e il suo trasporto
a Roma l’anno seguente.
La prima biblioteca romana è dunque una biblioteca privata anche se,
come diverrà tradizione, aperta ad amici del proprietario e a studiosi
ammessi alla consultazione.
Comunque questa biblioteca rappresenta un punto di svolta che
troverà il suo compimento nel 39 a.C. con la decisione di Asino Pollione
di non trattenere per sé la biblioteca facente parte del bottino di
guerra, ma di destinarla ad uso pubblico, inaugurando la prima
biblioteca pubblica.
Prima di Lucio Emilio Paolo si ha la notizia della traduzione in latino
dei libri di agricoltura del cartaginese Magone, a testimonianza di un
incipiente interesse per la scrittura, contraddetta dalla donazione ai re
alleati d’Asia dei Libri punici, alla fine della II guerra punica (Plinio il
Vecchio Storia naturale, 18,22).
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Importanti collezioni private successive a quella di Lucio Emilio Paolo
sono rispettivamente la biblioteca di Silla (86 a.C.), già appartenuta ad
Apellicone, come si è già detto, e la biblioteca di Lucio Licinio Lucullo,
sottratta a Mitridate re di Ponto nel 66 a.C. (Plutarco Vita di Lucullo,
42; Isid. Id.; Cicerone De finibus bonorum et malorum, III 7-8.10).
Se l’apertura a un pubblico colto sottrae i proprietari delle biblioteche
private dall’accusa di mero collezionismo, tuttavia si deve rilevare che
queste biblioteche, proprio per la loro provenienza, sono soprattutto di
lingua greca e non sembra che i nuovi proprietari si siano preoccupati
di un incremento delle raccolte né greche né latine.
27
2. dal I sec. a.C. al 39 a.C.
Se ci interroghiamo sui mutamenti che porteranno alla formazione di
una biblioteca pubblica a Roma, osserviamo che è innegabile l’influenza
della cultura greca, diffusa anche grazie al Circolo degli Scipioni e, in
genere, una istruzione più estesa. L’idea di una biblioteca pubblica
aperta a nuovi lettori e interessata all’incremento delle raccolte librarie
anche di lingua latina diventa una esigenza sentita dalla società
romana. Tuttavia prima di arrivare alla fondazione della prima
biblioteca pubblica abbiamo una fase di allestimento di biblioteche
private ispirate a criteri più rigorosi nell’organizzazione e nella scelta
dei testi.
Il secondo periodo si caratterizza ancora per la creazione di biblioteche
private, anche se, in questo caso, esse non derivano più da un bottino di
guerra, ma sono costituite da cittadini colti, benestanti, o almeno
disposti a spendere il denaro in libri.
La formazione di un pubblico di lettori favorisce lo sviluppo editoriale,
l’esigenza di una cura filologica dei testi, un allargamento dei
potenziali lettori.
Figure di spicco sono Cicerone, Attico, Varrone.
Cicerone
Di Marco Tullio Cicerone è nota la passione per i libri e le biblioteche.
Soprattutto dal carteggio con Attico sappiamo che si dedicò con
impegno all’allestimento di biblioteche per le sue ville di Tuscolo,
Formia, Cuma, Anzio e sul Palatino (dono a Cicerone da Lucio Papirio
28
Peto della biblioteca del fratello) non solo sul piano materiale, ma
anche per l’ordinamento tecnico, avvalendosi dell’aiuto di Tirannione il
Vecchio. Cicerone frequentava anche le biblioteche degli amici: da
Attico a Fausto Silla.
Si occupò, inoltre, della biblioteca del fratello Quinto.
Attico
Tito Pomponio Attico allestì la biblioteca nella sua villa sul Quirinale.
Trattandosi di un editore, possiamo presumere che possedesse sia
originali che copie accurate di molte opere. Oltre a quanto ci riferisce
Cicerone, abbiamo notizie anche da Cornelio Nepote (Vita di Attico,
XIII 3; XIV 1).
Varrone
Marco Terenzio Varrone Reatino (116–27 a.C.), celebre erudito romano,
scrisse il De bibliothecis in tre libri, opera andata perduta, che
probabilmente conteneva i lavori preparatori del progetto di biblioteca
pubblica commissionatogli da Giulio Cesare e interrotto per la morte
dell’aspirante imperatore. Proprio in seguito alla morte di Cesare,
Varrone cadde in disgrazia e perse anche la propria biblioteca.
29
3. dal 39 a.C. al IV sec. d.C.
La prima biblioteca pubblica romana
Nel 39 a.C. Asinio Pollione (76 a.C.–4 d.C.), console e uomo di cultura,
aprì la prima biblioteca pubblica nel Tempio della Libertà (Atrium
Libertatis) presso il Foro. La biblioteca faceva parte del bottino della
vittoriosa guerra contro i Parti.
Le biblioteche imperiali
Il periodo imperiale, almeno fino al II secolo d.C., vede un
miglioramento generale delle condizioni di vita e del grado di
istruzione delle popolazioni dell’Impero e forse una certa coesione
culturale e sociale, come sembrano segnalare notizie di fonte letteraria
(Luciano). In questo clima positivo non ci sorprendiamo nel constatare
una diffusione di biblioteche non solo a Roma e in Italia, ma anche in
altri centri dell’Impero.
Sulle biblioteche imperiali la nostra fonte è soprattutto lo storico
Svetonio (70–140 d.C.), direttore delle biblioteche imperiali (procurator
a bibliothecis).
Non mancano neppure in questo periodo notizie di biblioteche private,
fra cui emerge per le note contingenze storiche legate all’eruzione del
Vesuvio, la villa dei papiri di Ercolano (v. infra).
Nel 28 a.C. Augusto aprì al pubblico la biblioteca nel portico del
Tempio di Apollo sul colle Palatino, inaugurando la nuova fase delle
30
biblioteche imperiali la cui conclusione si può datare con il 357 d.C.
anno in cui è fondata la biblioteca di Costantinopoli, stabilendo così lo
spostamento del baricentro politico e culturale dell’impero nella nuova
Roma d’Oriente.
Il grammatico Pompeo Macro fu il primo direttore della biblioteca
Palatina e il suo successore fu Giulio Igino, erudito e poligrafo, da non
confondere con Igino, studioso di mitologia.
Abbiamo già notato che, almeno stando alle fonti, dopo il promettente
inizio, non si forma una tradizione di studi intorno alle biblioteche
romane e la direzione è affidata a funzionari amministrativi.
Augusto aprì un’altra biblioteca nel 23 a.C. nel portico d’Ottavia. Anche
in questo caso la collezione è fornita dal bottino della guerra dalmata.
Primo direttore fu Melisso, liberto di Mecenate.
Tiberio avviò e Caligola concluse l’allestimento della biblioteca sul
Palatino, biblioteca “templi novi”, “templi divi Augusti”.
Una biblioteca ulteriore è la biblioteca della Domus Tiberiana sul
Palatino, che potrebbe aver assorbito la biblioteca precedente. Sarà
frequentata da Aulo Gellio e se ne avrà ancora notizia ai tempi
dell’imperatore Probo (sec. III d.C.).
Anche la dinastia Flavia non volle far mancare il proprio contributo
alla fondazione di biblioteche imperiali. Grazie al bottino della guerra
giudaica, Vespasiano fondò nel 75 d.C. la nuova biblioteca nel templum
Pacis a oriente del foro di Augusto. Frequentata da Aulo Gellio, è
elogiata da Ammiano Marcellino nel IV secolo. Domiziano la restaurò
(Svetonio Dom., 20,1).
31
L’ultima biblioteca imperiale a Roma è quella di Marco Ulpio Traiano,
imperatore dal 98 al 117 d.C., posta nel Foro di Traiano e nota come
biblioteca Ulpia. L’architetto fu Apollodoro di Damasco: i due edifici per
le sezioni greca e latina erano separati dalla colonna, ancora oggi
visibile, la quale è stata paragonata a un grande rotolo di papiro.
Pur non potendolo affermare contro ogni dubbio, è ragionevole ritenere
che le biblioteche più recenti contenessero soprattutto testi di
letteratura romana, anche di quella arcaica, in seguito scomparsa, pur
mantenendo la tradizionale divisione nelle sezioni greca e latina, tipica
del bilinguismo dell’età imperiale.
In conclusione, dobbiamo ancora ricordare che il flagello degli incendi,
che colpì ripetutamente le biblioteche antiche, non risparmiò certo
quelle imperiali: siamo a conoscenza di tre incendi che indebolirono la
biblioteca di Augusto: sotto Nerone, sotto Commodo e nel 363 d.C. La
biblioteca del portico d’Ottavia subì un incendio sotto Tito (80 d.C.),
Domiziano cercò di ricostruire le raccolte. Nel 203, dopo un altro
incendio, Settimio Severo e Caracalla eseguiranno un restauro.
Altre biblioteche pubbliche erano annesse alle terme, ai templi, alle
ville imperiali. Di esse possiamo supporre che non contenessero opere
di particolare pregio almeno rispetto alle biblioteche imperiali, ma
fossero destinate, soprattutto quelle delle terme, a un pubblico di
lettori più interessato alla letteratura di consumo che ai classici
letterari o filosofici.
È questo un importante segno di diffusione della lettura anche al di
fuori della ristretta cerchia dei dotti e dell’attenzione delle istituzioni
politiche per questa tendenza.
32
Biblioteche private in età imperiale
Fra le biblioteche private il riferimento d’obbligo è alla biblioteca della
villa dei papiri ad Ercolano, conservatasi a causa dell’eruzione del
Vesuvio del 79 d.C.
Le conclusioni più accreditate alla luce di scavi e studi in materia sono
le seguenti:
- il proprietario fu forse Lucio Calpurnio Pisone;
- nella villa c’erano certamente sale destinate alla lettura, ma
tale non può dirsi il piccolo locale contenente i papiri: si trattava più
plausibilmente di un laboratorio di preparazione dei rotoli. Nella villa
erano svolte le attività di produzione di rotoli di papiro e copia di testi a
scopo solo culturale e non commerciale;
- la biblioteca comprendeva normalmente le due sezioni di
lingua greca e latina. La sezione greca, più nota, conteneva
principalmente le opere del filosofo epicureo Filodemo di Gadara. La
sezione latina è meno conosciuta, ma la sua esistenza è attestata dal
ritrovamento di orazioni e testi poetici.
Altre biblioteche private da ricordare sono quelle di Plinio il Giovane,
Persio, Silio Italico e altri autori meno noti.
Biblioteche in Italia
La diffusione della lettura fino al II secolo d.C. favorì lo sviluppo di
biblioteche pubbliche anche in Italia e non solo a Roma e dintorni,
anche se le notizie sono inferiori alle attese e in gran parte fornite da
fonti epigrafiche.
33
Ricordiamo:
- Tortona già dal 22 a.C.;
- Como e Milano attestate da Plinio il Giovane
- Sessa Aurunca (II secolo d.C.), vicino a Caserta;
- Volsinii (Bolsena)
- Tivoli: Tempio di Ercole (Aulo Gellio Notti Attiche, IX 14,3;
XIX 5,4).
Biblioteche nelle province
Per le stesse ragioni che riguardano l’Italia anche le province
dell’Impero videro il costituirsi di biblioteche, spesso grazie a
finanziamenti di benefattori privati o addirittura dello stesso
imperatore:
- Atene: biblioteca di Adriano nell’Olympeion (Pausania Guida
della Grecia, I 18,9);
- Pergamo: nuova biblioteca;
- Efeso: biblioteca fondata da Giulio Aquila;
- Timgrad in Numidia.
- Cartagine
34
d. Periodo tardo antico
1. Il IV secolo
2. Dal rotolo al codice
3. Cultura cristiana e cultura classica
4. Costantinopoli
Premessa
La categoria storiografica della "tarda antichità" è acquisizione
relativamente recente degli studi storici, che designa il periodo dal IV
secolo all’VIII secolo.
Per la nostra trattazione possiamo indicare come data iniziale
l’anno 357 in cui è fondata dall’imperatore Costanzo II la nuova
biblioteca imperiale, non più a Roma, ma a Costantinopoli. La
conclusione del periodo tardo antico, sotto l’ottica della cultura
bibliografica, coincide con i cambiamenti che intervengono fra VII e
VIII secolo, aprendo la nuova età dell’alto medioevo:
- la conquista araba che pone fine all’unità culturale e
territoriale del mondo antico (compresa l’Africa
settentrionale), che le invasioni barbariche avevano solo
indebolito;
- la rottura definitiva dell’unità politica romana con la
divisione fra Occidente romano-barbarico e Oriente bizantino.
Roma decade, ma Costantinopoli non riesce ad affermarsi come il
nuovo polo politico e culturale comune per Oriente e Occidente.
35
1.
Il IV secolo
Le notizie sul IV secolo sono contraddittorie. Sappiamo che un
censimento calcolò 28 biblioteche pubbliche a Roma. Anche se il dato si
riferisse alle “sezioni” e si dovesse, dunque, dividere per due il numero
calcolato, ciò non giustificherebbe le preoccupazioni di Ammiano
Marcellino sulle biblioteche (Storie, XIV 6,18).
Dalla metà del IV secolo si manifesta apertamente la decadenza
di Roma e dell'Occidente con la perdita del primato a vantaggio di
Costantinopoli e lo spostamento del baricentro politico a Oriente. Ne
sono testimonianza diretta Ammiano Marcellino e indiretta Temistio
che elogia l’imperatore Costanzo II per la decisione di fondare una
nuova biblioteca imperiale, ultimo baluardo per salvare i classici.
Continuano gli incendi: ricordiamo fra gli altri l’incendio della
biblioteca di Antiochia.
36
2. Dal rotolo al codice
La caduta della cultura romana portò con sé la progressiva
decadenza delle biblioteche e del vario mondo del libro, officine librarie,
librerie.
Il lavoro di salvataggio delle opere dell’antichità classica, già
rilevato da Temistio, si sviluppa in varie direzioni: revisione dei testi,
compilazione di riassunti, stesura di miscellanee, antologie, estratti.
Di questo lavoro abbiamo testimonianza nelle opere che ci sono
giunte, soprattutto in lingua greca.
E’ questo il luogo per trattare brevemente del passaggio dal
rotolo al codice:
Il passaggio dal rotolo al codice è graduale: già dal I secolo d.C.
c’era una prima diffusione attestata da Marziale in numerosi passi e
ancora prima del IV secolo negli scritti di carattere tecnico e di
letteratura popolare il codice conosce una certa diffusione.
Peraltro, come ricorda Guglielmo Cavallo, la forma del codice è
quella tipica dell’età romana arcaica e semmai il nuovo codice è tale per
la sostituzione “dei fogli di pergamena alle tavolette” (Testo, libro,
lettura, p. 3252); del resto è dal vocabolo latino “codex” che deriva il
greco “κῶδιξ“(kōdix) (Discorsi sul libro, p. 6133).
Ricordiamo ancora che il codice costituiva un fattore di risparmio
potendo essere scritto su entrambi i lati del foglio laddove il rotolo
veniva scritto sul recto. Questa possibilità risolveva un problema
avvertito come non secondario se consideriamo la pratica privata di
scrivere comunque sul verso di rotoli già utilizzati. E’ noto che la
Costituzione degli Ateniesi di Aristotele, ritrovata nel 1890, era stata
scritta sul verso di quattro rotoli di contabilità agraria risalenti al I
secolo d.C.
Dal IV secolo si afferma come forma libraria dominante il codice
di pergamena, che sostituisce il rotolo di papiro. A questo proposito è
da precisare che è attestata la presenza di codici di papiro, il che
smentisce l’equazione rotolo = papiro, codice = pergamena, che troppo
spesso è data per scontata nei manuali scolastici. I codici di papiro sono
diffusi nell’Oriente greco ancora nel secolo V.
2 In: Lo spazio letterario di Roma antica, vol. 2 (v. Bibliografia).
3 In: Lo spazio letterario della Grecia antica, vol. 1.3 (v. Bibliografia).
37
I codici di pergamena si affermano, invece, in modo incontrastato
nel mondo occidentale sia erudito che popolare, sia cristiano che
pagano. Anche in Occidente sopravvivono codici di papiro, ma con
funzioni più scolastiche che ufficiali: si erano così capovolti i rapporti
tradizionali fra papiro e pergamena.
Ma se ci sono i codici, mancano ormai le biblioteche. La
decadenza denunciata da Ammiano Marcellino a Roma non poteva che
ripercuotersi nel mondo occidentale. Come osserva ancora Cavallo “a
salvare gli autori antichi in Occidente è una classe [i.e. la classe
aristocratica], in Oriente è lo Stato.”(Libro e pubblico alla fine del
mondo antico, p. 1054).
4 In: Libri, editori e pubblico nel mondo antico : guida storica e critica (v. Bibliografia).
38
3. Cultura cristiana e cultura classica
Nel periodo della tarda antichità è sempre più esteso il ruolo
della emergente cultura cristiana. In questo contesto, se non si devono
tacere o minimizzare gli atti di fanatismo compiuti soprattutto ad
Alessandria dall’incendio del Serapeo all’assassinio della filosofa
neoplatonica Ipazia, neppure tali fatti debbono essere assunti come
contrassegno della posizione cristiana verso la cultura classica non più
di quanto la ferocia di certi imperatori sanguinari possa essere assunta
come caratteristica della civiltà romana.
Del resto saranno i monasteri i luoghi principali di
conservazione dei libri nell’alto medioevo, quando le biblioteche
pubbliche spariranno, confermando i timori già espressi da Ammiano
Marcellino nel IV secolo.
L’importanza storica della cultura cristiana nella conservazione
dei testi antichi si può riassumere nei seguenti punti:
- avvio degli scriptoria e impulso rilevante nel passaggio
dal rotolo di papiro al codice di pergamena, che poteva
garantire maggiore durata e, almeno in certi codici,
minori costi. Come precisa ancora Cavallo “di sicuro
membranacei, almeno in prevalenza, furono a partire
dal IV secolo i codici delle biblioteche pubbliche, i quali,
nel mondo greco - orientale, sembra venissero prodotti
entro le biblioteche stesse: una pratica ispirata dalle
biblioteche cristiane.”(Libro e pubblico alla fine del
mondo antico, p. 915). L’uso della pergamena è già
attestato nelle comunità cristiane del I secolo (S. Paolo
Seconda epistola a Timoteo, 4, 13; Epistola ai Galati, 1,
3, 8);
- fondazione di biblioteche cristiane comprendenti anche
testi classici. Va menzionato, in particolare, il modello
alessandrino (Didaskaleion e Museo) della biblioteca di
Cesarea, fondata da Origene e ampliata da Panfilo, che è
insieme biblioteca, scuola teologica e filologica,
scrittorio. La biblioteca curerà anche la trascrizione dei
testi dal rotolo al codice.
- recupero dei testi classici nelle biblioteche dei centri di
cultura cristiana dal periodo tardo antico (Vivarium di
Cassiodoro, biblioteca di Isidoro di Siviglia).
5 In: Libri, editori e pubblico nel mondo antico : guida storica e critica (v. Bibliografia).
39
La biblioteca cristiana più antica è quella di Gerusalemme,
fondata dal vescovo Alessandro (212-250).
Con l’avvento degli ordini monastici, nelle Regole che ne
disciplinano la vita interna, non mancano norme sulla lettura: dalle
regole di S. Teodoro Studita (biblioteca in ogni monastero) a quella di
S. Benedetto. Ancora nel XII secolo Eustazio ricorderà ai monaci che “il
libro trasmette cultura”.
Nella Regola di Pacomio (m. 340) si prescrive lo studio e la
trascrizione di opere ascetiche.
4. Costantinopoli
Nel 357 l’oratore, filosofo e senatore Temistio scrive un discorso
(Oratio IV) all’imperatore Costanzo II per elogiare la fondazione di una
nuova biblioteca imperiale non più a Roma, ma Costantinopoli e per
dare indicazioni sulle raccolte librarie da inserire nella nuova
biblioteca.
Dal discorso di Temistio emerge che la biblioteca disponeva di
uno scriptorium con copisti professionali (antiquarii). Di ciò abbiamo
conferma nella Constitutio degli imperatori Valentiniano I, Valente e
Graziano del 372, accolta nel Codex Theodosianus dell’imperatore
Teodosio II nel 438.
La biblioteca si proponeva di conservare il meglio della
tradizione letteraria antica sia greca che latina. Tale impegno andò
intensificandosi nei secoli successivi in concomitanza con la crisi
irreversibile dell’Occidente latino comprendendo in esso anche l’Africa
settentrionale che, in seguito all’occupazione prima dei vandali e poi
degli arabi, perse da allora il suo legame storico con l’Europa
mediterranea e la civiltà romana di cui era parte non secondaria.
Purtroppo anche la nuova biblioteca non fu immune dagli
incendi, vero flagello delle biblioteche antiche: nel 475 e ancora nel
secolo VIII. Altri danni li subirà con la famigerata crociata del 1204.
Infine sarà distrutta con l’occupazione turca di Costantinopoli che pose
fine all’impero bizantino (1453).
Ci furono anche altre biblioteche a Costantinopoli, da quella
patriarcale a quelle annesse alle scuole: Teodosio II fondò nel 425 la
Scuola Superiore di studi umanistici e possiamo presumere che non
mancasse una biblioteca annessa alla scuola. La biblioteca patriarcale,
che fu fondata dal patriarca Sergio (610-638) e fu incendiata nel 726, è
40
un documento importante sulla situazione culturale e libraria
dell’epoca.
Ultimo documento del lavoro di sopravvivenza delle opere
classiche è la “Biblioteca” (Myriobiblon) di Fozio, patriarca di
Costantinopoli, raccolta di notizie bibliografiche, che talora
costituiscono un unicum, quando l’opera citata è andata perduta.
L’impegno bizantino per la conservazione della cultura classica
non troverà il meritato riscontro e, dopo la caduta di Costantinopoli il
28 maggio 1453, seguirà una rimozione da parte dell’Occidente europeo
per la consapevolezza del disimpegno di fronte alla richiesta di aiuto,
forse storicamente non realistica, ma ascoltata comunque dal solo
Niccolò V, il papa sarzanese Tommaso Parentucelli, fondatore della
biblioteca apostolica vaticana.
41
Bibliografia su biblioteche antiche e cultura
del libro
Albrecht, Michael : von.
Storia della letteratura latina : da Livio Andronico a Boezio / Michael
von Albrecht.
Torino : Einaudi, 1995-1996.
3. v.
Le biblioteche nel mondo antico e medievale / a cura di Guglielmo
Cavallo.
6. ed.
Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2002.
Canfora, Luciano
La biblioteca scomparsa / Luciano Canfora.
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Palermo : Sellerio, 2007.
Canfora, Luciano
Il copista come autore / Luciano Canfora.
Palermo : Sellerio, 2002.
Canfora, Luciano
Storia della letteratura greca / Luciano Canfora.
Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2001.
42
Canfora, Luciano
Il viaggio di Aristea / Luciano Canfora.
Roma [etc.] : Laterza, 1996.
Casson, Lionel
Biblioteche del mondo antico / Lionel Casson.
2. ed.
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Da Omero agli alessandrini : problemi e figure della letteratura greca /
G. Arrighetti ... [et al.] ; a cura di Franco Montanari.
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La musa impara a scrivere : riflessioni sull'oralità e l'alfabetismo
dall'antichità al giorno d'oggi / Eric A. Havelock ; traduzione di Mario
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Roma [etc.] : Laterza, 1995.
Introduzione alle culture antiche / a cura di Mario Vegetti.
Torino : Boringhieri, 1992.
3 v.
Comprende:
1: Oralità, scrittura, spettacolo / scritti di Guglielmo Cavallo ... [et al.].
2: Il sapere degli antichi / scritti di Giuseppe Cambiano ... [et al.].
3: L'esperienza religiosa antica / scritti di Walter Burkert ... [et al.].
43
Introduzione alla filologia greca / direttore Heinz-Günther Nesselrath ;
edizione italiana a cura di Sotera Fornaro ; presentazione di Luciano
Canfora.
Roma : Salerno, 2004.
Introduzione alla filologia latina / direttore Fritz Graf ; edizione
italiana a cura di Marina Molin Pradel ; traduzione di Silvia Palermo ;
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Roma : Salerno, 2003.
Libri, editori e pubblico nel mondo antico : guida storica e critica / a
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2. ed.
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Biblioteca / H. Kaeler // Enciclopedia dell'arte antica classica e
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Storia della letteratura greca / Albin Lesky ; traduzione di Fausto
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Milano : Il saggiatore, 1996.
3 v.
Comprende
1: Dagli inizi a Erodoto
2: Dai sofisti all'età di Alessandro
3: L'ellenismo
44
Marrou, Henri Irenée
Storia dell'educazione nell'antichità / Henry-Irénée Marrou.
2. ed. italiana sulla 6. ed. francese.
Roma : Studium, 1984.
Montevecchi, Orsolina
La papirologia / Orsolina Montevecchi.
Rist. riv. e corr. con addenda.
Milano : Vita e pensiero, 1998.
The Oxford classical dictionary <in italiano>
Dizionario di antichità classiche / a cura di Nicholas Geoffrey
Lemprière Hammond, Howard Hayes Scullard ; edizione italiana a
cura di Mario Carpitella.
2. ed. anast.
Cinisello Balsamo : San Paolo, 1995.
Pasquali, Giorgio
Biblioteche / Giorgio Pasquali // Enciclopedia italiana di scienze, lettere
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Pfeiffer, Rudolf
Storia della filologia classica : dalle origini alla fine dell'età ellenistica
/ Rudolf Pfeiffer ; introduzione di Marcello Gigante.
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45
Reynolds, Leighton D.
Copisti e filologi : la tradizione dei classici dall'antichità ai tempi
moderni / Leighton D. Reynolds e Nigel G. Wilson ; traduzione di
Mirella Ferrari ; con una premessa di Giuseppe Billanovich.
3. ed. riv. e ampliata.
Padova : Antenore, 1987.
Salles, Catherine
La lettura nella Roma antica / Catherine Salles ; appendice
(paleografica, apirologica e codicologica) di René Martin.
Milano : Bonnard, 2004.
Storia della civiltà letteraria greca e latina / diretta da Italo Lana ed
Enrico V. Maltese.
Torino : UTET, 1998.
3 v.
1: Dalle origini al 4. secolo a. C.
2: Dall'ellenismo all'età di Traiano
3: Dall'età degli Antonini alla fine del mondo antico
Les savoirs de l'écriture en Grèce ancienne <in italiano>
Sapere e scrittura in Grecia / G. Cambiano ... [et al.] ; a cura di Marcel
Detienne.
Roma [etc.] : Laterza, 1997.
Lo spazio letterario della Grecia antica / direttori: Giuseppe Cambiano,
Luciano Canfora, Diego Lanza.
Roma : Salerno.
Comprende:
46
1: La produzione e la circolazione del testo.
1.1 La polis. Roma : Salerno, 1992.
1.2 L'ellenismo. Roma : Salerno, 1993.
1.3 I Greci e Roma. Roma : Salerno, 1994.
2: La ricezione e l'attualizzazione del testo. Roma : Salerno, 1995.
3: Cronologia e bibliografia della letteratura greca. Roma : Salerno,
1996.
Lo spazio letterario di Roma antica / direttori: Guglielmo Cavallo,
Paolo Fedeli, Andrea Giardina.
Roma : Salerno.
Comprende:
1: La produzione del testo. 2. ed. Roma : Salerno, 1993.
2: La circolazione del testo. 2. ed. Roma : Salerno, 1993.
3: La ricezione del testo. 2. ed. Roma : Salerno, 1993.
4: L'attualizzazione del testo. 2. ed. Roma : Salerno, 1993.
5: Cronologia e bibliografia della letteratura latina. 2. ed. Roma :
Salerno, 1993.
Storia della lettura nel mondo occidentale / Robert Bonfil ... [et al.] ; a
cura di Guglielmo Cavallo e Roger Chartier.
Roma [etc.] : Laterza, 1998.
Turner, Eric G.
Papiri greci / Eric G. Turner ; edizione italiana a cura di Manfredo
Manfredi.
Roma : Carocci, 2002.
47
West, Martin L.
Critica del testo e tecnica dell'edizione / Martin L. West ; traduzione di
Giorgio Di Maria.
Palermo : L'epos, 1998.
Wilamowitz-Moellendorff, Ulrich : von
Storia della filologia classica / Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff.
Torino : Einaudi, 1967.